F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – Sezioni Unite – 2022/2023 – figc.it – atto non ufficiale – Decisione n. 0122/CFA pubblicata il 19 Giugno 2023 (motivazioni) – Procura Federale Interregionale/sig. Renato Pontillo e altri

Decisione/0122/CFA-2022-2023

Registro procedimenti n. 0143/CFA/2022-2023

 

LA CORTE FEDERALE D’APPELLO

SEZIONI UNITE

 

composta dai Sigg.ri:

Mario Luigi Torsello – Presidente

Salvatore Lombardo – Componente

Mariangela Caminiti – Componente

Vincenzo Barbieri - Componente

Antonio Maria Marzocco - Componente (Relatore)

ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul reclamo numero 0143/CFA/2022-2023 proposto dalla Procura Federale Interregionale in data 11.05.2023

contro

i sig.ri Renato Pontillo, Antonio Pontillo, Ciro Buonpane, Giuseppe D’Orta, Vincenzo Di Lauro, rappresentati e difesi dall’avv. Mauro Marino,

per la riforma della decisione del Tribunale Federale Territoriale presso il Comitato Regionale Campania pubblicata con Comunicato Ufficiale n. 39 del 4.5.2023 e notificata in data 5.5.2023;

Visto il reclamo e i relativi allegati,

Visti tutti gli atti della causa,

Relatore all’udienza dell’08.06.2023, tenutasi in videoconferenza, il Cons. Antonio Marzocco e uditi gli Avv.ti Luca Zennaro per la Procura Federale Interregionale e Mauro Marino per i sig.ri Renato Pontillo, Antonio Pontillo, Ciro Buonpane, Giuseppe D’Orta e Vincenzo Di Lauro.

Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue.

RITENUTO IN FATTO

1. Con atto di deferimento Prot. 13801/90pfi22-23/PM/og del 2 dicembre 2022 la Procura Federale Interregionale deferiva dinanzi al Tribunale Federale Territoriale presso il Comitato Regionale Campania il sig. Renato Pontillo, all’epoca dei fatti socio e vicepresidente della società ASD Casagiove Futsal Club, e i sig.ri Antonio Pontillo, Ciro Buonpane, Giuseppe D’Orta, Vincenzo Di Lauro, all’epoca dei fatti soci e componenti del Consiglio direttivo della ASD Casagiove Futsal Club, contestando a tutti la «violazione dell’art. 4, 1° co., C.G.S. per avere «utilizzato senza averne alcuna legittimazione» la PEC della ASD Casagiove Futsal Club, al fine di comunicare le loro dimissioni dalle cariche associative ricoperte, nonché per avere convocato senza averne titolo, a seguito del provvedimento di espulsione del 3 giugno 2022 adottato nei loro confronti dal Presidente della ASD, un’assemblea dei soci della ASD Casagiove Futsal Club per il giorno 23.6.2022, al fine di deliberare un nuovo assetto societario che veniva poi comunicato in data 29.6.2022 al Comitato Regionale Campania LND.

Per tali violazioni la Procura Federale chiedeva, nel procedimento di primo grado, l’irrogazione delle seguenti sanzioni: nei confronti del sig. Renato Pontillo, quattro mesi di inibizione; nei confronti dei sigg.ri Antonio Pontillo, Ciro Buonpane, Giuseppe D’Orta e Vincenzo Di Lauro tre mesi di inibizione.

2. Il Tribunale Federale respingeva entrambi i motivi di deferimento.

In ordine all’utilizzazione della PEC della ASD, negava la violazione dell’art 4, 1° co., C.G.S., osservando che «l’utilizzo della pec da parte dei soci, per quanto magari per consuetudine insolito» non sia idoneo a far «ritenere violato alcun principio di correttezza probità e lealtà sportiva», in particolare perché dallo Statuto della ASD Casagiove Futsal Club non emerge «alcun divieto specifico (…) nei termini così come contestati agli attuali deferiti».

Rispetto invece al secondo motivo di deferimento - la convocazione da parte dei soggetti deferiti dell’assemblea dei soci nonostante fossero stati espulsi dall’Associazione - il Tribunale Federale Territoriale ha ritenuto il proprio difetto di competenza, perché «vigilare sulla legittimità di un provvedimento di espulsione interno ad una società, non rientra tra i compiti di questo Tribunale Territoriale». Inoltre, invocando l’art. 92, 1° co., C.G.S., relativo all’ambito di competenza del Tribunale Federale Territoriale, ha affermato «che sarebbe del tutto inammissibile un intervento del tribunale in merito a vicende per cui lo stesso non è tenuto a pronunciarsi; altresì intromettendosi in questioni di conflitto tra soci e creerebbe un precedente di legittimazione in tal senso, facultando i soci in posizione di conflitto ad interrogare la giustizia sportiva per questioni non strettamente attinenti e funzionali». Pertanto ha dichiarato «la propria incompetenza funzionale a decidere sulla infrazione contestata». Infine, con un mero obiter dictum (o probabilmente ancora meno di esso), ha inoltre affermato che «potrebbe anche essere discutibile che i medesimi, una volta estranei a seguito dell’espulsione dall’ordine sportivo federale, siano tenuti ad osservare l’art. 2 C.G.S. richiamato dall’art. 4 C.G.S.».

3. Avverso la decisione di primo grado la Procura Federale Interregionale ha proposto reclamo a questa Corte deducendo due motivi e muovendo dalla seguente premessa: «Preliminarmente va osservato come il Tribunale Federale Territoriale ha statuit o che i due episodi contestati dalla Procura siano “storicamente” avvenuti; agli atti del procedimento, pertanto, è pacificamente appurato che gli incolpati abbiano utilizzato, senza averne titolo, la pec della società ed è altrettanto provato che i soci espulsi hanno convocato un’assemblea dei soci ai fini di definire un nuovo assetto societario e comunicarlo al Comitato competente».

Il reclamo si duole della violazione dell’art. 4, 1° co., C.G.S., della erroneità e contraddittorietà della motivazione; della omessa valutazione delle risultanze delle indagini e degli elementi probatori acquisiti.

