F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – SEZIONE I – 2020/2021 – FIGC.IT – ATTO NON UFFICIALE – DECISIONE N. 056 CFA del 7 Dicembre 2020 (Ceccherini Massimiliano/Procura Federale) N. 048/2020-2021 REGISTRO RECLAMI N. 056/2020-2021 REGISTRO DECISIONI

N. 048/2020-2021 REGISTRO RECLAMI

N. 056/2020-2021 REGISTRO DECISIONI

 

LA CORTE FEDERALE D’APPELLO

I SEZIONE

 

composta dai Sigg.ri:

 

Mario Luigi Torsello Presidente

Maurizio Fumo Componente

Paola Palmieri Componente (relatore)

 

ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul reclamo numero di RG 048/2020-2021, proposto dal Sig. Massimiliano Ceccherini

contro

Procura federale

per la riforma

della decisione del Tribunale Federale Nazionale-Sez. Disciplinare n. 139/TFN-SD 2019/2020, a seguito di deferimento del Procuratore Federale e del Procuratore federale aggiunto;

visto il reclamo e i relativi allegati;

visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza del 27 Novembre 2020 l’Avv. Paola Palmieri e udito per il reclamante l’Avv. Mario Adinolfi e per la Procura, l’Avv. Alessandro Avagliano;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue

RITENUTO IN FATTO

Con reclamo depositato il 30 Ottobre  2020, il Sig. Massimiliano Ceccherini, ha proposto “istanza di revisione e revocazione ai sensi dell’art. 93 CGS”, avverso la decisione del Tribunale Federale Nazionale - Sezione Disciplinare C.U. n. 139TFN SD del 19 giugno 2020 che, a seguito di deferimento del Procuratore Federale e del Procuratore Federale Aggiunto, irrogava al medesimo la sanzione della inibizione di mesi 4, inflitta al reclamante per violazione dell'art. 1bis, commi 1 e 5 CGS vigente all'epoca dei fatti in relazione agli artt. 10, comma 2, CGS vigente all'epoca dei fatti, art. 7, comma 1 dello Statuto Federale, art. 39 NOIF e art. 43 commi 1 e 6, 45 e 61, commi 1 e 5 NOIF, seguito deferimento del Procuratore Federale proc. n. 12401/270pf19-20 GC/GT/ag del 21.05.2020.

Con la medesima istanza, l’interessato deduceva di essere venuto a conoscenza, solo in data 4 Settembre 2020, dagli organi di stampa di avere subito una squalifica dal Tribunale Nazionale Federale nazionale a mesi 4 di inibizione per avere omesso di provvedere al tesseramento di diversi calciatori del settore giovanile e far sottoporre gli stessi agli accertamenti medici ai fini della idoneità sportiva e di dotarli di specifica copertura assicurativa, nonché per aver consentito l’utilizzo degli stessi nel corso di diverse gare del settore giovanile (Campionati Esordienti, U15 Serie C e U17 Serie C – Girone C) senza averne titolo perché non tesserati; nonché per aver consentito che il calciatore T. O. partecipasse a gare di campionato U17 Serie C – Girone C Pontedera – Arezzo, Arezzo – Ravenna, Cesena Arezzo, Arezzo – San Marino, Arezzo – Vis Pesaro e Arezzo – Carrarese in posizione irregolare perché al momento squalificato.

Affermava, inoltre:

- di essere effettivamente venuto a conoscenza di un procedimento aperto relativo ad alcuni aspetti della gestione del settore giovanile Arezzo in relazione al quale era stato sentito, insieme ad altri colleghi e dipendenti della medesima società, dalla Procura federale, innanzi alla quale aveva rilasciato alcune dichiarazioni;

- che il procedimento, dopo le dichiarazioni rese a verbale, ha proseguito senza che il Ceccherini sia venuto a conoscenza di nessuno dei successivi eventi, dato che nessuna notifica, né comunicazione sono mai pervenute al Ceccherini stesso;

- che egli si era dichiarato estraneo alla problematica dei tesseramenti.

