CONI – Collegio di Garanzia dello Sport – Sezione Consultiva – coni.it – atto non ufficiale – Parere n. 2/2022 – Richiesta: Federazione Italiana Sport Bowling

 

Parere n. 2

 

Anno 2022

   

IL COLLEGIO DI GARANZIA SEZIONE CONSULTIVA

  Composta da Virginia Zambrano – Presidente e Relatore Pierpaolo Bagnasco Barbara Agostinis Cesare San Mauro Amalia Falcone - Componenti Ha pronunciato il seguente

PARERE N. 2/2022

  Su richiesta di parere presentata, ai sensi dell’art. 12 bis, comma 5, dello Statuto del Coni, e dell’art. 56, comma 3, del Codice della Giustizia Sportiva, dal Segretario Generale del Coni, dott. Carlo Mornati, prot. n. 0004963 del 5 luglio 2022;  

LA SEZIONE

Visto il decreto di nomina del Presidente del Collegio di Garanzia, prot. n. 00165/2022 del 16 febbraio 2022;
vista la richiesta di parere n. 6/2022, presentata, in data 5 luglio 2022, ai sensi dell’art. 12 bis, comma 5, dello Statuto del Coni, e dell’art. 56, comma 3, del Codice della Giustizia Sportiva, dal Segretario Generale del Coni, dott. Carlo Mornati, in seguito alla richiesta, prot. AM 119/2022, formulata dalla Federazione Italiana Biliardo Sportivo; visto l’art. 56, comma 3, del Codice della Giustizia Sportiva, in base al quale alla Sezione Consultiva spetta, tra l’altro, l’adozione di pareri su richiesta del CONI; visto l’art. 3, commi 2-4, del Regolamento di organizzazione e funzionamento del Collegio di Garanzia dello Sport, che definisce la competenza della sezione consultiva dell’organo de quo; visti gli articoli 2 e 3 del Regolamento di organizzazione e funzionamento del Collegio di Garanzia dello Sport; esaminati gli atti e udito il relatore, prof.ssa Virginia Zambrano, ha rilasciato il seguente parere  

PREMESSA IN FATTO

  La Federazione Italiana Biliardo Sportivo e la Federazione Italiana Sport Bowling hanno proceduto, come deliberato dai rispettivi Consigli Federali, a convocare l'Assemblea Straordinaria per decidere in ordine alla fusione per unione dei due Organismi. Il nuovo articolo 42-bis c.c. ha introdotto l'istituto della fusione tra enti non commerciali, stabilendo (ferma la clausola di compatibilità) che il procedimento di fusione, a norma del comma 3 dell’articolo de quo, sia disciplinato dalle norme di cui agli artt. 2501 ss. c.c. Si chiede, alla luce delle singole disposizioni statutarie federali previste per la modifica dello statuto, quali siano: a) ai fini dell’assunzione della relativa delibera, le maggioranze da applicarsi in caso di fusione fra Federazioni, in quanto Enti non commerciali; b) in che misura trovi applicazione l’art. 21 c.c. La questione investe delicati profili di diritto sostanziale che attengono alle modifiche che possono interessare  il soggetto  collettivo e la  sua attività.  Si tratta  di un profilo  di riorganizzazione dell'impresa che mira a renderla giuridicamente più agile ed economicamente meno onerosa. Nella specie, trattandosi di Federazioni, i profili che paiono sollevare l’attenzione sono relativi: a) alla definizione dell’ambito di operatività dell’art. 42-bis c.c.; b) alla definizione della natura giuridica della fusione; c) all’applicazione dell’art. 21 c.c.; d) alle maggioranze da applicare al procedimento.
 

