F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – Sezione I – 2021/2022 – figc.it – atto non ufficiale – Decisione n. 0070/CFA pubblicata il 14 Marzo 2022 (motivazioni) Procuratore Federale Interregionale/F.C.D. Calcio Termoli 1920
Decisione/0070/CFA-2021-2022
Registro procedimenti n. 0088/CFA/2021-2022
LA CORTE FEDERALE D’APPELLO
I SEZIONE
composta dai Sigg.ri:
Mario Luigi Torsello – Presidente
Angelo De Zotti – Componente
Claudio Tucciarelli - Componente (relatore)
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul reclamo n. 0088/CFA/2021-2022 proposto dal Procuratore Federale Interregionale, per la riforma della decisione del Tribunale federale territoriale presso il Comitato regionale Molise, di cui al Com. Uff. n. 75 del 2 febbraio 2022,
contro
la società F.C.D. Calcio Termoli 1920;
visto il reclamo e i relativi allegati; visti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza, tenutasi in videoconferenza il giorno 4 marzo 2022, il consigliere Claudio Tucciarelli e udito, per la Procura Federale reclamante, l’avvocato Enrico Liberati;
Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue.
RITENUTO IN FATTO
1. Il reclamo in epigrafe è stato presentato dal Procuratore Federale Interregionale avverso la decisione del Tribunale Federale Territoriale presso il Comitato Regionale Molise, pubblicata nel Comunicato Ufficiale n. 75 del 2 febbraio 2022 del Comitato Regionale Molise, relativa al deferimento n. 4256/1 pfi 21-22/PM/rn a carico della società F.C.D. Calcio Termoli 1920. Con la decisione reclamata il Tribunale aveva prosciolto la predetta società dalla incolpazione ascrittale.
2. La vicenda può essere così riassunta.
2.1. Il Procuratore federale interregionale, a seguito delle indagini svolte, ha comunicato all’interessato e alla società, il 7 luglio 2021, la conclusione delle indagini relative al sig. Marco Castelluccio, all'epoca dei fatti Presidente con poteri di rappresentanza della società F.C.D. Calcio Termoli 1920, per la violazione degli articoli 4, comma 1, e 23, comma 1, del Codice di Giustizia Sportiva (breviter, CGS), con l'aggravante di cui all'art. 14, comma 1, lettera l), del medesimo Codice. Il deferimento scaturiva dalla condotta tenuta dal signor Castelluccio il quale, in data 28 giugno 2021 (alle ore 18.26), aveva inviato, o comunque consentito che fosse inviata, dalla casella di posta elettronica certificata (breviter, PEC) della F.C.D. Calcio Termoli 1920 a quella del Collegio Arbitrale della L.N.D., in esito e successivamente alla decisione assunta da tale organo nell'ambito del procedimento di cui al lodo n.121/01 promosso dal sig. Paolo Cortellini (allenatore iscritto nei ruoli), una comunicazione contenente nel proprio testo frasi ed espressioni gravemente lesive del prestigio, del decoro, della onorabilità, della reputazione e della immagine propri del tesserato Cortellini, del Collegio Arbitrale della L.N.D. e di ciascuno dei suoi singoli componenti.
Nel testo della citata PEC è testualmente riportato: "quindi mi state imponendo di pagare 2 volte assegno di 1200,00 euro incassato dal Cortellini? (...) si comunica al collegio arbitrale (...) la relativa denuncia alla procura del tribunale di Campobasso nei confronti del sig. Cortellini Paolo e dei componenti del collegio arbitrale per i reati di estorsione, favoreggiamento, truffa, dichiarazioni false (...) grazie di tutto ci vediamo in tribunale".
