F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – Sezione I – 2022/2023 – figc.it – atto non ufficiale – Decisione n. 0044/CFA pubblicata il 21 Novembre 2022 (motivazioni) – Sig. Bianchi Lapo

Decisione/0044/CFA-2022-2023

Registro procedimenti n. 0051/CFA/2022-2023

 

LA CORTE FEDERALE D’APPELLO

I SEZIONE

 

composta dai Sigg.ri:

Mario Luigi Torsello – Presidente

Angelo De Zotti - Componente (Relatore)

Fabrizio D'Alessandri - Componente

ha pronunciato la seguente

DECISIONE

Sul reclamo n. 0051/CFA/2022-2023 proposto dal Sig. Bianchi Lapo,

per la riforma della decisione del Tribunale federale territoriale c/o il Comitato Regionale Toscana di cui al Com. Uff. n. 31 del 27.10.2022;

Visto il reclamo e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza, tenutasi in videoconferenza il giorno 11 novembre 2022, il Pres. Angelo De Zotti e udito l'Avv. Fabio Giotti e David Cerrini per il reclamante e l’Avv. Enrico Liberati per la Procura federale;

RITENUTO IN FATTO

Il calciatore Bianchi Lapo espone di essere venuto a conoscenza della pubblicazione della decisione emessa dal Tribunale Federale Territoriale Toscana pubblicata sul C.U. C.R. Toscana n. 321 del 27/10/2022 nella quale gli è stata contestata la pronuncia di una frase a carattere razziale nella gara Fucecchio – Cuoiopelli del 9 ottobre 2021 valevole per il campionato Under 19 Regionale Toscana ed irrogata la squalifica per 10 giornate di gara.

Espone altresì di non essersi costituito nel procedimento di primo grado perché sostiene di non aver mai avuto notifica di alcun atto che lo riguardasse e per questo intende con l’odierno atto di gravame impugnare la decisione del TFT ed il procedimento disciplinare da cui è derivata la suddetta decisione.

Sostiene che la stessa frase a carattere razziale per la quale egli è stato condannato risulta essere stata già oggetto di altro procedimento nel quale è stato condannato il calciatore della A.C. Fucecchio Iaia Jarno, al tempo dei fatti compagno di squadra di Lapo Bianchi, come risulta dal C.U. CR Toscana n. 27 del 14/10/2021 contenente la decisione del giudice sportivo che comminò al predetto calciatore la squalifica per 10 gare e dal C.U. CR Toscana n. 33 del 2 05/11/2021 contenente la decisione della Corte sportiva d’appello territoriale, confermativa della decisione del GST, infine impugnata dinanzi al Collegio di garanzia dello sport che, con dispositivo del 23 maggio 2022, ha confermato le decisioni degli organi di giustizia territoriale.

Ciò premesso in punto di fatto, il calciatore Bianchi Lapo propone l’odierno reclamo per i seguenti motivi:

1. Inammissibilità e/o improcedibilità dell’atto di deferimento e di tutti gli atti prodromici e conseguenziali per inesistenza e/o nullità di tutte le notifiche effettuate al sig. Bianchi Lapo in violazione dell’art. 53, comma 5, lett. a), CGS; violazione del diritto di difesa e del contraddittorio.

Con il motivo di reclamo si contestano in via preliminare tutte le notifiche effettuate al calciatore Banchi Lapo nel corso del procedimento disciplinare culminato con la decisione impugnata, nella quale è stata rilevata la contumacia dell’odierno reclamante, sostenendo che solo dalla pubblicazione della predetta decisione e dal clamore mediatico che essa ha suscitato in ambito regionale, ha avuto conoscenza del giudizio e del sottostante procedimento culminato nel deferimento dell’1 settembre 2020; che dagli accertamenti svolti presso le società presso le quali la Procura Federale prima ed il TFT dopo avrebbero potuto effettuare le notifiche, ovvero la società A.C. Fucecchio, anch’essa deferita, e la U.S. Poggibonsi quale società titolare del tesseramento del reclamante nella corrente stagione sportiva, emerge che la notifica dell’atto di deferimento è stata effettuata a Lapo Bianchi presso la società A.C. Fucecchio, che non ha mai informato il reclamante di tale procedimento concluso con l’atto di deferimento del 1 settembre 2022 in una data  nella quale il reclamante non aveva più alcun rapporto con la società A.C. Fucecchio ed era invece tesserato con la U.S. Poggibonsi fin dal precedente 6 luglio 2022. La suddetta notifica è pertanto, nella tesi di parte, inesistente e/o nulla perché ai sensi dell’art. 53, comma 5, lett. a), punto 1), CGS la notifica del deferimento avrebbe dovuto essere effettuata presso la “società di appartenenza” del calciatore, ovvero la U.S. Poggibonsi e non la A.C. Fucecchio.

