CONI – Collegio di Garanzia dello Sport in funzione Arbitrale – coni.it – atto non ufficiale – Lodo Arbitrale n. 10/2023 – Stefano Vitullo / Claudio Cassano

Lodo n. 10

Anno 2023

COLLEGIO DI GARANZIA DELLO SPORT DEL CONI LODO ARBITRALE

COLLEGIO ARBITRALE COMPOSTO DA

Avv. Vito Branca

PRESIDENTE designato ex art. 2, comma 6, del Regolamento arbitrale

Prof. Avv. Tommaso Edoardo Frosini

ARBITRO nominato dall’istante

Avv. Prof. Angelo Maietta

ARBITRO nominato dall’intimata

nel procedimento arbitrale promosso

dal sig. Stefano Vitullo, rappresentato e difeso dall’avv. Gabriele Zuccheretti,

- Parte istante -

contro

il sig. Claudio Cassano, rappresentato e difeso dall’avv. Jennyfer Bevilacqua,

- Parte intimata -

Istanza di arbitrato ex art. 22, comma 2, del Regolamento CONI degli Agenti sportivi e art. 54, comma 3, CGS CONI, depositata in data 10 agosto 2023 presso la Camera arbitrale del Collegio di Garanzia dello Sport presso il CONI in relazione al contratto di mandato, stipulato, in data 16 dicembre 2022, tra il suddetto istante e il calciatore intimato, volto all’assistenza e alla consulenza che l’Agente avrebbe dovuto prestare in favore del suddetto calciatore in occasione di futuri contratti di lavoro sportivo.

***

1.         Sede dell’Arbitrato

La sede dell’Arbitrato è stata fissata in Roma, presso il CONI. Le udienze arbitrali si sono svolte anche avvalendosi di modalità telematiche su piattaforma Microsoft Teams.

2.         Regolamento arbitrale

Il presente procedimento è stato instaurato in virtù del Regolamento arbitrale (approvato con deliberazione del Consiglio Nazionale CONI n. 1654 del 17 dicembre 2019) dinanzi al Collegio di Garanzia dello Sport, di cui all’art. 12 bis dello Statuto del CONI, in funzione arbitrale irrituale, per la risoluzione delle controversie previste dall’art. 22, comma 2, del Regolamento CONI degli Agenti Sportivi (deliberato dalla Giunta Nazionale del CONI con provvedimento n. 385 del 18 novembre 2021 ed approvato il 10 febbraio 2022 dal Dipartimento per lo Sport della Presidenza del Consiglio dei Ministri, ai sensi dell’art. 1 della L. n. 138/1992).

Fatto

Con istanza arbitrale notificata, in data 10 agosto 2023, al calciatore Claudio Cassano, il sig. Stefano Vitullo, Agente di calciatori, ha chiesto al Collegio di Garanzia dello Sport, in funzione di Collegio Arbitrale ex art. 22 Regolamento Agenti CONI, la condanna del convenuto al pagamento “degli importi che risulteranno dovuti all’esito dell’istruttoria e comunque nell’importo non inferiore ad € 80.000,00 oltre IVA se dovuta ed interessi, ovvero nel diverso ammontare - maggiore o minore - che fosse ritenuto - anche equitativamente - dovuto per le causali sopra descritte”; il tutto in forza di contratto di mandato in scadenza al 31 dicembre 2024, dal quale il calciatore ha receduto in data 1° luglio 2023 sulla scorta della seguente motivazione: “per sopraggiunte divergenze circa possibili sviluppi della carriera”. Il ricorrente ritiene illegittimo il recesso e propone la domanda innanzi richiamata sulla scorta dell’art. 1725 c.c..

Il sig. Cassano Claudio si è ritualmente costituito contestando l’avversa pretesa, sostenendo la legittimità del recesso contrattuale e invocando l’art. 7 del contratto, che, nel disciplinare la risoluzione e il recesso, espressamente reca la locuzione del seguente preciso tenore: “in caso del recesso senza giusta causa del presente mandato le parti stabiliscono il pagamento della somma consensualmente determinata in euro zero”.

