CONI – Collegio di Garanzia dello Sport – Sezioni Unite – coni.it – atto non ufficiale – Decisione n. 40 del 08/05/2023 – F.C. Juventus S.p.A. / FIGC / Procura Federale FIGC – dott. A.A. / FIGC / Procura Federale FIGC – sig. F.P. / FIGC / Procura Federale FIGC

Decisione n. 40

Anno 2023

IL COLLEGIO DI GARANZIA SEZIONI UNITE

composto da

Gabriella Palmieri - Presidente e Relatore

Vito Branca Dante D’Alessio Massimo Zaccheo

Attilio Zimatore - Componenti

ha pronunciato la seguente

nei giudizi iscritti:

DECISIONE

- al R.G. ricorsi n. 13/2023, presentato, in data 28 febbraio 2023, dalla società F.C. Juventus S.p.A., rappresentata e difesa dagli avv.ti prof. Angelo Clarizia, prof. Nino Paolantonio, prof. Maurizio Bellacosa e Davide Sangiorgio,

contro

la Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC), non costituitasi in giudizio,

e

la Procura Federale FIGC, non costituitasi in giudizio,

avverso

la decisione della Corte Federale di Appello presso la FIGC, Sezioni Unite, n. 0063/CFA-2022- 2023, emessa in data 20 gennaio 2023 e depositata in data 30 gennaio 2023, nell’ambito del procedimento Prot. 15097/233pf21-22/GC/GR/blp e n. 0077/CFA/2022-2023, nei confronti del sig. F.B. e altri, all’esito del procedimento di revocazione ex art. 63 CGS FIGC, che ha dichiarato ammissibile il ricorso per revocazione e, pertanto, ha revocato la propria pronunzia n. 0089/CFA/2021-2022 del 27 maggio 2022 e, per l'effetto, nel respingere i reclami incidentali, ha accolto parzialmente il reclamo della Procura Federale FIGC avverso la decisione n. 0128/TFN/2021-2022 - Sezione Disciplinare - del 22 aprile 2022 ed ha irrogato, in parte qua, nei confronti della ricorrente, F.C. Juventus S.p.A., la sanzione della penalizzazione di 15 punti in classifica da scontarsi nella corrente stagione sportiva;

- al R.G. ricorsi n. 14/2023, presentato, in data 28 febbraio 2023, dal dott. A.A., rappresentato e difeso dall’avv. Davide Sangiorgio,

contro

la Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC), non costituitasi in giudizio,

e

la Procura Federale FIGC, non costituitasi in giudizio,

avverso

la decisione della Corte Federale di Appello presso la FIGC, Sezioni Unite, n. 0063/CFA-2022- 2023, emessa in data 20 gennaio 2023 e depositata in data 30 gennaio 2023, nell’ambito del procedimento Prot. 15097/233pf21-22/GC/GR/blp e n. 0077/CFA/2022-2023, nei confronti del sig.

F.B. e altri, all’esito del procedimento di revocazione ex art. 63 CGS FIGC, che ha dichiarato ammissibile il ricorso per revocazione e, pertanto, ha revocato la propria pronunzia n. 0089/CFA/2021-2022 del 27 maggio 2022 e, per l'effetto, nel respingere i reclami incidentali, ha accolto  parzialmente  il  reclamo  della  Procura  Federale  FIGC  avverso  la  decisione  n. 0128/TFN/2021-2022 - Sezione Disciplinare - del 22 aprile 2022 ed ha irrogato, in parte qua, nei confronti del ricorrente, dott. A.A., la sanzione della inibizione temporanea di 24 mesi a svolgere attività in ambito FIGC, con richiesta di estensione in ambito UEFA e FIFA;

- al R.G. ricorsi n. 15/2023, presentato, in data 28 febbraio 2023, dal sig. F.P., rappresentato e difeso dagli avv.ti prof. Nino Paolantonio, Davide Sangiorgio e Nicola Apa,

contro

la Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC), non costituitasi in giudizio,

e

la Procura Federale FIGC, non costituitasi in giudizio,

avverso

la decisione della Corte Federale di Appello presso la FIGC, Sezioni Unite, n. 0063/CFA-2022- 2023, emessa in data 20 gennaio 2023 e depositata in data 30 gennaio 2023, nell’ambito del procedimento Prot. 15097/233pf21-22/GC/GR/blp e n. 0077/CFA/2022-2023, nei confronti del suddetto ricorrente e altri, all’esito del procedimento di revocazione ex art. 63 CGS FIGC, che ha dichiarato ammissibile il ricorso per revocazione e, pertanto, ha revocato la propria pronunzia n. 0089/CFA/2021-2022 del 27 maggio 2022 e, per l'effetto, nel respingere i reclami incidentali, ha accolto parzialmente il reclamo della Procura Federale FIGC avverso la decisione n. 0128/TFN/2021-2022 - Sezione Disciplinare - del 22 aprile 2022 ed ha irrogato, in parte qua, nei confronti del ricorrente, sig. F.P., la sanzione della inibizione temporanea di 30 mesi a svolgere attività in ambito FIGC, con richiesta di estensione in ambito UEFA e FIFA;

- al R.G. ricorsi n. 16/2023, presentato, in data 28 febbraio 2023, dal sig. F.C., rappresentato e difeso dagli avv.ti prof. Maurizio Bellacosa, Davide Sangiorgio e Flavia Tortorella,

contro

la Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC), non costituitasi in giudizio,

e

la Procura Federale FIGC, non costituitasi in giudizio,

avverso

la decisione della Corte Federale di Appello presso la FIGC, Sezioni Unite, n. 0063/CFA-2022- 2023, emessa in data 20 gennaio 2023 e depositata in data 30 gennaio 2023, nell’ambito del procedimento Prot. 15097/233pf21-22/GC/GR/blp e n. 0077/CFA/2022-2023, nei confronti del sig.

F.P. e altri, all’esito del procedimento di revocazione ex art. 63 CGS FIGC, che ha dichiarato ammissibile il ricorso per revocazione e, pertanto, ha revocato la propria pronunzia n. 0089/CFA/2021-2022 del 27 maggio 2022 e, per l'effetto, nel respingere i reclami incidentali, ha accolto parzialmente il reclamo della Procura Federale FIGC avverso la decisione n. 0128/TFN/2021-2022 - Sezione Disciplinare - del 22 aprile 2022 ed ha irrogato, in parte qua, nei confronti del ricorrente, sig. F.C., la sanzione della inibizione temporanea di 16 mesi a svolgere attività in ambito FIGC, con richiesta di estensione in ambito UEFA e FIFA;

- al R.G. ricorsi n. 17/2023, presentato, in data 28 febbraio 2023, dal dott. E.V., rappresentato e difeso dagli avv.ti prof. Angelo Clarizia e prof. Maurizio Bellacosa,

contro

la Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC), non costituitasi in giudizio,

e

la Procura Federale FIGC, non costituitasi in giudizio,

avverso

la decisione della Corte Federale di Appello presso la FIGC, Sezioni Unite, n. 0063/CFA-2022- 2023, emessa in data 20 gennaio 2023 e depositata in data 30 gennaio 2023, nell’ambito del procedimento Prot. 15097/233pf21-22/GC/GR/blp e n. 0077/CFA/2022-2023, nei confronti del sig. F.P. e altri, all’esito del procedimento di revocazione ex art. 63 CGS FIGC, che ha dichiarato ammissibile il ricorso per revocazione e, pertanto, ha revocato la propria pronunzia n. 0089/CFA/2021-2022 del 27 maggio 2022 e, per l'effetto, nel respingere i reclami incidentali, ha accolto parzialmente il reclamo della Procura Federale FIGC avverso la decisione n. 0128/TFN/2021-2022 - Sezione Disciplinare - del 22 aprile 2022 ed ha irrogato, in parte qua, nei confronti del ricorrente, sig. E.V., la sanzione della inibizione temporanea di 8 mesi a svolgere attività in ambito FIGC, con richiesta di estensione in ambito UEFA e FIFA;

- al R.G. ricorsi n. 18/2023, presentato congiuntamente, in data 28 febbraio 2023, dai sigg. P.N., P.G., A.G.-V., C.M.H., D.M., F.R., rappresentati e difesi dagli avv.ti prof. Maurizio Bellacosa e Davide Sangiorgio,

contro

la Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC), non costituitasi in giudizio,

e

la Procura Federale FIGC, non costituitasi in giudizio,

avverso

la decisione della Corte Federale di Appello presso la FIGC, Sezioni Unite, n. 0063/CFA-2022- 2023, emessa in data 20 gennaio 2023 e depositata in data 30 gennaio 2023, nell’ambito del procedimento Prot. 15097/233pf21-22/GC/GR/blp e n. 0077/CFA/2022-2023, nei confronti del sig.

F.P. e altri, all’esito del procedimento di revocazione ex art. 63 CGS FIGC, che ha dichiarato ammissibile il ricorso per revocazione e, pertanto, ha revocato la propria pronunzia n. 0089/CFA/2021-2022 del 27 maggio 2022 e, per l'effetto, nel respingere i reclami incidentali, ha accolto parzialmente il reclamo della Procura Federale FIGC avverso la decisione n. 0128/TFN/2021-2022 - Sezione Disciplinare - del 22 aprile 2022 ed ha irrogato, in parte qua, nei confronti di tutti i suddetti ricorrenti (P.N., P.G., A.G.-V., C.M.H., D.M., F.R.), la sanzione della inibizione temporanea di 8 mesi a svolgere attività in ambito FIGC, con richiesta di estensione in ambito UEFA e FIFA;

- al R.G. ricorsi n. 19/2023, presentato, in data 28 febbraio 2023, dal sig. M.A., rappresentato e difeso dall’avv. prof. Maurizio Bellacosa,

contro

la Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC), non costituitasi in giudizio,

e

la Procura Federale FIGC, non costituitasi in giudizio,

avverso

la decisione della Corte Federale di Appello presso la FIGC, Sezioni Unite, n. 0063/CFA-2022- 2023, emessa in data 20 gennaio 2023 e depositata in data 30 gennaio 2023, nell’ambito del procedimento Prot. 15097/233pf21-22/GC/GR/blp e n. 0077/CFA/2022-2023, nei confronti del sig.

F.P. e altri, all’esito del procedimento di revocazione ex art. 63 CGS FIGC, che ha dichiarato ammissibile il ricorso per revocazione e, pertanto, ha revocato la propria pronunzia n. 0089/CFA/2021-2022 del 27 maggio 2022 e, per l'effetto, nel respingere i reclami incidentali, ha accolto parzialmente il reclamo della Procura Federale FIGC avverso la decisione n. 0128/TFN/2021-2022 - Sezione Disciplinare - del 22 aprile 2022 ed ha irrogato, in parte qua, nei confronti del ricorrente, sig. M.A., la sanzione della inibizione temporanea di 24 mesi a svolgere attività in ambito FIGC, con richiesta di estensione in ambito UEFA e FIFA;

Viste le difese scritte e la documentazione prodotta dalle parti costituite;

uditi, nell’udienza del 19 aprile 2023:

- quanto al ricorso iscritto al R.G. ricorsi n. 13/2023, i difensori della parte ricorrente - F.C. Juventus S.p.A. - avv.ti prof. Angelo Clarizia, prof. Nino Paolantonio, prof. Maurizio Bellacosa e Davide Sangiorgio; l’abogado Ilario Russo, giusta delega all’uopo ricevuta dall’avv. Nicola Russo, per l’intervento ad adiuvandum del sig. C.P., in proprio, in qualità di tesserato tifoso “Membership” della F.C. Juventus S.p.A., nonché in qualità di Presidente dell’Associazione “Juventus Club Taranto Gigi Buffon”; gli avv.ti Enrico Lubrano, Carlo Claps, Angelo Pisani e Oreste Pallotta, per  l’intervento ad opponendum dell’Associazione Club Napoli Maradona “L’Avvocato del D10S” e del Codacons;

- quanto al ricorso iscritto al R.G. ricorsi n. 14/2023, il difensore della parte ricorrente - sig. A.A. - avv. Davide Sangiorgio;

- quanto al ricorso iscritto al R.G. ricorsi n. 15/2023, i difensori della parte ricorrente - sig. F.P. - avv.ti prof. Nino Paolantonio, Davide Sangiorgio e Nicola Apa;

- quanto al ricorso iscritto al R.G. ricorsi n. 16/2023, i difensori della parte ricorrente - sig. F.C. - avv.ti prof. Maurizio Bellacosa, Davide Sangiorgio e Flavia Tortorella;

- quanto al ricorso iscritto al R.G. ricorsi n. 17/2023, i difensori della parte ricorrente - sig. E.V. - avv.ti prof. Angelo Clarizia e prof. Maurizio Bellacosa;

- quanto al ricorso iscritto al R.G. ricorsi n. 18/2023, i difensori delle parti ricorrenti - sigg. P.N., P.G., A.G-V., C.M.H., D.M., F.R. - avv.ti prof. Maurizio Bellacosa e Davide Sangiorgio;

- quanto al ricorso iscritto al R.G. ricorsi n. 19/2023, il difensore della parte ricorrente - sig. M.A. - avv. prof. Maurizio Bellacosa;

nonché il Procuratore Generale dello Sport, pref. Ugo Taucer, per la Procura Generale dello Sport c/o il CONI, intervenuta ai sensi dell’art. 59, comma 2, lett. b), e dell’art. 61, comma 3, del Codice della Giustizia Sportiva del CONI;

udita, nella successiva camera di consiglio dello stesso giorno, il Presidente e relatore, avv. Gabriella Palmieri.

Ritenuto in fatto

1. La vicenda che ha coinvolto la Juventus F.C. S.p.A. e i suoi vertici origina dal deferimento da parte della Procura Federale della FIGC, datato 1° aprile 2022. Con tale atto di incolpazione, la Procura Federale contestava alla F.C. Juventus S.p.A. (come ad altre società calcistiche) di aver concluso delle operazioni di mercato «contraddistinte da una sistematica sopravvalutazione del corrispettivo di cessione dei diritti alle prestazioni dei calciatori coinvolti nei trasferimenti nonché dalla altrettanto sistematica sostanziale corrispondenza (e conseguente compensazione finanziaria) tra i valori attribuiti dalle società ai diritti scambiati».

Alla predetta nota venivano allegati due prospetti: il primo, con l’elenco di talune operazioni “incrociate” che non avevano generato alcun flusso monetario o, comunque, nessun flusso significativo in favore dei singoli clubs che le avevano realizzate; il secondo, con operazioni che, anch’esse “incrociate”, avevano generato un flusso monetario assai contenuto, a conguaglio, poiché i prezzi convenuti per le compravendite non erano esattamente equivalenti. Successivamente, la Procura Federale apprendeva, da varie fonti, di una verifica ispettiva relativa ad operazioni di compravendita di diritti alle prestazioni dei calciatori avviata dalla CONSOB nei confronti della F.C. Juventus S.p.A., nonché di un’indagine penale attivata dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Torino, denominata “PRISMA”, nei confronti della stessa società e dei suoi amministratori per le ipotesi di reato di false comunicazioni delle società quotate ed emissione di fatture per operazioni inesistenti. L’Organo inquirente provvedeva, quindi, a istruire il procedimento disciplinare mediante l’acquisizione di articoli di stampa, anche estera, chiedeva e otteneva dalla Procura della Repubblica di Torino le copie di due verbali di sequestro eseguiti nei confronti della Juventus S.p.A. e dei suoi organi direttivi, si procurava la documentazione attestante la qualifica e la qualità dei soggetti e delle Società segnalate dalla Co.Vi.So.C. (fogli di censimento, tesseramenti, contratti ecc. …), richiedeva e otteneva da quest’ultima la copia dei verbali delle ispezioni eseguite presso le varie società, richiedeva e otteneva dalle stesse copia di alcuni atti utili all’indagine e chiarimenti in proposito, acquisiva visure camerali storiche relative alle  persone  giuridiche  nonché  le  valutazioni  dei  calciatori  coinvolti  dal  sito  internet  di Transfermarkt, particolarmente specialistico e di ampia diffusione.

La Procura Federale, dunque, inviava a (numerosi clubs tra cui) la Juventus F.C. S.p.A. e ai relativi esponenti e amministratori (odierni ricorrenti) un atto  di deferimento con il quale venivano contestate rispettivamente la violazione degli artt. 6 e 31, comma 1, CGS e degli artt. 4 e 31, comma 1, CGS, per aver indicato in 15 (delle 17 complessivamente contestate) operazioni c.d. incrociate un valore dei diritti alle prestazioni sportive dei calciatori intenzionalmente sovrastimato (“indicando un corrispettivo superiore al reale”) e, quindi, fraudolentemente alterato al solo fine di determinare “maggiori plusvalenze fittizie”.

Si legge, infatti, nel deferimento che: «Vanno, al riguardo, evidenziate le caratteristiche delle operazioni sopra elencate che, in aggiunta al valore abnorme, costituiscono gli elementi che ne evidenziano la anormalità: a) i trasferimenti dei diritti sono avvenuti in modalità “incrociata” cioè sono stati attuati con sostanziale scambio di diritti alle prestazioni dei calciatori e nessun (o limitato) effetto finanziario, attesa la sostanziale compensazione tra prezzi di acquisto e di vendita;

b) a dispetto del ragguardevole investimento effettuato per garantirsi le prestazioni dei calciatori, in 14 casi gli stessi non sono stati impiegati dalla società acquirente bensì trasferiti temporaneamente dalla società cessionaria alla stessa società cedente oppure a una società di livello inferiore; c) tutte le operazioni hanno consentito alle due società di iscrivere ingenti plusvalenze nel Conto Economico alterando la veridicità  del risultato del periodo contabile considerato (trimestre, semestre e/o intero esercizio) e consentendo di rappresentare perdite economiche inferiori al reale e un Patrimonio Netto superiore al reale».

1.1. Con la decisione n. 0128/TFNSD-2021-2022 del 22 aprile 2022, il Tribunale Federale Nazionale proscioglieva tutti i deferiti osservando che: a) poteva essere riconosciuto lo sforzo acquisitivo, valutativo e argomentativo della Procura Federale, che aveva elaborato un proprio metodo di valutazione, per poi confrontare l’importo individuato quale corrispettivo “giusto” per ogni singolo calciatore interessato  dalle acquisizioni/cessioni oggetto del procedimento con quanto risultante dal sito Transfermarkt; b) la Procura Federale era giunta a una propria valutazione del valore di cessione di taluni calciatori, generalmente non lontano da quanto risultante dal predetto sito, considerando i seguenti criteri valutativi: A) età; B) ruolo; C) carriera sportiva (il settore giovanile di provenienza, rilevante per i giovani calciatori; la militanza in squadre di più elevato blasone; la categoria più frequentata; i risultati conseguiti e i titoli ottenuti dalle squadre di militanza nelle competizioni ufficiali; l’eventuale convocazione nelle varie rappresentative nazionali; le reti segnate; gli assist e, per i portieri, le reti subite; eventuali infortuni di una certa serietà subiti ed il numero di presenze in ciascuna competizione); D) storia economica dei trasferimenti, avuto riguardo anche alle condizioni contrattuali fissate nei trasferimenti precedenti; E) contratti di lavoro sportivo, avuto riguardo anche alla durata, alla retribuzione prevista; c)      la Procura Federale non aveva ritenuto di dover attribuire a ogni singolo fattore una valenza specifica in termini percentuali in modo tale da poter uniformare la propria valutazione, peraltro, effettuata in via retrospettiva e senza indicazione, per ogni singolo criterio, del valore o peso ad esso attribuito. Aveva, poi, dato valenza, quali sintomi di operazioni di cessione finalizzate alla realizzazione di plusvalenze: i) alla reciprocità di due o più cessioni tra medesime società; ii) alla contestualità temporale, effettiva o quantomeno sostanziale, delle cessioni; iii) alla realizzazione di plusvalenze per entrambe le società; iv) all’irrilevanza delle cessioni dal punto di vista finanziario che, per le società interessate, hanno comportato un pareggio, effettivo o sostanziale, tra entrate e uscite. Aveva, quindi, effettuato riscontri correttivi sulle operazioni prese in considerazione, tanto per la società cedente (plusvalenze) quanto per la società cessionaria (immobilizzazioni), concludendo per la non correttezza (secondo i casi) delle relazioni trimestrali e dei bilanci; d), tuttavia, in primo luogo, solo poche delle cessioni esaminate dalla Procura Federale presentavano quelle caratteristiche dalla stessa individuate quali sintomi di operazioni “sviate” e finanziariamente “fittizie” («Indubbiamente, tali cessioni destavano e destano sospetto, che tuttavia non attingono la soglia della ragionevole certezza, data da indizi gravi, concordanti e plurimi); e)  infatti, e ciò vale per tutte le cessioni oggetto di deferimento e non solo per quelle meritevoli di sospetto, il metodo di valutazione adottato dalla Procura Federale poteva essere ritenuto “un” metodo di valutazione, ma non “il” metodo di valutazione («Mentre, il confronto con le valutazioni presenti nel sito Transfermarkt (per quanto utilizzate in talune perizie o richiamate in alcuni contratti per volontà convenzionale delle parti contraenti) non può corroborare quel metodo, atteso che trattasi di un sito privato (peraltro non unico), privo di riconoscimento ufficiale anche e soprattutto da parte degli organismi calcistici internazionali e nazionali, influenzato da valutazioni di soggetti privati meri utenti del sito stesso», p. 21 della Decisione); f) al metodo di valutazione adottato dalla Procura Federale potrebbero contrapporsene altri, ugualmente degni di apprezzamento, che magari tengano conto (se del caso, anche): di “investimenti” su giovani calciatori ritenuti di prospettiva (con inerente “apprezzamento” del loro valore di acquisizione); della necessità di entrate finanziarie, anche per compensare esborsi per acquisizioni; della necessità di rinforzare la squadra in uno o più ruoli, che magari presentino una scarsità di offerta valida, con inerente lievitazione del corrispettivo di acquisizione; e così via, secondo le caratteristiche tipiche del calcio e delle società professionistiche, che devono confrontarsi anche con i media e con i propri sostenitori; g) in sostanza, non esisterebbe o sarebbe concretamente irrealizzabile “il” metodo di valutazione del valore del corrispettivo di cessione/acquisizione delle prestazioni sportive di un calciatore. («Tale valore è dato e nasce in un libero mercato, peraltro caratterizzato dalla necessità della contemporanea concorde volontà delle due società e del calciatore interessato. E non è un caso che nella stessa Relazione dell’attività inquirente si faccia riferimento alla difficoltà di individuazione del fair value perché non assistito da un adeguato livello di elaborazione scientifica, tanto che nell’individuare o, meglio, nell’indicare il valore del diritto sul mercato di riferimento, la Procura Federale non può esimersi dal riconoscere di essersi rifatta ai parametri individuati da “Dottrina e prassi” […], ma a parametri che, per quanto definiti oggettivi, non tengono conto (perché è sostanzialmente impossibile individuarle) della soggettività delle situazioni delle società cedenti e cessionarie, nonché della valutazione prospettica della seconda rispetto all’acquisto. Il valore di mercato di un diritto alle prestazioni di un calciatore rappresenta il valore pagato dalla società acquirente al termine di una contrattazione libera, reale ed effettiva di quel diritto sul mercato di riferimento; e il libero mercato non può essere guidato da un metodo valutativo (quale che esso sia) che individui e determini il giusto valore di ogni singola cessione. Non foss’altro perché, in tal caso, il libero mercato non esisterebbe più per la fissazione di corrispettivi di cessione sostanzialmente predeterminati da quel metodo di valutazione», ancora p. 21 della Decisione); h) de iure condendo, si potrebbe pure pensare alla fissazione di criteri valutativi che individuino un “range” di valore, all’interno del quale vada fissato il corrispettivo della cessione/acquisizione. Ma a ciò non potrebbe che provvedere la FIFA, trattandosi di disciplina sovranazionale e mondiale; i) «una volta ritenuto non utilizzabile il metodo di valutazione posto dalla Procura Federale a fondamento del deferimento e in assenza di una disposizione generale regolatrice, consegue che le cessioni oggetto del deferimento stesso non possono costituire illecito disciplinare» (p. 22 della Decisione).

1.2. Decidendo sul reclamo della Procura Federale, la Corte Federale di Appello, lo respingeva con la decisione della Corte Federale di Appello, Sezioni Unite, n. 0089/CFA-2021- 2022 del 27 maggio 2022.

Queste, in sintesi, le argomentazioni della Corte Federale d’Appello: «è erronea la statuizione del Tribunale federale secondo cui l’inesistenza de “il” metodo di valutazione del valore del corrispettivo di cessione/acquisizione delle prestazioni sportive di un calciatore possa legittimare l’iscrizione in bilancio di diritti per qualsiasi importo, svincolati da considerazioni inerenti all’utilità futura del diritto nonché elementi di coerenza della transazione. […] Ciò, difatti, renderebbe legittima qualsiasi plusvalenza e introdurrebbe un’anarchia valutativa che nessun sistema – e quindi neanche quello federale - può tollerare. È evidente che, in qualsiasi valutazione, un metodo deve essere sempre utilizzato. Ma non si può contestare il modo di procedere perché è solo uno dei metodi ammissibili; lo si può contestare, eventualmente, solo perché quel metodo manca di determinati fondamenti. […] In questa prospettiva, le valutazioni effettuate dalla Procura (che individua il valore “massimo” dei diritti, ancorché non espliciti i “pesi” attribuiti ai singoli parametri) nonché i valori di Transfertmarkt (ancorché originati da opinioni di soggetti non professionali, che non considerano alcuni fattori che possono incidere sul prezzo di compravendita di un giocatore, la modesta significativa per i calciatori giovani ad alto potenziale), possono costituire un necessario punto di riferimento al fine della valutazione della congruità di un’operazione. Parimenti la disponibilità di altri database (CIES, KPMG), nonché operazioni comparabili (autenticamente) appaiono utili informazioni allo scopo. E ciò, naturalmente, a condizione che le valutazioni composte siano ispirate ad una razionalità economica che offra garanzia di correttezza ed equità. […] Peraltro, le considerazioni del Tribunale federale, secondo cui non esisterebbe “un” criterio valutativo, hanno un fondamento di verità allorché, con tale affermazione, si intenda prendere atto dell’inesistenza, a livello di ordinamento federale, di criteri normativamente sanciti. È questa, dunque, la questione più ardua che il Collegio si è trovato ad affrontare: la mancanza di una pre- definizione di criteri ai quali fare riferimento. E ciò, naturalmente, nel presupposto del pieno rispetto della ripartizione di funzioni – anche all’interno dell’ordinamento federale – che non consente al giudice sportivo di sostituirsi al legislatore. Tale presa d’atto, quindi, ha agito nel senso di impedire a questo Collegio di porre a sé stesso la premessa maggiore indispensabile in ogni sillogismo giudiziale: la norma espressa. Questa constatazione, unitamente alle dimensioni del fenomeno che – beninteso - sono state chiaramente avvertite, impongono l’adozione di un intervento normativo urgente […]. Pur consapevole di tale lacuna, sostanziantesi nell’assenza di riferimenti normativi certi e predefinitivi, questo Collegio ha ritenuto comunque di esaminare le numerose fattispecie sottoposte al suo vaglio, facendo uso – quasi in modo pretorio – dei canoni utilizzati dalla giurisprudenza sportiva per l’affermazione della responsabilità. In particolare, si è fatto riferimento non solo alla valutazione effettuata dalla Procura Federale o quella rilevabile da Transfertmarkt ma anche ad altri indizi valutativi. Conseguentemente, ai fini dell’individuazione del mancato rispetto di principi contabili e di una non corretta e prudente gestione, sono state analizzate le (59) compravendite segnalate riferentesi a diverse (17) operazioni caratterizzate da:

a. reciprocità di due o più cessioni tra medesime società; b. contestualità temporale, effettiva o quantomeno sostanziale, delle cessioni; c. realizzazione di plusvalenze (contabili) per entrambe le società; d. irrilevanza delle cessioni dal punto di vista finanziario. […] L’esame delle 17 operazioni (costituite da due o più compravendite per un totale di 59 compravendite) ha evidenziato indubbiamente l’esistenza di notevoli e diffuse criticità. Peraltro, proprio l’assenza di parametri normativamente sanciti – come sopra detto - ha reso particolarmente complessa e delicata l’operazione del Collegio di sceverare, all’interno dell’ampia platea di operazioni, quelle che, con ragionevole certezza giudiziale, potessero essere considerate rilevanti sotto il profilo disciplinare. Con il conseguente inevitabile rigetto del reclamo della Procura federale».

