F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – SEZIONI UNITE – 2020/2021 – FIGC.IT – ATTO NON UFFICIALE – DECISIONE N. 033 CFA del 19 Ottobre 2020 (Procura Federale/Foschi Rino) N. 021/2020-2021 REGISTRO RECLAMI N. 033/2020-2021 REGISTRO DECISIONI
N. 021/2020-2021 REGISTRO RECLAMI
N. 033/2020-2021 REGISTRO DECISIONI
LA CORTE FEDERALE D’APPELLO
SEZIONI UNITE
composta da:
Mario Luigi Torsello Presidente
G. Paolo Cirillo Componente
Antonella Trentini Componente
Carlo Sica Componente
Gaetano Caputi Componente
Giuseppe Catalano Componente aggiunto (relatore)
Bruno Di Pietro Componente aggiunto
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul reclamo numero RG 021/CFA/2020-2021 proposto dal Procuratore Federale in data 17 Settembre 2020, avverso la decisione del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare - Decisione n. 5/TFN-SD 2020/2021, pubblicata sul sito della FIGC l’11 Settembre 2020;
Visto il reclamo e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza del giorno 8 Ottobre 2020, tenutasi in presenza, il prof. Giuseppe Catalano;
In sede di discussione sono comparsi il sig. Rino Foschi, l’avv. Mattia Grassani per il sig. Rino Foschi, il Procuratore Federale Cons. Giuseppe Chinè e l’avv. Angela De Michele per la Procura Federale.
RITENUTO IN FATTO
1. Il deferimento
Con provvedimento del 12 agosto 2020 il Procuratore Federale f. f. ha deferito avanti il Tribunale Federale Nazionale:
- il sig. Foschi Rino, Presidente del Consiglio di Amministrazione dotato di poteri di rappresentanza della US Città di Palermo Spa dal 14.2.2019 al 3.5.2019:
per rispondere della violazione dell’art. 1 bis, commi 1 e 5, del Codice di Giustizia Sportiva in vigore fino al 16 giugno 2019 (artt. 2, comma 2, e 4, comma 1, del vigente Codice di Giustizia Sportiva) in relazione a quanto disposto dall’art. 21, commi 2 e 3, delle NOIF, per aver violato i doveri di lealtà, probità e correttezza, per aver determinato con il proprio comportamento, una gestione anti - economica della società fino a comportarne il dissesto e per non aver posto in essere utili interventi di ricapitalizzazione idonei al risanamento della società, determinando in tal modo il suo fallimento con conseguente revoca dell’affiliazione da parte della FIGC con Comunicato Ufficiale n. 101/A del 25.10.2019; nel periodo nel quale il sig. Rino Foschi è stato Presidente del Consiglio di Amministrazione dotato di poteri di rappresentanza, infatti, la stessa è stata gestita in maniera tale da maturare al 30.6.2019 una reale perdita di esercizio pari ad € 10.466.000 circa con conseguente erosione totale del patrimonio societario (che si sarebbe attestato su un valore negativo di € 19.953.000 circa).
Nel deferimento è illustrata dettagliatamente la evoluzione societaria ed economico- finanziaria della US Città di Palermo Spa e delle sue controllanti negli ultimi anni di attività prima della revoca della affiliazione, ed è presente un’ampia documentazione acquisita in particolare dalla Co.vi.soc e dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Palermo.
2. La decisione del Tribunale Federale Nazionale
Prima del dibattimento, il deferito si è costituito mediante deposito di memoria difensiva con la quale è stata eccepita preliminarmente l’inammissibilità del deferimento per violazione dei termini previsti dall’art. 123 del CGS e nel merito sono state argomentate le ragioni in ordine all’assenza di responsabilità del deferito.
In sede di discussione, il rappresentante della Procura Federale ha richiamato il dispositivo di questa Corte Federale d’Appello che ha riformato la decisione del Tribunale Federale Nazionale che aveva rigettato il deferimento già proposto dalla Procura Federale nei confronti di altri soggetti, ha chiesto l’accoglimento del deferimento e la conseguente applicazione della sanzione della inibizione di anni 1 (uno).
L’avv. Mattia Grassani, in difesa del deferito, ha insistito nell’accoglimento dell’eccezione preliminare alla luce di quanto ampiamente illustrato in memoria, alla quale si è riportato. Anche il sig. Foschi, intervenuto personalmente, ha esposto i motivi per i quali non dovrebbe ritenersi sussistente la propria responsabilità.
Il Tribunale Federale Nazionale, con Decisione n. 5/TFN-SD 2020/2021 del 4 Settembre 2020, depositata in data 11 Settembre 2020, ha ritenuto che debba accogliersi l’eccezione di inammissibilità formulata dalla difesa del deferito con riferimento alla violazione dei termini, perentori, stabiliti dall’art. 123, comma 1, del CGS, relativi alla notifica dell’avviso di conclusione delle indagini.
Infatti, ad avviso del Tribunale Federale Nazionale, “l’art. 123 comma 1, del Codice di Giustizia Sportiva della FIGC ha previsto che la Procura Federale deve notificare l’avviso di conclusione indagini, entro venti giorni dalla scadenza del termine di durata delle indagini. Nel caso di specie il termine in questione è stato ampiamente superato.”.
