F.I.G.C. – TRIBUNALE FEDERALE NAZIONALE – Sezione Disciplinare – 2022/2023 – figc.it – atto non ufficiale – Decisione n. 141/TFN – SD del 27 Marzo 2023 (motivazioni) – Deferimento n. 16820/367pf22-23/GC/blp del 20 gennaio 2023 nei confronti del Dott. Alfredo Trentalange – Reg. Prot. 116/TFN-SD
Decisione/0141/TFNSD-2022-2023
Registro procedimenti n. 0116/TFNSD/2022-2023
IL TRIBUNALE FEDERALE NAZIONALE
SEZIONE DISCIPLINARE
composto dai Sigg.ri:
Roberto Proietti – Presidente
Antonella Arpini – Componente
Giammaria Camici – Componente
Andrea Giordano – Componente (Relatore)
Valentina Ramella – Componente (Relatore)
ha pronunciato, all’udienza del giorno 17 marzo 2023, sul deferimento proposto dal Procuratore Federale n. 16820/367pf22-23/GC/blp del 20 gennaio 2023 nei confronti del Dott. Alfredo Trentalange,
la seguente
DECISIONE
Il deferimento
Con nota Prot. 16820/367 pf22-23/GC/blp del 20 gennaio 2023, il Procuratore Federale e il Procuratore Federale Aggiunto hanno deferito dinanzi al Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare il Dott. Alfredo Trentalange, all’epoca dei fatti Presidente Nazionale dell’AIA, per rispondere della violazione dell’art. 4, comma 1, del Codice di Giustizia Sportiva, ovvero del dovere, facente capo a ciascun soggetto dell’Ordinamento Federale, di comportarsi in ogni rapporto comunque riferibile all’attività sportiva, secondo i principi di lealtà, probità e correttezza, nella propria qualità di vertice apicale dell’Associazione Italiana Arbitri e, dunque, di soggetto avente, anche nella forma del controllo e della vigilanza, la diretta responsabilità delle nomine dei vertici degli organi di Giustizia AIA, connotate da responsabilità, e della corretta gestione economico, contabile e amministrativa dell’Associazione da esso presieduta ed in particolare:
a) per avere omesso di assumere qualsiasi iniziativa, anche la più minimale, in violazione anche dell’art. 8, comma 6, lett. b) del vigente Regolamento AIA, volta e finalizzata ad accertare i reali requisiti professionali e di moralità del sig. Rosario D’Onofrio prima della proposta, fatta dallo stesso Trentalange, e conseguente nomina da parte del Comitato Nazionale AIA (nel marzo 2021), a Procuratore arbitrale dell’AIA, comportamento omissivo, seguito da quello commissivo di proposta, che ha determinato la nomina del D’Onofrio – con cui il Trentalange aveva un rapporto personale consolidato di vecchia data (era stato infatti lui a segnalarlo al Presidente Nicchi al fine della nomina a componente della Commissione Disciplinare Nazionale il 7 marzo 2009, primo incarico avuto dal D’Onofrio in un Organo di giustizia sportiva) – ad una carica di vertice di un importante Organo di giustizia domestica AIA (Procuratore Nazionale AIA) mentre il nominato era detenuto agli arresti domiciliari presso la sua abitazione di Garbagnate Milanese perché condannato alla pena definitiva di anni 2 e 8 mesi di reclusione e alla multa di 6.000 euro per gravissimi reati concernenti la detenzione di circa 44 Kg. di sostanze stupefacenti;
b) per aver contattato telefonicamente il Vice Presidente della Commissione Disciplinare Nazionale Avv. Andrea Santoni ( rectius: Sandroni), il quale, riscontrando negligenza e inadeguatezza professionale in capo al D’Onofrio quale componente della predetta Commissione, aveva invitato quest’ultimo per iscritto a tenere comportamenti più consoni alle funzioni svolte, chiedendogli di non assumere nuove iniziative contro Rosario D’Onofrio, e così facendo – per proteggere il D’Onofrio, al quale era evidentemente legato da consolidato rapporto personale – interferiva con l’attività, le prerogative, l’autonomia e l’indipendenza di un Organo di giustizia sportiva;
c) per avere omesso di assumere qualsiasi iniziativa, anche la più minimale, in violazione anche dell’art. 8, comma 6, lett. b) del vigente Regolamento AIA, volta e finalizzata a controllare il possesso dei requisiti professionali e di moralità necessari per l’attribuzione al sig. Rosario D’Onofrio di importanti onorificenze e premi (arbitro benemerito e premio Concetto Lo Bello), nel mentre il D’Onofrio era detenuto agli arresti domiciliari in quanto condannato alla pena definitiva di anni 2 e 8 mesi di reclusione ed alla multa di 6.000 euro per gravissimi reati concernenti la detenzione di circa 44 Kg. di sostanze stupefacenti, e conseguentemente proponendo e facendo attribuire al D’Onofrio onorificenze e premi in campo sportivo-arbitrale incompatibili con il suo status di detenuto e, più in generale, con i suoi gravi precedenti penali;
