F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – SEZIONI UNITE – 2020/2021 – FIGC.IT – ATTO NON UFFICIALE – DECISIONE N. 062 CFA del 28 Dicembre 2020 (Sig. Leonardi Pietro/Procura Federale) N. 053/2020-2021 REGISTRO RECLAMI N. 062/2020-2021 REGISTRO DECISIONI
N. 053/2020-2021 REGISTRO RECLAMI
N. 062/2020-2021 REGISTRO DECISIONI
LA CORTE FEDERALE D’APPELLO
SEZIONI UNITE
composta dai Sigg.ri:
Mario Luigi Torsello Presidente
Marco Lipari Componente (relatore)
Carlo Sica Componente
G. Paolo Cirillo Componente
Mauro Mazzoni Componente
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul reclamo numero RG 053/CFA/2019-2020 proposto dal Sig. Pietro Leonardi, nato a Roma il 29 Dicembre 1963, residente in Monterotondo alla Via S. Martino n.135, C.F. LNRPTR63T29H501Q, rappresentato e difeso dal Prof. Avv. Federico Tedeschini ed elettivamente domiciliato presso il suo studio, sito in Roma, Largo Messico n. 7 (E-mail: segreteria@studiotedeschini.it — P.E.C. segreteria@pec.tedeschinilex.it), per la revocazione ex art. 63 del Codice di Giustizia Sportiva della decisione della Corte Federale d’Appello - Sezioni Unite, di cui al C.U. n. 99/Sezioni Unite del 7 Febbraio 2017, che ha confermato la sanzione della inibizione per 5 anni e l’ammenda di 150.000 euro inflitta al Sig. Pietro Leonardi dalla decisione di primo grado del Tribunale Nazionale Federale.
Vista l’istanza di revocazione e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza del giorno 15 Dicembre 2020, svoltasi con modalità telematica, il Pres. Marco Lipari e uditi i difensori delle parti Avv. Federico Tedeschini per il reclamante e l’Avv. Serenella Rossano per la Procura Federale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO E DIRITTO
1. L’impugnata decisione della Corte d’appello Federale ha integralmente confermato la decisione di primo grado del Tribunale Federale Nazionale — Sezione Disciplinare (delibera pubblicata su C.U. n. 17/TFN del 23 Settembre 2016), con cui, in accoglimento del deferimento della Procura Federale, il Sig. Leonardi Pietro, attuale reclamante, è stato condannato alla sanzione disciplinare della inibizione per 5 anni, con preclusione alla permanenza in qualsiasi rango o categoria della FIGC, e dell'ammenda di € 150.000,00.
2. Il ricorrente espone che, per gli stessi fatti oggetto del procedimento disciplinare deciso con la pronuncia impugnata, è stato altresì indagato prima ed imputato poi nel procedimento penale innanzi al Tribunale di Parma (R.G.N.R. n. 949/2015). Aggiunge che, in data 22 luglio 2020, all'esito del giudizio penale di primo grado, è stata pronunciata la decisione n. 252/2020
R.G. G.I.P 4725/2015 R.G.N.R. n. 949/2015, con la quale il Tribunale Penale di Parma ha dichiarato il Sig. Pietro Leonardi colpevole dei reati ascrittigli ai capi 1), 4), 8) e 11), ma lo ha assolto dalle altre incriminazioni formulate dall’organo inquirente.
Il reclamante ritiene che tale circostanza rilevi ai fini della valutazione della sua responsabilità disciplinare, imponendo un radicale riesame della decisione adottata dalla Corte d’Appello Federale, la quale, evidentemente, non ha potuto tenere conto delle sopravvenute risultanze del procedimento penale.
