F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – Sezioni Unite – 2022/2023 – figc.it – atto non ufficiale – Decisione n. 0057/CFA pubblicata il 19 Dicembre 2022 (motivazioni) – Sig. Commini Stefano-sig.ra Debora Staglianò-A. C. PRATO SSD a RL/Procura Federale

Decisione/0057/CFA-2022-2023

Registro procedimenti n. 0060/CFA/2022-2023

Registro procedimenti n. 0061/CFA/2022-2023

 

LA CORTE FEDERALE D’APPELLO

SEZIONI UNITE

 

composta dai Sigg.ri:

Mario Luigi Torsello – Presidente

Domenico Giordano - Componente (Relatore)

Salvatore Lombardo – Componente

Mauro Mazzoni - Componente

Marco Stigliano Messuti - Componente

ha pronunciato la seguente

DECISIONE

Sui reclami numeri 0060/CFA/2022-2023 e 0061/CFA/2022-2023 proposti dal Sig. Commini Stefano - in qualità di Presidente della A. C. PRATO SSD a RL – e dalla sig.ra Debora Staglianò, in qualità di Vicepresidente e rappresentante legale della Società medesima,

per la riforma della decisione del Tribunale Federale Nazionale - Sezione Disciplinare n. 0087/TFNSD 2022-2023 del 24 novembre 2022.

Visto il reclamo e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza del giorno 14 dicembre 2022 il Cons. Domenico Giordano e udito l’Avv. Fabio Giotti per i reclamanti e per la Procura Federale l'Avv. Loredana Fardello.

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

RITENUTO IN FATTO

Con reclami depositati in data 29 novembre 2022, Commini Stefano - in qualità di Presidente della A. C. PRATO SSD a RL – e la sig.ra Debora Staglianò, in qualità di Vicepresidente e rappresentante legale della Società medesima, hanno adito la Corte Federale d’Appello, chiedendo l’annullamento della decisione assunta dal Tribunale Federale Nazionale - Sezione Disciplinare n. 0087/TFNSD 2022-2023 depositata in data 24 novembre 2022 e notificata in pari data, recante a carico del primo l’irrogazione della sanzione dell’inibizione per anni 1 con l’ammenda di euro cinquecento e a carico della Società la penalizzazione di tre punti in classifica da scontarsi nella corrente stagione sportiva e l’ammenda di euro cinquecento.

La vicenda sottoposta allo scrutinio delle Sezioni Unite trae origine dai fatti seguenti.

Il sig. Alessandro MOGLIONI, allenatore in seconda della prima squadra della A.C. PRATO SSD a RL, partecipante al campionato nazionale di Serie D nella stagione sportiva 2021/2022, conveniva la Società avanti il Collegio Arbitrale L.N.D. per vedersi riconoscere il premio di tesseramento pattuito a mezzo dell’accordo economico intercorso tra le parti. La Società, nel contesto delle proprie controdeduzioni, eccepiva in giudizio il difetto di giurisdizione del Collegio Arbitrale per avere le parti, mediante specifica clausola contenuta nell’invocato accordo economico, convenuto la competenza del Giudice Ordinario, nello specifico del Tribunale di Prato.

Con lodo pubblicato con C.U. n. 2/2022 riunione del 24 maggio 2022, il Collegio Arbitrale L.N.D., respinta l’eccezione di difetto di giurisdizione del Collegio Arbitrale “poiché basata su una clausola chiaramente elusiva del c.d. vincolo di giustizia”, disponeva la trasmissione degli atti alla Procura Federale per le indagini sul caso.

Il relativo procedimento veniva iscritto nel registro dei procedimenti della Procura Federale in data 28 giugno 2022 al n. 881pf2122. Nel corso delle indagini la Procura acquisiva il fascicolo contenente l’Accordo economico stipulato tra il sig. Alessandro Moglioni e la società AC Prato SSD a RL e, previa rituale comunicazione di chiusura indagini, notificava atto di deferimento a carico:

- del sig. Commini Stefano, all’epoca dei fatti Presidente e legale rappresentante della società A.C. Prato SSD a RL., per la violazione dell’art. 4, comma 1, del CGS in relazione all’art. 30, comma 4, dello Statuto della Federazione Italiana Gioco Calcio, per aver sottoscritto un accordo economico contenente una clausola compromissoria elusiva del c.d. vincolo di giustizia, proponendo di derogare alla competenza del Collegio Arbitrale L.N.D. devolvendola all’A.G.O. e in specie al Tribunale di Prato;

- della società A.C. Prato SSD a RL a titolo di responsabilità diretta ai sensi dell’art. 6, comma 1, del Codice di Giustizia Sportiva in vigore, per gli atti e i comportamenti posti in essere dal suo Presidente, sig. Commini Stefano, così come riportati nei precedenti capi di incolpazione.