Deduceva, quindi, che, successivamente, non gli veniva comunicato o notificato alcunché. Richiesti gli atti relativi al procedimento dal proprio legale, apprendeva che egli stesso

avrebbe conferito incarico professionale, in data 20 maggio 2020, agli Avvocati Edoardo Chiacchio e Monica Fiorillo quando, in realtà, non aveva mai conferito incarico a chicchessia e tanto meno per presentare istanza di patteggiamento sulla base del quale risultava poi condannato a tre mesi di inibizione.

Sosteneva, pertanto, che tale mandato sarebbe falso, come accertato da esperto calligrafo nella perizia depositata in allegato al ricorso, le cui analisi grafiche accertavano che sia la firma della istanza di patteggiamento che la firma in calce al mandato erano da considerarsi apocrife.

Di qui la censurabilità della decisione in quanto emessa:

a) per effetto del dolo di una delle parti, nella fattispecie la ss Arezzo e/ o i suoi rappresentanti e/o dipendenti, che avevano omesso di portare a conoscenza del Ceccherini le notifiche pervenute dagli enti federali;

b) per effetto di prove oggi risultanti inveritiere, posto quanto prodotto e dedotto;

c) in quanto, per causa di un fatto altrui, il Ceccherini non aveva potuto produrre documenti decisivi;

d) per l’omesso l’esame di fatti decisivi in ragione di dette circostanze;

e) per errore del giudice che aveva erroneamente rilevato la presentazione di un’istanza di patteggiamento e erroneamente ritenuto che gli Avv. ti Chiacchio e Fiorillo rappresentassero il Sig Ceccherini per effetto di firme apocrife di presunti incarichi mai conferiti.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il reclamante ha definito l’atto depositato innanzi alla Corte federale come revocazione o revisione ai sensi dell’art. 93 CGS, poi qualificato, più correttamente, nel corso della discussione, come atto proposto ai sensi dell’art. 63 del Codice vigente, a norma del quale tutte  le  decisioni  adottate  dagli  organi  di  giustizia  sportiva  inappellabili  o  divenute irrevocabili, possono essere impugnate per revocazione innanzi alla Corte federale di appello entro trenta giorni dalla scoperta del fatto o dal rinvenimento di documenti.

Qualificato il reclamo come diretto ad introdurre un giudizio di revocazione avverso decisione del Tribunale federale, occorre preliminarmente esaminare l’eccezione di improcedibilità del ricorso sollevata dalla Procura nel corso della discussione orale.

In particolare, risulta eccepito che il ricorso non risulta mai notificato alla Procura, parte necessaria del procedimento. In via meramente subordinata, il medesimo rappresentante della Procura ha rilevato la tardività del ricorso in quanto proposto oltre trenta giorni dalla scoperta del documento decisivo asseritamente falso o dal rinvenimento dei documenti, alla luce della presunzione di conoscenza da parte dei tesserati, delle decisioni federali, alla data della pubblicazione del relativo comunicato ufficiale.

Il reclamante, in sede di discussione, ha confermato la mancata attività di notificazione sostenendo che il ricorso andasse solo depositato, il reclamo non essendo propriamente rivolto contro la Procura. In ogni caso, ha invocato il disposto dell’art. 103 del CGS vigente, a norma del quale il Presidente della Corte federale di appello, accertata l’avvenuta notifica del reclamo alle parti, fissa l’udienza di discussione che deve tenersi entro trenta giorni dal deposito del reclamo stesso.

Tali argomenti, però, non valgono a superare il rilievo di inammissibilità del reclamo.

Preliminarmente, si osserva che il nuovo Codice, rispetto a quello previgente, ha ancora più enfatizzato la “giurisdizionalizzazione” dei procedimenti innanzi agli organi di giustizia sportiva (in tal senso v. CFA, SS.UU, n. 30/2019-2020; CFA, Sez. I, n. 17/2020/2021).

