F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – SEZIONI UNITE – 2020/2021 – FIGC.IT – ATTO NON UFFICIALE – DECISIONE N. 048 CFA del 10 Novembre 2020 (Sig. Massimo Dedamiani-Procura Federale) N. 038/CFA 2020-2021 REGISTRO RECLAMI N. 048/CFA 2020-2021 REGISTRO DECISIONI
N. 038/CFA 2020-2021 REGISTRO RECLAMI
N. 048/CFA 2020-2021 REGISTRO DECISIONI
LA CORTE FEDERALE D'APPELLO
SEZIONI UNITE
composta da:
Mario Luigi Torsello Presidente
G. Paolo Cirillo Componente
Giovanni Trombetta Componente
Carlo Sica Componente
Maurizio Fumo Componente (relatore)
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul reclamo numero RG 038/CFA/2020-2021 proposto dal sig. Massimo Dedamiani in data 06.10.2020
per la riforma
della decisione adottata dal Tribunale federale territoriale Puglia pubblicata sul C.U. n. 32 del 22/09/2020, con motivi contenuti sul C.U. n. 36 del 29/09/2020;
visto il reclamo e i relativi allegati;
visti gli atti della causa;
relatore nell’udienza del 5 Novembre 2020 il dott. Maurizio Fumo e uditi per il reclamante l’Avv. Maurizio Angelucci e per la Procura federale interregionale l’Avv. Paolo Mormando;
RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale federale territoriale della Puglia, con la decisione indicata in epigrafe, ha applicato al sig. Massimo Dedamiani, dirigente tesserato, per la stagione sportiva 2015-2016, per la società USD Città di Bitonto e, nella stagione successiva, per la società APD Atletico Bitonto (che, poi, nella stagione sportiva 2018-2019, assumerà la denominazione USD Polisportiva Five Bitonto), la sanzione della inibizione di anni tre e della ammenda di euro 25.000, avendolo ritenuto responsabile della infrazione disciplinare di cui agli artt. 1 bis, comma 1, 6, comma 2 del CGS all’epoca vigente (corrispondenti rispettivamente agli artt. 4, comma 1 e 24, comma 2, del CGS ora in vigore), per avere, nel corso delle stagioni sportive 2015-2016 e 2016-2017 e nell’ambito di un’organizzazione avente ad oggetto l’utilizzo di siti illegali per l’esercizio del gioco a distanza, svolto attività di raccolta illegale di scommesse su gare di calcio; condotta tenuta nonostante egli fosse un dirigente, tesserato per società affiliate alla FIGC.
2. Con la medesima decisione, il Tribunale ha applicato al calciatore, sig. Giuseppe Capriati, ritenuto concorrente nell’illecito di cui sopra, la sanzione della inibizione di anni quattro e mesi sei e dell’ammenda di euro 30.000 ed alle società ASD Molfetta Calcio ed ASD Team Altamura, a titolo di responsabilità oggettiva, le rispettive sanzioni di euro 500 ed euro 334 di ammenda. Il sig. Angelo Dedamiani è stato, viceversa, prosciolto dalla incolpazione a lui a ascritta (la medesima di Massimo Dedamiani, ma limitata alla sola stagione 2016-2017).
3. Il solo Massimo Dedamiani impugna la decisione di primo grado, deducendo tre censure, che si sintetizzano, ai fini del decidere, come segue.
4.a) Violazione dell’art. 32 ter CGS, cui deve conseguire la estinzione della procedura di deferimento e del conseguente giudizio disciplinare, divenuto improcedibile; ciò ha comportato anche violazione del diritto di difesa.
Emerge dalla consultazione degli atti che la comunicazione di conclusione delle indagini è stata ricevuta dal Sig. Dedamiani, presso il legale all’epoca nominato, solo il 5.8.2019. Ebbene il termine di giorni 20 + 30 risulta spirato in data 24/09/2019. Come è noto, il primo decorre dalla conclusione delle indagini ed è relativo alla informazione da dare all’interessato circa l’intenzione del Procuratore di procedere al suo deferimento; il secondo decorre dall’audizione del soggetto di cui sopra ed attiene alla effettiva formulazione della incolpazione mediante deferimento, comunicato all’incolpato e all’organo giudicante.
