C.R. TOSCANA – Corte Sportiva di Appello Territoriale – 2018/2019 – figc-crt.org – atto non ufficiale – CU N. 64 del 18/04/2019 – Delibera – 07 stagione sportiva 2018/2019 Gara Atletico Spedalino – Sesto Calcio 2010 (3-2) del 17/03/2019. Campionato di II Categoria. In C.U. n.57 del 21/03/2019.

07 stagione sportiva 2018/2019 Gara Atletico Spedalino – Sesto Calcio 2010 (3-2) del 17/03/2019. Campionato di II Categoria. In C.U. n.57 del 21/03/2019.

Reclama la società Atletico Spedalino avverso la seguente sanzione inflitta dal G.S. SQUALIFICA FINO AL 21/ 4/2020 a carico del calciatore Colangelo Matteo il quale “Espulso per somma di ammonizioni, alla notifica offendeva il D.G. e gli si avvicinava con fare minaccioso fino a porsi a pochi centimetri dal volto dell'Arbitro. Veniva inizialmente allontanato dai propri compagni, salvo poi riavvicinarsi al D.G. rivolgendogli frase intimidatoria e mimando una testata che, data la vicinanza, faceva indietreggiare l'Arbitro di circa 2 passi, temendo l'impatto. Di poi veniva definitivamente allontanato dai propri compagni di squadra. Sanzione aggravata in quanto capitano. Sanzione applicata ai sensi dell'art. 11 bis comma 1 e 2 CGS. La sanzione comminata viene considerata ai fini dell'applicazione delle misure amministrative a carico delle società dilettantistiche, deliberate dal Consiglio Federale per prevenire e contrastare episodi di violenza”. La reclamante biasima il comportamento del proprio tesserato relativamente alle parole pronunciate nei confronti dell’arbitro e riferisce che a fine gara il Colangelo si è recato dal D.G. per porgere le proprie scuse. In relazione al gesto della testata rileva come il predetto sia stato esclusivamente mimato, così come riporta anche l’arbitro, e tenta di giustificarlo come un gesto di stizza dovuto alla concitazione del momento. Sottolinea infine che l’atto teatrale posto in essere non può essere configurato nemmeno come tentativo in quanto si è trattato solo di una gestualità spontanea che non ha prodotto alcuna conseguenza nei confronti del D.G. Chiede una riduzione della sanzione in virtù della tesi difensiva espletata. L’arbitro, nel supplemento di rapporto, conferma sostanzialmente la prima versione sottolineando di avere percepito nel gesto del Colangelo una sorta di pericolosità tanto da indietreggiare istintivamente. Precisa il suo concetto di “specie di testata” descrivendolo come un movimento brusco e repentino effettuato con il busto con l’intento di entrare in contatto con la sua persona. Sul tema delle scuse del dopo gara, il D.G. conferma che le stesse sono state effettivamente poste in essere dal calciatore definendole tuttavia “sbrigative” ammettendo che, per una mera dimenticanza il fatto non è stato riportato nel referto. La Corte Sportiva di Appello Territoriale, esaminati gli atti ufficiali passa in decisione. In primo luogo occorre sottolineare che il comportamento del calciatore Colangelo Matteo è stato sicuramente improntato da assoluta antisportività e mancanza di self control nei proprio gesti. La qualifica di capitano della squadra aggrava notevolmente la sua posizione in quanto lo stesso è venuto meno proprio alla funzione ricoperta ovvero di unico legittimato interlocutore dell’arbitro.