DIRITTO

 
  1. Le c.d. ope ra zioni stra ordina rie e il l i mite de lla c ompa tibil ità di c ui a l l’ a rt.  42 -bis c.c. - Sia per quanto riguarda le società, sia per le associazioni, fusione, trasformazione e scissione, come noto, esprimono – ciascuno per proprio conto – un importante fattore di “mobilità”.  Per il fatto stesso  di  incidere  sulla  struttura  dell’ente,  queste  vicende  attuano  una rilevante funzion e economica individuata dalla dottrina come “essenziale al dinamismo e all’elasticità del sistema” (Cottino, Diritto commerciale, I, 2, Padova, 1987, p. 634). In  particolare, la fusione consente la concentrazione in iniziative unitarie di imprese diverse, al fine di ottenere un miglioramento nella posizione del mercato. Essa, tuttavia, può costituire anche uno strumento di riorganizzazione delle
 st ru t tu re  int e rne  de ll’e nt e .  A fronte di questa importante funzione, si deve  osservare come l’attenzione alle operazioni straordinarie abbia riguardato – nella sistematica del Codice del ’42 – prevalentemente, se non esclusivamente, gli enti di cui al Libro V del c.c. Ed in vero, oltre che per la fusione, anche per quanto riguarda trasformazione e scissione si riteneva che si trattasse di operazioni endo-societarie cui non potevano accedere gli enti di cui al Libro I c.c. In rapporto alle trasformazioni, il limite di siffatta preclusione veniva – come noto –  individuato dalla dottrina tradizionale nella rilevanza dell’elemento causale che, a tutela sia degli associati sia dei creditori, rendeva ingiustificabile ogni operazione1. Né il Codice del ’42 offriva elementi normativi tali da supportare ogni contrario orientamento. L’art. 28 c.c., rubricato “Trasformazione delle fondazioni”, alimentava, per contro, interrogativi e dubbi sulla ammissibilità della stessa, nonché sulle sue modalità. Tanto, senza considerare che la norma guarda allo “scopo” della trasformazione e, in quest’ottica, si occupa delle fondazioni, laddove per il mutamento del tipo è agli artt. 2498 ss. c.c. che occorre fare riferimento. In questo contesto, non erano mancate voci volte ad affermare che fossero ormai maturi i tempi per una riforma che facesse giustizia della suddetta barriera causale, liberandosi dai vincoli interpretativi che ne derivavano. Né la sola dottrina avvertiva l’emergere di spinte innovative volte ad ampliare lo spettro applicativo di queste operazioni straordinarie. Lo stesso legislatore aveva intuito – attraverso il ricorso a normative speciali e di settore – l’esigenza di aprire ad un pluralismo strutturale che, confermando il principio della fungibilità della forma, rispecchiasse il mutato quadro economico. Profilo, quest’ultimo, che (vale la pena rammentare) non aveva mancato di interessare, nell’ottica appunto di fungibilità della forma, lo stesso ordinamento sportivo, come testimonia la previsione di cui all’art. 90, comma 18, l. 289/2002, sulle società sportive dilettantistiche, di cui, tuttavia, è prescritta l’esclusione dello scopo di lucro.
Dal canto suo, anche la giurisprudenza aveva cominciato ad interessarsi, per un verso, della complessiva disciplina di associazioni e fondazioni e, per l’altro, dello specifico ambito delle trasformazioni (nonché delle fusioni, per quanto non espressamente contemplate nella variante eterogenea), giungendo ad ammettere le fusioni, oltre che fra fondazioni, anche fra associazioni. Ma se fermo era il favor verso le fusioni omogenee, controversa era la questione relativa alla qualificazione della natura giuridica della fusione, specie per incorporazione. Discusso, in altri termini, era se con la fusione si realizzasse un fenomeno corrispondente alla successione universale mortis causa (Cass. civ., n. 22489/2006; Cass. civ., n. 11059/2011; Cass. civ., n. 21482/2016) ovvero si assistesse ad una vicenda evolutivo-modificativa dello stesso soggetto giuridico, il quale, “pur in presenza di un nuovo assetto organizzativo, conserva la propria identità” (Cass. civ., n. 12119/2017). In proposito, il richiamo al vecchio art. 2504 c.c.2 conduceva a ritenere che si realizzasse una vera e propria vicenda successoria collegata all’estinzione delle società che si fondono e alla successione a