F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – Sezioni Unite – 2021/2022 – figc.it – atto non ufficiale – Decisione n. 0064/CFA pubblicata il 31 Gennaio 2022 (motivazioni) – sig. Paolo Cortellini
Decisione/0064/CFA-2021-2022
Registro procedimenti n. 0076/CFA/2021-2022
LA CORTE FEDERALE D’APPELLO
SEZIONI UNITE
composta dai sigg.ri:
Mario Luigi Torsello – Presidente
Salvatore Lombardo – Componente
Mauro Mazzoni – Componente
Vincenzo Barbieri – Componente
Luigi Caso - Componente (relatore)
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul reclamo numero 0076/CFA/2021-2022 proposto dal sig. Paolo Cortellini;
per la riforma della decisione assunta dal Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare - n. 76/TFNSD-2021-2022 del 22 dicembre 2021;
Visto il reclamo e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Vista la memoria della Procura federale;
Relatore nell’udienza, tenutasi in videoconferenza il giorno 25 gennaio 2021, il relatore dott. Luigi Caso e uditi l’Avv. Chiara Lupattelli per la parte reclamante e la Dott.ssa Serenella Rossano per la resistente Procura federale.
RITENUTO IN FATTO
1. Con atto del 1° dicembre 2021, la Procura Federale deferiva il Sig. Paolo Cortellini (all’epoca dei fatti allenatore della Società FCD Calcio Termoli 1920), per rispondere della violazione:
a) degli artt. 4, comma 1, e 28, comma 1, del CGS nonché dell’art. 37, comma 1, del Regolamento del Settore Tecnico, per avere profferito, sia durante una seduta di allenamento tenutasi in data 14 aprile 2021 sia in altre occasioni, espressioni discriminatorie nei confronti del calciatore Giovanni Kean e di altri giocatori di colore presenti in squadra; in particolare, per aver appellato il calciatore Kean con il termine “scimmione”, dicendogli “se non fossi stato fratello del più noto Kean saresti dovuto andare a vendere accendini in spiaggia” nonché “ne*** di m****” e “torna al tuo paese”; chiamando, altresì, in più occasioni, tutti i giocatori di colore presenti in squadra “ne***”;
b) dell’art. 4, comma 1, del CGS nonché dell’art. 37, commi 1 e 2 del Regolamento del Settore Tecnico per avere tentato di ottenere l’indebito pagamento di € 2.000,00 dalla Società FCD Calcio Termoli 1920 per consentire al calciatore Porgo Samuel Latif di partecipare alle gare della predetta Società.
Il procedimento traeva origine dall’esposto inviato alla Procura Federale in data 24 maggio 2021 dal Presidente della società FCD Calcio Termoli 1920, Sig. Marco Castelluccio, nel quale si esponeva che:
a) la sig.ra Maria Grazia Del Tito, addetta marketing e comunicazione della società, aveva riferito che, avendo ella esortato l’allenatore Cortellini a far gareggiare il calciatore Porgo Samuel Latif, l’allenatore le aveva chiesto la somma di €. 2.000,00 per schierare in campo detto giocatore;
b) in data 14 aprile 2021, il Sig. Cortellini, durante la seduta di allenamento della squadra, profferiva frasi ingiuriose e lesive della dignità personale nei confronti del calciatore Giovanni Kean; in particolare, veniva riferito che, essendo il calciatore Kean intervenuto per riportare la calma tra alcuni compagni e l’allenatore, quest’ultimo gli aveva detto: “Tu devi stare solo zitto, sporco n***o, scimmione puzzolente, e se non era per tuo fratello Moise che gioca nel Paris Saint Germain a quest'ora tu vendevi gli accendini in autostrada e sulla spiaggia”. In seguito a tale episodio, il Sig. Cortellini prendeva atto dell'interruzione del vincolo fiduciario con la società e presentava le dimissioni dall'incarico di allenatore già in data 15 aprile 2021.
Con l’appellata decisione, il Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare, rigettata la richiesta del deferito di autorizzare l’audizione di alcuni tesserati della società FCD Calcio Termoli 1920 su capitoli di prova a discarico, relativi ad ambedue le condotte oggetto di addebito, riteneva il Cortellini responsabile unicamente delle contestazioni sub a) e, pertanto, gli irrogava la sanzione della squalifica per dodici mesi.
