CONI – Collegio di Garanzia dello Sport – Sezioni Unite – coni.it – atto non ufficiale – Decisione n. 37 del 13/05/2021 – A.S. Roma/Federazione Italiana Giuoco Calcio
Decisione n. 37
Anno 2021
IL COLLEGIO DI GARANZIA SEZIONI UNITE
composto da
Franco Frattini - Presidente
Manuela Sinigoi - Relatrice
Dante D’Alessio
Mario Sanino
Massimo Zaccheo - Componenti
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
Nel giudizio iscritto al R.G. ricorsi n. 113/2020, presentato, in data 10 dicembre 2020, dalla A.S. Roma S.p.A., in persona del suo Amministratore Delegato, legale rappresentante pro tempore, CEO dott. Guido Fienga, rappresentata e difesa dall’avv. Antonio Conte,
nei confronti
della Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC), in persona del Presidente legale rappresentante pro tempore, Dott. Gabriele Gravina, non costituitasi in giudizio,
e
della società Hellas Verona F.C., in persona del legale rappresentante pro tempore, Amministratore Unico sig. Maurizio Setti, rappresentata e difesa dall’avv. Stefano Fanini,
per l’annullamento
della decisione n. 13/2020-2021 della Corte Sportiva d’Appello Nazionale della FIGC del 10 novembre 2020, trasmessa, a mezzo PEC, in pari data, con cui la suddetta Corte ha respinto il ricorso avanzato dalla ricorrente avverso la decisione del Giudice Sportivo c/o la Lega di Serie A, di cui al C.U. n. 32 del 22 settembre 2020, con il quale è stata irrogata, a carico della AS Roma S.p.A., la sanzione della perdita della gara contro l'Hellas Verona, disputata in data 19 settembre 2020, valida per la prima giornata di Campionato di Serie A - s.s. 2020/2021, con il risultato di 0- 3, per la violazione del punto 8 ed ai sensi del punto 9 del C.U. n. 83/A del 20 novembre 2014.
Viste le difese scritte e la documentazione prodotta dalle parti costituite;
uditi, nell’udienza del 15 marzo 2021, il difensore della parte ricorrente - AS Roma S.p.A., per la quale è, altresì, presente l'Amministratore Delegato, dott. Guido Fienga - avv. Antonio Conte, nonché l'avv. Stefano Fanini, per la resistente Hellas Verona FC, entrambi presenti presso i locali del CONI; uditi, altresì, per la Procura Generale dello Sport presso il CONI, intervenuta ai sensi dell’art. 59, comma 2, lett. b), e dell’art. 61, comma 3, del Codice della Giustizia Sportiva del CONI, il Procuratore Generale dello Sport, dott. Ugo Taucer, collegato in videoconferenza, mediante la piattaforma telematica Microsoft Teams, nonché l’avv. Livia Rossi, Procuratore Nazionale dello Sport, presente personalmente presso i locali del CONI;
udita, nella successiva camera di consiglio dello stesso giorno, la relatrice, cons. Manuela Sinigoi.
Ritenuto in fatto
1. Oggetto del presente giudizio è la decisione della Corte Sportiva di Appello Nazionale della Federazione Italiana Giuoco Calcio in epigrafe compiutamente indicata, con cui è stata confermata la decisione del Giudice Sportivo della Lega di Serie A (pubblicata sul C.U. n. 32 del 22 settembre 2020), con la quale, sulla base delle risultanze degli atti ufficiali della gara di campionato di Serie A 2020/2021 disputata tra Hellas Verona e AS Roma il 19 settembre 2020, valevole per la prima giornata di andata, terminata sul campo con il risultato di 0-0, la società AS Roma è stata sanzionata “con la punizione sportiva della perdita della gara per 0-3” per avere “impiegato un calciatore non iscritto nella <Lista dei 25> comunicata a mezzo PEC in data 14 settembre 2020 alle ore 12.14, nonostante fosse divenuto un <over 22>, in violazione dunque del divieto di utilizzo di cui al punto 8 del Comunicato Ufficiale F.I.G.C. N. 83/A del 20 novembre 2014 come successivamente modificato con Comunicato Ufficiale F.I.G.C. N. 76 del 21 giugno 2018”.
