CONI – Collegio di Garanzia dello Sport – Sezione Prima – coni.it – atto non ufficiale – Decisione n. 17/2021 del 12 febbraio 2021 – Ermanno Cordua/Comitato Olimpico Nazionale Italiano/Commissione Agenti Sportivi presso il CONI
Decisione n. 17
Anno 2021
IL COLLEGIO DI GARANZIA PRIMA SEZIONE
composta da
Mario Sanino - Presidente
Angelo Maietta - Relatore
Vito Branca
Guido Cecinelli
Giuseppe Musacchio - Componenti
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
nel giudizio iscritto al R.G. ricorsi n. 101/2020, presentato, in data 28 ottobre 2020, dal sig. Ermanno Cordua, rappresentato e difeso dall'avv. Armando Profili,
contro
il Comitato Olimpico Nazionale Italiano (CONI), in persona del Presidente pro tempore, dott. Giovanni Malagò, rappresentato e difeso dagli avv.ti prof. Giulio Napolitano e Francesco Scanzano,
nonché contro
la Commissione CONI degli Agenti Sportivi presso il CONI, in persona del legale rappresentante pro tempore,
avverso
- la Comunicazione di cui all’art. 7, comma 3, del Regolamento CONI degli Agenti Sportivi del 2 ottobre 2020, comunicata a mezzo pec in data 2 ottobre 2020, con cui è stato comunicato al Sig. Cordua che “[…] ai sensi dell’art. 7. c. 3 del Regolamento CONI Agenti Sportivi […] la Commissione CONI Agenti Sportivi ha deliberato la cancellazione della Sua iscrizione dal Registro CONI Agenti Sportivi”;
- la Delibera della Commissione CONI degli Agenti Sportivi del 1 ottobre 2020, con cui la Commissione CONI degli Agenti Sportivi ha deliberato la cancellazione dell’iscrizione del Sig. Cordua dal Registro Nazionale CONI degli Agenti Sportivi (prot. n. 2207);
- la Comunicazione di cui all’art. 7, comma 2, del Regolamento CONI degli Agenti Sportivi del 9 settembre 2020, comunicata a mezzo pec in data 9 settembre 2020, con cui la Commissione CONI degli Agenti Sportivi ha comunicato al ricorrente di aver rilevato la "[…] sussistenza dei presupposti per l’assunzione del provvedimento di cancellazione […]” della sua iscrizione dal Registro CONI Agenti Sportivi, atteso il “[…] difetto dei requisiti di cui all’art. 4 c. 1 lett j) e k).”;
- la Delibera della Commissione CONI degli Agenti Sportivi del 9 settembre 2020, con cui la Commissione CONI degli Agenti Sportivi ha rilevato la sussistenza dei “[…] presupposti per l’assunzione del provvedimento di cancellazione dell’iscrizione dal Registro CONI Agenti Sportivi per difetto dei requisiti di cui all’art. 4 c. 1 lett. j) e k) […]”, e dunque di dare avvio al procedimento di cancellazione del nominativo del Sig. Cordua “[…] mediante invio della comunicazione di cui all’art. 7 c.2 del Regolamento”;
- la Nota del R.U.P. (Avv. Marco Ferrante) del 25 giugno 2020, recante oggetto “Regolamento CONI Agenti Sportivi – delibera G.N. n. 127 del 14 maggio 2020. Estensione validità iscrizione Agente sportivo, art. 25 c.5; Requisiti soggettivi iscrizione Registro – Sezione stabiliti; Titolo <<vecchio ordinamento>>”;
- la Nota “Prot. 1954 ss 20/21” del 07 agosto 2020, recante oggetto “rettifica Registro federale – Sezione stabiliti. Riscontro comunicazione RUP del 25 giugno 2020”, con cui la Commissione Federale degli Agenti Sportivi della FIGC ha riscontrato la Nota del R.U.P. (Avv. Marco Ferrante) del 25 giugno 2020 ed ha comunicato che non è stata mantenuta l’iscrizione del Sig. Cordua al Registro Federale – Sezione Agenti Sportivi Stabiliti;
- nonché di tutti gli atti preordinati, connessi e conseguenti, se ed in quanto lesivi degli interessi del ricorrente.