4.1 È pur vero che l’attività difensiva in favore del Dedamiani si era esaurita il 30.9.2019 (audizione innanzi alla Procura Federale in data 30.9.2019, preceduta, il 5.8.2019, da deposito di memoria difensiva) e tuttavia, alla luce del combinato disposto degli artt. 32 ter, comma 4, 34 bis, commi 4 e 6, 38, comma 6 CGS (che prevedono la natura perentoria di tutti i termini del procedimento sportivo) l’odierno procedimento avrebbe dovuto allora (e dovrà ora) essere dichiarato estinto. E invero la notifica dell’atto di deferimento si è perfezionata solo in data 20.7.2020; l’azione disciplinare pertanto è intervenuta (inutiliter) circa a 300 giorni dal termine ex art. 32 ter, comma 4, C.G.S. e, comunque, dall’ultimo atto difensivo posto in essere dall’incolpato. Per altro, pur se si volesse sposare la tesi in base alla quale i predetti termini non avrebbero natura perentoria, non è ragionevole (e quindi giustificabile) un ritardo come quello evidenziato, interamente addebitabile alla Procura Federale. Il deferimento del Dedamiani, pertanto, va dichiarato improcedibile e il relativo procedimento estinto.
5.b) Carenza dell’apparato motivazionale, non essendo stata dimostrata la idoneità della condotta addebitata al Dedamiani a configurare la contestata violazione regolamentare, avendo il Tribunale basato il suo convincimento non su prove, ma su mere congetture.
5.1 Innanzitutto il Dedamiani non gestiva due, ma una sola agenzia di scommesse, vale a dire quella di via Borgo S. Francesco in Bitonto, per la quale aveva conseguito regolare licenza (betland), come d’altronde, desumibile dalla effettuata visura camerale. L’attività di impresa, per altro, ebbe inizio solo in data 18.1.2016. Nulla, invece, aveva a che fare l’impugnante con l’agenzia annessa al bar Tyche in via Giovanni XXIII di Bitonto. Vero è che il bar è gestito dalla sorella del Dedamiani, ma l’agenzia di scommesse fa capo a persona del tutto estranea al nucleo familiare del reclamante (tale Stefania Picciariello). Né vi è alcuna ragione per ritenere che costei fosse una mera prestanome. Invero le informative provenienti dal GICO della Guardia di Finanza non sostengono affatto tale tesi.
5.2 Per altro verso, va osservato che negli atti (e in particolare nelle trascrizioni delle intercettazioni telefoniche ed ambientali) non si rinviene alcun elemento dal quale sia possibile accertare che l’unica agenzia di scommesse riconducibile al Dedamiani avesse operato in maniera irregolare, vale a dire utilizzando siti non riconducibili al circuito legale di scommesse. Infatti i soggetti intercettati (che si assume facciano parte della locale criminalità organizzata) non affermano mai che nelle predette agenzie si sarebbe potutoscommettere per il tramite di circuiti illegali. D’altronde l’agenzia in questione è stata sottoposta, nel corso degli anni, a ricorrenti accertamenti che, come provato per tabulas dalla difesa del Dedamiani, hanno evidenziato l’assenza di violazioni nell’esercizio di attività di raccolta scommesse.
5.3 In via di mera ipotesi, anche a voler concedere che il Dedamiani gestisse anche l’agenzia di scommesse attigua al bar Tyche, non si comprende da quale emergenza possa desumersi che nel predetto locale si utilizzasse il circuito illegale a marchio bet.1128, circostanza che non si legge affatto nelle informative del GICO.
5.4 Il fatto poi che il reclamante si fosse addirittura rivolto ad esponenti della locale criminalità organizzata per ottenere la concessione planetwin.365 non risulta, ancora una volta, da alcuna emergenza procedimentale. Oltretutto nella sala di viale Giovanni XXIII era già operativa la predetta concessione. Ad ogni buon conto, va rilevato come lo stesso Tribunale evidenzi che un presunto esponente apicale della criminalità del luogo non avrebbe affatto soddisfatto la richiesta proveniente dal Dedamiani, soggetto tenuto in scarsissima considerazione.
