F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – SEZIONE I – 2020/2021 – FIGC.IT – ATTO NON UFFICIALE – DECISIONE N. 015 CFA del 14 Settembre 2020 (Procura Federale Interregionale-Sig. Giuseppe Barranco-A.S.D. Cephaledium) N. 174/2019-2020 REGISTRO RECLAMI N. 015/2020-2021 REGISTRO DECISIONI

N. 174/2019-2020 REGISTRO RECLAMI

N. 015/2020-2021 REGISTRO DECISIONI

 

LA CORTE FEDERALE D’APPELLO

I SEZIONE

composta dai Sigg.ri:

 

Mario Luigi Torsello - Presidente

Marco La Greca - Componente - relatore

Patrizio Leozappa - Componente

 

ha pronunciato la seguente

DECISIONE

Sul  reclamo  numero  di  registro  174/CFA  2019-2020,  proposto  dalla  Procura  federale interregionale della FIGC,

contro

Giuseppe Barranco e la società A.S.D. Cephaledium,

per la riforma della decisione del Tribunale federale territoriale presso il Comitato regionale

Sicilia pubblicata con il C.U. n. 19 del 28 luglio 2020; visto il reclamo e i relativi allegati;

visti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza del 3 luglio 2020 l’Avvocato dello Stato Marco La Greca, uditi per la Procura federale interregionale l’Avv. Monaco, per il Sig. Giuseppe Barranco l’Avv. Passarello e per la società A.C.D. Cephaledium l’Avv. Guarcello;

Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue.

RITENUTO IN FATTO

Con provvedimento del 5 giugno 2020, la Procura federale interregionale deferiva al Tribunale federale territoriale presso il Comitato Regionale Sicilia, fra gli altri e per quel che ora interessa, il sig. Barranco Giuseppe, all’epoca dei fatti Presidente e legale rappresentante della A.S.D. Cephaledium, per rispondere della violazione di cui all’art. 4, comma 1, e art. 34 C.G.S., anche in riferimento all’art. 30, comma 2, Statuto Federale, per avere adito l’autorità giudiziaria ordinaria sporgendo in data 18/06/2019 denuncia querela presso la Legione Carabinieri “Sicula” Stazione di Cefalù, in violazione del cosiddetto vincolo di giustizia.

Il fatto denunciato riguardava l’apposizione di firme apocrife, riferite allo stesso sig. Barranco, sugli atti di svincolo di taluni calciatori già in forza alla predetta società (in relazione alle quali il Tribunale federale territoriale, sezione tesseramenti LND, aveva disposto l’annullamento dei relativi trasferimenti).

All’esito del giudizio promosso sul deferimento della Procura, il Tribunale federale adito proscioglieva il sig. Barranco (con riferimento alla contestazione ora in esame, ché per altri profili venivano invece applicate le relative sanzioni), sul rilievo che la querela risultava essere stata proposta contro ignoti, “perché diretta contro ‘qualcuno’ che aveva apposto la firma falsa del Presidente della Cephaledium “ e, sotto altro profilo, che non poteva ritenersi rilevante la circostanza che l’ipotesi di reato eventualmente sussumibile dai fatti esposti, ovvero il falso in scrittura privata, fosse stato depenalizzato, in considerazione del fatto che “il querelante non essendo un esperto di diritto non era tenuto a” conoscere tale informazione. Il Tribunale federale richiamava, nel corpo della decisione, due precedenti, uno di questa stessa sezione prima della Corte d’appello federale d’appello (decisione n. 75/2019- 2020 del 17 giugno 2020) e l’altro del Collegio di Garanzia presso il Coni (decisione n. 26/2020 del 5/20 giugno 2020).

Avverso tale decisione proponeva reclamo la Procura federale interregionale, secondo la quale il Tribunale federale avrebbe adottato una “interpretazione distorta della portata del c.d. vincolo di giustizia”, fraintendendo le due decisioni innanzi richiamate. Ribadiva la ratio del vincolo di giustizia stabilito dal citato articolo 30, consistente nella volontà di scongiurare il rischio di un conflitto di giudicati tra magistratura ordinaria e magistratura sportiva. Richiamava, a sostegno, precedenti giurisprudenziali di segno opposto a quelli citati dal Tribunale federale (Corte federale n.5/1995-1996 n. 291 del 30 luglio 2010 e Commissione di garanzia della giustizia sportiva n. 17 del 25 Novembre 2008) e osservava che trattandosi di reato procedibile a querela di parte (oltre che depenalizzato), dunque “di ridotta illegalità” che ha “per l’ordinamento statale scarso interesse e minimo rilievo”, dall’applicazione del vincolo di giustizia non sarebbe potuta discendere alcuna lesione di interessi giuridicamente rilevanti, dovendosi così, ad avviso della stessa Procura, essere corretti i principi evincibili dal lodo emesso il 5 Marzo 2009 dalla camera di conciliazione e arbitrato per lo sport del Coni nella vertenza Setten (secondo la quale, riferiva la stessa Procura, “in materia penale, a prescindere dall’azionabilità del giudice ordinario penale su querela di parte o di ufficio, non può operare il vincolo di giustizia, essendo l’ambito di tutela riservato al giudice ordinario”).

