CONI – Collegio di Garanzia dello Sport – Sezione Quarta – coni.it – atto non ufficiale – Decisione n. 36/2020 del 7 agosto 2020 – Giuseppe D’Eboli/Federazione Italian Tennis/Procura Federale Federazione Italiana Tennis
Decisione n. 36
Anno 2020
IL COLLEGIO DI GARANZIA QUARTA SEZIONE
composta da
Dante D’Alessio - Presidente
Alfredo Storto - Relatore
Giovanni Iannini
Laura Santoro
Mario Stella Richter - Componenti
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
nel giudizio iscritto al R.G. ricorsi n. 107/2019, presentato, in data 30 dicembre 2019, dall'avv. Giuseppe d'Eboli, rappresentato e difeso in proprio e dall’avv. Daniele Camerota,
contro
la Federazione Italiana Tennis (FIT), rappresentata e difesa dall’avv. Ciro Pellegrino,
e
la Procura Federale presso la Federazione Italiana Tennis, rappresentata e difesa dal Procuratore Federale, avv. Arianna Terzulli e dal Procuratore Federale aggiunto, avv. Francesco Polimei,
per l’annullamento
della decisione della Corte Federale d’Appello della FIT, emessa in data 25 novembre 2019, nel procedimento n. 4/19 della Procura FIT, con motivazioni trasmesse e pubblicate in data 2 dicembre 2019, con la quale è stata irrogata, a carico del ricorrente, la sanzione dell'inibizione dalle attività federali per mesi 5, oltre al pagamento di € 1.500,00, per tentata frode sportiva, ex art. 9, comma 4, R.G. FIT, in combinato disposto con l'art. 38, comma 1, R.G. FIT.
Viste le difese scritte e la documentazione prodotta dalle parti costituite;
uditi, nell'udienza del 7 luglio 2020, in videoconferenza, mediante la piattaforma Microsoft Teams, il ricorrente, avv. Giuseppe d'Eboli; i Sostituti Procuratori Federali della FIT, avv.ti Gesuino Campus e Massimiliano Picci, per la resistente Procura Federale FIT; l'avv. Virginia Comitini, giusta delega all'uopo ricevuta dall'avv. Ciro Pellegrino, per la resistente FIT, nonché il Procuratore Nazionale dello Sport, avv. Livia Rossi, per la Procura Generale dello Sport c/o il CONI, intervenuta ai sensi dell'art. 59, comma 2, lett. b), e dell’art. 61, comma 3, del Codice della Giustizia Sportiva del CONI;
udito, nella Camera di consiglio dello stesso giorno e del successivo 8 luglio, tenutasi in modalità telematica, il relatore, cons. Alfredo Storto.
Ritenuto in fatto
- Con decisione n. 27/2019, resa il 25 ottobre 2019, il Tribunale Federale della Federazione Italiana Tennis (FIT) si pronunciava nel procedimento disciplinare avviato, su richiesta del Comitato Regionale Sardegna, dalla Procura Federale nei confronti dell’Avv.to Giuseppe D’Eboli, tesserato per il Tennis Club San Teodoro, incolpato di aver violato l’art. 1, commi 1 e 2, in combinato disposto con l’art. 9, comma 4, del Regolamento di giustizia della FIT.
Al D’Eboli era contestato di aver falsamento attestato – in occasione dell’incontro di campionato a squadre SAR, invernale maschile 2018, 3^ Serie, fase a gironi 2, Girone 1, programmato il 9 dicembre 2018 tra il T.C. San Teodoro e il T.C. Terranova D – nel rapporto stilato e trasmesso al Giudice Sportivo Regionale della Sardegna, di aver assunto, su incarico del Capitano del T.C. San Teodoro, Antonio Meloni e in assenza del Giudice arbitro designato, le funzioni di Giudice arbitro, dandone comunicazione alla compagine avversaria la quale, di tanto informata, non avrebbe consegnato la lista dei giocatori per l’incontro con la conseguenza che era stata dichiarata assente. In tal modo, l’incolpato, mediante tale artificio e raggiro, mirando ad ottenere illecitamente la vittoria dell’incontro, che attribuiva al T.C. San Teodoro col risultato di 3-0 nel referto di gara, ed inducendo in errore il Commissario di gara, agiva al fine di decretare, contro il T.C. Terranova D, la perdita dell’incontro e la penalizzazione di due punti, con danno di tale affiliato e opposto vantaggio del T.C. San Teodoro, diretto e comunque correlato alla penalizzazione della squadra avversaria.