Più in dettaglio, con il primo motivo, la Procura federale interregionale impugna la decisione del Tribunale nella parte in cui ha affermato «che “in relazione all’utilizzo della pec da parte dei soci asseritamente non legittimati a farlo, alcun divieto specifico appare esserci nei termini così come contestati agli attuali deferiti. Ciò emerge dallo Statuto societario allegato in atti”». Secondo la Procura, «Tale affermazione, tuttavia, appare svincolata da qualsiasi supporto in punto di fatto e diritto, in quanto sostanzialmente afferma che per l’utilizzo di una casella elettronica intestata ad un determinato soggetto possano accedere anche persone non espressamente autorizzate purché non sussista sul punto un divieto. In altri termini, pertanto, sussisterebbe un implicito e diffuso consenso tacito all’utilizzo di una casella elettronica non propria, quantomeno fino a quando il soggetto titolare della stessa non imponga un divieto espresso sul punto».

Inoltre, si deduce che in base all’art. 24 dello Statuto dell’ASD «“il Presidente ha la firma e la rappresentanza legale e giudiziale dell’Associazione”, con la conseguenza che soltanto lo stesso può procedere, o eventualmente autorizzare espressamente qualcuno a farlo, all’utilizzo di uno strumento rivolto in via esclusiva a manifestare all’esterno la volontà della compagine con valore vincolante per la stessa». Da qui l’affermazione che «utilizzare la pec della Società equivale a “sostituirsi” senza averne titolo all’unica persona che da Statuto ha la rappresentanza della stessa e rappresenta una evidente violazione dei doveri di lealtà, correttezza e probità richiamati dall’art. 4 del Codice di Giustizia Sportiva che costituiscono una “regola di condotta generale che investe qualsiasi attività comunque rilevante per l’ordinamento federale, in ogni rapporto a qualsiasi titolo riferibile all'attività sportiva”».

Per quanto attiene al rigetto del secondo motivo di deferimento, il reclamo della Procura censura la decisione di primo grado perché «in maniera ulteriormente erronea afferma che sulle contestazioni oggetto dell’atto di deferimento vi sarebbe una “incompetenza funzionale a decidere sulla infrazione contestata”, sulla scorta della considerazione che il Tribunale Federale Territoriale non sarebbe legittimato a pronunciarsi sulla legittimità di un provvedimento di espulsione interno ad una società».

Al riguardo la Procura afferma che «con l’atto di deferimento non si è minimamente neanche fatto un riferimento indiretto alla legittimità o meno del provvedimento di espulsione degli associati dall’associazione. Oggetto unico ed esclusivo del deferimento, infatti, è costituito dalla testuale incolpazione formulata, e cioè l’utilizzo della pec della società per un fine personale, costituito dalla formulazione con tale mezzo delle dimissioni dei singoli associati, nonché per convocare un’assemblea che costituisce atto proprio, così come previsto dallo statuto, del legale rappresentante della compagine. Ciò che rileva, e che è pacificamente dimostrato, pertanto, è che gli associati sig.ri Renato Pontillo, Antonio Pontillo, Ciro Buonpane, Giuseppe D’Orta e Vincenzo Di Lauro, o perché espulsi per decisione del presidente o perché dimissionari dalle cariche per propria decisione, hanno convocato un’assemblea della società Casagiove utilizzando la pec sociale, quando non avevano alcun titolo per farlo».

Per tali motivi la Procura ha chiesto la riforma dell’impugnata decisione e, per l’effetto, l’accoglimento del deferimento notificato e la comminazione delle seguenti sanzioni: «nei confronti del sig. Renato Pontillo quattro mesi di inibizione, nei confronti dei sigg.ri Antonio Pontillo, Ciro Buonpane, Giuseppe D’Orta e Vincenzo Di Lauro tre mesi di inibizione; ovvero le sanzioni che saranno ritenute giuste da codesta Ecc.ma Corte».

4. Con memoria difensiva i sig.ri Renato Pontillo, Antonio Pontillo, Ciro Buonpane, Giuseppe D’Orta, Vincenzo Di Lauro, rappresentati e difesi dall’avv. Mauro Marino, hanno contestato la ricostruzione compiuta dalla Procura Federale Interregionale. In particolare, è stato contestato il presupposto, assunto dal reclamo della Procura, che l’utilizzazione della PEC sia avvenuta senza titolo (formula che riecheggia il riferimento all’assenza di legittimazione contenuta nell’atto di deferimento); ed inoltre è stata contestata la mancanza di legittimazione nel convocare l’assemblea dei soci sul presupposto, anch’esso contestato, che sia intervenuto un valido ed efficace atto di espulsione.

5. All’udienza del giorno 08.06.2023 la Procura, nella persona dell’ Avv. Luca Zennaro, ribadiva il contenuto dell’atto di reclamo, sottolineando l’illegittima utilizzazione della PEC alla luce della norma dello statuto dell’Associazione che attribuisce al Presidente il potere di firma e la rappresentanza dell’Associazione; e sottolineava che non era stato richiesto, contrariamente a quanto affermato dalla decisione di primo grado, in alcun modo l’accertamento della legittimità o meno dell’atto di espulsione, ma soltanto l’assenza, in capo ai soggetti deferiti, dei poteri per convocare l’assemblea.

La difesa dei soggetti deferiti, rappresentati dall’Avv. Mauro Marino, ribadiva l’assenza di una norma dello Statuto che vieti l’utilizzazione della PEC; e inoltre affermava che la PEC non era stata utilizzata per rappresentare l’associazione e che al momento dell’utilizzazione gli attuali deferiti ricoprivano cariche associative (vicepresidente, componenti del Consiglio Direttivo); infine ribadiva l’illegittimità del provvedimento di espulsione dei soci.

CONSIDERATO IN DIRITTO

6. Così dettagliatamente ricostruiti i fatti, sia sulla base degli atti di causa che dei verbali delle audizioni disposte dalla Procura, e constatato che l’avvenimento dei fatti non è controverso tra le parti - mentre lo è massimamente la loro qualificazione, di volta in volta, in termini di legittimità o illegittimità, di validità o invalidità, di efficacia o di inefficacia - i motivi di reclamo sollevati dalla Procura, come sopra descritti, possono essere unitariamente vagliati perché richiedono l’esame di identiche questioni.