d) per avere omesso di assumere ogni e più opportuna iniziativa, anche la più minimale, diretta ad accertare e conseguentemente intervenire, affinché il sig. Rosario D’Onofrio, che nel corso dello svolgimento dell’incarico di Procuratore dell’AIA (dal marzo 2021 al 10 novembre 2022, data del secondo arresto su ordine della Procura della Repubblica di Milano – DDA), ha partecipato solo a pochissime riunioni in presenza (17 giugno 2021, 1 aprile 2022, 5 settembre 2022) presso la sede della Procura AIA di Roma, Via Campania n. 47, garantisse un contegno diligente e una presenza regolare presso l’Ufficio, come richiesto dal suo ruolo di Procuratore Nazionale AIA, tenuto anche conto della rilevante mole di lavoro (1700 fascicoli l’anno) pendente presso il citato Ufficio;
e) per non aver adottato modelli organizzativi idonei a prevenire il compimento – da parte del sig. Rosario D’Onofrio – di atti contrari ai principi di lealtà, correttezza e probità in ogni rapporto, in violazione anche dell’art. 32, comma 6, dello Statuto FIGC, e, comunque, per avere omesso di assumere qualsiasi pur minimale iniziativa e verifica, in violazione anche dell’art. 8, comma 5 e del comma 6, lett. g) del vigente Regolamento AIA, rientrante negli obblighi inerenti alla carica di vertice dell’AIA dallo stesso rivestita, quali direttive, ordini di servizio o protocolli operativi che potessero assicurare standard di trasparenza e di correttezza amministrativa, volta e finalizzata all’esecuzione presso l’AIA di un’attività di controllo sui rimborsi delle spese anticipate dai soggetti facenti parte degli Organi della Giustizia sportiva AIA, comportamento che ha agevolato l’attività illecita di Rosario D’Onofrio, Procuratore Nazionale AIA, il quale – per l’esercizio delle sue funzioni dal mese di marzo 2021 al mese di agosto 2022 – ha presentato richieste di rimborso spese allegando biglietti ferroviari falsificati, e mai emessi dalla società di gestione dei servizi di trasporto, creando un danno economico di rilevante entità alla FIGC e all’AIA stessa;
f) per avere comunicato e distribuito, durante il Comitato Nazionale AIA riunitosi a Caltanissetta il 12 novembre 2022, un documento (notizia poi riportata dalla stampa nazionale) recante apparentemente le dimissioni dall’AIA di Rosario D’Onofrio, datato 9 novembre 2022 e firmato “Rosario D’Onofrio”, documento inviato dall’account di posta elettronica in uso al fratello del Procuratore Nazionale AIA Giuseppe D’Onofrio, senza avere previamente compiuto la benché minima verifica volta e finalizzata ad accertare attendibilità e veridicità del documento e del suo contenuto, quando il sig. Rosario D’Onofrio: 1) nella data dell’invio del documento da parte del di lui fratello era già detenuto in carcere perché arrestato il 10 novembre 2022; 2) nella data di apparente firma del documento (9 novembre 2022) si trovava a Roma, presso la sede dell’AIA per svolgere le sue funzioni di Procuratore e ivi non aveva manifestato ad alcuno la volontà di dimettersi; 3) la firma apposta in calce al documento, affatto diversa per forma e fattura, da quelle apposte su altri documenti in possesso dell’AIA e riconducibili al D’Onofrio, riporta le parole “Rosario D’Onofrio”, mentre il Procuratore AIA era solito firmarsi “D’Onofrio Rosario”;
g) per avere, nel corso del Consiglio Federale del 15 novembre 2022, nel quale si discuteva il caso “D’Onofrio”, dinanzi a tutte le Componenti partecipanti al predetto Consesso, reso dichiarazioni non veridiche, perché smentite dalle indagini espletate dalla Procura e dai verbali di dichiarazioni univocamente rese da più appartenenti all’Ordinamento Federale in ordine alla avvenuta acquisizione di un curriculum di Rosario D’Onofrio prima della sua nomina a Procuratore AIA, ai titoli di studio e professionali posseduti da quest’ultimo e alle presunte, ma inesistenti, autocertificazioni rese dal medesimo.
La fase istruttoria
L’indagine, avente ad oggetto “Stralcio degli atti del proc. 290pf22-23 in ordine alle condotte del Sig. Alfredo Trentalange Presidente dell’Associazione Italiana Arbitri”, trae origine dallo stralcio di alcuni atti da altro fascicolo concernente le condotte poste in essere Rosario D’Onofrio, all’epoca dei fatti Procuratore Nazionale AIA.
Nel corso delle indagini preliminari, la Procura Federale provvedeva a un’ampia attività istruttoria consistita, tra l’altro, nell’acquisizione degli atti dei procedimenti penali a carico di Rosario D’Onofrio, nonché della relativa fase cautelare e di esecuzione della pena, nell’audizione di numerosi soggetti, nell’acquisizione degli atti relativi all’assemblea AIA del 12.11.2022 e dell’audio del Consiglio Federale del 15.11.2022.
Notificata ritualmente la comunicazione di conclusione delle indagini, il deferito chiedeva di essere sentito e, all’esito dell’audizione, depositava memoria difensiva, contestando gli addebiti.
La fase predibattimentale
Fissato il dibattimento, con atto del 25.1.2023 si costituiva il deferito, chiedendo il rigetto del deferimento.
Con istanza del 7.2.2023, la difesa del deferito chiedeva la modifica dell’orario d’udienza in ragione di un impedimento professionale di uno dei difensori. In merito a tale richiesta il Presidente provvedeva con decreto in data 8.2.2023, con il quale veniva anticipato l’orario di trattazione del procedimento.
