CONI – Collegio di Garanzia dello Sport – Sezione Iscrizione/ammissione campionati professionistici – coni.it – atto non ufficiale – Decisione n. 58 del 30/07/2021 – Carpi F.C. 1909 s.r.l./Federazione Italiana Giuoco Calcio
Decisione n. 58
Anno 2021
IL COLLEGIO DI GARANZIA DELLO SPORT
SEZIONE CONTROVERSIE DI AMMISSIONE ED ESCLUSIONE
DALLE COMPETIZIONI PROFESSIONISTICHE
composta da
Raffaele Squitieri - Presidente
Margherita Ramajoli - Relatrice
Giacomo Aiello
Ferruccio Auletta
Giancarlo Pezzuto - Componenti
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
nel giudizio iscritto al R.G. ricorsi n. 77/2021, presentato, in data 19 luglio 2021, dalla società Carpi F.C. 1909 s.r.l. (C.F./P.IVA 02757250366), con sede in Carpi (MO), Via Carlo Marx, n. 26, in persona del legale rappresentante pro tempore, dott. Matteo Mantovani, difesa ed assistita dall'avv. Mattia Grassani, con studio in Bologna (BO), via De Marchi, n. 4/2, presso il quale ha eletto domicilio,
contro
la Federazione Italiana Giuoco Calcio - FIGC, con sede in Roma, via Gregorio Allegri, n. 14
- 05114040586, P.I. 01357871001), in persona del Presidente p.t., dott. Gabriele Gravina, rappresentata e difesa dall’avv. Giancarlo Viglione, elettivamente domiciliata presso il suo studio in Roma, Lungotevere dei Mellini, n. 17,
per l’annullamento
del provvedimento emesso dal Consiglio Federale della Federazione Italiana Giuoco Calcio (di seguito, anche FIGC o Federazione), di cui al C.U. n. 13/A del 16 luglio 2021, con il quale è stato negato alla ricorrente il rilascio della Licenza Nazionale 2021/2022, con conseguente mancata ammissione al Campionato di Serie C 2021/2022.
Viste le difese e la documentazione prodotta dalle parti costituite;
uditi, nell’udienza del 26 luglio 2021, i difensori della parte ricorrente – Carpi F.C. 1909 s.r.l. - avv.ti Mattia Grassani e Fabrizio Duca, nonché l’avv. Giancarlo Viglione, assistito dall’avv. Noemi Tsuno, per la resistente FIGC;
udito, nella successiva camera di consiglio dello stesso giorno, la relatrice, prof.ssa Margherita Ramajoli.
Ritenuto in fatto
1. Con ricorso ritualmente depositato in data 19 luglio 2021, la società Carpi F.C. 1909 s.r.l. (d’ora in avanti, anche solo Carpi) ha adito il Collegio di Garanzia (Sezione sulle controversie di ammissione ed esclusione dalle competizioni professionistiche) al fine di ottenere l’annullamento, la revoca o, comunque, l’inefficacia e/o illegittimità del provvedimento del Consiglio Federale della F.I.G.C., di cui al Comunicato Ufficiale n. 13/A del 16 luglio 2021, con cui è stato negato alla ricorrente il rilascio della Licenza Nazionale 2021/2022, con conseguente non ammissione al Campionato di Serie C 2021/2022 e, pertanto, l’accertamento e la dichiarazione del diritto della ricorrente all’ottenimento della Licenza Nazionale 2021/2022, con conseguente ammissione al campionato di competenza (Serie C – Lega Pro 2021/2022).
Al fine di meglio inquadrare la vicenda portata alla cognizione del Collegio di Garanzia, occorre premettere quanto segue.
Ciascuna società, per avere titolo a partecipare al campionato professionistico di competenza, deve ottenere annualmente la Licenza dalla FIGC entro i termini stabiliti dal Consiglio federale in armonia con i termini fissati dall’UEFA per le proprie licenze.
Il rilascio della Licenza è subordinato all’effettuazione di alcuni adempimenti in relazione a criteri legali ed economico-finanziari, infrastrutturali, sportivi ed organizzativi. Tali criteri sono stati previsti dalla FIGC con C.U. n. 253/A del 21 maggio 2021 (c.d. “Sistema Licenze Nazionali 2021/2022 Lega Italiana Calcio Professionistico”).