2. Con atto del 28 dicembre 2021, il Sig. Cortellini proponeva reclamo avverso la descritta decisione, eccependo:
1.) vizio di motivazione per la mancata assunzione delle prove testimoniali richieste;
2.) mancato raggiungimento della prova della dedotta responsabilità in relazione ai fatti oggetto della contestazione sub a);
3.) violazione del principio di proporzionalità nella quantificazione della sanzione.
Costituitasi con deposito di memoria difensiva in data 21 gennaio 2022, la Procura federale chiedeva respingersi il reclamo, con conferma dell’impugnata decisione.
3. Nell’udienza, svoltasi in videoconferenza, del 25 gennaio 2022, l’Avv. Chiara Lupattelli per la parte reclamante e la Dott.ssa Serenella Rossano per la resistente Procura federale, illustravano le rispettive tesi e insistevano per l’accoglimento delle proprie conclusioni.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. In primo luogo, il Collegio deve esaminare le istanze istruttorie avanzate in primo grado dal Sig. Cortellini e reiterate nel presente grado di giudizio.
Al riguardo, l’art. 60 del Codice di giustizia sportiva prevede che “La testimonianza di uno dei soggetti di cui all'art. 2, può essere disposta dagli organi di giustizia sportiva su richiesta di una delle parti o d’ufficio quando, dal materiale acquisito, emerga la necessità di provvedere in tal senso.”.
In merito, queste Sezioni unite intendono ribadire che il procedimento disciplinare–sportivo, anche attese le esigenze di celerità dello stesso e il criterio di informalità cui è improntato, si svolge – ordinariamente – sulla base delle deduzioni difensive delle parti e delle evidenze documentali e delle prove precostituite, rispetto alle quali la prova testimoniale rimane, comunque, eccezione (Corte federale d’appello, n. 74/CFA/2017/2018).
Il che, del resto, si evince dall’espressione “necessità di provvedere”, cui fa riferimento l’art. 60 CGS, espressione che, altrimenti, costituirebbe un mero pleonasmo.
Ciò premesso in via generale, la disciplina contenuta nel Codice di giustizia sportiva deve essere integrata da quella del Codice di procedura civile ai sensi dell’art. 2, comma 6, del Codice CONI secondo cui “Per quanto non disciplinato, gli organi di giustizia conformano la propria attività ai principi e alle norme generali del processo civile, nei limiti di compatibilità con il carattere di informalità dei procedimenti di giustizia sportiva”.
Orbene, ai sensi dell’art. 244 c.p.c. “La prova per testimoni deve essere dedotta mediante indicazione specifica delle persone da interrogare e dei fatti, formulati in articoli separati, sui quali ciascuna di esse deve essere interrogata”.
L’interpretazione prevalente della disposizione fornita dalla Suprema Corte di cassazione ha portato al consolidarsi di alcuni principi generali in tema di ammissibilità della prova testimoniale che devono ritenersi applicabili anche al presente giudizio.
In particolare, in più occasioni la Cassazione ha dichiarato che, non essendo possibile dimostrare un fatto non avvenuto, la relativa prova dovrebbe essere data mediante dimostrazione di uno specifico fatto positivo contrario, o anche mediante presunzioni dalle quali possa desumersi detto fatto negativo (ex multis: Cass. 20 dicembre 2016, n. 26397, Cass. 13 giugno 2013, n.14854; Cass. 11 gennaio 2007, n. 384; Cass. 15 aprile 2002, n. 5427). In tal senso, la Suprema Corte (Cass. 20 maggio 1993 n. 5744) ha chiarito che «non è possibile fornire la prova di non fatti, poiché non è possibile dare la prova di un non accadimento».
In ragione di tale orientamento, deve dichiararsi inammissibile la prova testimoniale richiesta dall’attuale reclamante (n. 1 del capitolato di prova) tesa a dimostrare che i testi non avevano sentito, in occasione della seduta di allenamento del 14 aprile 2021, frasi di tipo razzista o discriminatorio.