Secondo la prospettazione della Procura, come descritta nell’atto di deferimento Prot. 9514/881pf21-22/GC/SA/mg del 14 ottobre 2022, avente ad oggetto: “Segnalazione del Collegio Arbitrale LND in ordine alla presunta violazione del vincolo di giustizia posta in essere dalla società AC Prato SSDARL.”, i fatti sopra descritti integravano la violazione, da parte del presidente della società, dell’art. 4, comma 1 del CGS in relazione all’art. 30, comma 4, dello Statuto della Federazione Italiana Gioco Calcio, nonché la contravvenzione ai principi dell’Ordinamento Federale e in particolare all’art 8 dei principi deliberati dal Consiglio Nazionale del CONI rubricato Clausola Compromissoria nella parte in cui dispone che “gli Statuti e i regolamenti federali prevedono che gli affiliati e i tesserati accettino la giustizia sportiva così come disciplinata dall’ordinamento sportivo” e la contestuale responsabilità diretta della società A.C. Prato SSD a RL ai sensi dell’art. 6, comma 1, del Codice di Giustizia Sportiva in vigore, per gli atti e comportamenti posti in essere dal suo presidente.

Il procedimento dinanzi al Tribunale Federale Nazionale si concludeva in data 24 novembre 2022, con il deposito della decisione che irrogava al sig. Stefano Commini, la sanzione di anni uno di inibizione ed euro 500,00 di ammenda e alla società AC Prato SSD a RL, punti tre di penalizzazione in classifica da scontarsi nella corrente stagione sportiva ed euro 500,00 di ammenda.

Il TFN, in primo luogo, dichiarava la inutilizzabilità della documentazione versata in atti dalla Procura, per avere questa proceduto al relativo deposito il 15 novembre 2022, vale a dire solo due giorni prima dell’udienza del 17 novembre 2022 fissata per la discussione del procedimento, così incorrendo nella violazione del termine di tre giorni prescritto dall’art. 85, primo comma, CGSFIGC, avente natura perentoria in base all’art. 44, sesto comma, CGS. Tanto premesso, il TFN puntualizzava di procedere alla valutazione della sussistenza delle violazioni contestate ai deferiti alla luce degli atti di indagine ritualmente acquisiti al procedimento e del comportamento delle parti, con la precisazione che, ai fini della decisione, avrebbe potuto quindi utilizzare soltanto la segnalazione del Collegio Arbitrale della LND, il Lodo arbitrale e la produzione documentale versata in atti dalla difesa dei soggetti deferiti, fermo restando la pacifica sussistenza della clausola compromissoria citata nel Lodo e nella segnalazione pervenuta dal Collegio Arbitrale.

Nel merito osservava che la violazione dell’art. 30, quarto comma, dello Statuto federale deve ritenersi integrata non solo in caso di ricorso alla giurisdizione statale in assenza di autorizzazione del Consiglio federale, ma anche in presenza di comportamenti volti comunque ad eludere l’obbligo della preventiva autorizzazione, nella specie consistenti nella previsione della clausola compromissoria e nella formulazione, in sede di controdeduzioni della Società nel giudizio proposto dal tesserato Moglioni, dell’eccezione di difetto di giurisdizione del Collegio Arbitrale per avere le parti pattuito la competenza del Giudice ordinario.

Al riguardo, il giudice di prime cure richiamava il regime sanzionatorio previsto dall’art. 34 del CGS-FIGC nelle ipotesi di violazione del vincolo di giustizia, per dedurne che, a fronte di “comportamenti comunque diretti alla elusione o alla violazione del predetto obbligo ” le sanzioni non possono essere inferiori a quelle previste dal primo comma della norma, con l’aggiunta di quelle previste dal secondo comma della stessa norma, da applicarsi, in forza del terzo comma, nella misura del doppio nel caso di ricorso all’Autorità giudiziaria, “in tal guisa espressamente prevedendo e sanzionando sia il comportamento meramente volto alla elusione dell’obbligo, sia la sua concreta violazione con il ricorso alla giurisdizione statale in assenza di preventiva autorizzazione”.