1.1. La società AS Roma S.p.a. ne chiede, infatti, l’annullamento, sulla scorta dei seguenti motivi di diritto:
1) “Omessa e/o insufficiente motivazione della CSA circa la suggerita interpretazione del C.U. 83”. Secondo la prospettazione della ricorrente, a fronte della spiegata necessità di una lettura “regolamentarmente” orientata del C.U. in parola in grado di distinguere, ai fini sanzionatori, le violazioni sostanziali da quelle formali, che non generano – come nel caso di specie – nocumento alcuno, la Corte Sportiva di Appello avrebbe offerto una motivazione sostanzialmente apparente, giacché mutuata dalla decisione n. 6/2017 del Collegio di Garanzia, senza tenere in considerazione la difformità della fattispecie allora scrutinata e quella oggi oggetto di delibazione.
2) “Errore di diritto nella parte in cui la CSA ha escluso la possibilità di aprire, se del caso anche demandandolo alla Corte Federale di Appello FIGC, un sindacato di legittimità della norma impugnata, alla stregua di quanto previsto dall’art. 34, comma 12, Statuto FIGC”.
Nel giudizio di appello la AS Roma aveva posto alla CSA una duplice richiesta: operare una valutazione di legittimità della norma, ovvero rimettere la questione (“eccezione di legittimità” ex art. 34, comma 12, Statuto FIGC) alla Sezione consultiva della Corte Federale di Appello.
La Corte avrebbe illegittimamente disatteso tali istanze, da una parte, facendo leva sul precedente della stessa CSA confermato dal Collegio di Garanzia, e dall’altra, evidenziando che la legittimazione a sindacare l’illegittimità delle norme federali appartiene al solo Presidente e, per di più, sempre che non si tratti di questioni all’esame di altri organi di giustizia, obliterando come inconferente il richiamato precedente del Consiglio di Stato n. 5514/13, giacché antecedente alla riforma del CGS FIGC del 2019.
1.2. Da ultimo, la società ricorrente argomenta sulla “Centralità dell’Ecc.mo Collegio di Garanzia sul tema di violazione di norme di diritto e applicabilità conseguente al caso di specie” (par. III del Ricorso).
Secondo la AS Roma, il ruolo di intervento del Collegio di Garanzia sull’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione della legge si declinerebbe, nel caso di specie, nell’attribuzione al Collegio stesso di un potere di interpretazione della norma sanzionatoria del C.U. in questione, ritenuta iniqua e produttrice di conseguenze ingiuste. Il Collegio sarebbe, in altri termini, in grado di conferire alla stessa una qualificazione diversa ed interpretarla in maniera equa con riferimento al caso del calciatore Diawara.
1.3. Ha concluso, pertanto, la Società AS Roma, chiedendo «in via preliminare ed in riforma integrale della decisione gravata, previa valutazione - se del caso - dell’illegittimità del comma 9 del C.U. n. 83, di annullare la decisione del Giudice Sportivo, di cui al C.U. n. 32 del 22/09/2020, ristabilendo - per l’effetto - il risultato conseguito sul campo dalla Società reclamante; in via subordinata e/o gradata, in caso di rinvio, previa immediata sospensione della sanzione annullata e formulazione del principio di diritto secondo cui è sempre possibile al soggetto leso da una norma federale, formulare eccezione di legittimità o conflitto di attribuzione, di ordinare alla CSA e/o alla CFA di aprire una fase incidentale di valutazione circa la legittimità della norma di cui al comma 9 del C.U. n. 83, all’esito della quale accogliere comunque le conclusioni già rassegnate dall’esponente Società».
2. La società Hellas Verona FC si è costituita in giudizio con memoria del 21 dicembre 2020, rilevando, in via preliminare, l’inammissibilità del ricorso proposto dalla Società AS Roma, in quanto: i) carente dei presupposti di cui all’art. 12 bis dello Statuto del CONI; ii) proposto in violazione dell’art. 30, c. 3, dello Statuto FIGC (che nega l’impugnazione al Collegio di Garanzia per le ipotesi di sanzioni consistenti nella “perdita della gara”); iii) proposto senza la preventiva impugnazione delle norme regolamentari delle norme in esso contestate; iv) contenente una domanda, quella posta in via subordinata circa la valutazione incidentale di legittimità del comma 9, C.U. n. 83, non proponibile dinanzi al Collegio di Garanzia; v) proposto in violazione dell’art. 59, c. 4, CGS CONI.
