CONI – Collegio di Garanzia dello Sport – Sezione Prima- coni.it – atto non ufficiale – Decisione n. 62 del 17/07/2023 – U.S. Folgore Caratese A.S.D. / FIGC / SSDARL Città di Varese

Decisione n. 62

Anno 2023

IL COLLEGIO DI GARANZIA PRIMA SEZIONE

composta da

Vito Branca - Presidente e Relatore

Marcello de Luca Tamajo Piero Floreani Angelo Maietta Giuseppe Musacchio – Componenti

ha pronunciato la seguente

DECISIONE

nel giudizio iscritto al R.G. ricorsi n. 48/2023, presentato, in data 1° giugno 2023, dalla U.S. Folgore Caratese A.S.D., rappresentata e difesa dagli avv.ti Cesare Di Cintio e Federica Ferrari,

nei confronti

della Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC), rappresentata e difesa dall’avv. Giancarlo Viglione,

e

della SSDARL Città di Varese, rappresentata e difesa dall’avv. Mattia Grassani,

per l’annullamento

della decisione della Corte Sportiva d'Appello Nazionale della FIGC n. 227/CSA/2022-2023, Registro Procedimenti n. 280/CSA/2022-2023, del 23 maggio 2023 (Dispositivo n. 238/CSA/2022- 2023), con riferimento alla gara del 14 maggio 2023 U.S. Folgore Caratese A.S.D. - Città Di Varese SSDARL, con la quale, nell'accogliere il reclamo proposto dalla SSDARL Città di Varese avverso la decisione del Giudice Sportivo della LND, Dipartimento Interregionale, pubblicata nel

C.U. n. 141 del 16 maggio 2023 (che ha respinto il reclamo della odierna intimata, convalidando il risultato del suddetta gara), è stata inflitta, a carico della U.S. Folgore Caratese A.S.D., la sanzione della perdita della ripetuta gara con il punteggio di 0-3; nonché per l’annullamento del comunicato con cui verrà resa nota la retrocessione sul campo della U.S. Folgore Caratese A.S.D. al Campionato di Eccellenza e, comunque, di ogni atto presupposto e precedente, anche se non conosciuto.

Viste le difese scritte e la documentazione prodotta dalle parti costituite;

uditi, nell’udienza del 4 luglio 2023, il difensore della parte ricorrente - U.S. Folgore Caratese A.S.D. - avv. Cesare Di Cintio; l’avv. Giancarlo Viglione, per la resistente FIGC; l’avv. Mattia Grassani, per la resistente SSDARL Città di Varese, nonché il Procuratore Nazionale dello Sport, avv. Antonio Villani, per la Procura Generale dello Sport presso il CONI, intervenuta ai sensi dell’art. 59, comma 2, lett. b), e dell’art. 61, comma 3, del Codice della Giustizia Sportiva del CONI;

udito, nella successiva camera di consiglio dello stesso giorno, il Presidente e relatore, avv. prof. Vito Branca.

Ritenuto in fatto

1. Con ricorso depositato il 1° giugno 2023, la U.S. Folgore Caratese ha adito il Collegio di Garanzia per ottenere l’annullamento della decisione della Corte Sportiva d’Appello Nazionale della FIGC n. 227/CSA/2022-2023 del 23 maggio 2023, con riferimento alla gara del 14 maggio 2023 U.S. Folgore Caratese A.S.D. – Città Di Varese SSDARL, con la quale, nell'accogliere il reclamo proposto dalla SSDARL Città di Varese avverso la decisione del Giudice Sportivo della LND, Dipartimento Interregionale, pubblicata nel C.U. n. 141 del 16 maggio 2023 (che ha respinto il reclamo della odierna intimata, convalidando il risultato del suddetta gara), è stata inflitta, a carico della U.S. Folgore Caratese A.S.D., la sanzione della perdita della ripetuta gara con il punteggio di 0-3; nonché per l’annullamento del comunicato con cui verrà resa nota la retrocessione sul campo della U.S. Folgore Caratese A.S.D. al Campionato di Eccellenza e, comunque, di ogni atto presupposto e precedente anche se non conosciuto.