Ad avviso del Procuratore federale interregionale si veniva così a configurare la violazione: dell’art. 23, comma 1, del CGS (dichiarazioni lesive) in base a cui ai soggetti dell'ordinamento federale è fatto divieto di esprimere pubblicamente giudizi o rilievi lesivi della reputazione di persone, di società o di organismi operanti nell’ambito del CONI, della FIGC, della UEFA o della FIFA; dell’art. 4, comma 1, del CGS, concernente l’obbligo di osservanza dello Statuto, del Codice, delle Norme Organizzative Interne FIGC (NOIF) nonché delle altre norme federali e dei principi della lealtà, della correttezza e della probità in ogni rapporto comunque riferibile all'attività sportiva. Il Procuratore federale interregionale ha inoltre ritenuto che sussistessero i presupposti per: l’applicazione dell’aggravante di cui all’art. 14, comma 1, lettera l), del CGS, concernente la commissione del fatto a mezzo stampa o altro mezzo di diffusione, comportante dichiarazioni lesive della figura di qualsiasi altro tesserato; la contestazione della recidiva, ai sensi dell'art. 18 del CGS, atteso che il sig. Marco Castelluccio, al momento del compimento delle condotte oggetto del procedimento, aveva già subito una sanzione disciplinare per fatti della stessa natura (provvedimento sanzionatorio di cui al Comunicato Ufficiale F.I.G.C. n.304/AA del 20 marzo 2021). Infine, il Procuratore ha tratto la conseguenza, ai sensi degli articoli 6, comma 1, e 23, comma 5, del CGS, della responsabilità diretta della società e ha rilevato che né l’interessato né la società avevano smentito o rettificato le dichiarazioni in questione.
2.2. Il signor Castelluccio e la società hanno poi presentato istanza di applicazione dell’art. 126 del CGS (Applicazioni di sanzioni su richiesta prima del deferimento), concordando infine con la Procura l’applicazione alla società della sanzione dell’ammenda di 450 euro (pari alla metà della sanzione base) e al signor Castelluccio della sanzione della inibizione per tre mesi (anche in questo caso, pari alla metà della sanzione base).
2.3. Il 21 luglio 2021, il Procuratore federale interregionale, all’esito della prescritta procedura, comunicava quindi al Presidente della FIGC l’applicazione della sanzione ai sensi dell’art. 126 del CGS. L’accordo intercorso tra la società e la Procura federale veniva infine reso noto con comunicato ufficiale della FIGC n. 33/AA del 6 agosto 2021, ai sensi dell’art. 126, comma 5, del CGS.
2.4. Sono poi decorsi inutilmente i trenta giorni previsti dall’art. 126, comma 5, del CGS, senza che la società avesse dato esecuzione al predetto accordo.
2.5. Con comunicato ufficiale n. 119/AA, pubblicato il 6 dicembre 2021, la FIGC ha dato atto alla Procura federale, per il seguito di competenza, dell’avvenuta risoluzione dell’accordo della società con la stessa Procura federale, dal momento che la società non aveva provveduto al pagamento ed era decorso il termine perentorio all’uopo previsto.
2.6. Il 13 dicembre 2021, il Procuratore federale interregionale ha quindi deferito la società, affinché rispondesse ai sensi degli artt. 6, comma 1, e 23, comma 5, del CGS.
2.7. E’ quindi intervenuta la decisione del Tribunale federale territoriale reclamata, che ha preso in considerazione due elementi rilevanti della condotta contestata: a) il carattere pubblico dei giudizi o rilievi formulati; b) la relativa idoneità diffamante del giudizio, del rilievo o della dichiarazione espressa. Ciò in ossequio a quanto espressamente previsto dall'art. 23, commi 1 e 2, del CGS, con riguardo: al divieto in capo ai soggetti dell'ordinamento federale di esprimere pubblicamente giudizi o rilievi lesivi della reputazione di persone, di società o di organismi operanti nell'ambito del CONI, della FIGC, della UEFA o della FIFA (comma 1); al carattere pubblico della dichiarazione quando è resa in pubblico ovvero quando per i destinatari, il mezzo o le modalità della comunicazione è destinata ad essere conosciuta o può essere conosciuta da più persone.
Il Tribunale ha escluso che sussistano i profili di responsabilità correlati alla disposizione richiamata.