Con decisione dell’8 luglio 2021, la Co.Vi.So.C. (Commissione Vigilanza Società di Calcio) eccepiva alla ricorrente il mancato rispetto di alcuni dei criteri legali ed economico- finanziari previsti al Titolo I) del Sistema Licenze Nazionali. Nello specifico, la Co.Vi.So.C. evidenziava i seguenti asseriti inadempimenti: omesso versamento di quota parte delle ritenute Irpef riguardanti gli emolumenti dovuti, per le mensilità di settembre e dicembre 2020 e di gennaio e febbraio 2021, ai tesserati, dipendenti, collaboratori addetti al settore sportivo e alle altre figure previste dal Sistema delle Licenze Nazionali; omesso versamento di quota parte dei contributi Inps riguardanti gli emolumenti dovuti, per le mensilità di ottobre e novembre 2020 e di gennaio, febbraio, marzo e aprile 2021, ai tesserati, dipendenti, collaboratori addetti al settore sportivo e alle altre figure previste dal Sistema delle Licenze Nazionali.
La Co.Vi.So.C., con riferimento all’omesso versamento di quota parte delle ritenute Irpef riguardanti gli emolumenti dovuti, precisava che dall'istruttoria condotta “è emerso che la Società stia provvedendo al versamento degli importi suindicati in maniera cronologicamente frazionata senza, tuttavia, che risulti effettivamente in essere una rateazione coerente con l'ordinamento vigente. Il piano di rateazione adottato (apparentemente articolato in 24 rate, di cui soltanto due realmente corrisposte) è stato elaborato in totale autonomia da parte della Società e senza che, per quanto consti, risultino effettivamente accordati provvedimenti di rateazione da parte delle competenti Autorità”. Con riferimento all’omesso versamento di quota parte dei contributi Inps riguardanti gli emolumenti dovuti, la Co.Vi.So.C. precisava che dall'istruttoria condotta “è emerso che la Società per le mensilità di ottobre e novembre 2020 ha erroneamente applicato le disposizioni vigenti avendo autonomamente rateizzato i contributi in 24 mesi con il pagamento della prima rata il 30 maggio 2021 (art. 1, commi 36 e 37 della L. n. 178/2020), mentre avrebbe potuto rateizzare gli importi dovuti in quattro rate mensili a decorrere dal 16 marzo 2021 (art. 13 bis e quater della L. 176/2020); per le mensilità di gennaio, febbraio, marzo 2021 ha presentato all'lnps una domanda di pagamento dilazionato in data 23 giugno 2021. Tuttavia, tale domanda in data 24 giugno 2021 è stata respinta dall'Ente per omesso pagamento dei contributi relativi alle mensilità di aprile e di maggio 2021. Successivamente, in data 29 giugno 2021 - vale a dire oltre il termine perentorio prescritto dalla disciplina di riferimento fissato nel 28 giugno 2021 - la Società ha presentato all'lNPS una nuova istanza finalizzata a conseguire la possibilità di pagamento rateale la quale, tuttavia, è stata accolta soltanto il 30 giugno 2021 ovvero tardivamente rispetto al suddetto termine perentorio. La intempestività degli specifici adempimenti al riguardo, quindi, non consente di ritenere coerente con la disciplina di riferimento la condotta della Società non potendo altresì rilevare la corresponsione, prima del formale accoglimento dell’istanza di rateazione, del versamento spontaneo ed in autonomia di due rate del piano di rateazione oggetto di accoglimento da parte dell'lNPS solo al 30 giugno 2021”.