2.1. Come cennato, lo scorso 14 maggio 2023 si disputava la gara (play out del Campionato di Serie D) tra la Folgore e la Città di Varese, conclusasi con il risultato di 2 a 0 in favore della ricorrente; risulta dagli atti che, antecedentemente alla gara medesima, la compagine avversaria presentava riserva scritta ex art. 65, comma 1, lettera c), CGS FIGC, “per la verifica delle misure regolamentari dell’altezza delle porte di gioco”, con la richiesta che venissero verificate le misure regolamentari. A seguito dell’intervento sulle medesime porte, le stesse venivano portate ad altezza regolamentare. Terminata la gara, la Città di Varese chiedeva all’arbitro di inserire nel rapporto di gara un’ulteriore riserva scritta, “per segnalare le difformità del terreno di gioco dopo i lavori di scavatura dopo il ripristino della misura delle porte”, segnalando, altresì, “la difformità delle porte, in quanto l’altezza non era regolamentare e la scavatura non conforme”.

2.2. Il Giudice Sportivo del Dipartimento Interregionale della LND, con C.U. n. 141 del 16 maggio 2023, respingeva il susseguente reclamo: «- letto il reclamo fatto pervenire a seguito di tempestivo preannuncio dalla S.S.D.A.R.L. CITT DI VARESE, con il quale si chiede di disporre a carico della

U.S. FOLGORE CARATESE ASD la sanzione della perdita della gara in epigrafe, per avere il sodalizio presentato al Direttore di gara, prima dell'inizio gara, specifica riserva scritta in merito all'altezza delle porte e che l'arbitro avrebbe autorizzato l'inizio della gara nonostante manifeste irregolarità del terreno di gioco, ricavabili (I) dalla presenza di "almeno due avvallamenti superiori ai 3 cm", (II) dalle "distanze tra le traverse e il resto del campo/suolo rimaste inferiori a quelle regolamentari", nonché (III) dallo "sdoppiamento" delle linee di porta la cui nuova tracciatura ha reso "di larghezza ben superiore a 12 cm o comunque di larghezza superiore a quella del palo", in violazione della Regola 1 del Regolamento del Giuoco del Calcio; - rilevato come il direttore di gara, su richiesta di codesto Giudice sportivo, inoltrava supplemento di rapporto nel quale afferma che successivamente alla presentazione di riserva scritta, a) si è proceduto a controllo dell'altezza delle porte, avvenuto alla presenza dei dirigenti di entrambe le società e che "una delle due porte risultava essere alta 2,36 metri, mentre l'altra 2,39 metri"; b) in seguito la società ospitante ha provveduto "a scavare il terreno di gioco per ripristinare le misure corrette, per poi livellarlo in modo che non vi fossero avvallamenti"; c) quando si è provveduto nuovamente alla misurazione delle porte "abbiamo constatato che erano entrambe dell'altezza di 2,44 metri, quindi perfettamente regolamentari ed ho così potuto dare il via alla gara (ora inizio 16:25)". P.Q.M. Delibera: 1) di respingere il reclamo; 2) di convalidare il risultato della gara conclusasi con il punteggio di 2-0 DTS in favore della U.S. FOLGORE CARATESE ASD 3) di addebitare la tassa di reclamo sul conto della S.S.D.A.R.L. CITTÀ DI VARESE».

2.3. La Città di Varese presentava reclamo dinanzi alla Corte Sportiva D’Appello FIGC la quale, con la decisione impugnata in questa sede, ne disponeva l’accoglimento, infliggendo la sanzione della sconfitta della gara alla Folgore Caratese con punteggio di 0-3.

In particolare, la Corte, rilevata la tempestività della riserva scritta presentata ed affermata la competenza del Giudice Sportivo a conoscere delle questioni sulla “regolarità del campo di gioco”, così argomentava: «Nel caso di specie, è incontestato, in punto di fatto, che una delle due porte risultasse essere alta 2,36 metri, mentre l'altra 2,39 metri, quindi entrambe inferiori alla misura di 2,44 metri prescritta dal vigente Regolamento.

Il successivo intervento eseguito dalla società ospitante è così descritto nel supplemento di referto: “(…) Hanno quindi provveduto a scavare il terreno di gioco per ripristinare le misure corrette, per poi livellarlo in modo che non vi fossero avvallamenti. Quando abbiamo provveduto nuovamente alla misurazione delle due porte dopo l’intervento abbiamo constatato che erano entrambe dell’altezza di 2,44 metri, quindi perfettamente regolari, ed ho così potuto dare il via alla gara”.

