T.A.R. LAZIO – SENTENZA N. 10466/2013
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Ter)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale (…), proposto da:OMISSIS, rappresentato e difeso dall'avv. Umberto Rossi, con domicilio eletto presso Umberto Rossi in Roma, via Pomponio Leto, 2;
contro
Questura di Roma, Ministero dell'Interno, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l'annullamento
del provvedimento n.2010000 048 della Questura della Provincia di Roma, notificato in data 15 marzo 2010, con il quale è stato vietato al Signor OMISSIS "per tre anni di accedere all'interno degli stadi e di tutti gli impianti sportivi del territorio nazione ove si disputano incontri di calcio a qualsiasi livello agonistico, amichevoli e per finalità benefiche, calendarizzati e pubblicizzati, divieto esteso agli spazi antistanti e limitrofi agli stadi, alle stazioni ferroviarie, caselli autostradali, scali aerei e marittimi, autogrill e a tutti quei luoghi interessati al transito ed alla sosta di coloro che partecipano e assistono alle medesime competizioni, per lo stesso arco temporale, con decorrenza dalla notifica del provvedimento de quo.
In particolare, per lo Stadio Olimpico: Piazza Mancini, piazza del Foro Italico, piazzale di Ponte Milvio, piazza Maresciallo Giardino, piazze De Bosis, piazzale della Farnesina, viale dei Gladiatori, viale delle Olimpiadi, largo Ferraris IV e per lo Stadio Flaminio: via Dorando Petri, piazzale Ankara, viale Tiziano, posteggi auto stadi Flaminio, Corso Francia altezza via Dorando Petri, via De Coubertin e di ogni altro atto indicato nell'epigrafe del ricorso;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Questura di Roma e del Ministero dell'Interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 ottobre 2013 il dott. Stefania Santoleri e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con il provvedimento in epigrafe il Questore di Roma ha disposto nei confronti del ricorrente il divieto di accedere per tre anni all’interno degli stadi e di tutti gli impianti sportivi del territorio nazionale ove si disputano incontri di calcio a qualsiasi livello agonistico, amichevoli e per finalità benefiche calendarizzati e pubblicizzati. Il suddetto divieto è esteso "agli spazi antistanti e comunque limitrofi agli stadi, alle stazioni ferroviarie, caselli autostradali, scali aerei, autogrill e in tutti gli altri luoghi interessati al transito ed alla sosta di coloro che partecipano o assistono alle medesime competizioni per lo stesso arco temporale, con decorrenza dalla notifica del provvedimento de quo", con specifiche indicazioni per quanto attiene le aree di Roma limitrofe allo stadio Olimpico ed allo stadio Flaminio.
Il provvedimento si fonda sull’informativa di reato redatta in data 11/2/2010 dal Commissariato di P.S. Primavalle di Roma, secondo cui, in occasione di una manifestazione non autorizzata tenutasi il 9/2/10 presso il centro sportivo adibito a ritiro della S.S. Lazio, il ricorrente si rendeva responsabile di cori e grida offensive del decoro degli operatori in servizio di O.P. (“guardie di merda” e “falliti”).
Il Questore, nel provvedimento impugnato, ha rilevato altresì che le circostanze evidenziate siano tali da far ritenere che il suo accesso nei luoghi ove si svolgono manifestazioni sportive possa ritenersi pregiudizievole per la sicurezza pubblica.
Avverso detto provvedimento il ricorrente ha dedotto la violazione e falsa applicazione dell’art. 6 della L. 401/89 e successive modifiche, l’irragionevolezza manifesta, il difetto di proporzionalità ed il vizio di eccesso di potere per travisamento dei fatti.
L’Amministrazione intimata si è costituita in giudizio con memoria di mera forma.
Con ordinanza n. 2830/10 la domanda cautelare è stata accolta.
All’udienza pubblica del 17 ottobre 2013 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Il ricorso è fondato.
Il provvedimento è stato adottato in violazione dell’art. 6 della L. 401/89 in quanto il cosiddetto DASPO può essere emesso solo in casi tassativi previsti dalla legge.
Nel caso di specie i cori e le grida offensive del decoro degli operatori di O.P. non possono costituire inneggiamento, incitamento o induzione alla violenza, e come già rilevato in sede cautelare, la giurisprudenza (cfr. Cass. Pen Sez. I 7534/2002 e n. 29581/2003) ha stabilito che la legge antiviolenza in occasione di manifestazioni sportive (L. 19-10-2001 n. 377 di conversione del D.L. 20-8-2001 n. 336) all'art. 2 bis co. 2 contiene una misura d'interpretazione autentica del primo comma dell'art. 6 L. 401-89, chiarendo che "per incitamento, inneggiamento e induzione alla violenza deve intendersi la specifica istigazione alla violenza in relazione a tutte le circostanze indicate nella prima parte del comma". Orbene, la specificità voluta dalla legge, ha l'evidente finalità di fornire una congrua valutazione dei comportamenti in questione per non limitare al di là del necessario il diritto di manifestare liberamente (art. 21 della Costituzione), con la conseguenza che le offese e le indirette induzioni alla violenza in forma di provocazione – come nel caso di specie - restano fuori dall'ambito dell'applicazione della suindicata norma.
Inoltre, nel caso di specie difetta anche il secondo requisito previsto dalla legge, e cioè quello relativo alla localizzazione della condotta, in quanto l’episodio non si è verificato “in occasione o a causa di manifestazioni sportive”, bensì durante un allenamento della squadra di calcio.
Infine, con memoria del 25 settembre 2013 il ricorrente ha anche dichiarato che lo stesso giudice penale ha disposto l’archiviazione del procedimento penale avviato nei suoi confronti, non ravvisando nella sua condotta gli estremi del reato, e all’udienza pubblica del 17 ottobre 2013 ne ha depositato copia (cfr. decreto del G.I.P. del Tribunale di Tivoli del 7 marzo 2012).
Il ricorso deve essere pertanto accolto con conseguente annullamento del provvedimento impugnato.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,
lo accoglie e per l’effetto annulla il provvedimento impugnato.
Condanna l’Amministrazione resistente al pagamento delle spese di lite che liquida in complessivi € 1.500,00 (millecinquecento/00) oltre IVA e CPA.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 17 ottobre 2013 con l'intervento dei magistrati:
Linda Sandulli, Presidente
Stefania Santoleri, Consigliere, Estensore
Rita Tricarico, Consigliere
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 04/12/2013