F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – Sezioni Unite – 2022/2023 – figc.it – atto non ufficiale – Decisione n. 0118/CFA pubblicata il 14 Giugno 2023 (motivazioni) – Sig. Salvatore Claudio Defina/Procura Federale
Decisione/0118/CFA-2022-2023
Registro procedimenti n. 0145/CFA/2022-2023
LA CORTE FEDERALE D’APPELLO
SEZIONI UNITE
composta dai Sigg.ri:
Mario Luigi Torsello – Presidente
Salvatore Lombardo – Componente
Antonia Fiordelisi – Componente
Vincenzo Barbieri - Componente
Massimo Galli - Componente (Relatore)
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul reclamo numero 0145/CFA/2022-2023 proposto dal Sig. Salvatore Claudio Defina in data 16.05.2023;
per la riforma della decisione del Tribunale federale nazionale – sezione disciplinare Com. Uff. n. 172 del 10.05.2023;
visto il reclamo e i relativi allegati;
visti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza all’udienza del 06.06.2023, tenutasi in videoconferenza, il Pres. Massimo Galli e uditi gli Avv.ti Fabio Chiarini per il reclamante ed Enrico Liberati per la Procura Federale; è presente altresì il sig. Salvatore Claudio Defina; Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
RITENUTO IN FATTO
Il 9 marzo 2023 Defina Salvatore Claudio, arbitro associativo, veniva deferito dal Procuratore federale al TFN-SD per i seguenti addebiti:
"violazione degli artt. 4, comma 1, e 24 del CGS e 42, comma 3, lett. a) e c), del vigente Regolamento AIA così come integrato quest’ultimo anche dagli artt. 3 comma 2, 4 e 6.1 del Codice Etico e di Comportamento dell’AIA per aver, nel pomeriggio del giorno 23 gennaio 2023 alla vigilia della gara Inter vs Empoli in programma alle ore 20.45 della stessa giornata e per la direzione arbitrale della quale era stato designato l’AE sig. Antonio Rapuano, contattato quest’ultimo associato AIA sulla propria utenza telefonica mobile, anche attraverso le piattaforme di messaggistica istantanea WhatsApp e Telegram, rappresentando allo stesso di fare ogni tanto con un amico <la bolletta scommettendo sulle ammonizioni degli arbitri> (ovvero di scommettere di tanto in tanto sul numero complessivo di ammonizioni comminate durante una determinata gara), dando in tal modo a far intendere al proprio interlocutore di voler conoscere anticipatamente il numero di ammonizioni che lo stesso avrebbe comminato durante lo svolgimento della gara che in serata avrebbe dovuto dirigere (pensando evidentemente di riuscire in tal modo ad assumere informazioni utili al fine di poter giocare una “bolletta” vincente sull’evento sportivo che di lì a qualche ora si sarebbe svolto). Non riuscendo oltre nel proprio intento per il pronto rifiuto opposto dall’AE Rapuano il quale non appena udite le parole del Defina provvedeva immediatamente a rispondere a questi con tono stizzito “che cazzo stai dicendo” interrompendo la conversazione, bloccando in entrata il numero di telefono del Defina stesso e avvisando da subito dell’occorso, tanto, il Responsabile CAN AB G. Rocchi, quanto, l’AE D. Orsato quale Rappresentante degli Arbitri in attività".
Il deferimento si era basato su:
- le dichiarazioni dell'arbitro Rapuano sul colloquio avuto con il Defina;
- le dichiarazioni dell'A.E. Abbattista Eugenio, cui il Defina si sarebbe rivolto - sempre telefonicamente - dopo aver parlato con il Rapuano;
- le e-mail subito spedite all'AIA da tali interlocutori dell'incolpato, concernenti i predetti colloqui telefonici;
- lo 'screen shot' di un messaggio Whatsapp trasmesso al Rapuano dal medesimo Defina prima della telefonata, dal tenore “ Ci sei caro? Posso chiamarti? Sei in tranquillità? 5 minuti una cosa importante”.
