F.I.G.C. – CORTE SPORTIVA D’APPELLO – Sezioni Unite – 2021/2022 – figc.it – atto non ufficiale – DECISIONE N. 249/CSA pubblicata il 12 Aprile 2022 – A.S. Roma S.p.A.

Decisione n. 249/CSA/2021-2022        

Registro procedimenti n. 199/CSA/2021-2022 

 

LA CORTE SPORTIVA D’APPELLO NAZIONALE

SEZIONI UNITE

 

composta dai Sigg.ri:

Carmine Volpe – Presidente

Pasquale Marino – Componente

Patrizio Leozappa – Componente

Umberto Maiello- Componente (relatore)

Lorenzo Attolico - Componente

Franco Granato- Rappresentante AIA

ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul preannuncio di reclamo numero 199/CSA/2021-2022, proposto dalla società A.S. Roma S.p.A.,

per la riforma della decisione del Giudice Sportivo presso la Lega Nazionale Professionisti Serie A, di cui al Comunicato Ufficiale n. 186 del 22.02.2022; 

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

La società A.S. Roma, con nota del 23 febbraio 2022  e nell’interesse del proprio tesserato Josè Dos Santos Mourinho, preannunciava reclamo avverso la decisione assunta dal giudice sportivo presso la Lega italiana Calcio Professionistico Serie A e resa pubblica mediante comunicato ufficiale n. 186 del 22 febbraio 2022.

Ciò nondimeno, la suddetta società, all’esito dell’acquisizione degli atti di gara, trasmessi dalla Segreteria con pec del 25.2.2022, non depositava l’atto di reclamo.

Il compito rimesso a questa Corte, nella composizione a Sezioni Unite e in ragione della sua funzione nomofilattica, involge, per i profili di rilevanza e di principio della questione qui in rilievo e in ragione della possibile formazione di contrasti giurisprudenziali, l’esegesi della disposizione di cui all’art.  71, comma 3, del Codice di Giustizia Sportiva della FIGC (di seguito anche solo Codice), ultimo periodo, nella parte in cui prevede che, “In caso di mancato deposito del reclamo nel termine indicato, la Corte sportiva di appello non è tenuta a pronunciare”.

Segnatamente, la quaestio iuris qui devoluta all’attenzione della Corte attiene agli sviluppi che in rito determina il mancato deposito del reclamo sebbene preannunciato. Occorre in altri termini chiarire se, ed eventualmente in che forma e a quali condizioni, la Corte sia tenuta a riscontrare, con un proprio provvedimento formale, la dichiarazione di preannuncio del reclamo depositata dalla parte.

Tanto premesso, mette conto evidenziare che, solo con il Codice del giugno 2019, è stato introdotto nell’ordinamento endofederale il principio regolatorio qui in rilievo, che dispensa questa Corte dall’obbligo di pronunciarsi.

La divisata regula iuris risulta riprodotta anche all’articolo 67, comma 2, relativamente ai procedimenti innanzi al giudice sportivo, e all’art. 76, comma 3, per i procedimenti innanzi alla Corte Sportiva di appello a livello territoriale, tutti contraddistinti da un’articolazione bifasica, qualificata dal preannuncio del ricorso (ovvero del reclamo per i procedimenti di secondo grado, innanzi alla Corte Sportiva, nelle sue articolazioni, nazionale e territoriale) cui segue il deposito del ricorso ( ovvero del reclamo).

Sul punto, le singole Sezioni di questa Corte hanno ritenuto, senza affrontare ex professo la questione, di doversi comunque pronunciare pur in mancanza del deposito dell’atto di reclamo, limitandosi a prendere atto della mancata presentazione della domanda e definendo il procedimento con una declaratoria di inammissibilità (cfr. ex multis Sezione

Seconda n.166 del 4.11.2019, n. 131 del 7.2.2020, n. 150 del 12.2.2020; Sezione Terza, n. 40 del 25.10.2019, n. 146 del 20.1.2020, n. 173 del 3.5.2021, n. 84 del 12.2.2021, Sezione Prima, n. 22 del 4.12.2020).