In particolare, il ricorrente deduce che “Rispetto alle 14 (quattordici) contestazioni contenute nell'Atto di Deferimento del 30 Giugno 2016 come sopra dettagliatamente illustrate e trascritte, il Tribunale Penale di Parma, con la sentenza sopra citata, ha assolto il Sig. Pietro Leonardi da ben 3 (tre) contestazioni (peraltro fra le più gravi), mentre altri 9 (nove) capi di incolpazione disciplinare non si rivengono nella parte motiva della sentenza.”
3. A dire del ricorrente, quindi, “le circostanze che hanno indotto Codesta Ecc.ma Corte a confermare la condanna inflitta (nel giudizio di primo grado) nei confronti del Sig. Pietro Leonardi, sono state ritenute, all'esito delle ulteriori indagini e acquisizioni documentali da parte della Procura della Repubblica di Parma, nella maggior parte dei casi, del tutto inidonee a configurare le violazioni ascritte all'esponente nel giudizio sportivo e, in altri casi (quelli, cioè, per i quali l'esponente è stato del tutto assolto), completamente estranee al Sig. Pietro Leonardi.”
Secondo il reclamo, “Si verte pertanto, all'evidenza, in ipotesi di fatti nuovi, la cui conoscenza avrebbe comportato una diversa pronuncia ex art. 63 comma 1, lett. d) CGS, che legittima l'esponente a proporre istanza di revocazione (entro 30 giorni dalle scoperta del fatto o rinvenimento dei documenti) della decisione”.
4. Il ricorrente, tuttavia, rileva che la proposta istanza di revocazione sarebbe preclusa, ai sensi dell’art. 63, comma 5, del vigente Codice di Giustizia Sportiva del CONI, a termini del quale "la revisione o la revocazione non sono più ammesse quando la parte interessata ha agito davanti l'Autorità Giudiziaria contro la decisione dell'organo di giustizia della Federazione o del Collegio di Garanzia dello Sport", poiché l’interessato ha impugnato la decisione della Corte Federale dinanzi al Collegio di Garanzia.
Il reclamante sostiene, però, che tale norma processuale, limitando la facoltà della parte interessata di far valere la sopravvenuta conoscenza di fatti essenziali ai fini del giudizio di responsabilità disciplinare, si porrebbe in contrasto con i principi costituzionali ed europei in materia di diritto di difesa. Deduce, quindi, l’illegittimità costituzionale della menzionata norma del Codice della giustizia sportiva e chiede che il collegio, con ordinanza, deferisca la relativa questione alla Corte costituzionale, giudicandola rilevante ai fini della decisione di merito e non manifestamente infondata.
5. La tesi proposta dal reclamante non è condivisibile e il reclamo per revocazione è inammissibile.
6. In linea preliminare, questa Corte condivide la ricostruzione della disciplina vigente prospettata dal ricorrente.
7. Infatti, il Codice di giustizia sportiva del CONI, applicabile anche al procedimento dinanzi agli organi di giustizia sportiva della FIGC, contiene una disposizione dal chiaro tenore, in forza della quale la revocazione non è ammessa quando la decisione è stata impugnata davanti al Collegio di garanzia o dinanzi al giudice amministrativo.
Dunque, la norma comporta l’inammissibilità del reclamo e non vi è spazio per un’interpretazione “costituzionalmente orientata”, che si risolverebbe in una non consentita disapplicazione della norma posta dal CONI.
8. Il Collegio, tuttavia, ritiene che, anche prescindendo dalla considerazione che l’intervenuta decisione del giudice penale non pare integrare, di per sé, un “fatto nuovo” che abilita alla proposizione del reclamo per revocazione, non vi sia spazio per deferire alla Corte costituzionale l’ipotizzata questione di legittimità costituzionale, giacché essa risulta manifestamente inammissibile.
9. Infatti, secondo l’articolo 1 della Legge costituzionale 9 Febbraio 1948, n. 1 (Norme sui giudizi di legittimità costituzionale e sulle garanzie di indipendenza della Corte costituzionale), “La questione di legittimità costituzionale di una legge o di un atto avente forza di legge della Repubblica rilevata d'ufficio o sollevata da una delle parti nel corso di un giudizio e non ritenuta dal giudice manifestamente infondata, è rimessa alla Corte costituzionale per la sua decisione”.