titolo universale di quella nata dall'unificazione3. Comune a tutte le posizioni era la generale accettazione a) del principio di cui all’art. 2498 c.c. - che sottende un’esigenza di continuità dei rapporti giuridici, suscettibile di estensione a tutti gli enti associativi, ivi inclusi quelli non societari – nonché, b) della regola secondo cui la modifica non deve arrecare danno ai creditori4 che, in concreto, finisce con il subordinare la realizzabilità o meno dell’operazione ad una valutazione concreta dell’operazione la quale non può che procedere caso per caso. L’esigenza di restituire attualità alla disciplina del Codice, come sollecitata dalla riforma delle società (d.lgs. n. 5 e n. 6 del 2003) e da tutta una serie di novità tributarie, non ha mancato di investire il “comparto” del libro primo del Codice civile5. Ed in vero, gli artt. 2500-septies e 2500- octies c.c., superando lo schermo causale, hanno finito con il ridurre la distanza tra la portata delle previsioni del Libro I e del Libro V. Al mutamento del modello organizzativo, rectius della veste giuridica dell’impresa che si attua con la trasformazione, ha corrisposto il riconoscimento, altresì, di fusione e scissione eterogenee (intendendosi per “fusione eterogenea” una complessa operazione di integrazione, caratterizzata dal cumulo fra operazioni di fusione e di trasformazione eterogenea) le quali, seppur non previste espressamente dal legislatore, hanno incontrato, accanto al favor di dottrina e giurisprudenza, l’approvazione della prassi notarile6. Ora, a prescindere dalle articolate posizioni dottrinali che si sono venute delineando in tema, quello che rileva osservare, ai fini del presente parere, è che, tuttavia, siffatte aperture non avevano investito gli enti non profit. Vero è che il formante giurisprudenziale aveva cominciato ad ammettere tali operazioni anche per gli enti del Libro I, non giustificandosi alcuna preclusione alla trasformazione in assenza di impresa 7. Del pari indubbio che solo con la previsione di cui all’art. 42-bis (come introdotto dal d.lgs. 3 luglio 2017, n. 117) tali operazioni straordinarie hanno trovato effettivo riconoscimento e disciplina. Il legislatore qui, facendo proprio quanto emerso in giurisprudenza, ha così allargato l’ambito delle operazioni straordinarie ammettendole – oltre che per gli ETS – anche per tutti gli enti di cui al Libro I, come chiaramente si desume dalla norma di cui al comma 4, dell’art. 42-bis c.c. (si parla, infatti, di iscrizioni nel Registro delle persone giuridiche, ovvero, nel caso degli ETS nel RUNTS).  L a p re vision e d i cu i si d isco rre, qu ind i, non ha f a t to a lt ro  che  e st en de re  l’a mmissib                 ilità                  d                 i                  q                 ue                 ste                                                 operazioni straordinarie a quelle fattispecie connotate da un medesimo schema causale e teleologico-funzionale, lascia nd o ch e la cla u so la d i co mp at ib ilit à d i cu i a ll’a rt . 4 2 -bis (“S i ap p lican o inoltre gli articoli 2499, 2500, 2500-bis, 2500-ter, secondo comma, 2500-quinquies e 2500-nonies, in quanto compatibili. Alle fusioni e alle scissioni si applicano, rispettivamente, le disposizioni di cui alle sezioni II e III del capo X, titolo V, libro V, in quanto compatibili”), fungesse da discrimen normativo rispetto a quelle fattispecie che coinvolgono (come accade n elle fusioni eterogenee) un ente societario. E, d’altro canto, considerato che – come osservato in dottrina - “gli artt. 2500- septies ed octies ratificano pur sempre la  concettuale compatibilità del pendolo tra modello istituzionale e corporativo”, non può  negarsi l'apertura al transito tra i tipi, quindi anche tra associazione e fondazione (sia come  trasformazione, sia come fusione che la contenga) (A. Fusaro, Trasformazione, fusione e  scissione tra enti non profit, in Quaderni della Fondazione italiana del notariato).