Viste le difese scritte e la documentazione prodotta dalle parti costituite;
uditi, nell’udienza dell'8 febbraio 2021, celebrata in videoconferenza tramite la piattaforma Microsoft Teams, il difensore della parte ricorrente - sig. Ermanno Cordua - avv. Armando Profili; gli avv.ti prof. Giulio Napolitano e Francesco Scanzano, per il resistente CONI, nonché il Procuratore Nazionale dello Sport, avv. Gianpaolo Sonaglia, per la Procura Generale dello Sport c/o il CONI, intervenuta ai sensi dell’art. 59, comma 2, lett. b), e dell’art. 61, comma 3, del Codice della Giustizia Sportiva del CONI;
udito, nella successiva camera di consiglio dello stesso giorno, il relatore, avv. prof. Angelo Maietta.
Ritenuto in fatto
- Con ricorso depositato in data 28 ottobre 2020, il sig. Ermanno Cordua ha adito il Collegio di Garanzia dello Sport chiedendo l’annullamento del provvedimento di cancellazione della sua iscrizione dal Registro CONI Agenti Sportivi, emanato dalla Commissione CONI degli Agenti Sportivi il 2 ottobre 2020.
Risulta dagli atti che il ricorrente, a far data dal 10 gennaio 2020, era stato iscritto presso il Registro CONI degli Agenti Sportivi – Sezione stabiliti e che, in data 09 settembre 2020, la Commissione agenti sportivi del CONI comunicava allo stesso di aver rilevato “la sussistenza dei presupposti per l’assunzione del provvedimento di cancellazione” dal Registro Nazionale, rappresentando, altresì, che la Commissione agenti della FIGC, “con nota del 25.06.20 … ha comunicato che non è stata mantenuta la Sua iscrizione al Registro Federale, Sezione Agenti Stabiliti (art. 4 c. 1 lett. k del Regolamento), nonché il difetto del titolo abilitativo (art. 4 c. 1 lett. j del Regolamento)”.
A seguito dell’accesso agli atti da parte del ricorrente e delle successive interlocuzioni con gli enti preposti, con cui si comunicava, tra l’altro, la propria iscrizione presso la Federazione Calcistica Spagnola, il 2 ottobre 2020, la Commissione rilevava come non fossero stati “forniti alla Commissione, ai sensi dell’art. 7 c. 2 del Regolamento, chiarimenti utili a provare la regolarità della Sua iscrizione e, segnatamente, il requisito di cui all’art. 4 c.1 lett. k) del Regolamento CONI Agenti Sportivi”.
Tale ultima norma prevede, vale precisarlo sin da subito, che “possono iscriversi e mantenere l’iscrizione al Registro nazionale i soggetti in possesso dei seguenti requisiti: […] essere in possesso del certificato di avvenuta iscrizione nel Registro federale degli agenti sportivi della federazione sportiva nazionale professionistica presso la quale è stata svolta la prova speciale di cui all’art. 16, o in alternativa presso la quale è stato conseguito il titolo abilitativo di cui alla precedente lettera j)”.
2. A sostegno del ricorso, in sintesi, il ricorrente lamenta, in primis, la violazione e falsa applicazione delle norme statali e settoriali che disciplinano la figura degli agenti sportivi, nonché la violazione e falsa applicazione dell’art. 11 delle preleggi, della legge 241/1990, del principio del legittimo affidamento, dell’art. 97, nonché la violazione del giudicato della decisione n. 7/2020 del Collegio di Garanzia.
Sul punto il Cordua eccepisce, premessa la sua iscrizione nel citato Registro nazionale con deliberazione del 10 gennaio 2020 e, dunque, antecedentemente alle modifiche operate dal DPCM del 24 febbraio 2020 e dal Regolamento CONI del 14 maggio 2020, che il provvedimento di cancellazione impugnato si fonda sul Regolamento CONI Agenti Sportivi, approvato il 14 maggio 2020, e quindi emanato successivamente la sua iscrizione nei registri federale e nazionale; in tal guisa, la posizione del ricorrente rispetto alla nuova regolamentazione della materia non potrebbe essere modificata se non con un illegittimo utilizzo retroattivo della stessa. A ciò aggiunge rilevando che la precedente decisione del Collegio di Garanzia n. 7/2020 confermerebbe che il vaglio finale, ai fini della iscrizione nel Registro Nazionale, con riguardo ai soggetti che abbiano conseguito un titolo abilitativo all’estero, spetti alla Federazione. Di tal che, essendo stato il ricorrente iscritto nel registro federale, la successiva iscrizione è da considerarsi come automatica, senza, pertanto, attribuire al CONI alcun sindacato.