6.c) Subordinatamente: erroneità del trattamento sanzionatorio, in quanto non doveva essere applicata (anche) l’ammenda. Invero, in danno del Dedamiani è stato applicato l’art. 6, comma 2, C.G.S. in vigore all’epoca dei fatti e, conseguentemente, l’ammenda di € 25.000. Ciò tuttavia ha comportato la violazione dell’art. 19, comma 6, C.G.S. (oggi trasposto nell’art. 9, comma 3, C.G.S.), in base al quale le ammende sono applicabili ai dirigenti, ai soci e non soci di cui all’art. 1 bis, comma 5, ed ai tesserati della sfera professionistica. Orbene, non è dubbio che Massimo Dedamiani, all’epoca dei fatti, fosse tesserato per associazioni calcistiche di natura dilettantistica. Pertanto la sanzione dell’ammenda era ed è inapplicabile, come ha, anche recentemente, chiarito - in casi del tutto sovrapponibili - la giurisprudenza sportiva.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. La prima censura non ha fondamento, atteso che la consolidata giurisprudenza di questa Corte, confortata anche da una pronuncia del Collegio di garanzia del CONI (25/2017), ha reiteratamente affermato (ex multis: CFA, SS.UU., n. 65/2016-2017; CFA, SS.UU., n. 92/2016-2017; CFA, SS.UU., n. 102-2016/2017; CFA, Sez. IV, n. 140/2016-2017 e, da ultimo, CFA SS.UU. sent. 30/2019), che i termini previsti nel CGS previgente non possono considerarsi perentori. Diversamente si deve ritenere con riferimento al codice attualmente in vigore (cfr. CFA, SS.UU. decisioni 23/2020 e 32/2020). Ebbene non è dubbio che il presente procedimento è regolato dalle norme del previgente codice.
2. Fondata viceversa è la seconda censura. Invero la motivazione della decisione del primo giudicante ha carattere di mera apparenza, a causa della sua “astrattezza”, mancando ogni riferimento a dati fattuali concreti ed a precise emergenze procedimentali.
A ben vedere, infatti, l’affermazione di responsabilità di Massimo Dedamiani viene “giustificata” con riferimento a quanto dovrebbe emergere dagli atti del procedimento penale 11661/15 RGNR della DDA della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Bari e, segnatamente, da quanto evidenziato nella informativa della GdF (GICO) del 25.9.2018.
Il fatto è, tuttavia, che il Tribunale federale territoriale, premesso che nella provincia di Bari era esistente ed operativa una associazione criminale dedita, tra l’altro, alla raccolta “irregolare” di scommesse (in quanto convogliate su di una piattaforma non autorizzata e gestite, oltretutto, per contanti), si dilunga nella descrizione della procedura attraverso la quale dette giocate venivano raccolte ed “amministrate”, ma omette di indicare donde abbia tratto il convincimento della responsabilità del reclamante.
Si legge infatti, tra l’altro, nella decisione di primo grado: ”L’eventuale vincita veniva poi pagata dall’esercizio in contanti (anticipando, quindi, le relative somme per conto del bookmaker, che in ogni caso mette a disposizione dell’agenzia un “fido” per consentire le giocate). Il tutto in spregio alla normativa di settore che esclude la circolazione di denaro contante, sia per quanto riguarda i singoli giocatori, sia per le agenzie, alle quali non spetta alcuna forma di fido da parte del gestore del sito. Con il sopra citato sistema fraudolento, le agenzie hanno posto in essere una vera e propria intermediazione illecita tra il bookmaker ed il cliente, integrando gli estremi dell’esercizio abusivo della raccolta delle scommesse. In tale modo, l’associazione, con a cascata l’intera rete, si è sottratta anche al pagamento dell’imposta unica sulle scommesse e delle imposte dirette sul reddito conseguito in Italia dove avveniva la quasi totalità della raccolta, riciclando un’enorme massa di denaro di illecita provenienza attraverso l’utilizzo di conti di gioco intestati a persone compiacenti.” Si aggiunge quindi che, tra i soggetti coinvolti, veniva individuato anche l’attuale reclamante.
L’affermazione, tuttavia, appare apodittica.