Esperito, in data 19 settembre 2023, in prima udienza arbitrale il rituale tentativo di conciliazione, preso atto del fallimento dello stesso, l’udienza è stata aggiornata al 26 ottobre 2023 dando termine per il deposito di note difensive alle parti; sono state successivamente depositate memorie da entrambe le parti, che, sostanzialmente, al di là di ulteriori profili che il Collegio ritiene assorbiti dalla contestazione principale, ovvero il contenuto e il valore da attribuire alla clausola di recesso prevista dall’art. 7, che, dalle argomentazioni svolte da entrambi le parti, assume una connotazione di penale contrattuale, ripropongono le medesime contestazioni introdotte con i primi scritti.

Alla udienza del 26 ottobre 2023, il Collegio ha dato corso alla discussione della causa, durante la quale gli avv.ti delle parti hanno svolto brevi puntualizzazioni rispetto a quanto già versato nei rispettivi scritti difensivi, richiamandosi integralmente agli stessi per il resto e insistendo per l’accoglimento delle richieste ivi riportate.

Il Collegio, preso atto delle dichiarazioni rese dai suddetti difensori, ha trattenuto la causa in decisione, riservando di pronunciarsi nel redigendo lodo.

Su parere conforme delle parti, il Collegio ha disposto, infine, la proroga del deposito del lodo sino a 30 giorni decorrenti dal termine di cui all’art. 9, comma 1, del Regolamento arbitrale, previsto per la conclusione del procedimento arbitrale.

Su tali premesse in fatto, il Collegio osserva in

Diritto

In virtù del principio della ragione più liquida - secondo il quale, come è noto, una domanda o un ricorso possono (e in alcuni ordinamenti debbono) essere respinti o accolti sulla base della soluzione di una questione assorbente e di più agevole e rapido scrutinio, pur se logicamente subordinata (e, quindi, senza che sia necessario esaminare previamente tutte le altre secondo l’ordine previsto, per esempio, nel diritto processuale dell’ordinamento giuridico della Repubblica Italiana dagli artt. 276 cod. proc. civ. e 118 disp. att. cod. proc. civ.) - si ritiene di prescindere dall’analisi delle questioni sollevate dalle parti analizzando il nucleo centrale del thema decidendum, che riguarda il significato da attribuire alla clausola di cui all’art. 7 del contratto di mandato innanzi richiamato.

Orbene, a parere del Collegio, non v’è dubbio che il tenore della clausola ammetta, nel rispetto del principio sovrano che governa il diritto dei contratti, ovvero l’art. 1322 c.c. sull’autonomia negoziale, la possibilità delle parti di recedere dal contratto senza dover giustificare la causa del recesso, con ciò derogando espressamente rispetto al tipo contrattuale del mandato oneroso, previsto dall’art. 1725 c.c. che, pertanto, è da ritenersi impropriamente invocato sul punto specifico.

Tale esclusione è da rinvenirsi nella previsione, concordata tra le parti medesime, di  una prestazione (nel caso di specie, il pagamento di una somma) per tale deroga che, pertanto, attribuirebbe alla clausola, secondo la prospettazione del ricorrente, il valore di penale contrattuale, la cui disciplina trova cittadinanza nel disposto dell’art. 1382 c.c., il quale, com’è noto, stabilisce che “la clausola, con cui si conviene che, in caso d'inadempimento o di  ritardo nell'adempimento, uno dei contraenti è tenuto a una determinata prestazione, ha l'effetto di limitare il risarcimento alla prestazione promessa, se non è stata convenuta la risarcibilità del danno ulteriore”. Ciò posto, la lettera della norma pattizia non discute - nella titolazione della clausola - di inadempimento o di ritardo nello stesso, ma di risoluzione e/o recesso e, pertanto, a tale clausola non può darsi significazione di penale contrattuale, ma unicamente di pattuzione accessoria.