A fronte di tali emergenze si era invero ritenuta inattendibile la tesi del Defina secondo cui le sue parole erano state fraintese, avendo egli voluto solo informarsi sull'esistenza di un sito web 'affidabile' presso il quale acquisire "...numeri e statistiche relative alle ammonizioni degli arbitri..." avendo solo intenzione di "realizzare un'app per creare probabilità nelle scommesse per il mondo degli arbitri, in particolare per quanto riguarda le ammonizioni".
Con decisione del 4/10 maggio 2023 il TFN-SD riteneva il Defina responsabile dell'addebito limitatamente alla violazione degli artt. 4, comma 1, del CGS, 42, comma 3, lett. a) e c), del vigente Regolamento AIA, così come integrato dagli artt. 3, comma 2, 4 e 6.1 del Codice etico e di comportamento settoriale.
Il Tribunale precisava come fosse da censurare il comportamento dell'incolpato "sia sotto il profilo dell’equivocità, con riferimento alle tematiche trattate, che sotto quello della tempestività, ossia a poche ore dall’inizio di una delicata gara di campionato", così rilevando come la condotta del Defina integrasse la violazione delle norme prima indicate.
Il primo giudice, invece, non riteneva "concretizzata ... la violazione del dettato dell’art. 24 del CGS, rilevando l'assoluta mancanza della prova che il "deferito fosse dedito alle scommesse e/o avesse effettivamente scommesso su eventi ufficiali organizzati nell’ambito della FIGC, della FIFA e della UEFA". Sul punto, infatti, non poteva sorreggere l'ipotesi accusatoria la sola precisazione del Rapuano, secondo il quale il Defina gli avrebbe testualmente detto “sai io con un mio amico ogni tanto faccio la bolletta scommettendo sulle ammonizioni degli arbitri”.
Il Tribunale federale precisava inoltre che la norma di cui all'art. 24 CGS sanziona la violazione del divieto di effettuare o accettare scommesse su eventi ufficiali organizzati nell’ambito della FIGC, della FIFA e della UEFA, sicché "anche a voler ritenere che il sig. Defina volesse effettivamente conoscere quante ammonizioni avrebbe fatto il sig. Rapuano durante la gara, per poi effettuare una puntata illecita, non ci sarebbe stata la violazione del divieto fintantoché non ci fosse stata la scommessa effettiva".
Al Defina veniva così irrogata la sanzione di mesi 12 (dodici) di squalifica.
Avverso tale decisione proponeva tempestivo reclamo il Defina tramite il proprio difensore, per i seguenti motivi: "Nullità’, se non inesistenza, della pronuncia reclamata, per assoluta genericità della motivazione, per assoluta indeterminatezza, per mancanza di elementi di fatto a sostegno dell’accusa, per mancata specificazione del percorso logico-motivazion[ale] che avrebbe portato alla condanna, per assenza dei presupposti per giungere ad una statuizione di responsabilità. Mancanza di prova. Malgoverno delle risultanze istruttorie, e lacunosità della prova".
E deduceva, in sintesi, quanto segue:
A) Il Tribunale ha ritenuto censurabile il comportamento del Defina " sia sotto il profilo dell'equivocità, con riferimento alle tematiche trattate, che sotto quello della tempestività, ossia poche ore dall'inizio della partita". Ma è lo stesso denunciante ad essere "equivoco e poco preciso", tant'è che i giudici non attribuiscono alcun valore di prova alle sue dichiarazioni concernenti quanto riferitogli dal deferito in merito alle scommesse ('bollette') effettuate sull’ammonizione degli arbitri.
B) Manca pertanto la prova certa (e non equivoca) della ritenuta condotta illecita, che resta anch'essa dubbia, laddove può ipotizzarsi - come sostenuto dal Defina stesso - "un contatto sbagliato in un momento ancor più sbagliato". Ovvero, in altri termini, un contatto inopportuno, del tutto frainteso, peraltro, dal denunciante.