Con un secondo motivo, il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 25 Regolamento Agenti Sportivi, approvato con deliberazione della Giunta Nazionale del CONI n. 127 del 14 maggio 2020, che prevede, al comma 5, che “Ai sensi e per gli effetti di quanto previsto dall’art. 5, comma 10, le iscrizioni al Registro nazionale, effettuate nel corso del 2019 ovvero sino all'entrata in vigore del presente Regolamento, hanno validità fino al 31 dicembre 2020, a condizione che siano versati diritti di segreteria pari a 250,00 euro e sia altresì, ove necessario, la durata della polizza di rischio professionale di cui all’art. 5, comma 6, lettera c)”. Secondo la prospettazione del ricorrente, risultando iscritto al Registro nazionale a far data dal 14 gennaio 2020, la sua iscrizione sarebbe dovuta permanere fino alla data ivi prevista, senza che potesse esserne deliberata la cancellazione.
Con il terzo motivo, il Cordua lamenta ancora la violazione e falsa applicazione dell’art. 25 Regolamento Agenti Sportivi, sostenendo di essere in ogni caso in possesso di un titolo abilitativo unionale equipollente – la cui evidenza è stata fornita agli enti sportivi competenti -, essendo lo stesso abilitato ad operare in Spagna, paese per il quale sarebbe stata necessaria l’adozione di misure compensative, ad oggi, mai adottate.
Infine, con il quarto motivo di diritto, il ricorrente eccepisce la violazione degli artt. 45, 49, 56 e 63 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea, sostenendo una illegittima compressione dei diritti di libertà di circolazione e di stabilimento dei lavoratori all’interno dell’Unione derivante dal provvedimento impugnato
3. Si è costituito in giudizio il CONI, concludendo per l’inammissibilità ovvero l’improcedibilità ovvero il rigetto del ricorso.
In particolare, la difesa dell’ente, dopo aver ripercorso l’iter legislativo e regolamentare di settore ad oggi vigente in tema di agenti sportivi, ed in particolare considerando il combinato disposto tra il Regolamento Agenti del CONI del 14 maggio 2020 ed il DPCM del 24 febbraio 2020, per cui l’iscrizione nella sezione “agenti stabiliti” è sempre subordinata a superamento di “prove equipollenti a quelle previste in Italia”, ha, in via preliminare, eccepito l’inammissibilità del ricorso.
Tale eccezione in rito si fonda sulla considerazione che già, in data 11 settembre 2020 (data del riscontro alla diffida stragiudiziale del ricorrente con cui la FIGC confermava la cancellazione dal Registro FIGC a seguito del procedimento amministrativo avviato su impulso del RUP), il ricorrente avrebbe avuto piena conoscenza dell’esistenza di determinazioni di carattere lesivo; il dies a quo da cui computare il termine di 30 giorni previsto dall’art. 7, comma 4, del Regolamento sarebbe proprio l’11 settembre 2020, con la conseguente tardività del ricorso. Secondo il CONI, l’inammissibilità del ricorso sarebbe da scorgere anche nella mancata impugnazione, da considerarsi come atto presupposto, del provvedimento federale di cancellazione dal Registro FIGC, di cui il ricorrente era stato edotto sin dalla predetta nota della FIGC. Sempre in tale prospettazione, il CONI eccepisce, infine, la mancata notificazione del ricorso alla FIGC, da intendersi come parte necessaria del giudizio.
Nel merito, con riferimento al primo motivo di ricorso, la parte resistente ha eccepito come non possa in alcun modo predicarsi una violazione di giudicato, sia perché la decisione n. 7/2020 del Collegio (la cui impugnazione pende tutt’oggi dinanzi al Tar) si era limitata a fornire un giudizio di stretta legittimità inerente all’interpretazione dell’art. 11 del DPCM 23 marzo 2018, sia perché nella specie – anche a voler prender per corretta l’argomentazione del ricorrente, secondo cui la Commissione CONI dovrebbe limitarsi a prendere atto della precedente iscrizione al registro FIGC – è stato rispettato il riparto di competenze tra FIGC e CONI, avendo a Commissione Agenti Nazionale disposto la cancellazione dal relativo registro proprio in virtù della cancellazione dal Registro federale.