2.1 A sua volta, la Procura federale sostiene che “agli atti del procedimento penale acquisiti al presente procedimento, in particolare, sono presenti intercettazioni del 12.12.2014, 10.1.2017 e del 17.1.2017 nelle quali il riferimento all’attività di raccolta di scommessa è chiaro ed inequivoco, anche alla luce del contesto inequivoco proprio di tutto il materiale probatorio acquisito. Nell’ultima di tali intercettazioni, inoltre, si fa riferimento ad un incontro del sig. Massimo Dedamiani con il soggetto apicale di tutta l’organizzazione in Puglia.” (atto di deferimento prot. 1075/773 pf18-19/Gc/sds del 20.7.2020).
2.2 Ma così non è. Invero le intercettazioni che vedono coinvolto (direttamente o indirettamente) Massimo Dedamiani appaiono significative per quel che riguarda la frequentazione che il predetto aveva con personaggi della locale criminalità, ma neutre (in mancanza di una puntuale spiegazione che le contestualizzi e/o ne renda esplicito l’eventuale linguaggio criptico) con riferimento alla specifica incolpazione. Tali conversazioni intercettate (telefoniche e ambientali), come anticipato, sono tre.
2.3 Nella prima (in data 12.12.2014), una persona indicata come vertice di una locale organizzazione criminale parla con un soggetto indicato come Massimo di Bitonto, vale a dire Massimo Dedamiani. Si legge nella informativa della GdF che la conversazione è inerente alla sostituzione di alcune macchine relative alle corse dei cani. Interviene quindi tale Dante Taranto, il quale afferma che il computer deve avere determinate caratteristiche e propone di inviare (al Dedamiani, probabilmente) un suo collaboratore per l'installazione. I colloquianti quindi prendono accordi per vedersi successivamente a Bari. Subito di seguito il personaggio indicato come boss malavitoso chiede a Massimo se vuole il “bonus unificato a tutti gli altri”. Dedamiani risponde positivamente; quindi chiede se deve chiamare “quello” per fare i conti. L’interlocutore replica che se la sbrigherà personalmente e ribadisce che, se lavora con lui, deve utilizzare i suoi prodotti e non quelli degli altri.
2.4 Nella seconda (in data 10/1/2017), altro personaggio ritenuto di caratura criminale afferma che, quando sentono il suo nome, le persone si intimoriscono, quindi aggiunge che deve andare da Massimo per dirgli che avrebbe dovuto farsi carico di alcuni pagamenti e aggiunge che Massimo “fa il ragazzo a quello”. Si comprende che i colloquianti stanno andando in viale Giovanni XXIII, presso il bar gestito dalla famiglia Dedamiani.
2.5 Nella terza (in data 17.5.2017) Massimo Dedamiani dice al soggetto già contattato nella conversazione del 12.12.2014 che non potrà andare a pranzo presso di lui. Vi è poi traccia di altri contatti tra i due.
2.6 Ebbene, anche a voler intendere, come si legge nella decisione di primo grado, le frasi come indicative dell’inserimento del Dedamiani, in posizione subordinata, in una struttura criminale (“fa il ragazzo a quello”), resta il fatto che nulla di preciso e concludente si può desumere circa la fondatezza dell’addebito contestato.
Peraltro, neanche le conversazioni inter alios (oltretutto non indicate in modo che possano essere agevolmente rintracciate) sembrano avere quel carattere di significatività e concludenza tali da autorizzare la affermazione di responsabilità.
È certamente jus receptum, tanto per l’ordinamento sportivo, quanto per la giurisprudenza penale di legittimità (a far tempo da Cass. sez. quinta, sent. n. 13614/2001 fino a Cass. SS. UU. sent. n. 22471/2015) che le conversazioni intercettate, quando si risolvano in una precisa accusa in danno di terza persona, indicata come concorrente in un reato alla cui consumazione anche uno degli interlocutori dichiara di aver partecipato, non sono equiparabili alla chiamata in correità (e dunque non necessitano di riscontro esterno), ma possono costituire prova piena del coinvolgimento del soggetto citato. Tuttavia tale contenuto deve essere attentamente valutato sul piano logico e letto nell’intero contesto delle emergenze di indagine. Cosa che certamente, per quanto premesso, non si verifica nel caso in scrutinio.
2.7 Argomento che, tra gli altri, dovrebbe, poi, secondo il primo giudicante, essere decisivo sarebbe quello in base al quale, nel corso di una ispezione eseguita dalla GdF presso il bar Tyche di Bitonto, dove era attivo un “punto di gioco”, asseritamente illegale (e formalmente intestato a Stefania Picciariello), Massimo Dedamiani si sarebbe dichiarato gestore di fatto dello stesso.
