F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – SEZIONE IV – 2020/2021 – FIGC.IT – ATTO NON UFFICIALE – DECISIONE N. 042 CFA del 5 Novembre 2020 (Procura Federale-Sig. Mohamed Mayate) N. 039/CFA/2020-2021 REGISTRO RECLAMI N. 042/CFA/2020-2021 REGISTRO DECISIONI

N. 039/CFA/2020-2021 REGISTRO RECLAMI

N. 042/CFA/2020-2021 REGISTRO DECISIONI

 

LA CORTE FEDERALE D’APPELLO

SEZIONE IV

 

composta dai Sigg.ri:

 

Carlo Sica Presidente

Raffaele Tuccillo Componente

Federica Varrone Componente (relatore)

 

ha pronunciato la seguente

DECISIONE

Sul reclamo numero RG 039/CFA/2020-2021, proposto dalla Procura Federale, rappresentata e difesa dall’avv. Lorenzo Giua

Contro

il sig. MOHAMED MAYATE, rappresentato e difeso dall’avv. Michele Spadini del Foro di Verona

per la riforma

della decisione della Commissione Disciplinare presso il Settore Tecnico della FIGC del 02.10.2020, pubblicata con il comunicato ufficiale n. 114 del 02.10.2020 del Settore Tecnico della FIGC;

Visto il reclamo e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza del giorno 2.11.2020, tenutasi in videoconferenza, l’avv. Federica Varrone e uditi, sempre in videoconferenza come da verbale, per la Procura Federale, l’avv. Lorenzo Giua, per il sig. Mohamed Mayate, l’avv. Michele Spadini

RITENUTO IN FATTO

1. Con atto del 29.07.2020 il Procuratore Federale F.F. ed il Procuratore Federale Aggiunto deferivano innanzi alla Commissione Disciplinare presso il Settore Tecnico della FIGC (di seguito, “Commissione Disciplinare”) il Sig. Mohamed Mayate “per rispondere della violazione degli artt. 1 bis comma 1 del previgente CGS (oggi trasfuso nell'art. 4 comma 1 del vigente C.G.S.) e 15 comma 1 del previgente C.G.S. (oggi trasfuso nell'art. 34 comma 1 del vigente C.G.S.) in relazione all'art. 30 commi 2 e 4 dello Statuto Federale e all’art. 37 comma 1 del Regolamento del Settore Tecnico, per aver adito la giustizia ordinaria, senza aver richiesto alcuna deroga al vincolo di giustizia ed in particolare per aver sporto denuncia-querela in data 26.10.2017 presso la Stazione C.C. Di Cerea (VR), nei riguardi del Sig, Gianluca Cavallaro, Arbitro fuori quadro appartenente alla Sezione di Legnago (VR”.

1.1 In fatto, la Procura Federale deduceva che nel corso dell’attività istruttoria compiuta era emerso che il Sig. Mohamed Mayate, allenatore tesserato per la società U.S. Bonarubiana per la stagione sportiva 2017-2018 (matricola Settore Tecnico 129765), aveva sporto denuncia- querela presso la Stazione dei Carabinieri di Cerea (VR) in data 26.10.2017, nei riguardi del Sig. Gianluca Cavallaro, Arbitro fuori quadro appartenente alla Sezione di Legnago (VR), senza aver richiesto alcuna deroga al vincolo di giustizia, per fatti avvenuti al termine della gara disputata dalla predetta società in data 22/10/2017.

1.2 In diritto, la Procura Federale osservava che il comportamento del sig. Mohamed Mayate era disciplinarmente rilevante in quanto contrario agli artt. 1 bis, comma 1, del previgente CGS (trasfuso nell'art. 4, comma 1, del vigente C.G.S.) e 15, comma 1, del previgente C.G.S. (trasfuso nell'art. 34, comma 1, del vigente C.G.S.), in relazione all'art. 30, commi 2 e 4, dello Statuto Federale e all’art. 37, comma 1, del Regolamento del Settore Tecnico.

2. Si costituiva in giudizio il sig. Mohamed Mayate che chiedeva, in via principale, il pieno proscioglimento ed, in via subordinata, l’applicazione della sanzione edittale minima.

2.1 In fatto, rilevava che, in data 22.10.2017, al termine di un incontro ufficiale tra la squadra U.S. Bonarubiana, di cui era allenatore, e quella ospite dell’ASD Sustinenza, veniva, inaspettatamente ed immotivatamente aggredito e minacciato da una persona del pubblico.

In data 26.10.2017, dopo aver acquisito le informazioni sull’identità della persona che lo aveva offeso, si recava presso la Stazione dei Carabinieri di Cerea (VR) per proporre denuncia-querela nei confronti dello stesso, risultato essere tale sig. Cavallaro.