All’udienza del 3 Settembre 2020, il reclamo veniva trattenuto in decisione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Nel caso in esame viene dunque in rilievo l’asserita violazione all’art. 4, comma 1, e art. 34 C.G.S., anche in riferimento all’art. 30, comma 2, Statuto Federale, per avere il soggetto deferito omesso di chiedere l’autorizzazione prevista dalle riportate disposizioni prima di rivolgersi alla magistratura ordinaria.

Come già evidenziato con la decisione n 75/CFA del 17 giugno 2020, non ignora il Collegio che la questione relativa all’applicazione dell’art. 30, comma 4, dello statuto Federale alle vertenze penali sia estremamente dibattuta, non senza osservare che la decisione appena menzionata, seppure dal Tribunale federale citata come precedente in termini, si riferiva in realtà ad una fattispecie differente, nella quale il deferito aveva chiesto l’autorizzazione e questa gli era stata negata. La decisione aveva dunque avuto ad oggetto, propriamente, la legittimità o meno del diniego, che nella specie è stata censurata in quanto fondata sul mero rilievo della pendenza di procedimenti sportivi sul medesimo fatto, senza indagare, dunque, la reale sussistenza di ragioni ostative all’azione ordinaria con riferimento alla ratio sottesa al vincolo di giustizia di cui all’articolo 30, comma 2, dello statuto federale.

Sempre dal punto di vista generale, non può sottacersi che anche l’altro precedente citato dal Tribunale federale del Collegio di Garanzia presso il Coni (decisione n. 26/2020 del 5/20 giugno 2020), pure esso riferito ad un caso non sovrapponibile a quello ora in esame (veniva infatti in rilevo un fatto costituente reato procedibile d’ufficio), si spinge tuttavia in una direzione di segno diverso rispetto all’impostazione proposta dalla Procura, mitigando sensibilmente la portata del vincolo di giustizia laddove vengano in rilievo questioni afferenti la materia penale.

Ad ogni buon conto, ciò che nel caso di specie appare decisivo, secondo il Collegio, è valutare se effettivamente, come sostenuto dalla Procura, la denuncia-querela fosse proposta nei confronti di un tesserato ovvero, come ritenuto dal Tribunale federale, contro ignoti.

Il vincolo posto dall’articolo 30 dello Statuto, invero, quale che sia l’estensione che ad esso si voglia attribuire sotto il profilo degli ambiti della giustizia extra sportiva coinvolti, in tanto può ritenersi operante in quanto sussistano due presupposti, uno di natura oggettiva ed uno di natura soggettiva, l’uno riguardante la rilevanza del fatto anche per l’ordinamento sportivo, l’altro nell’essere l’azione rivolta verso un tesserato.

Solo in tali ipotesi, invero, può astrattamente verificarsi il conflitto di giudicati tra giustizia sportiva e giustizia ordinaria, costituente, secondo la stessa prospettazione della Procura, la ratio sottesa alla norma che si assume violata.

Non vi è nessun dubbio che nel caso in esame sussista il primo presupposto, dal momento che il fatto ha determinato già  una pronuncia del Tribunale federale  territoriale – sezione tesseramenti, da cui è derivato l’annullamento dei trasferimenti, oltre all’azione della Procura nei confronti dell’autore del falso, anch’esso oggetto della decisione impugnata (che ha concluso, in tale parte, per l’applicazione della sanzione).

Ritiene peraltro il Collegio che nel caso di specie faccia difetto il secondo presupposto, resistendo la decisione impugnata, sotto tale e decisivo profilo, ai rilievi mossi dalla Procura.

La denuncia – querela, invero, come correttamente ritenuto dal Tribunale federale, deve essere considerata come rivolta contro ignoti. Ciò si rileva, in primo luogo, da un punto di vista formale, dal momento che essa non è dichiaratamente indirizzata verso alcuno, come è invece tipico delle querele rivolte ad uno o più destinatari ben individuati; essa si limita a chiedere che in relazione ai fatti descritti si proceda per le ipotesi di reato che vengano ravvisate e nei confronti degli autori che vengano ritenuti responsabili; il che è tipico, per l’appunto, degli atti verso ignoti.

E’ pur vero che nel corpo della querela viene speso, tra gli altri, il nome del sig. Filippo Serio, ovvero di colui che, secondo la giustizia sportiva, è stato considerato autore del falso, ma ciò avviene nell’ambito di una narrazione di ciò che è oggettivamente noto al querelante, senza che, si badi, venga espressamente attribuita ad alcuno la falsità della sottoscrizione.

La statuizione del Tribunale federale, che hai ritenuto “la querela, così come proposta” essere “senza dubbio alcuno una querela c.d. contro ignoti perché diretta contro <qualcuno> che aveva apposto la firma falsa del Presidente della Cephaledium” è dunque corretta e va confermata.

Ritiene il Collegio che tale profilo rappresenti, di per sé solo, la causa efficiente della non applicabilità del vincolo di esclusività, sicché le ulteriori questioni relative all’essere il fatto riconducibile ad una ipotesi di reato depenalizzato, come pure dell’essere il reato stesso procedibile a querela, anziché d’ufficio, debbano essere considerate assorbite.

P.Q.M.

La Corte Federale d’Appello (Sezione prima), pronunciando sul reclamo proposto dal Procuratore Federale Interregionale, lo respinge.

Dispone la comunicazione alle parti tramite i loro difensori con posta elettronica certificata.

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