Quanto al profilo relativo alla pubblicità della dichiarazione, il Tribunale ha osservato che la PEC inoltrata dall'indirizzo PEC della società F.C.D. Calcio Termoli 1920 esclusivamente a quello del Collegio Arbitrale L.N.D., e non ad altri indirizzi, non può ritenersi destinata ad essere conoscibile da più persone, atteso che il messaggio inviato a mezzo PEC può essere aperto solo dal destinatario Collegio Arbitrale L.N.D.
Quanto al profilo relativo alla lesività del giudizio e/o della dichiarazione espressa, ad avviso del Tribunale il testo inviato a mezzo PEC dal sig. Marco Castelluccio, all'epoca dei fatti Presidente della società deferita al Collegio Arbitrale della L.N.D. non contiene affatto espressioni effettivamente denigratorie e/o lesive della reputazione dei componenti del suddetto Collegio e del sig. Paolo Cortellini ma una mera comunicazione relativa alla volontà di sporgere denuncia nei loro confronti.
Ha osservato il Tribunale che, del resto, la reputazione del singolo soggetto deve essere bilanciata con altri diritti costituzionalmente garantiti, come quello alla libera manifestazione del pensiero, anche attraverso la cronaca, la critica e comunicazioni di volontà e decisioni.
La decisione reclamata ne ha fatto conseguire il proscioglimento della deferita società dalla incolpazione ascrittale.
3. Il Procuratore Federale Interregionale ha quindi presentato reclamo davanti a questa Corte Federale di appello avverso la decisione del Tribunale federale.
Il reclamo è affidato a un unico motivo: violazione ed erronea applicazione degli artt. 4, comma 1, 6, comma 1, e 23, commi 1 e 2, del CGS; erronea valutazione e inquadramento giuridico dei fatti accertati ed emergenti in maniera pacifica dagli atti del procedimento.
In particolare, la Procura precisa innanzitutto che l’unico capo di incolpazione in discussione è quello a carico della società a titolo di responsabilità diretta per gli atti e comportamenti posti in essere dal proprio presidente, in quanto non aveva ottemperato all’accordo ex art. 126 CGS, con conseguente risoluzione dello stesso di cui al Comunicato Ufficiale n. 119/AA del 6 dicembre 2021.
Quanto al primo aspetto evidenziato dal Tribunale (il carattere pubblico della comunicazione), ad avviso della Procura il giudice di primo grado avrebbe del tutto ignorato i più recenti orientamenti giurisprudenziali in tema di diffamazione a mezzo PEC, atteso che la Suprema Corte ha in più occasioni ribadito il principio secondo cui la trasmissione a mezzo posta elettronica certificata di messaggi contenenti espressioni lesive dell’altrui reputazione integra condotta punibile anche nell’ipotesi di diretta ed esclusiva destinazione a un solo indirizzo PEC. Inoltre, nel caso di specie, in mancanza di qualsivoglia elemento da cui poter trarre certo convincimento che il messaggio inviato dal Sig. Castelluccio all’indirizzo PEC del Collegio Arbitrale L.N.D. possa essere stato letto solo ed esclusivamente dal destinatario (nel caso di specie, peraltro, un collegio giudicante) sarebbe evidente che le dichiarazioni in esso contenute potessero essere conoscibili da più persone. Tanto più che l’accesso all’indirizzo PEC dell’organo giudicante sarebbe pacificamente consentito al personale in servizio presso l’ufficio del Collegio Arbitrale.
In ogni caso, anche in assenza di pubblicità delle dichiarazioni, il comportamento contestato al sig. Castelluccio avrebbe mantenuto, secondo la Procura Federale, la propria valenza disciplinare, in quanto comunque in contrasto con i principi di lealtà, probità e correttezza di cui al primo comma dell’art. 4 del CGS. Il giudice di primo grado, pertanto, avrebbe dovuto al limite riqualificare il fatto contestato in maniera chiara nel capo di incolpazione, irrogando la sanzione rapportata alla diversa e più tenue violazione comunque rinvenibile.