In data 27.12.2019, il Comitato Regionale Arbitrale Veneto inviava al Comitato Regionale Veneto la predetta denuncia-querela.

In data 16.01.2020, il Comitato Regionale Veneto rimetteva gli atti alla Procura Federale.

In data 15.06.2020, ricevuta dalla Procura Federale la comunicazione di avviso di conclusione delle indagini, chiedeva di essere sentito per poter spiegare le proprie ragioni.

All’esito dell’audizione avvenuta in data 10.07.2020, la Procura Federale decideva di procedere al suo deferimento.

2.2 In diritto, il sig. Mohamed Mayate lamentava: (i) l’inapplicabilità del vincolo di giustizia in materia penale; (ii) la violazione dei principi costituzionali di cui agli artt. 24, 25 e 102 Cost.; (iii) la natura personale del diritto di querela in capo alla persona offesa; (iv) l’insussistenza dell’elemento soggettivo della condotta contestata.

3. All’esito dell’udienza del 2.10.2020, la Commissione Disciplinare del Settore Tecnico della FIGC ha emesso la decisione impugnata con cui ha prosciolto il sig. Mayate dall’addebito disciplinare contestato.

4. La Procura Federale, con tempestivo atto dell’8 Ottobre  2020, ha proposto reclamo avverso la predetta decisione, lamentando l’erronea valutazione in ordine alla insussistenza della violazione dell’art. 30 dello Statuto FIGC.

Ritualmente notiziato del reclamo, il sig. Mohamed Mayate si è costituito in giudizio ed ha chiesto, in via principale, la conferma integrale della decisione impugnata, con conseguente conferma del proprio pieno proscioglimento dall’addebito disciplinare contestato, ed, in via subordinata, nella denegata ipotesi di accoglimento del reclamo, l’applicazione della sanzione edittale minima.

All'udienza del 2 Novembre 2020, tenutasi in videoconferenza, sono comparsi, per la Procura Federale, l'Avv. Lorenzo Giua, e per il sig. Mohamed Mayate, l’avv. Michele Spadini, i quali hanno insistito per l’accoglimento delle rispettive conclusioni. Il sig. Mohamed Mayate ha partecipato all’udienza mediante collegamento telefonico.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. La Commissione Disciplinare del Settore Tecnico della FIGC ha prosciolto il sig. Mayate dall’addebito disciplinare contestato ritenendo condivisibili “i principi statuiti dal Collegio di Garanzia del Coni nella recente decisione n. 26/2020 e nei precedenti ivi richiamati che risultano applicabili anche nella fattispecie in quanto il deferito ha fatto valere nell'ambito del procedimento penale il proprio diritto soggettivo alla reputazione rilevante per l'ordinamento dello Stato”.

2. La Procura Federale reclamante lamenta l’illegittimità della decisione rilevando che le precedenti statuizioni in materia non possano costituire un precedente giurisprudenziale, per di più di tipo vincolante nell’ordinamento della giustizia federale FIGC, essendo per loro stessa natura limitate al singolo caso in esame.

In relazione al merito della questione, e cioè alla sussistenza o meno della violazione del c.d. ‘vincolo di giustizia’ di cui all’art. 30 dello Statuto FIGC, la Procura ritiene che i tesserati, qualora ritengano che in un episodio che trae origine dall’attività sportiva siano integrati gli estremi di un reato perseguibile a mera querela di parte, debbano previamente rivolgersi al Consiglio Federale al fine di ottenere l’autorizzazione a ricorrere alla giurisdizione statale, in deroga al vincolo di giustizia.

Secondo la Procura, detto adempimento, nella fattispecie in esame, si profilava assolutamente necessario, dal momento che l’oggetto delle doglianze avanzate in sede penale dal Mayate era costituito, secondo la prospettazione dello stesso querelante, da pretese espressioni ingiuriose-diffamatorie/minatorie da parte del Sig. Gianluca Cavallaro, arbitro fuori quadro, appartenente alla Sezione di Legnago.

In particolare, la reclamante ritiene giuridicamente errata e non conforme alla ratio della normativa posta dalla L. 280/2003 l'interpretazione del Collegio di Garanzia del Coni, secondo la quale la materia penale sarebbe sempre esclusa dal vincolo di giustizia, a prescindere dalla punibilità a querela o d'ufficio del reato, nonché a prescindere dalla fattispecie in concreto.

Secondo la Procura, il legislatore statale non ha inteso devolvere tout court qualsiasi fatto di rilevanza penale al Giudice Ordinario, ma solo le situazioni giuridiche che non possono trovare tutela nell'ambito della Giustizia Sportiva.