La Corte, dunque, esaminati in termini generali i riflessi del fenomeno di carattere contabile (affermando che «una plusvalenza fittizia comporta per il cedente il miglioramento solo contabile dell’utile o della perdita del periodo, pari al valore della plusvalenza, con l’aumento, rispetto all’ipotesi di correttezza economica, del patrimonio netto. La società cessionaria registra un maggiore valore rispetto a quello economico con maggiori costi futuri, che possono trovare compensazione totale o parziale in un’operazione di segno opposto che generi di nuovo una plusvalenza: entrambe le società aumentano l’utile (riducono la perdita) con maggiori costi futuri, con l’effetto di migliorare in modo apparente la situazione attuale a scapito di quelle future») e la vastità del fenomeno, per altro verso, invitava il legislatore sportivo ad un intervento normativo, ritenuto «tanto più indispensabile se si considera che le operazioni in oggetto – relative alla compravendita dei diritti alle prestazioni dei calciatori – e i valori a cui vengono effettuate, influenzano in misura determinante la qualità del bilancio e la sua finalità, cioè la rappresentazione veritiera e corretta della situazione patrimoniale, finanziaria e reddituale di una società sportiva. Come si è detto, dall’analisi della documentazione in atti vi è la diffusa percezione che alcuni valori si siano formati in modo totalmente slegato da una regolare transazione di mercato ma non è possibile verificare se le modalità della loro formazione rispettino delle regole codificate perché non esistenti. Si ritiene pertanto indispensabile la definizione di principi guida nelle valutazioni che possano permettere di verificare se le scelte concrete delle società  da essi si discostino, individuando una serie di elementi di riferimento».

2. Avverso la citata decisione ha proposto ricorso per revocazione parziale la Procura Federale della FIGC.

A fondamento del ricorso per revocazione, e ai fini del giudizio rescindente, la Procura Federale ha addotto: i) di avere ricevuto, in data 24 novembre 2022, dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Torino, copia degli atti contenuti nel fascicolo del procedimento penale n. 12955/2021 R.G.N.R.; e ii) che detta documentazione costituisse una “rilevantissima mole di atti e documenti, composta da circa di 14mila pagine, costituenti le risultanze istruttorie poste a base delle contestazioni di reato formulate nei confronti di 15 soggetti, tra dirigenti, legali rappresentanti, membri del consiglio di amministrazione e del collegio sindacale, revisori legali e consulenti della società FC Juventus S.P.A.”, oltre che nei confronti della stessa Juventus F.C. S.p.A. quale ente responsabile delle condotte dei suoi dipendenti e soggetti apicali.

La Procura Federale ha, infatti, rappresentato “che la predetta documentazione [aveva] consentito di conoscere elementi nuovi, sopravvenuti rispetto alla decisione della Corte federale di Appello a Sezioni Unite, la cui conoscenza avrebbe certamente comportato una diversa pronuncia” e che, pertanto, sussistevano tutti i presupposti di cui all’art. 63, comma 1, lett. d), CGS FIGC. Premesso allora di avere escluso dal ricorso la società SSC Napoli e la società AC Chievo Verona S.r.l., e i rispettivi dirigenti, per l’integrale assenza di operazioni di scambio dirette con la Juventus F.C.

S.p.A. (di qui la ragione di una revocazione parziale), la Procura federale ha sottolineato gli atti di particolare valenza dimostrativa fondanti le ragioni di revocazione, costituiti in particolare a) da intercettazioni telefoniche e ambientali, b) da documenti sequestrati nell’ambito di perquisizioni presso la sede della F.C. Juventus S.p.A. e presso ulteriori luoghi d’interesse, c) dalla delibera Consob n. 22482/2022 del 19.10.2022 (ex art. 154-ter, comma 7, TUF) e d) dai comunicati stampa della Juventus F.C. S.p.A.

Detti elementi istruttori, secondo la Procura Federale, avrebbero confermato l’esistenza di un sistema collaudato della Juventus di scambi incrociati di calciatori con altre società sportive, finalizzati alla realizzazione di plusvalenze artificiali. Secondo la ricostruzione della Procura Federale, dunque, all’annullamento della decisione della Corte Federale 0089/CFA-2021-2022 del 27 maggio 2022 doveva poi conseguire, in sede di giudizio rescissorio, la condanna dei deferiti.

2.1. Con la decisione della Corte Federale di Appello, Sezioni Unite, 0063/CFA-2022-2023, emessa in data 20 gennaio 2023 e depositata in data 30 gennaio 2023, oggetto di impugnazione dinnanzi a questo Collegio di Garanzia dello Sport, la Corte Federale d’Appello ha così, in sintesi, deciso.

A) «È indiscutibile che il quadro fattuale determinato dalla documentazione trasmessa dalla Procura della Repubblica di Torino alla Procura federale, e da questa riversata a sostegno della revocazione, non era conosciuto dalla Corte federale al momento della decisione revocata e, ove conosciuto, avrebbe determinato per certo una diversa decisione. Esattamente secondo quanto previsto dall’art. 63, comma 1, lett. d), CGS»;

B) «Pur essendo condivisibile l’assunto di partenza a proposito della natura eccezionale del mezzo di impugnazione in argomento e di una interpretazione rigorosa soprattutto in termini di decisività dei fatti prima non conosciuti o sopravvenuti (rigore che questa Corte non intende in alcun modo tradire), la stessa difesa della FC Juventus S.p.A. è poi costretta ad ammettere che l’ordinamento sportivo  prevede una tale revocazione, in ragione dei caratteri di diversità e autonomia che lo connotano. Caratteristiche - quelle appena enunciate - che non consentono neppure di introdurre eccezioni di inconciliabilità tra la revocazione prevista dell’art. 63 CGS e i principi costituzionali anche afferenti il giusto processo».

C) «Anche il concorrente profilo di asserita violazione del principio del ne bis in idem non merita seguito. Una volta ritenuto (come si deve) che la revocazione sia possibile anche in malam partem - e i deferiti non lo dubitano – la predetta obiezione si svuota di significato […] Pertanto, quando, come nel caso che occupa, si è all’interno di una tale progressione di fasi processuali o gradi di procedimento successivi, espressamente disciplinati dall’applicabile ordinamento (principio di legalità), si è anche all’interno del medesimo processo e non vi è alcun possibile spazio all’applicazione del divieto del ne bis in idem  (Corte federale d’appello, Sez. II, n. 76/CFA/2019-2020). Quanto precede, con la precisazione che anche una assoluzione ottenuta per due gradi di giudizio, se conseguente alla mancata conoscenza di fatti invece decisivi per una eventuale condanna, è soggetta al giudizio di revocazione»; D) «Neppure condivisibile è l’argomento in ragione del quale la revocazione dovrebbe comunque essere limitata all’errore di fatto in ragione di una qualche sovrapposizione al CGS del Codice CONI.

A tal proposito, questa

Corte federale ha già precisato che “mentre il codice CONI, prevede che la revocazione di una decisione è possibile solo quando dipende da un errore di fatto risultante incontrovertibilmente da documenti acquisiti successivamente per causa non imputabile all'istante, secondo il codice Figc, invece, la revocazione è possibile nel caso a) di dolo di una delle parti in danno all'altra, b) di prove riconosciute false dopo la decisione, c) di mancata presentazione di documenti influenti a causa di forza maggiore o per fatto altrui, d) di omissione dell’esame di un fatto decisivo che non si è potuto conoscere nel precedente procedimento oppure di sopravvenienza, trascorso il termine per l’appello, di fatti nuovi la cui conoscenza avrebbe comportato una diversa pronuncia, e) di errore di fatto commesso dall’organo giudicante” (Corte federale d’appello, SS.UU., n. 46/2015- 2016). Il Codice di giustizia sportiva, dunque, regola più ipotesi e non solo quella dell’errore di fatto, dalla quale fattispecie anzi la lett. d) dell’art. 63 si distingue nettamente. E non vi è alcun “contrasto normativo” che possa limitare le specifiche ipotesi previste dal CGS. Piuttosto, ma il principio è davvero pacifico, alle singole Federazioni sono concessi spazi di importante autonomia e per tale via “il legislatore federale ha, in modo coerente ed esente dalle censure prospettate, operato una estensione delle ipotesi di possibilità di ricorso alla revocazione” (ancora Corte federale d’appello, SS.UU., n. 46/2015-2016)»; E) «Quanto alla natura decisiva degli elementi dimostrativi portati all’attenzione del giudizio rescindente, essa è indubbia. Ove la Corte federale avesse conosciuto i fatti che risultano dimostrati dagli elementi oggi disponibili (fatti che non erano noti o persino sopravvenuti), essa avrebbe per certo assunto una decisione diversa […] Ma oggi è esattamente un tale quadro fattuale ad essere radicalmente mutato. Il fatto nuovo che prima non era noto è proprio l’avvenuto disvelamento della intenzionalità sottostante all’alterazione delle operazioni di trasferimento e dei relativi valori. Il fatto nuovo - come è stato efficacemente sottolineato dalla Procura federale - è l’assenza di un qualunque metodo di valutazione delle operazioni di scambio e, invece, la presenza di un sistema fraudolento in partenza (quanto meno sul piano sportivo) che la Corte federale non aveva potuto conoscere e alla luce del quale la decisione deve essere diversa da quella qui revocata»; F) «Un quadro fattuale - quello appena citato - dimostrato dalle numerose dichiarazioni (derivanti dalle intercettazioni), dai documenti e dai manoscritti di provenienza interna alla FC Juventus S.p.A. e che hanno tutti una “natura essenzialmente confessoria”. Semmai, con una aggravante distintiva rispetto a qualunque precedente: proprio con specifico riguardo alla FC Juventus S.p.A., colpisce la pervasività ad ogni livello della consapevolezza della artificiosità del modus operandi della società stessa. Dal direttore sportivo di allora (P.) all’allora dirigente suo immediato collaboratore (C.). Dal presidente del consiglio di amministrazione (A.) a tutto il consiglio stesso (citato come consapevole dal medesimo A.). Sino ancora all’azionista di riferimento e all’amministratore delegato (A.) e ancora

passando per tutti i principali dirigenti, inclusi quelli aventi competenza finanziaria e legale. In alcuni casi, con una consapevolezza a tutto tondo dell’artificiosità delle operazioni condotte. In altri casi, con una consapevolezza più superficiale o magari persino di buona fede (ci si riferisce anche all’allenatore della squadra), ma comunque in grado di far dire che tutti fossero direttamente o indirettamente coscienti di una condizione ormai fuori controllo. […] Per quanto d’interesse della fase rescindente qui trattata è senz’altro sufficiente il richiamo ai più rilevanti elementi dimostrativi, citati anche dalla Procura federale. Primo tra tutti è l’inquietante “Libro Nero di FP” (cioè F.P.). Un tale documento, si noti, non è mai stato disconosciuto dal redattore (F.C.) ed è stato difeso dalla Juventus F.C. S.p.A. che, unitamente al predetto dirigente, lo ha fatto proprio, solo proponendone una interpretazione diversa rispetto a quella offerta dalla Procura federale, sostenendo si trattasse di un normale “appunto” di lavoro»; G) «Ora, l’elemento dimostrativo più rilevante, ad avviso della Corte federale, non è solo il contenuto testuale di detto “Libro Nero di FP”, di per sé sin troppo esplicito. Rileva piuttosto (quale conferma irredimibile del relativo esatto contenuto) il contesto nel quale esso è stato redatto. Emerge, invero, che detto “Libro” fosse stato preparato dal C. come documento da utilizzare nella propria discussione con P. in fase di negoziazione del proprio rinnovo contrattuale (la circostanza è confermata dalle stesse dichiarazioni del C.; si veda il file n. 656108 trasmesso alla Procura federale dalla Procura della Repubblica). Naturalmente, non è qui rilevante operare interpretazioni esorbitanti o azzardare qualificazioni circa il comportamento in sé del C. o il rapporto con F.P.. Ma ben si comprende, ad una lettura distaccata di una simile circostanza, la capacità disvelatrice di detto Libro Nero. È evidente che C. era pronto a contraddire con P. per discutere il proprio contratto (accettandolo o rifiutandolo, non importa) ed era pronto a mettere sul tavolo della discussione quelle che lo stesso C. riteneva essere importanti “differenze di vedute”: cioè il fatto che F.P. avesse costantemente operato attraverso un sistema di plusvalenze artificiali […] Da esso si trae la consapevolezza di un crescendo di difficolta economico-finanziaria della FC Juventus S.p.A. nel corso degli anni 2019, 2020 e 2021 (“come siamo arrivati qui?”) e della difficoltà di uscirne. E si individua anche il metodo rimediale che il C. testimonia essere stato applicato da F.P.: “utilizzo eccessivo plusvalenze artificiali” (la cui conseguenza è un “beneficio immediato” ma anche un negativo “carico ammortamenti” per il futuro)»; H) Rilevantissime sono poi le intercettazioni telefoniche o ambientali (e le acquisizioni documentali) citate dalla Procura federale a sostegno della revocazione. Quella del 6 settembre 2021 tra A.A., presidente della FC Juventus S.p.A., e il rappresentante dell’azionista di riferimento

J.E. (intercettazione presente nel file n. 660969 trasmesso alla Procura federale dalla Procura della Repubblica), nella quale gli interlocutori operano un diretto riferimento al fatto che la direzione sportiva (cioè F.P.) si era “allargata” con lo svolgimento “di tutta una serie di operazioni …” che il presidente A., nel botta e risposta della conversazione, individua subito definendole di “eccessivo ricorso allo strumento delle plusvalenze”. Così come l’ulteriore intercettazione tra A.A. e M.A. del 3 settembre 2021 (riportata nel file n. 660969 e file 660945 trasmessi dalla Procura della Repubblica), nel corso della quale gli interlocutori condividono che la responsabilità delle difficoltà della Juventus F.C. S.p.A. non poteva essere attribuita solo al Covid-19 (“sì ma non era solo il Covid e questo lo sappiamo bene” ), posto che, da un lato, vi era la pandemia, ma dall’altro era stata “ingolfat[a] la macchina con ammortamenti e soprattutto la m…a perché è tutta la m…a che sta sotto che non si può dire”»; I) «E ancora, in più rispetto a quelle menzionate dalla Procura federale, si devono aggiungere le intercettazioni che coinvolgono contestualmente più dirigenti della FC Juventus S.p.A. con ruoli finanziari e legali (anch’esse riportate nel file n. 660969 trasmesso dalla Procura della Repubblica). Intercettazioni che dimostrano persino opacità nella rappresentazione all’esterno del reale contenuto delle operazioni condotte, tanto da sperare che “[quelli che] stanno cercando” (presumibilmente gli ispettori Consob) non scoprano carteggi altrimenti pericolosi: ci si riferisce all’intercettazione del 6 settembre 2021 tra taluni dirigenti della FC Juventus S.p.A. (S.B., S.C. e C.G.) nel corso della quale, a proposito di Pjanic, si chiarisce che “han fatto uno scambio” (e dunque una consapevole permuta) e si condivide il rischio che emergano carte che invece devono restare riservate: “tela dico tutta? è meglio che non ci fosse quel carteggio” ; “no quel carteggio meglio di no”»; J)  «E  più  in  generale  si  devono aggiungere quelle intercettazioni che dimostrano la natura alterata dei valori utilizzati (e il peso degli ammortamenti conseguenti) e comunque la natura esattamente permutativa di molte operazioni» (cfr. p. 23 della Decisione, sul primo profilo); K) «Sotto il secondo profilo  (di scambio permutativo) sono emblematiche le acquisizioni anche documentali relative alle operazioni con club esteri (OM Marsiglia, Barcellona, Manchester City, Lugano, Basilea), nelle quali si dimostra lo sforzo profuso ad allineare i flussi finanziari delle operazioni e si ottiene prova certa dell’avvenuto condizionamento reciproco dei trasferimenti di volta in volta contrattualizzati (uno in uscita e uno in acquisto allo stesso prezzo o quasi). E ciò, dunque, in modo che non vi fosse dubbio che, intanto avveniva l’acquisto di un giocatore da una controparte, in quanto a quella stessa controparte veniva ceduto il proprio. Il tutto, secondo una “causa in concreto” (intesa come sintesi degli interessi reali che il contratto stesso è diretto a realizzare) di chiara permuta»; L)

«Qui, peraltro, è anche necessario aprire una parentesi sulla rilevante differenza che deve essere riconosciuta tra una operazione a specchio o incrociata, apparentemente indipendente, e una operazione ad effetti permutativi. E deve essere chiarito che ciò che rileva ai fini del processo sportivo e della violazione quanto meno dell’art. 4, comma 1, CGS, non è se la singola operazione dovesse essere trattata in continuità di valori (secondo lo IAS38, paragrafo 45, poi contestato alla FC Juventus S.p.A. dalla Consob) o meno, potendosi o non potendosi rilevare la plusvalenza. Ciò che rileva è la preordinata strutturazione e trattamento delle operazioni come apparentemente indipendenti e in modo tale da impedire in partenza la relativa qualificazione come permute. Ciò che rileva, in altri termini, è l’essersi volutamente sottratti alla potenziale applicazione dello IAS38 (paragrafo 45), quale che ne fosse l’esito. In questa direzione, diventano rilevanti le operazioni di nascondimento operate da alcuni dirigenti della FC Juventus S.p.A. che si sono spinte sino ad intervenire correggendo “a penna” le fatture ricevute dalla controparte per non far emergere la natura permutativa dell’operazione compiuta (evidenze contenute nel file n. 733488 trasmesso alla Procura federale dalla Procura della Repubblica di Torino). Eclatante il caso dello scambio dei calciatori Akè/Tongya tra la FC Juventus S.p.A. e l’Olympique De Marseille […] I dirigenti della FC Juventus S.p.A. dicono espressamente che si deve evitare di evidenziare la compensazione. Come a dire - ed è l’aspetto assorbente ai fini del processo sportivo - che la FC Juventus S.p.A. era perfettamente edotta del rischio di dover applicare lo IAS38, paragrafo 45, e il proprio approccio era nel senso di evitare che ciò avvenisse a prescindere da ogni effettiva applicabilità. Tanto che la natura dell’operazione non doveva emergere dai documenti ufficiali riguardanti la fatturazione. Ed è anche interessante notare come i dirigenti della FC Juventus S.p.A. debbano persino superare una iniziale resistenza dell’Olympique De Marseille nel recepire le correzioni inserite a penna dalla FC Juventus S.p.A., tanto da costringere l’Olympique De Marseille ad un richiamo  a  buona  fede  nel  chiedere  che  sia  mantenuta  la  dicitura  “compensazione”  nella fatturazione da essa inviata; e ciò, presumibilmente perché, proprio per l’Olympique De Marseille, lo IAS38, paragrafo 45, o principio assimilabile, non era comunque destinato ad applicarsi e dunque la natura permutativa, se divenuta trasparente, non era pregiudizievole»; M)   «Un simile quadro fattuale - cui si deve aggiungere la delibera Consob 22482/2022 del 19.10.2022 (sulla quale si tornerà oltre) e si possono altresì aggiungere i riferimenti ai numerosi appunti e manoscritti interni alla FC Juventus S.p.A., ulteriori rispetto al “Libro Nero di FP” (e dai quali sembra quasi emergere che “manovre correttive” fosse negli ultimi anni una sorta di definizione specifica di quanto si va dicendo), o ancora il c.d. database di tale società - è decisivo ai fini del giudizio rescindente»; N) «In proposito, appare erronea l’obiezione per cui il citato quadro fattuale (nuovo) debba dirsi già assorbito dalla ratio decidendi della decisione revocata. La decisione n. 0089/CFA/2021-2022 aveva affermato del tutto condivisibilmente che “l’assenza di parametri normativamente  sanciti  rende  particolarmente  delicata  l’operazione  di  sceverare  operazioni (plusvalenti) che, con ragionevole certezza giudiziale, possano essere considerate rilevanti sotto il profilo disciplinare”. Ciò, ovviamente, nel presupposto - mai messo in discussione dalla decisione

- che la realizzazione di una plusvalenza fosse effetto legittimo di una operazione di vendita o

scambio, non potendo l’interprete affidarsi al solo sospetto di una eventuale (appunto) fittizietà. Per questo la decisione qui revocata precisava anche che eventuali contestazioni disciplinari dovessero basarsi sulla ragionevole certezza dell’illecito e non sulla probabile verificazione di esso. Inoltre, la decisione rilevava che l’assenza di un unico metodo codificato di valutazione non poteva “legittimare l’iscrizione in bilancio di diritti per qualsiasi importo, svincolati da considerazioni inerenti all’utilità futura del diritto nonché [da] elementi di coerenza della transazione” posto che altrimenti argomentando si “renderebbe legittima qualsiasi plusvalenza e [si] introdurrebbe un’anarchia valutativa che nessun sistema - e quindi neanche quello federale - può tollerare”. Un metodo vi deve essere. E deve essere razionale, verificabile e ovviamente non discrezionale. […] Ma ciò che oggi è mutato è proprio il quadro fattuale nel quale ci si muove, che è radicalmente diverso da quello esaminato dalla decisione revocata. Non si tratta di discutere della legittimità di un determinato valore in assoluto. Né di operare una valutazione del prezzo scambiato. Si tratta invece di valutare comportamenti (scorretti) e gli effetti di tali comportamenti sistematici e ripetuti sul bilancio. La Corte federale n. 0089/CFA/2021-2022, però, proprio su un tale profilo, aveva avvertito che non qualsiasi plusvalenza è legittima. Aveva poi segnalato il fatto che la carenza di parametri non consentiva di tradurre il sospetto in violazione, per questo chiedendo l’introduzione di disposizioni che operassero da sentinella anticipata rispetto a fenomeni che invece di essere fisiologici si trasformino in patologici, in modo anche da avvisare la società agente di avere oltrepassato i limiti della razionalità e della dimostrabilità. […] Ma avere affermato un tale principio non legalizzava qualunque comportamento. Sotto tale profilo, la decisione revocata non ha nulla a che vedere con una preordinata intenzione di non utilizzare alcun metodo se non quello di una ricerca artificiale di plusvalenze come obiettivo e non come effetto delle operazioni condotte»; O)

«In conclusione, il nuovo quadro fattuale prodotto dalla Procura federale integra i presupposti ed è decisivo ai fini di cui all’art. 63, comma 1, lett. d) e impone la declaratoria della revocazione della decisione della Corte federale d’appello n. 0089/CFA/2021-2022. Tenuto peraltro conto del dettato della norma e dell’assenza di capi distinguibili della decisione n. 0089/CFA/2021-2022, si ritiene conseguenziale una revoca integrale della decisione stessa, indipendentemente dalla possibilità che per alcuni dei deferiti debba poi procedersi ad un nuovo esito di proscioglimento»; P)

«Infondata è anche l’eccezione svolta dalla difesa della FC Juventus S.p.A. a proposito della inammissibilità per tardività del ricorso in revocazione della Procura federale. Anzitutto, la FC Juventus S.p.A. ha segnalato come anomala la circostanza che la comunicazione di trasmissione della documentazione della Procura della Repubblica di Torino fosse avvenuta solo in data 24.11.2022. Una simile trasmissione è però documentata e risulta da apposito timbro seguito dalla sottoscrizione di tre magistrati della Procura della Repubblica di Torino. I dubbi della FC Juventus S.p.A., in argomento, appaiono oggettivamente fuor di luogo. La documentazione ritenuta rilevante dalla Procura federale è stata ricevuta in data 24.11.2022 e il ricorso per revocazione proposto in data 22.12.2022 è certamente tempestivo, essendo stato notificato il ventottesimo giorno sui trenta disponibili (art. 63, comma 1, CGS)»; Q) «Anche il secondo profilo dell’eccezione non è condivisibile. Sostiene la difesa della FC Juventus S.p.A. che la Procura federale aveva avuto notizia degli eventi poi dedotti a base della revocazione ben prima della data del 22.11.2022. Pertanto, la revocazione doveva dirsi già esaurita al momento della relativa proposizione. […] Ora, […] non si discute in questo caso di un singolo documento specifico la cui esistenza fosse divenuta nota. Si discute, invece, di un complesso di plurimi documenti e intercettazioni (le circa 14mila pagine trasmesse dalla Procura della Repubblica e citate dalla Procura federale) la cui effettiva ricezione era inevitabile presupposto del trascorrere di un qualunque termine decadenziale. Il tutto, dovendosi sottolineare (ed è fatto incontestato) che l’indagine penale, i cui esiti documentali sono poi stati trasferiti alla Procura federale, si è chiusa dopo la decisione qui oggetto di revocazione. Il ricorso per revocazione, pertanto, è certamente tempestivo»; R) «Da rigettare è anche l’obiezione formulata a proposito della non utilizzabilità delle intercettazioni» (cfr. pp. 25-26 della Decisione).

Da tali elementi la Corte Federale d’Appello ha, dunque, ritenuto meritevole di accoglimento il giudizio rescindente e, dichiarata la revocazione della predetta decisione della Corte, ha esaminato il merito rescissorio dell’impugnazione svolta dalla Procura Federale.