Argomenta ulteriormente il CONI che non sarebbe neppure riscontrabile una illegittima applicazione retroattiva del DPCM 24 febbraio 2020, considerando che l’esercizio delle funzioni amministrative è da ritenersi comunque ancorato al rispetto delle norme in vigore al momento dell’adozione dei singoli atti e che l’iscrizione al Registro CONI è in ogni caso subordinata al mantenimento dei requisiti soggettivi ivi previsti.
Con riguardo al secondo motivo di ricorso, il CONI ribadisce la corretta valutazione operata dal RUP, che ha affermato come l’estensione prevista dal citato articolo 25 del Regolamento “presuppone, altresì, una valida iscrizione presso il registro federale per il corrispondente periodo, che per gli agenti attualmente inseriti nella sezione stabiliti non potrà operare in difetto di titolo abilitativo unionale equipollente (art. 23, comma 1, Regolamento).
Sul terzo motivo di ricorso, il CONI fa notare come lo stesso sia infondato, atteso che il principio di equipollenza opera tra “titoli” e non già tra “iscrizioni” presso i Registri federali degli Stati membri. In altri termini, secondo la prospettazione del CONI, ciò che rileva, ai sensi degli artt. 2, lett. j), e 4, lett. k , del Regolamento CONI, è l’effettivo possesso di un titolo conseguito all’esito del superamento di una prova abilitativa equipollente a quella prevista dall’ordinamento italiano; ed è proprio dell’ottenimento del titolo equipollente che il ricorrente non avrebbe dato prova, predicando, invece, un automatismo derivante dalla mera iscrizione ai registri di federazioni calcistiche europee, non suffragato da argomentazioni giuridiche valide, pur in assenza di chiari indici normativi sul punto.
Privo di fondamento sarebbe, infine, il quarto motivo di ricorso, considerando che, proprio in virtù dei principi di rango europeo, anche lo stesso cittadino italiano stabilito in un altro Stato membro deve dimostrare di aver superato una prova abilitativa equiparabile a quella richiesta dall’ordinamento nazionale, con la conseguenza di non potersi predicare alcuna discriminazione né alcuna illegittima violazione del diritto di stabilimento o di libera circolazione.
4. Il contraddittorio processuale si è completato con il successivo deposito della memoria, ex art. 60, quarto comma, CGS, di parte ricorrente, a mezzo della quale la difesa del Cordua ha diffusamente contestato i rilievi proposti dal CONI, sia nel merito, ribadendo la bontà delle proprie argomentazioni, che in rito.
All’udienza dell’8 febbraio 2021, le parti hanno insistito nell’accoglimento delle già rassegnate conclusioni. La Procura Generale dello Sport ha concluso per l’inammissibilità in rito del ricorso e, comunque, per la sua infondatezza nel merito.
Considerato in diritto
Il ricorso va rigettato per improcedibilità in rito e, in ogni caso, per infondatezza nel merito.
Va premesso che il Codice di giustizia sportiva del CONI, all’art. 2, comma 6, espressamente precisa che “per quanto non disciplinato, gli organi di giustizia conformano la propria attività ai principi e alle norme generali del processo civile, nei limiti di compatibilità con il carattere di informalità dei procedimenti di giustizia sportiva”.
Orbene, il rinvio del CGS CONI al processo civile deve guidare l’interprete nell’individuazione delle norme esistenti in materia di validità degli atti processuali, delle relative notificazioni o comunicazioni e della corretta instaurazione del contraddittorio.
Proprio in relazione a quest’ultimo aspetto va ricordato che l’art. 101, comma 1, del Codice di procedura civile dispone che: “il giudice, salvo che la legge disponga altrimenti non può statuire sopra alcuna domanda, se la parte contro la quale è proposta non è stata regolarmente citata e non è comparsa”. Nella vicenda in esame, relativa alla iscrizione degli agenti sportivi presso il CONI, va ricordato il quadro normativo esistente che disciplina la procedura di iscrizione medesima.