2) Avverso la suindicata decisione sono proposti i reclami in epigrafe, notificati in data 19 ottobre 2022 e contestualmente depositati.

2.1) Nei gravami si espongono i motivi seguenti:

i) ERRONEA E/O FALSA APPLICAZIONE DELL’ART. 30 COMMA 4 STATUTO FEDERALE E DELL’ART. 34 CGS-FIGC.

Secondo i reclamanti, la decisione impugnata si rivela erronea nella ricostruzione esegetica del quadro normativo di riferimento in materia di c.d. “vincolo di giustizia”, rappresentato dall’art. 30 dello Statuto Federale e dall’art. 34 CGS-FIGC; in particolare, il T.F.N. avrebbe erroneamente ricondotto nel perimetro di tutela normativa e disciplinare “sia il comportamento meramente volto alla elusione dell’obbligo”, “sia la sua concreta violazione con il ricorso alla giurisdizione statale in assenza di preventiva autorizzazione”, ritenendo così il ricorso alla giurisdizione statale non l’unico fatto integrante la violazione della norma, ma un’aggravante rispetto ad una semplice pattuizione di un foro convenzionale dinanzi al giudice ordinario per la risoluzione delle controversie.

L’interpretazione corretta del primo e terzo comma dell’art. 34 CGS porterebbe invece a concludere che la condotta sanzionata è sempre ed unicamente il ricorso all’AGO senza la preventiva autorizzazione del Consiglio Federale, ossia la condotta con la quale un tesserato od un’affiliata chiedono all’AGO di pronunciarsi, in ambito civile e penale, su materia e questione che, in quanto rilevante per l’Ordinamento sportivo, avrebbe dovuto essere risolta all’interno della giustizia domestica federale dagli Organi di giustizia ed arbitrali ivi previsti, mentre il raddoppio della sanzione trova applicazione nell’ipotesi di impugnazione diretta avanti l’AGO dei provvedimenti federali. Ciò troverebbe conferma in molteplici decisioni endofederali in cui la condotta di tesserati che hanno fatto ricorso all’A.G.O. senza la preventiva autorizzazione non ha comportato l’irrogazione delle sanzioni previste nella misura doppia, come avrebbe dovuto disporsi a voler seguire quanto affermato dal Tribunale di primo grado.

In definitiva si assume che le norme federali disciplinanti il vincolo di giustizia sanzionano chi non accetta i provvedimenti federali e li impugna davanti agli organi di giustizia ordinaria e chi senza avere ottenuto l’autorizzazione del Consiglio Federale promuove azioni davanti agli organi giurisdizionali statali. La condotta concretatasi nella semplice pattuizione contrattuale di una clausola convenzionale indicante l’AGO per la risoluzione delle controversie non integra alcuna di dette ipotesi e conseguentemente nessuna sanzione può essere irrogata al reclamante.

Il gravame richiama poi la decisione n. 0077/TFNSVE-2021-2022 intervenuta nella vertenza Sampdoria-Fiorentina per dedurne che, se la violazione del vincolo di giustizia fosse anticipata alla pattuizione di una clausola del genere, come contestato nella specie, anche la Sampdoria ed il suo legale rappresentante avrebbero dovuto essere giudicati per violazione del vincolo di giustizia, laddove è stato invece escluso che la clausola convenzionale produca ex se effetti derogatori della giustizia sportiva.

Si contesta inoltre l’assunto secondo il quale le condotte contestate costituirebbero elusione del vincolo di giustizia, sulla base del rilievo che violazione ed elusione non descrivono fattispecie diverse, ma palesano l’intento del regolatore di configurare una fattispecie ampia idonea a ricomprendere ogni condotta violativa ed elusiva del vincolo di giustizia.

Nel caso di specie, invece, è totalmente assente il presupposto di natura soggettiva, rappresentato dal radicamento per fattispecie di rilevanza sportiva di una controversia davanti al Giudice Ordinario, atteso che la controversia è stata promossa e definita in ambito endofederale, di talché nessuna violazione del vincolo di giustizia può essere ascritta ai reclamanti.

ii) in subordine e in via di mero tuziorismo difensivo, per l’ipotesi in cui la Corte ritenga irrogabili sanzioni disciplinari, i reclamanti chiedono che queste siano notevolmente ridotte tenuto conto del principio di proporzionalità e gradualità delle sanzioni più volte richiamato dall’adita Corte (si cita al riguardo la Decisione n. 55/CFA-2021-2022), perché diversamente si rischierebbe di sanzionare allo stesso modo la condotta di chi agisce dinanzi all’AGO radicandovi una controversia giudiziaria, il cui divieto costituisce la regola generale su cui opera il vincolo di giustizia, con chi non compie tale azione, come nel caso di specie.