Onde - ferma la previsione di cui agli artt. 2498 ss. c.c., che introduce il principio di continuità comune a tutte le fattispecie di trasformazione, co me  e me rge  d a ll’ut ilizzo  d e l  ge ne rico  t e rmin e  “e n te ” ne lla le tt e ra d e ll’a rt ico lo  de quo –  è  a lla  discip lin a  d i  cu i  a ll’a rt .  4 2 -bis c.c. che occorre  g ua rd a re  a llo rch é  si d isco rra  d i  op e ra zio n i  “o mo ge ne e ”  sen za  che ,  in  qu e sto  ca so ,  la  clau so la  d i  co mp at ib ilit à ivi p re vist a p o ssa co nd u rre ad u no sp o sta men to  de ll’a ng o lo  visua le .
  1.  Sulla natura giuridica della fusione – Ciò posto, bisogna osservare che, per quanto il d.lgs. 123/2012 abbia operato (inter alia e portando a ulteriore compimento le modifiche già introdotte con la riforma del diritto societario) nel senso della semplificazione del procedimento di fusione, non ne ha comunque chiarito la natura giuridica e i suoi effetti sul piano soggettivo, limitandosi a definire le modalità del procedimento. La necessità di esplicitare la natura giuridica della fusione riposa sul fatto che essa delinea un’operazione il cui significato economico non è – come si diceva
  • l’uscita dal mercato, ma, al contrario, la continuità dell’attività dell’ente, sia pure in forme diverse. Il discorso, che certo investe le società, non può non valere anche per associazioni e fondazioni, stante la previsione di cui all’art. 42-bis c.c. Il riconoscimento della loro accresciuta elasticità identitaria solleva, infatti, non diversamente da quanto accade per le società, la questione se l’ente (a  seguito  della  fusione)  si  estingua  o  meno  come  organizzazione  e  come  soggetto dell'ordinamento giuridico. Almeno fino al 2003, come noto, dottrina e giurisprudenza erano inclini a ritenere che con la fusione si realizzasse una vicenda avente natura estintivo–costitutiva8 (cfr., Cagnasso-Irrera, in Dig.disc.civ. cit.), la quale dava luogo ad una sorta di successione a titolo universale, determinandosi l'estinzione della società incorporata (in caso di fusione per incorporazione) o di tutte le società fuse (in caso di fusione propria) e la successione, rispettivamente della società incorporante o della nuova società risultante dalla fusione, in tutti i rapporti giuridici. La modifica dell’art. 2504-bis c.c., con la scomparsa del lemma società “estinte”, che invece compariva nella vecchia formulazione, aveva condotto la dottrina9, e la giurisprudenza, a prediligere (all’opposto) la tesi della natura non estintiva della società incorporata o fusa in forza della fusione, preferendosi discorrere di vicenda modificativo-evolutiva del medesimo soggetto10. E, tuttavia, che quella di fusione sia un’operazione assai peculiare - e che, a dispetto di apparentemente consolidati orientamenti anche manifestazione della prassi notarile, una visione condivisa sia difficile da raggiungere - è testimoniato dalla vivacità del dibattito che si svolge intorno alla sua natura giuridica, dibattito, non certo sopito dalla riforma delle società. Proprio questa assenza di certezze sistemiche e il continuo contrapporsi di opposte visioni ha di recente condotto i giudici delle S.U.11  a stabilire (nel tentativo di risolvere, almeno per il momento, la questione) che la fusione “dando vita ad una vicenda modificativa dell'atto costitutivo per tutte le società che vi partecipano, determina un fenomeno di concentrazione giuridica ed economica (ve n’è traccia espressa nel diritto positivo: v., la L. 10 ottobre 1990, n. 287, art. 5) o "integrazione" o "compenetrazione", dal quale consegue che i rapporti giuridici, attivi e passivi, di cui era titolare la società incorporata o fusa, siano imputati ad un diverso soggetto giuridico, la società incorporante o la società risultante dalla fusione”, per cui occorre, “in definitiva, tenere distinto il profilo negoziale del contratto di società da quello giuridico-formale dell'originario soggetto di diritto dal primo scaturito, distinguendo tra la società come insieme di rapporti, che prosegue in una diversa organizzazione, dalla società come ente, che si estingue”. In questo senso, i giudici, distinguendo