Svolta un’ampia istruttoria mediante la produzione di documenti e l’escussione di testimoni, il Tribunale riteneva provata la sola violazione dell’art. 1, commi 1 e 2, del R.G. FIT, ma non anche la frode sportiva contestata ai sensi dell’art. 9, comma 4, del medesimo regolamento, non essendo stata raggiunta la prova del conseguimento di un ingiusto profitto, e condannava il D’Eboli «al pagamento della sanzione pecuniaria di € 1.000,00 e alla sanzione inibitiva della sospensione da qualsiasi attività federale per quattro mesi».
- Sui reclami avverso questa decisione, proposti in via principale dal d’Eboli e in via incidentale dalla Procura Federale, quest’ultimo spiegato per la diversa qualificazione dell’addebito e per l’inasprimento delle sanzioni irrogate, la Corte Federale di Appello, con la decisione n. 15/2019, resa il 25 novembre 2019, rigettava il primo e, in accoglimento del secondo, riconosceva «che la fattispecie va inquadrata nell’ambito della norma di cui all’art. 9, comma 4, R.G., in combinato disposto con l’art. 38, comma 1, R.G.» e condannava l’incolpato alla sanzione pecuniaria di € 1.500,00 e all’inibizione dalle attività federali per cinque mesi.
- Quest’ultima decisione è oggi impugnata innanzi al Collegio di Garanzia dello Sport da Giuseppe D’Eboli con un articolato ricorso.
In particolare, il ricorrente lamenta: 1) la violazione dell’art. 132, commi 1, nn. 1) e 5), e 2, c.p.c., nonché dell’art. 119 disp. att. c.p.c. e dell’art. 161, commi 1 e 2, c.p.c., deducendo la nullità insanabile della decisione di seconde cure la quale, nella copia conforme rilasciata dal segretario (peraltro identica a quella pubblicata sul sito), risulterebbe non sottoscritta né dal Presidente né dall’estensore (neppure indicato come tale); 2) la violazione dell’art. 126, comma 2, lettere a) e c), (oggi 7.2.13) del Regolamento tecnico sportivo della FIT, rubricato “Assenza del Giudice arbitro designato”, laddove il Giudice di seconde cure, ritenendo che il D’Eboli «non avesse formalmente assunto la funzione di Giudice Arbitro per l’opposizione dei componenti del Tc Terranova D, così paventando la necessità di un accordo tra i capitani per la sostituzione del Giudice arbitro» designato, non avrebbe tenuto conto delle norme più sopra evocate alla stregua delle quali, invece, una volta che il D’Eboli si era reso disponibile ad arbitrare l’incontro su designazione del capitano del T.C. San Teodoro, non avrebbe più potuto essere ricusato, avendo già assunto di iritto le funzioni in questione; 3) la violazione dell’art. 57, comma 5 (recte comma 4), del R.G. FIT (“Contributo per l’accesso ai servizi di giustizia”), per avere la Corte Federale di Appello deciso il ricorso incidentale della Procura federale nonostante questa non avesse provato di aver versato il contributo in parola; 4) la violazione dell’art. 112 c.p.c., in quanto la Corte d’Appello avrebbe condannato l’Avvocato D’Eboli per aver redatto e inviato al Giudice Sportivo il referto di gara e non invece il rapporto in relazione al quale la Procura Federale aveva avviato il procedimento disciplinare e il Tribunale Federale aveva pronunciato la propria decisione di condanna; 5) la violazione degli artt. 89 e 112 c.p.c., per non avere il giudice di seconde cure deciso sulla richiesta, allegata al verbale del 22 novembre 2019, di risarcimento del danno e di cancellazione di frasi ritenute ingiuriose; 6) l’omessa o insufficiente motivazione circa punti decisivi della controversia che hanno formato oggetto di disputa tra le parti quali: a) le istanze istruttorie (di replicare l’assunzione delle prove testimoniali e di rivalutare l’esito di quelle già assunte) spiegate col reclamo e respinte dalla Corte Federale di Appello; b) l’esame del reclamo, stravolto nella ricostruzione