E comunque, anche qualora fosse stata presa in considerazione l’ipotesi disciplinata dall’art. 53, comma 5, lett. a), punto 2), CGS ed effettuata la notifica del deferimento presso la società “dell’ultimo tesseramento” del calciatore, quindi la A.C. Fucecchio, questa si sarebbe perfezionata non solo con la trasmissione dell’atto al destinatario persona fisica, non avvenuto nel caso di specie, ma anche con l’ulteriore adempimento rappresentato dalla prova incombente sulla società di informare e dare prova all’organo procedente di aver effettuato tale adempimento.

2. Difetto di competenza del Tribunale federale per violazione del riparto di competenze ai sensi dell’art. 65 CGS in relazione all’art. 79, comma 1, CGS.

Il motivo di reclamo, si sostiene, trova fondamento in un recente arresto giurisprudenziale dell’adita Corte a SS.UU. nel quale sono stati stabiliti i seguenti principi di diritto: “Ciò che, però, non pare ammissibile de iure condito in quanto – come sopra detto – il canone ermeneutico da utilizzare – in conseguenza della natura eccezionale della disposizione contenuta nell’art. 79 che radica la competenza residuale del Tribunale federale – è quello della prudenza ermeneutica, al fine di evitarne una lettura estensiva che potrebbe comportare una sostanziale vanificazione del riparto di 4 competenze tra i diversi organi di giustizia” (Decisione n. 0075/CFA-2021-2022). Nel caso di specie il difetto di competenza del Tribunale federale sarebbe ancora più evidente perché l’espressione di natura razziale contestata al Bianchi è la stessa per la quale gli organi di giustizia hanno già deliberato in modo definitivo nei ricorsi avverso i predetti fatti. Si sostiene inoltre che, ai sensi dell’art. 79, comma 1, CGS, il Tribunale federale ha una generale competenza a giudicare sui fatti rilevanti per l’ordinamento sportivo con un solo limite rappresentato dalla mancata instaurazione del procedimento al giudice sportivo che nel caso di specie risulta per tabulas esserci stata.

Il terzo motivo di appello viene dichiaratamente esposto solo per completezza difensiva e senza per questo accettare il contraddittorio per la prima volta in appello e senza accettare la competenza del Tribunale federale a decidere sulla presente vicenda per la quale vi è già stato un giudizio definitivo da parte del Giudice sportivo, della Corte sportiva appello e del Collegio di garanzia dello sport.

Tanto premesso i difensori contestano la fondatezza degli addebiti mossi al Bianchi in ordine al quale non ritengono esista alcuna prova della sua responsabilità.

Nella memoria prodotta in vista dell’udienza si contestano nondimeno le conclusioni esposte nella decisione appellata assumendo che le prove testimoniali acquisite nel corso del procedimento concluso con l’atto di deferimento non valgono ad individuare nel Bianchi l’autore dell’illecito ma, casomai, ad escludere che lo Jarno Iaia fosse il responsabile dei fatti contestati, atteso che nessuna delle persone sentite hanno riferito agli inquirenti che la frase contestata è stata pronunciata dal calciatore Bianchi Lapo avente il n. 5 sia sulla maglia che sui calzoncini, e ciò neanche a distanza di tempo e sotto “naturale” pressione psicologica, concludendo per l’annullamento della decisione appellata.

All’udienza dell’11 novembre 2022, previa accettazione delle regole che disciplinano la trattazione del giudizio sportivo in videoconferenza, udite le parti, che hanno ribadito motivi ed eccezioni, la causa è stata posta in decisione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo di ricorso il reclamante, che non si è costituito nel giudizio di prime cure, sostiene di avere appreso della sanzione irrogata al medesimo solo dalla pubblicazione della decisione reclamata e dal clamore mediatico che essa ha suscitato in ambito regionale. Ciò in quanto la notifica dell’atto di deferimento del 1° settembre 2022 è stata effettuata al Lapo Bianchi presso la società A.C. Fucecchio che non ha mai informato il reclamante di tale procedimento, la cui instaurazione va fatta coincidere con l’azione disciplinare esercitata dalla Procura Federale proprio con il predetto atto di deferimento del 1° settembre 2022, vale a dire in una data nella quale il reclamante non aveva più alcun rapporto con la società A.C. Fucecchio ed era invece tesserato con la U.S. Poggibonsi.