Sul punto, la giurisprudenza sembra essere in linea con tale impostazione affermando che “la clausola inserita in un contratto di mandato, la quale preveda il pagamento di una somma da parte del contraente revocante, non ha natura di clausola penale, né rientra nell'alveo di cui all'art. 1725 c.c. bensì configura la semplice pattuizione di un corrispettivo per l'esercizio del diritto di recesso” (Tribunale Milano, 21 agosto 1995), che, nel caso che ci occupa, è stato stabilito dalle parti in euro zero.

Allora il Collegio è chiamato a decidere se la previsione di una prestazione pari allo zero sia o meno conforme alla legge senza dover dichiarare la clausola nulla per alterazione del principio della parità delle parti e di simmetria contrattuale. Soccorre sul punto una convincente giurisprudenza di merito per la quale non vi è squilibrio laddove la clausola sia esposta in favore di tutte le parti del contratto e non a favore solo di una di esse (cfr. Trib. Rovigo, 8 settembre 2023,

n.         147). Invero, nella odierna vicenda la clausola prevede che “le parti stabiliscono in caso di recesso…(omissis)” senza precisare da parte di quale dei contraenti il recesso sia azionato con ciò favorendo la interpretazione della volontà contrattuale nel senso di prevedere a favore di entrambi i contraenti tale previsione. Apertis verbis, anche laddove fosse stato l’agente a recedere, la clausola della prestazione pari allo zero avrebbe spiegato effetti anche a suo vantaggio.

Alla luce delle prefate argomentazioni, pertanto, il recesso è da ritenersi legittimo e la clausola dell’art. 7, in applicazione dei principi generali dell’ordinamento contrattuale di autonomia negoziale e di simmetria contrattuale, è da ritenersi valida ed efficace.

Ferme restando le dedotte argomentazioni in merito alla clausola di cui al più volte richiamato art. 7 del contratto di mandato, il Collegio non può non rilevare come parte ricorrente non fornisca alcuna prova di quanto asserisce in spregio all’art. 2697 c.c.; invero, la richiesta ex art. 210 c.p.c. non può essere utilizzata come sanatoria di un difetto di prova, specialmente laddove siano coinvolti terzi i cui documenti rivestano caratteristiche di riservatezza per i contenuti presenti e stante il carattere residuale di tale strumento processuale (Tribunale Torino, sez. I, 18 febbraio 2022, n. 714) né tampoco la prova per testi richiesta può essere ammessa, atteso che riguarda circostanze irrilevanti ai fini del thema decidendum, anche perché relative a circostanze apprese al più in maniera indiretta e che, pertanto, hanno una strutturale carenza probatoria, come chiarito da una recente quanto puntuale giurisprudenza di merito, per la quale “La rilevanza probatoria delle testimonianze di persone che hanno una conoscenza solo indiretta di un fatto controverso si atteggia diversamente a seconda che tali testi siano 'de relato actoris' o semplicemente 'de relato': i primi sono coloro che depongono su fatti e circostanze di cui sono stati informati dallo stesso attore e pertanto la loro deposizione non ha alcuna rilevanza. Invece i secondi testimoniano su circostanze che hanno appreso da soggetti estranei al giudizio e le loro dichiarazioni possono essere poste alla base del convincimento del giudice ex art. 116 c.p.c.” (Corte Appello Brescia sez. III, 5 maggio 2023, n. 769); da un ulteriore punto di analisi la chiesta testimonianza è comunque inammissibile perché vertente su argomenti che debbono essere provati per iscritto. Analogo ragionamento vale per la richiesta di risarcimento del danno, che è totalmente sfornita di prova essendo la stessa ancorata a circostanze di mera e latente probabilità, che non integrano la casistica della invocata perdita di chance (si veda, sul punto, Cons. di Stato, sez. III, 12 aprile 2023,  n.  3690,  per  il  quale  “la perdita di chance risulta  risarcibile  soltanto  nel  caso  in  cui il danno sia collegato alla dimostrazione di una seria probabilità di conseguire il vantaggio sperato, non essendo sufficiente la mera possibilità; e pertanto deve essere escluso il risarcimento per guadagni meramente ipotetici”.