A tale conclusione l’organo di giustizia di prime cure giunge attraverso la seguente ricostruzione dei tempi e delle modalità di svolgimento del procedimento: “Giova evidenziare che la Procura Federale, a seguito della mancata notifica della prima comunicazione di conclusione indagini per erronea indicazione dell’indirizzo di residenza del deferito, ha proceduto a stralciare la posizione del sig. Foschi da quella degli altri deferiti (per i quali è già intervenuta la decisione degli organi di giustizia sportiva), procedendo ad assegnare alla vicenda un nuovo numero di procedimento e ad emettere una nuova comunicazione di conclusione indagini datata 9 luglio 2020, sebbene riproduttiva di quella già emessa e datata 19 maggio 2020. Ma tale nuova comunicazione che, appunto, è successiva all’apertura del nuovo procedimento stralcio conseguente alla mancata notifica - per colpa fra l’altro in alcun modo imputabile al deferito che ha dimostrato di risiedere ad un diverso indirizzo da ormai 20 anni – della prima comunicazione di indagine, non può considerarsi coincidente e sovrapponibile alla precedente, sia per la sua diversità ontologica sia per espressa scelta della Procura federale che ha ritenuto, come già detto, di stralciare la posizione del deferito dal procedimento n. 13929/358, escludendo, pertanto che, ai fini del calcolo dei termini per procedere al deferimento relativo al predetto procedimento potessero computarsi anche quelli relativi all’odierno deferito, giusta il richiamo all’art. 125 comma 2 del CGS - FIGC che prevede che in caso di pluralità di incolpati il termine per procedere al deferimento decorre dall’ultimo termine assegnato, rilevando, in tali casi, proprio il differente momento in cui si perfezionano le notifiche per i deferiti. In conclusione, essendo stato emesso una nuova e diversa comunicazione di conclusione indagine, l’autonoma valenza della stessa non può non incidere, a prescindere dalle considerazioni formulate dalla difesa in ordine all’inesistenza della notifica non andata a buon fine, sul mancato rispetto dei termini, che per espressa previsione del nuovo CGS - FIGC (art. 44 comma 6) devono considerarsi perentori. Se così non fosse, - conclude il Tribunale Federale Nazionale - verrebbero in tal modo violati i principi fondamentali posti a garanzia del diritto di difesa, fra i quali appunto, alla luce delle innovazioni codicistiche, devono annoverarsi anche quelli legati alla certezza della tempistica ed alla celerità del procedimento disciplinare”.
Per queste ragioni il Tribunale Federale Nazionale ha dichiarato inammissibile il deferimento e, di conseguenza, non ha proceduto ad esaminare il merito del deferimento stesso.
3. Il reclamo della Procura Federale
Avverso il dispositivo della pronuncia n. 3/TFN–SD del 04 Settembre 2020 e la decisione
n. 5/TFN-SD dell’11 Settembre 2020, il Procuratore Federale, in data 17 Settembre 2020 ha presentato il reclamo n. 021, ritenendo la decisione adottata dal Tribunale Federale Nazionale “totalmente erronea ed ingiusta”, per i seguenti motivi:
A) Omesso esame degli atti ufficiali depositati presso la Lega Nazionale Professionisti serie B ed acquisiti agli atti del procedimento
Ad avviso della Procura Federale il Giudice di prime cure ha ritenuto del tutto erroneamente che la notificazione al sig. Rino Foschi della prima Comunicazione di Chiusura delle Indagini (datata 19/05/2020) all’indirizzo individuato in via Pola n. 24 in Cesena, sia dovuto ad un errore della Procura Federale. Tanto anche sulla scorta della considerazione che il sig. Rino Foschi avrebbe provato di risiedere in Cesena, alla via Pola n. 12/B, da circa venti anni.
La Procura Federale contesta, quindi, in primo luogo che il Tribunale Federale Nazionale non abbia tenuto in alcun conto che “… nel foglio censimento depositato dalla U.S. Città di Palermo S.p.A. presso la Lega Nazionale Professionisti Serie B per la stagione sportiva 2018/2019, ritualmente acquisito agli atti del procedimento, in una delle pagine dedicate all’indicazione dei dirigenti dotati di rappresentanza legale della società, è indicato il nominativo del sig. Rino Foschi, con l’indicazione del luogo e della data di nascita (Forlì, 11/07/1946) e del suo indirizzo specificato per l’appunto in Cesena alla via Pola n. 24; al termine del rigo contenente le indicazioni appena riportate, poi, vi è la sottoscrizione del sig. Rino Foschi, con precisa valenza di dichiarazione dei propri dati alla Lega e, di conseguenza, alla Federazione Italiana Giuoco Calcio”.
A tal proposito, la Procura sottolinea che “È appena il caso di evidenziare, poi, che il foglio censimento di una società costituisce il documento dal quale possono e devono trarsi tutti i dati relativi alla compagine ed ai suoi dirigenti proprio ai fini dello svolgimento della competizione e dell’esercizio dell’azione disciplinare da parte degli Organi di Giustizia Sportiva. I dati nello stesso contenuti, poi, ai fini delle attività della Lega e della Federazione nell’ambito dell’ordinamento settoriale sportivo, sono prevalenti rispetto a qualsiasi accertamento anagrafico.”.
Di conseguenza, la Procura Federale sostiene di non aver commesso alcun errore notificando l’atto presso l’indirizzo risultante dall’atto ufficiale di censimento depositato, con la firma del Foschi, presso la competente Lega. Solo successivamente, preso atto della mancata consegna al destinatario, poiché “sconosciuto” all’indirizzo indicato, “.. la Procura Federale ha separato la posizione del sig. Rino Foschi - e non ha operato uno
stralcio della stessa come affermato dal Giudice di prime cure – ed ha avviato la ricerca anagrafica sull’effettivo indirizzo di residenza dello stesso.”, procedendo ad una successiva notifica, andata a buon fine, all’indirizzo certificato dal Comune di Cesena.
Ad avviso dell’organo reclamante: “L’operato della Procura Federale, pertanto, nel caso di specie come in quelli analoghi, ha garantito la tutela di tutti gli interessi coinvolti nella fattispecie, costituiti dai diritti di difesa e ragionevolezza dei tempi del procedimento per i deferiti, nonché dal superiore interesse generale alla tutela della rispondenza dei comportamenti alle norme settoriali, proprio dei compiti istituzionali della Federazione Italiana Giuoco Calcio, alla cui tutela è rivolto l’intero sistema di Giustizia Sportiva endo ed esofederale.”.
B) Violazione e falsa applicazione del disposto di cui agli artt. 123, comma 1, e 125, comma 2, del codice di giustizia sportiva
In secondo luogo, la Procura Federale contesta che “La pronuncia gravata, inoltre, è ulteriormente ingiusta nella parte in cui sancisce che l’esito della notifica, e non l’emissione del provvedimento provata dalla spedizione dello stesso, sia l’elemento in base al quale determinare la tempestività di esercizio dell’azione disciplinare. Con la pronuncia gravata, infatti, il Tribunale Federale Nazionale ha espresso il principio, assolutamente erroneo, secondo il quale la tempestività della notifica della Comunicazione di Chiusura delle Indagini dipende dall’esito positivo della stessa. In altri termini, pertanto, per il Tribunale Federale se la prima notifica della Comunicazione di Chiusura delle Indagini o del deferimento non raggiungono il proprio scopo - per qualsiasi motivo - l’azione disciplinare diviene inammissibile per mancato rispetto dei termini previsti dalle norme indicate nell’intestazione del presente motivo di gravame.”.