1.1 A fronte di tali affermazioni e per contrastare il motivo di censura, la Procura Federale ha prodotto il documento del 31 maggio 2022 (documento 7b allegato al fascicolo di causa) con cui il calciatore Lapo Bianchi, ascoltato nella fase delle indagini preliminari conclusasi con il deferimento del 1° settembre 2022, dichiara di voler ricevere, ai fini del presente procedimento, tutte le future comunicazioni tramite la mail acfucecchio@pec.it.

E a tale indicazione si è attenuta la Procura Federale, notificando all’indirizzo scelto e indicato dal reclamante tutti gli atti che sono stati assunti a conclusione delle indagini preliminari, vale a dire sia l’atto di deferimento (notifica avvenuta con posta pec del 1° settembre 2022) che le comunicazioni relative alla fase processuale instaurata presso il Tribunale federale regionale di prime cure, che si è conclusa con la decisione che è oggetto dell’odierno reclamo in appello.

1.2 Ebbene, stando così, indiscutibilmente, le cose ed avendo il calciatore Lapo Bianchi dato indicazioni specifiche sulla notifica degli atti del procedimento, al quale stava partecipando, non vede il Collegio come le notifiche possano essere considerate nulle o inesistenti, come sostiene il destinatario delle relative comunicazioni.

1.2.1 In particolare, non è possibile assumerne l’invalidità perché la società A.C. Fucecchio non ha informato il calciatore delle notifiche ricevute per suo conto. Infatti, anche se fosse provato che questa informazione è mancata, sarebbe stato comunque onere del calciatore - che non si era avvalso della facoltà di indicare anche un indirizzo di posta mail personale, come altri testi auditi dalla Procura - accertarsi dell’esito del procedimento e dell’esistenza o meno di comunicazioni a lui indirizzate.

1.2.2 Ugualmente, non vale sostenere che nei mesi successivi all’atto del deferimento il calciatore era già stato tesserato per altra società sportiva, nello specifico per la US Poggibonsi, perché anche in tal caso sarebbe stato suo onere informare la Procura dell’eventuale cambio di indirizzo medio tempore intervenuto.

1.2.3 Allo stesso modo non vale assumere che, poiché risulta agli atti che la Procura Federale aveva convocato il Bianchi Lapo ed altri calciatori della AC Fucecchio, per l’audizione del 31 maggio 2022 “come persone informate sui fatti” e non come persona sottoposta alle indagini, il verbale di audizione del Bianchi era è inutilizzabile e la notifica andava quindi eseguita ai sensi dell’art. 53, comma 5), lett. a), punto 1), CGS presso la società di appartenenza del calciatore, ovvero presso la US Poggibonsi.

E ciò sia perché la Procura non era affatto tenuta a sapere quale fosse tale nuova società - essendo preciso onere del calciatore comunicare tale variazione - sia perché se la Procura avesse notificato ad un indirizzo diverso da quello della società AC Fucecchio, il calciatore avrebbe verosimilmente sostenuto - e a ragione - che la notifica non era andata a buon fine perché la Procura non si era attenuta alle sue indicazioni.

1.3 A tutto quanto precede va aggiunto che qui non si tratta di una sola comunicazione ma di una serie di comunicazioni che riguardano sia l’atto di deferimento che quelle relative al processo avviato a seguito dello stesso deferimento presso la Corte federale territoriale.

Il primo motivo di reclamo va quindi respinto.

2. Con il secondo motivo il reclamante deduce il difetto di competenza del Tribunale federale per violazione del riparto di competenze, ai sensi dell’art. 65 C.G.S. in relazione all’art. 79, comma 1, C.G.S.

2.1 Tale motivo, o eccezione che dir si voglia, è inammissibile.

Difatti il difetto di competenza del Tribunale federale territoriale doveva essere rilevato in primo grado per poi dedurlo, con specifico motivo, avverso il capo della pronuncia impugnata che, in modo esplicito o implicito, ha statuito sulla competenza.