Tale intervento, per le inequivoche risultanze in atti, non può ritenersi idoneo a restituire la regolarità delle porte.

L’intervento è infatti consistito nel procurare un dislivello nella (sola) zona della linea di porta che, se ha consentito, nella successiva misurazione su quella specifica zona, di rilevare un’altezza pari a 2,44 metri, non è valso a rendere regolari le porte: l’altezza di 2,44 metri deve infatti intercorrere fra il “bordo inferiore della traversa” e il “suolo” (cfr. Regola 1 del Regolamento del Giuoco del Calcio, punto n. 10), inteso come terreno di gioco, sicché non può rilevare al riguardo un dislivello o avvallamento creato al di sotto del livello del suolo e, per di più, nella sola striscia relativa alla linea delle porte.

Anzi, a ben vedere, l’intervento così eseguito ha aggravato la situazione, procurando verosimilmente, nell’area di rigore ed in prossimità delle linee delle porte, un’alterazione del dislivello sul terreno di gioco che, per poter essere ripristinato nelle condizioni originali, avrebbe dovuto impegnare una fascia di campo molto più lunga ed ampia di quella oggetto dell’intervento medesimo (come si è detto, la sola fascia corrispondente alla linea delle porte).

L’audizione dell’arbitro Andrea Zoppi ha confermato l’anzidetta ricostruzione.

Il Direttore di Gara ha dato atto che, prima dell’intervento di scavo, il terreno era perfettamente livellato e non vi erano, nelle aree di porta, dossi o cumuli di terreno che ne determinassero un innaturale rialzamento.

Ne discende, su tale punto decisivo, l’infondatezza della prospettazione della società resistente, avendo l’Arbitro confermato, su specifica interrogazione formulata dalla Corte, che l’intervento eseguito dalla società ospitante è consistito non già nella rimozione di terreno erboso o materiale in eccesso dalla linea di porta (quindi, un mero livellamento), bensì in un vero e proprio scavo (di profondità di almeno 5/ 8 centimetri), al quale è seguito lo spargimento di sabbia e terra nella zona circostante alle linee di porta, al solo fine di attenuare il dislivello così ottenuto.

Assorbita ogni diversa censura, ne discende la comprovata situazione di irregolarità (e non di mera impraticabilità) del terreno di gioco in relazione alle porte, pacificamente sindacabile da questa Corte: irregolarità di cui non può che essere ritenuta responsabile la società ospitante (anche ex art. 59, comma 3, N.O.I.F.).

In conclusione, per le suesposte assorbenti ragioni, il reclamo va accolto e, in riforma della decisione impugnata, va inflitta la sanzione della perdita della gara alla società Folgore Caratese con il punteggio di 0–3 a norma dell’art. 10, comma 1, C.G.S.».

3. La Folgore Caratese ha, dunque, proposto ricorso al Collegio di Garanzia, affidando le proprie doglianze ai seguenti motivi di diritto:

I. “Violazione e falsa applicazione dell’articolo 67 CGS FIGC in combinato con l’articolo 61 NOIF: difetto di legittimazione attiva del dirigente accompagnatore Leonidas Pereira Neto”.

Il procedimento per cui è causa sarebbe viziato ab origine dalla assenza di legittimazione in capo al dirigente accompagnatore a proporre riserva, ai sensi dell’art. 67 CGS FIGC, non essendo tale figura ricompresa tra quelle contemplate dall’art. 21 NOIF.

II. “Violazione e falsa applicazione dell’articolo 67 comma 4 CGS FIGC sulla mancanza di tempestività della riserva  scritta  – carenza di motivazione  sulla acquiescenza prestata da Città Di Varese SSDARL”.