 f ra ef f e t t i de lla f u sio ne  e  n at u ra  g iu rid ica  de ll’o pe ra zio ne  ef f e tt ua t a,  a rriva no              a              con             clud             e             re              ch             e              la                                                 fusione produca, unitamente ad un effetto estintivo dei soggetti che vi partecipano, la continuazione dei relativi rapporti giuridici. Vero è che i giudici approdano a siffatta conclusione guardando alla fusione per incorporazione. Del pari indubbio che la ricostruz ione offerta traccia  u na  re la zion e  f ra  con t inu ità  e d  e st in zion e  e,  così  f a ce nd o ,  se mb re re bb e   d e line a re  l’e ssen za  d e ll’ist it ut o d e lla f u sio ne , q ua lif icab ile  qu ind i  come  un a  mo d if ica zion e  d e ll’a tt o  co st itu t ivo   sui generis ch e  so lo re cup e ra  l’ef f e tt o e st in t ivo -successorio della vicenda.  c )S ulla a pplic a zione de ll’ a rt.  2 1  c .c . Alla luce di quanto premesso, si deve  ritenere che le operazioni straordinarie, che coinvolgono gli enti del Libro I c.c,. siano  disciplinate dalle norme proprie delle forme giuridiche che tali enti rivestono. Le operazioni straordinarie possono, dunque, realizzarsi nei limiti della disciplina privatistica prevista per le singole tipologie di enti. E, in vero, il d.lgs.  n.  117/2017,  nell’introdurre  l’art.  42-bis  c.c.   (oltre  che  ammettere  alle  operazioni straordinarie  anche   gli  ETS),  ha   inteso   disciplinare quelle operazioni straordinarie che intervengono fra enti i quali posseggono la  medesima struttura causale, prevedendo che, in presenza di operazioni che interessano gli enti del Libro I e quelle del Libro V, si applichino le norme di cui al Libro V, Titolo IV, Capo X del c.c., rubricato “Della trasformazione, della fusione e della scissione”. Le sole trasformazioni, fusioni e scissioni tra enti del Libro primo non ampliano dunque le ipotesi previste dagli artt. 2500-septies e 2500-octies c.c. Che questo sia stato il profilo attenzionato dal legislatore è evidente sol che si consideri che proprio il comma 1 dell’art. 42-bis c.c. circoscrive espressamente il proprio ambito applicativo alla reciprocità di trasformazioni, fusioni e scissioni che, pertanto, “operano all’interno di strutture causali tutte ascrivibili alla mancanza dello scopo lucrativo caratteristico delle società”12. Ma se  ciò  è  ve ro,  è  an che  ve ro  ch e  pe cu lia re  è  la  t e cn ica  ad op e ra t a  da l  leg isla to re n e ll’a rt .  42 -bis c.c.; articolo che, sia pur a prima lettura, sembra effettivamente generare una sovrapposizione di piani (e di discipline) fra Libro I e Libro V c.c. Sovrapposizione – come si diceva – però solo apparente, giacché il ricorso alla tecnica del rinvio agli articoli disciplinanti il procedimento delle operazioni in  e sa me ha rig ua rd o so lo a ll’ip ot e si in cu i q ue st e op era zio n i int e ressin o an che  g li en t i d e l li bro quinto del codice civile13. Cosa che conduce a concludere nel senso che, nel caso di fusione di due Federazioni – attesa la loro natura giuridica – non possa che farsi applicazione della disciplina delle associazioni.
La possibilità di escludere le operazioni di trasformazione, fusione e scissione è allora condizionata alla sola presenza di un esplicito divieto in tal senso, contenuto nell’atto costitutivo o nello statuto14. Divieto, peraltro, anch’esso superabile in presenza del rispetto delle ordinarie maggioranze previste per le modifiche statutarie. In questo senso, tuttavia, e portando ad effetto la linea argomentativa che si è prescelta, non pare possa trovare applicazione, nel caso di operazioni fra enti che operano all’interno del medesimo schema causale, l’orientamento più rigoroso, che considera tali modifiche subordinate al rispetto del principio dell’unanimità, dovendosi ritenere che trovi qui piuttosto applicazione il principio maggioritario, sancito , peraltro, in materia di associazioni, d a ll’a rt. 2 1 c.c. che , pe r la mo d if ica d i a t to co st it u t ivo e  sta t ut o, st ab ilisce un quorum costitutivo di ¾ degli associati e sancisce il quorum deliberativo della maggioranza dei  p re sen t i (co mma 2 ). Ma , t u t to  ciò ,  so lo  se  n u lla  è  d isp o st o ,  la dd o ve  l’a rt .   24, comma 6, Statuto FIBIS, per le modifiche dello Statuto fissa ad un 1/3 dei presenti il quorum costitutivo, mentre per la validità della delibera è necessario il voto favorevole di 2/3 dei presenti. Per quanto riguarda lo  S t a tu to  FIS B ,  l’a rt .  6 1,  rub rica to  “Mo d if ich e  a llo  St a tu t o ”,  p re ve de  il   quorum costitutivo del 50% degli aventi diritto al voto e statuisce che la delibera è valida se assunta con il voto favorevole della maggioranza dei presenti.