operata dalla sentenza impugnata, in quanto ritenuto volto a dimostrare che l’incolpato non aveva assunto il ruolo di giudice arbitro invece che, come sarebbe conforme a realtà, diretto a dimostrare come questi avesse assunto tale ruolo e, di conseguenza, avesse redatto e inviato il referto di gara e il rapporto al Giudice sportivo e al Commissario di gara; c) l’assenza di volontarietà nella redazione del referto e di alcuno scopo di trarre profitto da tale attività, tenuto conto che il D’Eboli avrebbe inviato il referto e il rapporto soltanto su esplicita richiesta della segretaria del Comitato Regionale della Sardegna (che è anche giudice arbitro, docente ai corsi per Giudice arbitro, componente del direttivo regionale per i Campionati a squadre, componente del Direttivo regionale degli Ufficiali di gara e componente del direttivo regionale per il Tpra) e, comunque, alla luce dell’inconfigurabilità di ogni possibile profitto per il
T.C. San Teodoro dall’aver avuto attribuita la vittoria a tavolino, visto che questo aveva concluso il campionato di III Serie Sardo – nel quale non sono neppure previste retrocessioni – con 0 punti, ragion per cui l’attribuzione di due punti non ne avrebbe cambiato la posizione in classifica, consentendogli di raggiungere a due punti il T.C. Moneta che, tuttavia, avendo a suo tempo battuto nello scontro diretto il T.C. San Teodoro, l’avrebbe comunque relegato all’ultimo posto in classifica; tant’è vero che la Procura, nel proprio reclamo incidentale, aveva evocato vantaggi costituiti dall’invariato distacco in classifica per il T.C. San Teodoro e dall’accrescimento della considerazione personale e professionale per il D’Eboli; d) la mancata motivazione dell’entità della pena e la violazione dell’art. 111 della Costituzione, tenuto conto che le sanzioni pecuniaria e interdittiva sarebbero state irrogate senza indicare alcuno dei criteri seguiti per scegliere tra il massimo ed il minimo edittali e per applicare la riduzione prevista per il tentativo, ascritto in via definitiva all’incolpato; e) la mancata decisione sull’applicazione del principio stabilito dalle Sezioni Unite del Collegio di Garanzia dello sport presso il CONI con la decisione n. 6 del 2016 in ordine allo standard probatorio richiesto nel processo sportivo, identificabile con un ragionevole affidamento in ordine alla commissione dell’illecito, secondo un grado di prova superiore alla semplice valutazione della probabilità, ma inferiore all’esclusione di ogni ragionevole dubbio. In particolare, la Corte avrebbe trascurato di verificare se l’incolpato avesse o meno assunto il ruolo di Giudice arbitro dell’incontro alla luce del complesso compendio probatorio processuale.
Per tali ragioni, il D’Eboli ha chiesto che, concessa la sospensione dell’efficacia: a) la decisione oggi impugnata venga cassata perché inesistente o nulla; b) sia disposta la cancellazione di frasi offensive contenute nel ricorso incidentale spiegato dalla Procura Federale avverso la decisione d’appello; c) in subordine, sia dichiarata l’illegittimità della stessa e, se ritenuto necessario, sia disposta l’escussione dei testi, prosciogliendo infine il D’Eboli da ogni addebito; d) siano condannate la Procura Federale e la FIT al pagamento delle spese processuali anche per lite temeraria; e) in ulteriore subordine, sia disposto il rinvio al giudice di merito con la fissazione del principio di diritto, se del caso rimettendo gli atti alla Procura Federale per consentire all’incolpato l’esercizio del diritto di difesa.
3.1. Si è difesa con memoria scritta la Procura Federale presso la FIT, eccependo in via pregiudiziale l’inammissibilità del ricorso, in quanto spiegato da soggetto privo di legittimazione ad agire perché non più tesserato all’atto della proposizione.