Le argomentazioni innanzi svolte, tuttavia, inducono il Collegio anche a svolgere una ulteriore valutazione sulle motivazioni per le quali, in presenza di un contratto di mandato che, come è noto, ha caratteristiche di sinallagmaticità, le parti abbiano scelto di prevedere una prestazione accessoria di pagamento “a zero”; ed allora, ferme comunque le ragioni sulle quali la clausola è ammissibile, e ferme altresì le ragioni per le quali la perdita di chance non è risarcibile tout court, il Collegio ritiene che un recesso tanto repentino, quanto genericamente motivato e per di più in un arco temporale significativamente ravvicinato al nuovo ingaggio, in realtà nasconda un intento contrario a buona fede nella esecuzione del contratto medesimo. Sul punto la giurisprudenza di legittimità ha osservato che “ll principio di correttezza e buona fede - il quale, secondo la Relazione ministeriale al codice civile, "richiama nella sfera del creditore la considerazione dell'interesse del debitore e nella sfera del debitore il giusto riguardo all'interesse del creditore" - deve essere inteso in senso oggettivo in quanto enuncia un dovere di solidarietà, fondato sull'art. 2 della Costituzione, che, operando come un criterio di reciprocità, esplica la sua rilevanza nell'imporre a ciascuna delle parti del rapporto obbligatorio, il dovere di agire in modo da preservare gli interessi dell'altra, a prescindere dall'esistenza di specifici obblighi contrattuali o di quanto espressamente stabilito da singole norme di legge, sicché dalla violazione di tale regola di comportamento può discendere, anche di per sé, un danno risarcibile” (Cass. Civ., sez. III, 2 aprile 2021, n. 9200). Consequenzialmente deve ritenersi, con riferimento ad un criterio di ragionevole remunerazione rispetto ad una maggiore durata contrattuale, in capo al convenuto, l’obbligo del pagamento di una somma, in via equitativa, che, tenuto conto delle circostanze emerse e dei documenti prodotti, si determina in € 30.000,00 (trentamila).

Per tutto quanto sopra argomentato, la domanda del ricorrente è da ritenersi parzialmente fondata nei termini di cui innanzi, con ogni consequenziale statuizione di legge.

La indubbia novità della questione e la non facile ricostruzione sistematica della fattispecie inducono a ritenere che le spese di funzionamento del Collegio vengano in egual misura poste a carico delle parti con vincolo di solidarietà, mentre vanno compensate integralmente le spese di lite.

P.Q.M.

Il Collegio di Garanzia dello Sport, in funzione arbitrale ex art. 22 Regolamento Agenti, così provvede:

(i)        accoglie parzialmente la domanda del ricorrente nei termini di cui alla motivazione;

(ii)       compensa integralmente le spese di giudizio;

(iii)      pone le spese del Collegio Arbitrale a carico di entrambe le Parti, in misura del 50% cadauna, con vincolo di solidarietà e salvo rivalsa e le stesse si liquidano in complessivi € 5.000,00, dei quali € 2.000,00, oltre IVA e CPA, se dovuti, per il Presidente ed € 1.500,00, oltre IVA e CPA, se dovuti, per ciascun Arbitro, dedotti gli acconti eventualmente già ricevuti;

(iv)      dispone, in favore del CONI, il versamento, ai sensi del punto 2.b.2.2., lett. b), della Tabella, dell’importo di € 500,00 a carico di entrambe le Parti, in misura del 50% cadauna, con vincolo di solidarietà e salvo rivalsa;

(v)       dispone la comunicazione del presente lodo alle parti, tramite i loro difensori, anche con il mezzo della posta elettronica.

Così deciso nella sede arbitrale di Roma, in data 26 ottobre 2023.

Il Presidente F.to Vito Branca

Catania, 30 novembre 2023

L’Arbitro

F.to Tommaso Edoardo Frosini Roma, 30 novembre 2023

L’Arbitro

F.to Angelo Maietta Roma, 30 novembre 2023

Depositato in Roma, presso la Segreteria del Collegio, in data 30 novembre 2023.

La Segreteria del Collegio di Garanzia dello Sport

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