d) Le maggioranze e il procedimento deliberativo – Alla luce di quanto considerato, ferma dunque, nelle operazioni straordinarie, l’applicazione della regola generale che, in tema di maggioranze e procedimento deliberativo, deve ritenersi essere quella propria dell’ente che intende attuare l’operazione15, il profilo più controverso investe proprio la questione delle maggioranze, dovendosi stabilire se ad essere richiamato nel caso di fusione, sia il comma 2 dell’art. 21 c.c., ovvero se non debba trovare applicazione il successivo comma con le maggioranze rafforzate per lo scioglimento e la devoluzione del patrimonio. La questione appare di particolare momento in quanto l’art. 25 dello Statuto della FIBIS, in ipotesi di scioglimento della Federazione, rinvia all’art. 21 c.c. senza ulteriori precisazioni.  Mentre, per lo scioglimento e la  d e vo lu zion e de l pa t rimo n io , l’a rt . 62 S ta tu t o FIS B f a rin vio a l Codice civile con una formula che, di  f a t to , rica lca  la  p re visione  d i  cu i  a ll’a rt .  21 ,  co mma  3 ,  c. c.  Ora, che in materia di modifica dello statuto o dell’atto costitutivo dell’associazione debba trovare applicazione la  previsione di cui all’art. 21, comma 2, c.c. non pare (come detto) possa revocarsi in dubbio. La questione si fa, invece, più delicata in tema di fusione perché, inevitabilmente, la soluzione è destinata ad essere influenzata dalla posizione che si ritiene di dover assumere in tema di natura giuridica della stessa. L’orientamento fatto proprio dalla dottrina, da una parte della giurisprudenza e dalla prassi notarile (almeno fino alle S.U. 2021/21970) era nel senso di ritenere che fusione (e scissione) fossero vicende meramente modificative e non traslative e/o estintive, onde l’esclusione della previsione di cui al comma 3 dell’art. 42-bis c.c. Il recente intervento delle S.U., nel discorrere di fusione, quale operazione che produce un  “effetto  estintivo  dei  soggetti che vi partecipano e  la continuazione dei relativi rapporti giuridici”, sembra di fatto aprire ad una diversa lettura. A ben vedere, l’idea dell’effetto estintivo-successorio assolve alla funzione di individuare quali rapporti, a seguito della fusione, si trasmettono alla società fusa (e/o incorporata) e quali no (non a caso il giudizio si è radicato per risolvere una questione di  legittimazione processuale della società incorporata cancellata dal registro delle imprese). Il  richiamo all’effetto estintivo-successorio sembra, quindi, servire solo a fondare l’applicazione analogica delle regole in tema di successione e a chiarire che tutti i rapporti passano in capo al nuovo soggetto, eccezion fatta, però, per i rapporti intrasmissibili (si pensi, ad esempio, ad un mandato). La fusione, di fatto, realizza un fenomeno di integrazione reciproca dei contratti preesistenti in virtù del quale – a seguito del voto espresso in assemblea – si  mo d if ica  l’o rig in a rio  ra pp o rto .  In altri termini, gli associati (o i soci), “deliberando la fusione, modificano i rispettivi contratti sociali e ne integrano il  contenuto” (F. Galgano, Diritto civile e commerciale, vol. III, 2, p. 480), delineandosi, in  ipotesi, una sorta di
 mo d if ica   “su i   ge ne ris”   d e llo   St a tu to ,   con   la   co n se gu en za   ch e   immu ta t e n e re st an o le  maggioranze16. A tanto sembra deporre anche il mancato richiamo, da parte dell’art. 42-bis c.c.,  a ll’a rt . 25 00 -octies c.c., a n o rma d e l  q ua le  “L a  d e libe ra zion e  d i  t ra sf o rma zio ne  d e ve  esse re  assunta [...] nelle associazioni con la maggioranza richiesta dalla legge o dall'atto costitutivo per  lo sciog lime n to a n t icip a to ”. Ma , co me si è o sse rvato , si t ra t ta d i p re vision e il  cu i rigo re t ra e a lime nt o da un cambiamento del tipo che, ex adverso, non ricorre nel caso di fusione fra associazioni.  