La Corte ha preliminarmente esaminato l’eccezione (fatta con reclamo incidentale) concernente la mancata acquisizione della nota 10940/pf/GC/blp del 14 aprile 2021 della Procura Federale, richiamata dalla relazione Co.Vi.So.C. del 19 ottobre 2021 (atto costituente, secondo la Procura Federale, la prima notizia qualificata dalla quale attivare l’indagine). Secondo la Corte, «la nota Co.Vi.So.C. costituisce atto tipico di proposta di avvio di indagine ai sensi dell’art. 80, comma 3, Noif, ed è solo da tale istante che - rispetto alle operazioni indicate dal detto ente di controllo nella propria comunicazione poi riversate nel deferimento - deve calcolarsi un qualunque termine di iscrizione della notizia dell’illecito (individuata dalla Co.Vi.So.C.). Peraltro, come affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, “la previsione di una decadenza dall’azione della Procura in caso di ritardata iscrizione [della notizia dell’illecito] è estranea alle finalità della normativa codicistica [contenuta nel CGS]” (Corte Federale d’appello, Sez. I, n. 29/CFA/2021-2022). Né vi è spazio per procedere ad una retrodatazione dei termini al fine di produrre la citata decadenza. Ipotesi, questa, che non trova riscontro nel codice sportivo, fermo comunque che, in caso di superamento del termine dell’indagine, l’art. 119, comma 6, CGS prevede, quale espressa conseguenza, la sola inutilizzabilità degli atti e non piuttosto l’improcedibilità dell’azione […] Il punto qui decisivo è allora che lo stesso art. 119, comma 6, CGS, citato dai reclamanti incidentali quale norma da applicare al caso concreto, afferma che “possono sempre essere utilizzati gli atti e documenti in ogni tempo acquisiti dalla Procura della Repubblica e dalle altre autorità giudiziarie dello Stato”. Esattamente come nel caso che qui occupa, divenendo pertanto ininfluente - e carente di interesse – il reclamo incidentale proposto. Ove pure si accedesse ad una qualche passata limitazione della “vecchia” documentazione d’indagine, il nuovo quadro fattuale derivante dalla documentazione e dalle evidenze trasmesse dalla Procura della Repubblica resterebbe comunque utilizzabile. Ed è sulla documentazione proveniente dalla Procura della Repubblica di Torino (al pari di quella di derivazione Consob) che questa Corte federale è chiamata a pronunciarsi […]».

Con riferimento al merito rescissorio, la Corte Federale ha distinto le posizioni riguardanti la Juventus F.C. S.p.A. e i relativi amministratori e dirigenti rispetto a quelle delle altre squadre, considerando le evidenze dimostrative ai primi riferibili le quali, secondo la Corte Federale d’Appello, «connotano un canone di comportamento sistematico e non isolato. Proprio con riguardo alla FC Juventus S.p.A., il quadro probatorio che si è già citato ai fini del giudizio rescindente ha carattere inequivocabile rispetto agli scopi del processo sportivo».

La Corte - considerando che le predette considerazioni portano ad una sanzione che deve essere proporzionata anche all’inevitabile alterazione del risultato sportivo che ne è conseguita tentando di rimediare ad una tale alterazione, così come deve essere proporzionata al mancato rispetto dei principi di corretta gestione che lo stesso Statuto della FIGC impone quale clausola di carattere generale in capo alle società sportive (art. 19) - ha così concluso:

«Dichiara ammissibile il ricorso per revocazione e pertanto revoca la pronunzia n. 0089/CFA/2021-2022 del 27.05.2022 di questa Corte federale d'appello e, per l'effetto, dispone quanto segue:

1 - Respinge i reclami incidentali.

2 - Accoglie in parte il reclamo della Procura federale avverso la decisione n. 0128/TFN/2021- 2022 - sezione disciplinare del 22.04.2022 irrogando le seguenti sanzioni:

a. F.P.: inibizione temporanea di mesi 30 a svolgere attività in ambito FIGC, con richiesta di estensione in ambito UEFA e FIFA;

b. F.C.: inibizione temporanea di mesi 16 a svolgere attività in ambito FIGC, con richiesta di estensione in ambito UEFA e FIFA;

c. A.A.: inibizione temporanea di mesi 24 a svolgere attività in ambito FIGC, con richiesta di estensione in ambito UEFA e FIFA;

d. P.N.: inibizione temporanea di mesi 8 a svolgere attività in ambito FIGC, con richiesta di estensione in ambito UEFA e FIFA;

e. E.V.: inibizione temporanea di mesi 8 a svolgere attività in ambito FIGC, con richiesta di estensione in ambito UEFA e FIFA;

f. P.G.: inibizione temporanea di mesi 8 a svolgere attività in ambito FIGC, con richiesta di estensione in ambito UEFA e FIFA;

g. A.G.V.: inibizione temporanea di mesi 8 a svolgere attività in ambito FIGC, con richiesta di estensione in ambito UEFA e FIFA;

h. M.A.: inibizione temporanea di mesi 24 a svolgere attività in ambito FIGC, con richiesta di estensione in ambito UEFA e FIFA;

i. C.M.H.: inibizione temporanea di mesi 8 a svolgere attività in ambito FIGC, con richiesta di estensione in ambito UEFA e FIFA;

l. D.M.: inibizione temporanea di mesi 8 a svolgere attività in ambito FIGC, con richiesta di estensione in ambito UEFA e FIFA;

m. F.R.: inibizione temporanea di mesi 8 a svolgere attività in ambito FIGC, con richiesta di estensione in ambito UEFA e FIFA;

n. F.C. Juventus Spa: penalizzazione di 15 punti in classifica da scontarsi nella corrente Stagione Sportiva.

3 - Respinge per il resto il reclamo della Procura federale».

Diversamente, la Corte Federale di Appello ha diffusamente dichiarato che, per i deferiti diversi dalla Juventus F.C. S.p.A. («rispetto alla quale valgono invece tutte le considerazioni già svolte e valgono le risultanze della duplice indagine condotta dalla Procura della Repubblica di Torino e dalla Consob»), la stessa si è dovuta confrontare con la struttura della domanda contenuta nel deferimento, non potendo questa sostituire una eventuale autosufficienza di singole violazioni rispetto, invece, alla richiesta di riconoscimento di una sistematica violazione dell’art. 4 e 31 CGS, e per più esercizi: «non sussistono evidenze dimostrative specifiche che consentano di sostenere efficacemente l’accusa nei confronti delle società UC Sampdoria, FC Pro Vercelli 1892, Genoa CFC, Parma Calcio 1913, Pisa Sporting Club, Empoli FC, Novara Calcio e Delfino Pescara 1936 […] come è stato efficacemente osservato dalle difese dei club interessati, due considerazioni appaiono insuperabili ai fini di una statuizione di condanna. Non può esservi alcuna sistematicità da contestare in una singola operazione (prima considerazione). Una condanna di Parma, Novara e Pescara per il mero “contatto” con la FC Juventus S.p.A. risulterebbe ingiustificata (seconda considerazione) in assenza di prove oggettive della violazione, non vista dal lato della FC Juventus S.p.A., ma appunto da quello delle deferite qui trattate. Prova che, proprio con riguardo alle citate società, non è rinvenibile nella documentazione prodotta dalla Procura federale. Il tutto senza considerare la rilevanza per la sola FC Juventus S.p.A. dei principi contabili internazionali indicati dalla Consob, che non trovano invece applicazione (nei medesimi termini) per le società italiane non quotate. Ma, allora, il sospetto che eventualmente può inferirsi con riguardo alle suddette società non è sufficiente a determinare una condanna. […] Infine, poco o nulla è provato dalla Procura federale con riguardo alle società FC Pro Vercelli 1892, Genoa CFC, Pisa Sporting Club ed Empoli FC, società sostanzialmente non presenti nelle intercettazioni della FC Juventus S.p.A., fatta sola eccezione per un cenno operato nei confronti del Genoa, ma senza la partecipazione diretta di alcun responsabile di tale società e in forma oggettivamente generica (senza cioè alcuna indicazione di giocatori specifici)».

3. In data 28 febbraio 2022, sono stati presentati distinti ricorsi al Collegio di Garanzia dello Sport da parte della Juventus F.C. S.p.A. (RG ricorsi n. 13/2023), del Dott. A.A. (RG ricorsi n. 14/2023), dei Signori F.P. (RG ricorsi n. 15/2023), F.C. (RG ricorsi n. 16/2023), del Dott. E.V. (RG ricorsi n. 17/2023), congiuntamente, da parte di P.N., P.G., A.G. – V., C.M.H., D.M., F.R. (RG ricorsi n. 18/2023), nonché da parte del Dott. M.A. (RG ricorsi n. 19/2023).

La Juventus F.C. S.p.A. e i Signori P. e C. hanno depositato, rispettivamente, due memorie (di identico tenore), ai sensi dell’art. 60, comma 4, CGS CONI.

Gli scritti difensivi si concentrano esclusivamente sul VI motivo di ricorso, con il quale si censura il mancato deposito, da parte della Procura Federale – con conseguente violazione del diritto di difesa e del contraddittorio previsto dall’art. 44 C.G.S. FIGC – della nota prot. 10940/pf/GC/blp del

14 aprile 2021, contenente le “indicazioni interpretative” che la stessa aveva fornito alla Co.Vi.So.C., posto che su dette indicazioni l’Organo di vigilanza aveva successivamente fondato la segnalazione del 19 ottobre 2021 sulla cui base la stessa Procura Federale, in data 26 ottobre 2021, aveva poi formalmente avviato il presente procedimento disciplinare (n. 233pf21- 22).

I ricorrenti hanno dunque insistito per l’accoglimento del ricorso e, in special modo, rispetto al VI motivo, riservandosi di illustrare i suindicati provvedimenti e documenti all’udienza dibattimentale fissata dal Collegio di Garanzia alla data del 19 aprile 2023.

4. Sono stati, poi, depositati l’atto di intervento ad adiuvandum, in relazione al ricorso iscritto al R.G. ricorsi n. 13/2023, in data 28 febbraio 2023 (prot. n. 00158 del 1° marzo 2023), dal sig. C.P., in proprio, in qualità di tesserato tifoso “Membership” della F.C. Juventus S.p.A. – tessera n. [omissis], nonché, in qualità di Presidente dell’Associazione “Juventus Club Taranto Gigi Buffon”, e l’atto di significazione e diffida in data 7 marzo 2023 (prot. n. 00186 del 7 marzo 2023); l’atto di intervento ad opponendum, in relazione al ricorso iscritto al R.G. n. 13/2023, in data 31 marzo 2023 (prot. n. 00262 del 31 marzo 2023), dall’Associazione Club Napoli Maradona “L’Avvocato del D10S” e dal Codacons; l’istanza, dalla difesa della Juventus F.C. S.p.A., in data 4 aprile 2023 (prot.n. 00277 del 4 aprile 2023), con la quale è stata chiesta la declaratoria di inammissibilità dell’intervento ad opponendum depositato dal Club Napoli Maradona “L’Avvocato del D10S” e dal Codacons; la memoria, in data 5 aprile 2023 (prot. n. 00280 del 5 aprile 2023), dalla difesa del Club Napoli Maradona “L’Avvocato del D10S” e del Codacons, ai sensi dell’articolo 60, comma 4, del Codice della Giustizia Sportiva del CONI; la memoria di replica a memoria, depositata dalla difesa della Juventus F.C. S.p.A. in data 5 aprile 2023 (prot.n. 00288 del 6 aprile 2023), con la quale si è provveduto a chiedere lo stralcio della memoria, depositata in data 5 aprile, dalla difesa del Club Napoli Maradona “L’Avvocato del D10S” e del Codacons e a dichiarare di non accettare il contraddittorio sui contenuti della memoria; uditi alla pubblica udienza del 19 aprile 2023 l’Avvocato Nicola Russo per il sig. C.P., in proprio, in qualità di tesserato tifoso “Membership” della

F.C. Juventus S.p.A. – tessera n. [omissis], nonché, in qualità di Presidente dell’Associazione “Juventus Club Taranto Gigi Buffon”, e l’Avvocato Enrico Lubrano, che hanno illustrato e ulteriormente svolto le argomentazioni articolate nelle rispettive istanze di intervento e, rispettivamente, nell’atto di diffida in data 7 marzo 2023 e nella memoria del 5 aprile 2023.

5. All’udienza del 19 aprile 2023, preliminarmente il Collegio ha invitato i difensori delle parti a discutere esclusivamente sull’ammissibilità degli interventi ad adiuvandum e ad opponendum, deliberando in camera di consiglio  e, poi, comunicando  nella medesima  udienza pubblica, l’inammissibilità degli interventi stessi, come da separata ordinanza, che viene depositata contestualmente alla presente sentenza.

Successivamente, tutti i ricorsi sono stati trattati all’udienza pubblica e, in quella occasione, i difensori delle parti hanno illustrato le conclusioni rassegnate, insistendo per il loro accoglimento, e il Procuratore Generale dello Sport, per la Procura Generale, ha concluso per la conferma della sentenza della Corte Federale d’Appello, attesa l’infondatezza e, per alcuni aspetti, l’inammissibilità, perché motivate in fatto, delle censure articolate dai ricorrenti, chiedendo l’annullamento con rinvio per la sola parte relativa alla attribuzione dei punti di penalità alla Juventus F.C. S.p.A. per carenza di motivazione.

Considerato in diritto

I ricorsi, proposti tutti verso la stessa sentenza, possono essere riuniti per evidenti ragioni di connessione.

Nell’esame dei motivi si procederà seguendo l’ordine delle censure sollevate nei diversi ricorsi. I motivi proposti in tutti i ricorsi saranno esaminati in modo congiunto. Saranno poi trattati, con specifico riferimento a ciascuno dei ricorrenti, gli altri motivi di ricorso.

Sono stati depositati, inoltre, l’atto di intervento ad adiuvandum, in relazione al ricorso iscritto al R.G. ricorsi n. 13/2023, in data 28 febbraio 2023 (prot. n. 00158 del 1° marzo 2023), dal sig. C.P., in proprio, in qualità di tesserato tifoso “Membership” della F.C. Juventus S.p.A. – tessera n. [omissis], nonché, in qualità di Presidente dell’Associazione “Juventus Club Taranto Gigi Buffon”, e l’atto di significazione e diffida in data 7 marzo 2023 (prot. n. 00186 del 7 marzo 2023; l’atto di intervento ad opponendum, in relazione al ricorso iscritto al R.G. n. 13/2023, in data 31 marzo 2023 (prot. n. 00262 del 31 marzo 2023), dall’Associazione Club Napoli Maradona “L’Avvocato del D10S” e dal Codacons; l’istanza dalla difesa della Juventus F.C. S.p.A., in data 4 aprile 2023 (prot.n. 00277 del 4 aprile 2023), con la quale è stata chiesta la declaratoria di inammissibilità dell’intervento ad opponendum depositato dal Club Napoli Maradona “L’Avvocato del D10S” e dal Codacons; la memoria, in data 5 aprile 2023 (prot. n. 00280 del 5 aprile 2023), dalla difesa del Club Napoli Maradona “L’Avvocato del D10S” e del Codacons, ai sensi dell’articolo 60, comma 4, del Codice della Giustizia Sportiva del CONI; la memoria di replica a memoria, depositata dalla difesa della Juventus F.C. S.p.A. in data 5 aprile 2023 (prot.n. 00288 del 6 aprile 2023), con la quale si è provveduto a chiedere lo stralcio della memoria depositata, in data 5 aprile, dalla difesa del Club Napoli Maradona “L’Avvocato del D10S” e del Codacons e a dichiarare di non accettare il contraddittorio sui contenuti della memoria

All’udienza pubblica del 19 aprile 2023, il Collegio, dopo aver invitato i difensori delle parti a discutere esclusivamente sull’ammissibilità degli interventi ad adiuvandum e ad opponendum, ha deliberato in camera di consiglio e, poi, ha comunicato  nella medesima  udienza pubblica, l’inammissibilità degli interventi stessi, come da separata ordinanza, che viene depositata contestualmente alla presente sentenza.

1. Con il primo motivo, in tutti i ricorsi, è stata sostenuta l’illegittimità della decisione della Corte Federale per la violazione dell’art. 54 del Codice di Giustizia Sportiva del CONI, in relazione all’art. 63 del Codice di Giustizia Sportiva della FIGC.

Sostengono, in particolare, i ricorrenti che la richiesta di revocazione presentata dalla Procura Federale della FIGC era inammissibile, e doveva essere dichiarata quindi inammissibile dalla Corte Federale, perché:

a) la Procura Federale non era legittimata a proporre il ricorso per revocazione dovendosi applicare alla fattispecie l’art. 63, comma 2, del CGS CONI, che, in tema di revocazione, riserva tale rimedio alla sola “parte interessata”, senza contemplare una possibile legittimazione in malam partem anche del Procuratore Federale, diversamente da quanto previsto al primo comma dello stesso articolo per il diverso istituto della revisione;

b) l’art. 63, comma 1, lett. d), del Codice di Giustizia Sportiva della FIGC, secondo cui è ammissibile la revocazione “se è stato omesso l’esame di un fatto decisivo che non si è potuto conoscere nel precedente procedimento, oppure sono sopravvenuti, dopo che la decisione è divenuta inappellabile, fatti nuovi la cui conoscenza avrebbe comportato una diversa pronuncia”, non poteva essere applicato poiché contempla un motivo di revocazione diverso ed antinomico con l’unica fattispecie revocatoria prevista dall’art. 63, comma 2, del CGS del CONI, che è esperibile solo quando la decisione impugnata sia viziata da errore di fatto “risultante incontrovertibilmente da documenti acquisiti successivamente per causa non imputabile all'istante”, con la conseguenza che la Corte Federale d’Appello avrebbe dovuto avvedersi di tale antinomia e, disapplicando la norma federale, avrebbe dovuto dichiarare d’ufficio inammissibile il ricorso per revocazione;

c) il ricorso della Procura Federale doveva, in ogni caso, essere dichiarato inammissibile poiché i fatti, ove anche ritenuti “nuovi e sopravvenuti” non erano decisivi per revocare la sentenza di proscioglimento in quanto la revocazione avrebbe potuto consentirsi qualora le contestate plusvalenze, la cui insussistenza aveva determinato il proscioglimento dei deferiti, fossero state viceversa ritenute sussistenti grazie all’acquisizione successiva di nuovi documenti, ma la Procura Federale non ha azionato l’istanza revocatoria sul presupposto di un genetico errore di fatto, confermato da documenti acquisiti successivamente, bensì ha asserito che la documentazione sopravvenuta costituiva un fatto nuovo dal quale veniva desunta “la presenza di un sistema fraudolento in partenza (quanto meno sul piano sportivo) che la Corte federale non aveva potuto conoscere”;

d) è erronea la qualificazione giuridica della novità del fatto di cui all’art. 63, comma 1, lett. d), del CGS della FIGC e sono inidonei i fatti “nuovi” o “sopravvenuti” a modificare la precedente decisione passata in giudicato. I ricorrenti hanno, quindi, dedotto l’infondatezza in fatto ed in diritto della qualificazione quale “fatto nuovo” della documentazione ricevuta dalla Procura Federale, in data 24 novembre 2022, non potendosi qualificare, come “fatto nuovo”, gli atti di indagine raccolti dalla Procura della Repubblica di Torino che non sarebbero neppure realmente nuovi, posto che gli atti d’indagine provenienti dalla Procura della Repubblica erano stati già acquisiti dalla Procura Federale nell’ambito dell’attività istruttoria compiuta ed erano stati valutati nei due gradi di giudizio dagli Organi della giustizia federale. Aggiungono, inoltre, i ricorrenti che, anche a voler qualificare il “fatto” come “nuovo” e “sopravvenuto”, la revocazione sarebbe parimenti inammissibile, atteso che tale “fatto” sarebbe stato comunque inidoneo a fondare una diversa decisione sulla questione poiché, nel caso di specie, la sentenza di assoluzione si fondava sull’assenza di regole codificate nella determinazione del valore economico dei calciatori e sulle relative plusvalenze e tale condizione non poteva dirsi mutata anche con “l’intenzionalità sottostante all’alterazione delle operazioni di trasferimento e dei relativi valori”.

1.1. Il motivo è infondato in tutti i suoi diversi profili.

1.1.1.   Possono essere trattati congiuntamente i primi due profili, riguardanti la ritenuta erronea applicazione dell’art. 63 del CGS della FIGC per il contrasto con l’art. 63 del CGS del CONI.

Le censure sono infondate.

La Procura Federale (e la Corte Federale d’Appello) hanno, infatti, applicato le disposizioni sulla revocazione dettate dall’art. 63 del CGS della FIGC che, al primo comma, lettera d), ammette la revocazione “se è stato omesso l’esame di un fatto decisivo che non si è potuto conoscere nel precedente procedimento, oppure sono sopravvenuti, dopo che la decisione è divenuta inappellabile, fatti nuovi la cui conoscenza avrebbe comportato una diversa pronuncia”.

Tale disposizione è stata correttamente ritenuta la norma di riferimento della fattispecie in quanto contenuta nel vigente Codice di Giustizia Federale approvato dalla Giunta Nazionale del CONI, ai sensi dell’art. 7, comma 5, lett. l), dello Statuto CONI per la conformità anche ai principi di giustizia sportiva e alle regole dettate dal Codice della Giustizia Sportiva del CONI, con deliberazione n. 258 dell’11 giugno 2019.

Il Codice di Giustizia Federale, secondo quanto previsto dall’art. 1 dello stesso, disciplina, quindi, le fattispecie dei comportamenti rilevanti sul piano disciplinare e regola l'ordinamento processuale sportivo della Federazione, nonché lo svolgimento dei procedimenti innanzi agli organi del sistema della giustizia sportiva della Federazione, con la conseguenza che la Procura Federale e la Corte Federale d’Appello dovevano fare applicazione delle relative disposizioni, fra le quali, quella dettata dal contestato art. 63, comma 1, lett. d), del CGS della FIGC.

Spetta, infatti, alle singole Federazioni sportive definire le fattispecie dei comportamenti rilevanti sul piano disciplinare, secondo quanto previsto dall’art. 1, comma 3, del Codice di Giustizia Sportiva del CONI, che assegna alle singole Federazioni il compito di dettare una disciplina specifica e dettagliata per ogni Federazione, che integra e si affianca a quella generale del CONI, nonché di regolare i procedimenti di giustizia nel rispetto dei principi dettati dal Codice di Giustizia Sportiva del CONI.

Peraltro, le disposizioni dettate dal Codice di Giustizia della FIGC si applicano, dal punto di vista soggettivo, ai sensi dell’art. 2 dello stesso Codice, “alle società, ai dirigenti, agli atleti, ai tecnici, agli ufficiali di gara e ad ogni altro soggetto che svolge attività di carattere agonistico, tecnico, organizzativo, decisionale o comunque rilevante per l’ordinamento federale” e, quindi, anche ai ricorrenti che ad esso devono fare riferimento.

Né risulta che la disposizione contenuta nel vigente art. 63 del CGS della FIGC sia stata oggetto di impugnazione davanti alla giustizia federale, per il ritenuto contrasto con la disposizione contenuta nel Codice di Giustizia del CONI, nei termini e con le modalità che sono state indicate da questo Collegio di Garanzia anche in recenti decisioni.

1.1.2.   Il Collegio di Garanzia, infatti, pronunciando sulla questione concernente le impugnazioni delle delibere con le quali le singole Federazioni sportive procedono all’approvazione dei loro Statuti e dei loro regolamenti, con le decisioni a Sezioni Unite, n. 32 del 2018 e n. 17 del 2020, dopo aver esaminato, in via pregiudiziale, la questione dei rapporti intercorrenti fra l’atto con il quale una Federazione approva un Regolamento (contenente disposizioni ritenute lesive) e l’atto con il quale la Giunta Nazionale del CONI approva tale Regolamento, ai sensi dell’art. 7 dello Statuto del CONI, ha affermato i seguenti principi di diritto:

1) il Regolamento federale è un atto proprio della Federazione Sportiva, con la conseguenza che l’eventuale impugnazione di una sua disposizione deve essere fatta davanti alla stessa Federazione e quindi davanti agli Organi della Giustizia Sportiva federale;

2) l’atto con il quale la Giunta Nazionale del CONI approva un Regolamento federale costituisce esercizio di una funzione di controllo che non comporta l’integrazione dei contenuti del Regolamento, ma ne determina la sua efficacia;

3) l’impugnazione (davanti agli Organi di Giustizia federale) di una disposizione regolamentare può essere fatta a decorrere dalla data di approvazione, da parte della Giunta Nazionale del CONI, del Regolamento, se la disposizione regolamentare è immediatamente lesiva, altrimenti dalla data dell’atto applicativo ritenuto lesivo.

Nelle stesse decisioni si è anche ricordato che:

- ai sensi dell’art. 7, comma 1, dello Statuto, la Giunta Nazionale del CONI “è l’organo di indirizzo, esecuzione e controllo dell’attività amministrativa del CONI; esercita il controllo sulle Federazioni sportive nazionali e Discipline sportive associate - e, attraverso queste, sulle loro articolazioni interne - e sugli Enti di promozione sportiva”;

- il comma 5 dell’art. 7 indica, nel dettaglio, le attività che sono esercitate dalla Giunta Nazionale del CONI, attraverso le quali si esplicano le funzioni di indirizzo ed esecuzione dell’attività amministrativa del CONI e il controllo sulle Federazioni Sportive Nazionali e sulle Discipline Sportive Associate;

- l’art. 7, comma 5, alla lettera l), prevede, in particolare, che la Giunta Nazionale del CONI “approva, ai fini sportivi, gli statuti, i regolamenti per l’attuazione dello statuto, i regolamenti di giustizia sportiva e i regolamenti antidoping delle Federazioni sportive nazionali e delle Discipline sportive  associate,  valutandone  la  conformità alla  legge,  allo  Statuto  del  CONI,  ai  principi fondamentali, agli indirizzi e ai criteri deliberati dal Consiglio Nazionale, rinviandoli eventualmente entro il termine di novanta giorni alle Federazioni sportive nazionali ed alle Discipline sportive associate per le opportune modifiche”.

Le Sezioni Unite hanno anche osservato che, dalle disposizioni contenute nello Statuto del CONI, si rileva che la Giunta Nazionale, che costituisce l’organo di amministrazione attiva dell’Ente, esercita anche una funzione di “controllo” sulle Federazioni Sportive Nazionali e sulle Discipline Sportive Associate, che si esplica attraverso la verifica della “conformità alla legge, allo Statuto del CONI, ai principi fondamentali, agli indirizzi e ai criteri deliberati dal Consiglio Nazionale” dello Statuto e dei principali atti regolamentari delle Federazioni Sportive Nazionali e delle Discipline Sportive Associate. Nel rispetto dell’autonomia che è stata riconosciuta alle Federazioni Sportive Nazionali con il decreto legislativo n. 242 del 23 luglio 1999 (decreto Melandri), “il CONI, da un lato, quindi, detta alle Federazioni principi fondamentali, indirizzi e criteri, che sono deliberati dal Consiglio Nazionale (del quale fanno parte anche i Presidenti delle Federazioni Sportive) e, dall’altro, con la Giunta Nazionale, verifica la legittimità degli atti regolamentari adottati dalle Federazioni Sportive e la loro conformità non solo alla legge, ma anche allo Statuto del CONI, ai principi fondamentali e agli indirizzi e ai criteri deliberati dal Consiglio Nazionale”.

1.1.3.   Non si può, quindi, sostenere che la normativa federale avrebbe dovuto essere disapplicata per il contrasto con la normativa regolamentare del CONI di rango sovraordinato per tutte le ragioni che si sono indicate, riguardanti la vigenza della disciplina processuale federale e la sua riconosciuta coerenza con i principi stabiliti dal CONI, accertata con la sua approvazione da parte dalla Giunta Nazionale del CONI. Peraltro, la disciplina contenuta nel Codice di Giustizia della FIGC è una disciplina che, anche in tema di revocazione, risulta articolata ed organica (più di quella dettata nel CGS del CONI) ed evidentemente è stata formulata per le esigenze della Federazione, nei limiti della sua riconosciuta autonomia.