10. In modo ancora più chiaro l’art. 23 della legge 11 Marzo 1953, n. 87 stabilisce che “Nel corso di un giudizio dinanzi ad una autorità giurisdizionale una delle parti o il pubblico ministero possono sollevare questione di legittimità costituzionale mediante apposita istanza, indicando:
a) le disposizioni della legge o dell’atto avente forza di legge dello Stato o di una Regione, viziate da illegittimità costituzionale;
b) le disposizioni della Costituzione o delle leggi costituzionali, che si assumono violate.”
11. Ne deriva che la questione di costituzionalità in via incidentale può essere proposta unicamente:
- da un’autorità giurisdizionale;
- nei riguardi di una legge o di un atto avente forza di legge dello Stato o di una Regione.
12. Nella vicenda in esame sono carenti entrambi i presupposti indispensabili per il rinvio alla Corte costituzionale.
Infatti, questa Corte Federale non può qualificarsi come “autorità giurisdizionale”, poiché le sue decisioni sono riferite al contesto dell’ordinamento sportivo, ferma restando la loro impugnabilità dinanzi all’Autorità giurisdizionale statale, là dove previsto.
13. Al riguardo, la giurisprudenza della Corte costituzionale ha individuato con chiarezza la nozione di “autorità giurisdizionale”, abilitata a promuovere la questione incidentale di legittimità costituzionale.
Fra le decisioni più recenti si può vedere la sentenza 31 Gennaio 2019, n. 13, secondo la quale, ai sensi degli artt. 1 della legge cost. n. 1 del 1948 e 23 della legge n. 87 del 1953, le nozioni di "giudice" e di "giudizio" sono state intese dalla giurisprudenza costituzionale in modo elastico tutte le volte che il rimettente si collocava istituzionalmente in una "zona grigia" tra le categorie dell'amministrazione e della giurisdizione, e ciò per consentire il promovimento del giudizio incidentale di costituzionalità pur in presenza di aspetti di volta in volta soggettivamente o oggettivamente di difficile riconduzione a generali e predeterminati schemi concettuali.
In particolare, si è ritenuto che i preminenti interessi pubblici della certezza del diritto e dell'osservanza della Costituzione impediscano di trarre dalla distinzione - sovente incerta - tra le varie categorie di giudizi e processi conseguenze così gravi come l'esclusione del giudizio incidentale.
L'affermazione piena del principio di costituzionalità ha richiesto l'allargamento dei concetti di giudice o di giudizio anche in presenza di mere zone "d'ombra", allo scopo di ammettere allo scrutinio della Corte costituzionale leggi che, per altra via, verrebbero ad essa più difficilmente sottoposte; e ha comportato altresì l'utilizzazione delle categorie del giudice e del giudizio "ai limitati fini " o "ai soli fini" della legittimazione a promuovere incidenti di costituzionalità, così implicitamente ammettendo che esse possano differire da quelle valide a fini diversi o più generali.
In tale prospettiva, la giurisprudenza costituzionale è giunta ad affermare che, per aversi giudizio a quo, è sufficiente che esista esercizio di funzioni giudicanti per l'obiettiva applicazione della legge da parte di soggetti, pure estranei all'organizzazione della giurisdizione, posti in posizione super partes.
Peraltro, il rischio di un aggiramento del divieto di istituzione di nuovi giudici speciali, posto dall'art. 102, secondo comma, Cost., ha costituito argomento decisivo per negare nei casi dubbi la natura giurisdizionale - e conseguentemente la legittimazione - di organi creati dopo l'entrata in vigore della Costituzione.