2.2) Con decreto del Presidente n. 0003/CFA-2022-2023 del 1° dicembre 2022, in accoglimento della richiesta formulata a margine dei reclami, è stata disposta l’abbreviazione a dieci giorni del termine di cui all’art. 103, secondo comma, CGS.

2.3) In data 7 dicembre 2022, la Procura Federale depositava memoria difensiva di controdeduzioni ai reclami, chiedendone la reiezione con conferma della decisione di primo grado.

Osserva la Procura che il Tribunale ha correttamente ritenuto violato il vincolo di giustizia “anche in presenza di comportamenti unicamente volti alla sua elusione” che si sono esplicitati con la sottoscrizione di una clausola diretta a derogare la competenza del Collegio Arbitrale della L.N.D. devolvendola al Tribunale di Prato, ovvero al Giudice Ordinario. Secondo la resistente, contrariamente all’assunto dei reclamanti, il TFN non ha utilizzato impropriamente il termine “elusione” per descrivere una condotta diversa dalla violazione del vincolo di giustizia, in quanto l’intento illecito dei soggetti deferiti era di sottrarre la controversia alla giurisdizione endofederale. La decisione ha quindi dato corretta applicazione all’art 30, comma 4, dello Statuto Federale, nella parte in cui prevede che anche le condotte elusive della norma costituiscano una violazione del vincolo di giustizia, ciò al fine di evitare la possibilità di una pattuizione derogatoria della giustizia sportiva in assenza di specifiche autorizzazioni da parte del Consiglio Federale della F.I.G.C..

2.4) Le parti reclamanti depositavano memoria di replica in data 9 dicembre 2022.

Nella memoria, mediante richiamo alla decisione C.U. N. 021/CGF del 20 luglio 2011 e al Lodo TNAS Miserino-FIGC, si ribadisce la tesi secondo cui la violazione del vincolo di giustizia è configurabile unicamente in caso di ricorso al Giudice Ordinario per definire una controversia avente rilevanza sportiva con efficacia vincolante per le parti, laddove nella fattispecie la vertenza è stata decisa dal Collegio Arbitrale L.N.D. e pertanto non può ritenersi integrata alcuna violazione dell’art. 30 dello Statuto Federale e conseguentemente non è applicabile alcuna sanzione ai sensi dell’art. 34 CGS.

2.5) I reclami venivano quindi chiamati all’udienza odierna, dove sono comparsi per i reclamanti l’avv. Fabio Giotti e per la Procura Federale l’avv. Loredana Fardello.

Nel corso della discussione le parti insistevano nelle rispettive conclusioni, come da verbale.

Dopo le repliche dei difensori, i reclami venivano trattenuti in decisione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3) Preliminarmente la Corte dispone la riunione dei reclami per ragioni di connessione oggettiva e soggettiva.

Ancora in via preliminare, la Corte intende formulare alcune osservazioni di carattere generale, al fine di meglio precisare l’oggetto della materia del contendere.

3.1) La disamina muove dalla lettera dell’art. 125, quarto comma, CGS, il quale descrive il contenuto essenziale dell’atto di deferimento stabilendo che, “nell’atto di deferimento sono descritti i fatti che si assumono accaduti, vengono enunciate le norme che si assumono violate, indicate le fonti di prova acquisite nonché formulata la richiesta di fissazione del procedimento disciplinare”.

La descrizione dei fatti contestati, in particolare, è funzionale alla corretta instaurazione del contraddittorio affinché la difesa dell’incolpato possa essere consapevolmente ed efficacemente svolta. L’atto di deferimento, quindi, assolve la funzione essenziale di informare l’interessato dei fatti materiali posti a suo carico, i quali esprimono e delimitano l’ipotesi accusatoria formulata dall’organo inquirente.

Va da sé che la corretta e completa descrizione delle circostanze fattuali sulle quali fonda la contestazione costituisce presupposto essenziale ai fini del rispetto delle garanzie difensive e che il cambiamento della fisionomia dell’ipotesi accusatoria lede il diritto di difesa dell’inquisito che deve essere assicurato in ogni stato del procedimento.