Ha altresì eccepito l’illegittimità di alcuni dei motivi proposti perché volti a sollecitare una diversa ricostruzione dei fatti e, comunque, un loro scrutinio intrinseco, nonché la complessiva infondatezza dell’impugnativa.
3.2. Conclusioni sostanzialmente analoghe ha preso la FIT.
4. La causa è stata trattenuta per la decisione all’esito di ampia discussione, cui hanno partecipato il ricorrente, la FIT, la Procura Federale presso la FIT e la Procura Generale dello Sport, la quale ultima ha concluso conformemente alla Procura Federale.
Considerato in diritto
- In primo luogo, va respinta l’eccezione di carenza di legittimazione attiva del ricorrente sollevata dalla Procura Federale, tenuto conto che il D’Eboli ha provato documentalmente di essere tesserato della FIT, per l’anno 2020, quale atleta agonista.
- Dev’essere poi respinto il motivo con il quale il ricorrente ha dedotto la nullità-inesistenza della decisione di seconde cure perché, nella copia conforme rilasciata dalla Segreteria della Corte Federale di Appello, non risulterebbe apposta la sottoscrizione del Presidente del Collegio e dell’estensore.
Ed infatti, premesso che dall’epigrafe del provvedimento emerge chiaramente l’indicazione nominativa dei componenti il Collegio decidente (ripetuta in calce al provvedimento) e dei rispettivi ruoli (“Presidente estensore, Componente”), occorre chiarire che il rilascio di “copia conforme” non involge la pedissequa trasposizione di tutto il complesso dei segni grafici che individua l’originale dell’atto, posto che invece la conformità attiene esclusivamente alla riproduzione del provvedimento nei suoi contenuti identificativi. Pertanto, non occorre che sulla copia rilasciata come “conforme” sia riprodotto il segno grafico della sottoscrizione del “Presidente estensore”, ovvero dell’intero collegio, bastando invece che sia chiara, com’è nel caso di specie, la riferibilità dell’atto al giudice che ha deciso la causa (e che ne ha sottoscritto l’originale) che resta bene identificato nell’epigrafe e in calce all’atto.
2.1. Sempre in via pregiudiziale, non può essere accolto il motivo (rubricato nella parte in fatto col n. 3) col quale si censura il mancato versamento da parte della Procura Federale, ricorrente incidentale in appello, del contributo per l’accesso ai servizi della giustizia previsto dall’art. 57 del R.G. FIT.
Ed infatti, il versamento del contributo (che peraltro in questo caso è malamente evocato a carico di un organo Federale, qual è l’Ufficio della Procura) non è configurato dalla norma in questione quale condizione di procedibilità del ricorso, costituendo piuttosto un obbligo che trova la sua sanzione su un piano extraprocessuale.
- E’ invece inammissibile il secondo motivo di ricorso posto che esso, pur evocando in epigrafe la violazione dell’art. 126, comma 2, lettere a) e c), (oggi 7.2.13) del R.T.S. FIT, si risolve in una sollecitazione del Collegio di Garanzia a ripercorrere il ragionamento e le valutazioni in fatto compiute dal giudice di merito in ordine all’assunzione o meno da parte del D’Eboli del ruolo di Giudice arbitro dell’incontro, secondo un canone decisionale che resta invece precluso dalla previsione dell’art. 54, comma 1, del Codice della Giustizia Sportiva del CONI. Peraltro la decisione impugnata è sul punto adeguatamente motivata, come più ampiamente esposto in seguito.
- E’ infondato il quarto motivo di ricorso col quale è lamentata la violazione del principio del chiesto e pronunciato, avendo il giudice d’appello condannato il D’Eboli per aver redatto e inviato al Giudice Sportivo il referto di gara e non invece il rapporto, in relazione al quale la Procura Federale avrebbe avviato l’azione disciplinare e il Tribunale avrebbe condannato l’incolpato.