Il c.d. vincolo di giustizia di cui all'art. 30, comma 2, dello Statuto Federale, incondizionatamente accettato dai soggetti ''in quanto appartenenti all'ordinamento settoriale sportivo'' ed il relativo obbligo di richiedere l'autorizzazione al Consiglio federale per poter adire la Giustizia ordinaria nelle “materie riconducibili all'attività della F.I.G.C.” o aventi ad oggetto “vertenze di carattere tecnico, disciplinare ed economico” fra tesserati, sarebbe svilito di significato se l'interpretazione della normativa de qua fosse diversa.

La Procura assume che il legislatore, stabilendo la differenza tra i reati punibili d'ufficio e a querela, avrebbe inteso differenziare tra fatti “rilevanti” nell'ordinamento statale a prescindere da una manifestazione di volontà del soggetto coinvolto e fatti rispetto ai quali ha previsto la neutralità dello Stato, salvo che sia presentata la querela quale manifestazione della volontà punitiva, senza la quale il Pubblico Ministero non può esercitare l'azione penale.

Pertanto, secondo la Procura, se lo stesso legislatore ha previsto un doppio regime tra fatti sempre rilevanti per l'ordinamento dal punto di vista penale e fatti che lo diventano solo a seguito della presentazione della querela, poiché evidentemente considerati di minor allarme sociale, non riconoscere l'operatività della clausola compromissoria in relazione a fatti reati punibili a querela di parte, equivarrebbe a comprimere l'autonomia dell'ordinamento sportivo, senza che l'ordinamento statale lo abbia in concreto richiesto alla luce della suesposta normativa.

Sulla base delle esposte premesse giuridiche, la reclamante osserva che nel caso in esame si tratterebbe di fattispecie pacificamente disciplinata e conseguentemente sanzionata dalla previsione di cui all’art. 23 e/o dall'art. 4 co. 1 CGS, ragion per cui il Sig. Mayate avrebbe dovuto adire prioritariamente gli organi di giustizia federali FIGC, in virtù della piena vigenza del c.d. ‘vincolo di giustizia’, volontariamente contratto, al momento del tesseramento.

Per di più, secondo la Procura, la violazione della clausola compromissoria si sarebbe concretizzata anche nell’introduzione dell’azione civile nel processo penale in quanto il Mayate si è costituito parte civile nel procedimento penale.

3. Resiste in giudizio il sig. Mohamed Mayate con articolata memoria nella quale vengono analiticamente confutati  tutti i motivi di  reclamo e,  segnatamente: (i) la rilevanza  del precedente giurisprudenziale; (ii) l’estraneità del caso dall’ambito oggettivo di operatività del vincolo di giustizia di cui all’art. 30 Statuto FIGC e l’assenza della colpa e del dolo; (iii) la non indispensabilità dell’autorizzazione del Consiglio Federale per procedere in caso di fattispecie aventi rilevanza penale, pena la violazione dei principi costituzionali di cui agli artt. 24, 25 e 102 Cost; (iv) la natura personale del diritto di querela in capo alla persona offesa; (v) l’erronea interpretazione dell’art. 1, comma 2 della L. n. 280/2003; (vi) l’erronea distinzione tra reati perseguibili d’ufficio e reati perseguibili a querela; (vii) l’irrilevanza della costituzione di parte civile nel processo penale per essere estranea all’originario atto di deferimento; (viii) l’ingiustizia del caso concreto in caso di accoglimento del reclamo.

4. Il reclamo è infondato, in virtù delle seguenti considerazioni.

4.1 In via preliminare, si osserva che nella decisione impugnata la Commissione Disciplinare non ha in alcun modo affermato la natura vincolante della decisione n. 26/2020 del Collegio di Garanzia del Coni, ma ha semplicemente ritenuto condivisibili i principi ivi enunciati e richiamati. Più specificatamente, il Giudice di prime cure, constatato che il deferito ha fatto “valere nell’ambito del procedimento penale il proprio diritto soggettivo alla reputazione rilevante per l’ordinamento dello Stato”, ha ritenuto “applicabili anche nella fattispecie” in esame detti principi.

4.2 Ciò posto, in disparte l’eccezione del reclamato in merito all’assenza di dolo e/o colpa in quanto il fatto contestato non sarebbe avvenuto nel corso di un evento sportivo e sarebbe stato posto in essere da un soggetto, il sig. Gianluca Cavallaro, che non ha partecipato all’evento stesso e che non si è presentato né qualificato in alcun modo come tesserato, ha carattere assorbente l’infondatezza nel merito del reclamo, in quanto il c.d. “vincolo di giustizia”, di cui all’art. 30 dello Statuto FIGC, non sussiste nell’ipotesi in cui l’azione giudiziaria è promossa per fattispecie aventi rilevanza penale.Al riguardo, appare opportuno ricordare preliminarmente che il vincolo di giustizia è espressione del principio di autonomia dell’ordinamento sportivo nazionale rispetto all’ordinamento statale.