6.1. Prima di poter procedere all’esame concreto della sussistenza o meno della prospettata violazione dell’art. 4, 1° co., C.G.S., che rappresenta il merito della controversia, sono però necessarie alcune precisazioni rece necessarie dal contenuto (e dall’impostazione generale) sia del reclamo, sia della memoria difensiva, sia dell’atto di deferimento della Procura Federale Interregionale, come appena illustrati nella parte in fatto della decisione.

Tutti gli atti appena indicati pongono una stretta connessione tra la valutazione, alla stregua dello statuto dell’Associazione e delle norme dell’ordinamento statale, in termini di legittimità o illegittimità, validità o invalidità, efficacia o inefficacia degli atti da essi presi in esame – id est: l’utilizzazione della PEC della ASD da parte dei soggetti deferiti al fine di comunicare le loro dimissioni dalle cariche sociali ricoperte; la convocazione da parte degli stessi soggetti, dopo un provvedimento di espulsione dall’associazione, dell’assemblea dei soci senza averne pertanto, secondo la prospettazione dell’atto di deferimento e dell’attuale reclamo, la legittimazione; il provvedimento di espulsione dei soci adottato dal Presidente della ASD – e la sussistenza o meno della pretesa violazione dell’art. 4, 1° co., C.G.S.

6.1.1. Più precisamente, rispetto all'utilizzazione della PEC il presupposto assunto nell’atto di deferimento, e ora anche nell’atto di reclamo, è l’assenza di un titolo in capo agli attuali deferiti per poter utilizzare la PEC e, inoltre, l’avvenuta utilizzazione della stessa per comunicare le loro dimissioni dalle cariche sociali ricoperte.

Al contrario, la difesa dei soggetti deferiti muove dall’assunto, ribadito anche all'udienza, della legittima utilizzazione della PEC, sia per l’assenza di una norma dello statuto dell’Associazione che la vieti (così riprendendo quanto affermato anche dalla decisione di primo grado del Tribunale Federale Territoriale), sia perché la PEC non era stata utilizzata con il fine di rappresentare l'Associazione; ed infine perché la PEC era stata utilizzata quando gli attuali deferiti ricoprivano cariche associative ben precise.

In modo simile alla prospettiva assunta dalle parti contrapposte, la decisione di primo grado nel rigettare il primo motivo di incolpazione, relativo all’utilizzazione della PEC, aveva affermato, in ordine alla asserita non legittimazione degli attuali deferiti ad utilizzare la PEC, che dallo statuto dell’Associazione «alcun divieto specifico» appare esserci «nei termini così come contestati agli attuali deferiti» (e pertanto l’utilizzo della PEC, «per quanto magari per consuetudine insolito», non determina la violazione dei principi di lealtà, correttezza e probità).

6.1.2. Anche per quanto attiene alla convocazione dell’assemblea dei soci la prospettiva non muta. Il reclamo della Procura sostiene il d fetto di legittimazione degli at uali deferiti alla luce dell statuto dell’Associazione, ment e la difesa sostiene la legittimazione degli stessi. Più precisamente, nell’atto di deferimento la Procura aveva prospettato la violazione dell’art. 4, 1° co., C.G.S. da parte degli attuali deferiti, «per avere convocato senza averne titolo, a seguito del provvedimento di espulsione del 3 giugno 2022, un’assemblea dei soci della società ASD Casagiove Futsal Club per il giorno 23.6.2022, al fine di deliberare un nuovo assetto societario che veniva poi comunicato in data 29.6.2022 al Comitato Regionale Campania LND». Il Tribunale Federale Territoriale ha ritenuto il proprio difetto di competenza, perché «vigilare sulla legittimità di un provvedimento di espulsione interno ad una società, non rientra tra i compiti di questo Tribunale Territoriale».

La Procura con l’atto di reclamo, contestando quanto dichiarato dal Tribunale, ha affermato che «con l’atto di deferimento non si è minimamente neanche fatto un riferimento indiretto alla legittimità o meno del provvedimento di espulsione degli associati dall’associazione. Oggetto unico ed esclusivo del deferimento, infatti, è costituito dalla testuale incolpazione formulata, e cioè l’utilizzo della pec della società per un fine personale, costituito dalla formulazione con tale mezzo delle dimissioni dei singoli associati, nonché per convocare un’assemblea che costituisce atto proprio, così come previsto dallo statuto, del legale rappresentante della compagine. Ciò che rileva, e che è pacificamente dimostrato, pertanto, è che gli associati sigg.ri Renato Pontillo, Antonio Pontillo, Ciro Buonpane, Giuseppe D’Orta e Vincenzo Di Lauro, o perché espulsi per decisione del presidente o perché dimissionari dalle cariche per propria decisione, hanno convocato un’assemblea della società Casagiove utilizzando la pec sociale, quando non avevano alcun titolo per farlo».

Chiaramente opposta è la prospettazione della memoria difensiva, ma tutti gli atti delle parti sostengono o negano la violazione dell’art. 4, 1° co., C.G.S. da parte dei soggetti deferiti muovendo, ora espressamente ora implicitamente, dalla valutazione - alla stregua dello statuto dell’Associazione o di norme dell’ordinamento statale (in particolare per quanto attiene all’utilizzazione della PEC) - in termini di legittimità o illegittimità, di validità o invalidità, di efficacia o di inefficacia degli atti compiuti dai soggetti deferiti e degli atti connessi (in particolare il provvedimento di espulsione).