- La Legge di Stabilità 2018 (L. 27 dicembre 2017, n. 205), tra i significativi interventi in materia di Sport, ha previsto all’art. 1, comma 373, l’istituzione presso il CONI del Registro nazionale degli Agenti sportivi, stabilendo al contempo l’obbligatorietà dell’iscrizione in tale registro per tutti i soggetti che intendano svolgere l’attività di Agente sportivo, non limitandosi al gioco del calcio, ma estendendosi a tutto lo sport professionistico in Italia. Tale intervento legislativo, oltre a voler assicurare la professionalità degli Agenti, ha inteso dare una risposta alle forti riserve critiche espresse nei confronti della precedente disciplina sui Procuratori sportivi della FIGC, attuata con la riforma voluta dalla FIFA nel 2015, che, nell’abolire “ex abrupto tutte le licenze legittimamente rilasciate senza neanche prevedere un regime transitorio e/o meccanismi per l’attenuazione dei pregiudizi a danno degli Agenti titolari di licenze”, ha comportato una “palese violazione dei principi fondamentali di certezza del diritto, di tutela dell’affidamento e di salvaguardia dei diritti acquisiti” (cfr. Relazione di accompagnamento al d.d.l. n. 1737, intitolato “Regolamentazione della figura e dell’attività dell’Agente sportivo”, presentato il 13 gennaio 2015 su iniziativa dei Senatoria Falanga e altri, il cui contenuto è in parte confluito nell’art. 1, comma 373, della Legge di Stabilità 2018). In conclusione, si sentiva, senza alcun dubbio, la necessità di un intervento legislativo in materia: troppo irrispettosa dei titoli ottenuti ante 2015, infatti, la riforma della FIFA, che aveva rimosso le barriere d’accesso alla professione, compreso l’esame abilitativo. La norma richiamata espressamente sancisce che “E’ istituito presso il CONI, nell’ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente, il Registro nazionale degli agenti sportivi, al quale deve essere iscritto, dietro pagamento di un’imposta di bollo annuale di 250 euro, il soggetto che, in forza di un incarico redatto in forma scritta, mette in relazione due o più soggetti operanti nell’ambito di una disciplina sportiva riconosciuta dal CONI ai fini della conclusione di un contratto di prestazione sportiva di natura professionistica, del trasferimento di tale prestazione o del tesseramento presso una federazione sportiva professionistica. Può iscriversi al suddetto registro il cittadino italiano o di altro Stato membro dell’Unione europea, nel pieno godimento dei diritti civili, che non abbia riportato condanne per delitti non colposi nell’ultimo quinquennio, in possesso del diploma di istruzione secondaria di secondo grado o equipollente, che abbia superato una prova abilitativa diretta ad accertarne l’idoneità . È fatta salva la validità dei pregressi titoli abilitativi rilasciati prima del 31 marzo 2015. Agli sportivi professionisti e alle società affiliate a una federazione sportiva professionistica è vietato avvalersi di soggetti non iscritti al Registro pena la nullità dei contratti, fatte salve le competenze professionali riconosciute per legge. Con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, sentito il CONI, sono definiti le modalità di svolgimento delle prove abilitative, la composizione e le funzioni delle commissioni giudicatrici, le modalità di tenuta e gli obblighi di aggiornamento del Registro, nonché i parametri per la determinazione dei compensi. Il CONI, con regolamento da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, disciplina i casi di incompatibilità, fissando il consequenziale regime sanzionatorio sportivo”. La norma, nello stabilire l’istituzione del Registro degli Agenti sportivi presso il Coni, rimandava ad un emanando DPCM le modalità operative per la relativa iscrizione.
- Il decreto attuativo è stato licenziato con DPCM 23 marzo 2018 il quale ha previsto, tra gli altri obblighi, uno in particolare, che soccorre Questo Collegio per scrutinare in maniera puntuale le doglianze del ricorrente. L’iscrizione al Registro nazionale degli Agenti sportivi è subordinata al superamento di una duplice prova di esame. In base all’art. 3 del DPCM del 23 marzo 2018, l’esame di abilitazione “si articola in una “prova generale” che si svolge presso il CONI e in una “prova speciale” che si svolge presso le Federazioni sportive nazionali professionistiche”. La prova generale è organizzata dal CONI, in almeno due sessioni ogni anno, che si concludono rispettivamente entro la fine dei mesi di marzo e settembre, così come indicato dall’art. 4. Il superamento della prova generale è subordinato a una verifica scritta e/o orale, di conoscenza del diritto dello sport e degli istituti del diritto privato e del diritto amministrativo. La commissione esaminatrice è formata da almeno tre membri individuati dalla Giunta Nazionale del CONI e assicura la presenza di un rappresentante del CONI, un rappresentante delle Federazioni sportive nazionali professionistiche ed un esperto in materie giuridiche scelto tra docenti universitari, avvocati iscritti all’albo forense da almeno cinque anni e magistrati. Per quanto riguarda la prova speciale, quest’ultima è organizzata dalle Federazioni sportive professionistiche ogni anno, in almeno due sessioni, che si concludono entro la fine dei mesi di maggio e novembre. Requisito fondamentale per accedere alla prova speciale è il superamento della prova generale. Come per la prova generale, il superamento della prova speciale è subordinato alla verifica scritta e/o orale del programma d’esame individuato da ciascuna Federazione. La commissione della prova speciale è formata da almeno tre membri e assicura la presenza di un esperto in materia giuridiche scelto tra docenti universitari e avvocati iscritti all’albo forense da almeno cinque anni.
