F.I.G.C. – CORTE SPORTIVA D’APPELLO NAZIONALE – SEZIONE III – 2020/2021 – FIGC.IT – ATTO NON UFFICIALE – DECISIONE N. 037 CSA del 21 dicembre 2020 (Torino Women ASD/Pinerolo) N. 018/2020-2021 REGISTRO RECLAMI N. 037/2020-2021 REGISTRO DECISIONI

 

N. 018/2020-2021 REGISTRO RECLAMI

N. 037/2020-2021 REGISTRO DECISIONI

 

LA CORTE SPORTIVA D’APPELLO NAZIONALE

III SEZIONE

 

 

composta dai Sigg.ri:

 

Italo Pappa                      Presidente

Massimiliano Atelli           Componente

Andrea Lepore                 Componente relatore

Franco Granato               Rappresentante A.I.A.

 

ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul reclamo numero  RG 018/CSA/2020-2021 proposto dalla società Torino Women ASD avverso la decisione merito gara FCD Pinerolo/Torino Women ASD del 18.10.2020;

per la riforma della Delibera del Giudice Sportivo presso il Dipartimento Calcio Femminile Com. Uff. n. 27 del 30.10.2020.

Visto il reclamo e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza tenutasi in videoconferenza il giorno 10.12.2020 il prof. avv. Andrea Lepore;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

In data 4 novembre 2020 il Torino Women ASD depositava reclamo avverso la decisione del Giudice Sportivo pubblicata sul C.U. n. 27 del 30 ottobre 2020 della LND Dipartimento Calcio Femminile, di cui in epigrafe, con la quale, in accoglimento parziale del ricorso presentato, la società Pinerolo era stata sanzionata con ammenda di euro 300,00 e conseguente inibizione al dirigente accompagnatore Passet fino al 30 novembre 2020.

In particolare, le sanzioni erano state così decise dal giudice di prime cure in quanto il Pinerolo non avrebbe utilizzato moduli conformi al Protocollo Covid-Chiarimenti-17 settembre 2020 della Lega Nazionale Dilettanti per le dichiarazioni richieste nel pre-gara.

Il Torino in primo grado contestava in particolare il documento con il quale era stata resa “l’attestazione del rispetto da parte di tutto il proprio ‘gruppo squadra’ delle prescrizioni sanitarie relative agli accertamenti Covid-19” dal dirigente della squadra avversaria, nonché la mancata presentazione delle autocertificazioni delle calciatrici del Pinerolo. In sede di gravame, invece, contestava al giudice di prime cure la illogicità nella motivazione, sostenendo la possibilità che tali violazioni avrebbero inciso sul regolare svolgimento della gara e che avrebbero dovuto spingere il Giudice Sportivo a sanzionare più severamente il Pinerolo.

Nel reclamo proposto davanti a questa Corte lo scorso 4 novembre, la ricorrente affermava che la mancata consegna delle autocertificazioni avrebbe, infatti, dovuto comportare il divieto di accesso all’impianto sportivo per tutta la compagine del Pinerolo. Di conseguenza riteneva che la resistente avesse schierato in campo giocatrici che non avrebbero dovuto partecipare alla gara, esponendo al rischio di contagio tutte le persone coinvolte nell’incontro. In virtù di ciò, chiedeva l’applicazione dell’art. 10, comma 6, lett. a), C.G.S., sostenendo che la società Pinerolo avrebbe preso parte alla gara con tesserate che non avevano titolo per parteciparvi, in quanto prive delle attestazioni previste dal protocollo. Richiedeva pertanto l’applicazione della perdita della gara ai sensi dell’articolo citato.

La società Pinerolo contestava quanto affermato dalla reclamante, evidenziando che, per quanto diverso sotto l’aspetto formale, il modulo utilizzato per la dichiarazione sul gruppo squadra fosse comunque conforme al Protocollo Covid e che le autocertificazioni delle calciatrici erano state sottoscritte e disponibili per accertamenti degli organi competenti, se necessari. Concludeva dunque che nessuna violazione del protocollo era stata commessa dal proprio sodalizio tale da incidere sulla gara.

In virtù delle questioni emerse, questa Corte, riunitasi il giorno 13 novembre 2020, ha ritenuto necessario far svolgere ulteriori indagini alla Procura Federale, al fine di verificare le condotte tenute da entrambi i sodalizi.

In data 23 novembre la Procura Federale ha trasmesso dettagliata relazione delle attività compiute sia dal Torino che dal Pinerolo. Da quanto descritto – di là dalla questione delle autocertificazioni e dell’attestazione del gruppo squadra, prodotte alla Procura, sulle quali vi era stata iniziale contestazione – è emerso che il Pinerolo ha eseguito l’esame sierologico prescritto dal Protocollo per gran parte delle proprie atlete soltanto il 21 ottobre u.s., ossia 3 giorni dopo la disputa dell’incontro.