6.1.3. L’impostazione accolta negli atti indicati impone a questa Corte, prima di poter procedere all’esame del merito del reclamo, di compiere alcune premesse generali che rappresentano il presupposto concettuale e sistematico sui cui si fonderà la successiva decisione del merito:

a) non è la legittimità o illegittimità, la validità o invalidità, la efficacia o inefficacia delle condotte indicate nell’atto di deferimento - vale a dire la comunicazione delle dimissioni dalle cariche associative a mezzo della PEC dell’Associazione e la convocazione dell’assemblea dei soci nonostante l’atto di espulsione - a determinare se ricorra o meno la violazione dei doveri di lealtà, probità e correttezza di cui all’art. 4, 1° co., C.G.S.;

b) per configurare la responsabilità disciplinare ai sensi dell’art. 4, 1° co., C.G.S. non è necessario, nel senso che non ne rappresenta un antecedente logico, il pregiudiziale accertamento della illegittimità o, in modo più specifico, della invalidità o inefficacia dei due atti indicati - utilizzazione della PEC e convocazione dell’assemblea - o di atti ad essi connessi come l’atto di espulsione, perché l’accertamento della responsabilità disciplinare, nella specie per violazione dell’art. 4, 1° co., C.G.S., deve essere compiuto soltanto alla stregua di quest’ultima norma, indipendentemente dalle sorti della PEC e dalle sorti dell’atto di convocazione dell’assemblea alla stregua delle norme dell’associazione (in primis lo statuto) o dell’ordinamento statale;

c) ne discende che la sussistenza o meno di una violazione dell’art. 4, 1° co., C.G.S., non è, alla stregua di un’equazione, indissolubilmente connessa al giudizio di illegittimità o meno dei due atti compiuti. Per esemplificare: illegittimo utilizzo della PEC o illegittima convocazione dell’assemblea dei soci = violazione dell’art. 4, 1° co., C.G.S.; e al contrario: legittimo utilizzo della PEC o legittima convocazione dell’assemblea dei soci = non violazione dell’art. 4, 1° co., C.G.S.;

d) neppure si può affermare, per attenuare l’automatismo appena esemplificato, che l’accertamento dell’illegittimità degli atti compiuti rappresenti soltanto una questione pregiudiziale, il cui accertamento è però necessario al fine di poter decidere sulla responsabilità disciplinare (così attenuando, ma soltanto in parte, l’automatismo).

Come è noto, ai sensi dell’articolo 111, 6° co., C.G.S., che riflette l’art. 39, 6° co., Codice Giustizia CONI, gli organi di giustizia sportiva possono esaminare ogni questione che esula dall’ambito di competenza degli organi di giustizia sportiva medesimi, ma sia pregiudiziale rispetto all’esame della sussistenza o meno di una violazione disciplinare. Pertanto, il ricorso a tale norma consentirebbe di esaminare, sia pure incidenter tantum, le questioni attinenti in senso stretto alla disciplina civilistica dei rapporti tra i soci nell’associazione o ai poteri dei singoli organi, oppure alle condizioni di legittimo esercizio di poteri da parte dei singoli soci o di chi abbia la rappresentanza o meno dell’associazione, come ad esempio il rispetto o meno delle regole relative alle condizioni per convocare o meno un’assemblea dei soci, all’osservanza delle norme sulle modalità di espulsione dei soci, all’osservanza delle norme sull’esercizio del potere di impugnazione dell’espulsione da parte del socio escluso, o l’osservanza delle norme sulla decadenza di un organo dell’associazione quale il Consiglio direttivo (esempi che potrebbero tutti ricorrere nel caso di specie). Tuttavia, l’esame incidenter tantum di questioni che non rientrano nella competenza degli organi di giustizia sportiva è possibile soltanto quando la loro «risoluzione sia rilevante per pronunciare sull’oggetto della domanda» (cfr. art. 111, 6° co., C.G.S.).

Tale rilevanza non deve essere intesa nel senso della mera opportunità di esaminare una questione genericamente rilevante, ciò che altrimenti determinerebbe una continua occupazione degli organi di giustizia sportiva con questioni che sono riservate alla giustizia statale (rectius: ad essa attribuite in virtù del riparto di competenza tra giustizia sportiva e giurisdizione statale), ma deve essere intesa nel senso della necessaria antecedenza logica della questione al fine di poter decidere sull’oggetto della domanda (nel caso di specie i capi di imputazione che emergono dall’atto di deferimento). In tal senso è chiaro il dettato dell’art. 111, 6° co., C.G.S., quando afferma che gli organi di giustizia «conoscono di ogni questione pregiudiziale o incidentale, pur quando riservata per legge all’Autorità giudiziaria, la cui risoluzione sia rilevante per pronunciare sull’oggetto della domanda». La rilevanza deve essere intesa nel senso della necessaria antecedenza logica della questione pregiudiziale rispetto all’esercizio della competenza propria degli organi di giustizia.

Nel caso di specie tale necessaria pregiudizialità non ricorre perché, lo si ribadisce, al fine di esaminare la sussistenza o meno della violazione indicata nell’atto di deferimento – violazione dell’art. 4, 1° co., C.G.S. – basta (rectius: è necessario) soltanto esaminare l’ambito applicativo di quest’ultima norma e la sussistenza o meno dei suoi presupposti soggettivi ed oggettivi. Le condotte indicate nell’atto di deferimento, infatti, vengono qui in esame non per la loro pretesa illegittimità (invalidità o inefficacia) alla stregua delle norme dello statuto dell’associazione e dell'ordinamento statale, ma per la loro eventuale rilevanza disciplinare alla stregua delle norme dell’ordinamento sportivo, più precisamente rispetto all’art. 4, 1° co., C.G.S.

Del resto, i medesimi fatti possono avere plurime qualificazioni, nel caso di specie dal punto di vista della loro rilevanza civilistica (alla stregua dello statuto dell’Associazione e delle norme rilevanti dell’ordinamento statale) o dal punto di vista della loro rilevanza disciplinare, alla stregua dell’art. 4, 1° co., C.G.S.

6.2 Alla luce delle riflessioni fin qui compiute, non sono condivisibili le prospettive assunte, sia nell’atto di reclamo della Procura sia nella memoria difensiva delle parti, che rispetto alle condotte indicate nell’atto di deferimento attribuiscono particolare (ed a volte centrale) importanza alla valutazione in termini di illegittimità o legittimità, invalidità o validità, inefficacia o efficacia – alla stregua dello statuto dell’associazione e delle norme dell’ordinamento statale – degli atti posti in essere dai soggetti deferiti e da quelli connessi, come l’atto di espulsione degli stessi dall’associazione adottato dal Presidente della ASD Casagiove Futsal Club.