C) La logica non depone per l’accusa e per la colpevolezza del prevenuto per un fatto non esistente; l’aspetto fattuale non porta ad alcuna statuizione di responsabilità, poiché era una richiesta fatta in un momento sbagliato, e con parole sbagliate, ma nulla che portasse a scommesse, sicché la soglia della 'ragionevole certezza' della colpevolezza non è stata raggiunta, né in riferimento alla responsabilità né in relazione alla sola prova che l’azione posta in essere (così come contestata, come illecito consumato) possa avere integrato pienamente e concretamente la violazione regolamentare contestatagli.
Con il reclamo si concludeva pertanto per "una totale rivisitazione e rivalutazione della pena inflitta...non congrua né dotata di opportuna proporzione".
In data 31 maggio u.s. il Procuratore Federale depositava le sue controdeduzioni con le quali, evidenziando l'assoluta congruità e logicità della motivazione della decisione impugnata, precisava che:
- il TFN non ha ritenuto revocabile in dubbio che il Defina nel pomeriggio del giorno 23 gennaio 2023, a poche ore dall’inizio della gara Inter vs Empoli in programma alle ore 20.45, valevole per il campionato della massima serie nazionale, abbia contattato sulla propria utenza telefonica mobile, anche attraverso le piattaforme di messaggistica istantanea WhatsApp e Telegram, l’AE sig. Antonio Rapuano, arbitro designato a dirigere la gara anzidetta;
- lo stesso giudice ha sottolineato come il Defina non abbia mai negato di aver fatto riferimento, nel corso del breve colloquio avuto con il sig. Rapuano, "tanto alle scommesse quanto alle ammonizioni" ed ha aggiunto che il deferito non può invocare, come attenuante, la telefonata fatta il giorno seguente all’AE sig. Eugenio Abbattista, carissimo amico del sig. Rapuano, poiché ́ la stessa, "in questo contesto, assume carattere “giustificativo” e “riparatorio” da parte di chi e ̀ pienamente cosciente di aver violato le regole";
- è dunque del tutto evidente che il comportamento tenuto dalla A.A. DEFINA sia stato non solo "grave e sconveniente” ma anche "contrario a quei principi di lealtà, probita ̀ e correttezza, nonché, di rispetto e osservanza delle norme e degli atti federali, di cui al richiamato art. 4, comma 1, del C.G.S.", non rispettando altresì il dovere di osservare il codice etico adottato dall’A.I.A. stessa e rivolto a tutti gli associati;
- neppure meritevole di accoglimento si palesa la richiesta di riduzione della sanzione, poiché quella inflitta "risulta del tutto adeguata e coerente alla ritenuta gravita ̀ della condotta equivoca, intempestiva e inopportuna, posta in essere dal deferito".
All'udienza del 6 giugno 2023, presente in videocollegamento anche il deferito, all'esito della discussione finale, sulle conclusioni delle parti, questa Corte pronunciava la sua decisione come da dispositivo depositato in pari data.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il reclamo è del tutto infondato e va respinto con contestuale inasprimento della sanzione inflitta, ritenuta invero incongrua da questa Corte.
Appare opportuno premettere alcune considerazioni in merito al residuo illecito in contestazione, e di cui all'art. 4, comma 1, del CGS e 42, comma 3, lett. a) e c), del vigente Regolamento AIA così come integrato quest’ultimo anche dagli artt. 3, comma 2, 4 e 6.1 del Codice etico e di comportamento dell’AIA.