Il che il reclamante non ha fatto, non essendosi neanche costituito innanzi al Tribunale federale territoriale per sua libera scelta processuale, in relazione a quanto statuito al punto 1 della presente decisione.

Con l’effetto che la questione della competenza del Tribunale non può più essere esaminata in grado d’appello.

Difatti – secondo principi propri dell’ordinamento generale (Cass., Sez. un., 9 ottobre 2008, n. 24883) - incombe su tutti i soggetti del rapporto processuale l’onere di controllare il corretto esercizio della potestas iudicandi, fin dalle prime battute processuali, anche quando la questione non venga espressamente sollevata.

Tali principi valgono a maggior ragione nell’ordinamento sportivo.

È noto, difatti, che ammettere la rilevabilità del difetto di competenza in sede di appello – allorché nulla si sia ritenuto di eccepire in primo grado - aumenterebbe il rischio di un tardivo revirement sulla questione, in violazione del principio di ragionevole durata del processo, in deroga a quanto previsto dall’art. 44, comma 2, del Codice di giustizia sportiva e dall’art. 2, comma 3, del Codice CONI.

Tale è, del resto, la ratio sottesa anche all’art. 15 del Codice del processo amministrativo secondo cui: “Il difetto di competenza è rilevato d’ufficio finché la causa non è decisa in primo grado. Nei giudizi di impugnazione esso è rilevato se dedotto con specifico motivo avverso il capo della pronuncia impugnata che, in modo esplicito o implicito ha statuito sulla competenza.”.

Orbene, occorre ribadire che uno dei principi cardine della giustizia sportiva è la tempestività delle decisioni e ciò in quanto il suo tratto caratteristico e fortemente distintivo è la rapida definizione delle questioni controverse, in modo da consentire lo svolgimento in condizioni di certezza giuridica delle manifestazioni sportive (Corte federale d’appello n. 40/2022-2023).

La tempestività, dunque, è la caratteristica fondamentale dell’ordinamento sportivo e uno degli elementi fondanti della propria legittimazione.

In questo senso la parte non può attendere la conclusione del primo grado del procedimento per proporre eccezioni che avrebbe potuto già sollevare partecipando all’udienza a cui sia stata regolarmente e ritualmente convocata (Corte federale d’appello, Sez. II,n. 56/2019-2020) e, pertanto, il reclamo non può sopperire alla mancata partecipazione dell’attore al giudizio di primo grado (Corte federale d’appello, Sez. II, n. 59/2020-2021).

Sotto altro – ma concorrente – profilo, la circostanza che l’odierno reclamante non si sia costituito in primo grado, a fortiori, vale a qualificare il dedotto motivo in appello quale “domanda nuova”, in deroga a quanto previsto dall’art. 101, comma 3, del Codice di giustizia sportiva.

In sostanza, sulla questione della competenza non è stato svolto alcun contradditorio in prime cure e non esiste un capo di pronuncia contro il quale dirigere l’impugnativa.

L’opposta tesi farebbe venir meno la ragion d’essere del giudizio di primo grado, per devolvere al solo giudice d’appello questioni che potrebbero essere definite immediatamente dal primo giudice, senza prolungare la durata di un processo, quale quello sportivo, che è improntato – come detto - al principio della massima celerità e a rigorosi termini di celebrazione e di durata.

Con sostanziale vanificazione della funzione del doppio grado di giudizio.

A ciò va soggiunto che, trattandosi di un motivo che inficia non il provvedimento reclamato ma un capo della decisione appellata, è evidente che il giudice d’appello non può desumerlo dai fatti di causa ma deve necessariamente riferire il proprio giudizio ad un capo specifico della decisione appellata.

Ciò che nella specie indiscutibilmente difetta, poiché nel giudizio di prime cure nessuno ha sollevato quel motivo e di esso il Tribunale non si è minimamente occupato, avendo trattato esclusivamente questioni di merito.

Il secondo motivo di reclamo va quindi dichiarato inammissibile.

3. Quanto al terzo motivo di appello, che viene dichiaratamente esposto “solo per completezza difensiva e senza per questo accettare il contraddittorio per la prima volta in appello e senza accettare la competenza del Tribunale federale a decidere sulla presente vicenda per la quale vi è già stato un giudizio definitivo da parte del Giudice sportivo, Corte sportiva appello e Collegio di garanzia dello sport”, il Collegio osserva che, così formulata, la censura si presta all’eccezione di inammissibilità per genericità dedotta dalla Procura Federale.