Una prospettiva adottata anche dall’atto di deferimento, il cui presupposto per sostenere la violazione dell’art. 4, 1° co., C.G.S. è rappresentato, da un lato, dall’utilizzazione della PEC, da parte dei soggetti deferiti, «senza averne alcuna legittimazione», al fine di comunicare le dimissioni dalle cariche societarie ricoperte; dall’altro, dall’avere i soggetti deferiti convocato «senza averne titolo, a seguito del provvedimento di espulsione del 3 giugno 2022», un’assemblea dei soci della ASD.

Questa Corte invece ritiene - dal momento che è chiamata ad accertare la pretesa violazione, attraverso le due condotte già descritte e tenute da tutti i soggetti deferiti, dell’art. 4, 1° co., C.G.S. nella parte in cui prescrive che i soggetti di cui all’art. 2 C.G.S. osservano «i principi della lealtà, della correttezza e della probità in ogni rapporto comunque riferibile all’attività sportiva» - che a tal fine deve soltanto accertare: i) se ricorra l’ambito soggettivo di applicazione dell’art. 4, 1° co., C.G.S., che espressamente richiama l’art. 2 C.G.S.; ii) e poi se esista, dal punto di vista oggettivo, quel collegamento con la materia sportiva che è un presupposto per la rilevanza della condotta ai fini dell’art. 4, 1° co., C.G.S.; iii) ed infine se le condotte tenute, indipendentemente dalla loro valutazione alla stregua delle norme dell’ordinamento statale, configurino in concreto una violazione dei principi della lealtà, della correttezza e della probità prescritti dalla norma citata.

6.2.1. Per quanto attiene al profilo soggettivo, basta brevemente osservare che esso non rappresenta una questione oggetto della controversia; né al riguardo è stata sollevata alcuna doglianza in ordine all’affermazione - che appare tuttavia un mero obiter dictum (peraltro formulato in termini ipotetici e non come un principio, seppur non rientrante nella ratio decidendi del caso concreto) - da parte della decisione di primo grado, circa la sussistenza in capo agli attuali deferiti del requisito soggettivo richiesto dall’art. 2 C.G.S. al momento in cui hanno convocato l’assemblea dei soci.

Qualora, infatti, fosse accolta la prospettiva dell’esistenza di un valido ed efficace atto di espulsione, quale presupposto dell’illegittimità della convocazione dell’assemblea ed elemento pregiudiziale da esaminare al fine di poter determinare la sussistenza o meno della responsabilità disciplinare (pregiudizialità che è negata da questa Corte), ragionevolmente potrebbe essere messa in dubbio la sussistenza del presupposto soggettivo con riferimento alla convocazione dell’assemblea avvenuta quando i soggetti ormai risultavano espulsi dall’Associazione. In ogni caso, ai fini del presente giudizio, si deve prescindere, come si è chiarito, da ogni analisi in ordine alla legittimità o alla validità o efficacia degli atti compiuti dai vari soggetti coinvolti nella complessiva vicenda, incluso il provvedimento di espulsione adotto dal Presidente dell’Associazione, e si deve concentrare il giudizio soltanto sulla sussistenza o meno dei presupposti indicati dall’art. 4, 1° co., C.G.S.

Tra  presupposti, il profilo soggettivo, come si è chiarito, non è oggetto di trattazione in quesyo giudizio, sia perché esula dai motivi di reclamo, sia perché, ancor prima, non ha rappresentato una questione controversa tra le parti nel giudizio di primo grado, sia perché il tema, seppur accennato dal giudice di primo grado, non rientra, per le ragioni già esposte, nella ratio decidendi della decisione di primo grado e, quindi, non rappresenta un autonomo motivo di rigetto del capo di incolpazione fondato sulla illegittima convocazione dell’assemblea dei soci. La sua mancata impugnazione, pertanto, non determina il difetto di interesse ad impugnare il capo della decisione di primo grado relativo alla convocazione dell’assemblea, perché non si tratta di un autonomo motivo portante della decisione di rigetto del capo di incolpazione. Pertanto, lasciando il profilo soggettivo, questa Corte per rispettare l’ambito dell’effetto devolutivo del giudizio di reclamo determinato dai motivi di impugnazione, si deve concentrare soltanto sui presupposti oggettivi di applicazione dell’art. 4, 1° co., C.G.S., ritenendo la pacifica ricorrenza, secondo le parti ed in relazione ad entrambe le condotte indicate nell’atto di deferimento, dei presupposti soggettivi per l’applicabilità dell’art. 4, 1° co., C.G.S.

6.2.2. Per quanto attiene ai presupposti oggettivi dell’art. 4, 1° co., C.G.S., le condotte descritte nell’atto di deferimento sono astrattamente rilevanti per poter configurare una responsabilità disciplinare per violazione dei doveri indicati dall’art. 4, 1° co., C.G.S., perché esse presentano un legame con la materia sportiva. L’osservanza dei principi della lealtà, della correttezza e della probità è prescritta dall’art. 4, 1° co., C.G.S. «in ogni rapporto comunque riferibile all’attività sportiva» (CFA, SS.UU., n. 29/20222023; CFA, SS.UU., n.13/2019-2020; CFA, SS.UU., n.17/2019-2020). L’ampia formulazione ed interpretazione, valorizzando il riferimento ad “ogni” rapporto che sia “comunque” riferibile all’attività sportiva consente di comprendervi anche comportamenti compiuti nell’ambito dell’associazione di appartenenza o attinenti in senso ampio al rapporto associativo e alla gestione dell’associazione o dei rapporti tra gli associati nell’ambito della stessa (per utili spunti in tal senso cfr. Collegio di Garanzia dello Sport, SS.UU., 3 giugno 2021 n. 41; CFA, SS.UU., n. 4/CFA/2021-2022; CFA, SS.UU., n. 12/CFA/2021-2022; CFA, Sez. I, n. 69/2022-2023).