2. Avverso la decisione della Co.Vi.So.C., la società Carpi, in data 13 luglio 2021, ha presentato ricorso al Consiglio Federale della FIGC, che, con C.U. n. 13/A del 16 luglio 2021, deliberava di respingerlo e di non concedere alla Società la Licenza Nazionale 2021/2022, con conseguente non ammissione della stessa al Campionato di Serie C 2021/2022. Nella decisione si evidenzia come la Società abbia presentato “un’articolata impugnazione sviluppata su più motivi di censura, i quali convergono nel rappresentare (in sintesi) la sussistenza di una sostanziale carenza di colpevolezza a fronte degli inadempimenti contestati e ciò (principalmente) alla luce delle difficoltà interpretative poste dalla eterogenea e concorrente disciplina applicabile nella fattispecie concreta. Nel ricorso risulta altresì prefigurata l’inoffensività delle omissioni contestate tenuto conto del rispetto della ratio propria della disciplina federale. Tali considerazioni, pur pregevoli e lungamente articolate, non sono tuttavia tali … dal fare venire meno l’oggettività dei rilievi formalizzati con la richiamata nota dell’8 luglio 2021 … Sembra, infatti, alla Commissione che ci che rileva ai fini della disciplina di settore sia (solo) l’oggettività dell’omissione senza quindi che possano acquisire rilievo eventuali altri profili in materia di elemento psicologico sotteso alla stessa (quand’anche gli stessi siano stati determinati – secondo quanto lamentato dalla ricorrente - da una situazione di potenziale incertezza normativa la quale, in ogni caso, dovrebbe essere adeguatamente dimostrata). In tale prospettiva, pertanto, il ricorso non offre elementi di rivalutazione della decisione già assunta dando conto, al contrario, in maniera puntuale delle singole omissioni contestate le quali non possono ritenersi sanate da versamenti rateizzati spontanei adottati in autonomia dalla Società in carenza dei relativi presupposti normativi e ci senza che possano essere apprezzati elementi metanormativi (come il merito sportivo della Società pure richiamato in sede di ricorso) i quali esulano dalla sfera di valutazione della Co.Vi.So.C.”.
3. Con ricorso del 19 luglio 2021, la società Carpi ha adito il Collegio di Garanzia (Sezione per le controversie di ammissione ed esclusione dalle competizioni professionistiche), chiedendo l’annullamento, la revoca o, comunque, la dichiarazione d’inefficacia e/o illegittimità del C.U. n. 13/A del 16 luglio 2021 del Consiglio Federale della FIGC e, pertanto, l’accertamento e la dichiarazione del diritto della ricorrente all’ottenimento della Licenza Nazionale 2021/2022, con conseguente ammissione al campionato di competenza (Serie C – Lega Pro 2021/2022).
Secondo la ricorrente, il provvedimento impugnato è illegittimo ed erroneo per i seguenti motivi di diritto e, in generale, per l’insussistenza degli inadempimenti rilevati rispetto alla disciplina del Sistema Licenze Nazionali:
a) per quanto concerne gli omessi versamenti di quote delle ritenute IRPEF riguardanti gli emolumenti dovuti per le mensilità da settembre a dicembre 2020 e per i mesi di gennaio e febbraio 2021, la ricorrente sostiene di aver proceduto, secondo quanto stabilito dall’art. 13 del D.lgs. 472 del 18 dicembre 1997, ad effettuare i pagamenti dovuti con un piano su base volontaria ed in base alle proprie disponibilità finanziarie, mediante il cosiddetto ravvedimento operoso, strumento che l’ordinamento avrebbe previsto per consentire al contribuente di effettuare il pagamento tardivo dell’imposta maggiorato di una sanzione ridotta e degli interessi alla data del pagamento. Per quanto concerne, invece, i mancati versamenti IRPEF relativi all’anno 2020, la ricorrente ha sostenuto di non potere ancora richiedere preventivamente una rateizzazione formale per l’impossibilità, da parte dell’Agenzia delle entrate, di quantificare il debito dovuto. Le medesime considerazioni, sempre ad avviso della ricorrente, devono valere per gli omessi versamenti di gennaio e febbraio 2021.
b) Sostiene la corretta interpretazione dei CC.UU. della FIGC di fine gennaio – inizio febbraio, ed in particolare del C.U. n. 156/A del 29 gennaio 2021, che, recependo le agevolazioni in favore delle imprese e delle società sportive professionistiche previste dalle Leggi n. 176/2020 e n. 178/2020, avrebbe stabilito espressamente che il termine per la certificazione dell’assolvimento dei relativi oneri, successivamente differito al 31 maggio 2021, sarebbe stato correttamente rispettato anche mediante accesso ai pagamenti rateali previsti dalla superiore normativa statuale e, in particolare, dalla legge n. 178/2020, che fa espresso riferimento, all’art. 1, comma 36, alla possibilità di dilazionare i pagamenti in 24 rate.