- Con il Decreto del Ministro per le politiche giovanili e lo sport del 24 febbraio 2020, sono state apportate alcune modifiche al precedente DPCM del 23 marzo 2018 in materia di Agenti sportivi. La prima modifica la si ha all’art. 6, laddove si prevede che, allorquando il soggetto chiede alla Federazione l’iscrizione nel Registro federale, la Federazione medesima vi provvede entro 20 giorni (anziché entro 30 giorni), rilasciando apposito certificato di avvenuta iscrizione. Inoltre, sempre all’art. 6, si prevede che, allorquando il soggetto in possesso del certificato di avvenuta iscrizione al Registro federale chiede di essere iscritto al Registro nazionale, il CONI vi provvede entro 30 giorni (in precedenza non era fissato un termine), salvo si proceda al soccorso istruttorio. Altra modifica la si trova all’art. 10, dove si prevede che la cancellazione dal Registro federale sia causa di cancellazione dal Registro nazionale “sempre che l’Agente sportivo non risulti validamente iscritto presso il Registro federale di altra Federazione sportiva nazionale professionistica”. Infine, sono state introdotte delle novità per quanto concerne gli Agenti stabiliti e gli Agenti provenienti da Paesi extra UE. All’art. 11, anziché “I cittadini dell’Unione Europea abilitati in altro Stato membro”, si prevede che possano chiedere alla Federazione l’iscrizione nell’apposita sezione del Registro federale dedicata agli Agenti stabiliti. “I cittadini italiani o di altro Stato membro dell’Unione Europea abilitati in altro Stato membro”. Sempre all’art. 11 si prevede, inoltre, che la Federazione debba accertare che il richiedente sia abilitato ad operare “in altro Stato membro dell’Unione Europea e nell’ambito della corrispondente Federazione sportiva nazionale di tale Paese” e si aggiunge che tale abilitazione debba conseguire al superamento di “prove equipollenti a quelle previste dal presente decreto”, e si prevede poi che, ricevuta comunicazione dalla Federazione di avvenuta iscrizione nella sezione speciale del Registro Federale, il CONI “procede entro trenta giorni all’iscrizione in apposita sezione del Registro nazionale, salvo si proceda al soccorso istruttorio”. Infine, è previsto che, “Ove ricorrano le condizioni per l’applicazione di misure compensative, consistenti nel superamento di na prova abilitativa o di un tirocinio di adattamento, con il Regolamento CONI sono disciplinate le modalità di svolgimento della predetta misura compensativa nonché i contenuti della formazione e le sedi presso le quali la stessa possa essere acquisita. Per la realizzazione di tali misure compensative, il CONI si può avvalere delle federazioni sportive nazionali professionistiche presso le quali si intende richiedere l’abilitazione”.
Dalla disamina del quadro normativo di dettaglio, recepito puntualmente dal Regolamento Agenti Sportivi (approvato con deliberazione della Giunta Nazionale del CONI n. 127 del 14 maggio 2020), è agevole notare come la regolamentazione in materia sia sostanzialmente bicefala nella procedura, atteso che, al fine di ottenere il titolo abilitativo, occorre una duplice prova d’esame e, la seconda di esse (quella speciale), che si svolge presso le Federazioni di competenza, è presupposto per la iscrizione, dapprima nel registro della Federazione scelta, e successivamente nel registro del CONI.