La giurisprudenza riconosce il potere del giudice di riqualificare il fatto giuridico e, quindi, di sussumere il fatto all’interno di una fattispecie normativa differente da quella descritta dalla Procura nell’atto di deferimento, ma non consente di assumere a fondamento della responsabilità disciplinare un fatto non considerato nella condotta ascritta all’incolpato.

Tanto premesso, la Corte osserva che il deferimento di cui trattasi imputa ai soggetti deferiti di “aver sottoscritto un accordo economico contenente una clausola compromissoria elusiva del c.d. vincolo di giustizia, proponendo di derogare dalla competenza del Collegio Arbitrale devolvendola al Tribunale di Prato, quindi al Giudice Ordinario, contravvenendo in tal modo ai principi dell’Ordinamento Federale e in particolare all’art 8 dei principi deliberati dal Consiglio Nazionale del CONI rubricato Clausola Compromissoria in cui si legge che “gli Statuti e i regolamenti federali prevedono che gli affiliati e i tesserati accettino la giustizia sportiva così come disciplinata dall’ordinamento sportivo”.

La condotta contestata è quindi rappresentata dal rifiuto della giustizia sportiva, di cui è espressione la clausola compromissoria contenuta nell’accordo economico, volta a trasferire all’AGO la definizione delle vertenze che dovessero insorgere tra le parti, con la conseguenza che il deferimento è idoneo a sussumere nell’ipotesi accusatoria ogni condotta finalizzata a realizzare l’effetto prefigurato dalle parti con la sottoscrizione della clausola di cui trattasi.

3.2) Poste queste premesse, il castello difensivo costruito dal reclamante mostra delle crepe laddove argomenta l’inidoneità della mera sottoscrizione dell’accordo economico a configurare un’ipotesi di elusione o violazione del vincolo di giustizia.

Difatti la condotta della Società non si è esaurita nella semplice pattuizione di un foro convenzionale dinanzi al giudice ordinario per la risoluzione delle controversie, ma si è concretata anche nella enunciazione, in sede di giudizio arbitrale, dell’eccezione di difetto di giurisdizione del Collegio arbitrale, ossia nella richiesta di deferimento della vertenza all’AGO, che realizza l’espressione del rifiuto di sottomettersi al giudizio sportivo.

Non conta che l’eccezione sia stata respinta dal Collegio Arbitrale, assumendo invece rilievo la pretesa, emergente dalla formulazione dell’eccezione, di dare operatività e portare ad esecuzione la clausola convenzionale derogatoria della giurisdizione federale.

Si può ben intendere come il ricorso a questa strategia difensiva sia stata ispirata all’esigenza di doveroso rispetto della volontà della parte assistita, quale condensata nella clausola, ma ciò non toglie che, con l’esercizio di detta facoltà, sia data chiara evidenza dell’intento di sottrarre la controversia alla competenza federale e di eluderne la pronuncia.

Non può dunque dubitarsi che in tal modo sia stato posto in essere un “comportamento comunque diretto alla elusione o alla violazione” dell’obbligo di osservanza del vincolo di giustizia di cui all’art. 30, comma 2 dello Statuto, ossia di “accettare la piena e definitiva efficacia di qualsiasi provvedimento adottato dalla FIGC”, ovvero nella specie la decisione del Collegio arbitrale L.N.D. da cui la parte ha preteso invece di sottrarsi.

3.3) Quanto sopra è sufficiente ad evidenziare l’infondatezza del gravame, ma la Corte non intende esimersi dallo scrutino della questione centrale diffusamente argomentata nel reclamo.

La parte sostiene che la condotta vietata concretante la violazione dell’art. 34 CGS sarebbe costituita, sempre e soltanto, dal ricorso all’AGO in difetto dell’autorizzazione federale e che la semplice pattuizione contrattuale di una clausola convenzionale indicante l’AGO per la risoluzione delle controversie non è sufficiente ad integrare la lesione del vincolo di giustizia, tanto più che nella specie il contenzioso tra AC Prato e l’allenatore Moglioni Alessandro è rimasto e si è concluso nell’ambito endoassociativo, senza ricorso ad alcun Giudice Ordinario; da ciò la conclusione che nessuna violazione della suddetta norma può essere ascritta ai reclamanti.

La tesi difensiva, per quanto sorretta da pregevoli argomentazioni, non convince la Corte.