c) Per quanto concerne l’accordo di rateazione, la ricorrente sostiene di aver presentato all’INPS una domanda di pagamento dilazionato in data 23 giugno 2021 che, pur non avendo avuto accoglimento in data 24 giugno 2021, avrebbe dato vita a un accordo a formazione progressiva con efficacia retroattiva al momento dell’atto conclusivo dello stesso. Tale accordo risponderebbe al principio di raggiungimento dello scopo previsto dalla norma federale, essendo stata rispettata, nella sostanza, la ratio della disciplina di riferimento.
d) Infine, la ricorrente sostiene l’estrema difficoltà interpretativa e di coordinamento delle normative statuali e di quelle federali, la sua buona fede e il conseguente errore scusabile, con conseguente eccesso di potere del provvedimento di mancata ammissione al campionato di Serie C 2021-2022, che produrrebbe conseguenze sproporzionate rispetto alla condotta sanzionata.
4. Si è costituita in giudizio la FIGC con memoria ritualmente depositata il 21 luglio 2021, chiedendo di respingere il ricorso in quanto palesemente infondato, con ogni conseguente provvedimento anche in ordine alle spese del giudizio. La resistente evidenzia come, in base ai punti 11) e 13) del Sistema delle Licenze Nazionali, sia richiesto alle società, ai fini dell’ammissione al campionato di serie C, stagione sportiva 2021/2022, di aver assolto “il pagamento (...) delle ritenute IRPEF riguardanti gli emolumenti dovuti fino alla mensilità di febbraio 2021 compreso e dei contributi INPS, riguardanti gli emolumenti dovuti, fino alla mensilità di maggio 2021 compreso, ai tesserati, ai dipendenti ed ai collaboratori addetti al settore sportivo” e “il pagamento (...) delle ritenute IRPEF riguardanti gli emolumenti, ivi compresi i compensi professionali assoggettati ad IVA, dovuti fino alla mensilità di febbraio 2021 compreso e dei contributi INPS, riguardanti gli emolumenti dovuti fino alla mensilità di maggio 2021 compreso” alle altre figure previste dal Sistema delle Licenze Nazionali. La resistente sostiene che allo scadere del termine perentorio del 28 giugno 2021 la società fosse inadempiente rispetto ai pagamenti richiesti e che tale palese irregolarità non potesse essere sanata in assenza di una rateazione coerente con l’ordinamento vigente.
Considerato in diritto
1. Il ricorso è ammissibile e procedibile.
Come è noto, il Consiglio Federale della FIGC stabilisce i requisiti e criteri per l’ammissione ai campionati organizzati dalle Leghe professionistiche e, in particolare, adotta un sistema di licenze determinandone periodicamente i requisiti, avuto riguardo a criteri sportivi, infrastrutturali, organizzativi, legali ed economico-finanziari, “al fine di assicurare lo sviluppo progressivo e qualitativo del calcio nazionale” (art. 8, comma 1, dello Statuto Federale). Ciò in attuazione dell’art. 12 della legge n. 91/1981, secondo cui, “al solo scopo di garantire il regolare svolgimento dei campionati sportivi le società … sono sottoposte, al fine di verificarne l'equilibrio finanziario, ai controlli e ai conseguenti provvedimenti stabiliti dalle federazioni sportive, per delega del Coni, secondo modalità e principi da questo approvati”.
In questo contesto normativo si colloca il Sistema Licenze Nazionali per l’ammissione al Campionato professionistico serie C 2021/2022, approvato dal Consiglio Federale nella seduta del 21 maggio 2021, con il C.U. 253/A. Per quanto qui rileva, il Sistema Licenze Nazionali prevede, al Titolo I (Criteri legali ed economico-finanziari), che le società debbano osservare una serie di adempimenti, tra cui “assolvere il pagamento … delle ritenute Irpef riguardanti gli emolumenti dovuti, fino alla mensilità di febbraio 2021 compreso, e dei contributi Inps, riguardanti gli emolumenti dovuti, fino alla mensilità di maggio 2021 compreso, ai tesserati ai dipendenti e ai collaboratori addetti al settore sportivo”, nonché alle altre figure previste dal Sistema delle Licenze Nazionali, “entro il termine perentorio del 28 giugno 2021” (punti 11 e 13). Il legislatore federale consente alle società di adempiere a tali versamenti anche mediante rateazioni, a condizione che siano depositati gli atti di rateazione e sia assolto il pagamento delle rate scadute entro il 31 maggio 2021 (ancora punti 11 e 13).