Orbene, ritiene invece questa Corte che, in ragione dello stesso chiaro valore semantico della disposizione in argomento, in siffatte evenienze l’organo di giustizia sportiva sia dispensato dallo svolgimento delle tipiche attività di gestione del procedimento difettando, in apice, la stessa giuridica esistenza di una domanda, di guisa che, solo a valle della sua formalizzazione in un atto tipico sussumibile nella categoria giuridica del “reclamo”, potranno ritenersi predicabili l’attivazione del procedimento innanzi alla Corte con fissazione dell’udienza di trattazione ex articolo 72 del Codice e la sua definizione attraverso l’adozione di una pronuncia espressa.

Tanto si evince, anzitutto, come già sopra anticipato, dallo stesso significato letterale delle proposizioni normative con cui il legislatore federale ha disciplinato la specifica fattispecie qui in rilievo, all’uopo utilizzando una formula eloquente - “In caso di mancato deposito del reclamo nel termine indicato, la Corte sportiva di appello non è tenuta a pronunciare” – la cui univoca portata precettiva vieppiù risalta in comparazione con altre disposizioni del medesimo Codice in cui viene, viceversa, espressamente prevista la sanzione della “inammissibilità” del ricorso o del reclamo (cfr. articolo 49, comma 4, del Codice).

D’altro canto, è di tutta evidenza la condivisibile ratio su cui riposa la diversa scelta operata dal legislatore federale che si dispiega in coerenza con l’esigenza di economia dei mezzi giuridici, ben consapevole della natura limitata della risorsa giustizia, di guisa che, in mancanza di una domanda, è del tutto naturale che non vi sia necessità di risposta vieppiù nell’ambito di un procedimento strutturato in una pluralità di adempimenti – tra cui quello della fissazione dell’udienza – che, proprio perché strettamente correlati ad una editio actionis, non avrebbero, in sua assenza, alcuna ragione d’essere.

Peraltro, la soluzione esegetica privilegiata da questa Corte trova ulteriore conforto in una lettura sistemica dell’ordinamento settoriale.

L’art. 49 del Codice indica espressamente – nei casi in cui non si proceda d’ufficio - gli atti introduttivi del procedimento innanzi agli organi di giustizia sportiva, individuandoli nel ricorso e nel reclamo, a seconda del grado di giudizio in cui vengono spiegati, e indicando in dettaglio il contenuto e i requisiti di forma minimi che, a pena di inammissibilità, tali atti devono avere.

La formalizzazione della domanda è, però, preceduta dalla dichiarazione di preannuncio di reclamo, non espressamente disciplinata nel suo contenuto tipico, all’uopo prevedendosi esclusivamente un onere di formale partecipazione alla controparte e di deposito presso la Segreteria dell’organo di giustizia adito, peraltro non presidiato da una specifica sanzione (artt. 49, comma 4, 67, comma 1, 71, comma 2, 76, comma 2).  Tale dichiarazione riflette, dunque, una natura meramente enunciativa, risolvendosi nella partecipazione di un intento ed è, pertanto, strutturalmente e funzionalmente priva dei requisiti minimali tipici – causa petendi e petitum – di una domanda, con conseguente inettitudine a perimetrare, finanche in modo embrionale, i possibili contenuti di una res controversa.

La suddetta dichiarazione costituisce, altresì, in coerenza con quanto fin qui evidenziato, il veicolo tipico per dare impulso all’acquisizione degli atti del procedimento, la cui disamina si rivela pregiudiziale rispetto alla scelta della parte di adire o meno l’organo di giustizia e, nella prima ipotesi, di articolare motivi di doglianza. Ciò spiega anche le ragioni per cui la dichiarazione di preannuncio di reclamo è, comunque, soggetta al versamento del contributo.

La complessiva differenza di regime, tra il reclamo in senso proprio e la dichiarazione di preannunzio del reclamo medesimo, si giustifica proprio in ragione del fatto che solo il primo, a differenza della dichiarazione preparatoria, concretando una vera e propria domanda, è idoneo ad incardinare il procedimento.

Il descritto modello legale, quanto alla fase introduttiva del contenzioso, viene, poi, replicato e implementato dalle disposizioni che disciplinano i singoli procedimenti (art. 67 quanto ai procedimenti dinanzi al giudice sportivo, art. 71 quanto al procedimento dinanzi alla Corte sportiva di appello a livello nazionale, art. 76 per i procedimenti dinanzi alla Corte sportiva di appello a livello territoriale).