- La ricostruzione appena effettuata rende pacifico un principio: il necessario interscambio informativo e procedurale in materia di agenti sportivi tra CONI e Federazione Sportiva di riferimento. Ne consegue che il ricorso odierno, avanzato unicamente nei confronti del CONI, va dichiarato improcedibile per violazione del principio del litisconsorzio necessario obbligatorio atteso che, qualsiasi tipo di pronuncia venisse emessa da Questa sezione, la stessa avrebbe ricadute pratiche anche sulla singola Federazione di appartenenza dell’Agente Sportivo, senza però che la medesima Federazione abbia preso parte al procedimento e abbia potuto proporre le proprie deduzioni e/o argomentazioni. La decisone che venisse presa in difetto del litisconsorzio sarebbe inutiliter data (cfr. Cassazione civile, sez. II, 24 ottobre 2019, n. 2736; Tribunale Pavia, sez. III, 05 settembre 2019, n. 1379; Tribunale Roma, sez. IV, 26 settembre 2018, n. 18063; Cassazione civile, sez. II, 04 aprile 2014, n. 8032). Sul punto, fermo il sopra ricordato disposto dell’art. 101 c.p.c. giova rappresentare come la giurisprudenza sia conforme in argomento, all’uopo precisando che “il litisconsorzio necessario, la cui violazione è rilevabile d'ufficio in ogni stato e grado del processo, ricorre, oltre che per motivi processuali e nei casi espressamente previsti dalla legge, quando la situazione sostanziale plurisoggettiva dedotta in giudizio debba essere decisa in maniera unitaria nei confronti di tutti coloro che ne siano partecipi, onde non privare la pronuncia dell'utilità connessa con l'esperimento dell'azione proposta, il che non può mai verificarsi per esigenze probatorie, ma solo ove tale azione tenda alla costituzione o al mutamento di un rapporto plurisoggettivo unico oppure all'adempimento di una prestazione inscindibile incidente su una situazione pure inscindibile comune a più soggetti” (Cassazione civile, sez. III, 13 febbraio 2020, n. 3692). Orbene, non v’è chi non veda come la vicenda oggetto di scrutinio integri esattamente i principi testé richiamati. La rilevabilità d’ufficio del difetto evidenziato (in argomento, Cassazione civile, sez. II, 24 gennaio 2020, n. 1630, secondo cui “la non integrità del contraddittorio è rilevabile, anche d'ufficio, in qualsiasi stato e grado del procedimento e, quindi, anche in sede di giudizio di legittimità”), in assenza di eccezioni sul punto da tutte le parti del giudizio, che hanno unicamente sollevato infondate questioni di inammissibilità1, trova cittadinanza nel principio iura novit curia2 a cui il Collegio non si sottrae dichiarando, per l’appunto, il ricorso improcedibile3 per violazione del principio del litisconsorzio necessario.
A tal fine, risultano prive di pregio le deduzioni sollevate motu proprio dalla difesa del ricorrente in ordine alla mancata evocazione in giudizio della Federazione di riferimento poiché non vi è stato, da parte di quest’ultima, alcun provvedimento da impugnare, atteso che non può non conoscersi la procedura di iscrizione al Registro degli Agenti da parte di questi ultimi e, per essi, dei loro difensori che pure vi hanno più volte fatto riferimento pro domo sua sotto altri profili; tanto perché è evidente il precetto normativo sopra richiamato e il Regolamento agenti medesimo che individua nella procedura di iscrizione un doppio binario su cui corrono in rapporto di reciproca pregiudizialità dapprima il CONI (con la prova generale), poi la Federazione ( con la prova speciale e la conseguente iscrizione nel proprio registro, ove la stessa sia superata) e, quindi, nuovamente il CONI per l’iscrizione finale.
- Ferme restando le deduzioni innanzi svolte, in rito, che assorbono ogni ulteriore profilo, non va sottaciuto che comunque il ricorso è infondato nel merito.
Invero, il ricorrente ha più volte sostenuto di essere “agente stabilito” con “titolo equipollente” che impone l’iscrizione “permanente”. Tuttavia, le qualificazioni auto attribuitesi dal ricorrente ai fini di poter beneficiare della tabella di equipollenza in forza della quale, laddove vi è iscrizione nel registro della Federazione di altro Stato membro si può richiedere l’iscrizione nel registro omologo della Federazione Nazionale Italiana, necessitano di una precisazione che il ricorrente omette, nel tentativo di far germogliare il seme del dubbio in seno al Collegio, e che riguarda le definizioni che riferisce, ma prese nel loro complesso e non solo per la prima parte del dettato regolamentare.
Infatti, a mente dell’art. 2, comma 1, lett. F e J, si stabilisce rispettivamente che:
A) l’agente sportivo stabilito è il soggetto abilitato a operare in Stato membro dell’Unione europea diverso dall’Italia e nell’ambito della corrispondente federazione sportiva nazionale di tale Paese, avendo superato prove equipollenti a quelle previste in Italia, ai fini di quanto descritto al precedente art. 1, comma 2;
B) il titolo abilitativo unionale equipollente è il titolo, avente carattere permanente, conseguito da un agente sportivo stabilito, con il superamento di prove equipollenti a quelle previste in Italia, che abilita a operare in altro Stato membro dell’Unione europea e nell’ambito della corrispondente federazione sportiva nazionale di tale Paese.