Successivamente, in data 10.2.2023, veniva depositata memoria difensiva con allegati nell’interesse del deferito, con la quale si evidenziavano le ragioni in base alle quali il deferimento avrebbe dovuto essere rigettato.
Il dibattimento
All’udienza del 13.2.2023 hanno partecipato per la Procura Federale il Procuratore Cons. Giuseppe Chiné, nonché l’Avv. Giorgio Ricciardi e il Dott. Luca Scarpa. Sono altresì comparsi il Dott. Trentalange personalmente, con l’assistenza del Prof. Avv. Bernardo Giorgio Mattar lla, dell’Avv. Avilio Presutti, dell’Avv. Paolo Gallinelli e dell’Avv. Marco Laudani.
Preliminarmente il Procuratore Federale formulava istanza per l’acquisizione della documentazione a fondamento dei provvedimenti – indicati alla pag. 5 della memoria difensiva del deferito del 10 febbraio 2023 – con i quali l’AG avrebbe autorizzato – con ordinanze dell’8 aprile 2021 e del 21 giugno 2021 – il Signor Rosario D’Onofrio a recarsi in Roma.
I difensori del deferito si associavano alla richiesta evidenziando come fosse, a loro avviso, necessario acquisire tutta la documentazione afferente alle eventuali ulteriori autorizzazioni ottenute dal D’Onofrio.
Il Procuratore Federale sollevava altresì eccezione di inammissibilità delle istanze istruttorie formulate nella memoria depositata nell’interesse del deferito.
Replicava la difesa rilevando la legittimità delle istanze e, in subordine, chiedeva di essere rimessa in termini per la loro articolazione.
Il Tribunale provvedeva sulla richiesta di integrazione documentale come da verbale d’udienza, demandando l’acquisizione alla Procura Federale e concedendo termine sino al 2.3.2023 per il deposito della documentazione. Concedeva altresì alle parti termine sino al 7.3.2023 per il deposito di eventuali memorie.
Sull’eccezione di inammissibilità dei verbali di sommarie informazioni e delle prove testimoniali così come articolate nella memoria difensiva in atti, il Tribunale provvedeva come da separata ordinanza, con la quale dichiarava inammissibili i verbali di sommarie informazioni raccolte dalla difesa, perché acquisite in contrasto con quanto stabilito dall’art. 60 CGS, per le ragioni espresse dalla decisione del Collegio di Garanzia dello Sport n. 46/2022, e dichiarava altresì inammissibile la richiesta di prova per testi siccome formulata in violazione di quanto stabilito dagli artt. 60 e 114 CGS (non avendo la difesa articolato e specificato i singoli capitoli di prova).
In ottemperanza a quanto disposto dal Tribunale, in data 2.3.2023, la Procura Federale depositava la documentazione acquisita presso il Tribunale di Sorveglianza e la Corte d’Appello di Milano, nonché presso i Carabinieri di Garbagnate Milanese su autorizzazione del Pubblico Ministero, unitamente alla relazione dei delegati all’incombente.
In data 7.3.2023 la difesa del deferito depositava memoria autorizzata di controdeduzioni alla produzione della Procura, allegando ulteriore documentazione e articolando nuove istanze istruttorie. Nell’atto venivano altresì reiterate le precedenti istanze istruttorie, in merito alle quali il Tribunale si era già pronunciato con ordinanza del 13.2.2023.
All’udienza del 17.3.2023, sono comparsi il Procuratore Federale Cons. Giuseppe Chiné, il Procuratore Federale Aggiunto Avv. Giorgio Ricciardi, il Sostituto Procuratore Dott. Luca Scarpa e il Referendario Avv. Angela De Michele. Sono, altresì, comparsi, nella qualità di difensori del deferito, il Prof. Avv. Bernardo Giorgio Mattarella, da remoto come da specifica autorizzazione, nonché, in presenza, gli Avv.ti Avilio Presutti, Paolo Gallinelli e Marco Laudani. È stato, altresì, presente il Dott. Alfredo Trentalange personalmente.
La Procura Federale ha chiesto l’accoglimento del deferimento, con l’irrogazione della sanzione di mesi sei di inibizione; i difensori delle parti hanno insistito nelle difese spiegate nelle memorie e nelle conclusioni ivi rassegnate.
La decisione
Occorre preliminarmente delibare l’eccezione sollevata in sede di discussione dalla difesa del deferito in merito all’asserita violazione del contraddittorio che si sarebbe verificata a causa dell’esposizione, solo in sede d’udienza, delle argomentazioni della Procura Federale a sostegno del deferimento, non formalizzate in apposito atto scritto.
L’eccezione è infondata.
Come è noto, ai sensi dell’art. 125, comma 4, CGS, “nell’atto di deferimento sono descritti i fatti che si assumono accaduti, vengono enunciate le norme che si assumono violate, indicate le fonti di prova acquisite nonché formulata la richiesta di fissazione del procedimento disciplinare”. Nulla impone invece il Codice – nel contesto dell’antiformalismo che connota il processo sportivo – in merito alla indicazione nel deferimento o in altro atto scritto delle ragioni per le quali egli non ritenga fondate le difese rassegnate nella fase delle indagini preliminari ovvero all’illustrazione delle argomentazioni giuridiche del proprio convincimento. Il principio del contraddittorio, cui è correlato il diritto di difesa, viene invece salvaguardato dalla completa disclosure, in sede di comunicazione di chiusura indagini prima e di deferimento poi, degli esiti delle indagini preliminari e dunque degli atti e fatti posti a fondamento delle contestazioni elevate.