Ha, comunque, controdedotto nel merito, sottolineando, in estrema sintesi, la corretta applicazione, da parte della CSA, delle norme che disciplinano la specifica fattispecie, nonché la congruità, sufficienza e coerenza della motivazione posta a sostegno della decisione assunta, anche con riferimento alle spiegate istanze istruttorie.
Ha, conseguentemente, concluso per la inammissibilità/improcedibilità/irricevibilità del ricorso ovvero per la sua infondatezza.
3. Il contraddittorio processuale si è ulteriormente sviluppato con il deposito delle memorie, ex art. 60, c. 4 CGS CONI da parte della AS Roma e della controinteressata Hellas Verona.
In particolare, la ricorrente ha reiterato le istanze istruttorie formulate nel corso del giudizio e preso posizione sui rilievi formulati dalla società controinteressata, ribadendo le conclusioni già formulate. Mentre l’Hellas Verona, oltre a ribadire l’infondatezza del ricorso, ha aggiunto tre ulteriori profili di inammissibilità/improcedibilità del ricorso: i) la mancanza di sottoscrizione digitale del ricorso introduttivo; ii) l’incompatibilità del patrocinio del difensore della AS Roma nel presente giudizio, in quanto componente effettivo del Collegio di Garanzia dello Sport (Sez. per le controversie in tema di ammissione/iscrizione ai campionati professionistici); iii) la modifica delle conclusioni contenute nel ricorso oltre i limiti di quelle già proposte davanti all’organo di giustizia che ha emesso la decisione impugnata (art. 59, c. 3, lett. f) CGS CONI).
4. La Federazione intimata, seppur ritualmente evocata in giudizio, non si è costituita.
5. L’affare è stato, quindi, chiamato e discusso all’udienza del 5 novembre 2020, come da sintesi a verbale, e, poi, introitato per essere deciso.
Considerato in diritto
I. Il Collegio ritiene di prescindere dallo scrutinio delle eccezioni preliminari sollevate dalla controinteressata Hellas Verona FC, in quanto le censure che la ricorrente muove alla decisione della CSA FIGC gravata sono prive di pregio e la loro disamina nel merito appare maggiormente idonea a fare chiarezza in ordine alla questione controversa, soddisfacendo, al contempo, anche quelle esigenze di nomofiliachia che la ricorrente medesima riconosce a questo Collegio di Garanzia dello Sport e che espressamente invoca con le deduzioni sviluppate nell’ambito del par. III del ricorso introduttivo.
II. Per tale ragione, giova, dunque, partire proprio dalla disamina della disposizione applicata dal giudice sportivo e, poi, assunta dalla Corte Sportiva di Appello Nazionale della Federazione Italiana Giuoco Calcio a parametro della legittimità del provvedimento sanzionatorio dal medesimo emesso nei confronti della società ricorrente e sottoposto al suo scrutinio. Il Comunicato Ufficiale FIGC n. 83/A del 20 novembre 2014 (successivamente modificato con Comunicato Ufficiale FIGC n. 76 del 21 giugno 2018) dispone, per quanto in questa sede di interesse, che «Le società di Serie A, (…), potranno utilizzare nelle gare di campionato i 25 calciatori indicati nell’elenco di cui ai commi 3, 4, 5 e 6. Tra i 25 calciatori, almeno 4 devono essere “calciatori formati nel club” e almeno 4 “calciatori formati in Italia”» (comma 1), specificando, al comma 2, che è pur sempre consentito l’utilizzo aggiuntivo, rispetto a quelli inseriti nell’elenco dei 25, di calciatori, tesserati sia a titolo definitivo sia temporaneo, che, alla data del 31 dicembre della stagione sportiva precedente, non abbiano già compiuto il 22° anno di età.