Aggiunge la Procura, “Pacificamente, infatti, sia nell’ambito del processo civile che di quello penale è sempre consentita la rinotifica di un atto che non abbia raggiunto lo scopo della piena conoscenza da parte del destinatario con salvezza degli effetti dello stesso; tanto, peraltro, in ossequio al principio generale di diritto di conservazione degli atti processuali. Prendendo in considerazione i principi generali del processo civile (applicabile al procedimento sportivo si sensi dell’art. 1, comma 6, del Codice di Giustizia Sportiva del C.O.N.I.), poi, ai sensi dell’art. 165 c.p.c. il Giudice alla prima udienza ordina
il rinnovo della notificazione dell’atto introduttivo in caso di sua nullità, con effetto sanante ex tunc; solo il secondo termine fissato, che normalmente il Giudice commisura alle esigenze di ricerca degli elementi necessari all’efficace notifica dell’atto, è perentorio e determina l’estinzione del giudizio, ferma restando la possibilità di ottenere la sua proroga a fronte di istanza rivolta al Giudice prima della sua scadenza.”.
Ad avviso della Procura Federale: “L’ordinamento statuale, oltre che quello settoriale nel caso di specie, hanno quali interessi da tutelare quello della certezza dei tempi dei processi per i singoli soggetti e quelli della garanzia della regolazione delle situazioni di diritto per il sistema; nel caso del procedimento disciplinare, poi, l’interesse generale è particolarmente rilevante per l’ordinamento settoriale sportivo, perché attraverso la correttezza dei comportamenti dei tesserati viene perseguita la regolarità delle competizioni sportive e, pertanto, la stessa ragione ontologica di esistenza delle Federazioni Sportive.”. Il rinnovo della notifica, poi, non determina certamente la possibilità di prolungare sine die il termine di esercizio dell’azione disciplinare; la separazione della posizione, poi, costituisce garanzia in tal senso, sia per il decorso di ulteriore termine (giustificato dalle necessarie ricerche) che per l’esercizio tempestivo dell’azione a carico degli altri deferiti nei confronti dei quali la perfetta conoscenza degli atti si è perfezionata. A fronte di tanto, poi, non è in alcun modo rinvenibile alcuna esigenza di tutela di un interesse generale nel prevedere un meccanismo in ragione del quale la mancata notifica di un atto del procedimento non possa essere in alcun modo rinnovata e che determini, perfino in caso di errore da parte del notificante, l’estinzione dell’azione disciplinare.
Conclude, infine sul punto la Procura, “Per quanto appena esposto, pertanto, il principio di cui alla pronuncia gravata costituisce un gravissimo pericolo per l’efficacia dell’intero sistema e con il presente reclamo la Procura Federale, data l’estrema rilevanza della questione giuridica, chiede che l’On.le Corte adita ricorra al proprio potere nomofilattico al fine di formulare il corretto principio di diritto in materia.”.
C. In via subordinata, erronea valutazione della situazione di fatto determinata dalla non corretta indicazione dell’indirizzo di domicilio negli atti ufficiali depositati presso la lega nazionale professionisti serie b. Sussistenza di una situazione che ha determinato errore scusabile che ha impedito il perfezionarsi della notifica della comunicazione di chiusura delle indagini
Infine, la Procura Federale ha sostenuto che : “… nella denegata ipotesi di non accoglimento dei precedenti motivi di reclamo, non può non rilevarsi che a tutto voler concedere nel caso di specie si è verificato un errore scusabile nella notifica che giustificava la rimessione in termini della Procura Federale. È di palmare evidenza, infatti, che l’indirizzo utilizzato per la notifica è frutto di una errata indicazione del tesserato e che il dato è contenuto in un atto ufficiale recante anche la sottoscrizione dell’odierno deferito, atto sul quale la Procura Federale ha fatto legittimo affidamento. La Procura, pertanto, è stata posta quantomeno in errore dal deferito stesso, che paradossalmente oggi pretenderebbe di avvalersi degli effetti per lui favorevoli di un errore allo stesso imputabile; situazione paradossale che, peraltro, dà ulteriore atto di quanto dedotto con il secondo motivo di ricorso.”
In conclusione, alla luce dei motivi di reclamo, la Procura Federale ha chiesto che la Corte Federale di Appello, in riforma della decisione del Tribunale Federale Nazionale, dichiari ammissibile il deferimento del 12 agosto 2020 e per l’effetto rimetta gli atti al Tribunale Federale Nazionale affinché lo stesso decida nel merito con riguardo alle incolpazioni formulate con l’atto di deferimento nei confronti del sig. Rino Foschi; o, ove lo ritenesse, accolga lo stesso e per l’effetto affermi la responsabilità disciplinare del sig. Rino Foschi per le violazioni allo stesso ascritte e commini al medesimo la sanzione di un anno di inibizione, così come richiesta dalla Procura stessa in primo grado per il capo di incolpazione contestato con l'atto di deferimento, o in subordine quella ritenuta di giustizia dalla Corte Federale d’Appello.
4. Le argomentazioni difensive del sig. Foschi e le controdeduzioni della Procura Federale
In data 2 Ottobre 2020, il difensore del sig. Foschi ha deposito le controdeduzioni al ricorso della Procura Federale, avverso la decisione del Tribunale Federale Nazionale, eccependo due contestazioni preliminari e contestando specificamente e ampiamente i motivi di ricorso della Procura Federale.
In via preliminare, la difesa rileva come il punto focale della decisione di prime cure si riferisca al fatto che: “In sostanza, il Tribunale Federale Nazionale, Sezione Disciplinare, ha censurato l’operato della Procura Federale laddove, preso atto della mancata consegna al destinatario, non ha provveduto, nell’am bito del m edesim o procedim ento , a rinotificare la CCI al nuovo indirizzo ma ha stralciato la posizione, aprendo un nuovo fascicolo autonomo anziché avvalersi dello strumento previsto dall’art. 125, comma 2, CGS. In altre parole, secondo il primo giudice, il provvedimento di stralcio della posizione del Sig. Foschi, di apertura di un nuovo ed autonomo procedimento e l’esecuzione della notifica di una diversa Comunicazione di Conclusione delle indagini rispetto a quella precedente, ha fatto sì che ogni valutazione in ordine alle motivazioni della mancata consegna del primo atto dovesse ritenersi superata dalla scelta processuale – illegittima – della Procura Federale di adottare il nuovo provvedimento, nell’ambito di un diverso procedimento, che tuttavia, si colloca in un momento abbondantemente successivo alla scadenza del termine per lo svolgimento delle indagini.” (grassetto e sottolineato del testo originale).