Il provvedimento di diniego della Licenza Nazionale qui impugnato si basa sulla mancata soddisfazione da parte della ricorrente dei suddetti criteri legali ed economico-finanziari entro il termine perentorio del 28 giugno. Questa ricostruzione è contestata dalla Società, che sostiene l’insussistenza di alcun inadempimento rispetto alla disciplina del Sistema Licenze Nazionali.
2. Con riferimento agli omessi versamenti di quote delle ritenute Irpef riguardanti gli emolumenti dovuti per le mensilità da settembre a dicembre 2020 e per i mesi di gennaio e febbraio 2021, il Carpi sostiene di aver proceduto ad effettuare pagamenti con un piano su base volontaria e secondo le proprie disponibilità finanziarie. In particolare, la ricorrente afferma di non avere potuto stabilire un piano concordato e formalizzato di rateizzazione con l’Agenzia dell’Entrate e di avere conseguentemente utilizzato il c.d. ravvedimento operoso, mediante il quale il contribuente pu effettuare il pagamento tardivo dell’imposta. In realtà, lo strumento del ravvedimento operoso è puntualmente disciplinato dall’art. 13 del D.lgs. n. 472/1997 e da una serie di circolari dell’Agenzia dell’Entrate, per quanto riguarda condizioni, contenuti, procedure e termini e si realizza solo se l’imposta pagata tardivamente è maggiorata di una sanzione ridotta e degli interessi moratori calcolati al tasso legale con maturazione giorno per giorno. Ancora, è inammissibile il ravvedimento operoso parziale, in quanto la norma pone come condizioni di perfezionamento della fattispecie tanto la regolarizzazione dell'obbligo tributario, quanto il versamento integrale della sanzione, nella prevista misura ridotta, con il pagamento degli interessi legali, salvo il differimento di trenta giorni laddove la liquidazione debba essere eseguita dall'Amministrazione finanziaria (Cassazione civile, sez. trib., 13 settembre 2018, n. 22330).
Nel caso di specie, la ricorrente non ha osservato la precisa disciplina normativa richiesta per poter usufruire dell’agevolazione del ravvedimento operoso, né rispettato il procedimento indispensabile per la regolarizzazione delle omissioni. Entro il termine perentorio essa ha unicamente corrisposto due delle rate dovute (ottobre e novembre 2020), secondo un proprio piano di rateazioni autonomamente concepito, senza alcuna previa autorizzazione da parte dell’Agenzia dell’entrate o accordo con quest’ultima. Come osservato dalla resistente, se si considerasse un soggetto in regola con le imposte “sul solo presupposto che ha posto in essere una rateazione spontanea”, “tutte le società di calcio professionistiche avrebbero potuto non assolvere il pagamento dei tributi e ottenere comunque l’ammissione al campionato in ragione di una rateazione spontanea e non autorizzata dal relativo ente”.
È dunque pacifico che la ricorrente non abbia garantito la regolarità fiscale entro il termine perentorio normativamente prescritto.
3. Per quanto riguarda gli omessi versamenti di quote dei contributi Inps, la ricorrente ha presentato, in data 23 giugno 2021, una domanda di pagamento dilazionato per le mensilità di gennaio, febbraio e marzo 2021, la quale è stata respinta dall’ente per omesso pagamento dei contributi relativi alle mensilità di aprile e maggio 2021. Sostiene la ricorrente che, a seguito di una nuova istanza coerente con le richieste dell’Inps presentata il 29 giugno 2021 e l’accettazione della stessa il 30 giugno 2021, si sarebbe perfezionato un accordo a formazione progressiva, i cui effetti retroagirebbero “al momento dell’atto conclusivo dello stesso”.
Secondo la giurisprudenza, qualora le trattative procedano attraverso uno scambio di corrispondenza o di manifestazioni di volontà e si è quindi in presenza di un contratto a formazione progressiva, il momento conclusivo del contratto è quello in cui il documento riepilogativo di tutte le condizioni del contratto viene sottoscritto o comunque accettato dall'altra parte (Cassazione civile, sez. lav., 24 maggio 2001, n. 7094). Al fine di perfezionare il vincolo contrattuale è sempre necessario che tra le parti sia raggiunta l'intesa sugli elementi costitutivi, sia principali che secondari, dell'accordo, e tale principio deve ritenersi valido anche nell'ipotesi dei c.d. contratti a formazione progressiva, nei quali l'accordo delle parti su tutte le clausole si raggiunge gradatamente e in cui il momento di perfezionamento del negozio è di regola quello dell'accordo finale su tutti gli elementi principali ed accessori, salvo che le parti abbiano inteso vincolarsi agli accordi raggiunti sui singoli punti, riservando la disciplina degli elementi secondari (Cassazione civile, sez. VI, 2 luglio 2020, n. 13610).