Allo stesso modo, la Cassazione ha chiarito che il capitolo di prova deve essere teso a riferire al Giudice un fatto, da cui eventualmente lo stesso possa trarre un proprio giudizio, ma mai una mera valutazione personale del teste. Costante giurisprudenza della Suprema Corte ha, inoltre, chiarito come la deduzione della prova per testi non possa avvenire in modo generico ed impreciso, ma debba essere fatta mediante l’indicazione specifica delle persone da interrogare e dei fatti da provare (art.244 c.p.c.), al duplice scopo di consentire, al giudice, la valutazione della concludenza della prova, ed alla controparte la preparazione di adeguata difesa. (Cass. civ. n.1938/1987). Pertanto, non solo non possono essere ammessi, in quanto non aventi ad oggetto fatti specifici, i capitoli di prova diretti ad ottenere dal teste un mero giudizio, privo cioè di riferimenti concreti e appigli obiettivi (Cass. n. 4111/95; Cass. n. 1173/94) ma la mancanza di indicazione specifica dei fatti nella deduzione della testimonianza, in quanto requisito di rilevanza della prova, è rilevabile d’ufficio dal giudice e rende inammissibile la testimonianza medesima (cfr. Cass. Civ., n. 1294/18).
Nel caso di specie, gli ulteriori capitoli di prova formulati dall’attuale reclamante appaiono inammissibili in quanto generici ovvero tendenti ad ottenere dal teste un mero giudizio. Infatti, i capitoli 2 e 3, appaiono volti ad ottenere un’inammissibile valutazione del teste circa la rispondenza o meno ai canoni del rispetto dell’ambito sportivo e del carattere non ingiurioso delle espressioni usate dal Cortellini nel corso della seduta di allenamento del 14 aprile 2021; il capitolo 4, infine, appare volto ad ottenere un medesimo giudizio valutativo (circa la conformità ai canoni del rispetto del comportamento tenuto dal Cortellini) riferito peraltro genericamente all’intera annata sportiva 2020-2021.
Ovviamente, il Collegio non si pronuncia sull’ammissibilità o meno degli altri capitoli di prova, in quanto relativi al capo b) del deferimento, sul quale il Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare ha disatteso le richieste della Procura federale che, a sua volta, non ha proposto reclamo incidentale.
A quanto statuito in tema di inammissibilità, si aggiunga che, secondo la Cassazione (Cass. civ. Sez. II, ord., 29/10/2018, n. 27415), l'omessa ammissione della prova testimoniale o di altra prova può essere denunciata per Cassazione solo nel caso in cui essa abbia determinato l'assenza di motivazione su un punto decisivo della controversia e, quindi, ove la prova non ammessa ovvero non esaminata in concreto sia idonea a dimostrare circostanze tali da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l'efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito. Nel caso di specie, al di là dell’inammissibilità dei singoli capitoli di prova, non può sottacersi come la prova richiesta non contenga quegli elementi tali da consentire di “invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l'efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito”, atteso che la natura generica ovvero valutativa delle testimonianze richieste non pare idonea a superare gli elementi di prova recati dalla Procura federale (deposizioni sia dirette che de relato) con il suo atto di deferimento.
Pertanto, seppure a seguito della sopra descritta integrazione della motivazione, la decisione del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare di non ammissione della richiesta prova testimoniale va confermata e il relativo motivo di reclamo va respinto.
2. Venendo al secondo motivo di reclamo, si osserva che, a fondamento della decisione di accogliere il deferimento, il Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare ha posto le risultanze istruttorie dedotte dalla Procura federale e ritenute idonee a dimostrare come il deferito avesse pronunciato frasi discriminatorie sia nei confronti del calciatore Kean nel corso della seduta di allenamento del 14 aprile 2021, sia nei confronti di altri atleti di colore nel corso della stagione 2020-2021.
In tal senso depongono plurime dichiarazioni, concordanti tra loro.
In primo luogo, il calciatore Kean Dossè Giovanni ha riferito di frasi discriminatorie rivoltegli direttamente nella seduta di allenamento del 14 aprile 2021; il calciatore della FCD Calcio Termoli 1920, Antonio Bruno, ha riferito non solo di aver avuto conoscenza de relato delle offese rivolte dal Sig. Cortellini al calciatore Kean nella medesima occasione ma anche di aver direttamente udito in altre occasioni offese (“scimmione” e “n***o di me**a”) rivolte allo stesso Kean dal Cortellini; infine, il Sig. Mattia Carbonelli, dirigente accompagnatore della Soc. FCD Calcio Termoli 1920, ha dichiarato di aver appreso da alcuni colleghi che l’allenatore Cortellini aveva rivolto frasi razziste nei confronti del calciatore Kean quali “scimmione”, “negro di merda”, “torna al tuo paese”.