In questa ampia accezione può rientrare anche l’utilizzazione della PEC della ASD per comunicare le dimissioni dalle cariche sociali da parte dei soci che le rivestivano (la condotta è stata ritenuta astrattamente rilevante anche dalla decisione di primo grado, che condivisibilmente ha negato che nel caso concreto essa rappresenti una violazione dei doveri di lealtà, probità e correttezza ma, in modo non condivisibile, ha escluso la violazione in virtù dell’assenza nello statuto dell’associazione di una norma che vieti l’utilizzazione della pec e non sulla base dell’autonomo esame dei presupposti dell’art. 4, 1° co., C.G.S.).

Vi può inoltre rientrare anche l’ulteriore condotta consistente nella convocazione dell’assemblea dei soci senza averne, in ipotesi, la legittimazione. Anche rispetto a quest’ultima condotta la questione, dunque, non appare, secondo questo Collegio e a differenza di quanto ha affermato la decisione di primo grado, una questione relativa ai limiti della competenza del Tribunale Federale Territoriale ai sensi dell’art. 92 C.G.S. e al rischio di un’intromissione «in questioni (…) di conflitto tra soci» che determinerebbe «un precedente di legittimazione in tal senso, facilitando i soci in posizione di conflitto ad interrogare la giustizia sportiva per le questioni non strettamente attinenti e funzionali». Secondo questa Corte, non è richiesto agli organi di giustizia sportiva l’esame di tali questioni, ma soltanto l’esame della violazione o meno dell’art. 4, 1° co., C.G.S., che non dipende dalla risoluzione delle questioni indicate.

6.2.2.1. L’accertamento della violazione dei doveri di lealtà, probità e correttezza prescinde, proprio in ragione del contenuto ampio della disposizione che rappresenta una clausola generale (o norma di chiusura: cfr. CFA, SS.U.U., n. 16/CFA/2021-2022, Id., n. 12/CFA/2021-2022), dalla valutazione della condotta in termini di legittimità o illegittimità, sia rispetto all’utilizzazione della PEC, sia rispetto alla convocazione dell’assemblea.

Ciò che questa Corte è chiamata a compiere nel caso di specie non è l’accertamento incidentale in ordine alla legittimità o meno dell’utilizzazione della PEC o della convocazione dell’assemblea, al fine di poter poi stabilire se sussista o meno violazione dei doveri di lealtà, probità e correttezza. Se si procedesse in tal modo, si finirebbe per porre la equivalenza già sopra negata: illegittimità delle condotte alla stregua delle norme statutarie dell’Associazione e dell’ordinamento statale = violazione dell’art. 4, 1° co., C.G.S.; legittimità della condotta alla stregua delle medesime norme = esclusione della violazione dell’art. 4, 1° co., C.G.S..

In questo modo il ruolo dei doveri di lealtà, probità e correttezza diventerebbe meramente ancillare; mentre la norma dell’art. 4, 1° co., C.G.S., pur prevedendo una clausola generale, ha una propria autonomia ed attiene alla valutazione della condotta sulla base dei principi indicati, che non hanno una mera rilevanza etica, ma sono vere e proprie norme giuridiche immediatamente precettive (cfr. Collegio di Garanzia dello Sport, Sezione Consultiva, parere 4 luglio 2016 n. 7). L’art. 4, 1° co., C.G.S., nella parte in cui prevede i citati doveri, pone, secondo la costante giurisprudenza, non soltanto una clausola generale da concretizzare (Collegio di Garanzia dello Sport, Sezione Consultiva, parere 4 luglio 2016 n. 7), ma una norma immediatamente precettiva, con un contenuto ben determinato che riflette i valori fondamentali dell’ordinamento sportivo (cfr. CFA, SS.UU., n. 64/2022-2023; CFA, Sez. I, n. 48/2022-2023; CFA, Sez. I, n. 93/2021-2022; CFA, Sez. IV, n. 70/2019-2020). L’art. 4, 1° co., infatti, esprime la necessità di osservare i principi cardine dell’ordinamento sportivo a partire dal principio di lealtà sportiva fino alle sue articolazioni possibili ben espressi e sintetizzati dalla triade “lealtà, probità e correttezza” - «in ogni rapporto comunque riferibile all’attività sportiva».

Il ruolo così attribuito all’art. 4, 1° co., C.G.S. consente di affermare, smentendo ancora una volta la validità dell’equazione poco sopra descritta (o la necessaria pregiudizialità degli accertamenti sopra descritti), che non tutto ciò che è permesso o legittimo rappresenta anche un comportamento corretto alla luce di principi indicati (cfr Collegio di garanzia dello sport, Sez. II, n. 8/2015); così come la illegittimità (rectius: la invalidità o l’inefficacia dal punto di vista civilistico) di alcuni atti alla stregua delle norme statutarie dell’associazione o dell’ordinamento statale non determina di per sé la violazione dell’art. 4, 1° co., C.G.S., perché l’autonomia riconosciuta a questa norma impone di valutare autonomamente se la medesima condotta configuri una violazione dei doveri di lealtà, correttezza e probità alla stregua dell’ordinamento sportivo. È una conseguenza che discende, ancora una volta, dalla già affermata pluriqualificazione dei medesimi atti o fatti (in base alle norme di volta in volta rilevanti) e dall’autonomia dell’ordinamento sportivo.

6.2.3. Ciò premesso e ferma la rilevanza in astratto delle condotte, ai fini dell’art. 4, 1° co., C.G.S., bisogna ora chiarire se in concreto si possa ravvisare la violazione invocata dalla Procura federale Interregionale dei doveri di lealtà, probità e correttezza. La difficoltà consiste nell’individuare i presupposti per la sussistenza della violazione di tali doveri, cioè quando una condotta, lasciando la sfera astratta della riconducibilità della stessa alla norma appena ricordata, determini in concreto la violazione dei doveri da essa prescritti e la conseguente responsabilità disciplinare.