Del resto, anche l’ordinamento statale non correla alcuna sanzione processuale alla mancata enunciazione degli argomenti a fondamento della richiesta di rinvio a giudizio da parte dell’organo inquirente. Al contrario, correla all’avviso di conclusione delle indagini ex art. 415- bis c.p.p. – cui segue il deposito degli atti – la piena conoscenza del fatto pregiudicante in capo all’indagato. È, quindi, semmai dal mancato deposito di atti relativi alle indagini esperite, sanzionato con l’inutilizzabilità degli atti (cfr., da ultimo, Cass. Pen., Sez. II, 20.10.2020, n. 5408), che alla persona sottoposta a procedimento potrebbe eventualmente derivare un vulnus, circostanza comunque non verificatasi nel caso di specie. Assorbente appare, in ogni caso, il dato per cui è stato ampiamente consentito a tutte le parti in causa l’esercizio pieno delle prerogative defensionali in seno all’udienza celebrata innanzi a questo Tribunale.
Nel merito, il Collegio ritiene provata la responsabilità del deferito e, conseguentemente, fondato il deferimento nei limiti nel seguito specificati.
Va premesso che il presente procedimento prende avvio dalla notizia dell’arresto, da parte della DDA di Milano, del Procuratore Nazionale AIA Rosaro D’Onofrio per gravi fattispecie di reato in data 10.11.2022.
Gli approfondimenti esperiti dalla Procura Federale facevano emergere non solo l’emissione dell’ordinanza di custodia cautelare cui gli organi di stampa avevano dato ampio risalto, ma anche lo status di detenuto (presso la propria abitazione) dello stesso Procuratore Nazionale, a far tempo dal 20.5.2020, in forza di altro provvedimento de libertate emesso dall’AG milanese a seguito di arresto in flagranza per precedenti reati altrettanto gravi per i quali era finanche nelle more intervenuta sentenza irrevocabile di condanna in data 9.9.2021. Con detta decisione, l’imputato era riconosciuto colpevole dei reati contestati e definitivamente condannato alla pena di anni 2 e mesi 8 di reclusione ed Euro 6.000 di multa.
Il casellario giudiziale del D’Onofrio, acquisito in atti, riportava altresì una precedente iscrizione relativa alla messa alla prova disposta, sempre dall’AG milanese, nel corso dell’anno 2019 in relazione a ulteriori reati commessi negli anni 2015 e 2016. Tanto premesso, venendo alle incolpazioni per cui si procede, al capo a) è contestata all’odierno deferito l’omissione, da parte sua, di qualsivoglia iniziativa volta ad accertare il possesso in capo al D’Onofrio dei requisiti di professionalità e di moralità prima di proporlo alla carica di Procuratore Arbitrale Nazionale e la sua avvenuta proposizione alla suddetta qualifica.
La contestazione è parzialmente fondata.
Quanto al possesso dei requisiti di moralità, oggettivamente inesistenti alla luce della copiosa documentazione acquisita, ritiene il Tribunale che non sia addebitabile al Dott. Trentalange di non aver verificato l’assenza di precedenti penali o comunque di pendenze del nominando Procuratore Nazionale.
L’esame degli atti acquisiti al fascicolo del dibattimento consente, infatti, di affermare che il D’Onofrio avesse astutamente occultato il proprio coinvolgimento nei procedimenti penali di cui si è detto attraverso una serie di artifici e di dichiarazioni non veritiere (cfr. dichiarazioni Bonaventura del 21 novembre 2022), addirittura recandosi presso la sede AIA in costanza di misura cautelare per svolgere le proprie funzioni o partecipare a riunioni (cfr. attestazione a firma Rutigliano e autorizzazioni Corte d’Appello di Milano in atti).
Dalle dichiarazioni assunte nel corso delle indagini svolte dalla Procura Federale è emerso, inoltre, che la situazione “processuale” coinvolgente il D’Onofrio, il suo stato di detenzione e il precedente riportato, non erano noti né ai soggetti che con lui collaboravano in AIA (cfr. dichiarazioni Rutigliano del 17 novembre 2022) né a coloro che più assiduamente lo frequentavano (cfr. dichiarazioni Sarsano del 24 novembre 2022), avendo tutti dichiarato di non aver avuto alcun sentore di quello che poi sarebbe stato platealmente evidente circa la condotta del D’Onofrio.
Lo stesso ex Presidente AIA, Dott. Nicchi, in fase di indagini ha confermato che, prima della nomina a Procuratore AIA, non vi fossero “rumors” sulla persona del D’Onofrio (cfr. dichiarazioni in atti del 21 novembre 2022).
Neppure chi, per rapporti amicali, ha riferito di essersi trovato in situazioni oggettivamente paradossali presso l’abitazione del D’Onofrio (cfr. dichiarazioni Sarsano del 24 novembre 2022), ovvero ha riferito di dubbi circa la sua candidatura (cfr. dichiarazioni Rosciano del 21 novembre 2022), ha poi ritenuto di segnalare o denunciare alcunché ai vertici AIA; sicché non pare potersi affermare la sussistenza di segnali d’allarme che avrebbero dovuto essere percepiti o rilevati dal Presidente Trentalange secondo ordinaria diligenza.
