CONI – Collegio di Garanzia dello Sport – Sezione Consultiva – coni.it – atto non ufficiale – Parere n. 2/2022 – Richiesta: Federazione Italiana Sport Bowling
Parere n. 2
Anno 2022
IL COLLEGIO DI GARANZIA SEZIONE CONSULTIVA
Composta da Virginia Zambrano – Presidente e Relatore Pierpaolo Bagnasco Barbara Agostinis Cesare San Mauro Amalia Falcone - Componenti Ha pronunciato il seguentePARERE N. 2/2022
Su richiesta di parere presentata, ai sensi dell’art. 12 bis, comma 5, dello Statuto del Coni, e dell’art. 56, comma 3, del Codice della Giustizia Sportiva, dal Segretario Generale del Coni, dott. Carlo Mornati, prot. n. 0004963 del 5 luglio 2022;LA SEZIONE
Visto il decreto di nomina del Presidente del Collegio di Garanzia, prot. n. 00165/2022 del 16 febbraio 2022;
vista la richiesta di parere n. 6/2022, presentata, in data 5 luglio 2022, ai sensi dell’art. 12 bis, comma 5, dello Statuto del Coni, e dell’art. 56, comma 3, del Codice della Giustizia Sportiva, dal Segretario Generale del Coni, dott. Carlo Mornati, in seguito alla richiesta, prot. AM 119/2022, formulata dalla Federazione Italiana Biliardo Sportivo;
visto l’art. 56, comma 3, del Codice della Giustizia Sportiva, in base al quale alla Sezione Consultiva spetta, tra l’altro, l’adozione di pareri su richiesta del CONI;
visto l’art. 3, commi 2-4, del Regolamento di organizzazione e funzionamento del Collegio di Garanzia dello Sport, che definisce la competenza della sezione consultiva dell’organo de quo; visti gli articoli 2 e 3 del Regolamento di organizzazione e funzionamento del Collegio di Garanzia dello Sport;
esaminati gli atti e udito il relatore, prof.ssa Virginia Zambrano, ha rilasciato il seguente parere
PREMESSA IN FATTO
La Federazione Italiana Biliardo Sportivo e la Federazione Italiana Sport Bowling hanno proceduto, come deliberato dai rispettivi Consigli Federali, a convocare l'Assemblea Straordinaria per decidere in ordine alla fusione per unione dei due Organismi. Il nuovo articolo 42-bis c.c. ha introdotto l'istituto della fusione tra enti non commerciali, stabilendo (ferma la clausola di compatibilità) che il procedimento di fusione, a norma del comma 3 dell’articolo de quo, sia disciplinato dalle norme di cui agli artt. 2501 ss. c.c. Si chiede, alla luce delle singole disposizioni statutarie federali previste per la modifica dello statuto, quali siano: a) ai fini dell’assunzione della relativa delibera, le maggioranze da applicarsi in caso di fusione fra Federazioni, in quanto Enti non commerciali; b) in che misura trovi applicazione l’art. 21 c.c. La questione investe delicati profili di diritto sostanziale che attengono alle modifiche che possono interessare il soggetto collettivo e la sua attività. Si tratta di un profilo di riorganizzazione dell'impresa che mira a renderla giuridicamente più agile ed economicamente meno onerosa. Nella specie, trattandosi di Federazioni, i profili che paiono sollevare l’attenzione sono relativi: a) alla definizione dell’ambito di operatività dell’art. 42-bis c.c.; b) alla definizione della natura giuridica della fusione; c) all’applicazione dell’art. 21 c.c.; d) alle maggioranze da applicare al procedimento.DIRITTO
- Le c.d. ope ra zioni stra ordina rie e il l i mite de lla c ompa tibil ità di c ui a l l’ a rt. 42 -bis c.c. - Sia per quanto riguarda le società, sia per le associazioni, fusione, trasformazione e scissione, come noto, esprimono – ciascuno per proprio conto – un importante fattore di “mobilità”. Per il fatto stesso di incidere sulla struttura dell’ente, queste vicende attuano una rilevante funzion e economica individuata dalla dottrina come “essenziale al dinamismo e all’elasticità del sistema” (Cottino, Diritto commerciale, I, 2, Padova, 1987, p. 634). In particolare, la fusione consente la concentrazione in iniziative unitarie di imprese diverse, al fine di ottenere un miglioramento nella posizione del mercato. Essa, tuttavia, può costituire anche uno strumento di riorganizzazione delle