Nell’individuare i principi ispiratori del procedimento, l’art. 44, comma 1, – corrispondente, nel suo contenuto, all’art. 2, comma 2, del CGS del CONI - dispone, pertanto, che “Il processo sportivo attua i principi del diritto di difesa della parità delle parti, del contraddittorio e gli altri principi del giusto processo”.

La volontà del legislatore sportivo di assicurare le garanzie proprie dell’attività giurisdizionale ed in particolare, del contraddittorio, è tradotta in atto dall’art. 49, comma 4, del CGS (Norme generali del procedimento) che, con disposizione inequivoca, dispone che copia della dichiarazione con la quale viene preannunziato il ricorso o il reclamo e “copia del reclamo stesso deve essere inviata contestualmente all’eventuale controparte”.

Tali disposizioni rappresentano la trasposizione, nell’ambito della giustizia sportiva, di principi cardine di chiara natura garantistica, sanciti nella carta costituzionale all’art. 111, commi 1 e 2, quali appunto i principi del giusto processo, del contraddittorio e della parità delle parti; principi che, in ragione della indicata rilevanza costituzionale, non consentono deroga alcuna ed impongono il coinvolgimento processuale - ai fini della regolare costituzione del contraddittorio - di tutte le parti interessate all’esito del giudizio (in tal senso, Collegio di Garanzia n. 39 del 2018). Nell’ambito del sistema di giustizia amministrativa, analogo principio è fissato dall’art. 2, comma 1, del c.p.a. mentre, per quanto riguarda il giudizio civile, è sufficiente il richiamo dell’art. 101, primo comma, cpc.

A tali principi non sfugge la proposizione del ricorso per revocazione o revisione presentato ai sensi dell’art. 63 del Codice di Giustizia sportiva vigente, cui si applicano, in quanto compatibili, le norme procedurali dei procedimenti innanzi alla Corte federale di appello (così, art. 63, comma 5, del CGS).

Viene, pertanto, ulteriormente in considerazione l’art. 101, comma 2, del CGS, secondo cui il reclamo, una volta depositato unitamente al contributo a mezzo di posta elettronica certificata presso la segreteria della Corte federale di appello, “deve” essere “trasmesso alla controparte”, entro sette giorni dalla pubblicazione o dalla comunicazione della decisione che si intende impugnare.

Alla luce di quanto sopra, la revocazione, quale mezzo (sia pure straordinario), di impugnazione, è soggetta alle medesime regole che impongono il rispetto del principio del contraddittorio nel caso di proposizioni di reclami di primo e di secondo grado.

La garanzia del contraddittorio, infatti, va assicurata durante tutto lo svolgimento del giudizio in quanto, in ciascuna fase, le parti hanno diritto ad una partecipazione effettiva, in modo da poter influire, in concreto, sul relativo esito.

Nel caso di specie, non vi è dubbio che parti necessarie del giudizio fossero tanto la Procura, organo titolare dell’azione disciplinare e che ha dato avvio al procedimento poi sfociato nel deferimento a carico del Sig. Ceccherini poi definito con il contestato patteggiamento, oltre che parte del giudizio di primo grado - e la stessa società Arezzo, anche essa parte del giudizio innanzi al Tribunale federale ma anche soggetto cui viene imputato il dolo dal reclamante e, dunque soggetto interessato ad interloquire al pari della Procura federale (v. anche art. 95,comma 1, cpa “L'impugnazione della sentenza pronunciata in causa inscindibile o in cause tra loro dipendenti è notificata a tutte le parti in causa e, negli altri casi, alle parti che hanno interesse a contraddire”).

Necessariamente, dunque, il ricorso introduttivo avrebbe dovuto essere notificato alle parti, a meno che queste non si fossero costituite spontaneamente, sanando il difetto di notifica secondo la regola del raggiungimento dello scopo.