Quanto alla mancanza di profili denigratori e lesivi nelle espressioni utilizzate dall’interessato, la Procura richiama giurisprudenza delle SS.UU. della Corte federale d’appello sui canoni della continenza, pertinenza e veridicità del fatto cui il giudizio si riferisce, i quali valgono a tracciare il confine di liceità della critica e assumono una valenza molto più intensa nell’ordinamento sportivo anche alla luce degli specifici doveri che fanno capo agli associati.
Richiama, poi, la Procura l’orientamento della Suprema Corte secondo il quale costituisce presupposto necessario per il legittimo esercizio del diritto di critica “la continenza verbale”, ossia il mancato uso di espressioni inutilmente disonorevoli e/o esageratamente aggressive verso la persona. Le espressioni utilizzate dal sig. Castelluccio non avrebbero invece osservato tale criterio.
Secondo la Procura, da tale responsabilità conseguirebbe quella diretta a carico della società.
La Procura chiede quindi che, in riforma della decisione del Tribunale Federale Territoriale, a carico della società F.C.D. Calcio Termoli 1920, venga accolto integralmente il deferimento proposto dalla Procura Federale nei confronti della società F.C.D. Calcio Termoli 1920 e, per l’effetto, venga riconosciuta la responsabilità disciplinare della F.C.D. Calcio Termoli 1920 per tutte le violazioni ascritte e le sia comminata la sanzione di € 900 (novecento) di ammenda, così come richiesto in primo grado o, in subordine, quella ritenuta di giustizia dalla Corte Federale di appello.
4. All’udienza da remoto dell’11 marzo 2021, fissata per la discussione del reclamo, è comparso l’avvocato Enrico Liberati per la Procura Federale, che si è riportato all’atto del reclamo. Nessuno è comparso per la società.
CONSIDERATO IN DIRITTO
5. E’ sottoposta al Collegio l’applicazione di una sanzione pecuniaria a una società calcistica per dichiarazioni rese dal proprio presidente.
La Procura Federale ha reclamato la decisione di proscioglimento del Tribunale federale territoriale per il Molise per violazione ed erronea applicazione degli artt. 4, comma 1, 6, comma 1, e 23, commi 1 e 2, del CGS, erronea valutazione e inquadramento giuridico dei fatti accertati.
6. Il Collegio constata che negli atti di causa non sono indicate le specifiche circostanze che avevano condotto al lodo i cui contenuti sono stati poi contestati dal signor Castelluccio con le dichiarazioni controverse. Non vi è peraltro ombra di dubbio circa il contenuto e gli indirizzi di partenza e di arrivo della comunicazione di posta elettronica certificata (PEC) né essi sono oggetto di contestazione.
7. In particolare, il Tribunale territoriale ha escluso sia la pubblicità sia la lesività delle dichiarazioni, sì da prosciogliere l’interessato.
8. Ritiene questo Collegio che occorra considerare, rispetto al caso di specie, le censure svolte dalla Procura Federale avverso la decisione del Tribunale di primo grado che ha prosciolto la società dopo avere escluso sia la pubblicità sia la lesività delle dichiarazioni siano fondate.
8.1. Quanto al carattere pubblico delle dichiarazioni rese dal signor Castelluccio, non pare tuttavia possibile, come vorrebbe invece la Procura, riconoscere automaticamente il carattere pubblico di una PEC inviata all’indirizzo funzionale del collegio arbitrale.
Il reclamo si limita a citare genericamente, senza indicare alcuna sentenza specifica, giurisprudenza della Suprema Corte relativa alla compatibilità dell’utilizzo della PEC con la configurazione del reato di diffamazione.