Ebbene l’assunto è errato, atteso che a pag. 143 della informativa del GICO si legge che non Massimo, ma Angelo Dedamiani, presente sul posto, fece tale affermazione. D’altronde neanche viene chiarita la natura dei rapporti tra la Picciariello e Massimo (o Angelo) Dedamiani.
Per altro, nemmeno si può escludere che il Tribunale federale abbia confuso la posizione dei due fratelli, se è vero come è vero che nella parte dedicata alla esposizione e valutazione della posizione di Massimo (in pratica: prima di passare a determinare il trattamento sanzionatorio), i primi giudicanti scrivono: “A maggior ragione, con detto suo comportamento, il Dedamiani Angelo ha altresì pacificamente violato il disposto dell’art. 1 bis comma 1 del CGS abrogato
…”. Che si sia trattato di un lapsus calami non è certo; fatto sta che, mentre Massimo, come premesso, viene riconosciuto responsabile dell’incolpazione a lui ascritta, con conseguente applicazione della sanzione ritenuta adeguata, Angelo viene prosciolto in quanto “le prove raccolte, pur mantenendo una loro validità, si palesano del tutto insuscettibili di raggiungere …. quel grado di reale consistenza ecc…”
2.8 Questa Corte, tuttavia, non si è limitata al mero esame critico della decisione di primo grado in rapporto al devolutum del reclamante, ma ha proceduto anche ad un esame diretto degli atti posti a sua disposizione (essenzialmente la corposa informativa del GICO). Ebbene, dalla lettura del detto documento, emerge: 1) che i fratelli Dedamiani sono interessati alla gestione del bar Tyche in via Giovanni XXIII di Bitonto (pag. 131); 2) che, come anticipato, Angelo si dichiara gestore di fatto del punto gioco annesso al predetto bar (pag. 143 e pag. 154); 3) che Massimo è in posizione subordinata nei confronti di una persona ritenuta appartenente alla criminalità organizzata e che frequenta altro pregiudicato (pag. 133); 4) che il bar Tyche è luogo di incontro dei malavitosi di Bitonto (pag. 137); 5) che Massimo, facendo ricorso ad un linguaggio probabilmente convenzionale, afferma che non potrà andare a pranzo presso il suo interlocutore, che è uno dei personaggi indicati come appartenenti alla mafia del luogo); 6) che presso il punto gioco di Massimo vengono installati box virtuali (pag. 1090); 7) che tale installazione è avvenuta senza la preventiva “autorizzazione” dei vertici dell’organizzazione criminale attiva nella zona (pag.1121).
2.9 Ebbene, come è agevole rilevare, tutti gli elementi sopra elencati tracciano certo un quadro allarmante della personalità, delle abitudini e delle frequentazioni di Massimo Dedamiani, ma, anche se valutati unitariamente, nulla consentono di affermare con precisione in ordine allo specifico addebito a lui mosso in ambito sportivo.
Anche la installazione dei sopra ricordati box virtuali, in assenza di una adeguata spiegazione sulla natura e la funzione degli stessi, si rivela circostanza inconcludente.
3. In sintesi, quindi, benché sembri emergere che i fratelli Dedamiani erano contigui alla criminalità locale, tuttavia nessun serio (e specifico) addebito viene loro mosso dagli inquirenti della GdF, in quanto, evidentemente, l’organo di Polizia giudiziaria non ritenne di aver raccolto sufficienti elementi per assegnare agli stessi ruolo e compiti nella ipotizzata struttura malavitosa, nemmeno come sicuri gestori delle scommesse irregolari.
4. Conclusivamente: ritenuta, ovviamente, assorbita la terza censura, la decisione impugnata va annullata nella parte in cui dichiara la responsabilità di Massimo Dedamiani e applica la relativa sanzione.
PQM
accoglie il reclamo in epigrafe e, per l’effetto, annulla in parte qua la decisione impugnata e proscioglie dall’incolpazione il Sig. Massimo Dedamiani.
Dispone la restituzione del contributo per l’accesso alla giustizia. Dispone la comunicazione alle parti, presso i difensori, con PEC.