Già dalla piana lettura dell’atto di deferimento del D’Eboli (testualmente riprodotto nell’epigrafe della decisione del Tribunale Federale) si evince come l’incolpazione abbia invece considerato sia la redazione del “rapporto” («…per avere falsamente attestato, nel rapporto stilato e trasmesso al Giudice Sportivo Regionale della Sardegna….»), sia quella del “referto” («Così, con artificio e raggiro, mirando ad ottenere illecitamente la vittoria dell’incontro, che il medesimo D’Eboli attribuiva al TC San Teodoro col risultato di 3-0 nel referto di gara») e come il Tribunale abbia valutato, ai fini del decidere, entrambi gli atti (cfr., in particolare, pag. 6 della decisione di prime cure), inscindibilmente collegati tra loro in funzione informativa del Commissario di gara e del Giudice Sportivo.
- Risulta poi inammissibile il motivo col quale è denunciata la violazione degli artt. 89 e 112 c.p.c., per non avere la Corte Federale deciso sull’istanza endoprocessuale di cancellazione di frasi ritenute ingiuriose e su quella, conseguente, di risarcimento del danno patito per effetto delle prime, tenuto conto che «l'apprezzamento del giudice di merito sul carattere sconveniente od offensivo delle espressioni contenute nelle difese delle parti e sulla loro estraneità all'oggetto della lite, nonché l'emanazione o meno dell'ordine di cancellazione delle medesime, a norma dell'art. 89 c.p.c., integrano esercizio di potere discrezionale non censurabile in sede di legittimità» (ex plurimis, Cass., Sez. 2, ord. 5 giugno 2018, n. 14364).
Per le medesime ragioni, rimane oggi precluso a questo Collegio dare direttamente corso all’istanza di cancellazione riproposta nel grado di legittimità.
6. Quanto al sesto, articolato, motivo di ricorso, esso si rivela inammissibile laddove, sotto le insegne dell’omessa o insufficiente motivazione, è volto in realtà a sollecitare il Collegio di Garanzia ad un apprezzamento prodromico ad una ricostruzione dei fatti alternativa a quella operata dal Giudice di merito, ed infondato nelle parti in cui più congruamente è lamentato un deficit motivatorio.
6.1. Così, infatti, il tema del rigetto delle istanze istruttorie (che, evidentemente, si accompagna ad un’inammissibile richiesta di assunzione in questo grado di legittimità) così come quello del denunciato stravolgimento del senso del reclamo (volto, secondo il ricorrente, a dimostrare che il D’Eboli aveva assunto le funzioni di giudice arbitro e non anche a negarlo) costituiscono aspetti che possono assumere rilievo soltanto ove si proceda a rimuovere la valutazione, compiuta dalla Corte Federale secondo canoni di razionalità e di sufficienza motivatoria, in ordine all’irrilevanza del fatto che il ricorrente avesse o meno assunto la funzione di giudice arbitro, posto che il cuore dell’incolpazione era individuato nel fatto che questi, a prescindere dalla legittimità della veste arbitrale, avesse ingiustamente tentato di provocare, attraverso la redazione del referto (e del collegato rapporto), la sconfitta a tavolino del T.C. Terranova e la conseguente penalizzazione di due punti.
6.2. Né, per altro verso ed a prescindere da un’impossibile rivalutazione dei fatti soppesati dal giudice del reclamo, emerge alcuna insufficienza motivatoria in ordine alla pretesa assenza, in capo al ricorrente, dell’elemento psicologico del dolo per la redazione del referto ovvero all’inconfigurabilità di un profitto per il T.C. San Teodoro e per lo stesso D’Eboli. Tali profili sono stati infatti diffusamente presi in esame dalla Corte Federale alla luce delle risultanze fattuali emergenti dall’istruttoria processuale e sufficientemente motivati, l’uno, col richiamo al fatto che la teste Tiziana Meloni (segretaria del Comitato regionale della Sardegna) ha riferito di aver dato all’odierno ricorrente esclusivamente informazioni in ordine alla redazione del referto (senza averlo dunque indotto ad inviarlo con le relative informazioni) e, l’altro, col riferimento al fatto (rilevante ai fini della configurazione del mero tentativo di frode) che l’intenzione del D’Eboli di conseguire un vantaggio per il proprio T.C. (identificato nell’attribuzione della vittoria dell’incontro) era stata neutralizzata soltanto da una condotta definita “esogena” alla sfera di azione dell’incolpata e costituita dall’intervento del Commissario di gara, «senza il quale il T.C. San Teodoro sarebbe stato indebitamente premiato con la vittoria dell’incontro».