Dispone, inoltre, che le società, «entro le ore 12:00 del giorno precedente la prima gara di campionato, sono tenute ad inviare via PEC alla Lega l’elenco dei 25 calciatori, da individuarsi tra quelli per esse tesserati o tra quelli per i quali, completata la procedura di richiesta del transfer, lo stesso non sia stato ancora rilasciato, indicando quali siano i quattro “calciatori formati nel club” e quali siano i quattro “calciatori formati in Italia”. I calciatori per i quali non sia stato ancora rilasciato il transfer possono essere inseriti nell’elenco ma non possono essere utilizzati prima della concessione del visto di esecutività» (comma 3), che «è fatto divieto ai calciatori non inseriti nell’elenco dei 25 calciatori di partecipare a gare di campionato nel periodo di validità dell’elenco stesso (…)» (comma 8), e che «Le società rispondono disciplinarmente per la violazione delle disposizioni di cui ai commi che precedono. L’utilizzo in una gara di campionato di un calciatore non inserito nell’elenco dei 25 calciatori o inserito nel suddetto elenco in violazione delle disposizioni precedenti, comporta, per la società responsabile, la sanzione della perdita della gara ai sensi dell’art. 17, comma 5, lett. a) [ora art. 10, comma 6, lett. a) ndr] del Codice di Giustizia Sportiva, non avendo tale calciatore titolo alla partecipazione alla gara. Non si incorre nella violazione in caso di utilizzo dei calciatori di cui al comma 2» (comma 9).
Orbene, la norma è chiara nella sua portata precettiva e altrettanto chiara è la sua ratio.
Oltre ad assolvere alla funzione di preservare il cosiddetto “vivaio”, mediante l’imposizione di precisi vincoli per la formazione dell’elenco dei 25 calciatori “utilizzabili nelle gare del campionato” e la facoltizzazione del libero utilizzo (ovvero al di fuori e in aggiunta a quelli che vanno obbligatoriamente indicati nell’elenco) dei calciatori “under 22”, detta dei precisi adempimenti a carico delle società, funzionali non solo alla corretta formazione dell’elenco, ma anche e soprattutto alla puntuale individuazione dei giocatori aventi titolo alla partecipazione alla gara (e al loro conseguente regolare utilizzo), la cui violazione assume rilevanza disciplinare e viene sanzionata con la “perdita della gara”.
La norma è, infatti, alquanto esplicita in tal senso.
Solo i calciatori inseriti nell’elenco dei 25 hanno titolo a partecipare a gare di campionato nel periodo di validità dell’elenco stesso e possono essere utilizzati a tale scopo dalla società che lo ha formato.
Trattasi, molto semplicemente, di una “regola del gioco” volta ad assicurare il corretto svolgimento delle competizioni, il cui doveroso rispetto s’appalesa viepiù importante in uno sport di “tattica e strategia” come il calcio, che evoca “ruoli, moduli e schemi di gioco” e ove la previa conoscenza della potenziale rosa dei giocatori della squadra avversaria contribuisce indubbiamente a elevare anche il valore tecnico della competizione, a beneficio della finalità prestazionali e di risultato cui la stessa è preordinata.
Il bene protetto non è, infatti, l’esito della gara, ma il corretto svolgimento della gara stessa, che risulta compromesso per la mera circostanza che vi partecipi chi, in base alle norme dettate per il suo regolare svolgimento, non ha titolo a farlo ovvero si trova in posizione irregolare.
La società che disattende tale chiaro precetto, la cui osservanza richiede, peraltro, un onere di diligenza minimo, risponde disciplinarmente.
In questo caso la forma (ovvero l’inserimento nell’elenco dei 25 da inviare via PEC alla Lega “entro le ore 12:00 del giorno precedente la prima gara di campionato”) assolve, dunque, a ineludibili esigenze di carattere sostanziale, come avvalorato, del resto, anche dalle disposizioni contenute nei commi 4 e 7 del C.U. n. 83/A, che, pur ammettendo la possibilità di variazione dell’elenco successivamente al termine di cui al comma 3, stabiliscono, a chiare lettere, che “Ogni variazione perché abbia effetto, ai fini della utilizzabilità del calciatore, deve pervenire alla lega a mezzo PEC entro le ore 12:00 del giorno precedente la gara di campionato” e che “Le variazioni dell’elenco, intervenute fuori dai periodi di campagna trasferimenti, acquisiscono efficacia, purché siano trasmesse via PEC alla Lega entro le ore 12:00 del giorno precedente la gara, ad eccezione della sostituzione del portiere che potrà essere comunicata via PEC alla Lega prima dell’inizio della gara, con contestuale consegna di copia della comunicazione al Delegato di gara della Lega”.