Sul punto, occorre in primo luogo precisare che, in ambito esofederale è stato affermato che per dichiarare la responsabilità da parte del soggetto incolpato di una violazione disciplinare sportiva non è necessaria la certezza assoluta della commissione dell’illecito, né il superamento di ogni ragionevole dubbio, come nel processo penale, ma può ritenersi sufficiente un grado inferiore di certezza, ottenuta sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti, in modo tale da acquisire una ragionevole certezza in ordine alla commissione dell’illecito (Corte federale d’appello, Sezione I, decisione n. 14/CFA/2020/2021; Sezioni unite, decisione n. 19/CFA/2020/2021; Sez. I, decisione n. 83/CFA/2020/2021; Sezioni unite, decisione n. 105/CFA/2020/2021).
In secondo luogo, occorre rilevare che, seppur alcune dichiarazioni, valutate autonomamente, potrebbero costituire una semiplena probatio (perché relative a fatti appresi de relato ovvero rese dal medesimo soggetto offeso), le stesse, nel loro complesso, anche attraverso l’integrazione tra le circostanze apprese direttamente e le altre apprese de relato, restituiscano un quadro probatorio contraddistinto non solo dalla piena concordanza su identiche circostanze fattuali ma anche dall’assenza di elementi che possano far dubitare della sincerità e buona fede dei dichiaranti.
Pertanto, il Collegio, nel concordare con la valutazione dei riscontri istruttori effettuata in primo grado, ribadisce che la violazione degli artt. 4, comma 1, e 28, comma 1, del CGS nonché dell’art. 37, comma 1, del Regolamento del Settore Tecnico da parte del Sig. Cortellini è da ritenersi provata e reiterata, non essendosi esaurita nella sola seduta di allenamento del 14 aprile 2021 ma anche in altre occasioni similari.
3. Parimenti da respingere è il terzo motivo di reclamo, con il quale il Sig. Cortellini lamenta l’eccessività della sanzione inflitta.
Sul punto, giova premettere che il Collegio giudicante non è vincolato dalla richiesta di applicazione della sanzione formulata dalla Procura Federale, dovendo valutare autonomamente la gravità delle condotte accertate, sulla scorta del proprio libero convincimento.
Ciò posto, in punto di diritto occorre ricordare come l’intero ordinamento sportivo - in questo conformandosi all’ordinamento internazionale, europeo e nazionale - è informato al principio di non discriminazione. In tal senso, come già ricordato da questa Corte federale (Corte federale di appello – Sezioni unite, n. 105 dell’11 maggio 2021), depongono sia l’art. 2 dello Statuto della FIGC, quinto comma, sia l’art. 28 del codice di giustizia sportiva (d’ora innanzi, CGS), dalla cui lettura emerge “la volontà dell’ordinamento federale di contrastare e punire tutti i comportamenti discriminatori, di ogni genere e tipologia, volti a negare il diritto di ciascuno ad essere riconosciuto quale persona libera ed eguale, anche in attuazione del principio del mutuo rispetto, posto a base di ogni convivenza civile e democratica. La condotta discriminatoria, del resto, si sostanzia in ogni forma di discriminazione dei diritti fondamentali della persona, che non può non provocare una dura reazione da parte non solo dell'ordinamento giuridico generale, ma anche da parte di quello sportivo, anche alla luce degli inequivoci principi posti dalla Costituzione in materia (così, Corte Federale d’Appello Sezioni Unite C.U. n. 090/CFA 2017/2018). In tale prospettiva, la nozione di comportamento discriminatorio elaborata dal legislatore federale risulta coerente ed in sintonia con quella adottata dagli organismi e dalle istituzioni europee ed internazionali (Convenzione di New York del 1966; Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo, 1950; art. 21 della Carta dei diritti fondamentali della Unione europea; artt. 2 e 7 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo).
Ciò posto, data la natura preminente dei diritti tutelati dalle disposizioni violate dal Sig. Cortellini e la reiterazione dei comportamenti posti in essere dal medesimo in violazione di tali norme, il Collegio ritiene corretta la valutazione del quantum della sanzione operata dal giudice di primo grado.
Per tutti gli esposti motivi, il collegio respinge il reclamo come in atti proposto.
P.Q.M.
Respinge il reclamo in epigrafe.
Dispone la comunicazione alle parti, presso i difensori con PEC.
L'ESTENSORE
Luigi Caso
IL PRESIDENTE
Mario Luigi Torsello
Depositato
IL SEGRETARIO
Fabio Pesce