Il Collegio osserva che sul punto assume specifico rilievo quanto precisato dalla Corte di Cassazione (v. Cass. pen., sez. V, sent. n. 34831 del 2020) secondo cui:
- l'utilizzo della posta elettronica non esclude la sussistenza del requisito della "comunicazione con più persone" anche nella ipotesi di diretta ed esclusiva destinazione del messaggio diffamatorio ad una sola persona determinata, quando l'accesso alla casella mail sia consentito almeno ad altro soggetto, a fini di consultazione, estrazione di copia e di stampa, e tale accesso plurimo sia noto al mittente o, quantomeno, prevedibile secondo l'ordinaria diligenza: è quanto accade, ad esempio, in ipotesi di trasmissione di un messaggio di posta elettronica al responsabile di un pubblico ufficio per motivi inerenti la funzione svolta che, per necessità operative del servizio o dell'ufficio, non resta riservato tra il mittente ed il destinatario ed è, pertanto, destinato ad essere visionato da più persone, salva l'esplicita indicazione di riservatezza;
- le comunicazioni trasmesse a mezzo PEC costituiscono un particolare tipo di posta elettronica, che consente di assegnare ad un messaggio di posta elettronica lo stesso valore legale di una tradizionale raccomandata con avviso di ricevimento;
- dal punto di vista dell'utente, la casella di posta elettronica certificata non si differenzia, dunque, da una normale casella di posta elettronica, se non per ciò che riguarda il meccanismo di comunicazione e la presenza delle ricevute inviate dai gestori PEC al mittente e al destinatario;
- le caratteristiche della PEC richiamate non escludono di per sè la potenziale accessibilità a terzi, diversi dal destinatario, delle comunicazioni, attenendo la certificazione ai soli elementi estrinseci della comunicazione e non già alla esclusiva conoscenza per il destinatario della e-mail originale;
- nondimeno, l'utilizzazione della PEC richiede un rafforzato onere di giustificazione riguardo all'elemento soggettivo del reato di diffamazione, in specie relativamente alla prevedibilità in concreto dell'accessibilità di terzi al contenuto dichiarativo, laddove il mittente opti per siffatto tipo di comunicazione proprio al fine della prova della ricevuta, avente valore legale, da parte del destinatario;
- indici rivelatori, in tal senso, possono essere desunti dalla conoscenza delle prassi in uso al destinatario, ovvero dalla natura stessa dell'atto, se destinato all'esclusiva conoscenza del medesimo o se, invece, finalizzato all'attivazione di poteri propri di quest'ultimo che, necessariamente, implichino l'accessibilità delle informazioni da parte di terzi.
A tali principi non può che aderire anche il Collegio, attesa la specifica attenzione che pone il CGS alla violazione disciplinare equivalente alla fattispecie di diffamazione.
La reputazione, che riceve tutela diretta e specifica, quanto all’ordinamento statuale, nel codice penale, nell’art. 595 (diffamazione), è similmente presidiata dal CGS che, oltre a stabilire, all’art. 4, comma 1, l’obbligo di osservanza dello Statuto, del Codice, delle Norme Organizzative Interne FIGC (NOIF) nonché delle altre norme federali e l’obbligo di osservanza dei principi della lealtà, della correttezza e della probità in ogni rapporto comunque riferibile all'attività sportiva, all’art. 23, comma 1, fa divieto espresso di esprimere pubblicamente giudizi o rilievi lesivi della reputazione di persone, di società o di organismi operanti nell’ambito del CONI, della FIGC, della UEFA o della FIFA.
In più, l’art. 14, comma 1, lettera l), prevede come aggravante l’aver commesso il fatto a mezzo stampa o altro mezzo di diffusione, comportante dichiarazioni lesive della figura e dell’autorità degli organi federali o di qualsiasi altro tesserato.
La presenza di ben due disposizioni specifiche relative a violazioni disciplinari commesse in danno della reputazione o della figura di altri soggetti appartenenti all’ordinamento sportivo costituisce un segnale inequivocabile del rilievo che proprio il CGS ha inteso attribuire alle violazioni in questione, sebbene in linea generale non tenda a tipizzare gli illeciti disciplinari a fronte della fattispecie aperta di cui all’articolo 4, comma 1, che si fonda su principi (la lealtà, la correttezza e la probità) la cui determinazione concreta è rimessa in ultima istanza agli organi della giustizia sportiva.