P.Q.M.

Si rilascia il presente parere. Deciso nella camera di consiglio dell’8 luglio 2022. Il Presidente e Relatore F.to Virginia Zambrano Depositato in Roma, in data 21 luglio 2022. Il Segretario F.to Alvio La Face   1 Per tutti, si veda G. CABRAS, Le trasformazioni, in Trattato delle società per azioni, dir. da G.E. Colombo - G.B. Portale, VII, 3,1997, pp. 35 ss. e 66 ss 2 Il vecchio art. 2504 c.c. recitava, infatti, “la società incorporata o quella che risulta dalla fusione assume i diritti e gli obblighi delle società estinte”. 3 O. CAGNASSO E M. IRRERA, Fusione e trasformazione delle società, in Dig.disc.priv., Sez. comm., Torino, 1994, p. 310 ss. 4 O. CAGNASSO, La trasformazione delle società, in Il Codice Civile. Commentario, dir. da P. Schlesinger, Milano, Giuffrè, 1990, p. 62 ss. 5 Cfr., Relazione al d.lgs. n. 6/2003 § 14, Della trasformazione, della fusione e della scissione. Della trasformazione: “L’art. 7 della Legge Delega detta alcuni principi fondamentali, quali: semplificare e precisare il procedimento, nel rispetto, per quanto concerne le società di capitali, delle direttive comunitarie; disciplinare possibilità, condizioni e limiti delle trasformazioni (e delle fusioni) eterogenee; introdurre disposizioni dirette a semplificare e favorire la trasformazione delle società di persone in società di capitali. Si è quindi voluto tradurre in pratica i principi dettati dalla legge delega, il che ha reso necessario ampliare il numero degli articoli, che nel Codice del 1942 erano solo tre. Si ribadisce pertanto, la norma sulla continuità dei rapporti giuridici (art. 2498, comma 3, c.c.), intesa appunto come segno di una prospettiva di modificazione e non novativo – successoria, chiarendo altresì che la continuazione riguarda anche i rapporti processuali”. 6 CNN, Quesito di Impresa n. 883-2013/I, CNN, si legge che: “si ritiene [...] in generale possibile applicare l’istituto della fusione ad enti non societari (con applicazione diretta e non analogica della disciplina) anche se tutta l’operazione sia condotta in modo unitario e contestuale, purché trovino nel contempo applicazione, per quanto possibile e nei limiti della compatibilità, sia le norme sulla trasformazione eterogenea sia quelle sulla fusione”. 7 Cass., 23 gennaio 2007, n. 1476, in Corr. giur., 2007, 9, p. 1257 ss.,“nelle associazioni non riconosciute, in mancanza di norme più dettagliate o di una diversa volontà espressa dagli associati, è possibile fare ricorso, in via analogica, alle disposizioni che regolano casi simili in materia di associazioni riconosciute o di società, compatibilmente con la struttura di ogni singolo rapporto; ed è perciò possibile far riferimento alle disposizioni dettate dal codice in tema di fusione di società, in quanto applicabili, qualora sia accertato che due associazioni non riconosciute si sono unificate. Principio, questo, che sembra coerente anche con le più recenti linee di tendenza dell’ordinamento in materia di enti collettivi,  certamente più favorevoli ad una maggiore interscambiabilità dei ruoli, pur tra enti tipologicamente diversi, come eloquentemente dimostra l’introduzione di nuove figure di trasformazione eterogenea nell’art. 2500-octies c.c.”; Trib. Roma, 25 gennaio 2016, in Giur. comm., 2017, 4, p. 760 ss., con nota di C.E. PUPO, ove si afferma che “si può dunque ritenere che con riferimento a tali enti possano trovare applicazione, nei limiti della compatibilità, le disposizioni introdotte con la riforma del diritto societario in tema di trasformazione omogenea o eterogenea, cosicché va dunque ammessa l’applicazione analogica della disciplina in tema di fusione di società all’ipotesi di fusione di fondazioni”. 8 In tal senso, cfr., A. GRAZIANI, Diritto delle società, Napoli, 1963, p. 521; F. MESSINEO, Manuale di diritto civile e commerciale, Milano, 1957, I, p. 297 9 In dottrina, senza pretesa di esaustività, E. TRADII, Trasformazione eterogenea in cui intervengono enti non profit: trasformazione da associazione in società di capitali e viceversa, in AA.VV., La nuova disciplina delle associazioni e delle fondazioni, Riforma del diritto societario e enti non profit, a cura di A. Zoppini e M. Maltoni, Milano, 2007, 67; F. LOFFREDO, Gli enti del Terzo settore, Milano, 2018, p. 24; F. GALGANO, Delle persone giuridiche: disposizioni generali; delle associazioni e delle fondazioni, Bologna, 1982, p. 318 e, con specifico riferimento alla trasformazione