E anche nella successiva memoria prodotta in vista dell’udienza difetta un concreto e specifico riferimento ai vizi della decisione appellata, che soli potrebbero giustificarne l’annullamento. Nella stessa si assume che le conclusioni esposte nella decisione appellata, assumendo che le prove testimoniali acquisite nel corso del procedimento concluso con l’atto di deferimento non valgono ad individuare nel Bianchi l’autore dell’illecito ma, casomai, ad escludere che lo Jarno Iaia fosse il responsabile dei fatti contestati, atteso che nessuna delle persone sentite hanno riferito agli inquirenti che la frase contestata è stata pronunciata dal calciatore Bianchi Lapo.

Nondimeno il Collegio non ritiene di sottrarsi alla disamina del motivo come sopra riportato, posto che condivide la motivazione del giudice di prime cure che sintetizza nei punti che seguono.

4.1 In primo luogo, va ribadito che le indagini avviate dalla Procura Federale, a seguito dell’azione penale per falso, promossa nei confronti del direttore di gara, hanno dimostrato che l’insulto razziale per cui è causa è stato proferito dal calciatore che sedeva in panchina e tale poteva essere solo il calciatore Lapo Bianchi, da poco espulso dall’arbitro, e nessun altro.

4.2 In secondo luogo, non solo le testimonianze acquisite ma la documentazione fotografica dimostra che l’insulto razziale non poteva provenire dal calciatore Jarno Iaia che era subentrato al giocatore espulso, ossia a Lapo Bianchi, e che era impegnato in azione di gioco quando l’offesa è stata proferita.

4.2.1 Infatti, le risultanze probatorie acquisite al procedimento - come riporta la parte decisiva dell’atto di deferimento – consentono di escludere che il sig. Jarno Iaia (che ha pacificamente disputato la gara a partire dal 22° minuto del secondo tempo, nelle file della squadra della AC Fucecchio) abbia potuto proferire dalla panchina l’espressione sopra riportata, così come peraltro dichiarato inequivocabilmente, in sede di propria audizione da parte della Procura Federale, dal sig. Samuel Chimezie Ofoma (ovvero dal calciatore della U.C.D. Cuoiopelli destinatario della frase).

Le stesse risultanze probatorie acquisite al procedimento, poi, consentono di individuare come autore dell’espressione sopra riportata il calciatore della AC Fucecchio A.S.D. sig. Lapo Bianchi; tanto emerge, in particolare, dalle dichiarazioni rese in sede di propria audizione da parte della Procura Federale dell’arbitro della gara, il quale ha avuto modo di riferire di avere individuato “visivamente il responsabile” e di aver “visto bene il labiale”.

4.3 In terzo luogo, va ulteriormente ribadito che dalle dichiarazioni del direttore di gara è emerso con evidenza che l’errore dallo stesso commesso si spiegava con il superficiale quanto impreciso riconoscimento del calciatore Jarno Iaia, dovuto alla errata percezione tratta dal numero riportato sulla casacca dal calciatore che sedeva in panchina; percezione erronea che il direttore di gara aveva invero pervicacemente mantenuto fino a quando è stato posto di fronte ad una evidenza diversa.

4.4 In quarto luogo, per contrastare la tesi difensiva del calciatore Bianchi - che negando la propria responsabilità censura la forzata ricerca di un colpevole diverso dal calciatore Jarno Iaia - il Collegio osserva che in realtà per riabilitare l’onore, e non solo, di un giocatore che ha subito ingiustamente due giudizi conclusi con una punizione severa quanto ingiustificata e porre le basi per una revocazione del giudizio ingiusto reso nei suoi confronti era necessario, come ha consentito l’inchiesta avviata dalla Procura Federale, individuare il calciatore che mancando di senso di lealtà sportiva non ha mai riconosciuto la propria responsabilità sottraendosi alla sanzione che meritava.

5. Per queste quattro convergenti e sinergiche ragioni che emergono dalla decisione appellata anche il terzo motivo di reclamo merita di essere respinto e con esso l’odierno reclamo.

P.Q.M.

Respinge il reclamo in epigrafe.

Dispone la comunicazione alle parti, con PEC.

 

L'ESTENSORE                                                        IL PRESIDENTE

Angelo De Zotti                                                    Mario Luigi Torsello

 

Depositato

 

IL SEGRETARIO

Fabio Pesce

 

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