14. Non è dubitabile che, nell’attuale contesto, la posizione strutturale degli organi di giustizia sportiva sia caratterizzata dai requisiti della terzietà e della imparzialità, ma tale carattere riguarda la sola dimensione dell’ordinamento sportivo, poiché, altrimenti, tali organi dovrebbero qualificarsi come nuovi giudici speciali, istituiti in violazione dell’art. 102 della Costituzione.
15. La manifesta inammissibilità della questione riguarda anche il profilo relativo al rango non legislativo delle disposizioni che il reclamante sospetta di illegittimità costituzionale. Queste, infatti, sono collocate all’interno del Codice di giustizia sportiva del CONI, che costituisce, all’evidenza, un atto non qualificabile come legge o atto avente forza di legge dello Stato o di una Regione.
Si tratta, quindi, di una fonte normativa che, anche prescindendo dalla sua collocazione all’interno del sistema ordinamentale sportivo, non ha certamente il rango degli atti aventi forza di legge, statale o regionale.
16. Il Collegio non ignora che una parte della dottrina, prendendo spunto da alcune peculiari decisioni della Corte costituzionale, sostenga la necessità di ampliare l’oggetto del sindacato di costituzionalità anche a determinate fonti subprimarie, quali i “regolamenti indipendenti” o i regolamenti che “integrano” le disposizioni di legge, attraverso la tecnica del “rinvio”.
Tuttavia, la giurisprudenza più recente della Corte costituzionale è orientata in senso rigoroso e coerente, circoscrivendo l’oggetto del giudizio di costituzionalità alle sole fonti legislative. In ogni caso, anche una nozione estesa di “atto avente forza di legge” non potrebbe mai comprendere al suo interno le norme dell’ordinamento sportivo formate dagli organi del CONI e delle Federazioni.
17. Non va trascurato, poi, l’ulteriore argomento secondo cui le norme non aventi forza di legge, che il ricorrente assume contrastanti con la Costituzione, sono contestabili davanti ad organi giustiziali.
Ed è questo il caso delle disposizioni del Codice della giustizia sportiva del CONI, che sono impugnabili davanti al Collegio di Garanzia del CONI, in presenza dei necessari presupposti, anche in relazione al lamentato contrasto con i principi generali in materia di tutela del diritto di difesa.
18. Il Collegio evidenzia, poi, che la questione prospettata dal ricorrente risulta anche manifestamente infondata, in quanto la previsione dell’art. 63 del Codice di giustizia sportiva del CONI non appare irragionevole, né risulta idonea a menomare le garanzie di difesa delle parti interessate.
19. Anzitutto, occorre considerare che l’istituto della revocazione straordinaria, incidendo eccezionalmente sul giudicato, non può avere una portata generalizzata, ma va ricondotto a limiti ragionevoli.
20. In secondo luogo, non è affatto illogica la previsione secondo cui le decisioni della giustizia sportiva non sono più soggette a revisione o revocazione quando sia stata proposta impugnazione al Collegio di garanzia o al giudice statale.
In tali eventualità, infatti, la sopravvenienza di nuove prove potrebbe costituire motivo di revocazione della decisione del Collegio di Garanzia o del giudice statale.
21. Le considerazioni che precedono hanno carattere assorbente rispetto ad ulteriori profili di inammissibilità della proposta istanza di revocazione.
Al riguardo, è opportuno evidenziare che il Codice di giustizia sportiva descrive analiticamente il rapporto tra giudizio penale e giudizio disciplinare, sottolineando l’autonomia di quest’ultimo.
22. In tale quadro, l’esito parzialmente assolutorio, pronunciato da una sentenza dibattimentale di primo grado non pare idoneo a giustificare, da solo, la revocazione della decisione disciplinare.
23. In conclusione, quindi, il reclamo va dichiarato inammissibile.
P.Q.M.
La Corte Federale d’Appello (Sezioni Unite), dichiara inammissibile il reclamo in epigrafe. Dispone la comunicazione alle parti, presso i difensori, con PEC.