Nella sentenza impugnata è la stessa Corte Federale (a pag. 20) a ricordare che “il legislatore federale, tenuto conto della peculiarità del giudizio sportivo e delle esigenze di effettività della giustizia sportiva, “ha operato un’estensione delle ipotesi di possibilità di ricorso alla revocazione, in funzione del perseguimento ed attuazione del principio di effettività e nella prospettiva di dare soddisfazione all’esigenza di rimuovere dall’ordinamento sportivo decisioni che, per uno dei tassativi casi indicati, appaiano, nella sostanza, distorsive del senso di giustizia. Ha, in altri termini, valorizzato l’istituto di cui trattasi quale rimedio concreto alle possibili ingiustizie che possono essere frutto di una decisione errata” (ex multis Corte federale d’appello, SS.UU., n. 46/2015- 2016)”.

1.1.4.   Né tale disciplina può ritenersi in contrasto con i principi sul giusto processo, tenuto conto che, anche su fatti nuovi e decisivi che possono essere oggetto di una possibile revocazione di una precedente decisione, ai sensi del contestato art. 63, comma 1, lettera d), del CGS della FIGC, le parti hanno la possibilità di difendersi nella nuova (eventuale) fase del giudizio davanti alla Corte Federale d’Appello, come è avvenuto nella fattispecie, e possono in tale sede far valere ogni eventuale loro ragione.

1.2. Anche le altre censure sollevate con il primo motivo di ricorso possono essere esaminate congiuntamente in quanto con le stesse si contesta che vi fossero comunque, in concreto, i presupposti per fare applicazione della disposizione contenuta nell’art. 63, comma 1, lettera d), del CGS della FIGC, secondo cui le decisioni adottate dagli organi di giustizia sportiva, inappellabili o divenute irrevocabili, possono essere impugnate per revocazione innanzi alla Corte Federale di appello “se è stato omesso l’esame di un fatto decisivo che non si è potuto conoscere nel precedente procedimento, oppure sono sopravvenuti, dopo che la decisione è divenuta inappellabile, fatti nuovi la cui conoscenza avrebbe comportato una diversa pronuncia”.

1.2.1. Anche tali censure, nei diversi profili indicati, sono infondate.

Il ricorso per revocazione proposto dalla Procura Federale e la successiva decisione della Corte Federale d’Appello fanno, infatti, chiaro riferimento a fatti nuovi e decisivi che non erano conosciuti nei precedenti gradi di giudizio (che si erano conclusi con il proscioglimento dei deferiti) e che se, viceversa, fossero stati conosciuti avrebbero condotto ad una pronuncia diversa.

Sulla base dei nuovi elementi acquisiti, ai quali la Corte Federale fa ampio riferimento nella motivazione della sua decisione, la stessa Corte ha, quindi, ritenuto ammissibile il ricorso per revocazione, anche sul punto con ampia motivazione, per poi ritenerlo anche fondato nel merito nel giudizio rescissorio.

L’acquisizione dei nuovi documenti ha, dunque, consentito alla Corte d’Appello Federale di effettuare una nuova valutazione e una nuova qualificazione dei fatti anche in relazione all’elemento soggettivo e, comunque, di avere una nuova chiave di lettura complessiva, anche grazie agli elementi emersi dalla nuova documentazione acquisita, tanto che, appunto, se fossero stati conosciuti prima avrebbero determinato conclusioni diverse e, quindi, una pronuncia diversa.

1.2.2.   Non è fondata, quindi, la censura, che sarà poi oggetto di più approfondita analisi nell’esame dei successivi motivi di ricorso riguardanti l’oggetto del deferimento e poi della condotta ritenuta sanzionabile, secondo cui il giudicato formatosi  sul proscioglimento nei precedenti gradi di giudizio, determinato dalla carenza di elementi tali da individuare plusvalenze sanzionabili per la mancanza di parametri certi di riferimento, non poteva consentire un nuovo giudizio e poi una nuova sentenza (questa volta di condanna) nella perdurante assenza di tali parametri certi di riferimento.

I nuovi fatti e nuovi elementi, conosciuti dopo le sentenze di proscioglimento, se conosciuti prima avrebbero potuto, infatti, portare, secondo la Procura Federale e, poi, secondo la Corte Federale, ad una diversa pronuncia, con un giudizio prognostico che non può essere censurato (nella fase rescindente) perché non può essere considerato manifestamente illogico (come poi accertato nella fase rescissoria) anche a prescindere, come anche la Corte Federale ha ben chiarito, dalla questione sulla quale i ricorrenti ancora insistono, riguardante la permanente carenza di elementi certi di riferimento sulla base dei quali determinare il valore di un calciatore e quindi l’eventuale plusvalenza non lecita.

1.2.3.   I fatti emersi dagli atti successivamente acquisiti dopo le due precedenti sentenze federali di proscioglimento sono, peraltro, pacificamente rilevanti ai fini disciplinari, come ritenuto dalla Corte Federale, e quindi decisivi ai fini di un rinnovato giudizio che poteva essere solo di revocazione, in relazione ai fatti già contestati, tenuto conto che il giudizio su tali contestazioni si era concluso con il proscioglimento dei deferiti a causa anche della mancata conoscenza degli elementi che erano stati poi trasmessi dalla Procura della Repubblica di Torino.

1.2.4.   Certamente infondata, in fatto, e comunque non provata, è poi la tesi secondo cui gli elementi acquisiti fossero stati, in realtà, già conosciuti dalla Procura Federale.

Risulta, invece, dagli atti che solo a seguito dell’invio, da parte della Procura della Repubblica di Torino, di una molto consistente mole di documenti, la Procura Federale ha potuto avere esatta cognizione dei fatti nuovi che hanno poi condotto alla richiesta di revocazione e alla successiva decisione della Corte Federale d’Appello oggetto di impugnazione davanti a questo Collegio di Garanzia.

In tale contesto, non ha alcun rilievo neanche l’eventuale riferimento, fatto nei precedenti gradi di giudizio, ad elementi di prova  già prima ricavabili dalle indagini penali della Procura  della Repubblica di Torino o il riferimento ai decreti di perquisizione del 24 novembre 2021.

1.2.5.   Né, per quanto esposto, può ritenersi in alcun modo violato il principio del ne bis in idem, che è proprio anche della giustizia sportiva, come riconosciuto anche dalla stessa Corte Federale d’Appello nella decisione impugnata.

1.2.6.   Neppure, considerate le esigenze di celerità che connotano la giustizia sportiva, può essere censurata la circostanza che il giudizio federale sulle plusvalenze si era concluso prima della avvenuta acquisizione di tutto il materiale che, anche sulle plusvalenze, è stato poi trasmesso da parte della Procura della Repubblica di Torino, che ha poi determinato la fase del giudizio di revocazione.

2. Con il secondo motivo, in tutti i ricorsi, è stata sostenuta l’illegittimità della decisione della Corte Federale per la violazione dell’art. 54 del Codice di Giustizia Sportiva del CONI, in relazione agli artt. 111 e 24 della Costituzione e dell’art. 6 del C.E.D.U., nonché degli articoli 2 del CGS CONI e 44 del CGS FIGC, per la violazione dei principi del contraddittorio e del giusto processo, nonché per la violazione del diritto di difesa, in ragione della modifica del thema decidendum, con la conseguente mancata correlazione tra la contestazione, avvenuta con l’atto di deferimento del 1° aprile 2022, e la decisione del 30 gennaio 2023.

I ricorrenti hanno lamentato la violazione dei principi del giusto processo, del contraddittorio e della parità delle parti, rilevando come nel procedimento penale sussista il principio di correlazione tra l’imputazione contestata e la sentenza, ai sensi degli artt. 521 e 522 c.p.p., e, nel procedimento civile, il criterio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, ex art. 112 c.p.c.

2.1. I ricorrenti, in particolare, sostengono che, nell’atto di deferimento, la contestazione mossa per l’alterazione dei documenti contabili con le plusvalenze fittizie era relativa a n. 15 operazioni

c.d. “incrociate”,  per  avere  indicato  “un corrispettivo  superiore al reale”  nelle  “variazioni  di tesseramento” e nei “relativi accordi di cessione”, per la “sopravvalutazione del corrispettivo di cessione dei diritti alle prestazioni dei calciatori coinvolti nei trasferimenti”, così come sarebbe emerso dal “raffronto” tra “i valori attribuiti a ciascun diritto scambiato dalle Società coinvolte nelle compravendite ed i valori determinati sulla base della metodologia adottata dalla Procura Federale”, che si era avvalsa anche dei “modelli algoritmici” (rivelatisi inesistenti) “sviluppati dal sito consultato” dalla stessa Procura Federale (Transfermarkt).

Ciò nonostante, a fronte di una contestazione relativa alla violazione dell’art. 31 del CGS FIGC e la richiesta della condanna ad una ammenda di 800mila euro, la Corte Federale, in sede di revocazione, ha condannato i deferiti: i) per aver creato un vero e proprio “sistema fraudolento in partenza”, che si sostanzierebbe nell’“essersi volutamente sottratti alla potenziale applicazione dello IAS 38 (paragrafo 45)”; ii) per l’“’intenzionalità volta ad evitare la ricostruzione delle operazioni … quale permuta”; iii) per le “operazioni di nascondimento” e iv) per l’“inevitabile alterazione del risultato sportivo”, così incentrando la pronuncia di condanna sulla violazione - non più e non tanto dell’art. 31, comma 1, CGS, ma - dell’art. 4 del CGS della FIGC.

2.1.1.   La decisione impugnata sconfinerebbe, quindi, in un contesto che è al di fuori del quadro fattuale descritto e delimitato dall’atto di deferimento. Si afferma, infatti, nella sentenza impugnata che «ciò che oggi è mutato è proprio il quadro fattuale nel quale ci si muove, che è radicalmente diverso da quello esaminato dalla decisone revocata. Non si tratta di discutere della legittimità di un determinato valore in assoluto […] Si tratta invece di valutare comportamenti (scorretti) e gli effetti  di  tali  comportamenti  sistematici  e ripetuti  sul  bilancio».  In  conseguenza,  secondo  i ricorrenti, la CFA avrebbe emanato una pronuncia radicalmente priva di correlazione con l’accusa oggetto di deferimento.

2.1.2.   La condanna, aggiungono i ricorrenti, è, quindi, intervenuta - peraltro nella sede straordinaria ed eccezionale della revocazione, a fronte di un proscioglimento già definitivo - per illeciti nettamente diversi da quelli oggetto del deferimento.

Ciò ha comportato la mancanza di contraddittorio sui temi che hanno fondato la decisione, nonché la palese violazione dei principi del giusto processo e delle connesse prerogative difensive.

2.1.3.   In particolare, i ricorrenti evidenziano che la Corte Federale ha dato rilievo, nella motivazione della sua decisione, all’operazione Pjanic/Arthur, che non compariva nell’atto di deferimento tra le operazioni oggetto di verifica ed era stata considerata dall’Ufficio come regolare. L’aver la Corte Federale riportato nel corpo della motivazione tale operazione di mercato, nella parte relativa alla condanna per la sanzione ex art. 4, comma 1, del CGS FIGC, rappresenterebbe quindi una aperta violazione degli artt. 111 e 24 Cost., dell’art. 6 C.E.D.U., nonché degli artt. 2 CGS CONI e 44 CGS FIGC, avendo la Corte Federale condannato i deferiti per un’infrazione mai contestata nel procedimento.

2.1.4.   I vizi lamentati, secondo i ricorrenti, colpirebbero la decisione impugnata anche nella parte relativa alla ’“alterazione del risultato sportivo”. Infatti, dal deferimento fino al ricorso per revocazione, la Procura Federale non aveva mai prospettato l’evento di “alterazione del risultato sportivo” come un effetto conseguente all’asserita irregolarità nella contabilizzazione delle plusvalenze da operazioni c.d. incrociate. L’evento in questione – evocato per la prima volta dalla Procura Federale nella requisitoria all’udienza del giudizio sulla revocazione (in data 20 gennaio 2023) – è, dunque, oltre che infondato, palesemente estraneo ai capi di incolpazione del procedimento.

2.1.5.   A tali violazioni i ricorrenti riconducono l’erronea applicazione di una sanzione qualitativamente diversa rispetto a quelle richieste con il deferimento, in quanto, a fronte della contestazione della violazione dell’art. 31, comma 1, CGS FIGC, con la richiesta di irrogazione di una ammenda, la CFA ha inflitto una sanzione ben più grave, riconducendo la condotta nell’alveo dell’art. 4 CGS della FIGC.

2.1.6.   Tale vizio, concludono i ricorrenti, non potrebbe essere sanato e comporterebbe un annullamento senza rinvio della pronuncia impugnata.

2.2. Il motivo non è fondato.

La questione che aveva condotto al deferimento degli attuali ricorrenti era la ritenuta avvenuta reiterata alterazione delle evidenze contabili per effetto di numerose plusvalenze i cui valori erano stati ritenuti fittizi.

Il Tribunale Federale, in primo grado, e la Corte Federale d’Appello, nella precedente fase del giudizio, avevano prosciolto i deferiti perché non era stato possibile accertare l’effettiva alterazione dei valori indicati a causa della mancanza di elementi certi di riferimento sul valore dei calciatori. Non erano, infatti, stati ritenuti sicuramente attendibili i dati indicati anche dalla Procura acquisiti dal sito “Transfermarkt”.

Dopo il proscioglimento dei deferiti la Procura Federale ha, tuttavia, ricevuto una rilevantissima documentazione dalla Procura della Repubblica di Torino, dalla quale è emerso che effettivamente, come la Procura aveva sostenuto sin dal suo iniziale deferimento, vi era stata una voluta reiterata alterazione delle evidenze contabili per effetto di numerose plusvalenze i cui valori erano fittizi.

Non vi è, quindi, alcun mutamento del thema decidendum, come hanno sostenuto i ricorrenti, né la conseguente mancata correlazione tra la contestazione, avvenuta con l’atto di deferimento, e la sanzione irrogata.

Gli atti trasmessi dalla Procura della Repubblica di Torino e acquisiti dalla Procura Federale hanno solo consentito di dare piena contezza del sistema che era stato posto in essere dai deferiti per alterare le operazioni di trasferimento dei calciatori con plusvalenze sostanzialmente sganciate dai valori di mercato e con alterazione delle evidenze contabili. Dalla nuova documentazione acquisita è, peraltro, emerso con chiarezza che tali alterazioni non erano frutto di operazioni isolate, ma vi era una preordinata sistematicità delle condotte, con il “disvelamento della intenzionalità sottostante all’alterazione delle operazioni di trasferimento e dei relativi valori” e “l’assenza di un qualunque metodo di valutazione delle operazioni di scambio”.

Come ha correttamente ricordato la Corte Federale (alle pagg. 24/25), “La decisione n. 0089/CFA/2021-2022 aveva affermato del tutto condivisibilmente che “l’assenza di parametri normativamente sanciti rende particolarmente delicata l’operazione di sceverare operazioni (plusvalenti) che, con ragionevole certezza giudiziale, possano essere considerate rilevanti sotto il profilo disciplinare”. Ciò, ovviamente, nel presupposto - mai messo in discussione dalla decisione

- che la realizzazione di una plusvalenza fosse effetto legittimo di una operazione di vendita o scambio, non potendo l’interprete affidarsi al solo sospetto di una eventuale (appunto) fittizietà. Per questo la decisione qui revocata precisava anche che eventuali contestazioni disciplinari dovessero basarsi sulla ragionevole certezza dell’illecito e non sulla probabile verificazione di esso. Inoltre, la decisione rilevava che l’assenza di un unico metodo codificato di valutazione non poteva “legittimare l’iscrizione in bilancio di diritti per qualsiasi importo, svincolati da considerazioni inerenti all’utilità futura del diritto nonché [da] elementi di coerenza della transazione” posto che altrimenti  argomentando  si  “renderebbe  legittima  qualsiasi  plusvalenza  e  [si]  introdurrebbe un’anarchia valutativa che nessun sistema - e quindi neanche quello federale - può tollerare”. Un metodo vi deve essere. E deve essere razionale, verificabile e ovviamente non discrezionale”. Un simile arresto, ha aggiunto la Corte Federale, “è condivisibile anche oggi. Ma ciò che oggi è mutato è proprio il quadro fattuale nel quale ci si muove, che è radicalmente diverso da quello esaminato dalla decisione revocata. Non si tratta di discutere della legittimità di un determinato valore in assoluto. Né di operare una valutazione del prezzo scambiato. Si tratta invece di valutare comportamenti (scorretti) e gli effetti di tali comportamenti sistematici e ripetuti sul bilancio. La Corte federale n. 0089/CFA/2021-2022, però, proprio su un tale profilo, aveva avvertito che non qualsiasi plusvalenza è legittima. Aveva poi segnalato il fatto che la carenza di parametri non consentiva di tradurre il sospetto in violazione, per questo chiedendo l’introduzione di disposizioni che operassero da sentinella anticipata rispetto a fenomeni che invece di essere fisiologici si trasformino in patologici”. Ma, ha ancora aggiunto la Corte Federale, “avere affermato un tale principio non legalizzava qualunque comportamento. Sotto tale profilo, la decisione revocata non ha nulla a che vedere con una preordinata intenzione di non utilizzare alcun metodo se non quello di una ricerca artificiale di plusvalenze come obiettivo e non come effetto delle operazioni condotte”.

2.2.1.   Non è, quindi, mutato il thema decidendum, come sostengono i ricorrenti, ma è il quadro probatorio emerso dai documenti trasmessi dalla Procura della Repubblica che si è rafforzato in modo decisivo (e con elementi nuovi e non conosciuti), tanto da poter giustificare la richiesta di revocazione della sentenza  di assoluzione  già emessa sulla base del materiale  probatorio all’epoca a disposizione della Procura Federale e sulla base del quale gli organi della Giustizia Federale avevano pronunciato l’assoluzione dei ricorrenti.

2.2.2.   Dai nuovi elementi emersi e, quindi, dai nuovi “fatti” che hanno giustificato la revocazione della precedente sentenza di assoluzione, si è potuto rilevare l’esistenza di comportamenti non corretti “sistematici e ripetuti”, frutto di un disegno preordinato di alterazione delle operazioni di trasferimento e dei relativi valori, che hanno prodotto chiari effetti (che erano voluti dagli stessi attori) sui documenti e sui valori contabili della società e, quindi, considerata la rilevanza degli elementi emersi, anche sulla sua leale partecipazione alle competizioni sportive.

Tali nuovi elementi, di cui non disponevano gli organi della Giustizia Federale nella precedente fase del giudizio, non hanno, quindi, mutato il reale oggetto dell’incolpazione, ma hanno solo arricchito in modo decisivo il quadro fattuale e ne hanno definito molto meglio i contenuti, dando contezza della fondatezza del deferimento che si basava (e non poteva essere diversamente) sugli atti e i fatti all’epoca a disposizione degli organi della Giustizia Federale.

2.2.3.   Acquisita tale nuova documentazione, peraltro, la Procura Federale non avrebbe potuto avviare un nuovo procedimento, sebbene confortato da tale consistente nuovo materiale probatorio, e non avrebbe potuto quindi contestare nuovamente l’avvenuta reiterata alterazione delle evidenze contabili per effetto di numerose plusvalenze i cui valori erano stati ritenuti fittizi, poiché sarebbe incorsa inevitabilmente nel vizio del “ne bis in idem”.

Correttamente, quindi, la Procura Federale ha ritenuto di riaprire, attraverso la revocazione prevista dall’art. 63, comma 1, del CGS della FIGC, il giudizio che si era concluso, per la questione delle plusvalenze, con l’assoluzione dei deferiti.

Mentre per altre e diverse questioni, pure emerse dagli atti trasmessi dalla Procura della Repubblica di Torino, la Procura Federale ha avviato un nuovo procedimento, ancora in corso, a carico anche di gran parte dei soggetti ora ricorrenti.

2.2.4.   Peraltro, nella fase del giudizio di revocazione le parti hanno potuto far valere, davanti alla Corte Federale d’Appello, tutte le loro eventuali ragioni, con ciò dovendosi escludere qualsiasi violazione dei principi del giusto processo, del contraddittorio e della parità delle parti.

2.2.5.   Non è poi fondata la questione riguardante la tipologia di sanzione irrogata in concreto dalla

Corte Federale d’Appello nella contestata decisione (per la Juventus la penalizzazione di punti in classifica e non la semplice ammenda per la violazione dell’art. 31 del R.G.S.), tenuto conto che è nelle prerogative dell’organo giudicante non solo dare l’esatta qualificazione giuridica dei fatti contestati, ma anche (in concreto) irrogare una sanzione adeguata, fra quelle previste, per l’illecito accertato, dal Codice di Giustizia.

In conseguenza, non ha rilievo la circostanza che alla Juventus era stata contestata, in sede di deferimento, solo la violazione dell’art. 31, comma 1, del Regolamento di Giustizia, con la conseguente possibile applicazione di una semplice ammenda, avendo poi la Corte Federale chiaramente indicato nelle sue motivazioni le ragioni per le quali, sulla base dei nuovi fatti, doveva essere applicata la sanzione prevista per la violazione dei principi di lealtà e correttezza di cui all’art. 4, comma 1, del CGS della FIGC.

2.2.6.   Peraltro, la Juventus, in quanto società, risponde comunque, ai sensi dell’art. 6 del Regolamento di Giustizia della FIGC, per le azioni commesse dai suoi rappresentanti e dirigenti nei confronti dei quali era stata contestata anche la violazione dell’art. 4 del CGS della FIGC, che impone ai soggetti di cui al precedente art. 2 (società, dirigenti, atleti, tecnici, e ogni altro soggetto che svolge attività di carattere agonistico, tecnico, organizzativo, decisionale o comunque rilevante per l’ordinamento federale) il rispetto delle norme federali e l’osservanza dei principi della lealtà, della correttezza e della probità in ogni rapporto comunque riferibile all'attività sportiva.

2.2.7.   Né ha alcun rilievo la circostanza che, nella decisione impugnata, non risulterebbe richiamato il suddetto articolo 6 del CGS, posto che tale articolo è comunque quello che detta la disciplina per la responsabilità delle società sportive che, ai sensi del comma 1, rispondono direttamente dell’operato di chi la rappresenta e, al comma 2, rispondono, ai fini disciplinari, dell’operato dei dirigenti, dei tesserati e degli altri soggetti indicati nel precedente articolo 2, comma 2.

3.1. Con il terzo motivo, in tutti i ricorsi si sostiene la violazione dell’art. 54 del CGS CONI, in relazione agli artt. 111 e 24 Cost., 6 C.E.D.U., 2 CGS CONI e 44 C.G.S. FIGC, oltre che agli artt. 4, comma 1, e 31, comma 1, CGS FIGC, per la violazione dei principi del contraddittorio e del giusto processo, nonché per la violazione del diritto di difesa, in correlazione al richiamo al principio contabile IAS 38 § 45 e ss. e, in ogni caso, insufficiente motivazione in ordine alla ritenuta violazione disciplinare ex art. 4 CGS FIGC in rapporto ad un principio contabile non rilevante e nemmeno accertato come applicabile.

I ricorrenti si soffermano sulla parte della decisione impugnata  in cui è stata accertata  la responsabilità dei deferiti e della Società in ordine alla «violazione quanto meno dell’art. 4, comma 1, CGS» per «essersi volutamente sottratti alla potenziale applicazione dello IAS 38 (paragrafo 45), quale che ne fosse l’esito» mediante una «preordinata strutturazione e trattamento delle operazioni come apparentemente indipendenti e in modo tale da impedire in partenza la relativa qualificazione come permute».

Secondo l’interpretazione offerta dalla Corte Federale d’Appello, i deferiti avrebbero, infatti, posto in essere operazioni c.d. incrociate come «apparentemente indipendenti», in modo da evitare una loro riconducibilità all’istituto della permuta, la quale avrebbe determinato, in relazione a tali operazioni, la “potenziale” applicazione della regola contabile dello IAS 38 §45, che precluderebbe di iscrivere la plusvalenza derivante da una operazione di permuta di attività immateriali; condotta che, secondo la Corte Federale d’Appello, integrerebbe una violazione del principio di lealtà sportiva di cui all’art. 4, comma 1, CGS FIGC.

Tale impostazione sarebbe, secondo la tesi dei ricorrenti, viziata da una macroscopica violazione di legge rispetto al profilo normativo della pretesa violazione della lealtà sportiva, nonché da evidenti lacune nella motivazione in quanto:

i) il principio contabile applicato da Juventus (e da tutta la football industry), ossia lo IAS 38, §§ 25 e ss. e 113 (applicabile alle “dismissioni” di asset immateriali), è stato applicato dalla CONSOB alle operazioni incrociate per la prima volta nel procedimento riguardante la Società nell’ambito del procedimento finalizzato all’adozione della misura prevista dall’art. 154-ter, comma 7, D.lgs.

n.  58  del  1998,  notificata  alla  Juventus  in  data  28  luglio  2022.  Si  tratterebbe,  tuttavia,  di un’interpretazione estensiva che in Italia nessun club calcistico - quotato o non quotato - ha mai adottato in relazione alle plusvalenze derivanti da operazioni c.d. incrociate e la cui applicabilità nel settore non è mai stata nemmeno ipotizzata da nessuno dei molteplici soggetti ed Autorità (ivi inclusi la stessa Procura Federale, la Co.Vi.So.C., la Uefa o altri organismi nazionali o internazionali) che hanno nel tempo esaminato, anche dal punto di vista contabile, le operazioni

c.d. incrociate realizzate dalle società calcistiche (tale circostanza emergerebbe chiara dalla “Relazione per la Commissione” del 22 luglio 2022 della stessa CONSOB). Pertanto, non sarebbe possibile ipotizzare la violazione dell’art. 4 CGS FIGC, né quella dell’art. 31, comma 1, per la violazione di un principio contabile mai affermato prima nel settore;

ii) atteso che, come detto, l’applicazione di tale regola alle operazioni c.d. incrociate nel senso prospettato dalla CONSOB solo post luglio 2022 è tutt’altro che pacifica, la decisione della CFA sarebbe assolutamente carente di motivazione in quanto si limita a rilevare che «l’intenzionalità volta ad evitare la ricostruzione delle operazioni sopra menzionate quale permuta e dunque l’intenzionalità mostrata ad evitare di dover verificare, volta per volta, l’effettiva applicabilità per la FC Juventus di eventuali limiti contabili alla legittimità della plusvalenza (o delle immobilizzazioni ottenute per lo scambio) è comportamento sufficiente alla violazione dell’art. 4 comma 1 CGS», giungendo ad una netta e, in tesi, frettolosa conclusione: «i bilanci della FC Juventus S.p.A. (cui Consob si riferisce) semplicemente non sono attendibili» (cfr. p. 31 della decisione impugnata);

iii) risulterebbe del tutto  carente  la  motivazione  della  CFA  relativa  al  tema  centrale  della «preordinata strutturazione e trattamento delle operazioni come apparentemente indipendenti e in modo tale da impedire in partenza la relativa qualificazione come permute» (p. 23), nella misura in cui, secondo la ricostruzione della Corte  stessa, la qualificazione come  “permuta”  delle operazioni in contestazione determinerebbe di per sé l’impossibilità di iscrizione della relativa plusvalenza. Invero, dal tenore dello stesso IAS 38 §45 (si fa riferimento alla CTP depositata in sede di revocazione), la qualificazione in termini di “permuta” di una determinata operazione non sarebbe affatto sufficiente ad escludere la legittima registrazione della plusvalenza (affermano, in tal senso, i ricorrenti che «Infatti, perché sia preclusa l’iscrizione della plusvalenza derivante da una operazione qualificata come permuta, sono normativamente necessarie due ulteriori congiunte condizioni, ossia che: a) le operazioni non abbiano sostanza commerciale (cioè che non vi sia una differenza significativa nei flussi finanziari delle attività scambiate oppure del fair value di tali attività); b) non sia possibile misurare attendibilmente il fair value (ovvero un valore stimabile con sufficiente range di approssimazione) dei diritti alle prestazioni sportive dei calciatori coinvolti nelle operazioni considerate permute»).