Né pare potersi ritenere fondante un rimprovero a titolo di colpa al deferito in relazione alla mancata richiesta di esibizione di un’attestazione di assenza di pendenze e precedenti penali al D’Onofrio.
Gli artifici posti in essere da quest’ultimo e accertati in atti consentono di ritenere, con probabilità vicina alla certezza, che una eventuale certificazione o autocertificazione sarebbe stata inevitabilmente altrettanto silente circa l’effettivo status del nominando Procuratore Nazionale; e, in ogni caso, ai sensi dell’art. 42 del Regolamento AIA, l’assenza di condizioni ostative e pendenze era di fatto già stata “attestata”, ancorché sempre artificiosamente, dal D’Onofrio con dichiarazione comunque rilevante per l’ordinamento domestico, annualmente rinnovata. Anche successivamente alla nomina, peraltro, il D’Onofrio dichiarava l’assenza di condanne a suo carico (circostanza in quel momento rispondente al vero per quanto risulta agli atti) omettendo di essere però stato destinatario di un provvedimento di messa alla prova che, come noto, è iscritto nel casellario giudiziale (cfr. dichiarazioni Bonaventura).
Con riguardo dunque all’accertamento dei requisiti di moralità per la nomina alla importante carica in seno all’AIA, ritiene il Tribunale che al Presidente Trentalange non possa essere addebitata alcuna omissione disciplinarmente rilevante.
È noto infatti che per l’imputazione dell’evento a titolo di colpa per omissione occorra il ricorso a un giudizio controfattuale ipotetico, sulla base del modello probabilistico, che richiede di valutare l’incidenza del comportamento alternativo lecito, ossia se la condotta omessa, ove posta in essere, ne avrebbe impedito, con alto grado di probabilità logica e in assenza di decorsi causali alternativi, il verificarsi (cfr. ex multis Cass. Pen., Sez. IV, 15.09.2022, n. 37193).
Nel caso di specie, non si ritiene possa giungersi a una imputazione del descritto evento a titolo di colpa per omissione del Trentalange proprio a causa della straordinaria attitudine mistificatoria che ha evidenziato l’agire del D’Onofrio verso gli Organi e gli Uffici dell’AIA e induce a ritenere che eventuali richieste del deferito finalizzate ad accertare la moralità del proponendo candidato non avrebbero potuto sortire un esito utile a chiarire la situazione.
Diversamente, quanto alla mancata verifica dei requisiti professionali, il Collegio ritiene il contestato addebito fondato.
È infatti emerso che il Dott. Trentalange fosse a conoscenza della ritenuta inadeguatezza del D’Onofrio a rivestire quella carica, sotto il profilo della preparazione e del rendimento.
Ciò emerge da li atti di causa, da cui si desume la consapevolezza dell’odierno deferito della inidoneità di Rosario D’Onofrio rispetto all’alta e importante qualifica di cui è controversia.
Si pensi, segnatamente, alle dichiarazioni del 29 novembre 2022 dell’Avv. Sandroni, componente della Commissione disciplinare AIA, che ha riferito, con coerenza e precisione, della telefonata ricevuta dal Trentalange a seguito di una contestazione formale elevata per iscritto al D’Onofrio, documentata dall’e-mail prodotta in atti.
In quest’ultima, datata 26 maggio 2018, il Sandroni rilevava la sinteticità “ai limiti della tautologia” della minuta di delibera redatta dal D’Onofrio; delibera che avrebbe evidenziato “una sciatteria e una frettolosità” ritenuta tanto inaccettabile da risultare “irriguardosa per gli stessi soggetti a cui vengono comminate sanzioni”.
Della telefonata ricevuta dal deferito il Sandroni ha fatto espressa menzione in sede di audizione del 29 novembre 2022, ove lo stesso ha così, testualmente, descritto l’intero episodio a partire dalla delibera predisposta dal D’Onofrio: “nel 2018 quando ero Vice Presidente della Commissione di Disciplina ricordo che in una riunione affrontammo il problema dell’accumulo dei fascicoli, ricordo che formammo due sottocommissioni e Paolo D’Agostini mi chiese di ospitare nella mia sottocommissione il D’Onofrio. Gli affidai una delibera piuttosto semplice, questioni sul fatto, con preghiera, consapevole dei suoi ritardi, di consegnarla con congruo anticipo rispetto al termine, questo non avvenne nonostante numerose mail tra noi due tant’è che mi vidi costretto a inviargli una mail, di cui vi consegno copia, con la quale gli scrivevo che avevo rilevato nella sua redazione una sciatteria non accettabile, la definivo addirittura irriguardosa nei confronti dei deferiti e affermavo che non era concepibile il suo approccio superficiale. La mail, per correttezza, la inviavo per conoscenza anche a Paolo D’Agostini. Ricordo bene perché, e vi prego di credermi, durante il mio mandato in Commissione non ho mai ricevuto nessuna telefonata da parte di qualche componente del Comitato Nazionale tranne in questo caso dove appunto qualche giorno dopo la mail di cui vi ho appena parlato mi chiamò Alfredo Trentalange, ripeto me lo ricordo bene, stavo guidando, comparve il numero del cellulare di Trentalange sul video del bluetooth dell’auto, stavo entrando nel mio garage e lasciai la macchina a mia moglie per rispondere. Mi disse che era al corrente di un mio rimbrotto nei riguardi di Rosario D’Onofrio e aggiunse testualmente “guarda Andrea Rosario è un po' arruffone ma è un bravo ragazzo”. Risposi che non lo mettevo in dubbio ma ritenevo che era totalmente inadatto per l’incarico affidatogli. Lui confermava quello che dicevo io ma mi sembrava anche che cercasse di rabbonirmi, non mi sembrava un gesto elegante, preciso che non fece altro che cercare di rabbonirmi e mi invitava ad essere comprensivo nei confronti di D’Onofrio”.