Dal canto suo, anche la giurisprudenza aveva cominciato ad interessarsi, per un verso, della complessiva disciplina di associazioni e fondazioni e, per l’altro, dello specifico ambito delle trasformazioni (nonché delle fusioni, per quanto non espressamente contemplate nella variante eterogenea), giungendo ad ammettere le fusioni, oltre che fra fondazioni, anche fra associazioni. Ma se fermo era il favor verso le fusioni omogenee, controversa era la questione relativa alla qualificazione della natura giuridica della fusione, specie per incorporazione. Discusso, in altri termini, era se con la fusione si realizzasse un fenomeno corrispondente alla successione universale mortis causa (Cass. civ., n. 22489/2006; Cass. civ., n. 11059/2011; Cass. civ., n. 21482/2016) ovvero si assistesse ad una vicenda evolutivo-modificativa dello stesso soggetto giuridico, il quale, “pur in presenza di un nuovo assetto organizzativo, conserva la propria identità” (Cass. civ., n. 12119/2017). In proposito, il richiamo al vecchio art. 2504 c.c.2 conduceva a ritenere che si realizzasse una vera e propria vicenda successoria collegata all’estinzione delle società che si fondono e alla successione a titolo universale di quella nata dall'unificazione3. Comune a tutte le posizioni era la generale accettazione a) del principio di cui all’art. 2498 c.c. - che sottende un’esigenza di continuità dei rapporti giuridici, suscettibile di estensione a tutti gli enti associativi, ivi inclusi quelli non societari – nonché, b) della regola secondo cui la modifica non deve arrecare danno ai creditori4 che, in concreto, finisce con il subordinare la realizzabilità o meno dell’operazione ad una valutazione concreta dell’operazione la quale non può che procedere caso per caso.
L’esigenza di restituire attualità alla disciplina del Codice, come sollecitata dalla riforma delle società (d.lgs. n. 5 e n. 6 del 2003) e da tutta una serie di novità tributarie, non ha mancato di investire il “comparto” del libro primo del Codice civile5. Ed in vero, gli artt. 2500-septies e 2500- octies c.c., superando lo schermo causale, hanno finito con il ridurre la distanza tra la portata delle previsioni del Libro I e del Libro V. Al mutamento del modello organizzativo, rectius della veste giuridica dell’impresa che si attua con la trasformazione, ha corrisposto il riconoscimento, altresì, di fusione e scissione eterogenee (intendendosi per “fusione eterogenea” una complessa operazione di integrazione, caratterizzata dal cumulo fra operazioni di fusione e di trasformazione eterogenea) le quali, seppur non previste espressamente dal legislatore, hanno incontrato, accanto al favor di dottrina e giurisprudenza, l’approvazione della prassi notarile6. Ora, a prescindere dalle articolate posizioni dottrinali che si sono venute delineando in tema, quello che rileva osservare, ai fini del presente parere, è che, tuttavia, siffatte aperture non avevano investito gli enti non profit. Vero è che il formante giurisprudenziale aveva cominciato ad ammettere tali operazioni anche per gli enti del Libro I, non giustificandosi alcuna preclusione alla trasformazione in assenza di impresa 7. Del pari indubbio che solo con la previsione di cui all’art. 42-bis (come introdotto dal d.lgs. 3 luglio 2017, n. 117) tali operazioni straordinarie hanno trovato effettivo riconoscimento e disciplina. Il legislatore qui, facendo proprio quanto emerso in giurisprudenza,
ha così allargato l’ambito delle operazioni straordinarie ammettendole – oltre che per gli ETS – anche per tutti gli enti di cui al Libro I, come chiaramente si desume dalla norma di cui al comma 4, dell’art. 42-bis c.c. (si parla, infatti, di iscrizioni nel Registro delle persone giuridiche, ovvero, nel caso degli ETS nel RUNTS).
L a p re vision e d i cu i si d isco rre, qu ind i, non ha f a t to a lt ro che e st en de re l’a mmissib ilità d i q ue ste operazioni straordinarie a quelle fattispecie connotate da un medesimo schema causale e teleologico-funzionale, lascia nd o ch e la cla u so la d i co mp at ib ilit à d i cu i a ll’a rt . 4 2 -bis (“S i ap p lican o inoltre gli articoli 2499, 2500, 2500-bis, 2500-ter, secondo comma, 2500-quinquies e 2500-nonies, in quanto compatibili. Alle fusioni e alle scissioni si applicano, rispettivamente, le disposizioni di cui alle sezioni II e III del capo X, titolo V, libro V, in quanto compatibili”), fungesse da discrimen normativo rispetto a quelle fattispecie che coinvolgono (come accade n elle fusioni eterogenee) un ente societario. E, d’altro canto, considerato che – come osservato in dottrina - “gli artt. 2500- septies ed octies ratificano pur sempre la concettuale compatibilità del pendolo tra modello istituzionale e corporativo”, non può negarsi l'apertura al transito tra i tipi, quindi anche tra associazione e fondazione (sia come trasformazione, sia come fusione che la contenga) (A. Fusaro, Trasformazione, fusione e scissione tra enti non profit, in Quaderni della Fondazione italiana del notariato).