Orbene, nel caso di specie risulta difficile sostenere che le parti abbiano voluto considerare come vincolante l’assetto di interessi risultante da un’istanza del tutto priva dei requisiti di legge.
In altri termini, la lettera con cui l’Inps rigetta formalmente la domanda di rateizzazione non può essere considerata espressiva della volontà da parte dell’Ente di vincolarsi a un accordo, già raggiunto quanto ai suoi elementi essenziali. Precisa l’Inps: “Le confermiamo che la Sua richiesta del 23/06/2021 14:52:18 relativa alla matricola 5007902067 (CARPI F.C. 1909 S.R.L.) con numero protocollo INPS. CMBDR. 23/06/2021. 4141993 è stata chiusa”. “Esito risposta: Richiesta non Accolta. Risposta: si respinge la domanda di dilazione in quanto non risultano pagati il 4 e 5/2021”.
La ricorrente invoca poi un orientamento giurisprudenziale incline a riconoscere “l’assenza di antidoverosità della condotta contestata alla società” nel caso di ritardi nei pagamenti. Tuttavia, siffatta giurisprudenza fa esplicitamente riferimento a ipotesi in cui tali ritardi siano stati determinanti “da un fatto improvviso, riconducibile ad un momento organizzativo dello … istituto bancario e quindi, soprattutto, assolutamente al di fuori delle possibilità di intervento dei disponenti, dal quale, pertanto, non è possibile far discendere una qualsiasi forma di responsabilità” (C. U. n. 39/CGF del 12 settembre 2014). Ipotesi che non ricorre nel caso in esame, in cui la causa impeditiva del perfezionarsi dell’accredito non è di forza maggiore, ma va individuata esclusivamente nella condotta della società: la ricorrente era a conoscenza del rigetto dell’istanza di rateazione già dal 24 giugno 2021, ma, preso atto dell’inadempimento tributario, non ha provveduto a presentare un’istanza coerente con le affermazioni dell’Inps entro il termine perentorio per gli adempimenti in questione, e cioè al 28 giugno 2021.
Una seconda e distinta istanza è stata, invece, presentata tardivamente rispetto al termine perentorio normativamente stabilito, e cioè in data 29 giugno 2021, ed è stata accolta il 30 giugno 2021.
Quindi, anche per le mensilità di gennaio, febbraio, marzo 2021 è pacifico che la ricorrente non abbia garantito la regolarità contributiva entro il termine perentorio normativamente prescritto.
4. Infine, sempre per quanto riguarda gli omessi versamenti di quote dei contributi Inps, alla ricorrente è stato contestato di avere erroneamente applicato le disposizioni vigenti per quanto riguarda le mensilità di ottobre e novembre 2020, rateizzando in autonomia i contributi in 24 mesi con il pagamento della prima rata il 30 maggio 2021 (art. 1, commi 36 e 37, della L. n. 178/2020), mentre avrebbe potuto rateizzare gli importi dovuti in quattro rate mensili a decorrere dal 16 marzo 2021 (art. 13 bis e quater della L. 176/2020).
La ricorrente lamenta l’estrema difficoltà interpretativa e di coordinamento delle normative statuali e federali in materia di differimento dei termini per la certificazione del agamento delle ritenute e degli oneri previdenziali, chiedendo di poter beneficiare dell’istituto dell’errore scusabile e della conseguente rimessione in termini. A tal proposito, la Società riporta la giurisprudenza sia del massimo organo di giustizia amministrativa, secondo cui è possibile “temperare il rigore della previsione di un termine di decadenza ove (si) ritenga che l’errore in cui sia incorso il ricorrente possa essere ritenuto scusabile” (Ad.pl., 31 maggio 2002, n. 5); sia del Tribunale Federale Nazionale, Sezione Disciplinare, a detta del quale il riconoscimento dell’errore scusabile presuppone “una situazione normativa obiettivamente non conoscibile o confusa oppure uno stato di incertezza per la oggettiva difficoltà di interpretazione di una norma, per la particolare complessità della fattispecie concreta, per contrasti giurisprudenziali esistenti, idonei a ingenerare convincimenti non esatti” (C.U. n. 28/TFN del 27 novembre 2017), specie “laddove ci si trovi di fronte ad una prima applicazione di una normativa non facilmente comprensibile” (C.U. n. 37/TFN del 6 dicembre 2016).