L’art. 34 CGS stabilisce al primo comma che: I soggetti tenuti all’osservanza del vincolo di giustizia di cui all’art. 30, comma 2 dello Statuto (id est: accettare la piena e definitiva efficacia di qualsiasi provvedimento adottato dalla FIGC), ove pongano in essere comportamenti comunque diretti alla elusione o alla violazione del predetto obbligo, incorrono nell’applicazione di sanzioni non inferiori: alla penalizzazione di almeno tre punti in classifica per le società; alla inibizione o squalifica non inferiore a sei mesi per i calciatori e per gli allenatori nonché ad un anno per tutte le altre persone fisiche.

Il terzo comma della norma così dispone: “Nel caso di ricorso all’autorità giudiziaria da parte di società e tesserati avverso provvedimenti federali in materie riservate agli organi di giustizia sportiva o devolute all’arbitrato, si applicano le sanzioni previste dai commi 1 e 2 nella misura del doppio.”

La norma, la cui ratio va ricercata nella tutela dell’autonomia del processo sportivo, sanziona il comportamento del tesserato che, ponendosi in contrasto con essa, lede la “chiusura” del sistema che siffatto vincolo impone, a vantaggio della sua intima coerenza.

L’art. 34 CGS enumera due distinte fattispecie, soggette ad un diverso regime sanzionatorio.

Al primo comma, la disposizione in esame reca una clausola generale volta a sanzionare comportamenti non espressamente circostanziati, ma unificati dalla volontà di sottrarsi al vincolo di giustizia sportiva e, dunque, tipizzati nella loro finalità elusiva o violativa del vincolo medesimo. Tanto si evince, a parere della Corte, dall’uso in forma ellittica dell’avverbio “comunque”, per significare e ricomprendere un ampio catalogo di condotte che siano poste in essere dai tesserati finalizzate ad “esternalizzare” fatti e situazioni giuridiche rilevanti solo per l’ordinamento sportivo e, come tali, destinati a produrre ed esaurire i propri effetti al suo interno.

Il terzo comma presenta invece un contenuto più determinato, posto che esso sanziona specificamente il ricorso all’AGO avverso provvedimenti adottati dalle Autorità federali, trasferendone lo scrutinio di legittimità all’esterno dell’ordinamento federale, il che spiega la maggiore severità del trattamento sanzionatorio.

Diversamente da quanto affermano i reclamanti, la ricostruzione esegetica del TFN conduce a considerare un’aggravante non il ricorso all’AGO, ma l’ipotesi in cui il ricorso all’AGO sia diretto particolarmente a contestare provvedimenti federali.

Il più severo regime sanzionatorio previsto al terzo comma si rivela In linea con i principi fondanti dell’ordinamento sportivo, rinvenibili nella norma costituzionale di cui all’art. 18 della Costituzione, concernente la tutela della libertà associativa, nonché nell’art. 2 relativo al riconoscimento dei diritti inviolabili delle formazioni sociali nelle quali si svolge la personalità del singolo; principi questi volti a negare alla giurisdizione statale lo svolgimento di una tutela diretta di annullamento dei provvedimenti federali, per la sua portata maggiormente incidente sull’autonomia dell’ordinamento sportivo.

A parere della Corte l’oggetto della controversia in esame fa risaltare la distinzione tra le due diverse fattispecie, non a caso disciplinate dall’art. 34 con il differente regime sanzionatorio rispettivamente previsto al primo e al terzo comma.

Nel caso di specie, all'esame del Collegio arbitrale era proposta una pretesa economica legata alla prestazione sportiva dell’allenatore, oggetto dell'accordo inter partes; si tratta, quindi, di una vertenza non promossa “avverso provvedimenti federali” e quindi non riconducibile alle fattispecie disciplinate dal terzo comma della norma, ma che nondimeno palesava la presenza di clausole fonte di elusione del vincolo di giustizia, anche in assenza di previo ricorso alla giurisdizione ordinaria.

L’accordo economico sottoscritto dalla Società raffigura infatti una rinuncia preventiva alla tutela giustiziale oggetto di clausola compromissoria ed esprime l’intento di radicare eventuali controversie presso la giurisdizione ordinaria, sottraendole alla giustizia federale ed impedendo quindi il formante dei provvedimenti federali.