La difesa, peraltro, contesta che dalla data del provvedimento di separazione a quello di rinotifica della CCI al sig. Foschi siano trascorsi 27 giorni, termine superiore a quello previsto dall’art. 123 CGS, che risulterebbe superato anche qualora come dies a quo venisse considerato quello di separazione della posizione.
A tal proposito il difensore argomenta che sul punto non si leggono nel ricorso puntuali argomentazione della Procura Federale, limitandosi a dichiarare in argomento che la procedura dello stralcio rappresenta una ‘prassi mai contestata’. “Si deve ritenere, dunque, che il passaggio della decisione sopra indicato, non essendo oggetto di specifica contestazione, deve ritenersi passato in giudicato”.
Sempre in via preliminare, il difensore contesta la omessa prova della spedizione della CCI all’indirizzo di Cesena, via Pola 24 e la mancata prova della restituzione al mittente come destinatario ‘sconosciuto’. Tali documenti, ad avviso della difesa, non sarebbero disponibili nel fascicolo di indagine ricevuto dal sig. Foschi e, dunque, non sarebbe consentito al deferito di verificare la correttezza di quanto sostenuto dalla Procura Federale: Ne consegue che, in mancanza di prova circa quanto sopra, che non risulta agli atti, appaiono superflue tutte le disquisizioni contenute nel ricorso….”.
Con riferimento al primo motivo di reclamo della Procura Federale, la difesa rappresenta che l’indirizzo di residente ‘Cesena - Via Pola n. 24’ risulta effettivamente nei fogli di censimento prodotti dalla società alla Lega Nazionale Professionisti di serie B, ma che nel contratto di prestazione sportiva, agli atti, è indicato chiaramente l’indirizzo di residenza corretto, così come risulta da tutte le procure speciali notarili rilasciate in favore del Sig. Foschi e allegate ai fogli di censimento, pure esse agli atti, che ovviamente rivestono una diversa e maggiore attendibilità quanto ai dati anagrafici, verificati da Pubblico Ufficiale. Secondo la difesa “Pertanto, la Procura Federale disponeva di numerosi strumenti per verificare tempestivamente l’indirizzo di residenza del Sig. Rino Foschi e, in ogni caso, avrebbe potuto svolgere gli opportuni accertamenti durante il corso delle indagini, trattandosi, comunque, l’accesso presso l’ufficio anagrafe di Cesena, di un atto agevolmente espletabile nel corso dell’istruttoria, ed a questa perfettamente riconducibile.”
Ma continua la difesa: “Il vizio insanabile su cui si fonda la decisione del primo giudice, infatti, risiede, come ampiamente argomentato supra, nell’illegittimo stralcio della posizione del Sig. Foschi operato dalla Procura Federale mediante apertura di una nuova indagine, laddove, a tutto voler concedere, l’organo requirente avrebbe dovuto provvedere ad una nuova notifica nell’ambito dello stesso procedimento. … Nel caso in esame, lo stralcio della posizione del Sig. Foschi ha provocato evidenti pregiudizi per il Dirigente, il quale:
- aveva maturato un affidamento incolpevole in ordine al proprio mancato coinvolgimento nel procedimento, allorquando la FIGC ha diffuso la notizia del deferimento degli altri ex amministratori dell’U.S. Città di Palermo S.p.a.; al contrario, come correttamente rilevato dal Tribunale Federale Nazionale, la medesima CCI (e non una nuova) avrebbe dovuto essere rinotificata, mantenendo il procedimento unitario per effetto di quanto previsto all’art. 125, comma 2, CGS, ultimo cpv (‘In caso di pluralità di incolpati, il deferimento deve essere adottato entro trenta giorni decorrenti dall'ultimo termine assegnato’);
- ha negoziato la stipulazione di un contratto di lavoro con svariati club professionistici, garantendo loro la piena operatività e l’assenza di procedimenti disciplinari, in ragione di quanto sopra descritto, salvo poi dover interrompere le trattative il 15 luglio, ricevuta la nuova CCI;
- ha visto celebrare due gradi di giudizio del procedimento promosso nei confronti degli altri ex amministratori, nel quale ovviamente gli organi di giustizia sportiva, oggi chiamati a giudicare il direttore sportivo, si sono formati un ‘pre-giudizio’ sull’intera vicenda e hanno - come è comprensibile – manifestato la loro posizione in ordine alle responsabilità dei vari tesserati nel fallimento del club palermitano.”
Con riferimento al secondo motivo di ricorso della Procura Federale, la falsa applicazione del disposto di cui agli artt. 123, comma 1, e 125, comma 2, del CGS, la difesa sostiene che i principi consolidati nella giurisprudenza federale, appaiono di segno decisamente opposto a quanto argomentato dalla Procura Federale. In particolare, la memoria difensiva richiama: “… una recente pronuncia della Corte Federale d’Appello, a Sezioni Unite, n. 73/2019- 2020, pubblicata su C.U. n. 73/CFA del 17 giugno 2020, con la quale, riferendosi all’atto di deferimento (ma la fattispecie è perfettamente sovrapponibile a quella che ci occupa), il Supremo Collegio ha confermato la ratio dell’istituto, affermando che ‘il CGS prevede dapprima un termine di conclusione delle indagini e poi un termine di esercizio dell’azione disciplinare i quali perseguono la medesima finalità: evitare che l’indagato resti troppo a lungo in attesa di conoscere la sua sorte….sotto tale profilo appare evidente che la sola adozione dell’atto da parte della Procura, non accompagnata dalla sua comunicazione all’interessato, non costituisce un adempimento sufficiente per salvaguardare la suddetta esigenza di garanzia difensiva……Se l’atto di deferimento a giudizio costituisce esercizio dell’azione disciplinare esso non può produrre effetto nella sfera giuridica del destinatario in assenza della sua comunicazione perché colui che subisce le conseguenze sfavorevoli di un atto deve averne conoscenza e l’esercizio dell’azione passa inevitabilmente attraverso l’instaurazione del contraddittorio. In assenza di comunicazione l’indagato non sa di essere diventato incolpato e quindi resta in attesa di conoscere il suo destino, senza poter assumere nessuna iniziativa a sua difesa. Infine, occorre anche considerare che ritenere non necessaria la tempestiva comunicazione all’incolpato dell’atto di deferimento non sarebbe coerente con il principio di ragionevole durata del processo sportivo (art. 44, comma 2) perché in teoria non vi sarebbe nessun limite temporale per tale adempimento da parte della Procura. Alla luce di tali considerazioni deve ritenersi che la comunicazione dell’atto di deferimento a giudizio costituisca un adempimento necessario per ritenere rispettato il termine decadenziale previsto dall’art. 125, comma 2’.