Al di là del rilievo disciplinare della condotta del Trentalange (autonomamente contestata sub capo b) dell’incolpazione e su cui si tornerà infra), il fatto deve ritenersi accertato risultando il portato dichiarativo assolutamente attendibile, oltre che – in ogni caso – riscontrato dal documento allegato al verbale di audizione. Né sono stati addotti elementi per poter affermare che il propalante abbia riferito una circostanza non vera.
Irrilevante, sul punto, appare il richiamo alla necessità di applicazione dei criteri di valutazione di cui all’art. 192, comma 3, c.p.p. e all’omessa denuncia dell’episodio da parte del dichiarante.
Mentre quest’ultimo aspetto attiene alla percezione del fatto da parte dell’Avv. Sandroni (che, peraltro, nel corso dell’audizione ha relegato quanto occorso a mera sensazione), i criteri di valutazione della dichiarazione in atti non possono che essere quelli dell’ordinaria testimonianza.
Del resto, la Suprema Corte ha ritenuto che anche le dichiarazioni del danneggiato, come quelle della persona offesa, possano essere legittimamente poste da sole a fondamento dell’attribuzione di responsabilità all’imputato, senza la necessità di applicare le regole probatorie di cui – appunto – all’art. 192, comma 3 e 4 c.p.p., purché il narrato sia soggetto a un rigoroso controllo di attendibilità opportunamente corroborato dall’indicazione di altri elementi di riscontro (così, Cass. Pen., Sez. IV, 9.11.2021, n. 410).
Ebbene, nel caso di specie, non emergono dal verbale elementi di incoerenza o contraddittorietà o comunque tali da inficiare la logica dell’esposizione, oltretutto perfettamente collimante con la documentazione a disposizione del dichiarante e dallo stesso prodotta, sicché quanto riferito deve essere ritenuto effettivamente verificatosi.
Dunque, proprio la telefonata in questione consente di affermare che il deferito avesse avuto, prima della proposta di nomina (che risale al marzo 2021), diretta notizia di doglianze circa la preparazione e le qualità professionali del D’Onofrio; doglianze che certamente non potevano essere superate dalla produzione, pure avvenuta (come si vedrà infra), di un mero curriculum vitae né dal dato temporale della permanenza nell’ambito della giustizia associativa del soggetto proponendo.
Ben avrebbe sul punto il Presidente potuto e dovuto accertare, attraverso un approfondimento quantomeno presso i precedenti Colleghi e Presidenti di collegio ovvero presso i rilevanti Uffici (cosa che, peraltro, sempre avviene per consolidata prassi istituzionale), l’effettiva rispondenza del D’Onofrio al profilo della significativa carica che avrebbe dovuto rivestire.
Tale condotta risponde a un dovere minimale e generale di diligenza che il Presidente Trentalange avrebbe dovuto osservare per preservare l’Associazione da lui presieduta, anche alla luce dell’importanza della carica in gioco.
L’omissione di questo minimo approfondimento costituisce causa, nel senso giuridico del termine già sopra illustrato, della nomina, atteso che, ove posto in essere, avrebbe ragionevolmente evitato l’evento.
Di qui la responsabilità del deferito in relazione al capo a).
Il Collegio ritiene parimenti fondato il capo e) dell’incolpazione.
Risulta, infatti, agli atti di causa che il Dott. Trentalange, all’epoca Presidente dell’AIA, non abbia posto in essere alcuna iniziativa tesa ad accertare l’illecita attività del D’Onofrio, che ha conseguito importanti rimborsi – agli evidenti danni dell’Associazione – per spese suffragate da biglietti ferroviari falsificati.
È, infatti, dimostrata agli atti l’erogazione di somme sine causa, per spese relative a presunte trasferte, giustificate da titoli di viaggio mai emessi dalla Società di gestione dei servizi di trasporto; come è pure pacifica la sussistenza, in capo a soggetti apicali, del dovere di predisporre adeguati modelli organizzativi e di gestione, che consentano – secondo un approccio “risk-based” – di prevenire la verificazione degli illeciti della specie di quelli verificatisi in concreto.
Il positivo dettato del Codice di Giustizia Sportiva FIGC, dello Statuto FIGC e del Regolamento dell’Associazione Italiana Arbitri custodisce gli istituzionali doveri gestionali delle cariche di vertice, orientando l’operato di queste ultime in senso conforme ai principi di buona amministrazione.
L’articolo 7 del Codice di Giustizia Sportiva fa dei modelli di organizzazione, gestione e controllo paradigmi di buona gestione, che riempiono di contenuti di dettaglio il principio di diligenza qualificata, per come declinato dall’art. 2086, comma 2, del Codice Civile (e, prima ancora, dall’art. 2381, comma 5, e dall’art. 1176, comma 2, dello stesso Codice).