eterogenea, G. FRANCH, Commento all’art. 2500-octies, in Commentario alla riforma delle società, diretto da P.G. Marchetti, L.A. Bianchi, F. Ghezzi, M. Notari, artt. 2498 - 2506-quater, Milano, 2006, p. 392; M.V. DE GIORGI, Le vicende estintive e modificative, in Le persone giuridiche, a cura di Basile, Milano, 2003, p. 196; A. AURICCHIO, voce Associazioni riconosciute, in Enc. dir., III, Milano, 1958, p. 904 ss. 10 Cass. civ., S. U., ord. 8 febbraio 2006, n. 2637, in Foro it., 2006, 6, 1, 1739, i quali qualificano l’operazione di fusione come una vicenda meramente “evolutivo-modificativa” dello stesso soggetto giuridico, il quale “conserva la propria identità, pur in un nuovo assetto organizzativo”.; Cass. civ., 18 novembre 2014, n. 24498, in Giust. civ. Mass., 2014; Cass. civ., 15 febbraio 2013, n. 3820, in Giust. civ. Mass., 2013 11 Per i giudici in Cass. civ., S. U. – 30 luglio 2021, n. 21970, “La ricerca del superamento delle incertezze, a fronte di soluzioni non sistematiche, è particolarmente auspicabile, considerando che la questione può involgere non soltanto ogni tipo di giudizio in cui sia parte una società, ma che anche altri settori dell'ordinamento, diversi dal diritto societario, che sono suscettibili di seguire la stessa disciplina (cfr., es., art. 42-bis c.c., in tema di fusione e scissione di associazioni e fondazioni)” 12 F. MARGIULO, Trasformazione, fusione e scissione degli enti non profit dopo la riforma del terzo settore, in Riv. Not., 2018, p. 45 ss 13 In quest’ottica deve intendersi il richiamo all’art. 2498 c.c., di cui al comma 2 dell’art. 42- bis c.c., per spiegare la necessità dell’organo amministrativo di predisporre sia “una relazione relativa alla situazione patrimoniale dell’ente con l’elenco dei creditori, aggiornata a non più di centoventi giorni precedenti la delibera di trasformazione”, sia “la relazione di cui all’articolo 2500-sexies, comma 2”. Ed in quest’ottica ancora opera l’espresso richiamo agli artt. 2499, 2500, 2500-bis, 2500-ter, comma 2, 2500-quinquies e 2500-novies, nei limiti della compatibilità. Così come la previsione di cui al comma 3 dell’art. 42-bis c.c 14 CNN, Studio n. 76-2020/I, I limiti statutari e legali alla possibilità per gli enti del primo libro di operare trasformazioni, fusioni o scissioni, Approvato dalla Commissione Studi di Impresa il 23 aprile 2020, est. F. MARGIULO, 3, il quale afferma che nell’associazione la tutela di coloro che intendano impedire la realizzazione di una delle operazioni in esame può essere attuata solo con l’inserimento in statuto, ai sensi dell’art. 21, comma 2, c.c., di specifiche clausole che prevedano non solo il divieto di realizzare operazioni di trasformazione, fusione o scissione, ma anche l’impossibilità di eliminare tale divieto se non con speciali maggioranze rafforzate o all’unanimità 15 In questi termini, cfr., Studio n. 77-2020/I CNN.; M. BIANCA, Trasformazione, fusione e scissione degli enti del terzo settore, in http://www.rivistaodc.eu/trasformazione-enti-del- terzo-settore ; A. BUSANI E D. CORSICO, Operazioni straordinarie tra enti del Terzo settore, in Le Società, 6/2020, p. 659 ss 16 In dottrina si è affermato che le deliberazioni di fusione “non dovranno essere riguardate come deliberazioni di scioglimento e, quindi, di autorizzazione alla fusione: esse sono comuni deliberazioni modificative dei rispettivi statuti e, quindi, soggette alla comune disciplina, in fatto di maggioranze e di autorizzazioni alle modifiche statutarie” (F. GALGANO, Delle persone giuridiche, cit., 352 ss.). Salvo, ovviamente, il diritto di recesso, ove si tratti di modifiche rilevanti. Il che costituisce conferma del fatto che l’atto di adesione è del singolo e presuppone l'accordo delle parti anche in ordine allo scopo dell'associazione stessa ed alle regole del suo ordinamento interno nonché l’assoggettamento dell'aderente a siffatte regole nel loro complesso. Assoggettamento che viene meno “allorché l'associato dissenta dalle finalità dell'associazione, dovendo in tal caso prevalere il diritto (costituzionalmente garantito ed assolutamente non comprimibile ex artt. 2 e 21 Cost.) di manifestare le proprie opinioni e di autodeterminarsi in ordine ad esse, con conseguente cessazione immediata del vincolo associativo, anche se possono persistere vincoli meramente finanziari”, cfr., Cass, 14 maggio 1997, n. 4244, in Giur. It., 1998, 4, 639    
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