In particolare, secondo le argomentazioni difensive: “La notifica della CCI posta in essere il 19 maggio 2020 al Sig. Foschi deve considerarsi del tutto inesistente, in quanto effettuata presso un indirizzo non riconducibile al destinatario e privo di qualsivoglia collegamento con lo stesso, in conformità con il consolidato indirizzo della Corte di Cassazione secondo cui ‘l’inesistenza della notificazione (...) è configurabile, in base ai principi di strumentalità delle forme degli atti processuali e del giusto processo, oltre che in caso di totale mancanza materiale dell’atto, nelle sole ipotesi in cui venga posta in essere un'attività priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile un atto qualificabile come notificazione, ricadendo ogni altra ipotesi di difformità dal modello legale nella categoria della nullità. Tali elementi consistono: a) nell'attività di trasmissione, svolta da un soggetto qualificato, dotato, in base alla legge, della possibilità giuridica di compiere detta attività, in modo da poter ritenere esistente e individuabile il potere esercitato; b) nella fase di consegna, intesa in senso lato come raggiungimento di uno qualsiasi degli esiti positivi della notificazione previsti dall'ordinamento (in virtù dei quali, cioè, la stessa debba comunque considerarsi, ex lege, eseguita), restando, pertanto, esclusi soltanto i casi in cui l'atto venga restituito puramente e semplicemente al mittente, così da dover reputare la notificazione meramente tentata ma non compiuta, cioè, in definitiva, omessa…….del resto, sul punto già da tempo si è affermato, con specifico riferimento alla notificazione ai sensi dell'art. 143 c.p.c., il principio secondo cui ‘in tema di notificazione di atti giudiziari, quando il destinatario della notifica si sia trasferito (...), il notificante (...) è tenuto in ogni caso a svolgere ulteriori ricerche (...) prima di procedere alla notificazione nelle forme dell'art. 143 c.p.c., fermo restando che l'omissione di tali incombenze comporta l’inesistenza della notificazione solo se eseguita in un luogo privo di collegamento con il destinatario, determinando, altrimenti, la mera nullità della stessa" (Sez. 3, Sentenza n. 17307 del 31/08/2015, Rv. 636431)’ (Cass. Civ. VI ord n. 24834/2017 e Cass. Civ. III ord. n. 4529/2019).
Ad avviso della difesa, dunque, la Procura Federale avrebbe dovuto procedere alle necessarie verifiche anagrafiche durante il periodo di indagine e non successivamente al termine della relativa scadenza. Da ciò conseguirebbe il fatto che nei confronti del sig. Foschi, il 19 maggio 2020, non sia stata notificata alcuna CCI, validamente adottata dalla Procura solo in data 9-15 luglio 2020. Di conseguenza, per la difesa: “Il termine utilizzato
(‘notifica’) assume valore pregnante, in quanto non è sufficiente che la CCI venga adottata dalla Procura Federale ma è necessario che la stessa entri nella sfera di conoscenza del destinatario, trattandosi del primo atto a rilevanza esterna di fondamentale importanza per l’indagato, affinché questi possa prendere conoscenza della propria posizione ed esercitare i primi presidi difensivi riconosciuti dal CGS.” (grassetto e sottolineato del testo originale).
Infine, con riferimento al terzo motivo di reclamo della Procura Federale, la difesa ha rappresentato che:
- la rimessione in termini non è stata richiesta dal rappresentante della Procura Federale presente in udienza il 4 Settembre 2020, giorno della riunione avanti al T.F.N., Procura Federale perfettamente e da tempo al corrente dell’eccezione svolta dal Sig. Foschi e - quantomeno astrattamente - a conoscenza degli atti di indagine;
- l’errore scusabile, come più volte stabilito anche dalla giurisprudenza federale, può essere riconosciuto in caso di contrasti interpretativi di una norma o di prima applicazione, non certo in un caso di fatto, e non di diritto, in cui la Procura Federale disponeva di tutto il tempo e gli strumenti necessari (contratto di lavoro, procure speciali notarili, accesso presso l’ufficio anagrafe di Cesena) per evitare la problematica insorta che, come descritto, non rileva soltanto sul piano formale, ma anche sostanziale.
Conseguentemente, la difesa ha chiesto che il deferimento sia dichiarato improcedibile.
Per quanto attiene al merito, la difesa del sig. Foschi, sostiene che “… in ogni caso la Corte Federale d’Appello non potrà valutare la fondatezza o meno delle contestazioni mosse dalla Procura Federale in quanto ciò rappresenterebbe violazione del principio del doppio grado di giudizio. Poiché il Tribunale Federale Nazionale ha adottato una pronuncia in punto di rito, senza entrare nel merito, l’eventuale, denegato, accoglimento del ricorso promosso dal Procuratore Federale non potrebbe che determinare la rimessione degli atti al primo giudice, e, giammai, una pronuncia di condanna a carico del sig. Rino Foschi che, in quest’ultima ipotesi, sarebbe illegittimamente privato di un grado di giudizio.”.
In data 5 Ottobre 2020 la Procura Federale ha presentato controdeduzioni alla memoria depositata il 2 Ottobre nell’interesse del sig. Foschi, contestando, in particolare, l’asserita assenza di dimostrazione in merito alla prima notifica non andata a buon fine, sostenendo
che la relativa documentazione era già nella disponibilità del giudice di prime cure e della controparte, nonché ogni effetto dello stralcio della posizione del sig. Foschi sui contenuti della CCI, poiché – afferma la Procura – quella la cui notifica è andata a buon fine è testualmente uguale a quella il cui plico è stato restituito al mittente. Ad avviso della Procura la separazione della posizione del sig. Foschi e di altro incolpato (per analoghe ragioni) non ha determinato la instaurazione di un nuovo procedimento e di nuova attività inquirente.