Al riguardo non esistono dei parametri predefiniti, anche in ragione del valore di clausola generale attribuito all’art. 4, 1° co., C.G.S.. Pertanto, è ricorrente nella giurisprudenza di questa Corte l’affermazione secondo cui spetta al prudente apprezzamento degli organi di giustizia sportiva individuare se, nel caso concreto, sussista o meno la violazione della suddetta norma (cfr., anche per riferimenti, CFA, Sez. I, n. 8/CFA/2022-2023 e Id., n. 16/CFA/2022-2023).

Il richiamo al prudente apprezzamento dell’organo di giustizia sportiva esprime la necessità che il singolo organo giudicante provveda ad individuare se nel caso specifico – a prescindere dalla astratta rilevanza di una condotta al fine di integrare la violazione dell’art. 4, 1° co., C.G.S. sia dal punto di vista soggettivo (art. 2 C.G.S.) che oggettivo (perché la condotta è relativa, come nel caso di specie, ad un rapporto comunque riferibile all’attività sportiva) – sia in effetti avvenuta la violazione dei suddetti principi.

6.2.3.1. La sussistenza in concreto della violazione dei doveri di lealtà, probità e correttezza richiede un prudente apprezzamento dell’organo giudicante in ordine alle circostanze del caso e in ordine alla condotta indicata come fondamento dei capi di incolpazione (quale motivazione dell’avvenuto deferimento). Questo passaggio dalla rilevanza astratta alla valutazione concreta della sussistenza o meno di una violazione dei suddetti principi avviene a prescindere dalla valutazione delle medesime condotte alla stregua dello statuto dell’Associazione e delle norme dell’ordinamento statale (e dunque a prescindere dalla valutazione in termini di legittimità o illegittimità, di validità o invalidità, di efficacia o di inefficacia alla stregua di quelle norme). Ai fini dell’applicazione del Codice di Giustizia Sportiva e ai fini della competenza degli organi di giustizia sportiva, la norma alla cui stregua bisogna valutare le condotte è rappresentata soltanto dall’art. 4, 1° co., C.G.S., la cui pretesa violazione ha motivato l’atto di deferimento della Procura.

Pertanto, questa Corte – al di là delle segnalate formulazioni dell’atto di reclamo e della memoria difensiva che si contrappongono nella valutazione della legittimità o illegittimità degli atti compiuti alla stregua dello statuto dell’associazione e delle norme dell’ordinamento statale –  è chiamata soltanto a valutare se quelle medesime condotte, a prescindere dalla loro valutazione alla stregua delle norme dello statuto dell’Associazione e dell’ordinamento statale (in termini di legittimità o illegittimità, validità o invalidità, efficacia o inefficacia), rappresentino una violazione dei doveri di lealtà, probità e correttezza prescritti dall’art. 4, 1° co., C.G.S.

6.2.3.1.1. Per compiere quest’ultimo accertamento, non è necessario effettuare in via pregiudiziale, sia pure con efficacia incidenter tantum, un sindacato in ordine alla legittimità, dal punto di vista delle norme dello statuto dell’Associazione e dell’ordinamento statale, dell’utilizzazione della PEC della ASD per formulare le dimissioni dalle cariche sociali, o della convocazione dell’assemblea straordinaria dei soci da parte di soci che avevano formulato le dimissioni da cariche elettive e che erano stati espulsi, così come sindacare la legittimità o meno del provvedimento di espulsione emesso dal Presidente dell’Associazione utilizzando in via di urgenza i poteri del Consiglio direttivo, in ipotesi decaduto a seguito delle dimissioni della metà più uno dei suoi componenti.  Si tratta di questioni che esulano dalla competenza diretta degli organi di giustizia sportiva e che nel caso in esame non rappresentano, per le ragioni già indicate (supra punto 6.1.3. lett. d), delle questioni pregiudiziali che debbano, ai sensi dell’art. 111, 6° co., C.G.S., essere conosciute da questa Corte per poter definire il giudizio.

Se questa Corte esaminasse le singole questioni, ritenendo che il loro accertamento in via pregiudiziale (seppure incidenter tantum nei limiti indicati dall’art. 111, 6° co., C.G.S.) sia un presupposto necessario per poter decidere sull’esistenza o meno della responsabilità disciplinare affermata nell’atto di deferimento, violerebbe l’art. 111, 6° co., C.G.S., che limita questo potere ai casi in cu la loro «risoluzione sia rilevan e per pronunciare sull’ ggetto della domanda». Tale rile anza, come si è già chiarito (supra punto 6.1.3. lett. d), non deve essere intesa nel senso della mera opportunità di esaminare la questione, ma deve essere intesa nel senso della necessaria pregiudizialità della questione al fine di poter decidere sull’oggetto della domanda (nel caso di specie i capi di imputazione che emergono dall’atto di deferimento).

6.2.3.1.2. Inoltre, se nel caso in esame si ritenesse necessario, al fine di valutare la sussistenza o meno della violazione dell’art. 4, 1° co., l’esame della legittimità o meno delle condotte alla stregua delle norme dell’Associazione e dell’ordinamento statale, si adotterebbe una prospettiva che contrasta, da un lato, con l’autonomia degli organi di giustizia sportiva, che è un riflesso dell’autonomia dell’ordinamento sportivo in alcune materie, in virtù della separazione delle competenze tra organi di giustizia sportiva e giurisdizione statale e tra ordinamento sportivo e ordinamento statale; e dall’altro con il principio, ricavabile sempre dell’art. 111, 6° co., C.G.S., secondo cui gli organi di giustizia non sono soggetti all’autorità di altra sentenza che non costituisca cosa giudicata tra le stesse parti (affermazione che pone chiari limiti all’efficacia delle sentenze della giustizia statale nei giudizi dinanzi agli organi di giustizia, ciò che esprime ancora una volta il principio di autonomia ed ancora una volta esprime e conferma che il giudizio disciplinare è differente dal giudizio dinanzi agli organi di giustizia statale). L’effetto sarebbe l’affermazione, qui più volte negata, che la responsabilità disciplinare ai sensi dell’art. 4, 1° co., C.G.S. presupponga il previo accertamento, sia pure incidenter tantum, della legittimità delle condotte alla stregua delle norme che nel caso di specie disciplinano l’utilizzazione della PEC della ASD o la legittimazione a convocare l’assemblea dei soci della ASD stessa.