Invece, la lesione della reputazione o della figura di altri soggetti dell’ordinamento sportivo è oggetto delle fattispecie ad hoc prima richiamate. Tale impostazione costituisce evidentemente una forma di tutela rafforzata per l’ordinamento federale, che assegna alla reputazione dei propri tesserati un rilievo specifico tanto nei rapporti interni (il reciproco riconoscimento) quanto nei rapporti esterni (il credito sociale) (v. CFA, SS.UU. n. 10/2021-2022; n. 41/CFA/2021-2022).
La Corte non può quindi che confermare, anche nel presente giudizio, la peculiare cura che è e deve essere assicurata in ordine al rapporto tra tutela della reputazione ed estensione del diritto di critica nell’ambito dell’ordinamento federale.
Una volta precisata e ribadita l’importanza della tutela della reputazione nell’ordinamento sportivo, occorre chiedersi se, nel caso di specie all’esame del Collegio, in cui è in discussione la lesione della reputazione di soggetti appartenenti all’ordinamento federale tramite PEC, sia stato soddisfatto – in analogia con quanto indicato dalla Cassazione - il rafforzato onere di giustificazione riguardo all'elemento soggettivo dell’illecito sportivo, relativamente alla prevedibilità in concreto dell'accessibilità di terzi al contenuto dichiarativo.
A tale interrogativo, ad avviso del Collegio, deve essere data risposta negativa in relazione alle caratteristiche specifiche del presente caso. Proprio perché si tratta, in ossequio all’insegnamento della Suprema Corte, di un onere di giustificazione rafforzato, non sono sufficienti i riferimenti svolti in argomento dalla Procura federale che, invertendo l’onere della prova, deduce nel reclamo (pag. 4), dalla mancanza di qualsivoglia elemento da cui poter trarre certo convincimento che il messaggio inviato dal sig. Castelluccio all’indirizzo PEC del Collegio Arbitrale L.N.D. possa essere stato letto solo ed esclusivamente dal destinatario (nel caso di specie peraltro un collegio giudicante), la conseguenza che le dichiarazioni in esso contenute potessero (evenienza astratta) essere conosciute da più persone. Né è sufficiente a soddisfare l’onere probatorio rafforzato il generico riferimento all’accesso all’indirizzo PEC dell’organo giudicante.
Va quindi disatteso il motivo del reclamo con cui è avversata la decisione del Tribunale federale territoriale laddove ha escluso il carattere pubblico della comunicazione via PEC, nel caso di specie. Con l’esclusione del carattere pubblico viene meno la stessa illiceità del comportamento di cui all’art. 23, comma 1, del CGS.
8.2. Residua peraltro la questione relativa alla lesività delle dichiarazioni rese, parimenti esclusa dalla decisione reclamata.
Circa il carattere lesivo delle dichiarazioni, coglie invero nel segno il reclamo, laddove sostiene che in ogni caso il comportamento contestato al sig. Castelluccio avrebbe mantenuto la propria valenza disciplinare, in quanto comunque in contrasto con i principi di lealtà, probità e correttezza di cui all’art. 4, comma 1, del CGS e, quindi, che il giudice di primo grado avrebbe dovuto riqualificare il fatto contestato in maniera chiara nel capo di incolpazione, irrogando la sanzione rapportata alla diversa e più tenue violazione comunque rinvenibile.
Il Collegio ribadisce che il divieto di dichiarazioni lesive di cui all'art. 23 del CGS non è assimilabile, sic et simpliciter, al reato di diffamazione di cui all'art. 595 c.p., in quanto i canoni della continenza, pertinenza e veridicità del fatto cui il giudizio critico si riferisce, i quali valgono a tracciare, nell’ordinamento generale, il confine di liceità della critica, assumono una valenza molto più intensa nell’ordinamento sportivo, anche alla luce degli specifici doveri comportamentali che le fonti dell’ordinamento sportivo prescrivono in capo agli associati (v. CFA, Sez. un., decisione n. 14/CFA/20212022).