In sede di udienza, la Procura Federale, l’avv. Grassani e il sig. Foschi hanno illustrato ampiamente le proprie argomentazioni già espresse nel ricorso e nelle relative controdeduzioni.
CONSIDERATO IN DIRITTO
5. I motivi della decisione
5.1 Le eccezioni preliminari espresse dal sig. Foschi sono prive di pregio.
Con riferimento alla asserita omessa prova della spedizione della CCI al sig. Rino Foschi all’indirizzo di Cesena, via Pola 24, ed alla mancata prova della restituzione al mittente come destinatario sconosciuto, la Corte ha constatato la disponibilità in atti della copia della busta della raccomandata n. 61783776829-7, indirizzata al sig. Foschi in via Pola 24 a Cesena, recante la indicazione sottoscritta dal portalettere di “sconosciuto” in data 28 maggio 2020. Analogamente è disponibile in atti anche la email di conferma di erogazione dei servizi di postaonline del 20 maggio 2020, che attesta il numero delle raccomandate inviate dalla Procura e l’indirizzo di ciascun destinatario della CCI e, in particolare della raccomandata n. 61783776829-7, indirizzata al sig. Foschi in via Pola 24 a Cesena. Peraltro, la Procura ha allegato copia della raccomandata anche nelle controdeduzioni depositate in data 5 Ottobre alla memoria depositata in data 2 Ottobre 2020, copia della busta raccomandata non recapitata all’indirizzo di via Pola 24, a Cesena, poiché il destinatario era sconosciuto.
E’ pacifico, quindi, che la Procura abbia notificato la CCI del 19 maggio 2020 a tutti i destinatari e, in particolare al sig. Foschi, all’indirizzo di via Pola 24 a Cesena e che essa non sia stata recapitata all’interessato, poiché sconosciuto a tale indirizzo.
5.2 Analogamente priva di fondamento appare a questa Corte l’altra eccezione preliminare del sig. Foschi, relativa alla asserita mancata contestazione da parte della Procura nei motivi di ricorso di uno dei punti qualificanti delle argomentazioni del Tribunale Federale Nazionale relativo alla illegittimità della separazione della posizione del sig. Foschi.
A tal proposito, infatti, la Procura Federale ha argomentato con chiarezza le proprie contestazioni nel primo motivo di ricorso, chiarendo peraltro che si trattava di separazione e non di stralcio della posizione del sig. Foschi, effettuata come da prassi consolidata e mai contestata al fine di garantire “la tutela di tutti i diritti di difesa coinvolti nella fattispecie, costituiti dai diritti di difesa e ragionevolezza dei tempi del procedimento per i deferiti, nonché del superiore interesse generale alla tutela della rispondenza dei comportamenti alle norme settoriali, proprio dei compiti istituzionali della FIGC…”.
5.3 Superate le eccezioni preliminari, appare necessario a questa Corte valutare le ragioni della mancata notifica al sig. Rino Foschi della CCI del 19 maggio 2020, destinata a tutti gli amministratori della US Città di Palermo Spa che la Procura Federale ha ritenuto responsabili di violazioni disciplinari in relazione al fallimento ed alla successiva revoca della affiliazione della società.
La Corte ha constatato dalla documentazione in atti che la notifica è stata effettuata dalla Procura Federale all’indirizzo indicato dal sig. Rino Foschi, anche attraverso sua specifica sottoscrizione autografa ai fini dell’accettazione della clausola compromissoria, nei fogli di censimento depositati presso la competente Lega Nazionale Professionisti di serie B nella stagione 2018/19. Peraltro, tale dichiarazione è stata conformemente ripetuta dal sig. Foschi nella stessa stagione in più circostanze quando i relativi fogli di censimento sono stati depositati in relazione ai mutati assetti societari ed anche con riferimento ai ruoli ricoperti dallo stesso Foschi.
In particolare, ciò è avvenuto:
a) nel periodo in cui Presidente era la sig.ra De Angeli, il sig. Foschi era indicato come procuratore speciale autorizzato a rappresentare la società in Assemblea e a rappresentare ed impegnare validamente la medesima società agli effetti sportivi e nei rapporti con gli organi federali;
b) nel periodo in cui Presidente era il sig. Clive Richardson, il sig. Foschi era indicato come procuratore speciale autorizzato a rappresentare la società in Assemblea e a rappresentare ed impegnare validamente la medesima società agli effetti sportivi e nei rapporti con gli Organi Federali;
c) al momento in cui il sig. Rino Foschi ha comunicato alla Lega competente la propria carica di Presidente del Consiglio di Amministrazione, nonché di essere amministratore autorizzato a rappresentare la società in Assemblea e a rappresentare ed impegnare validamente la medesima società agli effetti sportivi e nei rapporti con gli Organi Federali (due dichiarazioni analoghe con due sottoscrizioni autografe).
Se è pur vero che in altri documenti in atti e, in particolare, ad esempio nella procura speciale a lui conferita e poi revocata (allegata ai fogli di censimento) è indicato da soggetti terzi che il sig. Rino Foschi è “domiciliato” in Cesena, in via Pola 12/B, non vi è dubbio che la Procura Federale ha notificato la CCI del 19 maggio 2020 all’indirizzo che, con propria dichiarazione autografa, il sig. Rino Foschi ha indicato in diverse circostanze nei fogli di censimento depositati presso la Lega Nazionale Professionisti competente nella stagione 2018/19.
A prescindere dalla successive argomentazioni sulla rilevanza istituzionale dei fogli di censimento nell’ordinamento sportivo, questa Corte deve constatare che il giudice di prime cure è incorso in un evidente errore di fatto, quando ha sostenuto che la mancata notifica si sia verificata “- per colpa fra l’altro in alcun modo imputabile al deferito che ha dimostrato di risiedere ad un diverso indirizzo da ormai 20 anni -“.
Pur dando atto della buona fede del sig. Foschi sulla imprecisione delle proprie dichiarazioni, non vi è dubbio che la Procura Federale è stata indotta in errore dalle stesse ripetute e coincidenti dichiarazioni del deferito.