Spetta, infatti, ai vertici degli Uffici adottare, in chiave precauzionale, le cautele volte a prevenire i rischi di comportamenti contrari a diritto ed etica sportiva; cautele destinate a tradursi in misure che consentano la mappatura del rischio, in procedure specifiche per le varie fasi decisionali, in adeguati meccanismi di controllo, in un efficace sistema disciplinare interno (si veda, in merito, la decisione Corte Sportiva d’Appello, 6 novembre 2018, n. 46 e, da ultima, la sentenza Corte Federale d’Appello, 13 marzo 2023, n. 80).
L’art. 32, comma 6, dello Statuto FIGC bene si inserisce – tanto quanto il precedente art. 7, comma 5 – in tale contesto, prevedendo che l’AIA, nella propria organizzazione interna, adotta “modelli organizzativi idonei a prevenire il compimento di atti contrari ai
principi di lealtà, correttezza e probità in ogni rapporto, con particolare riguardo alle attività degli organi tecnici”.
Come specifica il richiamato comma dell’art. 32, cit., tali modelli devono contemplare “misure idonee a garantire lo svolgimento di tutte le attività nel rispetto della legge e dell’ordinamento sportivo, nonché a rilevare tempestivamente situazioni di rischio”, “l’adozione di un codice etico, di specifiche procedure per le fasi decisionali, nonché di adeguati meccanismi di controllo volti a rilevare e far sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel modello”, oltre alla “nomina di un organismo di garanzia, composto di persone di massima indipendenza e professionalità e dotato di autonomi poteri di iniziativa e controllo”.
L’art. 8 del Regolamento AIA deve essere letto secondo l’approccio prospettivo che connota i precetti passati in rassegna.
Il Presidente Nazionale AIA – secondo il disposto – indica i “principi generali per l’attività tecnica, associativa ed amministrativa dell’AIA, verificandone l’attuazione”, oltre ad adottare, sotto la sua esclusiva responsabilità, tutti i provvedimenti che corrispondono alle sue attribuzioni.
L’ampio potere di indirizzo e coordinamento della Presidenza non può non essere orientato secondo i canoni di prevenzione che sottendono il Codice di Giustizia Sportiva FIGC, lo Statuto FIGC e – prima ancora – lo schema di ‘compliance 231’ (d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231), il risk assessment che caratterizza il settore della privacy e – non da ultimo – la novella sugli adeguati assetti di cui al citato art. 2086, comma 2, del Codice Civile (su cui la recente Relazione 15 settembre 2022, n. 87 della Suprema Corte di Cassazione).
Che la verifica sull’impiego dei fondi a opera degli Organi direttivi avvenga nel rispetto del Regolamento amministrativo e di contabilità della FIGC (art. 8, comma 6, lett. g), del Regolamento AIA) è, nella descritta ottica, di prioritaria importanza.
Il difetto di idonee regole organizzative interne, che prescrivano ex ante procedure puntuali e al contempo disegnino adeguati meccanismi di controllo, non consente la corretta spendita delle risorse dell’Ente, provocando la loro ingiustificata dispersione. Ora, risulta agli atti che, dal marzo 2021 all’agosto 2022, il D’Onofrio abbia presentato richieste di rimborso fondate su biglietti manifestamente artefatti; ma non risulta che l’AIA vantasse ai tempi degli illeciti alcun modello atto a verificare i titoli di spesa e, conseguentemente, a prevenire le contestate azioni contra legem e le conseguenti erogazioni indebite delle risorse dell’Ente. Emblematiche appaiono, ad esempio, le dichiarazioni di Donisi (29 novembre 2022), che – da addetto alla gestione/verifica dei rimborsi – ha evidenziato che nessuno mai gli avrebbe dato il compito di verificare i documenti di viaggio (“non ho mai verificato se i codici (PNR, CP, QR CODE) […] fossero veritieri, in quanto nessuno dei Segretari […] mi ha mai detto di verificare questi dati per accertare eventualmente la veridicità dei titoli di viaggio”).
Altrettanto significative si appalesano le dichiarazioni di Tomei (30 novembre 2022) che – da addetto alla liquidazione delle note spese in AIA – ha precisamente affermato che “non esiste un controllo interno dell’AIA per accertare la veridicità/attendibilità delle note spese e in particolare dei titoli di viaggio […] in AIA non esiste una funzione di “audit” specifica per rilevare eventuali note non veridiche”.
Dall’art. 8 del Regolamento AIA – che, come si è detto, onera il Presidente inter alia della “verifica” sull’“impiego dei fondi ad opera degli Organi direttivi” – non può non discendere, nella cornice normativa di cui sopra, la specifica responsabilità del Trentalange, che, all’epoca dei rimborsi ingiustificati in contestazione, era Presidente.
Infondati appaiono, invece, gli altri capi dell’atto di deferimento.
Quanto al capo b), coglie nel segno l’eccezione difensiva di prescrizione sollevata nella prima memoria difensiva del deferito.
Avuto riguardo al momento consumativo della violazione contestata (maggio 2018), è decorso il termine di cui all’art. 40, comma 1, lett. d), CGS, della quarta stagione sportiva successiva a quella in cui è stato commesso l’ultimo atto diretto a realizzare la condotta illecita.