I rapporti tra i due ordinamenti sono regolati dalla Legge 280/2003 ed, in particolare, dal primo comma dell’art. 1, che dispone che “la Repubblica riconosce e favorisce l'autonomia dell'ordinamento sportivo nazionale”, e dal secondo comma del medesimo articolo che chiarisce che “i rapporti tra l’ordinamento sportivo e l’ordinamento della Repubblica sono regolati in base al principio di autonomia, salvo i casi di rilevanza per l’ordinamento giuridico della Repubblica di situazioni giuridiche soggettive connesse con l’ordinamento sportivo”.

Trattasi dunque di un’autonomia limitata perché dal quadro normativo di riferimento emerge una riserva di giurisdizione statale, talora esclusiva, tal’altra concorrente, laddove fatti e situazioni giuridiche rilevanti per l’ordinamento sportivo non esauriscono i propri effetti all’interno dello stesso, ma siano altresì produttivi di conseguenze anche nel contesto extra- sportivo, assumendo pertanto rilevanza per l’ordinamento generale.

Nell’ambito sportivo, quindi, operano contemporaneamente la giustizia sportiva, preposta alla soluzione delle questioni e al soddisfacimento delle esigenze proprie dell’ordinamento settoriale di riferimento, e la giustizia statale, quale indispensabile garanzia a tutela delle situazioni giuridiche soggettive, se e laddove l’attività sportiva abbia rilevanza esterna nell’ordinamento statale.

In detto quadro ordinamentale, deve ritenersi che la materia penale esula senz’altro dalla giurisdizione sportiva, priva di potestas iudicandi e, pertanto, non in grado di favorire l’accesso a strumenti idonei a garantire qualsivoglia tutela delle posizioni di diritto soggettivo eventualmente pregiudicate.

Più specificatamente, il vincolo di giustizia per poter applicarsi deve presuppore la predisposizione da parte dell’ordinamento sportivo di strumenti alternativi e a livello funzionale omogenei rispetto a quelli previsti dalla legislazione statale e, detta omogeneità, non sussiste rispetto alla materia penale.

Il legislatore ha quindi inteso garantire al tesserato coinvolto in fatti aventi rilevanza penale per l’ordinamento giuridico statale il diritto di richiedere allo Stato di sanzionare penalmente il responsabile di un fatto reato (art. 24 Cost.) e di rivolgersi al giudice naturale precostituito per legge (art. 25 Cost.), che per le fattispecie penali è esclusivamente l’Autorità Giudiziaria Ordinaria.

Declinando gli esposti principi al caso in esame, deve ritenersi che, se la materia penale si sottrae alla giurisdizione sportiva, il reclamato non era in alcun modo obbligato a richiedere l’autorizzazione agli Organi Federali per l’esercizio del diritto di querela, in quanto diversamente opinando si avrebbe la violazione dei principi di cui agli art. 24, 25 e 102 della Costituzione.

Appare dunque corretta la decisione impugnata per aver condiviso i principi statuiti dal Collegio di Garanzia nella recente decisione n. 26/20, ove è stato affermato che “la materia penale esula dalla giurisdizione sportiva non essendo quest’ultima in grado di garantire i diritti e le posizione di diritto soggettivo del soggetto leso” e che il vincolo di giustizia “incontra un limite invalicabile con riferimento alla materia penale e, quindi, a reati che devono necessariamente richiedere l’intervento esclusivo del Giudice ordinario”, e nei lodi del 16 Marzo 2020 della Camera di Conciliazione ed Arbitrato per lo Sport presso il CONI (in causa Setten c/FIGC) e del 4 Ottobre  2010 del Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport presso il CONI (in causa Guerra c/FIGC).

Né può ritenersi condivisibile la tesi sostenuta dalla Procura reclamante, secondo cui i fatti che costituiscono reati punibili a querela di parte dovrebbero rientrare nell’ambito di operatività del vincolo di giustizia in quanto si tratterebbe di fatti “neutri” per lo Stato.

Sia i reati perseguibili a querela che quelli perseguibili d’ufficio hanno infatti ad oggetto la tutela di situazioni giuridiche soggettive rilevanti per l’ordinamento giuridico, ciò che li differenza attiene solo alla punibilità, subordinata per i primi alla volontà della persona offesa.

Trattasi, dunque, di una distinzione del tutto irrilevante ai fini dell’applicazione del vincolo di giustizia.

Si osserva, peraltro, che la querela è un diritto strettamente personale, attribuito alla sola persona offesa, e come tale non può essere subordinato all’autorizzazione di terzi, con il rischio di un potenziale diniego.

P.Q.M.

Respinge il reclamo.

Dispone la comunicazione alle parti presso i difensori con PEC.

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