Si censura la parte della decisione della CSA che, sul punto, ha affermato che «la riserva, infatti, è stata tempestivamente avanzata dalla Città di Varese prima dell’inizio della gara, con oggetto “la verifica delle misure regolamentari dell’altezza delle porte di gioco”. Le censure qui svolte dalla reclamante attengono al medesimo vizio di conformità del terreno di gioco, sicché non poteva ravvisarsi alcun onere formale, dopo le operazioni di scavo e sistemazione delle linee di porta, di reiterazione della riserva scritta». A giudizio della ricorrente, la Corte sarebbe incorsa in un duplice errore: non ha considerato e attribuito valore al rapporto tra la prima e la seconda riserva scritta e non ha motivato in alcun modo l’eccezione circa l’acquiescenza della compagine avversaria sulla decisione di far cominciare la gara da parte dell’arbitro. Invero, secondo la ricorrente, potendo la contestazione “in tema di porte” essere sollevata ai sensi dell’art. 65, l. c), CGS FIGC, ad inizio gara o dopo l’inizio della gara solo se l’irregolarità sia intervenuta in corso di gara o per cause eccezionali, con l’aver prestato assenso all’inizio della gara a seguito dell’intervento ripristinatore la Città di Varese avrebbe consumato il suo diritto di contestare sul punto.

III. “Errore di diritto: violazione e falsa applicazione dell’articolo 62 comma 2 CGS FIGC nonché omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione - vizio di motivazione circa il valore probatorio del referto arbitrale e omesso esame degli elementi istruttori forniti da Folgore Caratese - eccesso di potere”.

La CSA avrebbe illegittimamente pretermesso e non attribuito valore alla valutazione dell’arbitro sulla regolarità del campo da gioco e alla sua conseguente determinazione di dare inizio alla partita, così violando il valore di prova legale del referto arbitrale (si cita il precedente di questa Sez. n. 23/2021).

IV. “Violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 111 Costituzione e ex art. 2 comma 6 CGS CONI nonché ex art. 44 comma 1 CGS FIGC - eccesso di potere”.

L’operato della Corte Sportiva d’Appello, inoltre, si paleserebbe illegittimo nella misura in cui, in spregio al valore probatorio del rapporto di gara, ha ritenuto necessario sentire l’Arbitro Zoppi. Deduce sul punto la ricorrente che, in violazione del principio del contraddittorio, la Corte non avrebbe reso note le modalità ed i contenuti di questa audizione (si cita decisione n. 23/2016 del 31 maggio 2016, Sezione II).

V. “Errore e falsa applicazione del regolamento impianti della LND art. 2”.

Le norme che regolano la configurazione del terreno di gioco sarebbero state erroneamente considerate dalla CSA laddove ha rilevato «la comprovata situazione di irregolarità (e non di mera impraticabilità) del terreno di gioco in relazione alle porte, pacificamente sindacabile da questa Corte: irregolarità di cui non può che essere ritenuta responsabile la società ospitante (anche ex art. 59, comma 3, N.O.I.F.)». La Corte Sportiva, quindi, ha ritenuto che la società sia stata “colpevole” di non aver adottato la normale vigilanza, a fronte dell’istruttoria compiuta nei gradi di merito con cui la ricorrente avrebbe dimostrato che è avvenuto esattamente il contrario, anche perché nei giorni antecedenti la gara erano intervenute incessanti piogge (si cita, sul punto, decisioni n. 58/2020 e n. 42/2020 sul caso fortuito e la forza maggiore). Tutto quanto esposto e prodotto anche in questa sede renderebbe evidente che il terreno di gioco, dopo l’intervento, è tornato alle misure regolamentari senza alcun avvallamento, e che la decisione dell’arbitro di disputare la gara è stata corretta, giustificata e ponderata, come pure la decisione adottata del Giudice sportivo in data 16 maggio 2023.

4. Si è costituita in giudizio la FIGC, concludendo per l’inammissibilità ed in ogni caso per l’infondatezza del ricorso.

La Federazione resistente eccepisce l’inammissibilità del ricorso in quanto tendente ad una rivalutazione del merito della vicenda, aggiungendo che la CSA si è avvalsa degli “ampi poteri di indagine e accertamento” ad essa attribuiti dall’art. 50 CGS FIGC.