Né può sottacersi che delle due fattispecie disciplinari accomunate dalla medesima sanzione, ovvero l’utilizzo in una gara di campionato di un calciatore “non inserito nell’elenco dei 25 calciatori” e quello di uno “inserito nel suddetto elenco in violazione delle disposizioni precedenti”, la prima, che qui rileva, è sicuramente quella più grave.
La norma è, peraltro, alquanto esplicita nello stabilire che si tratta, in ogni caso, di utilizzo di calciatore non avente titolo alla partecipazione alla gara ovvero, come reso evidente dalle disposizioni del CGS cui il C.U. fa rinvio, di una questione afferente alla “posizione irregolare dei calciatori” [cfr. artt. 10, comma 6, lett. a) e 65, comma 1, lett. d) del Codice di Giustizia Sportiva FIGC] e ciò a prescindere dalle ragioni, più o meno plausibili, per le quali o in forza delle quali tale situazione si è verificata.
III. Ciò premesso, è, dunque, agevole rilevare che la decisione impugnata sfugge al vizio di motivazione dedotto dalla società ricorrente con il primo motivo di impugnazione.
Sotto il profilo fattuale, è pacifica, infatti, la violazione della norma che regola la specifica fattispecie.
Risulta, invero, dagli atti, che, in vista della prima giornata del campionato in corso, la AS Roma provvedeva a trasmettere alla Lega – in data 14 settembre 2020 – il menzionato elenco dei 25, senza inserirvi il calciatore Amadou Diawara, che, quale “over 22”, avrebbe dovuto, invece, risultare inserito nel rispetto delle disposizioni di cui al citato C.U. n. 83/A per poter partecipare alle gare del campionato nel periodo di validità dell’elenco stesso.
Il giorno della gara – il 19 settembre 2020 - il calciatore Diawara veniva, però, inserito nella “lista gara” (c.d. distinta) generata sul portale della Lega Serie A e, sebbene, all’atto della compilazione della stessa, il sistema informatico della Lega avesse generato un “alert” legato proprio alla sua posizione, il calciatore medesimo prendeva, comunque, parte alla suddetta gara.
La CSA, nel confermare la decisione del Giudice Sportivo che ha irrogato alla ricorrente la sanzione della sconfitta a tavolino, ex comma 9 del C.U. n. 83/A, ha, pertanto, correttamente ritenuto inammissibile la richiesta istruttoria di ascoltare il team manager della AS Roma, atteso che lo stesso avrebbe riferito su di una circostanza fattuale (il colloquio con il delegato della Lega sull’alert generato dal sistema informatico) da ritenersi del tutto irrilevante, essendo pacifica, per stessa ammissione della Società, la violazione delle disposizioni di cui al C.U. n. 83/A del 20 novembre 2014. Per le stesse ragioni va disattesa analoga richiesta riproposta dalla ricorrente in questa sede, in quanto l’assunzione a sommarie informazioni del signor Gianluca Gombar non sarebbe in alcun modo idonea a invalidare l’efficacia delle pacifiche evidenze fattuali che hanno determinato il convincimento del giudice d’appello (in tema, con principio di diritto applicabile in questa sede, cfr. Cassazione civile, sez. VI, 18/02/2019, n. 4702:
«La mancata ammissione della prova testimoniale o di altra prova può essere denunciata per cassazione solo nel caso in cui essa abbia determinato l'assenza di motivazione su un punto decisivo della controversia e, quindi, ove la prova non ammessa ovvero non esaminata in concreto sia idonea a dimostrare circostanze tali da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l'efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito»).