Il Colangelo anziché rappresentare un punto di riferimento per i propri compagni e, non ultimo, nei confronti del D.G. ha posto in essere l’antitesi della qualifica assegnatagli e anche per questo deve essere adeguatamente sanzionato. La problematica ai fini del decidere, a parere di questo Giudice, rileva la qualificazione giuridica dei fatti contestati che il G.S. ha individuato nel combinato disposto dei commi 1 e 2 relativi all’art. 11 bis del C.G.S. Analizzando la norma giuridica richiamata si può con certezza affermare che i commi n.1 e 2 dell’art. 11 bis del C.G.C., di recente introduzione, costituiscono il chiaro esempio di precetto (il comma 1) e sanzione (il comma 2 e seguenti) sulla scia dello schema usato per le norme penali. Orbene, analizzando la decisione del G.S., se non possono in alcun modo sorgere dubbi interpretativi sul secondo comma che lapidariamente indica un minimo edittale di un anno di squalifica per colui o coloro che infrangono il precetto di cui al primo comma, non altrettanto si può dire relativamente al primo comma dell’articolo predetto. In linea generale si può affermare, senza tema di smentita, che l’introduzione dell’art. 11 bis del C.G.S. nelle intenzioni del legislatore doveva rappresentare un valido deterrente al fine di limitare, se non eliminare integralmente, gli episodi di aggressioni e lesioni nei confronti degli arbitri che costituiscono una piaga dilagante cui occorre porre freno e rimedio. Fatta questa doverosa premessa, al fine di inquadrare correttamente la fattispecie in esame, occorre distinguere relativamente al primo comma dell’art. 11 bis del C.G.S. due distinte fasi anche se riportate all’interno di un unico periodo. Nella prima parte infatti vengono prese in considerazione le condotte intenzionali e violente atte a produrre lesioni all’arbitro. Si tratta quindi di fattispecie che hanno portato danni fisici al D.G. che meritano adeguata severa sanzione quantificabile nel minimo edittale (il che significa che potrebbe essere di portata anche maggiore) salvo altre situazioni risarcitorie extra domestiche. La seconda parte del comma, identificabile con la disgiunzione ”o” tende a sanzionare “ una azione impetuosa ed incontrollata, connotata da una volontaria aggressività, in occasione o durante la gara, nei confronti dell’ufficiale di gara”. Questa seconda parte comporta maggiori problematiche di tipo interpretativo e il Legislatore Sportivo dovrebbe intervenire per specificare con maggiore chiarezza la portata della norma proprio in virtù della gravità delle sanzioni previste ai commi successivi. Infatti, se nel primo comma l’individuazione della condotta del tesserato è facilmente individuabile nell’effetto causato, ovvero la causazione di lesioni, di ben diverso tenore interpretativo appare la seconda parte del primo comma dell’articolo in esame. Affidandosi ad una interpretazione letterale della norma occorre individuare due presupposti fondamentali forniti dallo stesso Legislatore ovvero “una azione impetuosa ed incontrollata”; i due presupposti non possono essere letti individualmente ma devono essere ricompresi in un unicum interpretativo ovvero, in altri termini, devono sussistere contemporaneamente sia la impetuosità che la mancanza di controllo da parte dell’agente. Non solo, ma questi due presupposti devono essere “connotati” da una volontà aggressiva non essendo sufficiente la mera impetuosità e la incontrollabilità dei gesti. L’intera struttura dell’art. 11 bis precettata nel comma 1 cui i commi seguenti costituiscono fasi sanzionatorie diversificate per fattispecie, tende a coinvolgere il rapporto arbitro – tesserati e la ratio del Legislatore Sportivo è ben chiara e sicuramente condivisibile nel suo concetto generale, tuttavia la terminologia usata, specialmente nella seconda parte del primo comma comporta per i Giudicanti non poche problematiche interpretative. Il termine “impetuosa” deve essere interpretato nel senso che il tesserato pone in essere una attività motoria caratterizzata da un passo veloce o da una corsa? Ed ancora, il termine “incontrollata” si riferisce ad un atteggiamento scomposto figlio di una sorta di raptus agonistico oppure deve essere riferito ad una generalità di casi non meglio identificati? Da non dimenticare infine che entrambi i presupposti devono trovare spazio nell’ambito di una “volontaria aggressività” che costituisce un fattore difficilmente valutabile oggettivamente e quindi demandato a sensazioni e percezioni personalistiche che minano l’impianto normativo demandando la valutazione al libero arbitrio individuale dell’arbitro.

Questo Giudice, anche in relazione a quanto esposto, spera che nel prossimo futuro il Legislatore Sportivo voglia intervenire per chiarire la portata della norma ovvero del più volte ricordato art. 11 bis del C.G.S. e questo a salvaguardia di tutto il movimento con il chiaro intento di proteggere gli arbitri nei confronti di soggetti che con il movimento sportivo non hanno nulla a che vedere, senza tuttavia lasciare proprio ai soggetti da proteggere la libertà di gestire la norma secondo le loro sensazioni individuali. Effettuata questa necessaria parentesi interpretativa della norma richiamata dal G.S. il Collegio è posto davanti alla valutazione del comportamento del calciatore Colangelo Matteo al fine di verificare se le sue azioni possono rientrare nelle fattispecie recitate dalla norma giuridica cui il primo Giudice ha fatto riferimento. In primo luogo è da escludere tassativamente l’applicazione della prima parte del primo comma dell’art. 11 bis in quanto nessuna lesione è stata riscontrata dall’arbitro. Rimane quindi da analizzare se i presupposti della seconda parte del testo citato possono essere ricondotti all’attività negativa del Colangelo ovvero se il suo comportamento ha avuto o meno il connotato della impetuosità e della incontrollabilità concretizzato da una volontaria aggressività. A parere di questo Giudice l’attività posta in essere dal Colangelo non ha tutti i presupposti idonei per l’applicazione della sanzione di cui al secondo comma dell’art. 11 bis C.G.S. Il calciatore si è avvicinato all’arbitro senza impetuosità, altrimenti i termini descrittivi dell’azione sarebbero stati altri, ed ha mimato un gesto, certamente plateale, tuttavia non idoneo a determinare il concetto di incontrollabilità tanto che l’arbitro, istintivamente, si è spostato indietro non per evitare un colpo ma nel timore di un’azione lesiva che non è stata posta in essere. Infatti se il Colangelo avesse voluto colpire l’arbitro lo avrebbe fatto nell’immediatezza e non dopo un gesto paragonabile ad una “finta” sicuramente controllata: da ciò la mancanza di entrambi i presupposti necessari per l’applicabilità della norma in esame al di la di una volontà più o meno aggressiva. Certo il Colangelo deve essere severamente sanzionato ma non nella misura e secondo la norma richiamata dal G.S. quanto in applicazione del disposto di cui all’art. 19 lett. f del C.G.S. per i motivi espressi nella narrativa della presente delibera. P.Q.M. La Corte Sportiva di Appello Territoriale cassa la decisione del G.S. e squalifica il calciatore Colangelo Matteo fino al 31/07/2019. Dispone il non addebito della tassa di reclamo stante l’accoglimento dello stesso.

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