Va subito ricordato che l'art. 42 del regolamento AIA (rubricato "Doveri degli arbitri") precisa, in particolare al comma 3, lett. c), testualmente, che gli arbitri, oltre ai doveri di cui al comma 1, "sono altresì obbligati ...... ad improntare il loro comportamento, anche estraneo allo svolgimento dell’attività sportiva e nei rapporti con colleghi e terzi, ai principi di lealtà, trasparenza, rettitudine e della comune morale, a difesa della credibilità ed immagine dell’AIA e del loro ruolo arbitrale". Inoltre il regolamento etico e di comportamento della stessa AIA precisa: "E ̀ valore irrinunciabile ed imprescindibile di tale attivita ̀, la correttezza e la lealta ̀ nella vita sportiva come in quella sociale. Il collante tra questi due principi, che allo stesso tempo ne costituisce il fondamento, e ̀ la cultura del “fair play”, valore da applicare non solamente sui campi di gioco ma a cui riferirsi come stile di vita, attraverso il rifiuto dell’inganno e delle astuzie finalizzate al perseguimento di vantaggi e/o profitti non parimenti raggiungibili con le sole proprie capacita ̀ (art. 3, comma 2) ...."Il comportamento dell’Associato deve essere espressione di legalita ̀ed apparire come tale, deve riscuotere la fiducia e l’affidamento attraverso comportamenti improntati alla dignita ̀ della funzione, alla correttezza ed alla lealta ̀. I comportamenti, oltre a riferirsi al senso di giustizia, devono essere ispirati alla “virtu ̀del ben operare (art. 6.1)".
Ai principi di lealtà, correttezza e probità in ogni rapporto comunque riferibile all'attività sportiva, opera richiamo altresì l'art. 4, comma 1, CGS, al cui rispetto lo stesso citato art 42 del Regolamento richiama la classe arbitrale tutta.
La lettura composita di tali disposizioni chiarisce l'ambito di applicazione delle regole stesse, indicando come gli arbitri siano destinatari - come e più degli altri soggetti indicati dall'art. 2 CGS - dell'obbligo del rispetto dei principi basilari dell'ordinamento sportivo quali prima ricordati, anche in comportamenti assunti fuori dall'attività sportiva in senso stretto (per come precisato da Regolamento e codice etico).
È in sostanza un richiamo specifico al comportamento di chi è chiamato ad assumere la veste di giudice, sia pure nell'ambito sportivo, che, come tale, deve improntare a correttezza, rettitudine e morale comune ogni sua condotta, non solo per la sua onorabilità in ragione del ruolo assunto, ma anche per la difesa dell'immagine e della credibilità tutta della categoria cui ha chiesto di appartenere. Il destinatario di tali indicazioni deve apparire, oltre che essere, persona retta e dignitosa in ogni suo fare, mantenendo una condotta costantemente improntata al rispetto della legalità nel rifiuto di ogni azione finalizzata al perseguimento di vantaggi personali non totalmente leciti. Quel richiamo all'apparire evoca le caratteristiche del giudice in quanto tale, che non solo dev'essere indipendente, imparziale e scevro da ogni tipo di coinvolgimento 'opaco', ma deve anche apparire tale all'esterno.
Neppure la percezione esteriore del suo fare può rimanere mai soggetta a dubbi sull'eticità della sua condotta.
Ciò chiarito, seguendo il percorso argomentativo tracciato dal reclamante, deve rilevarsi innanzitutto che l'equivocità del comportamento del Defina quale rimarcata dal TFN-SD, in nulla coinvolge il giudizio sull'attendibilità delle dichiarazioni dell'arbitro Rapuano, tanto meno in relazione alle sue precisazioni su quanto riferitogli dall'incolpato circa le scommesse che lo stesso gli avrebbe confidato di fare con un amico.
E i giudici hanno correttamente ritenuto credibile il Rapuano.