Ha, poi, in maniera sintetica, ma intellegibile e congrua, motivato la decisione assunta sulla scorta del proprio precedente, di cui al C.U. n. 030/CSA del 18 ottobre 2016 (confermato dal Collegio di Garanzia dello Sport del CONI, Sezione Prima, con decisione n. 6 del 2017), evidenziando, in particolare, che la lista di 25 giocatori utilizzabili in campionato, di cui almeno quattro formati nel club e almeno quattro formati in Italia, è fondamentale per la tutela del vivaio nazionale, con le modalità e con le tempistiche di trasmissione alla Lega di Serie A, derivandone che il calciatore Diawara, non incluso nell’elenco di che trattasi, non poteva essere schierato in campo in occasione dell’incontro di calcio Hellas Verona – Roma, disputatosi in data 19 settembre 2020. Sicché, logica conseguenza della violazione delle norme di cui al comma 3 del più volte citato
C.U. n. 83/A non poteva essere che l’applicazione delle disposizioni contenute nei commi 8 e 9. Contrariamente a quanto opinato dalla ricorrente, il richiamo al precedente di questo Collegio n. 6 del 2017 è da ritenersi, peraltro, del tutto pertinente e idoneo a supportare, sotto il profilo motivazionale, la decisione assunta.
S’attagliano, infatti, anche alla fattispecie ora in esame le considerazioni mutuate dalla decisione qui gravata, ovvero che «La sanzione della perdita della gara, in caso di partecipazione di un atleta non inserito nella lista dei 25, prevista espressamente al punto 9) del C.U. n. 83/A del 20.11.2014 deve essere considerata… usuale, nonché espressamente prevista dall’ordinamento sportivo, senza la possibilità di graduazione della pena prevista; l’inserimento nella lista dei giocatori, che deve rispettare le proporzioni di partecipazione (25 nomi), costituisce elemento essenziale per fare conoscere alle altre consorelle partecipanti i giocatori contro i quali si misureranno, nel rispetto dei principi di lealtà sportiva e, soprattutto, delle regole alle quali tutti devono uniformarsi. In caso contrario, si realizzerebbe una confusione sulla composizione delle rose; la relativa sanzione prevista dal punto 9) del C.U. n. 83/A, lex specialis rispetto alle altre norme, rispetta sia il principio di ragionevolezza, sia il principio della proporzionalità della stessa sanzione, costituendo il mancato inserimento di un calciatore nella lista dei 25 una situazione del tutto equiparata, per espressa disposizione federale, alla posizione irregolare di un calciatore (il punto 9) del C.U. n. 83/A del 20.11.2014 si esprime, inequivocabilmente, nel senso che il calciatore non inserito nella lista dei 25 non ha “titolo alla partecipazione alla gara”). Trattasi, pertanto, di evento grave, il cui trattamento sanzionatorio non può essere gradato né dal Giudice Sportivo né da questa Corte».
Del tutto condivisibilmente la Corte ha, inoltre, sottolineato in motivazione che il C.U. n. 83/A è in vigore dal 2014 e che l’alert generato dal sistema informatico della Lega di Serie A, al momento dell’inserimento in distinta del calciatore, avrebbe dovuto indurre la Società alla massima cautela, che avrebbe dovuto spingersi alla non utilizzazione del calciatore, con ciò escludendo, sostanzialmente, la sussistenza dei presupposti per l’invocabilità dell’errore scusabile e del principio di buona fede.
La decisione gravata non risulta, in definitiva, afflitta dal vizio di omessa e/o insufficiente motivazione denunciato dalla società ricorrente. La stessa risulta, anzi, sorretta da una motivazione che offre adeguata evidenza del percorso logico/argomentativo seguito dal giudice d’appello, della sua congruità e della corretta applicazione delle norme che disciplinano la fattispecie sottoposta al suo scrutinio.