Costituisce comunque presupposto necessario per il legittimo esercizio del diritto di critica, la continenza ovvero la correttezza formale e sostanziale dell’esposizione dei fatti, da intendersi nel senso che l’informazione non deve assumere contenuto lesivo dell’immagine e del decoro altrui (Cass. civ., Sezione III Ord., 31/01/2018, n. 2357); al fine di configurare la scriminante del diritto di critica, è necessario quindi che non sia travalicato il limite della forma nella comunicazione della notizia e che, soprattutto, si eviti di trascendere in espressioni inutilmente disonorevoli e dispregiative o esageratamente aggressive verso la persona oggetto di critica, perché questa non può mai ledere la integrità del soggetto. In concreto, non possono essere qualificate come continenti le espressioni che si connotino per una carica di intrinseca offensività; al contrario, potranno ritenersi continenti le espressioni che si rivelino funzionali ad una dialettica in atto con un dato interlocutore; ulteriormente, saranno continenti le espressioni che assumano un carattere in sé non infamante od umiliante, non aggressive verso la persona del destinatario e non lesive della sua dignità (v. ad es. CFA, n. 18/CFA/2021-2022/B).
Laddove – come nel caso di specie – non sia stata dimostrata la sussistenza dei requisiti che configurano tale illecito, rimane da riscontrare se gli elementi comunque acclarati della fattispecie (le dichiarazioni rese) possano costituire l’illecito di cui all’art. 4, comma 1, del CGS, vera e propria fattispecie a casistica aperta.
E infatti, l’art. 4, comma 1, del CGS, e il conseguente dovere di osservanza dei principi di lealtà, correttezza e probità, laddove non sia possibile riconoscere, come nel caso in esame, la sussistenza degli elementi propri dell’illecito di cui all’art. 23 del CGS, conserva efficacia di disposizione di chiusura di carattere generale la cui applicazione non è esclusa necessariamente dalla presenza della disposizione speciale del citato art. 23 del CGS, ove di quest’ultima non venga riconosciuta – come nel caso di specie – l’applicabilità ma sussistano i presupposti per riconoscere comunque la violazione del dovere di lealtà, correttezza e probità.
L’art. 4, comma 1, del CGS, lungi dal costituire una norma in bianco, non può essere ricostruito e applicato secondo i canoni propri del diritto penale e, in specie, di quelli di determinatezza e tassatività. Le connotazioni proprie del diritto sportivo e la libera adesione a esso dei soggetti che ne fanno parte consentono di aderire a una diversa prospettiva e di dare maggior rilievo a profili valoriali di cui la disposizione in questione si fa portatrice, introiettando nell’ordinamento sportivo positivo principi che debbono ispirare la stessa pratica sportiva e, inevitabilmente, i comportamenti posti in essere da tutti i soggetti che di quell’ordinamento fanno parte.
Si spiega così la presenza di disposizioni, quale l’art. 4, comma 1, del CGS, caratterizzate dalla enunciazione di principi e da un certo grado di flessibilità, tale da consentire al giudice di spaziare ampiamente secondo le esigenze del caso concreto e da rendere possibili decisioni che, secondo l’evidenza del caso singolo, completino e integrino la fattispecie sanzionatoria anche attraverso valutazioni e concezioni di comune esperienza.
L’art. 4, comma 1, redatto secondo la tecnica della normazione sintetica, sfugge a una descrizione puntuale delle singole tipologie di comportamento, che presenterebbe l’inconveniente dell’eccesso casistico, per ricorrere a elementi normativi che rinviano a una fonte esterna come parametro per la regola di giudizio da applicare al caso concreto (la lealtà, la probità, la correttezza) secondo il prudente apprezzamento del giudice. Si tratta (per utilizzare una classificazione propria del diritto penale, senz’altro riferibile anche all’illecito sportivo) di elementi normativi extragiuridici che rinviano a norme sociali o di costume e da autorevole dottrina paragonati a una sorta di “organi respiratori” che consentono di adeguare costantemente la disciplina trattata all’evoluzione della realtà sociale di riferimento (in questo caso, alla realtà propria dell’ordinamento sportivo).