Si consideri in proposito che:
1. L'arbitro ha riferito, in modo preciso e senza contraddizione alcuna, il tenore della brevissima conversazione avuta con il Defina, riferendo testualmente: "ero designato per la direzione di gara della partita Inter – Empoli che si sarebbe svolta in serata alle 20:45 (del 23 gennaio 2023); quello stesso pomeriggio, precisamente alle ore 16:18, Claudio DEFINA mi ha scritto un messaggio su whatsapp ed uno su TELEGRAM, nel primo mi diceva di contattarlo su TELEGRAM perché aveva cose importanti da dirmi e sul secondo mi diceva “ci sei caro? Posso chiamarti? Sei in tranquillità? 5 minuti una cosa importante”. Siccome lui l’anno scorso aveva vari incarichi, era il nostro responsabile dei fisioterapisti, direttore dei poli di allenamento a Cesena ed ex assistente della serie C, inoltre è titolare di uno studio di fisioterapia FINESIO WELLNESS a Cesena, decidevo di chiamarlo tramite telefono sull’utenza cellulare per ben due volte e lui mi buttava giù il telefono, dopo poco mi richiamava dicendo che ultimamente aveva iniziato a giocare con un suo amico una bolletta, era chiaro che si riferisse ad una scommessa, e precisava che la “bolletta” era sulle ammonizioni degli arbitri durante un incontro; a quel punto mi sono veramente arrabbiato ed innervosito gli ho risposto molto male del tipo “che cazzo stai dicendo” e ho buttato giù il telefono provvedendo immediatamente a bloccare il suo numero di telefono. Appena bloccato il numero di DEFINA ho chiamato il mio Designatore Gianluca ROCCHI ed anche il mio collega ORSATO in qualità di rappresentante degli arbitri. Il Designatore mi ha invitato a scrivere tutto via mail, che lui si sarebbe occupato di girarla alla Procura Federale. Da quel momento in poi non ho più avuto alcun contatto con il DEFINA e non ho ulteriori notizie ma Le invio seduta stante gli screenshot dei messaggi di cui ho parlato" (verbale audizione al Procuratore Federale del 2.2.2023 ore14:10).
2. Agli atti è acquisita la mail effettivamente spedita dal Rapuano al designatore degli arbitri Rocchi, il cui tenore, pur comprensibilmente in modo sintetico, ricalca le sue dichiarazioni rese alla Procura Federale: "Gianluca, come anticipato telefonicamente, ho appena ricevuto una chiamata da Defina Claudio (responsabile fino allo scorso anno dei fisioterapisti); mi ha contattato tramite whatsapp chiedendomi se potevo chiamarlo su telegram. Rifiutando la sua richiesta mi pronunciava le seguenti parole: sai io con un mio amico ogni tanto faccio la bolletta scommettendo sulle ammonizioni degli arbitri. A quel punto urlandogli prima come cazzo sei messo, gli ho chiuso il telefono in faccia bloccandolo".
3. Quanto riferito dal teste ha trovato conferma nelle dichiarazioni rese in sede di indagine da Abbattista Eugenio, arbitro effettivo VMO AIA, con le quali lo stesso precisava: "....nel primo pomeriggio del 24 gennaio, verso le 14:30 ho contattato telefonicamente il Responsabile CAN Gianluca ROCCHI per metterlo subito al corrente della telefonata che avevo ricevuto dal sig. DEFINA in tarda mattinata dello stesso 24 gennaio alla quale in un primo momento non avevo risposto perché impegnato, decidevo però di inviargli un messaggio whatsapp dicendogli che lo avrei richiamato dopo qualche minuto, cosa che in effetti ho fatto appena ho avuto un momento libero, erano circa le 12:30. Chiedevo a DEFINA di cosa si trattasse e lui mi diceva che non capiva per quale motivo Antonio RAPUANO si fosse alterato per una sua chiamata del giorno prima dove il DEFINA gli aveva parlato di un nuovo progetto connesso ad una società di statistica – analisi ed elaborazione dati. Non sapendo di cosa si stesse parlando ho tergiversato dicendo che lo avrei richiamato a breve perché volevo del tempo per poter capire dal mio carissimo amico Antonio RAPUANO al quale sono legato da fraterna amicizia, circostanza ben nota al DEFINA. Chiamavo subito Antonio RAPUANO che mi rappresentava di essere sbalordito dalla richiesta ricevuta dal DEFINA che lo aveva chiamato prima della partita dicendo “che si