Onde - ferma la previsione di cui agli artt. 2498 ss. c.c., che introduce il principio di continuità comune a tutte le fattispecie di trasformazione, co me e me rge d a ll’ut ilizzo d e l ge ne rico t e rmin e
“e n te ” ne lla le tt e ra d e ll’a rt ico lo de quo – è a lla discip lin a d i cu i a ll’a rt . 4 2 -bis c.c. che occorre g ua rd a re a llo rch é si d isco rra d i op e ra zio n i “o mo ge ne e ” sen za che , in qu e sto ca so , la clau so la d i co mp at ib ilit à ivi p re vist a p o ssa co nd u rre ad u no sp o sta men to de ll’a ng o lo visua le .
- Sulla natura giuridica della fusione – Ciò posto, bisogna osservare che, per quanto il d.lgs. 123/2012 abbia operato (inter alia e portando a ulteriore compimento le modifiche già introdotte con la riforma del diritto societario) nel senso della semplificazione del procedimento di fusione, non ne ha comunque chiarito la natura giuridica e i suoi effetti sul piano soggettivo, limitandosi a definire le modalità del procedimento. La necessità di esplicitare la natura giuridica della fusione riposa sul fatto che essa delinea un’operazione il cui significato economico non è – come si diceva
- l’uscita dal mercato, ma, al contrario, la continuità dell’attività dell’ente, sia pure in forme diverse. Il discorso, che certo investe le società, non può non valere anche per associazioni e fondazioni, stante la previsione di cui all’art. 42-bis c.c. Il riconoscimento della loro accresciuta elasticità identitaria solleva, infatti, non diversamente da quanto accade per le società, la questione se l’ente (a seguito della fusione) si estingua o meno come organizzazione e come soggetto dell'ordinamento giuridico. Almeno fino al 2003, come noto, dottrina e giurisprudenza erano inclini a ritenere che con la fusione si realizzasse una vicenda avente natura estintivo–costitutiva8 (cfr., Cagnasso-Irrera, in Dig.disc.civ. cit.), la quale dava luogo ad una sorta di successione a titolo universale, determinandosi l'estinzione della società incorporata (in caso di fusione per incorporazione) o di tutte le società fuse (in caso di fusione propria) e la successione, rispettivamente della società incorporante o della nuova società risultante dalla fusione, in tutti i rapporti giuridici. La modifica dell’art. 2504-bis c.c., con la scomparsa del lemma società “estinte”, che invece compariva nella vecchia formulazione, aveva condotto la dottrina9, e la giurisprudenza, a prediligere (all’opposto) la tesi della natura non estintiva della società incorporata o fusa in forza della fusione, preferendosi discorrere di vicenda modificativo-evolutiva del medesimo soggetto10. E, tuttavia, che quella di fusione sia un’operazione assai peculiare - e che, a dispetto di apparentemente consolidati orientamenti anche manifestazione della prassi notarile, una visione condivisa sia difficile da raggiungere - è testimoniato dalla vivacità del dibattito che si svolge intorno alla sua natura giuridica, dibattito, non certo sopito dalla riforma delle società. Proprio questa assenza di certezze sistemiche e il continuo contrapporsi di opposte visioni ha di recente condotto i giudici delle S.U.11 a stabilire (nel tentativo di risolvere, almeno per il momento, la questione) che la fusione “dando vita ad una vicenda modificativa dell'atto costitutivo per tutte le società che vi partecipano, determina un fenomeno di concentrazione giuridica ed economica (ve n’è traccia espressa nel diritto positivo: v., la L. 10 ottobre 1990, n. 287, art. 5) o "integrazione" o "compenetrazione", dal quale consegue che i rapporti giuridici, attivi e passivi, di cui era titolare la società incorporata o fusa, siano imputati ad un diverso soggetto giuridico, la società incorporante o la società risultante dalla fusione”, per cui occorre, “in definitiva, tenere distinto il profilo negoziale del contratto di società da quello giuridico-formale dell'originario soggetto di diritto dal primo scaturito, distinguendo tra la società come insieme di rapporti, che prosegue in una diversa organizzazione, dalla società come ente, che si estingue”. In questo senso, i giudici, distinguendo
f ra ef f e t t i de lla f u sio ne e n at u ra g iu rid ica de ll’o pe ra zio ne ef f e tt ua t a, a rriva no a con clud e re ch e la fusione produca, unitamente ad un effetto estintivo dei soggetti che vi partecipano, la continuazione dei relativi rapporti giuridici. Vero è che i giudici approdano a siffatta conclusione guardando alla fusione per incorporazione. Del pari indubbio che la ricostruz ione offerta traccia u na re la zion e f ra con t inu ità e d e st in zion e e, così f a ce nd o , se mb re re bb e d e line a re l’e ssen za d e ll’ist it ut o d e lla f u sio ne , q ua lif icab ile qu ind i come un a mo d if ica zion e d e ll’a tt o co st itu t ivo sui generis ch e so lo re cup e ra l’ef f e tt o e st in t ivo -successorio della vicenda.