Occorre poi ricordare che la presentazione dei cosiddetti “fogli o moduli” di censimento rappresenta un adempimento fondamentale della procedura di affiliazione di una società, in conseguenza delle previsioni dell’art. 15, comma 1, delle NOIF, nonché dell’art. 2 dello Statuto della Lega Nazionale Professionisti di serie B (con particolare riferimento ai soggetti autorizzati alla rappresentanza della società in ambito federale).
Questa Corte si è già espressa in una recente decisione (n. 91/2019-2020) sulla rilevanza giuridica dei fogli di censimento nell’ordinamento endofederale in fattispecie analoga di mancata notifica della CCI (relativa in tal caso ad una società) : “Detto documento costituisce fonte privilegiata di riferimento, da considerare sostanzialmente equivalente ad un atto di elezione di domicilio, quanto meno fino a che non entri in vigore il sistema di comunicazione di cui all’art. 53 del Codice, destinato a completare il sistema attraverso la previsione di un rigoroso onere di comunicazione degli indirizzi di riferimento sia per i tesserati che per le società (all’atto del tesseramento per i primi e dell’affiliazione o del rinnovo per le seconde), in uno con l’obbligo di comunicare tutti gli atti del procedimento per i quali non sia stabilita la partecipazione in forme diverse, esclusivamente a mezzo pec.”.
5.4 E’ possibile a questo punto esaminare la parte della decisione del Tribunale Federale Nazionale che ha dichiarato l’inammissibilità del deferimento della Procura Federale per l’asserito superamento del termine, stabilito dall’articolo 123, comma 1, del CGS, di notifica dell’avviso di conclusione indagini entro venti giorni dalla scadenza del termine di durata delle indagini medesime.
Al riguardo è indubbio - come sopra visto - che la mancata notifica sia stata determinata dall’erronea indicazione del proprio indirizzo da parte del sig. Rino Foschi nei fogli di censimento della US Città di Palermo Spa nella stagione 2018/19 e, quindi, non da errore o negligenza della Procura Federale.
Di conseguenza, questo Collegio ritiene che il termine perentorio è stato rispettato dalla Procura Federale nei confronti di tutti gli incolpati e, quindi, anche nei confronti del sig. Rino Foschi.
Vale la pena rammentare che questa Corte si è già chiaramente pronunciata - su una fattispecie in qualche modo assimilabile a quella oggetto della presente pronuncia - nella già citata decisione n. 91/2019-2020, nella quale veniva analogamente eccepita la violazione dell’art. 123, comma 1, del CGS in relazione alla mancata notificata della CCI - rilevando che: “Al fine di ritenere assolto, nel termine di decadenza, l’onere di comunicazione in questione[…] non è necessaria la prova che l’atto abbia raggiunto la sfera di conoscibilità del destinatario ma è sufficiente la prova del tempestivo invio dell’atto medesimo da parte della Procura. Nel caso di specie, tuttavia, sebbene l’avviso di avvenuta conclusione delle indagini sia stato tempestivamente inviato, esso non è andato a buon fine neanche dopo lo spirare del termine decadenziale, in quanto il destinatario risultava trasferito dalla sua sede. In tal caso, non è sufficiente prendere atto del mancato perfezionamento della notifica ma occorre anche verificare se tale mancata notifica non sia imputabile al notificante alla stregua del consolidato orientamento della giurisprudenza civile che, in tal caso, ammette la possibilità di remissione in termini. In tal senso, Cass. civ., Sez. V, 12-03-2008, n. 6547 che, richiamando un previo conforme orientamento (Cass. n.7018/2004, S.U. n. 13970/2004, 2005/15616, S.U. 10216/2006, 22480 e 24702/2006), ritiene di darvi seguito affermando che “nell'ipotesi in cui l'atto da notificare sia stato tempestivamente consegnato all'ufficiale giudiziario, ma non essendosi perfezionato il procedimento, il notificante lo riavvii oltre il termine perentorio stabilito per l'impugnazione, questa non soggiace alla sanzione d'inammissibilità, se egli ha provveduto con sollecita diligenza - da valutare secondo un principio di ragionevolezza avuto riguardo al momento dell'acquisizione della notizia dell'esito negativo della prima notificazione e a quello in cui notificante provvede[] a riavviare validamente il procedimento - in tal modo non essendo vulnerato né l'interesse di rango costituzionale alla ragionevole durata del processo e al conseguimento della certezza e stabilità delle situazioni giuridiche conseguenti alla pronunzia, né gli artt. 3 e 24 Cost., come avverrebbe invece nel caso in cui si addossassero al notificante le conseguenze di una notifica tardiva per fatti sottratti al suo potere di ingerenza ed impulso e non riconducibili a suo errore o negligenza”.
In linea con la decisione di questa Corte Federale appena citata e, in particolare, con riguardo al principio della necessaria verifica della non imputabilità al notificante della mancata notifica, va ribadito che, in via generale, secondo quanto previsto dall’art. 153, comma 2, del codice di procedura civile, è consentita la rimessione in termini nel caso in cui l’inosservanza del termine non sia imputabile alla parte. Tale disposizione è sostanzialmente ribadita nel codice del processo amministrativo (art. 44, comma 4 del relativo codice) e, soprattutto, nel codice di giustizia sportiva che, all’art. 50, comma 5, prevede espressamente che: “E’ consentito agli organi di giustizia sportiva rimettere in termini una parte se è incorsa in una decadenza per causa ad essa non imputabile.”.
E che nella fattispecie in esame la causa non sia imputabile alla Procura federale non v’è dubbio alcuno.
Non appare invece conferente con la questione che oggi ci occupa la decisione di queste Sezioni Unite n. 73/2019-2020, richiamata abilmente dalla difesa del sig. Foschi, in quanto, in quella sede, la Corte Federale - affrontando il tema se, ai fini della tempestività dell’azione di deferimento, occorre considerare la data di adozione del deferimento medesimo ovvero quello della comunicazione dello stesso alle parti deferite - ha pronunciato il principio di diritto secondo cui “l’art. 125 CGS deve essere interpretato nel senso che, entro il termine decadenziale previsto dal comma 2, l’atto di deferimento a giudizio deve essere non solo adottato ma anche comunicato agli incolpati e che al fine di ritenere assolto tempestivamente tale onere di comunicazione non è necessaria la prova che l’atto abbia raggiunto la sfera di conoscibilità del destinatario, essendo sufficiente la prova del tempestivo invio del medesimo”.