Tale relazione è stata notificata anche alle parti coinvolte.

Sia il Torino che il Pinerolo hanno depositato ulteriori memorie confermando le tesi già proposte nell’udienza del 13 novembre 2020.

DIRITTO

Il ricorso del Torino Women è incentrato sulla richiesta di applicazione al caso in esame dell’art. 10, comma 6, lett. a) C.G.S, che prevede – come è noto – la sanzione della perdita della gara qualora una squadra faccia partecipare a un incontro «calciatori squalificati o che comunque non abbiano titolo per prendervi parte».

Secondo la reclamante, le giocatrici del Pinerolo rientrerebbero in questa ultima ipotesi per mancato rispetto del Protocollo Covid inottemperanza che avrebbe dovuto impedire alle tesserate di partecipare alla gara.

In ordine a tale ricostruzione è opportuno svolgere alcune osservazioni.

In primo luogo, la sanzione della perdita della gara deve essere tassativamente prevista dal legislatore federale, cosa che non avviene nel Protocollo in questione, che, al contrario, configura sanzioni soltanto per dichiarazioni mendaci, senza individuare segnatamente una pena specifica in ‘ambito gara’.

L’art. 10 C.G.S., va precisato, è norma che non può essere estesa in senso analogico. In questa direzione occorre richiamarsi a una decisione del Collegio di Garanzia del CONI, 4 febbraio 2015, n. 3 ove, con riferimento all’art. 17 del previgente Codice di Giustizia FIGC, oggi novellato nel prefato art. 10 C.G.S., si afferma «che la norma in questione non prevede, per la sua violazione, tale tipo di sanzione [perdita della gara n.d.r.], laddove l’utilizzo di soggetti squalificati non sia riferito al numerus clausus espressamente indicato. [...]. In applicazione del canone quod lex voluit dicit, quod noluit non dicit, alcun potere di elasticizzazione o integrazione della norma può essere riconosciuto alla Corte Sportiva d’Appello […] atteso il vincolo formale stringente espresso nel Codice di Giustizia Sportiva della FIGC».

Ancora più nello specifico, in merito al caso che occupa, secondo parte della letteratura e della giurisprudenza, l’inciso finale della lett. a) del comma 6 dell’articolo in parola («che comunque non abbiano titolo a prendervi parte») configurerebbe la fattispecie ricavabile in maniera implicita dal comma 8 dell’art. 10 C.G.S., ossia la mancata identificazione del calciatore. Identificazione che, tra l’altro – proprio secondo quanto espresso nell’esimente del comma 8 – può anche avvenire successivamente, in sede di giudizio. In questa ipotesi la sanzione è puramente disciplinare a carico della società e dei suoi tesserati, di regola un’ammenda.

Andando oltre, tuttavia, va svolta ulteriore considerazione in merito alla competenza di questa Corte, quale giudice della gara, sul rispetto del Protocollo Covid. In verità l’attività di vigilanza sulla ottemperanza delle procedure del suddetto protocollo va riferita in capo non a coloro che prendono parte alla gara, compreso l’arbitro – come anche sostenuto dalla ricorrente –, ma al c.d. DAP (Delegato per l’Attuazione del Protocollo): «L’attività principale del DAP è quella di verificare che il protocollo venga applicato in occasione dello svolgimento delle gare o degli allenamenti. Per questo motivo è consigliabile individuare tale figura all’interno della società: presidente; direttore; altro dirigente; segretario; medico; allenatore; referente organizzativo; etc., con preferenza per i soggetti che solitamente sono presenti nell’impianto» (così, testualmente, Protocollo Covid-Chiarimenti-17 settembre 2020 della Lega Nazionale Dilettanti, p. 2).

Il reclamo dunque non è fondato e non può essere accolto.

In vero, allo stato attuale, appare chiaro che questa Corte non abbia alcun potere di intervento sulla questione esposta dalla reclamante, là dove, al contrario, sulle violazioni del Protocollo e in ragione degli elementi emersi in sede di indagine, può senza dubbio essere riconosciuto ambito di manovra alla Procura Federale, come dimostrano anche recenti procedimenti disciplinari (cfr. C.U. FIGC n. 173/AA del 23 novembre 2020).

P.Q.M.

respinge  il  reclamo  in  epigrafe  e  manda  gli  atti  alla  Procura  Federale  per  quanto  di competenza.

Dispone la comunicazione alle parti con PEC.

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