In realtà, tutta la giurisprudenza invocata dal ricorrente fa riferimento ad ipotesi ben diverse da quella qui in esame, che è relativa a una procedura il cui carattere concorsuale esclude la possibilità di deroghe individuali. Infatti, viene qui in rilievo un procedimento di ammissione a un campionato con un numero chiuso di partecipanti, nell’ambito della quale tutte le società aventi diritto si pongono in concorso tra loro. Di conseguenza, i termini perentori previsti dalle norme federali non possono essere superati per alcun motivo, perché è necessario garantire sia il principio della par condicio tra gli aspiranti all'ammissione, sia la puntuale formazione degli organici e l’esattezza della data di inizio del campionato, come è costantemente affermato dal giudice sportivo (Collegio di garanzia, sez. un., 31 luglio 2018, n. 45; 12 settembre 2017, n. 67; Collegio di garanzia, 28 luglio 2018, n. 31; Collegio di garanzia, sez. I, 11 agosto 2016, n. 38; 1° agosto 2016, n. 31; Alta Corte di giustizia sportiva, 1° agosto 2011, n. 17; 1° agosto 2011, n. 18; 1° ottobre 2014, n. 34; 23 luglio 2009, n. 3). Anche la giurisprudenza del giudice amministrativo, pure recentissima, ha affermato nella materia qui considerata che la mancata integrazione dei requisiti nei termini previsti si traduce “nella carenza di un requisito essenziale (id est: sostanziale) ai fini dell'iscrizione al campionato, pena la violazione del principio di imparzialità e di par condicio” (Cons. Stato, sez. V, 24 maggio 2021, n. 4001).
Né tantomeno può farsi utilizzo del c.d. soccorso istruttorio, parimenti invocato dal Carpi. Infatti, in via generale il suddetto istituto è applicabile solo nel caso di procedimenti in cui la valutazione incide direttamente sulla sola sfera giuridica del singolo, “non essendo la sua posizione sottoposta ad un giudizio comparativo con altri soggetti”, mentre incontra “un limite esterno al suo funzionamento nel principio antagonista della par condicio” (da ultimo, Tar Lazio, sez. III bis, 30 giugno 2021, n. 7731).
In conclusione, la disciplina speciale non prevede valutazioni flessibili che consentano di superare il difetto dei requisiti richiesti e non lascia spazio alcuno ad un sindacato di scusabilità di eventuali errori nei quali possano essere incorse le società che richiedono l’iscrizione. Stante il carattere concorsuale della procedura, l’ammissione indebita di una società, in favore della quale si consenta una deroga in ordine ai tempi o ai contenuti dei requisiti formali o sostanziali previsti dalla disciplina speciale, si risolverebbe in un pregiudizio per le altre società interessate: ammettere alla competizione chi non ha rispettato i termini normativamente prescritti lederebbe la posizione di altro sodalizio calcistico che si è attenuto scrupolosamente alle disposizioni dettate (Collegio di Garanzia, sez. un., n. 45/2018, cit.; n. 67/2017, cit.; Collegio di Garanzia, Sez. I, n. 31/2016, cit.; n. 38/2016, cit.; nonché Cons. Stato, Sez. V, 30 luglio 2014, n. 4031).
Ne consegue che il ricorso deve essere respinto.
Sussistono, in ragione della particolarità del caso, giusti motivi per l’integrale compensazione delle spese di procedura.
P.Q.M.
Il Collegio di Garanzia dello Sport
Sezione per le controversie in tema di ammissione ed esclusione dalle competizioni professionistiche
Respinge il ricorso. Spese compensate.
Dispone la comunicazione della presente decisione alle parti tramite i loro difensori anche con il mezzo della posta elettronica certificata.
Così deciso, in data 26 luglio 2021.
Il Presidente La Relatrice
F.to Raffaele Squitieri F.to Margherita Ramajoli
Depositato in Roma, in data 30 luglio 2021.
Il Segretario
F.to Alvio La Face