Principio questo diverso e, quindi, pienamente compatibile con la fattispecie in esame, ove la mancata notifica dell’avviso di conclusione indagini - come si è visto - è stata determinata dall'erronea indicazione del proprio indirizzo da parte del destinatario nei fogli di censimento.
In ogni caso, se può convenirsi che, ai fini del rispetto del termine, non è sufficiente l’adozione della CCI ma occorre che l’atto abbia raggiunto la sfera di conoscibilità del destinatario della notifica, certamente tale principio non può applicarsi allorché sia stato lo stesso destinatario a dar causa, con il suo comportamento, alla non conoscibilità dell’atto.
Né appare condivisibile l’argomentazione difensiva relativa al fatto che la Procura avrebbe dovuto procedere preventivamente, entro i termini della scadenza delle indagini, quando non è ancora disponibile un quadro delle possibili responsabilità, anche a molteplici verifiche anagrafiche (peraltro suscettibili anche di legittime modifiche nel corso del tempo da parte dei potenziali incolpati).
Peraltro, è facile verificare in atti che, dopo aver proceduto alla notifica della CCI nei termini previsti dal CGS, la Procura Federale non ha proceduto ad alcuna attività di indagine, se non alla ricerca (con le normali procedure) della residenza dell’incolpato.
Ma, come osservato suggestivamente dalla difesa del deferito, la principale censura che ha portato il Tribunale Federale Nazionale a dichiarare la inammissibilità del deferimento, è relativa alla decisione di separare la posizione del sig. Foschi da quella degli altri deferiti con la apertura di un altro procedimento (con un diverso numero) e ad emettere una nuova CCI il 9 luglio “sebbene riproduttiva di quella già emessa e datata dal 19 maggio 2020” (secondo il TFN). Tale decisione processuale avrebbe, secondo il giudice di prime cure, determinato il mancato rispetto dei termini perentori di cui all’articolo 123, comma 1. Secondo la impugnata decisione del Tribunale Federale Nazionale, la Procura Federale avrebbe dovuto avvalersi della disposizione dell’art. 125, comma 2, del CGS, che prevede che “2. L'atto di deferimento di cui al comma 1 deve intervenire entro trenta giorni dalla scadenza del termine di cui all'art. 123, comma 1. In caso di pluralità di incolpati, il deferimento deve essere adottato entro trenta giorni decorrenti dall'ultimo termine assegnato.”. In sostanza, il Tribunale ritiene che la decisione avrebbe violato i principi fondamentali a garanzia del diritto di difesa, fra i quali appunto, alla luce delle innovazioni codicistiche, devono annoverarsi quelli legati alla certezza della tempistica e della celerità del procedimento disciplinare.
La conseguenza di questa interpretazione del combinato disposto dell’art. 123, comma 1, e dell’art. 125, comma 2, è che la Procura Federale non dovrebbe procedere al deferimento prima che la CCI sia stata correttamente notificata a tutti i destinatari e che si siano svolte tutte le procedure previste dallo stesso articolo 123.
Va notato, però, che tale interpretazione potrebbe determinare di fatto un rinvio sine die del deferimento e dei conseguenti effetti dell’azione disciplinare (sia nel caso di proscioglimento che di irrogazione di sanzioni agli incolpati). Anche nel caso che ci riguarda, il deferimento non sarebbe stato ancora possibile, in relazione alla mancata notifica della CCI ad altro ulteriore soggetto incolpato. Di conseguenza, un procedimento avviato il 19 maggio 2020 con la notifica della CCI e già concluso in sede endofederale per la gran parte dei deferiti con il giudizio della Corte Federale d’Appello il 3 Settembre, non sarebbe stato ancora oggetto di valutazione neppure dell’organo di prime cure. Tale aspetto appare particolarmente rilevante, in particolare, nel caso di potenziali violazioni dell’art. 21, commi 2 e 3, sia in relazione alla gravità potenziale delle violazioni che alla difficoltà potenziale di notifica a soggetti spesso non più tesserati. ’ evidente che l’effetto di tale interpretazione del Tribunale, in accoglimento delle tesi difensive, sarebbe in palese contrasto con il principio (peraltro evocato) della certezza della tempistica e celerità del procedimento disciplinare a garanzia del diritto alla difesa.
Come già affermato nella citata decisione n. 91/2019-2020, appare importante “…. assicurare un equo contemperamento tra l’interesse alla certezza della durata del procedimento disciplinare e quello della effettività dell’azione disciplinare, che non può essere compressa al di là dei termini previsti dal Codice da interpretazioni di eccessivo rigore non fondate sulla violazione degli obblighi di diligenza effettivamente richiesti dalle norme di riferimento ai fini della comunicazione degli atti.”.
Né d’altra parte, il principio del contraddittorio e del diritto alla difesa può considerarsi in alcun modo leso dalla asserita deroga ai principi del cd. simultaneus processus.
Al di là della circostanza che in passato si è dubitato dell’applicabilità di tale principio nella giustizia sportiva (in tal senso v. CGF n. 292/2008-2009), nel caso di specie i diversi tempi del procedimento disciplinare non sono suscettibili di cagionare alcun pregiudizio alla specifica valutazione della posizione del sig. Rino Foschi, poiché nel caso di ipotizzate violazioni dell’art. 21, commi 2 e 3 delle NOIF, le eventuali responsabilità dei deferiti sono valutate dagli organi giudicanti in relazione alle specifiche posizioni di amministrazione della società ricoperte, dalla relativa durata e, soprattutto, dalle azioni e/o omissioni ad essi specificamente imputabili, ciascuna di esse di conseguenza, specifiche e diverse l’una dall’altra.
Per le ragioni suesposte, questa Corte ritiene di accogliere il reclamo della Procura e di disporre il rinvio dell’affare, per l’esame del merito, al giudice di prime cure.
P.Q.M.
La Corte Federale d'Appello (Sezioni Unite), definitivamente pronunciando sul reclamo n. 21/2020-2021, lo accoglie e, per l’effetto, annulla la decisione impugnata e rinvia al Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare ai sensi dell’art. 106, comma 2, ultimo periodo CGS.
Dispone la comunicazione alle parti, presso i difensori, con PEC.