I ricorrenti, inoltre, sottolineano una contraddizione della decisione impugnata dovuta al proscioglimento delle altre società deferite (che hanno contabilizzato in egual modo nei propri bilanci le relative plusvalenze). Ma, rilevano i ricorrenti, se davvero si fossero concluse operazioni di compravendita produttive di plusvalenze fittizie, occorrerebbe necessariamente l’intesa tra due parti contrattuali. Invero, la simulazione nella compravendita di un valore fittizio, dissimulando il valore reale, implica il necessario e ontologico contributo consapevole di due parti dell’accordo (cfr. art. 1414 c.c.). In argomento, si contesta la decisione della Corte Federale d’Appello ove si afferma che il predetto principio contabile non troverebbe “applicazione (nei medesimi termini) per le società italiane non quotate” e che “non può esservi alcuna sistematicità da contestare in una singola operazione”, ragioni per le quali gli altri deferiti sono stati prosciolti (cfr. p. 34 della decisione). Ebbene, secondo la prospettazione  dei ricorrenti, nonostante  i principi contabili nazionali OIC non disciplinino espressamente la contabilizzazione della permuta di attività immateriali, il principio contabile OIC 16 §82 e 83 regola la contabilizzazione della permuta di immobilizzazioni materiali in termini analoghi a quanto previsto dal principio IAS 38 §45. In secondo luogo, si rimarca che la Corte Federale d’Appello, da una parte, ha sostenuto la mancanza di “illiceità” nonché “l’assenza di prove oggettive della violazione” (cfr. p. 34) in capo alle controparti contrattuali di Juventus, dall’altra parte, ha affermato che tali valutazioni non rilevano, se considerate dal lato della Juventus. Pare evidente, in tesi, che, se difetta l’illiceità di una condotta posta in essere da due soggetti, entrambi i soggetti devono essere prosciolti.

3.2. Il motivo è infondato in tutti i suoi profili.

Si deve preliminarmente ricordare che, per giurisprudenza costante, il Collegio di Garanzia, in quanto giudice di legittimità, non può entrare nel merito delle valutazioni compiute dagli organi di giustizia delle Federazioni a meno che tali valutazioni non siano state determinate da evidenti errori di fatto o siano viziate per manifesta illogicità.

Tali vizi non si manifestano nella decisione impugnata, che ricostruisce con precisione tutti gli elementi fattuali sulla base dei quali è stata adottata e, con una motivazione assolutamente congrua, ne trae le conclusioni ai fini dell’applicazione delle sanzioni previste dal CGS della FIGC. In particolare, gli stessi elementi che sono stati posti a base del giudizio rescissorio, ulteriormente integrati nella motivazione, sono stati correttamente utilizzati ai fini del giudizio rescindente.

In tale contesto, non possono essere censurati singoli elementi della amplissima motivazione se non per la loro manifesta erroneità, tale da avere condotto ad un travisamento della realtà che si è riprodotta sull’esito del giudizio.

3.2.1.   In relazione alla questione riguardante i limiti del sindacato del Collegio di Garanzia, che si ripropone anche nella vicenda in esame, si deve ribadire che tale sindacato è solo di legittimità e

che, pertanto, come è stato più volte ricordato, al Collegio è preclusa una nuova valutazione sulla rilevanza disciplinare dei fatti quando questi siano stati già compiutamente valutati dal giudice federale ed indicati nella motivazione della decisione adottata.

Con la decisione a Sezioni Unite n. 41 del 2021, il Collegio di Garanzia, ribadendo precedenti decisioni, ha ricordato che “Non sono ammissibili dinanzi al Collegio le doglianze riguardanti la valutazione dei fatti che hanno originato il contenzioso e le critiche che si sono appuntate sulle valutazioni della Corte di Appello Federale in merito agli elementi istruttori acquisiti al giudizio; di talché, la verifica logica della motivazione – spettante al Collegio di Garanzia in sede di legittimità

- non può mai debordare in una vera e propria ricostruzione alternativa dei fatti accertati, nell’allegazione della debolezza di alcune prove ritenute, invece, rilevanti dalla decisione impugnata, o ancora in una ricostruzione dei fatti, posti a fondamento di sanzioni, secondo una diversa prospettazione dei tempi, dei fatti salienti, e persino del rilievo di alcuno tra i soggetti coinvolti nel portare a termine l’azione”. Tali principi, per le Sezioni Unite, sono coerenti anche con quanto affermato dalla Corte di Cassazione, secondo cui la valutazione delle risultanze delle prove e il giudizio sull'attendibilità dei testi, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice di merito, il quale è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove che ritenga più attendibili, senza essere tenuto ad un'esplicita confutazione degli altri elementi probatori non accolti, anche se allegati dalle parti. Con la conseguenza che deve ritenersi inammissibile il ricorso che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, miri in realtà ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito.

3.2.2. Nella fattispecie, la sentenza impugnata si basa, come si è detto, su un solido complessivo impianto motivazionale e non si manifesta un evidente travisamento della realtà, a prescindere dalle valutazioni che possono essere fatte su singoli punti della motivazione che non sono comunque decisivi sull’esito del giudizio.

3.3. Ciò premesso, si deve osservare che il riferimento al principio contabile IAS (International Accounting Standards) 38, §§ 45, sul quale, in particolare, si sono soffermati gli avvocati difensori nell’udienza dibattimentale del 19 aprile 2023, costituisce solo una parte della motivazione di una decisione che richiama tale principio in alcuni brevi periodi, nelle pagine 23 e 24, e che risulterebbe comunque coerente e non manifestamente illogica anche a prescindere da tale riferimento.

Il principio contabile appare, peraltro, correttamente e compiutamente analizzato dalla Corte Federale d’Appello.

Va ricordato che si tratta di un principio contabile internazionale approvato dal Board dello IASC nel luglio del 1998 e che è entrato in vigore a partire dai bilanci degli esercizi con inizio dal 1° luglio 1999.

Come chiarito anche dall’IFRS – International Financial Reporting Standards, la finalità di questo principio è quella di definire il corretto trattamento contabile delle attività immateriali non specificamente trattate in altri Principi Contabili Internazionali. Esso precisa come determinare il valore contabile delle attività immateriali.

Non si tratta, quindi, di un principio “nuovo” che non poteva essere applicato che successivamente alla più volta citata delibera della CONSOB del luglio 2022.

Peraltro, in ragione delle connotazioni societarie della Juventus F.C. S.p.A. – società quotata nei mercati regolamentati -, alla stessa sono applicabili i principi contabili internazionali IAS/IRFS, ai sensi del D.lgs. 28 febbraio 2005, n. 38, tra i quali rileva, come peraltro riportato nella impugnata decisione, lo IAS38, paragrafo 45, il quale fa riferimento alle attività immateriali il cui costo è valutato al fair value (valore equo).

La peculiarità del sistema  regolamentare  delle società calcistiche professionistiche, e della disciplina loro riservata dalle norme federali, non può comunque derogare a quanto previsto dai Principi Contabili OIC e dagli ulteriori criteri generali contenuti nella disciplina nazionale codicistica e sovranazionale (Collegio di Garanzia, Sezioni Unite, sentenza n. 45/2022).

La decisione della Corte Federale d’Appello basa le sue motivazioni su un giudizio globale di valutazione dell’attendibilità dei bilanci ai fini della sussistenza della violazione dell’art. 4, comma 1, CGS, richiamando, preliminarmente, la differenza tra operazione a specchio o incrociata, apparentemente indipendente, e operazione a effetti permutativi, ritenendo rilevante “la preordinata strutturazione e trattamento delle operazioni come apparentemente indipendenti e in modo tale da impedire in partenza la relativa qualificazione come permute” e, quindi, l’essersi volutamente sottratti all’applicazione dello IAS38 (paragrafo 45), quale che ne fosse l’esito, citando anche la delibera CONSOB n. 22482/2022 a sostegno di tale tesi, avendo l’Organismo di Vigilanza contestato proprio la policy contabile applicata alle plusvalenze incrociate.

3.3.1.   Per quanto rileva ai fini del giudizio di legittimità, nella citata delibera si chiarisce che dalla verifica ispettiva è emerso che le operazioni di cessione e acquisizione dei diritti alle prestazioni sportive dei calciatori riproducono, nella sostanza, gli effetti di operazioni di permuta, in cui una o più attività viene acquisita in cambio di una o più attività non monetarie o di una combinazione di attività monetarie e non monetarie, sottolineando che per rappresentare la sostanza di tali operazioni, esse devono essere rappresentate in bilancio in maniera unitaria, applicando la disciplina dettata dal paragrafo 45 dello IAS 38 per le operazioni di permuta.

La Consob ha verificato operazioni incrociate effettuate nei bilanci 2020/2021 e le ha considerate erroneamente contabilizzate a causa della mancata applicazione del paragrafo 45 dello IAS 38. Trattandosi di permute, l’applicazione del predetto principio contabile non avrebbe consentito l’iscrizione della plusvalenza. Quantomeno 10 su 15 operazioni esaminate sarebbero state da rappresentare ai sensi del paragrafo 45 dello IAS 38, in applicazione del principio della sostanza sulla forma, come richiesto dai principi contabili internazionali IAS/IFIRS.

3.3.2.   Dal mutato quadro fattuale, “radicalmente diverso da quello esaminato nella decisione revocata”, anche a seguito dell’esame del copioso materiale trasmesso dalla Procura della Repubblica di Torino, sono, pertanto, emersi comportamenti non corretti, che hanno assunto il carattere della sistematicità e, quindi, effetti ripetuti sul bilancio societario.

Con un ragionamento privo di vizi logici e motivazionali tali verifiche contabili sono state ritenute concretizzare la fattispecie sanzionatoria prevista dall’art. 4, comma 1, del CGS FIGC.

3.3.3.   Peraltro, come si è già ricordato in precedenza, non vi è stata alcuna violazione del diritto di difesa, né tantomeno dei principi del contraddittorio e del giusto processo, atteso che sia i deferiti sia la Società hanno potuto pienamente esercitare il loro (insopprimibile) diritto di controdedurre nel corso del giudizio, poiché, come precisato nella sentenza impugnata, “fonte del quadro fattuale del quale si discute è per certo interamente rappresentata dalla Procura della Repubblica (cui si collega il procedimento CONSOB) e… dei relativi atti e documenti, utilizzabili in ogni tempo (art. 119, comma 6, CGS FIGC) le parti hanno avuto esatta e compiuta notizia”.

3.3.4.   Correttamente e sufficientemente motivata è la sentenza impugnata anche sul punto che specificamente affronta i riflessi sull’ordinamento sportivo e l’applicazione degli articoli 4 e 31, comma 1, CGS della FIGC, ricostruendo la gerarchia dei valori sportivi affermati con i principi di lealtà, imparzialità e trasparenza, che hanno  una valenza assoluta  tale  da rendere “meno stringenti le regole formali rispetto ad aspetti sostanziali che siano utili all’accertamento di tali valori”.

Né la Corte Federale d’Appello, formulando l’addebito disciplinare, ha omesso di indicare con chiarezza - proprio per assicurare il diritto di difesa in termini di effettività – quale fosse in concreto la condotta tenuta e quali le conseguenze di quest’ultima ai fini dell’applicazione dei predetti articoli del CGS FIGC.

3.4. Per converso e proprio in applicazione dei principi applicati e sopra richiamati nei confronti dei deferiti e della Società Juventus F.C. S.p.A., la Corte d’Appello Federale, con un procedimento logico-giuridico coerente e non viziato, si è espressa tenendo distinte le posizioni della Società Juventus F.C. S.p.A. e delle altre società deferite, motivando correttamente la sentenza impugnata sul diverso materiale probatorio acquisito dal quale è emerso il profilo di indiscutibile sostanziale differenza, consistente nell’occasionalità dei comportamenti ascrivibili alle predette società a differenza di quello della Juventus F.C. S.p.A., che è risultato connotarsi come “sistematico e non isolato”.

4.1.      Con il quarto motivo di ricorso, in tutti i ricorsi si sostiene la violazione di norme di diritto (ex art. 54 CGS CONI) in relazione agli artt. 25 Cost., 7 C.E.D.U. nonché 4, 30 e 31 CGS FIGC, per violazione del principio di materialità e del principio di legalità, con l’affermazione di un illecito non previsto dall’ordinamento sportivo.

Come già diffusamente argomentato, la Corte Federale avrebbe illegittimamente affermato l’esistenza di un sistema fraudolento volto intenzionalmente all’alterazione dei valori delle operazioni di trasferimento, violando “l’art. 4, comma 1, CGS oltre che l’art. 31, comma 1, CGS”. Tuttavia, e qui risiede la addotta violazione, la CFA avrebbe - previo esame delle 15 operazioni di compravendita contestate - in linea con l’atto di deferimento, dovuto dimostrare che le parti del contratto avessero lì indicato “un corrispettivo superiore al reale” nelle “variazioni di tesseramento” e nei “relativi accordi di cessione” (pp. 111-113 e 154-156 del deferimento), per la “sopravvalutazione del corrispettivo di cessione dei diritti alle prestazioni dei calciatori coinvolti nei trasferimenti” (p. 11 del deferimento).

La circostanza che ciò non sia accaduto (facendo riferimento esclusivamente alle operazioni Tongya – Akè e Audero – Peeters – Mulé) farebbe emergere un ulteriore duplice vizio:

i) la pronuncia di condanna si risolverebbe in sostanza in un addebito esclusivamente di tipo soggettivo, in violazione del fondamentale principio di materialità. In altre parole, la Corte Federale di Appello avrebbe accertato, facendone la base del proprio percorso argomentativo, un mero atteggiamento psicologico a cui, tuttavia, non ha fatto seguito la dimostrazione dell’effettiva commissione di alcuna operazione artefatta, come invece ipotizzato nell’atto di deferimento. In conclusione, quella che viene descritta e addebitata nella decisione impugnata è una “preordinata intenzione” (integrante addirittura un “sistema fraudolento in partenza”), priva però di manifestazione esteriore in effettive e specifiche operazioni con valori sovrastimati;

ii) sarebbe stato addebitato un asserito illecito ex art. 4 CGS FIGC per un fatto estraneo a tale previsione normativa (peraltro, in un ordinamento in cui compaiono anche gli illeciti ex artt. 30, che disciplina l’illecito sportivo e, dunque, la fraudolenta alterazione di una competizione, e 31 CGS FIGC, che punisce le violazioni in materia economica a causa di alterazione o falsificazione di documentazione), in violazione del fondamentale principio di legalità. In altri termini, a fronte della contestazione da parte della Procura Federale degli artt. 6 e 31 CGS FIGC, la CFA avrebbe creato un illecito ex art. 4 CGS ibrido, sommando una parte del fatto tipico ex art. 31 – ossia l’asserita falsificazione contabile - con una parte della fattispecie di illecito sportivo ex art. 30, ossia l’evento di alterazione del risultato sportivo.

4.2. Il motivo è infondato.

Come già osservato in precedenza, l’impianto motivazionale della sentenza impugnata è coerente sotto il profilo logico-giuridico.

L’art. 4 del CGS della FIGC, come si è già detto, è una norma di carattere generale nell’ambito della quale la Corte Federale d’Appello riconduce correttamente il comportamento tenuto dai deferiti, contrario ai principi della leale partecipazione alle competizioni sportive, diretto intenzionalmente a “evitare di dover verificare, volta per volta, l’effettiva applicabilità per FC Juventus S.p.A. di eventuali limiti contabili alla legittimità della plusvalenza (o delle immobilizzazioni ottenute per lo scambio”.

La sentenza si sofferma diffusamente, descrivendolo in dettaglio, sul comportamento societario che “integra l’illecito disciplinare sportivo”, sottolineando correttamente come la valutazione di esso “implica un percorso probatorio e argomentativo in parte diverso rispetto a un giudizio concentrato sulla esatta violazione delle regole puramente societarie”, costruendo una nozione di lealtà sportiva in linea con i principi giurisprudenziali elaborati in materia.

Del resto, dai nuovi elementi acquisiti nel giudizio, a seguito della trasmissione degli atti da parte della Procura della Repubblica di Torino, è emerso con chiarezza, come si è già detto esaminando il secondo motivo di ricorso, che le alterazioni dei valori dei calciatori (e, quindi, le plusvalenze fittizie) non erano frutto di operazioni isolate, ma che vi era una preordinata sistematicità delle condotte e, quindi, l’esistenza di comportamenti non corretti “sistematici e ripetuti”, frutto di un disegno preordinato, che hanno prodotto chiari effetti (voluti dagli stessi attori) sui documenti contabili della società e, quindi, in definitiva, anche sulla sua leale partecipazione alle competizioni sportive, con la conseguente coerente applicazione, ai fini della fattispecie sanzionabile, dell’art. 4, comma 1, del CGS della FIGC.

4.2.1.   Nessuna ibridazione, quindi, di illecito disciplinare sportivo che mescoli la fattispecie prevista dall’art. 31, comma 1 (“Costituisce illecito amministrativo la mancata produzione, l’alterazione o la falsificazione materiale o ideologica, anche parziale, dei documenti richiesti dagli organi di giustizia sportiva, dalla Commissione di Vigilanza sulle Società di Calcio Professionistiche (COVISOC) e dagli altri organi di controllo della Federazione nonché dagli organismi competenti in relazione al rilascio delle licenze UEFA e FIGC, ovvero il fornire informazioni mendaci, reticenti o parziali”), con quella disciplinata dall’art. 30 (Costituisce illecito sportivo il compimento, con qualsiasi mezzo, di atti diretti ad alterare lo svolgimento o il risultato di una gara o di una competizione ovvero ad assicurare a chiunque un vantaggio in classifica).

La Corte Federale, esercitando i suoi poteri di esatta qualificazione giuridica dei fatti contestati e di applicazione delle relative sanzioni, ha ritenuto, infatti, sulla base dei nuovi fatti emersi che hanno giustificato la revocazione della sua precedente decisione, che risultava violato anche e soprattutto l’art. 4, comma 1, del CGS, per le ragioni che sono state ampiamente esposte, con coerenza logica, nelle pagine 32 e 33 della sentenza impugnata.

Le sanzioni sono state poi correttamente applicate con riferimento agli articoli 8 e 9 del CGS, che sono richiamati espressamente dall’art. 4, come sarà più ampiamente esposto in seguito.

5.1.      Con il quinto motivo relativo ai ricorsi proposti dalla Juventus F.C. S.p.A., dai Signori P. e C. viene dedotta la “Violazione degli artt. 24 e 111 Cost., 6 C.E.D.U., 2 CGS CONI e 44 CGS FIGC, con conseguente violazione del diritto di difesa e dei principi del giusto processo; in ogni caso, omessa motivazione rispetto a elementi decisivi rappresentati nell’interesse dei deferiti”.

Con tale motivo, i ricorrenti lamentano la mancata valutazione di elementi difensivi decisivi che, ove debitamente considerati, avrebbero determinato un differente esito con la pronuncia di proscioglimento dei deferiti; precisamente, nella decisione impugnata vi sarebbero gravi carenze motivazionali in punto di ipotizzata strategia volta all’alterazione strumentale dei valori delle operazioni di c.d. scambio.

Anzitutto, la Corte Federale d’Appello avrebbe totalmente omesso di valorizzare il profilo attinente all’accertata assenza di parametri normativi violati in relazione alla materia delle plusvalenze da operazioni cc.dd. incrociate, posta in evidenza già nell’ambito del procedimento penale n. 12955/2021 R.G.N.R., pendente presso l’Autorità giudiziaria di Torino, da cui provengono gli atti e i “fatti nuovi” alla base della istanza di revocazione, dallo stesso Giudice per le Indagini Preliminari.

A detta dei ricorrenti, nessuna motivazione sarebbe poi stata resa dalla CFA rispetto  alla documentata spiegazione del significato delle “X”, illustrata nella memoria della difesa ex art. 103, comma 1, C.G.S., essendosi la Corte limitata ad aderire acriticamente alla ricostruzione della Procura Federale e, quindi, avendo omesso di considerare che le “X”, lungi dall’essere univocamente legate a valori predefiniti nel contesto di possibili scambi (per la maggior parte non sono nemmeno affiancate da alcun numero) – segnalano un elemento ancora indefinito e variabile (a seconda degli elementi a cui si riferisce e della trattativa concreta o anche solo ipotizzata), come comprovato dai plurimi documenti allegati alla memoria depositata che dimostrano l’utilizzo delle “X” in altri e svariati contesti per nulla legati a operazioni di scambio.

Parimenti, sarebbe del tutto carente di motivazione l’attribuzione dell’asserita valenza confessoria all’appunto di F.C. (“Libro Nero FP”), ove compare l’espressione “plusvalenze artificiali”. La Corte Federale d’Appello tralascerebbe di considerare:

i) che il valore “confessorio” può essere assunto solo da un’affermazione resa in dichiarazioni ad un’Autorità giudiziaria e riguardante un “fatto” e non, come nel caso, una mera valutazione (dichiarazioni che nel caso concreto semplicemente non esistono);

ii) che, a maggior ragione, non può̀ assegnarsi valore “confessorio” ad una frase semplicemente appuntata su un foglio di carta sulla base di un’interpretazione unilaterale della Corte d’Appello, non supportata da alcun elemento a suffragio, ma soprattutto senza in alcun modo considerare quanto ampiamente chiarito dallo stesso C. in sede di sommarie informazioni testimoniali innanzi ai PP.MM. di Torino, nonché i molteplici elementi di segno contrario e di contenuto totalmente opposto ad una pretesa confessione di violazioni.

Da ultimo, in relazione al contenuto delle intercettazioni telefoniche e ambientali richiamati dalla Corte Federale d’Appello, la decisione impugnata si fonderebbe sul contenuto di meri stralci di conversazioni, a loro volta estrapolati dai brogliacci parziali redatti dalla Guardia di Finanza, senza avere nemmeno a disposizione né gli audio né le trascrizioni integrali, con conseguente e concreta

violazione del diritto di difesa.

5.2.Il motivo è inammissibile e comunque infondato.

Si è già ricordato, infatti, che il Collegio di Garanzia, in quanto giudice di legittimità, non può entrare nel merito delle valutazioni compiute dagli organi di giustizia delle Federazioni a meno che tali valutazioni non siano state determinate da evidenti errori di fatto o siano viziate per manifesta illogicità che, nella fattispecie, non si ravvisano.

La decisione della Corte d’Appello Federale è, peraltro, ampiamente e dettagliatamente motivata anche sui profili specifici evidenziati dai ricorrenti.

Innanzitutto, come già evidenziato in precedenza (punto 3.2.), gli stessi elementi che sono stati posti a base del giudizio rescissorio sono stati correttamente utilizzati ai fini del giudizio rescindente.

Inoltre, dal mutato quadro fattuale, “radicalmente diverso da quello esaminato nella decisione revocata”, anche a seguito dell’esame del copioso materiale trasmesso dalla Procura della Repubblica di Torino, sono emersi i contestati comportamenti non corretti.

Non vi è stata alcuna violazione del diritto di difesa, né tantomeno dei principi del contraddittorio e del giusto processo, atteso che sia i deferiti sia la Società hanno potuto pienamente esercitare il loro (insopprimibile) diritto di controdedurre nel corso del giudizio di revocazione.

La sentenza si sofferma ampiamente sulle intercettazioni acquisite e confuta, con ampie argomentazioni e richiami giurisprudenziali, l’eccezione di non utilizzabilità delle stesse, correttamente affermando che “esula dai poteri del giudice sportivo ogni valutazione sulla legittimità dell’operato dell’autorità giudiziaria in ordine all’acquisizione stessa delle intercettazioni” e che “da tale provenienza discende la presunzione di legittimità, autenticità e genuinità degli atti”, non trovando applicazione al procedimento disciplinare “il divieto di un utilizzo a fini penali per reati diversi da quelli che hanno dato luogo alle intercettazioni stesse”.

Nella parte in cui la censura non è inammissibile, perché si sostanzia in una richiesta di una rivalutazione nel merito delle acquisizioni probatorie, è, dunque, infondata, essendo la decisione correttamente e congruamente motivata sul punto.

6.1. Con la doglianza, articolata come VI motivo nei ricorsi proposti dalla Juventus F.C. S.p.A. e dai Signori F.P. e F.C. e come V motivo nei ricorsi proposti dal Dott. A.A., dal Dott. E.V., dai Signori

P.N. e altri e dal Dott. M.A., viene dedotta la “Violazione di norme di diritto (ex art. 54 CGS CONI) in relazione agli artt. 44, 63 e 119 CGS con riguardo al mancato deposito da parte della Procura Federale della nota 14.04.2021 contenente le “indicazioni interpretative” con conseguente decadenza dell’azione disciplinare e, comunque, inutilizzabilità̀ degli atti di indagine compiuti dopo il 14.07.2021”.

Il motivo attiene alla mancata acquisizione della nota 10940/PF/GC/BLP del 14.04.2021 contenente le “indicazioni interpretative” fornite dalla Procura Federale FIGC alla Co.Vi.So.C. citate negli atti di indagine, da considerarsi come possibile notizia del contestato illecito sportivo dalla quale far decorrere i termini perentori per l’esercizio dell’azione disciplinare da parte della stessa Procura Federale FIGC. La disclosure di tale documento, richiesta sin dalla fase di conclusione delle indagini preliminari, sarebbe stata (sempre) negata dalla Procura Federale.

I ricorrenti censurano la decisione della Corte Federale di Appello sotto vari profili; anzitutto, sotto quello della sopravvenuta carenza d’interesse e/o irrilevanza della questione in quanto i nuovi atti provenienti dalla Procura della Repubblica di Torino - comunque utilizzabili ex art. 119, comma 6, CGS FIGC – sarebbero da soli idonei ad “immutare il quadro procedimentale”, così superandosi

la necessità di utilizzare quelli posti a sostegno del deferimento.