c )S ulla a pplic a zione de ll’ a rt. 2 1 c .c . – Alla luce di quanto premesso, si deve ritenere che le operazioni straordinarie, che coinvolgono gli enti del Libro I c.c,. siano disciplinate dalle norme proprie delle forme giuridiche che tali enti rivestono. Le operazioni straordinarie possono, dunque, realizzarsi nei limiti della disciplina privatistica prevista per le singole tipologie di enti. E, in vero, il d.lgs. n. 117/2017, nell’introdurre l’art. 42-bis c.c. (oltre che ammettere alle operazioni straordinarie anche gli ETS), ha inteso disciplinare quelle operazioni straordinarie che intervengono fra enti i quali posseggono la medesima struttura causale, prevedendo che, in presenza di operazioni che interessano gli enti del Libro I e quelle del Libro V, si applichino le norme di cui al Libro V, Titolo IV, Capo X del c.c., rubricato “Della trasformazione, della fusione e della scissione”. Le sole trasformazioni, fusioni e scissioni tra enti del Libro primo non ampliano dunque le ipotesi previste dagli artt. 2500-septies e 2500-octies c.c.
Che questo sia stato il profilo attenzionato dal legislatore è evidente sol che si consideri che proprio il comma 1 dell’art. 42-bis c.c. circoscrive espressamente il proprio ambito applicativo alla reciprocità di trasformazioni, fusioni e scissioni che, pertanto, “operano all’interno di strutture causali tutte ascrivibili alla mancanza dello scopo lucrativo caratteristico delle società”12. Ma se ciò è ve ro, è an che ve ro ch e pe cu lia re è la t e cn ica ad op e ra t a da l leg isla to re n e ll’a rt . 42 -bis c.c.; articolo che, sia pur a prima lettura, sembra effettivamente generare una sovrapposizione di piani (e di discipline) fra Libro I e Libro V c.c. Sovrapposizione – come si diceva – però solo apparente, giacché il ricorso alla tecnica del rinvio agli articoli disciplinanti il procedimento delle operazioni in e sa me ha rig ua rd o so lo a ll’ip ot e si in cu i q ue st e op era zio n i int e ressin o an che g li en t i d e l li bro quinto del codice civile13. Cosa che conduce a concludere nel senso che, nel caso di fusione di due Federazioni – attesa la loro natura giuridica – non possa che farsi applicazione della disciplina delle associazioni.
La possibilità di escludere le operazioni di trasformazione, fusione e scissione è allora condizionata alla sola presenza di un esplicito divieto in tal senso, contenuto nell’atto costitutivo o nello statuto14. Divieto, peraltro, anch’esso superabile in presenza del rispetto delle ordinarie maggioranze previste per le modifiche statutarie. In questo senso, tuttavia, e portando ad effetto la linea argomentativa che si è prescelta, non pare possa trovare applicazione, nel caso di operazioni fra enti che operano all’interno del medesimo schema causale, l’orientamento più rigoroso, che considera tali modifiche subordinate al rispetto del principio dell’unanimità, dovendosi ritenere che trovi qui piuttosto applicazione il principio maggioritario, sancito , peraltro, in materia di associazioni, d a ll’a rt. 2 1 c.c. che , pe r la mo d if ica d i a t to co st it u t ivo e sta t ut o, st ab ilisce un quorum costitutivo di ¾ degli associati e sancisce il quorum deliberativo della maggioranza dei
p re sen t i (co mma 2 ). Ma , t u t to ciò , so lo se n u lla è d isp o st o , la dd o ve l’a rt . 24, comma 6, Statuto FIBIS, per le modifiche dello Statuto fissa ad un 1/3 dei presenti il quorum costitutivo, mentre per la validità della delibera è necessario il voto favorevole di 2/3 dei presenti. Per quanto riguarda lo S t a tu to FIS B , l’a rt . 6 1, rub rica to “Mo d if ich e a llo St a tu t o ”, p re ve de il quorum costitutivo del 50% degli aventi diritto al voto e statuisce che la delibera è valida se assunta con il voto favorevole della maggioranza dei presenti.