era messo a fare roba di scommesse” riporto la frase testuale. A quel punto non c’era bisogno di dire altro, ho salutato Antonio e di lì a breve risentivo DEFINA, e lo invitavo molto fermamente a non dire altro perché ne ero già al corrente invitandolo a non richiamarmi più, lui insisteva nelle giustificazioni ma io sono rimasto sulle mie dicendo testualmente “Claudio non mi mettere più in difficoltà...mi hai già messo in difficoltà, se non vuoi che ti chiuda il telefono in un faccia metti giù...tanto io farò esattamente come ha fatto Antonio.......Voglio aggiungere che a mia sensazione, come ho rappresentato anche a Gianluca ROCCHI, il DEFINA mi aveva contattato solo per un motivo, ovvero, consapevole di aver detto una cosa grave ad Antonio RAPUANO voleva cercare di utilizzarmi per mediare sperando in un mio intervento che potesse evitare che Antonio riferisse al nostro Responsabile o ad altri l’accaduto, insomma in buona sostanza aveva paura di essere denunciato (verbale audizione dell'8.2.2023 ore 12:00)”.
4. Anche l'Abbattista aveva poi spedito una mail al designatore Rocchi, riferendo nell'immediatezza del fatto, il tenore della conversazione avuta con il Defina. Ed il documento, acquisito agli atti, non evidenzia alcuna discrasia con quanto dichiarato dal teste.
5. La verifica logica della contraria versione dell'incolpato, secondo cui si sarebbe trattato di un grosso equivoco, atteso che egli voleva solo informazioni su qualche sito che fornisse statistiche sul numero delle ammonizioni comminate dagli arbitri, induce a ritenere del tutto incredibile tale tesi difensiva, così come ha ritenuto il primo giudice. Invero non si comprende affatto per quale motivo il Defina avesse, in un primo momento, avvicinato il Rapuano con un messaggio per invitarlo a sentirsi su 'Telegram' (piattaforma difficilmente tracciabile perché notoriamente basata su un sistema di cifratura molto complesso). La spiegazione data in proposito dal deferito ("comunicavo via whatsapp di poterci sentire su Telegram solo perché sapendo che si parlava di scommesse per evitare fraintendimenti ritenevo che fosse meglio per lui sentirsi su una chat più sicura ma il fine era esclusivamente di chiedere se esisteva un sito affidabile per poter acquisire numeri e statistiche relative alle ammonizioni degli arbitri") non merita alcuna credibilità, poiché una condotta lecita e trasparente non necessita di precauzione alcuna.
Semmai le parole del Defina finiscono per confermare che lui parlava 'di scommesse'. Il Rapuano infatti ha riferito chiaramente che il Defina aveva esordito parlando delle 'bollette che aveva iniziato a giocare sul numero delle ammonizioni, e non c'è motivo di ritenere che il teste abbia così clamorosamente frainteso il senso di una frase invece riferita ad un mero interesse alle statistiche relative alle ammonizioni o ad un sito che di tanto si occupasse.
Se il TFN ha ritenuto di parlare di tenore equivoco delle parole del Defina, dunque, non lo ha fatto per aver valutato con sospetto i ricordi del denunciante, bensì per sottolineare come l'incolpato, nella probabile intenzione di 'coinvolgere' l'interlocutore in un progetto di scommessa 'sicura', aveva iniziato la conversazione - come fa chi vuole saggiare la possibilità di adesione di altri ad un progetto illecito - con un approccio non apertamente dichiarato nei suoi intenti e dunque 'significativamente' equivoco. Ed è per questo che il Tribunale, se da un lato non ha ritenuto raggiunta la prova dell'illecito riferibile all'art. 24 CGS, essendosi palesata solo l'intenzione alla scommessa da parte del Defina, ha di contro ritenuto pienamente provato il comportamento dello stesso, palesemente improntato a scorrettezza, del tutto lontano da ogni etica o dalla comune morale e privo del rispetto di quei principi richiamati dall'art. 4, comma 1, CGS e dal Codice etico e di comportamento dell'AIA, sottolineando a tal fine, altresì, la vicinanza temporale della telefonata al Rapuano rispetto ad un'importante partita (di serie A) che quello si accingeva ad arbitrare.