Osservano i ricorrenti che il riferimento all’art. 119 CGS appare fuor di luogo in quanto, pur essendo vero che tale norma, nel sanzionare con l’inutilizzabilità̀ “gli atti di indagine compiuti dopo la scadenza del termine”, aggiunge che “possono sempre essere utilizzati gli atti e documenti in ogni tempo acquisiti dalla Procura della Repubblica e dalle altre autorità̀ giudiziarie dello Stato”, nondimeno, tale possibilità̀ è riferita ad atti e documenti provenienti dal Pubblico Ministero fuori

dal termine massimo delle indagini ma, evidentemente, sempre nell’ambito di un procedimento in

corso ove è in ogni caso garantita la possibilità̀ di esercitare i diritti difensivi fin dalla fase delle indagini. La norma, dunque, non regolerebbe la presente fattispecie in cui gli atti o i documenti provenienti dal Pubblico Ministero, sopravvenuti dopo la definizione del giudizio ordinario, sono stati valorizzati per la possibile revocazione.

Altrettanto viziata sarebbe la motivazione della decisione – che menziona la sentenza n. 29/CFA/2021-2022 – con riferimento alla possibile rilevanza della questione ai soli fini dell’inutilizzabilità̀ degli atti e non anche della decadenza dell’azione disciplinare, posto che la decadenza dell’azione disciplinare si ricava dagli artt. 119, comma 3, e 44, comma 6, CGS FIGC, secondo cui “la notizia dell’illecito è iscritta nel registro di cui al comma 2 entro trenta giorni dalla

sua ricezione da parte del Procuratore federale o da quando lo stesso Procuratore la ha acquisita di propria iniziativa” e “Tutti i termini previsti dal Codice, salvo che non sia diversamente indicato dal Codice stesso, sono perentori”.

Anche le osservazioni svolte nel merito risulterebbero infondate.

La prima osservazione, secondo cui “la trasmissione di indicazioni interpretative non può̀ costituire nel processo sportivo una forma effettiva di atto d’indagine, potendo al più̀ appartenere al novero degli atti pre-procedimentali”, traviserebbe il senso della questione, confondendo l’“atto d’indagine” con “la notizia dell’illecito” che, ex art. 119, comma 3, CGS FIGC, avvia (e deve avviare) le indagini: i ricorrenti rilevano di non aver mai inteso rappresentare che le “indicazioni interpretative” costituissero un “atto d’indagine”, considerando viceversa che le medesime, in quanto potenzialmente rivelatrici di una “notizia dell’illecito” già acquisita dal Procuratore Federale (anche) “di propria iniziativa”, secondo le prerogative di cui all’art. 119, comma 3, CGS, dovessero essere messe a conoscenza della difesa, anche in virtù di quel principio di “trasparenza” richiamato dalla stessa Corte Federale d’Appello e valorizzato dalla giurisprudenza federale che, proprio con specifico riguardo all’avvio del procedimento disciplinare, ha considerato come sia “fondamentale   esigenza   dell’ordinamento   punitivo,   cui   certamente   è   informato   anche l’ordinamento  sportivo,  di  trasparenza  dell’indagine  pubblica  e  di  conseguente  necessaria verificabilità̀ , anche da parte dell’interessato, di qualunque fonte abbia inciso sulla genesi del procedimento avviato a suo carico, nonché́ sugli elementi probatori posti a fondamento” della contestazione.

Anche la seconda osservazione (per cui “la nota Co.Vi.So.C. costituisce atto tipico di proposta di avvio di indagine ai sensi dell’art. 80, comma 3, Noif, ed è solo da tale istante che [...] deve calcolarsi  un  qualunque  termine  di  iscrizione  della  notizia  dell’illecito  (individuata  dalla

Co.Vi.So.C.)”) non appare – a detta dei ricorrenti – apprezzabile, in quanto il fatto che la Co.Vi.So.C. possa determinare l’avvio delle indagini, ex art. 80, comma 3, Noif, non esclude che le stesse potessero essere state avviate prima e “di propria iniziativa” dal Procuratore Federale, come l’art. 119, comma 3, CGS prevede.

6.1.1. In prossimità dell’udienza dibattimentale la Juventus F.C. S.p.A. e i Signori P. e C. hanno depositato, rispettivamente, due memorie (di identico tenore) ai sensi dell’art. 60, comma 4, CGS CONI.

Gli scritti difensivi si concentrano esclusivamente sul motivo di ricorso con il quale, come visto, si censura il mancato deposito da parte della Procura Federale – con conseguente violazione del diritto di difesa e del contraddittorio previsto dall’art. 44 C.G.S. FIGC – della nota prot. 10940/pf/GC/blp del 14 aprile 2021, contenente le “indicazioni interpretative” che la stessa aveva fornito alla Co.Vi.So.C., posto che su dette indicazioni l’Organo di vigilanza aveva successivamente fondato la segnalazione del 19 ottobre 2021 sulla cui base la stessa Procura Federale, in data 26 ottobre 2021, aveva poi formalmente avviato il presente procedimento disciplinare (n. 233pf21- 22).

Ebbene, rappresentano i ricorrenti che, a seguito del giudizio proposto dinanzi al TAR avverso il diniego di ostensione documentale, i giudici amministrativi hanno ordinato  alla Co.Vi.So.C. l’accesso a detto documento. Si rappresenta, inoltre, che, poiché tale documento riporta nell’oggetto “riscontro nota Co.Vi.So.C. in data 31 marzo 2021 (prot. 1440/2021)”, i Signori P. e

C. hanno chiesto e ottenuto, dalla medesima Co.Vi.So.C., in data 14 marzo 2023, anche tale ulteriore nota (nota Co.Vi.So.C. del 31 marzo 2021, prot. 1440/2021).

Rappresentano, infine, i ricorrenti, Signori P. e C., che, nella richiamata nota del 31 marzo 2021, è riportato testualmente come, a quella data, la Co.Vi.So.C. avesse già “effettuato un’analisi (riferita agli ultimi due esercizi) circa gli effetti sui bilanci di periodo delle società di talune operazioni di compravendita di calciatori”; preso atto di ciò, detti ricorrenti, il 4 aprile 2023, hanno inviato alla Co.Vi.So.C. istanza di accesso agli atti relativa a tale analisi, che, tuttavia, non è stata riscontrata ancora.

I ricorrenti hanno, dunque, insistito per l’accoglimento del ricorso, in particolare, con riferimento a tale motivo di ricorso e i suindicati provvedimenti e documenti sono stati illustrati all’udienza del 19 aprile 2023.

6.2. Il motivo è infondato.

Con riferimento alla nota prot. 10940/pf/GC/blp del 14 aprile 2021 e alla nota Co.Vi.So.C. del 31 marzo 2021, prot. 1440/2021, è necessario dar conto della documentazione (antecedente al primo deferimento) prodotta da ultimo dai ricorrenti a seguito della citata ostensione documentale disposta dal TAR Lazio e resa definitiva dal Consiglio di Stato.

6.2.1.   La Co.Vi.So.C., in data 31 marzo 2021, in sintesi, rappresentava alla Procura Federale della FIGC di aver individuato situazioni gestionali da monitorare in quanto aventi tratti concettuali ed operativi idonei ad incidere sui fondamentali dei bilanci delle società sportive professionistiche (e, quindi, mediatamente sull’equilibrio economico e finanziario delle stesse) e che iniziavano a presentarsi con frequenza statistica non trascurabile e in maniera sufficientemente generalizzata. La Co.Vi.So.C, in particolare, si riferiva «alle operazioni di compravendita di calciatori le quali, pur concluse per prezzi significativi, comportano flussi pecuniari assai più contenuti (se non nulli) in quanto sovente le reciproche posizioni di credito e debito sono regolate dai clubs a mezzo di compensazione. Non è di certo il ricorso ex se all’istituto disciplinato dall'art. 1241 e ss. del codice civile a destare l'attenzione della Co.Vi.So.C.; al contrario, è la possibilità di ricorrere  alla compensazione allo scopo di minimizzare (se non elidere) i flussi pecuniari reciproci fissando, al tempo stesso, prezzi di compravendita dei singoli assets su basi economiche di cui non sempre i fondamentali aziendali traspaiono in modo palese ed intelligibile. II che, ovviamente, determina una certa (non auspicabile) opacità informativa che rischia di risultare viepiù significativa in presenza di eventuali operazioni fra parti correlate». L’analisi compiuta riferita agli ultimi due esercizi circa gli effetti sui bilanci delle società di talune operazioni di compravendita, continuava la Co.Vi.So.C, ha mostrato che il trading dei calciatori, pur avendo garantito copiose plusvalenze idonee a sostenere gli aggregati patrimoniali, avesse generato pochissima liquidità: «Sussiste quindi - secondo la Co.Vi.So.C. - la possibilità che si stia determinando una sostanziale divergenza fra il prezzo pattuito (spesso, come detto, non regolato in termini finanziari) ed il valore dei diritti compravenduti; il tutto con potenziale incidenza sull’affidabilità dell'informativa desumibile dai bilanci delle società sportive professionistiche».

Inoltre, la Co.Vi.So.C. segnalava la necessità di ulteriori approfondimenti sulla rivalutazione del c.d. parco giocatori, i quali costituiscono le immobilizzazioni tipiche delle società calcistiche professionistiche. Secondo la Commissione, «sebbene la rivalutazione sia prevista come tale da provvedimenti normativi applicabili alla generalità delle società di capitali», «il patrimonio delle società di calcio è sovente rappresentato in maniera preponderante da intangibles (quali il cosiddetto parco calciatori") il cui fair value non è di agevole identificazione. Tale circostanza potrebbe indurre a condotte rivalutative al limite con conseguente possibile alterazione dell'affidabilità dei bilanci e conseguente pregiudizio dell'equilibrio generale dei clubs».

6.2.2.   In riscontro a detta comunicazione, la Procura Federale inviava la citata nota Prot. n. 10940 del 14 aprile 2021. Il Procuratore Federale, dopo aver analizzato i precedenti giurisprudenziali degli organi di giustizia della FIGC sulle c.d. plusvalenze fittizie (i.e. i casi Chievo-Cesena e Perugia-Atalanta), ha sottolineato che «l’esercizio dell’azione disciplinare in questa materia … potrà essere perseguito ove emergano elementi sufficienti a corroborare la necessità di indagare su casi che fanno ragionevolmente ritenere la sussistenza di operazioni di scambio di calciatori fra due o più società professionistiche, in termini di sistematicità delle medesime operazioni di mercato, non già un’episodica operazione, finalizzati a sopravvalutare i dati di bilancio delle medesime società mediante, appunto, il sistema delle ccdd. Plusvalenze. Ritengo, peraltro, che tali considerazioni possano utilmente valere - sotto il profilo metodologico - per ogni fenomeno di elusione dei dati iscritti a bilancio che alterano l’affidabilità degli stessi, pure menzionati nella nota indicata in oggetto…».

La predetta nota contiene anche una ricognizione della giurisprudenza sul tema, come dimostra anche la frase di apertura della stessa nota, con la quale espressamente si dice che «al fine di fornire un contributo costruttivo e delineare un modus procedendi condiviso con tutte le componenti federali, questa Procura non può che partire dall’analisi della giurisprudenza che, da ultimo, si è formata sul tema delle plusvalenze fittizie».

6.2.3.   Si tratta di uno scambio di informazioni di sei pagine nel corso delle quali la Juventus F.C. S.p.A. non viene mai nominata.

Il tema delle plusvalenze è trattato, ma il Procuratore Federale, scrivendo al Presidente della Co.Vi.So.C, P.B., cita i casi relativi agli scambi tra Chievo e Cesena e tra Perugia e Atalanta. Si ricorda, per esempio, la vicenda dei primi «che hanno posto in essere una sistematica operazione di mercato, non già un’episodica  operazione, legata  al valore attribuito  intuitu personae al particolare ipotetico talento riscontrabile in uno o più giocatori, volta inevitabilmente a sopravvalutare i dati di bilancio mediante, appunto, il sistema delle ccdd. “plusvalenze”» e, nello stesso tempo, si pone una questione di metodo nell’individuazione di un possibile dolo legato alle valutazioni alterate dei giocatori.

La nota del Procuratore Federale, in conclusione, afferma che: “Sulla scorta di tali considerazioni in diritto, dalle quali questa Procura non può prescindere nell’esercizio delle proprie prerogative inquirenti e requirenti, è evidente che l’esercizio dell’azione disciplinare in questa materia, in una logica metodologica di continuità rispetto alle valutazioni già svolte nelle precedenti fattispecie disciplinarmente rilevanti esaminate, potrà essere utilmente perseguito ove emergano elementi sufficienti a corroborare la necessità di indagare su casi che fanno ragionevolmente ritenere la sussistenza di operazioni di scambio di calciatori fra due o più società professionistiche, in termini di sistematicità delle medesime operazioni di mercato, non già un’episodica operazione, finalizzati a sopravvalutare i dati di bilancio delle medesime società mediante, appunto, il sistema delle ccdd. Plusvalenze”.

Il richiamato passaggio della nota "Ove emergano elementi sufficienti a corroborare la necessità di indagare" dimostra l’assenza di una notitia criminis, dalla quale far decorrere l’eventuale termine per l’esercizio dell’azione disciplinare.

Nessuna violazione, quindi, può configurarsi degli articoli 44, 63 e 119 del CGS della FIGC.

Le richiamate considerazioni contenute nella citata nota del 14 aprile 2021, dunque, non sono neanche “potenzialmente” rivelatrici di una “notizia dell’illecito”, tanto da violare i richiamati articoli, sia perché – si ribadisce - non fanno mai riferimento né implicito né esplicito alla Juventus F.C. S.p.A., sia perché esprimono in termini generali considerazioni di metodo, peraltro, in continuità con le precedenti modalità di svolgimento delle indagini e con un richiamo espresso in termini meramente ricognitivi alla giurisprudenza in materia.

7. Vengono di seguito esaminate le ulteriori censure articolate nei singoli ricorsi.

7.1. Nel ricorso R.G. n. 13/23 proposto dalla Juventus F.C. S.p.A., con il VII motivo si sostiene la omessa motivazione (art. 54 CGS CONI) sulla quantificazione delle sanzioni in relazione alla violazione dell’art. 12 CGS FIGC per contrasto col principio di proporzionalità nel trattamento sanzionatorio ex artt. 3 e 27 Cost.; violazione di legge per contrasto col principio di specialità in relazione alla contestazione dell’art. 4 CGS FIGC in aggiunta all’art. 31, co. 1, CGS FIGC nei confronti di Juventus F.C. S.p.A., con riguardo alle pagine 33 e 34 della decisione impugnata e, nello specifico, il difetto di motivazione rispetto alla commisurazione della sanzione, da un lato, e l’impossibilità di applicare una sanzione non prevista dalla disposizione speciale (art. 31, comma 1, CGS FIGC), dall’altro.

In tema responsabilità disciplinare dell’incolpato, la società ricorrente osserva come la scelta della sanzione da applicare debba essere effettuata secondo il fondamentale criterio della proporzionalità, con specifico riferimento a tutte le circostanze del caso concreto, con riguardo, tra l’altro, alla personalità dell’incolpato, in relazione alla sua pregressa attività professionale e agli eventuali precedenti disciplinari, rinviando peraltro alle osservazioni svolte in ordine ai molteplici vizi di motivazione “a monte” sulla esistenza di un fatto integrante la violazione, ai quali corrisponde in via immediata, all’evidenza, uno speculare vizio di motivazione circa la sanzionabilità di quello stesso fatto.

Per le medesime ragioni, la sentenza risulterebbe affetta da un’analoga e parallela carenza di motivazione in ordine alla determinazione dei criteri di quantificazione della sanzione irrogata (rispetto ai profili dedotti), con insanabile violazione di diritto derivante dalla mancanza di una valutazione del singolo caso ispirata a principi di giustizia sostanziale, di ragionevolezza e di proporzionalità della sanzione da comminare, anche con riferimento ai canoni costituzionalmente garantiti, previsti dagli artt. 3 e 27 della Costituzione.

Sotto un ulteriore profilo, la società ricorrente rileva la violazione di norme di diritto in cui incorre la sentenza, per aver applicato al club una sanzione non prevista dalla fattispecie contestata, bensì da una norma diversa (l’art. 4 C.G.S. FIGC, cui si riferisce l’applicazione della penalizzazione in classifica, ai sensi del comma 2 dello stesso articolo), vale a dire una norma mai formalmente addebitata al club, destinatario, in sede di deferimento, oltre che dell’art. 6 CGS, della contestazione centrale di cui all’art. 31, comma 1, dello stesso Codice, violazione, che, tuttavia, non prevede la sanzione della penalizzazione. In tal modo, la Corte avrebbe ampliato ex officio la contestazione a carico della Società (ritenendo integrata la violazione ex art. 4 C.G.S. FIGC, seppur la stessa non fosse prevista nel deferimento); inoltre, avrebbe applicato alla ricorrente una norma che si pone quale norma generale e residuale rispetto alla violazione ex art. 31, comma 1, CGS, norma speciale viceversa contestata.

Si sostiene, dunque, la violazione dei principi del giusto processo richiamati dall’art. 44, comma 1, CGS FIGC nonché dall’art. 2 CGS CONI, con riferimento anche al principio di specialità, in quanto le asserite violazioni contestate, per come descritte nel deferimento e recepite nella decisione della Corte Federale d’Appello sub specie di violazioni di principi contabili, non lascerebbero alcuno spazio applicativo alle previsioni ed alle sanzioni residuali previste dall’art. 4 CGS FIGC, che, invece, nella decisione impugnata sarebbero state erroneamente inflitte unitamente a quelle ex art. 31, comma 1, CGS FIGC (v. la decisione, p. 33). Vi sarebbe poi un contrasto col principio di legalità (della pena), accolto nell’ordinamento sportivo dall’art. 2, comma 6, del CGS CONI.

La mancanza di qualsiasi proporzionalità nel trattamento sanzionatorio adottato dalla Corte Federale di Appello emergerebbe, infine, anche in relazione alla sede del giudizio – quella del procedimento di revocazione – nonché nel quantum della sanzione inflitta, superiore sia a quella richiesta dalla Procura Federale nei due gradi di giudizio (pari a 800 mila euro di ammenda, ex art. 31, comma 1, CGS FIGC) sia alla sanzione indicata dalla stessa Procura nella requisitoria in sede di udienza di revocazione (9 punti di penalizzazione, ex art. 4, comma 2, CGS FIGC). Secondo la ricorrente, nella vicenda in esame si sarebbe quindi assistito, nella sede straordinaria ed eccezionale della revocazione, ad una doppia reformatio in peius, incompatibile con l’ordinamento sportivo.

7.2.1. Fatto salvo quanto osservato ai successivi punti 13.1 e ss., si osserva che la sentenza impugnata è ampiamente motivata anche sulla necessità di irrogare una sanzione severa a causa della gravità dei fatti emersi e che la penalizzazione in classifica è fra le sanzioni previste, all’art. 8, lett. g), del CGS della FIGC per il caso di violazione dell'art. 4, comma 1, del CGS e che, ai sensi della stessa disposizione, la sanzione deve essere afflittiva.

8. Con il motivo VIII, la Juventus F.C. S.p.A. deduce la “Violazione di norma di diritto (ex art. 54 CGS CONI) per la condanna della società per l’illecito di cui all’art. 4 CGS FIGC senza fare riferimento alcuno all’art. 6 CGS FIGC”.

Il motivo attiene alla violazione di norme incompatibili con una condanna per un fatto non contestato.

Ad avviso della ricorrente, infatti, a fronte degli addebiti contenuti nell’atto di deferimento, nelle motivazioni della sentenza non sarebbe possibile rinvenire alcun riferimento all’art. 6 del CGS FIGC, testualmente rubricato “Responsabilità della società”. Come già osservato nei precedenti motivi, la Corte Federale di Appello avrebbe  ritenuto  la Juventus F.C. S.p.A. direttamente responsabile dell’illecito di cui all’art. 4 del CGS FIGC, in assenza, tuttavia, di una formale contestazione in tal senso da parte della Procura Federale.

8.1. Il motivo è infondato.

Secondo il principio di contestazione, sancito dall'art. 125, comma 4, CGS FIGC, "nell’atto di deferimento sono descritti i fatti che si assumono accaduti, vengono enunciate le norme che si assumono violate, indicate le fonti di prova acquisite nonché formulata la richiesta di fissazione del procedimento disciplinare". Esso presiede al rispetto di una corretta instaurazione del contraddittorio e, conseguentemente, della garanzia, per il deferito, di svolgere una consapevole difesa, che solo la chiara informazione dell'addebito può consentirgli. Non è, tuttavia, corollario di tale principio quello secondo cui gli specifici particolari della condotta in contestazione debbano essere tutti contenuti ed esplicitati nella parte “letterale” del capo di incolpazione.

Il principio della correlazione tra accusa (fatto contestato) e difesa (possibilità di esercitare il diritto di difesa) va inteso non in senso “meccanicistico formale”, come ha sottolineato la giurisprudenza anche penale, ma in funzione della finalità cui è ispirato, quella, cioè, della tutela del diritto di difesa, sicché l'indagine sulla sua osservanza dev'essere condotta attraverso l'accertamento della possibilità per il deferito di difendersi in relazione a tutte le circostanze del fatto.

Nel caso in esame, il fatto è stato contestato nei suoi elementi strutturali e sostanziali, anche dopo il ricorso per revocazione, in modo da consentire un completo contraddittorio ed il pieno esercizio del diritto di difesa con riferimento a tutti quegli atti che, inseriti nel fascicolo processuale, hanno posto la società deferita in condizione di conoscere in modo ampio le violazioni contestate.

8.2. La giurisprudenza, peraltro, pacificamente riconosce il potere del giudice di riqualificare il fatto giuridico in sede giudiziale sportiva e, quindi, di sussumere il fatto all’interno di una fattispecie normativa differente da quella descritta dalla Procura nell’atto di deferimento (ex multis Decisione

C.F.A. – Sezioni Unite, pubblicata sul CU n. 0057/CFA del 19 dicembre 2022; Collegio di Garanzia, Sezioni Unite, n. 26/2018); la riqualificazione giuridica del fatto costituisce, infatti, un potere intrinsecamente devoluto alla giurisdizione.

Ne consegue che la verifica dell'osservanza di detto principio non può esaurirsi alla luce di un mero esame formale della lettera dell’imputazione, essendo necessario che l’indagine venga

condotta attraverso l'accertamento della possibilità per l'imputato di difendersi in relazione a tutte le circostanze del fatto.

8.3. La suddetta conclusione è supportata, oltre che dal principio di informalità del procedimento sportivo (posto dalla disposizione di cui all’art. 2, comma 6, del Codice di giustizia sportiva del CONI), anche dai principi del giusto processo costituzionalmente codificati e dal principio di effettività della tutela giurisdizionale, affermato dalla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, che ha rimarcato le esigenze connesse alla domanda di giustizia, evidenziando come, dunque, occorra, per quanto possibile, interpretare la norma processuale nella prospettiva di garantire una effettiva risposta da parte degli organi di amministrazione della giustizia.

8.4. L’obbligo di contestazione degli addebiti deve ritenersi assolto con la specifica e precisa enunciazione del fatto di cui si ritiene che un soggetto si sia reso responsabile, non essendo indispensabile la qualificazione del fatto sotto il profilo giuridico. E’, quindi, necessario e sufficiente individuare e indicare i fatti addebitati nel loro nucleo materiale con chiarezza, manifestando formalmente la precisa volontà di far derivare da essi un'eventuale responsabilità disciplinare. In tal senso, pertanto, deve intendersi, il c.d. principio di immutabilità (o immodificabilità) della contestazione. D’altro canto, dall’art. 125 del Codice della giustizia sportiva - che al comma 4 prevede che “Nell’atto di deferimento sono descritti i fatti che si assumono accaduti, vengono enunciate le norme che si assumono violate, indicate le fonti di prova acquisite nonché formulata la richiesta di fissazione del procedimento disciplinare” - non può desumersi in alcun modo il principio di immutabilità delle norme che si assumono violate, ma solo la previsione dell’indicazione delle stesse.

8.5. La pronuncia della Corte Federale d’Appello fonda la responsabilità della ricorrente sulla base delle condotte delineate nell’atto di deferimento la cui rilevanza disciplinare è stata poi evidenziata dagli atti acquisiti al giudizio anche dopo le iniziali pronunce di proscioglimento, quindi, il correlato diritto di difesa della Società deve ritenersi pienamente rispettato e assicurato.

8.6. Infondato, comunque, risulta il dedotto mancato riferimento nelle motivazioni della sentenza all’art. 6 del CGS FIGC, tenuto conto che, come si è già esposto in precedenza, tale disposizione è quella che disciplina proprio la responsabilità disciplinare delle società che risponde dell’operato dei suoi rappresentanti e dei suoi dirigenti e tesserati, come nella fattispecie.

9.1. Il motivo IX del ricorso della Juventus F.C. S.p.A. fa riferimento alla “Omessa motivazione (art. 54 CGS CONI) circa la presenza del modello di organizzazione, gestione e controllo della Società, rilevante come scriminante o almeno attenuante, ai sensi degli artt. 6 e 7 CGS, nonché insufficiente motivazione sulla asserita assenza di documenti e procedure interni volti a tracciare i criteri per la valutazione dei calciatori”.

Il motivo attiene al difetto di motivazione della decisione in relazione al fatto che la Juventus F.C. S.p.A. si fosse dotata di un Modello ex D.lgs. n. 231/2001 e all’asserita assenza di procedure interne volte a tracciare i criteri per la valutazione delle prestazioni sportive dei calciatori.

La società ricorrente sostiene che, con la riforma del 2019, culminata nell’introduzione del nuovo Codice FIGC, sia avvenuto il superamento della matrice oggettivistica della responsabilità delle società di calcio, inducendo gli interpreti a “optare per un inquadramento (anche) della responsabilità diretta scolpita nel comma 1 dell’art. 6 del Codice FIGC nell’area della responsabilità aggravata (per colpa presunta), essendo per lo meno ammessa la possibilità di fornire la prova scriminante o attenuante di cui all’art. 7 C.G.S.”, ai sensi del quale “Al fine di escludere o attenuare la responsabilità della società di cui all’art. 6, così come anche prevista e richiamata nel Codice, il giudice valuta la adozione, l’idoneità, l’efficacia e l’effettivo funzionamento del modello di organizzazione, gestione e controllo di cui all'art. 7, comma 5 dello Statuto”.

Sul punto, la motivazione della decisione impugnata sarebbe del tutto carente, risultando totalmente omessa dalla Corte Federale di Appello della FIGC qualsivoglia valutazione, ai fini della quantificazione del trattamento sanzionatorio applicato, del modello di organizzazione, gestione e controllo adottato, peraltro, conforme alle prescrizioni dell’ordinamento sportivo.

9.1.1.   Sempre in relazione all’omessa valutazione dei documenti societari rilevanti ai fini del riconoscimento dell’esimente di cui all’art. 7 CGS, si sostiene l’insufficienza della motivazione anche in relazione all’asserita assenza di procedure interne volte a tracciare i criteri per la valutazione delle prestazioni sportive dei calciatori. Ad avviso della società ricorrente, sarebbe del tutto incoerente affermare e criticare l’inesistenza nella società di procedure per la valutazione delle prestazioni sportive dei calciatori, non avendo la stessa mai analizzato e valutato l’idoneità dei modelli adottati ed essendosi limitata a riportare i) uno stralcio della delibera CONSOB – la stessa CONSOB, si ricorda, non ha mai acquisito il Modello 231 nella sua interezza – e ii) un estratto della conversazione del 6 settembre 2021 tra S.B. e S.C.