Ebbene, nella controversia in esame, gli espliciti riferimenti del sig. Castelluccio a condotte criminose asseritamente poste in essere dagli interlocutori, privi di qualsivoglia argomentazione, connotate da una forma inappropriata e priva dei caratteri di continenza indicati da consolidata giurisprudenza (v. ad es. CFA, SS.UU. n. 10/2021-2022, sez. IV, n. 49/2020-2021; Corte di giustizia federale, sez. I, n. 23/2013/2014, Corte di Cassazione, Sez. V pen., sent. n. 17259/2020), configurano una palese violazione del dovere di osservanza dei principi della lealtà, della correttezza e della probità, previsto dall’art. 4, comma 1, del CGS.
Il Tribunale federale territoriale non ha tenuto conto di tale profilo che, invece, configura una violazione di un dovere che, come si è detto, implica l’assunzione di una responsabilità rafforzata in capo a tutti i soggetti dell’ordinamento sportivo e che deve contraddistinguere sia la pratica sportiva sia le condotte di dirigenti e operatori, in applicazione della fattispecie aperta prevista dall’art. 4, comma 1, del CGS.
8.3. Il Collegio ritiene utile integrare le considerazioni che precedono con una annotazione aggiuntiva, che attiene a una valutazione circa l’effettivo rispetto dei principi di lealtà e probità nel corso del tempo.
La condotta tenuta dall’interessato non costituisce una novità. In disparte la verifica, non documentata dalla Procura federale, dei presupposti per riconoscere la recidiva ai sensi dell’art. 18 del CGS, è da osservare che già in altre occasioni il signor Castellino ha tenuto una condotta similare a quella di cui al presente giudizio, sia nei rapporti con altri soggetti dell’ordinamento sportivo sia nei rapporti con la Procura federale. Infatti, il signor Castelluccio: a) già nel 2021 aveva disatteso l’accordo in precedenza concluso con la Procura federale (v. comunicati FIGC 304/AA, pubblicato il 29 marzo 2021, e 13/AA, pubblicato il 20 luglio 2021, in quel caso con inibizione di 45 giorni e 300 euro di ammenda alla società); b) è stato condannato dal Tribunale federale territoriale del Molise per avere prodotto quietanza apocrifa di euro 500, relativa a un presunto accordo tra la società e il signor Cortellini, nella medesima vertenza dinanzi al collegio arbitrale (decisione del Tribunale federale territoriale del Molise del 9 novembre 2021, R.G.
n. 03/2021-2022 TFT, che ha sanzionato l’interessato con l’inibizione per mesi otto); c) è stato condannato dal Tribunale federale territoriale per ritardato pagamento di quanto dovuto al signor Cortellini, all’esito del lodo del collegio arbitrale nel procedimento n. 121/01 (decisione del medesimo Tribunale federale territoriale del 3 dicembre 2021, R.G. n. 04/2021-2022 TFT, che ha sanzionato il signor Castelluccio con l’inibizione per quattro mesi e la società con l’ammenda di 100 euro).
8.4. In conclusione, nei termini e per le ragioni esposte, il reclamo va accolto e, in riforma della decisione reclamata, va applicata la sanzione di 700 euro a carico della società in relazione alla violazione dell’art. 4, comma 1, del CGS.
P.Q.M.
Accoglie il reclamo in epigrafe e, per l'effetto, irroga alla società F.C.D. Calcio Termoli 1920 la sanzione dell'ammenda di € 700 (settecento).
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Claudio Tucciarelli Mario Luigi Torsello
Depositato
IL SEGRETARIO
Fabio Pesce