Come ha ricordato anche il Procuratore federale nel provvedimento conclusivo delle indagini, il codice etico AIA (art. 3, prima citato) impone i valori di correttezza e lealtà nella vita sportiva come in quella sociale, prescrivendone il rispetto costante non solo sui campi da gioco ma anche nello stile di vita, attraverso il rifiuto dell'inganno e delle astuzie finalizzate al perseguimento di vantaggi o profitti non raggiungibili con le sole proprie capacità. E ciò anche a difesa della stessa categoria arbitrale, che da tali comportamenti non può non rimanere danneggiata nella sua immagine.
Quando il legislatore richiama questi obblighi nel ricordare i principi dell'ordinamento sportivo, lo fa per creare affidamento e delineare il contesto normativo entro il quale tutta la comunità che ne è destinataria si riconosce ed andrà ad operare.
La flessibilità delle clausole generali necessita di un processo di «concretizzazione» che non può che essere operato dall’interprete, chiamato a verificare il rispetto dei doveri di lealtà, correttezza e probità. Nel caso dell’ordinamento sportivo la cosiddetta normativa di correttezza – proprio in considerazione della peculiarità del sistema – non può che riposare sui principi indicati dalle norme di cui alla contestazione, la cui violazione determina necessariamente sanzioni giuridiche.
In ambito sportivo, l’ampio e generalizzato consenso che ricevono le clausole generali di lealtà e correttezza si coglie indipendentemente da uno specifico dato normativo, ma viene ribadito dai codici di comportamento e dai regolamenti etici, cui fa eco, appunto, la norma di cui all'art. 4, comma 1 CGS, formulata come clausola di “chiusura” del sistema, poiché evita di dover considerare, nell'ordinamento sportivo, permesso ogni comportamento che nessuna norma vieta e facoltativo ogni comportamento che nessuna norma rende obbligatorio.
Non v'è dubbio che l’utilizzo delle clausole generali pone problemi interpretativi di non facile soluzione ed espressioni come “probità”, “correttezza”, “lealtà” appaiono generiche e di difficile concretizzazione, ma la flessibilità di tali definizioni permette il legittimo rinvio alle regole morali e di costume generalmente accettate, così come proprio - per quel che qui maggiormente rileva il Codice etico dell'AIA sottolinea. E l’attenzione a questi principi si estende fino a condotte che si collocano al di fuori dell’attività sportiva strettamente intesa, ove siffatta condotta (pur in astratto lecita) implichi – per il modo in cui la persona si è comportata o per il contesto nel quale ha agito – una compromissione di quei valori cui si ispira la pratica sportiva.
È tuttavia certo che sussiste un difetto di giustiziabilità della pretesa punitiva quando manca la fattispecie che consenta di attribuire rilevanza disciplinare ad indubbie violazioni dei principi cardine dell’ordinamento sportivo, ma accadute al di fuori di «ogni rapporto comunque riferibile all’attività sportiva» (cfr. art. 4, comma 1, CGS cui si collega la sanzione). Tale situazione può essere sintetizzata come difetto di giurisdizione (o di competenza) degli organi di giustizia sportiva, ma purché sia chiaro che il difetto di giurisdizione (o di competenza) dipende dal difetto di giustiziabilità della pretesa disciplinare dinanzi agli organi di giustizia sportiva per mancanza di una fattispecie disciplinare sanzionatrice. E se anche si voglia operare con il cosiddetto meccanismo del “combinato disposto”, certamente utilizzabile per desumere una prescrizione attraverso l’integrazione coordinata del contenuto di più norme, il risultato ottenuto non può contrastare con quanto le norme combinate contemplano singolarmente (Corte federale d’appello, SS.UU. n. 98/2022-2023).