Apertis verbis, i sintagmi richiamati chiariscono che la equipollenza riconosciuta dalla norma regolamentare non è data dalla mera iscrizione, ma dal superamento delle prove equipollenti e, nella vicenda in esame, il ricorrente giammai ha prodotto certificazioni in tal senso.
Milita nella direzione interpretativa appena citata lo stesso Decreto Ministeriale 24 febbraio 2020, laddove, all’ultimo punto delle premesse, afferma testualmente: “RAVVISATA pertanto, in relazione all'applicazione del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 23 marzo 2018 e s.m.i., l'esigenza di meglio specificare le previsioni afferenti la professione sportiva regolamentata di agente sportivo nell'ambito del sistema di riconoscimento delle qualifiche professionali completate in altri Stati membri dell'UE al fine di armonizzare e facilitare la procedura, consentendo il riconoscimento automatico di titoli; formazione e prove che siano equivalenti, secondo le richiamate direttive dì cui al Decreto Legislativo 28 gennaio 2016, n. 15.” Tale richiamo trova poi cittadinanza esplicita nell’art. 11 del citato Decreto del Ministro per le politiche giovanili e lo sport del 24 febbraio 2020, laddove, nel riconoscere la possibilità di iscrizione in Italia da parte di soggetto iscritto in una Federazione di un altro Stato membro, ha espressamente previsto come condizione il superamento di “prove equipollenti a quelle previste dal presente decreto”. E tanto non è stato dimostrato né documentato.
- La novità, nel merito, della vicenda approdata alla attenzione del Collegio imporrebbe la compensazione delle spese, ma la violazione del principio processuale espresso in parte motiva è da ritenersi jus receptum monoliticamente riconosciuto, per la qual cosa la sua violazione va sanzionata con lo stigma della liquidazione delle spese, seguendo l’insegnamento della giurisprudenza di merito per la quale “quanto alle spese di lite, l'art. 91 c.p.c. impone al giudice di provvedervi in ogni caso allorché emette sentenza, anche se di sola improcedibilità o inammissibilità dell'appello” (Corte appello Venezia, sez. I, 07 gennaio 2020, n. 27). Esse si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Collegio di Garanzia dello Sport Prima Sezione
Dichiara improcedibile il ricorso.
Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate nella misura di € 3.000,00, oltre accessori di legge, in favore del resistente CONI.
Dispone la comunicazione della presente decisione alle parti tramite i loro difensori anche con il mezzo della posta elettronica.
Così deciso in Roma, nella sede del CONI, in data 8 febbraio 2021.
Il Presidente Il Relatore
F.to Mario Sanino F.to Angelo Maietta
Depositato in Roma, in data 12 febbraio 2021.
Il Segretario
- to Alvio La Face
- L’inammissibilità è la qualifica del vizio di un particolare tipo di atti processuali, le domande, quando tali atti non abbiano pienamente integrato lo schema legislativo della rispettiva fattispecie: per conseguenza, essi non saranno in grado di suscitare una risposta giurisdizionale di merito ed otterranno un responso consistente, appunto, in una declaratoria di inammissibilità.
- Cfr. Cassazione civile, sez. III, 20/12/2019, n. 34158, secondo cui “Il principio "iura novit curia", laddove eleva a dovere del giudice la ricerca del "diritto", si riferisce alle vere e proprie fonti di diritto oggettivo, cioè a quei precetti contrassegnati dal duplice connotato della normatività e della giuridicità, dovendosi escludere dall'ambito della sua operatività sia i precetti aventi carattere normativo, ma non giuridico (come le regole della morale o del costume), sia quelli aventi carattere giuridico, ma non normativo (come gli atti di autonomia privata, o gli atti amministrativi), sia quelli aventi forza normativa puramente interna (come gli statuti degli enti e i regolamenti interni)”.
- L’improcedibilità si verifica ogniqualvolta l’azione può essere legittimamente esercitata, ma non può aspirare ad ottenere una decisione sul merito per violazione di principi processuali (ad esempio, il mancato esperimento del tentativo di mediazione obbligatoria, il non rispetto del litisconsorzio, etc.).