6.3. Infondata è poi la censura con la quale è lamentata la mancata motivazione dell’entità della pena inflitta all’odierno ricorrente.
Infatti, secondo un principio generale, applicabile al caso di specie, il giudice ha il potere discrezionale di quantificare l'entità delle sanzioni, pecuniarie ed interdittive in concreto irrogate, entro i limiti edittali previsti, allo scopo di commisurarle all'effettiva gravità del fatto concreto, globalmente desunta dai suoi elementi oggettivi e soggettivi, senza che sia tenuto a specificare i criteri seguiti. Da tanto discende che la sua statuizione non è censurabile nella sede di legittimità ove quei limiti siano stati rispettati e dalla motivazione emerga come, nella determinazione, si sia tenuto conto degli eventuali parametri normativi previsti (arg. ex Cass., Sez. 2, 7 aprile 2017, n. 9126).
La pena in concreto irrogata si colloca pienamente entro la previsione edittale scolpita, per la frode sportiva, dall’art. 9, comma 7, del R.G. FIT (sanzione pecuniaria e sanzione inibitiva da sei mesi fino alla radiazione), nonché dall’art. 37, comma 3 (sanzione pecuniaria da € 50 a € 20.000,00), diminuita «da un terzo a due terzi» ai sensi del successivo art. 38, comma 1, nel mentre la disamina dei fatti e della condotta serbata dall’incolpato, che percorre tutta la parte motiva della decisione, dà ampio conto degli elementi in concreto valutati per la commisurazione della sanzione; inoltre, la doglianza articolata in ricorso non evidenzia profili di ingiustizia della sanzione come concretamente irrogata, appuntandosi invece esclusivamente sul profilo del difetto di motivazione.
6.4. E’ infine inammissibile l’ultimo motivo di ricorso, col quale il D’Eboli lamenta la mancata applicazione dello standard probatorio stabilito dalle Sezioni Unite di questo Collegio con la decisione n. 6 del 2016. Questi, sotto una rubrica siffatta, ha infatti sollecitato il Collegio, attraverso una lunga disamina delle prove testimoniali e documentali, a ripercorrere la vicenda fattuale che ruota attorno all’assunzione del ruolo di giudice arbitro dell’incontro in parola, circostanza che, come si è già detto, il giudice d’appello ha invece motivatamente consegnato all’irrilevanza, avendo individuato lo snodo decisivo dell’incolpazione esclusivamente nella redazione degli atti informativi (rapporto e referto) degli esiti di gara.
In presenza di una sufficiente e congrua motivazione sul punto, non è dunque consentito a questo Collegio di procedere ad una ricostruzione alternativa dei fatti di causa per farne sortire il sovvertimento della decisione.
- Alla luce di tutte le considerazioni fin qui svolte, il ricorso va complessivamente respinto con riguardo sia alla domanda principale, sia a quelle subordinate, compresa la richiesta di condannare la Procura Federale ovvero la FIT per lite temeraria, mancando com’è evidente il necessario sostrato giuridico.
- Quanto alle spese di lite, facendo applicazione del principio della soccombenza, esse vanno liquidate a carico del ricorrente e a favore della FIT nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Il Collegio di Garanzia dello Sport Quarta Sezione
Respinge il ricorso
Le spese seguono la soccombenza, liquidate nella misura di € 600,00, oltre accessori di legge, in favore della FIT.
Dispone la comunicazione della presente decisione alle parti tramite i loro difensori anche con il mezzo della posta elettronica.
Così deciso nelle camere di consiglio del 7 e 8 luglio 2020.
Il Presidente Il Relatore
F.to Dante D’Alessio F.to Alfredo Storto
Depositato in Roma, in data 7 agosto 2020.
Il Segretario
F.to Alvio La Face