Ma nel caso di specie ogni dubbio sull'applicabilità della norma richiamata è fugato dall'evidente riferibilità del comportamento del Defina all'attività sportiva (sia pure in senso ampio intesa), poiché egli contattò un collega che si accingeva ad arbitrare la partita di serie A Inter-Empoli, e voleva in sostanza cercare di conoscere quante ammonizioni lo stesso avrebbe disposto (per evidentemente accingersi a scommettere sul dato medesimo), a tal fine logicamente confidando in una complicità del suo interlocutore, che invece si ribellò, decidendo di denunciarlo nonostante l'amicizia che lo legava al Defina.
Altra spiegazione logica al suo comportamento non appare possibile.
Ne consegue la sicura operatività della previsione dell'art. 4, comma 1, CGS e del regolamento etico AIA (senza che il primo resti 'forzato' dalla ampiezza del secondo), indipendentemente dalla concretizzazione del proposito dell'incolpato e dunque dalla realizzazione degli elementi di cui all'ulteriore fattispecie di cui all'art. 24 del medesimo CGS.
Il fatto appare infine oltremodo grave e la sanzione da ritenersi congrua e proporzionata non è certo quella inflitta dal giudice di prime cure.
Come già si evidenziava in premessa nella interpretazione delle norme violate indicate nel deferimento, la valutazione del comportamento di un arbitro, quanto ai doveri che dallo stesso si esigono, non può non considerare la sua posizione nell'ambito del sistema sportivo e rilevarne uno status soggetto a maggiori oneri rispetto ad ogni altro destinatario delle clausole generali - prima ricordate - di lealtà, correttezza e probità: egli è, nel sistema, il Giudice, il primo soggetto individuato dall'Ordinamento per la verifica, in gara, della cosiddetta normativa di correttezza, e quindi anche il primo artefice della realizzazione del fine di creare affidamento tra i consociati (e non solo) che l'Ordinamento sportivo tende a perseguire proprio ponendo a base del sistema i richiamati principi, comunemente riassunti dal termine 'fair-play'.
Quando è lo stesso arbitro a violare tali principi la reazione dell'Ordinamento è necessariamente più grave.
Aggiungasi, per il caso in esame, come anche il comportamento mantenuto dal Defina successivamente al fatto appare improntato a pervicace slealtà e scorrettezza: egli, invero, contattando l'Abbattista, tentò di cancellare le conseguenze della sua condotta 'montando' l'inverosimile tesi di un colloquio frainteso dal Rapuano, che altra conseguenza non riuscì tuttavia ad ottenere se non la denuncia anche dell'amico cui si era rivolto, il quale aveva 'significativamente', anch'egli colto l'illiceità delle iniziali vere intenzioni dell'incolpato, palesemente improntate ad ottenere informazioni compiacenti che gli avrebbero permesso scommesse 'sicure'. Dunque i parametri cui riferirsi per la graduazione della sanzione (che la giurisprudenza di questa Corte individua nell'intensità del dolo o grado della colpa, eventuale recidiva, ma anche nel comportamento post factum) non soccorrono il reclamante e le sue invocazioni di una riduzione della stessa, ma conducono, di contro, a ritenere più adeguata e proporzionata alla grave vicenda esaminata la sanzione di mesi 24 (ventiquattro) di squalifica.
Al rigetto del reclamo deve dunque aggiungersi tale riforma in pejus della sanzione inflitta in primo grado al Defina.
P.Q.M.
Respinge il reclamo in epigrafe e, in riforma della decisione impugnata, irroga la sanzione della squalifica di mesi 24 (ventiquattro).
Dispone la comunicazione alle parti con PEC.
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Massimo Galli Mario Luigi Torsello
Depositato
IL SEGRETARIO
Fabio Pesce