d) Le maggioranze e il procedimento deliberativo – Alla luce di quanto considerato, ferma dunque, nelle operazioni straordinarie, l’applicazione della regola generale che, in tema di maggioranze e procedimento deliberativo, deve ritenersi essere quella propria dell’ente che intende attuare l’operazione15, il profilo più controverso investe proprio la questione delle maggioranze, dovendosi stabilire se ad essere richiamato nel caso di fusione, sia il comma 2 dell’art. 21 c.c., ovvero se non debba trovare applicazione il successivo comma con le maggioranze rafforzate per lo scioglimento e la devoluzione del patrimonio. La questione appare di particolare momento in quanto l’art. 25 dello Statuto della FIBIS, in ipotesi di scioglimento della Federazione, rinvia all’art. 21 c.c. senza ulteriori precisazioni. Mentre, per lo scioglimento e la d e vo lu zion e de l pa t rimo n io , l’a rt . 62 S ta tu t o FIS B f a rin vio a l Codice civile con una formula che, di f a t to , rica lca la p re visione d i cu i a ll’a rt . 21 , co mma 3 , c. c. Ora, che in materia di modifica dello statuto o dell’atto costitutivo dell’associazione debba trovare applicazione la previsione di cui all’art. 21, comma 2, c.c. non pare (come detto) possa revocarsi in dubbio. La questione si fa, invece, più delicata in tema di fusione perché, inevitabilmente, la soluzione è destinata ad essere influenzata dalla posizione che si ritiene di dover assumere in tema di natura giuridica della stessa. L’orientamento fatto proprio dalla dottrina, da una parte della giurisprudenza e dalla prassi notarile (almeno fino alle S.U. 2021/21970) era nel senso di ritenere che fusione (e scissione) fossero vicende meramente modificative e non traslative e/o estintive, onde l’esclusione della previsione di cui al comma 3 dell’art. 42-bis c.c. Il recente intervento delle S.U., nel discorrere di fusione, quale operazione che produce un “effetto estintivo dei soggetti che vi partecipano e la continuazione dei relativi rapporti giuridici”, sembra di fatto aprire ad una diversa lettura. A ben vedere, l’idea dell’effetto estintivo-successorio assolve alla funzione di individuare quali rapporti, a seguito della fusione, si trasmettono alla società fusa (e/o incorporata) e quali no (non a caso il giudizio si è radicato per risolvere una questione di legittimazione processuale della società incorporata cancellata dal registro delle imprese). Il richiamo all’effetto estintivo-successorio sembra, quindi, servire solo a fondare l’applicazione analogica delle regole in tema di successione e a chiarire che tutti i rapporti passano in capo al nuovo soggetto, eccezion fatta, però, per i rapporti intrasmissibili (si pensi, ad esempio, ad un mandato). La fusione, di fatto, realizza un fenomeno di integrazione reciproca dei contratti preesistenti in virtù del quale – a seguito del voto espresso in assemblea – si mo d if ica l’o rig in a rio ra pp o rto . In altri termini, gli associati (o i soci), “deliberando la fusione, modificano i rispettivi contratti sociali e ne integrano il contenuto” (F. Galgano, Diritto civile e commerciale, vol. III, 2, p. 480), delineandosi, in ipotesi, una sorta di
mo d if ica “su i ge ne ris” d e llo St a tu to , con la co n se gu en za ch e immu ta t e n e re st an o le maggioranze16. A tanto sembra deporre anche il mancato richiamo, da parte dell’art. 42-bis c.c.,
a ll’a rt . 25 00 -octies c.c., a n o rma d e l q ua le “L a d e libe ra zion e d i t ra sf o rma zio ne d e ve esse re assunta [...] nelle associazioni con la maggioranza richiesta dalla legge o dall'atto costitutivo per
lo sciog lime n to a n t icip a to ”. Ma , co me si è o sse rvato , si t ra t ta d i p re vision e il cu i rigo re t ra e a lime nt o da un cambiamento del tipo che, ex adverso, non ricorre nel caso di fusione fra associazioni.