Nel caso in esame, tuttavia, la Procura non si è costituita, limitandosi a partecipare alla discussione orale al fine di eccepire l’improcedibilità del ricorso per difetto di notifica e, solo in via subordinata, la tardività del mezzo.

Quanto alla società Arezzo, la stessa non è stata affatto intimata al pari delle altre parti del giudizio di primo grado.

Il reclamante non fornito spiegazioni in ordine alla mancata attività di notifica, per contro limitandosi a dedurre che il reclamo non fosse diretto avverso la Procura e che, pertanto, non andasse notificato alla medesima, il che è superato da quanto sopra considerato.

Quanto all’ ulteriore argomento secondo cui la correttezza del procedimento sarebbe confermata dall’intervenuta fissazione dell’udienza da parte del Presidente - che presupporrebbe che sia stata “accertata la regolarità del contraddittorio” - tale argomentazione non può essere accolta alla luce di quanto chiarito dalle Sezioni Unite con decisione n. 27 del 2019, ove si precisa che la disposizione in esame pone a carico del Presidente il dovere di svolgere un preliminare e sommario accertamento sull’attivazione del procedimento notificatorio nei confronti delle parti interessate al fine di verificare, prima facie, se le stesse siano state edotte della pendenza della lite, fermo restando l’onere di notifica per il reclamante previsto, in linea generale, dall’art. 49, comma 4, del Codice (ovvero dall’art. 101 CGS nel caso in esame per richiamo ad opera dell’art. 63 CGS).

Si tratta, pertanto, di un accertamento limitato alla corretta introduzione del procedimento notificatorio alle parti (in conformità con il principio della scissione degli effetti della notificazione dell’atto, affermato dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 477 del 26 Novembre 2002), all’esito del quale il Presidente provvederà a trasmettere insieme con l’avviso di fissazione dell’udienza anche il reclamo alle parti necessarie alle quali il reclamo medesimo non sia stato notificato o sia stato irritualmente notificato.

Risulta ben possibile, infatti, che al momento del deposito del reclamo non risulti disponibile la prova della avvenuta notifica o che il reclamante non l’abbia depositata, dimodoché sarà compito del Collegio, nella fase successiva, verificarne la regolarità alla luce dell’attività o delle deduzioni delle parti.

Tale soluzione, quindi, come espressamente precisato con il richiamato arresto, “non comporta alcuna sanatoria di eventuali vizi né l’assunzione in via monocratica di decisioni definitive sul reclamo proposto, limitandosi a stimolare il contraddittorio di tutte le parti interessate”. E ciò evidentemente, in coerenza con il principio, appunto, del contraddittorio che impone il coinvolgimento di tutte le parti necessarie nel giudizio.

Poiché, dunque, non solo non vi è prova dell’avvenuta notifica alle parti del giudizio di primo grado ma il reclamante ha ammesso di non averla effettuata senza addurre ragioni giustificatrici che, se del caso, avrebbero potuto comportare la remissione in termini, lo stesso va considerato inammissibile (CFA, Sez. IV, n. 49- 2019-2020; SS.UU. n. 34/2020-2021).

Gli ulteriori motivi di ricorso risultano integralmente assorbiti dall’esame di tale primo motivo e, pertanto, ininfluenti ai fini della delineata decisione, in quanto la radicale inammissibilità dell’appello per omessa notificazione alle parti del giudizio di primo grado impedisce “l’ingresso di ogni altra questione, atteso il carattere assolutamente pregiudiziale della questione siccome risolta in rito dalla pronuncia impugnata” (in tal senso, Collegio di Garanzia dello Sport 13 luglio 2018, n. 39 per il caso di mancata notifica al controinteressato che, a sua volta, richiama Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 5515 del 3/12/2015).

P.Q.M.

La Corte Federale d’Appello (Sezione Prima), dichiara inammissibile il reclamo in epigrafe. Dispone la comunicazione alle parti presso i difensori con PEC.

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