Giova, infatti, ricordare che “i difetti di omissione e di insufficienza della motivazione sono configurabili solo quando, dall’esame del ragionamento svolto dal giudice del merito e quale risulta dalla stessa sentenza impugnata, emerga la totale obliterazione di elementi che potrebbero condurre ad una diversa decisione ovvero quando è evincibile l’obiettiva deficienza, nel complesso della sentenza medesima, del procedimento logico che ha indotto il predetto giudice, sulla scorta degli elementi acquisiti, al suo convincimento; diversamente, i suddetti difetti non sono configurabili quando via sia difformità rispetto alle attese e alle deduzioni della parte ricorrente, poiché, in quest’ultimo caso, il motivo di ricorso si risolverebbe in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e dei convincimenti assunti dal giudice nella impugnata decisione” (Collegio di Garanzia dello Sport, Seconda Sezione, decisione 13 novembre 2017, n. 82; Collegio di Garanzia dello Sport, Seconda Sezione, decisione 4 ottobre 2017, n. 73; Collegio di Garanzia dello Sport, Prima Sezione, decisione 3 ottobre 2017, n. 69; Collegio di Garanzia dello Sport, Sezioni Unite, decisione 7 marzo 2017, n. 19) e che “il vizio di omessa o insufficiente motivazione che legittima il ricorso al Collegio di Garanzia dello sport si configura soltanto qualora dal percorso argomentativo del giudice di merito emerga il mancato esame di elementi che avrebbero potuto condurre ad una diversa decisione, ovvero la mancata esposizione del procedimento logico o motivazionale seguito dal giudice. Invece, la valutazione delle risultanze probatorie e la scelta delle prove ritenute più idonee a sorreggere l’impianto motivazionale della sentenza involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito e non sono pertanto censurabili in sede di legittimità” (Collegio di Garanzia dello Sport, Sezioni Unite, decisione 7 marzo 2017, n. 19; Collegio di Garanzia dello Sport, Sezioni Unite, decisione 14 febbraio 2017, n. 14; Collegio di Garanzia dello Sport, Seconda Sezione, decisione 14 febbraio 2017, n. 13; Collegio di Garanzia dello Sport, Seconda Sezione, decisione 27 ottobre 2016, n. 53; Collegio di Garanzia dello Sport, Sezioni Unite, decisione 21 giugno 2016, n. 46; Collegio di Garanzia dello Sport, Quarta Sezione, decisione 24 marzo 2016, n. 14; Collegio di Garanzia dello Sport, Sezioni Unite, decisione 22 gennaio 2016, n. 4).
IV. Ad analoga sorte è destinato il secondo motivo di ricorso, con cui la società ricorrente lamenta lo “errore di diritto nella parte in cui la CSA ha escluso la possibilità di aprire, se del caso anche demandandolo alla Corte Federale di Appello FIGC, un sindacato di legittimità della norma impugnata, alla stregua di quanto previsto dall’art. 34, comma 12, Statuto FIGC”, essendo ictu oculi evidente l’inammissibilità di un’istanza volta all’attivazione di un procedimento di esclusiva prerogativa degli organi contemplati nella norma suindicata (“Il Presidente federale può promuovere di fronte alla Corte federale di Appello eccezione di legittimità o conflitto di attribuzione contro qualsiasi norma regolamentare, atto o fatto posto in essere da una delle Leghe, dall’AIA o da una delle associazioni rappresentative delle Componenti tecniche, per violazione del presente Statuto, dello Statuto o degli indirizzi del CONI o della legislazione vigente. La stessa potestà compete al Presidente di ciascuna Lega e ai Presidenti dell’AIA e delle associazioni rappresentative delle Componenti tecniche contro norme, atti o fatti posti in essere da organi federali o da altra Lega o associazione”), che bene ha fatto, dunque, la CSA a disattendere.
V. Sulla scorta delle considerazioni sin qui svolte, il ricorso va, in definitiva, respinto, in quanto infondato e confermata la decisione della Corte Sportiva d’Appello gravata.
VI. Le spese di lite possono essere, in ogni caso, compensate per intero tra le parti.
PQM
Il Collegio di Garanzia dello Sport Sezioni Unite
Respinge il ricorso. Spese compensate.
Dispone la comunicazione della presente decisione alle parti tramite i loro difensori anche con il mezzo della posta elettronica.
Così deciso in Roma, nella sede del CONI, in data 15 marzo 2021.
Il Presidente La Relatrice
F.to Franco Frattini F.to Manuela Sinigoi
Depositato in Roma in data 13 maggio 2021.
Il Segretario
F.to Alvio La Face