La protezione avverso condotte di tal fatta è assicurata dal trattamento sanzionatorio fissato al primo comma dell’art. 34, che punisce i comportamenti elusivi del vincolo di giustizia non necessariamente consistenti nella proposizione del ricorso all’AGO in assenza di preventiva autorizzazione federale, ma che possono concretarsi anche nelle condotte “comunque” dirette a disconoscere l’autonomia dell’ordinamento sportivo e a rompere il patto e i vincoli di affiliazione nascenti dal tesseramento volontario.

Ne deriva che va condivisa e non merita censura la decisione impugnata, nella parte in cui ha correttamente affermato che la violazione delle norme di riferimento si realizza non solo in caso di ricorso alla giurisdizione statale in assenza di autorizzazione del Consiglio federale, ma anche nei comportamenti volti ad eludere l’obbligo della preventiva autorizzazione, come nella pattuizione di una clausola compromissoria, derogatoria della competenza arbitrale.

La Corte non ravvisa quindi ragioni per disporre la riforma della decisione impugnata.

3.4) Con motivo subordinato i reclamanti invocano la riduzione delle sanzioni irrogate in primo grado, assumendo che non potrebbe applicarsi il medesimo trattamento sanzionatorio alla condotta di chi promuove una controversia giudiziaria avanti l’AGO, con quella di chi non compie tale azione come nel caso di specie.

La Corte non ritiene che le sanzioni irrogate violino il principio di proporzionalità.

Va premesso che il TFN ha inflitto le sanzioni previste dal richiamato art. 34, comma 1, CGS-FIGC, nella misura della inibizione di un anno e dell’ammenda di euro cinquecento nei confronti del sig. Commini Stefano e della penalizzazione di punti tre in classifica da scontarsi nella corrente stagione sportiva e dell’ammenda di euro cinquecento nei confronti della AC Prato SSD.

Le sanzioni sono state quindi irrogate nelle misure minime edittali previste al primo comma con le maggiorazioni, anche esse nelle misure minime, di cui alle lettere d) e g) del secondo comma dell’art. 34. Le sanzioni, quindi, sono state inflitte nel rispetto dei limiti normativi, in misura ragionevolmente idonea e proporzionata a realizzare, per la società resasi responsabile delle violazioni, lo scopo proprio retributivo della pena ed anche un conseguente effetto di deterrenza.

Il carattere tassativo di questa previsione nell’indicazione del quantum minimo delle sanzioni scolpisce nitidamente il contenuto dell’obbligo decisorio sul punto, al quale il giudice non può sottrarsi, a fronte dell’effettiva violazione della fattispecie astratta nella sua completa materialità.

Si è già in precedenza precisato il carattere unificante che accomuna il disvalore delle condotte sanzionate al primo comma della norma e che presidia l’applicazione del medesimo trattamento punitivo, conseguentemente tale situazione giuridica non produce illegalità della sanzione inflitta, il che priva di fondamento la richiesta di riduzione delle sanzioni.

Con specifico riguardo alla penalizzazione in classifica inflitta alla Società, sulla quale la difesa ha particolarmente insistito in sede di discussione, deve escludersi, in linea con la decisione S.U. 0073-CFA/2021-2022, un libero ed arbitrario potere del giudice nella commisurazione della sanzione al di sotto del minimo, tenuto conto che l’esercizio di siffatto potere riduttivo deve ritenersi precluso dall’esigenza di garantire la regolarità del campionato, nell’interesse delle altre società che ad esso partecipano e sulle quali la richiesta di rideterminare discrezionalmente la penalizzazione in misura inferiore al minimo edittale finirebbe per incidere.

4) In conclusione i reclami sono infondati e vanno perciò respinti, con conferma della decisione impugnata.

P.Q.M.

Riuniti preliminarmente i reclami in epigrafe, li respinge.

Dispone la comunicazione alle parti con PEC.

 

L'ESTENSORE                                                                IL PRESIDENTE

Domenico Giordano                                                         Mario Luigi Torsello

 

Depositato

 

IL SEGRETARIO

Fabio Pesce

 

DirittoCalcistico.it è il portale giuridico - normativo di riferimento per il diritto sportivo. E' diretto alla società, al calciatore, all'agente (procuratore), all'allenatore e contiene norme, regolamenti, decisioni, sentenze e una banca dati di giurisprudenza di giustizia sportiva. Contiene informazioni inerenti norme, decisioni, regolamenti, sentenze, ricorsi. - Copyright © 2024 Dirittocalcistico.it