9.1.2.   Il motivo è infondato.

Nella censura, infatti, si fa riferimento all’adozione di un Modello ex D.lgs. n. 231/2001 che si assume rispettare i requisiti elencati dall’art. 7, comma 5, dello Statuto Federale e riportati letteralmente nel ricorso, senza altre precisazioni e senza, peraltro, specificare, anche ai fini dell’ammissibilità del motivo di ricorso stesso, se e in che termini era stata proposta la medesima questione innanzi alla Corte Federale d’Appello, limitandosi ad addebitare a quest’ultima la mancata valutazione del predetto modello.

Come accade nel diritto societario generale, in base all’art. 2381, comma 5, c.c., deve ritenersi che sia onere successivo del singolo club implementare e adottare una compliance normativa adatta alla propria struttura societaria e che, dunque, cali le astratte e generali direttive federali nel concreto delle peculiarità che caratterizzano i singoli sodalizi, tenendo, ad esempio, variamente conto del fattore dimensionale, della struttura giuridica e di corporate governance, del livello di complessità, del fatturato, del numero di dipendenti, della tipologia di competizioni sportive cui la società è iscritta per attribuire valenza e consistenza efficace alla regolamentazione dei controlli societari.

Manca, pertanto, nel motivo di ricorso, la dimostrazione che l’adozione del modello per le sue caratteristiche strutturali e non solo per la sua mera conformità alle direttive federali fosse in grado di fungere da scriminante o attenuante della responsabilità della società.

Manca, in altre parole, la dimostrazione che l’adozione di quel modello organizzativo e di gestione delineato in astratto sia idoneo anche in concreto a prevenire i comportamenti quali quelli verificatesi e contestati e che, pertanto, valga a escludere (o ad attenuare) la responsabilità delle figure apicali o delle persone sottoposte alla loro direzione o vigilanza ex artt. 6 e 7 del D.lgs. 8 giugno 2001, n. 231.

Peraltro, la questione diventa irrilevante tenuto conto che sono stati soggetti esterni alla società (la Procura della Repubblica, la Consob, la CO.VI.SO.C.), e non gli organi di vigilanza interna, a far emergere la vicenda nella sua rilevanza.

9.1.3.   Il motivo è in parte inammissibile per indeterminatezza e in parte infondato anche con riferimento a una pretesa omessa valutazione dei documenti societari rilevanti ai fini del riconoscimento dell’esimente ex art. 7 citato.

Anche per questo aspetto manca, infatti, qualsiasi indicazione di quelli che sarebbero i “documenti societari rilevanti” e, quindi, non è possibile valutare in che cosa consista esattamente l’omessa valutazione e di quali documenti da parte della Corte Federale d’Appello.

Né tantomeno vale a far ritenere realizzata l’insufficiente motivazione in relazione al profilo relativo all’assenza di procedure interne dirette a tracciare i criteri per la valutazione delle prestazioni sportive dei calciatori.

La sentenza deve, pertanto, ritenersi congruamente motivata con il riferimento alla delibera CONSOB n. 22482/2022 e allo stralcio di conversazione del 6 settembre 2021 richiamati a pagina 30 della sentenza impugnata.

10.1. Con il motivo VI proposto nel ricorso del Dott. A.A. si deduce la “Omessa motivazione in relazione all’affermazione di responsabilità del pro tempore Presidente del Consiglio di Amministrazione di Juventus F.C. S.p.A.”

Il motivo riguarda l’omessa motivazione in merito all’affermazione di responsabilità del ricorrente, posto che questi viene citato in decisione esclusivamente in relazione a due meri stralci di conversazione del tutto non pertinenti rispetto all’oggetto della contestazione.

Si richiamano, anzitutto, le argomentazioni relative all’assenza di correlazione tra contestazione e decisione già svolte supra. Inoltre, si rileva come non sia configurabile alcuna violazione né dell’art. 31, 1° comma, CGS né dell’art. 4 CGS in correlazione alle condotte contestate, posto che la  violazione  ai  doveri  di  “lealtà”  nei  confronti  degli  altri  partecipanti  al  consesso  sportivo

richiederebbe una difformità strumentale alla prassi in uso in quel contesto. Difformità che sarebbe da ritenersi esclusa.

Parimenti immotivato e infondato risulterebbe anche il decentrato tema della “pianificazione” dei budget e degli obiettivi di realizzazione di plusvalenze in un determinato esercizio. Vi sarebbe un macroscopico vizio di motivazione in relazione al carattere di illiceità della plusvalenza. La Corte Federale d’Appello non avrebbe considerato che per una società la plusvalenza rientrerebbe tra le modalità pienamente legittime per ottenere ricavi, tramite cessione dei propri asset nel frattempo rivalutati.

La decisione impugnata risulterebbe, dunque, del tutto carente di motivazione, limitandosi, infatti, a fondare la responsabilità del ricorrente sulla seguente testuale affermazione: “per quanto concerne la responsabilità della Juventus S.p.A., di F.P., di F.C., di A.A. e dello stesso M.A. si rinvia al corpo delle pagine precedenti”, pagine precedenti che, sempre ad avviso del ricorrente, sarebbero, però, del tutto insufficienti.

10.1.2. Il motivo è infondato.

Per quanto riguarda l’assenza di correlazione tra contestazione e decisione, si richiamano le considerazioni svolte in precedenza a proposito del motivo VIII di ricorso della società Juventus

F.C. S.p.A supra ai punti 8.1-8.5.

Si ribadisce, quindi, che, secondo il principio di contestazione sancito dall'art. 125, comma 4, CGS, "nell’atto di deferimento sono descritti i fatti che si assumono accaduti, vengono enunciate le norme che si assumono violate, indicate le fonti di prova acquisite nonché formulata la richiesta di fissazione del procedimento disciplinare". Esso presiede al rispetto di una corretta instaurazione del contraddittorio e, conseguentemente, della garanzia, per il deferito, di svolgere una consapevole difesa, che solo la chiara informazione dell'addebito può consentirgli. Non è, tuttavia, corollario di tale principio quello secondo cui gli specifici particolari della condotta in contestazione debbano essere tutti contenuti ed esplicitati nella parte “letterale” del capo di incolpazione.

Il principio della correlazione tra accusa (fatto contestato) e difesa (possibilità di esercitare il diritto di difesa) va inteso non in senso “meccanicistico formale”, come ha sottolineato la giurisprudenza anche penale, ma in funzione della finalità cui è ispirato, quella, cioè, della tutela del diritto di difesa, sicché l'indagine sulla sua osservanza dev'essere condotta attraverso l'accertamento della possibilità per il deferito di difendersi in relazione a tutte le circostanze del fatto.

Nel caso in esame, il fatto è stato contestato nei suoi elementi strutturali e sostanziali in modo da consentire un completo contraddittorio ed il pieno  esercizio  del diritto di difesa  anche con riferimento a tutti quegli atti che, inseriti nel fascicolo processuale, hanno posto anche il ricorrente in condizione di conoscere in modo ampio le violazioni contestate.

La giurisprudenza pacificamente riconosce il potere del giudice di riqualificare il fatto giuridico in sede giudiziale sportiva e, quindi, di sussumere il fatto all’interno di una fattispecie normativa differente da quella descritta dalla Procura nell’atto di deferimento (ex multis, Decisione C.F.A. – Sezioni Unite, pubblicata sul C.U. n. 0057/CFA del 19 dicembre 2022; Collegio di Garanzia, Sezioni Unite, n. 26/2018); la riqualificazione giuridica del fatto costituisce un potere intrinsecamente devoluto alla giurisdizione.

Ne consegue che la verifica dell'osservanza di detto principio non può esaurirsi alla luce di un mero esame formale della lettera dell’imputazione, essendo necessario che l’indagine venga condotta attraverso l'accertamento della possibilità per l'imputato di difendersi in relazione a tutte le circostanze del fatto. La suddetta conclusione è supportata, oltre che dal principio di informalità del procedimento sportivo (posto dalla disposizione di cui all’art. 2, comma 6, del Codice di giustizia sportiva del CONI), anche dai principi del giusto processo costituzionalmente codificati e dal principio di effettività della tutela giurisdizionale, affermato dalla Corte europea dei diritti dell'uomo, che ha rimarcato le esigenze connesse alla domanda di giustizia, evidenziando come, dunque, occorra, per quanto possibile, interpretare la norma processuale nella prospettiva di garantire una effettiva risposta da parte degli organi di amministrazione della giustizia.

L’obbligo di contestazione degli addebiti deve ritenersi assolto con la specifica e precisa enunciazione del fatto di cui si ritiene che un soggetto si sia reso responsabile, non essendo indispensabile la qualificazione del fatto sotto il profilo giuridico. È, quindi, necessario e sufficiente individuare e indicare i fatti addebitati nel loro nucleo materiale con chiarezza, manifestando formalmente la precisa volontà di far derivare da essi un'eventuale responsabilità disciplinare. In tal senso, pertanto, deve intendersi, il c.d. principio di immutabilità (o immodificabilità) della contestazione. D’altro canto, dall’art. 125 del Codice della giustizia sportiva – che, al comma 4, prevede che “Nell’atto di deferimento sono descritti i fatti che si assumono accaduti, vengono enunciate le norme che si assumono violate, indicate le fonti di prova acquisite nonché formulata la richiesta di fissazione del procedimento disciplinare” - non può desumersi in alcun modo il principio di immutabilità delle norme che si assumono violate, ma solo la previsione dell’indicazione delle stesse.

La pronuncia della Corte Federale d’Appello fonda la responsabilità del ricorrente sulle medesime condotte delineate nell’atto di deferimento e, quindi, il suo diritto di difesa deve ritenersi rispettato e assicurato.

10.1.3. Nella motivazione della sentenza impugnata sono ampiamente e diffusamente descritte le vicende che hanno originato la responsabilità del ricorrente, Presidente della società, con ampia descrizione e motivazione della valenza ai fini disciplinari dei comportamenti ascritti al deferito. Pertanto, il rinvio contenuto a pag. 33 della predetta sentenza è esaustivo e dimostrativo dell’iter logico-giuridico del ragionamento posto dal giudice a base della sua decisione.

Peraltro, per costante giurisprudenza di questo Collegio di Garanzia, il difetto di omissione della motivazione è configurabile solo quando, dall’esame del ragionamento svolto dal giudice del merito e quale risulta dalla stessa sentenza impugnata, è evincibile l’obiettiva deficienza, nel complesso della sentenza medesima, del procedimento logico che ha indotto il predetto giudice, sulla scorta degli elementi acquisiti, al suo convincimento; diversamente, i suddetti difetti non sono configurabili quando vi sia difformità rispetto alle deduzioni della parte ricorrente, poiché, in quest’ultimo caso, il motivo di ricorso si risolverebbe in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e dei convincimenti assunti dal giudice nella impugnata decisione.

La valutazione delle risultanze probatorie e la scelta delle prove ritenute più idonee a sorreggere l’impianto motivazionale della sentenza involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito e non sono, pertanto, censurabili in sede di legittimità (Collegio di Garanzia dello Sport, Sezioni Unite, decisione n. 30 del 2021).

11.1. Con il motivo VII si deduce la “Omessa motivazione sulla quantificazione delle sanzioni irrogate in relazione alla violazione dell’art. 12 C.G.S. FIGC ed alla violazione di norme di diritto per contrasto col principio di proporzionalità nel trattamento sanzionatorio ex artt. 3 e 27 Cost.”

Il motivo attiene al difetto di motivazione rispetto alla commisurazione della sanzione, in violazione del principio di proporzionalità nel trattamento sanzionatorio ex artt. 3 e 27 Cost.

Analoga censura, che riproduce nella sostanza quanto contenuto nel motivo VII del ricorso proposto dal Dott. A.A., è contenuta nel motivo VIII del ricorso del Sig. F.P., con il quale viene dedotta la ”omessa motivazione sulla quantificazione delle sanzioni irrogate in relazione alla violazione dell'art. 12 CGS FIGC e alla violazione di norme di diritto per contrasto col principio di principio di legalità della pena e in violazione del principio di proporzionalità nel trattamento sanzionatorio nei confronti del Sig. F.P. ex artt. 3 e 27 Cost.”; nel motivo VIII del ricorso del Sig. F.C., con il quale viene dedotta la “omessa motivazione sulla quantificazione della sanzione

irrogata in concreto al sig. F.C. in relazione alla violazione dell’art. 12 CGS FIGC e alla violazione di norme di diritto per contrasto col principio di principio di legalità della pena e in violazione del principio di proporzionalità nel trattamento sanzionatorio ex artt. 3 e 27 Cost.”, e nel motivo VIII del ricorso proposto dal Dott. M.A..

Pertanto, i motivi possono essere trattati congiuntamente.

11.1.2. I motivi sono infondati.

Con riferimento alle censure sollevate dai ricorrenti sulla misura della sanzione irrogata, si deve, in generale, ricordare che spetta all’organo procedente, in sede di formazione del provvedimento sanzionatorio, stabilire il rapporto tra l’infrazione e il fatto che assume rilevanza disciplinare e stabilire, quindi, la misura della sanzione da irrogare nel caso concreto.

La valutazione sulla gravità dei fatti in relazione all’applicazione della sanzione disciplinare è, peraltro, espressione di una attività discrezionale che il giudice di legittimità non può sindacare, salvo che per eccesso di potere nelle sue forme sintomatiche, quali la manifesta illogicità, la manifesta irragionevolezza, il travisamento dei fatti, l’evidente sproporzionalità o abnormità della sanzione (in termini, da ultimo, Consiglio di Stato, Sez. II, n. 3725 del 12 aprile 2023, n. 6542 del 25 luglio 2022,  Cassazione civile, Sezione Lavoro, n. 17288 del 27 maggio 2022).

11.1.3. Anche il Collegio di Garanzia, quando nei ricorsi proposti sono state sollevate censure sulla misura della sanzioni irrogate e sulla asserita sproporzione della sanzione in relazione alle condotte ascritte, ha più volte affermato che il giudizio di congruità  impinge  in valutazioni discrezionali che competono all’organo procedente, potendo, nel giudizio di legittimità, il sindacato giurisdizionale muoversi soltanto su un piano di immediata evidenza della irrazionalità o erroneità della sanzione, non potendo in nessun caso il giudice di legittimità sostituire proprie valutazioni a quelle operate dall’organo giudicante (Collegio di Garanzia, Sezioni Unite, n. 71 del 6 settembre 2019).

A differenza di quanto può ora avvenire nel giudizio del lavoro, nel quale l’art. 63 del d.lgs. n. 165 del 2001, secondo quanto previsto dal comma 2 bis aggiunto dall’art. 21 del d.lgs. n. 75 del 2017

(c.d. riforma Madia), attribuisce al giudice civile di merito anche il potere di rideterminare, nel pubblico impiego privatizzato, la misura della sanzione per difetto di proporzionalità.

11.1.4. Si deve anche, in generale, ricordare che, secondo l’art. 12, comma 1, del Codice di Giustizia Sportiva della FIGC, sono gli organi di giustizia sportiva che stabiliscono la specie e la misura delle sanzioni disciplinari, “tenendo conto della natura e della gravità dei fatti commessi e valutate le circostanze aggravanti e attenuanti nonché la eventuale recidiva”.

Spetta, quindi, al giudice federale determinare la tipologia e l’ammontare della sanzione, in relazione alla gravità dei fatti contestati dalla Procura Federale e poi accertati nel giudizio.

La decisione che determina l’applicazione di una sanzione deve essere ovviamente congruamente motivata sui fatti accertati e sulla loro gravità, che si riflettono sia sulla tipologia della sanzione, che deve rientrare fra quelle comminabili per le violazioni accertate, sia sulla misura della sanzione che deve essere contenuta nei limiti minimi e massimi previsti per ogni fattispecie.

11.1.5. Ciò premesso, le censure sollevate risultano evidentemente infondate.

Non sussiste, poi, la dedotta violazione di carenza di motivazione della sanzione perché i parametri di riferimento per l’irrogazione della sanzione sono una serie complessa di elementi, analiticamente elencati nelle lettere da a) a f), alle pagine 33 e 34 della sentenza impugnata, e che non si trascrivono per evidenti ragioni di brevità. Essi rappresentano altrettanti tasselli del complessivo ragionamento seguito dalla Corte Federale d’Appello.

Al fine di irrogare la sanzione, la Corte ha tenuto espressamente conto della “particolare gravità e della natura ripetuta e prolungata della violazione che il quadro probatorio emerso è in grado di dimostrare”, nonché della stessa “intensità e diffusione di consapevolezza” che dallo stesso quadro probatorio sono emerse.

12.1.    Con il VII motivo di ricorso del Sig. F.P. viene dedotta la “omessa motivazione (ex art. 54 CGS CONI) circa le ragioni del ritenuto coinvolgimento del Sig. F.P. nelle vicende contestate”.

Il motivo attiene al difetto di motivazione circa le ragioni del ritenuto coinvolgimento del Sig. P. alla luce del nuovo thema decidendum posto a base della decisione e del ruolo funzionale rivestito dallo stesso all'epoca dei fatti.

La pronuncia impugnata, frutto, secondo il ricorrente, di un mero ed illegittimo automatismo, eviterebbe del tutto di confrontarsi con la contestazione oggetto del deferimento e, dunque, non chiarirebbe in che modo il ricorrente avrebbe "alterato" i valori delle operazioni di trasferimento "indicando un valore superiore al reale", così omettendo del tutto di confrontarsi, in motivazione, con l'ineludibile dato giuridico dell'assenza di un criterio o parametro normativamente sancito alla luce del quale poter qualificare come illeciti disciplinari sanzionabili le operazioni in questione.

La pronuncia si limiterebbe a “liquidare” la disamina della responsabilità disciplinare attraverso un singolare e generico richiamo indicativo della natura circolare della motivazione del provvedimento: "Per quanto concerne la responsabilità della Juventus S.p.A., di F.P., di F.C., di

A.A. e dello stesso M.A. si rinvia al corpo delle pagine precedenti", motivazione che sarebbe apparente e, dunque illegittima.

Con l’analogo VII motivo del ricorso proposto dal Sig. F.C. è stata dedotta la omessa motivazione (art. 54 C.G.S. CONI) circa la responsabilità dello stesso in relazione ai fatti contestati.

Il motivo attiene al difetto di motivazione circa le ragioni del ritenuto coinvolgimento del Sig. F.C. nelle vicende contestate, anche alla luce del ruolo funzionale rivestito dallo stesso all’epoca dei fatti.

Il ricorrente rileva la totale omessa motivazione in ordine alla valutazione della condotta e, conseguentemente, della commisurazione della relativa sanzione. Sostiene che non vi sia alcun passaggio motivazionale in merito alle tre operazioni richiamate nell’atto di deferimento, che le stesse non vengono minimamente analizzate e citate, che non sia spiegato quale sarebbe l’apporto causale alla supposta sopravalutazione dei valori in quelle tre operazioni.

Con l’analogo motivo VI del ricorso proposto dal Dott. M.A. viene dedotta la “omessa o comunque insufficiente motivazione (art. 54 C.G.S. CONI) circa le ragioni del ritenuto coinvolgimento del Dott. M.A. nelle vicende contestate e, in ogni caso, travisamento del fatto”.

Il motivo riguarda l’omessa o insufficiente motivazione in merito all’affermazione di responsabilità del Dott. A., profilo che non viene affrontato dalla sentenza impugnata, la quale si limita a rinviare genericamente al “corpo delle pagine precedenti”. In secondo luogo, si censura il travisamento del fatto, in ragione dell’erronea attribuzione al Dott. A. della carica di Amministratore Delegato al momento dei fatti. In terzo luogo, si rileva che la materia relativa all’“acquisizione e cessione dei diritti pluriennali alle prestazioni sportive dei calciatori” - trattandosi di una area riguardante la gestione sportiva della società - era coerentemente demandata e delegata all’Area sportiva.

Il ricorrente lamenta una omessa o insufficiente motivazione in ordine al ruolo e al contributo in concreto svolto dal ricorrente nella vicenda, né è chiaro cosa lo stesso avrebbe dovuto fare, in relazione al proprio ruolo, per rispettare i propri obblighi e rilevare le asserite alterazioni dei conti

sociali. Rileva che nessun accertamento o approfondimento sia stato svolto in tal senso, dal momento che la Corte avrebbe concentrato tutta la sua attenzione sul comportamento della Società genericamente intesa e non sui singoli amministratori o persone fisiche coinvolte, invertendo quello che invero avrebbe dovuto essere il criterio di riconducibilità della responsabilità, dai singoli alla società e non viceversa, ai sensi dell’art. 6 C.G.S. FIGC. Vi sarebbe anche in tal caso, dunque, un illegittimo automatismo.

Il rinvio “al corpo delle pagine precedenti” si risolverebbe per il ricorrente in una sola citazione diretta, alla fine di pag. 22 della sentenza, in relazione al contenuto di una intercettazione (progr.

255) di una telefonata intercorsa tra lo stesso ed il Presidente A. in data 3 settembre 2021.Si legge, a tale proposito, a pag. 22 della decisione: “Così come l’ulteriore intercettazione tra A.A. e

M.A. del 3 settembre 2021 (riportata nel file n. 660969 e file 660945 trasmessi dalla Procura della Repubblica), nel corso della quale gli interlocutori condividono che la responsabilità delle difficoltà della FC Juventus S.p.A. non poteva essere attribuita solo al Covid-19 (“sì ma non era solo il

Covid e questo lo sappiamo bene”), posto che da un lato vi era la pandemia, ma dall’altro era stata “ingolfat[a] la macchina con ammortamenti e soprattutto la merda perché è tutta la merda che sta sotto che non si può dire”.

Nonostante il richiamo, vi sarebbe, ad avviso, del ricorrente un vizio motivazionale poiché i Giudici si sarebbero limitati a riportare la predetta telefonata senza offrire una loro interpretazione della stessa e senza esplicitare le ragioni del perché il citato commento telefonico giustificherebbe – da solo – l’applicazione delle gravi sanzioni irrogate a carico del medesimo.

Vi sarebbe, inoltre, un vizio di travisamento del fatto. La valutazione della condotta del ricorrente sarebbe condizionata dalla errata convinzione che lo stesso, al momento dei fatti, fosse l’Amministratore delegato della Società e non un semplice Consigliere di amministrazione non esecutivo, privo di deleghe. Invero, il ricorrente avrebbe in realtà assunto la carica di Amministratore delegato di Juventus F.C. S.p.A. solo in data 1° luglio 2021, ovvero successivamente ai fatti oggetto del deferimento, dato che sarebbe pacifico e troverebbe riscontro anche nei capi di incolpazione provvisoria contenuti nell’avviso di conclusione delle indagini preliminari emesso dalla Procura della Repubblica di Torino in data 24 ottobre 2022.

L’evidenza dell’errore si potrebbe rinvenire a pag. 19 della decisione, nella parte in cui, nell’elencare i nuovi elementi addotti dalla Procura Federale a sostegno della propria richiesta di revocazione, la Corte di Appello ha espressamente incluso “talune rilevanti intercettazioni di A.A. e M.A.”, qualificando i medesimi rispettivamente come “presidente e amministratore delegato della FC Juventus S.p.A.”. Inoltre, a pag. 22 della stessa decisione, nel tentativo di dimostrare una diffusa consapevolezza da parte dei soggetti apicali della Società, la Corte avrebbe identificato nuovamente il ricorrente quale Amministratore delegato della Juventus F.C. S.p.A.: “Sino ancora all’azionista di riferimento e all’amministratore delegato (A.) e ancora passando per tutti i principali dirigenti”.

Si lamenta, inoltre, l’“Omessa motivazione (art. 54 C.G.S. CONI) sulla ricostruzione alternativa fornita dalla difesa in merito al contenuto della conversazione n. 255 del 3 settembre 2021”.

Il motivo attiene al difetto di motivazione  rispetto alla mancata considerazione  dell’effettivo significato della telefonata n. 255 del 3 settembre 2021 fornita dallo stesso Dott. A. in sede di

S.I.T. nel procedimento penale, nonché dalla difesa nella propria memoria del 16.1.2023, depositata in sede di revocazione sportiva.

Con riferimento all’intercettazione della conversazione intrattenuta dal ricorrente con l’allora Presidente della Società, Dott. A.A., in data 3 settembre 2021 (progressivo n. 255), ad avviso del ricorrente unico elemento probatorio citato, si rileva un ulteriore vizio di omessa motivazione, in quanto i Giudici non si sarebbero confrontati neanche con la ricostruzione e spiegazione dei contenuti di tale telefonata fornite dallo stesso ricorrente nelle sue sommarie informazioni testimoniali acquisite agli atti.

Il ricorrente avrebbe precisato che: “si riferiva alle spese fatte negli anni precedenti. Con ‘ammortamenti’ ci si riferisce all’acquisto di un capitale e all’ammortamento relativo. [...] Ai calciatori. Oppure ad immobili. Io mi riferivo a tutto quanto, al complesso dei beni della società. [...] Io con ‘merda’ mi riferivo ai costi che si vedono a bilancio. Con ‘merda’ la mia idea è che ci si

riferiva ad una situazione economico-finanziaria della società ed ai costi che erano stati generati”,non alludendo pertanto a nessun comportamento illecito o irregolare».

La Corte Federale di Appello non avrebbe, dunque, affrontato il tema dell’esistenza e/o della condivisibilità della ricostruzione alternativa fornita dall’interessato e dal suo difensore, dando così luogo ad un ulteriore vizio motivazionale della decisione gravata.

12.2.    I motivi, che possono essere trattati congiuntamente, sono infondati.

12.2.1. Nella motivazione della sentenza impugnata sono diffusamente descritte le vicende che hanno originato la responsabilità dei ricorrenti, con ampia descrizione e motivazione della valenza, ai fini disciplinari, dei comportamenti ascritti ai singoli deferiti.

Pertanto, il rinvio contenuto a pag. 33 della predetta sentenza deve ritenersi esaustivo e dimostrativo dell’iter logico-giuridico del ragionamento posto dal giudice a base della sua decisione.

Peraltro, per costante giurisprudenza di questo Collegio di Garanzia, il difetto di omissione della motivazione è configurabile solo quando, dall’esame del ragionamento svolto dal giudice del merito e quale risulta dalla stessa sentenza impugnata, è evincibile l’obiettiva deficienza, nel complesso della sentenza medesima, del procedimento logico che ha indotto il predetto giudice, sulla scorta degli elementi acquisiti, al suo convincimento; diversamente, i suddetti difetti non sono configurabili quando vi sia difformità rispetto alle deduzioni della parte ricorrente, poiché, in quest’ultimo caso, il motivo di ricorso si risolverebbe in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e dei convincimenti assunti dal giudice nella impugnata decisione.

La valutazione delle risultanze probatorie e la scelta delle prove ritenute più idonee a sorreggere l’impianto motivazionale della sentenza involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito e non sono, pertanto, censurabili in sede di legittimità (Collegio di Garanzia dello Sport, Sezioni Unite, decisione n. 30/2021).