Né risultano atti interruttivi in termini ai sensi del comma 2 della citata disposizione. L’apertura dell’inchiesta in relazione allo specifico fatto, r ferito a verbale in data 29.11.2022, è infatti da individuarsi nel procedimento di stralcio del 7.2.2023.
Ritiene il Collegio che la responsabilità del deferito non sussista neppure in relazione alla condotta contestata al capo c) dell’incolpazione.
Quanto alla mancata verifica, da parte del Presidente Trentalange, del possesso dei requisiti morali prima del conferimento delle onorificenze di Arbitro Benemerito e del Premio Concetto Lo Bello, vanno richiamate tutte le considerazioni svolte, in relazione al capo di imputazione sub a), circa la possibilità di fondare un rimprovero per colpa all’odierno deferito.
Con riferimento invece agli altri specifici requisiti condizionanti l’attribuzione dell’onorificenza e del premio, rileva il Collegio come difetti la prova della loro assenza; prova della quale sarebbe stata onerata la Procura Federale secondo i generali principi che regolano l’onus probandi nel processo sportivo.
Parimenti infondato è il capo di cui alla lettera d) dell’atto di deferimento.
Va, anzitutto, rilevato il difetto di una precisa regola che imponga al Procuratore Arbitrale Nazionale l’obbligo di svolgere le sue istituzionali funzioni in presenza.
A mancare è, altresì, una regola che imponga al Presidente dell’AIA di vigilare sulla presenza in sede del Procuratore Arbitrale Nazionale.
Onde configurare una responsabilità omissiva, correlata alla posizione di garanzia della parte, deve ricorrere la precisa configurazione ex ante di un obbligo, previsto in termini tanto puntuali da consentire di prevedere le conseguenze delle omissioni (ad es., Cass. Pen., Sez. IV, 3 dicembre 2020, n. 34344).
Difetta, nella specie, obbligo siffatto, oltre a mancare un effettivo nesso di causalità diretta tra gli asseriti risultati negativi dell’Ufficio di Procura e le assenze – nei limiti di cui si è detto sopra – del D’Onofrio. Si appalesano, infine, infondati i capi di cui alle lettere f) e g) dell’atto di incolpazione.
Secondo la Procura, il Trentalange dovrebbe essere ritenuto responsabile per aver comunicato e distribuito, durante il Comitato Nazionale dell’AIA del 12 novembre 2022, un documento falsificato recante le apparenti dimissioni dall’Ente del D’Onofrio. Non si vede, tuttavia, come potesse il Trentalange avvedersi della contestata non autenticità del documento, non emergendo agli atti elementi tali da poter incidere sul legittimo affidamento del deferito.
Il dato dell’asserita contraffazione della firma non emerge inconfutabilmente dal fascicolo; né si comprende, pertanto, come avrebbe potuto (e dovuto) il Trentalange – secondo il canone di diligenza – rilevare che la sottoscrizione delle dimissioni fosse attribuibile a soggetto altro dal D’Onofrio.
Ancora, a giudizio della Procura, la responsabilità del Trentalange discenderebbe da non veridiche dichiarazioni che il deferito avrebbe compiuto nel corso del Consiglio Federale del 15 novembre 2022.
Risulta, invero, proprio dalla registrazione della detta seduta del Consiglio, che il curriculum vitae richiamato dal Trentalange fosse quello che era stato prodotto dallo stesso D’Onofrio; come risulta che i titoli, di studio e professionali, citati nella sessione consiliare fossero quelli illo tempore autodichiarati dal medesimo Rosario D’Onofrio, peraltro corrispondenti al curriculum vitae che il deferito ha dimostrato essere stato inviato da quest’ultimo (cfr. all. prima memoria difensiva di parte).
Pure dalla registrazione del 15.11.2022 emerge che le autocertificazioni menzionate nel consesso fossero quelle specificamente prescritte dal Regolamento AIA che sono invero esistite in rerum natura, per averle il D’Onofrio effettivamente rese. La responsabilità del deferito sussiste, dunque, nei limiti delle contestazioni sub capi a) ed e) dell’atto di deferimento.
Considerato il dettato del citato art. 4 CGS, in combinato disposto con il successivo art. 9, lett. h) (che prevede la sanzione dell’inibizione temporanea a svolgere attività in ambito FIGC con un massimo edittale di cinque anni); visto altresì l’art. 12 CGS (“Gli organi di giustizia sportiva stabiliscono la specie e la misura delle sanzioni disciplinari, tenendo conto della natura e delle gravità dei fatti commessi”); valutate tutte le rilevanti circostanze fattuali, e considerate natura e gravità dei fatti contestati, nei limiti dei capi a) ed e) dell’atto di deferimento, il Tribunale ritiene equa la condanna del deferito alla sanzione di mesi tre di inibizione.
P.Q.M.
Il Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare, definitivamente pronunciando, in parziale accoglimento dell’atto di deferimento, irroga nei confronti del Dott. Alfredo Trentalange la sanzione di mesi 3 (tre) di inibizione.
Così deciso nella Camera di consiglio del 17 marzo 2023.
I RELATORI IL PRESIDENTE
Andrea Giordano Roberto Proietti
Valentina Ramella
Depositato in data 27 marzo 2023.
IL SEGRETARIO
Marco Lai
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