Per quanto qui di più diretto interesse, l’art. 71 del Codice prevede, al comma 1, che “Avverso le decisioni del Giudice sportivo nazionale, le società e i loro tesserati possono presentare reclamo alla Corte sportiva di appello a livello nazionale”.

Il successivo comma 2 soggiunge che “Il reclamo deve essere preannunciato con dichiarazione depositata unitamente al contributo, a mezzo posta elettronica certificata, presso la segreteria della Corte sportiva di appello a livello nazionale e trasmessa ad opera del reclamante alla controparte, entro il termine di due giorni dalla pubblicazione della decisione che si intende impugnare”.

A tale fase segue quella, eventuale, del deposito del reclamo presso la Segreteria della Corte e della coeva trasmissione del suddetto mezzo alla controparte entro cinque giorni dalla pubblicazione della decisione che si intende impugnare (comma 3).

Sul versante dell’organo giudicante, gli adempimenti da esso esigibili – salvo che per la trasmissione degli atti a cura della Segreteria in riscontro ad apposita istanza contenuta nella dichiarazione di preannuncio del reclamo (in tal senso art. 71, comma 5) – prendono abbrivio solo a seguito e per effetto del deposito del reclamo: in tal senso, depone la piana lettura dell’articolo 72, comma 1, del Codice, nella parte in cui prevede che “entro cinque giorni dal deposito del reclamo, il Presidente della Corte sportiva di appello a livello nazionale fissa l’udienza in camera di consiglio, che deve tenersi entro quindici giorni dal deposito del reclamo”.

E d’altro canto è solo in relazione ad un formale atto di reclamo che si raccorda l’intera scansione del procedimento sia sotto il profilo della tempistica (artt. 54 e 72) che per gli aspetti più prettamente riferiti all’esito del procedimento, quanto cioè ai possibili sbocchi decisori (art. 73) o che comunque incidono, ad esempio nel caso di una successiva rinuncia, sulla sua definizione.

In definitiva, la Corte può essere evocata solo a seguito e per effetto del deposito del reclamo.

Ne discende, pertanto, che, in mancanza della presentazione del reclamo, questa “… Corte sportiva di appello non è tenuta a pronunciare”, nel senso che non vi è luogo a provvedere e, prima ancora, non va incardinato alcun procedimento, dovendo in siffatte evenienze la dichiarazione di preannuncio di reclamo essere direttamente archiviata dalla Segreteria.  

In ciò va colta – alla stregua di tutto quanto fin qui esposto – una differenza rispetto alla disciplina sul punto dettata dal Codice della Giustizia Sportiva del CONI che, invece prevede, all’art. 23, comma 3, il distinto istituto del reclamo con riserva dei motivi all’uopo prescrivendo, e proprio perché muove dalla distinta premessa di un reclamo già depositato, che i motivi “..devono essere integrati, a pena di inammissibilità, non oltre il terzo giorno successivo a quello in cui il reclamante ha ricevuto copia dei documenti richiesti”.

A diversa conclusione deve ovviamente pervenirsi nei casi in cui un reclamo risulti, comunque, depositato nella Segreteria della Corte anche se il termine fissato dal Codice per la cura di tale adempimento è oramai scaduto.

È, infatti, di tutta evidenza come in siffatta evenienza, e a differenza di quella fin qui passata in rassegna, una domanda risulta formalmente avanzata, ancorché in modo irrituale essendo nel frattempo la parte decaduta dalla facoltà di proporre impugnazione, di guisa che in questo caso la Corte sarà tenuta a pronunciarsi, sia pur definendo in rito il procedimento.

Coerentemente, e non essendovi materia su cui provvedere, gli atti vanno rimessi alla Segreteria per la relativa archiviazione.

P.Q.M.

Rimette gli atti alla Segreteria per la relativa archiviazione.

 

L’ESTENSORE                                                      IL PRESIDENTE

Umberto Maiello                                                     Carmine Volpe

 

Depositato

 

IL SEGRETARIO

Fabio Pesce   

 

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