Si osserva, inoltre, per quanto riguarda il Sig. C., che risulta dagli atti il più immediato collaboratore del Sig. P. e redattore del c.d. "libro nero", che evidenzia fatti dai quali non risulta che si sia in alcun modo dissociato.

Per quanto riguarda la responsabilità del Dott. A., non assume rilievo il fatto che sia diventato amministratore delegato della società solo a luglio del 2021, tenuto conto che dagli atti e, in particolare, da alcune intercettazioni che sono riportate anche nella motivazione della decisione (alle pagine 19 e 22), è risultato essere pienamente consapevole delle vicende che ne hanno determinato il deferimento e poi la condanna.

Va anche ricordato che i criteri di formazione, utilizzazione e valutazione delle prove ai fini disciplinari dell’ordinamento sportivo sono diversi da quelli del processo penale di cui non si applicano automaticamente i principi.

Sicché, vista anche la natura degli organi della giustizia sportiva resta escluso che, ai fini dell’irrogazione delle sanzioni disciplinari da parte degli stessi, siano da richiamare quei criteri propri del giudizio penale (Cons. Stato, Sez V, sentenza n. 534/2020).

12.2.2. in ogni caso il sistema delineato dagli articoli 2381 e 2392 c.c. comporta che sia individuato un meccanismo di responsabilità e che l’art. 2381 c.c. debba intendersi – ai fini di una coerente ed armonica disciplina in subiecta materia – in combinato disposto con il successivo art. 2392 c.c., il quale individua gli ulteriori obblighi in capo agli amministratori e le ipotesi di responsabilità dei medesimi nei confronti della società amministrata, tra le quali assume notevole rilievo l’omesso intervento in caso di conoscenza di fatti pregiudizievoli per il soggetto giuridico.

Inoltre, nelle difese, anche orali si è insistito sulla circostanza che le plusvalenze avrebbero riguardato meno di 60 milioni di euro e, quindi, una percentuale minima sui ricavi della società. Tale circostanza non ha valore dirimente, poiché è stata comunque evidenziata, a prescindere dagli importi delle singole operazioni e dell'importo complessivo delle stesse, una preordinata e reiterata modalità di violazione delle regole.

13.1. A diverse conclusioni si perviene in ordine ai ricorsi n. 17/2023, proposto dal Dott. E.V. nella qualità di Consigliere di Amministrazione della società F.C. Juventus S.p.A. e n. 18/2023, proposto congiuntamente dagli altri Consiglieri di Amministrazione privi di deleghe della società sportiva ricorrente, Signori P.N., P.G., A.G.-V., C.M.H., D.M. e F.R., giacché l’odierno Collegio di Garanzia, riuniti tutti i ricorsi per connessione, ritiene di accogliere parzialmente i citati gravami n. 17/2023 e n. 18/2023.

La valutazione di accoglimento concerne, nello specifico, il motivo n. VI di entrambi i ricorsi (pagg. 76-79), a mezzo del quale i citati amministratori privi di deleghe hanno rilevato, pur con distinti gravami, l’omessa motivazione della Corte Federale di Appello in ordine alla asserita responsabilità dei singoli consiglieri derivante della diffusa consapevolezza, in capo agli stessi, della illiceità delle operazioni sportive oggetto di contestazione, in forza della quale è stata irrogata, a ciascuno dei ricorrenti, la sanzione dell’inibizione temporanea di 8 mesi a svolgere attività in ambito FIGC, con richiesta di estensione in ambito UEFA e FIFA, per la violazione dell’obbligo di osservanza delle norme federali nonché́ dei doveri di lealtà̀ , correttezza e probità̀ di cui all’art. 4, comma 1, e dell’art. 31, comma 1, del Codice di Giustizia Sportiva, anche in relazione all'art. 19 dello Statuto Federale.

L’esame del citato motivo di ricorso, in uno al capo della sentenza impugnata, determina l’accoglimento del motivo de quo, atteso che la decisione della Corte di merito non ha fornito adeguato supporto motivazionale in ordine al profilo della acclarata responsabilità dei consiglieri di amministrazione, affermando – invero apoditticamente – che “il consiglio di amministrazione nel suo complesso ha condiviso, o quanto meno sopportato, la violazione dei principi sportivi” oggetto dell’iniziale deferimento della Procura Federale (pag. 33 della sentenza).

13.2.1. In argomento, recente giurisprudenza di legittimità ha chiarito che “ricorre il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza allorquando il giudice di merito ometta ivi di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento […]” (Cass. Civ., Sez. Lav., n. 33649 del 15.11.2022).

Anche la giurisprudenza, formatasi in ambito sportivo a seguito delle pronunce di legittimità dell’odierno Collegio, ha stabilito che “I difetti di omissione e di insufficienza della motivazione sono configurabili solo quando, dall’esame del ragionamento svolto dal giudice del merito e quale risulta dalla stessa sentenza impugnata, emerga la totale obliterazione di elementi che potrebbero condurre ad una diversa decisione ovvero quando è evincibile l’obiettiva deficienza, nel complesso della sentenza medesima, del procedimento logico che ha indotto il predetto giudice, sulla scorta degli elementi acquisiti, al suo convincimento[…]” (Collegio di Garanzia dello Sport, Sez. IV, n. 23/2019).

Ed ancora: “[…] Il Collegio di Garanzia dello Sport, pur non potendo procedere ad una nuova valutazione dei fatti, può tuttavia verificare se il giudice del merito abbia motivato la propria decisione in modo illogico, contraddittorio, ovvero lacunoso” (Collegio di Garanzia dello Sport, Sez. I, n. 22/2019).

La fattispecie sottoposta all’esame del Collegio rientra, quindi, a pieno titolo nei limiti tracciati dalla Suprema Corte di Cassazione e dall’odierno Giudice nei citati richiami giurisprudenziali, non avendo la Corte Federale motivato il proprio convincimento sul rilevante profilo afferente all’ipotetica consapevolezza e responsabilità in ambito sportivo, ai sensi dell’art. 4, comma 1, Codice di Giustizia Sportiva FIGC dei Consiglieri di Amministrazione privi di deleghe, essendosi (invero) limitata ad affermare – in via del tutto generica – di essersi riferita alle intercettazioni poste alla base della sentenza impugnata, pur connotate da gravi ed evidenti criticità, ma senza indicare, in realtà, le ragioni dell’affermato coinvolgimento effettivo e concreto dei soggetti incaricati della gestione societaria della Juventus F.C. S.p.A. nelle operazioni sportive di compravendita di calciatori che hanno generato le più volte citate plusvalenze.

Il presupposto da cui è necessario avviare lo scrutinio in parte qua della pronuncia resa in ambito federale è quello che concerne la distinzione e le differenze tra gestione societaria e gestione sportiva di una società calcistica – anche nelle ipotesi in cui questa venga quotata nei mercati regolamentati, come la Juventus S.p.A. - che si riverbera coerentemente nella distinzione tra le posizioni dei dirigenti, che hanno posto in essere  le operazioni di natura sportiva,  e degli amministratori, che in quelle operazioni non appaiono risultare coinvolti o pienamente consapevoli o informati, e che, comunque, non risulta vi abbiano partecipato.

13.2.2. Il superiore profilo è stato posto in risalto, ed eccepito, dai ricorrenti – sempre con esclusivo riferimento ai ricorsi n. 17/23 e n. 18/2023 - i quali hanno dedotto come la materia relativa all’ “acquisizione e cessione dei diritti pluriennali alle prestazioni sportive dei calciatori”, trattandosi di attività riguardante interamente la gestione sportiva della società, fosse in coerenza demandata e delegata esclusivamente all’Area Sportiva della medesima società ricorrente, presidiata dalla figura del Chief Football Officier pro- tempore di Juventus F.C. S.p.A.

In ragione delle già indicate connotazioni societarie della Juventus F.C. S.p.A. – società quotata nei mercati regolamentati - alla stessa sono applicabili i principi contabili internazionali IAS/IRFS ai sensi del D.Lgs. n. 38/2005, tra i quali rileva, come peraltro riportato nella impugnata decisione, lo IAS38, paragrafo 45, il quale fa riferimento alle attività immateriali il cui costo è valutato al fair value (valore equo).

La plusvalenza, quale componente positiva del reddito, in ambito prettamente sportivo, si realizza nel caso di cessione delle prestazioni di un calciatore, laddove l’ammontare che viene riconosciuto alla società cedente dall’acquirente sia superiore al valore iscritto in bilancio.

Anche la Corte Federale di Appello, nella decisione impugnata, ha statuito che “ciò che rileva ai fini del processo sportivo e della violazione quanto meno dell’art. 4, comma 1, CGS, non è se la singola operazione dovesse essere trattata in continuità di valori (secondo lo IAS38, paragrafo 45, poi contestato alla FC Juventus S.p.A. dalla Consob) o meno, potendosi o non potendosi rilevare la plusvalenza” (cfr. decisione impugnata, pag. 23).

13.3.    Ulteriore e diverso profilo che – ad avviso del Collegio – rileva ai fini dell’accoglimento dei ricorsi dei Consiglieri di Amministrazione privi di deleghe della Juventus F.C. S.p.A., con riferimento alle condotte ai medesimi ascritte ed alle sanzioni personali irrogate, afferisce alla struttura societaria, all’operatività ed alle modalità ed ai sistemi di vigilanza e controllo cui è sottoposta la società ricorrente, che, peraltro, è quotata nei mercati regolamentati ai sensi del Testo Unico della Finanza (D.lgs. n. 58/1998), e dei relativi regolamenti attuativi, che determina un sistema di gestione societaria articolato.

Osserva, a tal proposito, il Collegio che la effettiva partecipazione e/o la effettiva consapevolezza dei componenti del CdA – con compiti di gestione societaria e non sportiva – in relazione alle operazioni di natura tipicamente sportiva  contestate alla Juventus F.C. S.p.A. e, quindi, la responsabilità personale di costoro in ambito sportivo per le descritte operazioni, avrebbe dovuto essere specificamente valutata dalla Corte Federale di Appello in relazione al modello organizzativo adottato dalla stessa società con attento scrutinio da parte della Corte di merito ai fini della valutazione della coerente ed effettiva responsabilità dei componenti del CdA della Juventus F.C. S.p.A. in relazione alle operazioni di natura gestionale/sportiva poste in essere a monte dell’attività oggettivamente e prettamente riferibile ai consiglieri non esecutivi.

Con riferimento, in particolare, alla figura ed alla funzione del Dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili ex art. 154-bis TUF, la cui posizione non è stata vagliata dalla Corte Federale di Appello ed il cui operato risulterebbe, quindi, in linea con l’inconsapevolezza di tutti i ricorrenti membri del CdA, non esecutivi, della Juventus S.p.A. in relazione alle contestate operazioni.

Osserva, all’uopo, il Collegio che con la legge n. 262 del 28/12/2005 – recante “disposizioni per la tutela del risparmio e la disciplina dei mercati finanziari” – il legislatore ha perseguito l’obiettivo di rafforzare e rendere efficace la tutela del risparmio investito in strumenti finanziari, intervenendo nella disciplina relativa agli organi di amministrazione e di controllo e alla tutela delle minoranze, in una direzione di controllo dell’operato del management aziendale, assistendo così alla piena costruzione di un efficace sistema di corporate governance.

Una novità di rilievo riguarda, infatti, l’inserimento nel d.lgs. n. 58/1998 (TUF) di una nuova sezione rubricata “Redazione dei documenti contabili societari”, composta dal solo articolo 154-bis concernente il Dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari, in più parti modificata dal d.lgs. n. 303/2006 e dal d.lgs. n. 195/2007 di attuazione della c.d. Direttiva Trasparency (2004/109/CE).

L’analisi del disposto di cui all’art. 154- bis del TUF mostra come il legislatore abbia istituzionalizzato il processo interno di predisposizione del progetto di bilancio, atteso che per gli atti e le comunicazioni della società previste dalla legge o diffuse sul mercato, contenenti informazioni e dati sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società medesima, è prevista una dichiarazione scritta di accompagnamento del Direttore Generale e del Dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari, che ne attestano la corrispondenza alle risultanze documentali, ai libri ed alle scritture contabili.

In sintesi, al Dirigente preposto per la redazione dei documenti contabili societari spetta una funzione societaria sostanziale – che si affianca a quello dell’organo amministrativo – che si identifica nella predisposizione di adeguate procedure amministrative e contabili, ed in una diversa, ed aggiuntiva, ma non meno rilevante funzione di controllo e assurance non solo dell’effettiva applicazione delle procedure di cui sopra, ma anche della conformità dei documenti ai principi contabili internazionali, della corrispondenza dei documenti alle risultanze dei libri e delle scritture contabili e delle ulteriori attività previste espressamente al quinto comma dell’art. 154-bis: a tali funzioni corrisponde uno specifico ambito e perimetro di responsabilità.

Al riguardo, deve rammentarsi che per tutte le attività del Dirigente preposto è applicabile – ai sensi e per gli effetti dell’art. 154-bis TUF, comma sesto – il regime di responsabilità degli amministratori della società che, in ambito societario, implica l’applicabilità dei criteri di comportamento (in primis, la diligenza) e dei presupposti della responsabilità amministrativa, contrattuale ed extracontrattuale propria degli amministratori e dei direttori generali di cui agli artt. 2391 e ss. c.c. e 2434 c.c.; e, infatti, con particolare riferimento alla predisposizione di adeguate procedure amministrative e contabili per la formazione del bilancio di cui all’art. 154-bis TUF, terzo comma, il Dirigente preposto può essere chiamato a rispondere segnatamente in materia di elaborazione e redazione del bilancio, in quanto coautore dello stesso, per la rilevante e significativa parte di propria competenza.

Si tratta, in conclusione, di una figura dotata di oggettivo rilievo all’interno di una società quotata nei mercati regolamentati – essendo, peraltro, prevista unicamente per tale tipologia di soggetti economici - il cui ruolo ed il cui operato avrebbe dovuto essere oggetto di specifico scrutinio da parte della Corte di merito ai fini della valutazione della coerente ed effettiva responsabilità dei componenti del CdA della Juventus F. C. S.p.A. in relazione alle operazioni di natura gestionale/sportiva poste in essere a monte dell’attività oggettivamente e prettamente riferibile ai consiglieri non esecutivi.

13.3.1. Ultimo – ma non meno rilevante – profilo che la Corte Federale ha omesso di vagliare nella decisione impugnata, sempre con riferimento alla posizione dei Consiglieri di Amministrazione di cui ai ricorsi n. 17/23 e n. 18/2023, concerne gli obblighi, le attribuzioni ed i limiti di responsabilità degli amministratori nelle società di capitali il cui impianto normativo è rinvenibile negli artt. 2381 e 2392 del codice civile.

La prima tra le norme sopra indicate – dopo aver individuato il ruolo del Presidente al primo comma – disciplina ai commi successivi la possibilità ed i limiti della delega delle attribuzioni, laddove il sesto ed ultimo comma, che specificamente interessa nella presente sede, disciplina il c.d. “obbligo di agire informati”, che grava su ciascun amministratore.

Ritiene il Collegio che il citato art. 2381 c.c. debba intendersi – ai fini di una coerente ed armonica disciplina in subiecta materia – in combinato disposto con il successivo art. 2392 c.c., il quale individua gli ulteriori obblighi in capo agli amministratori e le ipotesi di responsabilità dei medesimi nei confronti della società amministrata, tra le quali assume notevole rilievo l’omesso intervento in caso di conoscenza di fatti pregiudizievoli per il soggetto giuridico.

In argomento, gli interventi della giurisprudenza di legittimità, pur se in ambito penalistico per il reato di bancarotta fraudolenta, ma i cui principi possono ritenersi applicabili anche per fattispecie di diverso rilievo anche in virtù dello specifico rinvio operato, impongono al giudice di merito di verificare in concreto l’eventuale omesso intervento del consigliere privo di delega ed il contributo causale di tale omissione, poiché: “E’ stato, in proposito, evidenziato come la riforma della disciplina delle società (di cui al D.lgs. n. 6 del 2003) abbia posto a carico di ciascun amministratore (con o senza delega) l’obbligo di agire informato (art. 2381, comma 6, c.c.) e del presidente del consiglio di amministrazione l’obbligo di ragguaglio informativo […] Letta tale disposizione in combinato disposto con quella di cui al novellato art. 2392, comma 1, c.c., ne viene che anche gli amministratori privi di deleghe sono responsabili verso la società ma nei limiti delle attribuzioni loro proprie, quali stabilite dalla disciplina normativa: dunque, non sono più sottoposti ad un generale obbligo di vigilanza, tale da trasmodare di fatto in una responsabilità oggettiva, per le condotte dannose degli amministratori, ma rispondono solo quando non abbiano impedito fatti pregiudizievoli di questi ultimi in virtù della conoscenza o della possibilità di conoscenza di elementi tali da sollecitare il loro intervento alla stregua della diligenza richiesta dalla natura dell’incarico e dalle loro specifiche competenze” (Cass. Pen., Sez. V, n. 33582/22, che sul punto richiama Cass. Civ., Sez. I, n. 17441/2016).

I superiori principi sono stati, altresì, adottati e condivisi anche in ambito sportivo dalla giurisprudenza dell’odierno Collegio, avendo sancito che “seppure non esista un dovere degli amministratori di non commettere errori e nemmeno di essere <<periti>> nei più diversi settori dell’organizzazione e della gestione dell’impresa sociale, tuttavia, è espressione del principio che le loro scelte <<devono essere informate e meditate, frutto di rischio calcolato>>” (Collegio di Garanzia dello Sport, SS.UU., n. 42/2017).

13.3.2. Delineato in tal senso il quadro normativo, osserva il Collegio che la sentenza impugnata, resa a carico degli amministratori privi di deleghe operative, è, quindi, carente nella propria parte motiva laddove la Corte Federale – con motivazione da ritenere apparente – ha fatto riferimento ad una generica, ma indimostrata, “consapevolezza diffusa”, ovvero ad una asserita condivisione, da parte di detti amministratori, dei concreti dettagli e delle finalità delle operazioni sportive scrutinate, omettendo di fornire adeguato supporto motivazionale di tali affermate ed indimostrate circostanze.

13.3.3. In argomento – seppure con riferimento ai profili della responsabilità disciplinare – l’odierno Collegio ha censurato una pronuncia di merito, accogliendo il motivo di gravame, atteso che la Corte Federale aveva ricostruito la responsabilità degli amministratori sulla base di una mera elencazione di elementi di fatto, “senza indicare specificamente i criteri in base ai quali tali elementi di fatto sono collegati in modo specifico ai profili della riscontrata responsabilità[…]nel caso di specie, ancora più necessario, trattandosi di amministratori privi di poteri esecutivi perché privi di deleghe e la decisione della Corte di Appello Federale, quindi, ne avrebbe dovuto tenere conto attraverso una motivazione più diffusa e articolata” (Collegio di Garanzia, SS.UU., n. 42/2017 cit.).

13.3.4. Con riferimento alla fattispecie portata all’esame del Collegio, non risulta, infatti, in alcun modo provato che vi siano state, in concreto, una o plurime oggettive violazioni da parte degli amministratori privi di deleghe della Juventus S.p.A. del citato obbligo di agire informati di cui all’art. 2381 c.c.

Peraltro, il rispetto del criterio dell’agire informato in capo a ciascun amministratore di cui all’art. 2381 c.c., valutato esclusivamente per il rilievo in ambito sportivo ed in relazione alle specifiche operazioni contestate, deve necessariamente tener conto che tali operazioni di scambio di calciatori definite “a specchio” ed il c.d. sistema delle plusvalenze (cfr. ex multis TFN – Sezione Disciplinare, C.U. n. 16, c.d. caso Chievo; Collegio di Garanzia, Sezioni Unite, decisione n. 9/2019), generato dalle medesime operazioni, costituisce un tema ricorrente e già dibattuto nell’ambito della giustizia sportiva i cui precedenti avrebbero, comunque, dovuto indurre gli amministratori non esecutivi della Juventus S.p.A. ad una maggiore prudenza e cautela sul piano gestionale, sempre in ossequio al criterio della corretta e sana amministrazione societaria.

13.4. In ragione di quanto sopra rilevato, il Collegio di Garanzia dello Sport – in accoglimento del motivo n. VI del ricorso n. 17/2023, proposto dal Dott. E.V., e del ricorso n. 18/2023, proposto congiuntamente dai Signori P.N., P.G., A. G.-V., C.M.H., D.M. e F.R. dispone l’annullamento della decisione impugnata in parte qua, rinviando alla Corte Federale di Appello, in diversa composizione, affinché rinnovi la valutazione con particolare riferimento alla determinazione dell’eventuale apporto causale dei singoli amministratori e con riferimento alle singole posizioni, valutandone le conoscenze ad ognuna di esse attribuibili in base all’art. 2392 c.c., fornendone adeguata motivazione ed attribuendo un coerente rilievo sanzionatorio che risulti in linea con l’assenza di violazioni riferibili all’attività gestionale/sportiva in capo ai ricorrenti.

Ciò, in ossequio al principio di diritto enunciato dal Collegio nella decisione n. 17 del 4.3.2019, emessa a Sezioni Unite, a mente della quale, “Nei casi in cui il Collegio di Garanzia dello Sport annulli la decisione del giudice di merito con rinvio, i poteri del giudice di rinvio sono diversi a seconda che l’annullamento sia stato pronunciato per violazione o erronea applicazione della legge, ovvero per mancanza o manifesta illogicità della motivazione […] Nel secondo caso, la sentenza rescindente, indicando i punti specifici di carenza o di contraddittorietà, non limita il potere del giudice di rinvio, che conserva la libertà di decisione mediante autonoma valutazione delle risultanze probatorie relative al capo della sentenza oggetto del giudizio di legittimità”.

14.1. La valutazione, come sopra elaborata, di accoglimento parziale dei ricorsi n. 17/2023 e n.18/2023, proposti dagli amministratori non esecutivi in relazione all’assetto sanzionatorio applicato dal Giudice Federale d’Appello, riverbera effetti anche sulla posizione della società Juventus F.C. S.p.A. nella specifica fattispecie contestata, rilevante conseguentemente ai sensi e per gli effetti dell’art. 6 CGS FIGC, il quale sancisce il principio della responsabilità della società non solo per l’operato di chi la rappresenta, ma anche per l’operato dei dirigenti, dei tesserati e degli ulteriori soggetti individuati all’art. 2, comma, 2, del medesimo Codice.

Considerato, infatti, che la misura della sanzione della penalizzazione inflitta alla Juventus F.C. S.p.A. risulta determinata in relazione alle accertate violazioni dei suoi rappresentanti e dei suoi dirigenti, nonché dei suoi amministratori senza delega, il venir meno, per l’accertato vizio motivazionale, della sanzione per questi ultimi si riflette, allo stato, anche sulla sanzione complessiva irrogata alla società e rende, quindi, necessaria una nuova valutazione della Corte Federale d’Appello sulle eventuali responsabilità dei singoli amministratori senza delega e poi anche della stessa società Juventus F.C. S.p.A.

14.1.2. Alla luce di quanto sopra esposto, i motivi di accoglimento sui ricorsi n. 17/2023 e n. 18/2023 si estendono, per trascinamento, alla posizione della società Juventus F.C. S.p.A. (ricorso n. 13/2023), nei cui confronti il Giudice del rinvio dovrà compiere le sue valutazioni in ordine alla conseguente misura della irrogata sanzione.

Del resto, il medesimo Procuratore FIGC, in sede di deferimento, ha compiutamente riferito di una esigenza di “dosimetria sanzionatoria” che impone una diversa valutazione del comportamento tenuto in sede sportiva da quello tenuto in ambito societario ai fini della rappresentazione della situazione economica, patrimoniale e finanziaria.

Il necessario rapporto di proporzione fra lo specifico comportamento tenuto e la sanzione irrogata è ormai acquisito pacificamente nell’elaborazione della giurisprudenza anche costituzionale, costituendo logica espressione dei criteri di uguaglianza e ragionevolezza della sanzione e imponendo al giudice di procedere a una valutazione dosimetrica ispirata ai due predetti criteri.

14.2. Come già ricordato  supra, in particolare, ai punti 11.1.3. e 11.1.4., spetta all’organo procedente, in sede di formazione del provvedimento sanzionatorio, stabilire il rapporto tra l’infrazione e il fatto che assume rilevanza disciplinare e stabilire, quindi, la misura della sanzione da irrogare nel caso concreto.

Si deve anche, in generale, ricordare che, secondo l’art. 12, comma 1, del Codice di Giustizia Sportiva della FIGC, sono gli organi di giustizia sportiva che stabiliscono la specie e la misura delle sanzioni disciplinari, “tenendo conto della natura e della gravità dei fatti commessi e valutate le circostanze aggravanti e attenuanti nonché la eventuale recidiva”.

Spetta, quindi, al Giudice federale determinare la tipologia e l’ammontare della sanzione, in relazione alla gravità dei fatti contestati dalla Procura Federale e, poi, accertati nel giudizio.

15.  Nulla per le spese.

PQM

Il Collegio di Garanzia dello Sport Sezioni Unite

Dichiara l’inammissibilità dell’atto di intervento ad adiuvandum, depositato, in relazione al ricorso iscritto al R.G. ricorsi n. 13/2023, in data 28 febbraio 2023, dal sig. C.P., in proprio, in qualità di tesserato tifoso “Membership” della F.C. Juventus S.p.A., nonché in qualità di Presidente dell’Associazione “Juventus Club Taranto Gigi Buffon”, e, altresì, dell’atto di intervento ad opponendum, depositato, in relazione al ricorso iscritto al R.G. ricorsi n. 13/2023, in data 31 marzo 2023, dall’Associazione Club Napoli Maradona “L’Avvocato del D10S” e dal Codacons;

Riuniti i ricorsi per connessione oggettiva e soggettiva;

Rigetta i ricorsi iscritti al R.G. n. 14/2023 (A./FIGC e altri), al R.G. n. 15/2023 (P./FIGC e altri), al

R.G. n. 16/2023 (C./FIGC e altri) e al R.G. n. 19/2023 (A./FIGC e altri).

Accoglie i ricorsi iscritti al R.G. n. 17/2023 (V./FIGC e altri), al R.G. n. 18/2023 (N. e altri/FIGC e altri) e al R.G. n. 13/2023 (Juventus/FIGC e altri), nei termini e nei limiti di cui in motivazione, e rinvia alla Corte Federale di Appello perché, in diversa composizione, rinnovi la sua valutazione, in particolare, in ordine alla determinazione dell’apporto causale dei singoli amministratori, fornendone adeguata motivazione e traendone le eventuali conseguenze anche in ordine alla sanzione irrogata a carico della società Juventus F.C. S.p.A.

Nulla per le spese.

Dispone la comunicazione della presente decisione alle parti tramite i loro difensori anche con il mezzo della posta elettronica.

Così deciso in Roma, nella sede del CONI, in data 19 aprile 2023.

Il Presidente e Relatore

F.to Gabriella Palmieri

Depositato in Roma, in data 8 maggio 2023.

Il Segretario

F.to Alvio La Face

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