In questo modo risulterebbero sovrapposti il giudizio sulla legittimità dell’atto compiuto, che correttamente dovrà essere effettuato la stregua delle norme dettate dall’associazione stessa (in primo luogo il suo statuto) e dall’ordinamento statale, e il giudizio sulla rilevanza disciplinare delle medesime condotte, che deve essere esaminata alla stregua soltanto dei parametri posti dall’art. 4, 1° co.. C.G.S.: e non è escluso che la legittimità di una condotta dal punto di vista dell’ordinamento statale possa comportare in alcuni casi la sua rilevanza dal punto di vista disciplinare e viceversa, appunto perché le norme in esame sono differenti; e ciò garantisce che vi sia una differenza tra ciò che non è vietato e ciò che pur non essendo vietato configura una violazione dal punto di vista etico, anche dal punto di vista dell’etica amministrativa – o dei più generali doveri di lealtà, probità e correttezza –, idonea ad attribuire rilevanza disciplinare alla condotta tenuta (cfr., per fruttuosi spunti, Collegio di Garanzia dello Sport, Sezione Consultiva, parere 4 luglio 2016 n. 7).

6.2.3.2. Così delimitato l’accertamento che questa Corte è chiamata a compiere, nel caso di specie non si ritiene ricorra la violazione dei doveri di lealtà, probità e correttezza.

Ferma la astratta rilevanza delle condotte per l’ordinamento sportivo ai sensi dell’art. 4, 1° co., C.G.S., così da poter escludere che le condotte indicate nell’atto di deferimento non rientrino nella competenza degli organi di giustizia, motivazione utilizzata dalla decisione di primo grado per escludere che la convocazione dell’assemblea dei soci determinasse la violazione dell’art. 4, 1° co., C.G.S., si può affermare che nonostante tale astratta rilevanza, in concreto non sussiste la violazione dei doveri di lealtà, probità e correttezza.

Per quanto attiene all'utilizzazione della PEC, a prescindere dalla legittimità o meno del suo utilizzo, della disponibilità o meno della PEC e dell’efficacia o meno delle dimissioni trasmesse mediante la PEC dell’Associazione (da valutare alla stregua di norme non dell’ordinamento sportivo e differenti, per struttura e fine, dall’art. 4, 1° co., C.G.S.), non si ravvisa quella violazione dei principi cardine dell’ordinamento sportivo che l’art. 4, 1° co., C.G.S. intende sanzionare.

La condotta tenuta, vale a dire l’utilizzazione della PEC dell’associazione da parte di soggetti che rivestivano precise cariche nell’associazione (vicepresidente e componenti del Consiglio direttivo), in ipotesi avendo accesso alla PEC; l’impiego della PEC per formulare le dimissioni dalle stesse cariche rivestite nell’associazione (ma in ogni caso il successivo invio delle dimissioni anche a mezzo raccomandata), nel loro complesso non determinano, secondo il prudente apprezzamento della Corte una violazione dei doveri di lealtà, probità e correttezza richiesti in ogni rapporto comunque riferibile all'attività sportiva.

6.2.3.3. Per quanto attiene alla convocazione dell’assemblea dei soci, valgono simili riflessioni. A prescindere da ogni valutazione in ordine all’esistenza o meno in capo ai soggetti deferiti del potere di convocare l’assemblea dei soci, - potere che dipende dalla precisa interpretazione delle norme dello statuto e dal riconoscimento o meno della validità e dell’efficacia dell’atto di espulsione dei soci (i soggetti deferiti), tematiche che, come si è già chiarito, non sono necessarie per esaminare la responsabilità disciplinare non ricorre nel caso di specie, secondo il prudente apprezzamento di questa Corte, la violazione dei principi di lealtà, probità e correttezza.

Per quanto attiene alla convocazione dell’assemblea - pur ribadendo l’astratta rilevanza, ai fini dell’art. 4, 1° co., C.G.S. della condotta, perché attinente allo svolgimento della vita dell’associazione sportiva e all’esercizio da parte dei soci delle loro prerogative nell’ambito dell’associazione sportiva, in quanto si tratta di rapporti in qualche modo connessi a quello sportivo (v. supra punto 6.2.2.) - non si ravvede nel caso di specie la violazione dei doveri di lealtà, probità e correttezza.

Alla luce degli atti di indagine della Procura e della documentazione in atti, le circostanze del caso, i comportamenti reciproci tenuti dai soggetti coinvolti come risultanti dagli atti, lo stesso dubbio (e poi il conflitto) tra i soci circa la sussistenza o meno dei presupposti di validità e di efficacia richiesti per i singoli atti, fino al provvedimento di espulsione emesso nei confronti dei soci e alla convocazione dell’assemblea, e la circostanza che tutti i soggetti coinvolti, anche gli attuali deferiti, come emerge dalle dichiarazioni rese alla Procura federale Interregionale in atti, hanno ritenuto di chiedere consulto legale circa gli adempimenti da compiere, così come il complessivo contesto di rapporti nell’ambito dei quali le condotte sono maturate all’interno dell'associazione (come risultano dai documenti in atti), non consentono nel loro complesso di ravvisare, secondo il prudente apprezzamento di questa Corte, nella condotta dei soggetti deferiti la lamentata violazione dei doveri di lealtà, correttezza e probità ai sensi dell’art. 4, 1° co., C.G.S.

7. Per le ragioni fin qui illustrate la Corte conferma, ma con una motivazione differente, il rigetto dei capi di incolpazione già disposto in primo grado.

P.Q.M.

Respinge il reclamo in epigrafe.

Dispone la comunicazione alle parti con PEC.

 

L'ESTENSORE                                                                IL PRESIDENTE

Antonio Maria Marzocco                                                  Mario Luigi Torsello

 

Depositato

 

IL SEGRETARIO

Fabio Pesce

 

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