Con riferimento al primo motivo, la FIGC deduce la correttezza della decisione impugnata, ribadendo che il potere di rappresentanza in capo al Dirigente accompagnatore trova fondamento sia nell’art. 61 CGS FIGC sia nelle NOIF, in particolare negli adempimenti che attengono allo svolgimento della gara, proprio come nel caso di specie. Medesimo esito con riferimento al secondo motivo: il Giudice di secondo grado, oltre a evidenziare la tempestività della riserva scritta presentata dal Varese prima dell’inizio della gara, si sofferma anche sulla seconda riserva scritta presentata dalla stessa Varese, affermando che «le censure qui svolte dalla reclamante attengono al medesimo vizio di conformità del terreno di gioco, sicché non poteva ravvisarsi alcun onere formale, dopo le operazioni di scavo e sistemazione delle linee di porta, di reiterazione della riserva scritta”. In altri termini, la CSA ha ritenuto legittimamente che il reclamo avanzato dalla società Varese attenesse alle medesime censure oggetto della riserva scritta presentata all’arbitro prima dell’inizio della gara. Pertanto, non vi era alcun “onere formale dopo le operazioni di scavo e sistemazione delle linee di porta” in capo al Varese “di reiterazione della riserva scritta”. Ed allora il comportamento posto in essere dal Varese è perfettamente in linea con quanto disposto dal richiamato art. 65, comma 4, CGS FIGC.

Quanto al terzo motivo, la FIGC rileva la correttezza dell’operato della Corte poiché, nonostante il comprovato e riconosciuto valore probatorio del referto arbitrale, il Giudice sportivo è libero nella interpretazione dello stesso, non essendo la propria decisione vincolata unicamente e inderogabilmente a quanto indicato nel referto di gara. Ed infatti, la Corte Sportiva non ha fatto altro che ricostruire quanto accaduto, corroborando i fatti agli atti in suo possesso, quali il referto arbitrale, la dichiarazione suppletiva fornita dall’arbitro al Giudice sportivo e, infine, la “specifica interrogazione” formulata dalla stessa Corte all’arbitro dell’incontro, ciò in ossequio all’art. 57 CGS FIGC: “Gli organi di giustizia sportiva possono liberamente valutare le prove fornite dalle parti e raccolte in altro giudizio, anche dell'ordinamento statale”.

Così ragionando, la Federazione confuta, altresì, il quarto motivo di ricorso, richiamando la giurisprudenza di questo Collegio, secondo cui «la circostanza che il referto arbitrale abbia una fede privilegiata non consente di ritenere che l’Organo giudicante non debba tener conto di ulteriori mezzi di prova al fine di raggiungere il proprio convincimento su determinate circostanze» (Collegio di Garanzia, Sezioni Unite, decisione n. 12/2019).

4.1. Si è costituita la Città di Varese concludendo anch’essa per l’inammissibilità/infondatezza del ricorso. Il contradditorio processuale si è ulteriormente articolato mediante il deposito di memoria ex art. 60, c. 4, da parte della Folgore Caratese.

All’udienza del 4 luglio 2023, le parti hanno esposto le proprie conclusioni. La Procura Generale, intervenuta ai sensi dell’art. 59, comma 2, lett. b), e dell’art. 61, comma 3, del Codice della Giustizia Sportiva, ha concluso per l’inammissibilità e, comunque, per il rigetto del ricorso.

Considerato in diritto

I. Il tenore delle censure contenute nel terzo e nel quarto motivo di ricorso, relativi alla addotta violazione dell’articolo 62, comma 2, CGS FIGC e del principio del contraddittorio, assumono, ad avviso del Collegio, veste di questioni pregiudiziali verso cui è necessario immediatamente soffermarsi siccome idonee ad assorbire le ulteriori doglianze proposte dalla ricorrente e, dunque, costituenti, per il principio della ragione più liquida, il percorso di un più rapido scrutinio per giungere all’accoglimento del ricorso stesso (in argomento, tra le molte, Collegio di Garanzia dello Sport, Sezione I, decisione n. 62/2022).

Costituisce ius receptum il principio per il quale «il referto arbitrale è prova legale assistita da fede privilegiata in relazione ai fatti che l’arbitro attesta essere accaduti in sua presenza e la sua messa in discussione va fatta con querela di falso e deferimento dell’arbitro alla Procura Federale» (Collegio di Garanzia dello Sport, Sezione I, decisione n. 23/2021).

Invero, la sintesi delle attività del giudice di gara - investito di un’attività avente connotazioni e finalità pubblicistiche (Cassazione civile, Sez. un., 09 gennaio 2019, n. 328) - e di ciò che ha visto e sentito è riportata fedelmente  nel  referto  arbitrale che, per costante  orientamento giurisprudenziale, gode di efficacia probatoria privilegiata, ai sensi dell’art. 61 del Codice di Giustizia Sportiva FIGC, in ordine al comportamento tenuto dai tesserati in occasione dello svolgimento delle gare. Tale norma attribuisce ai referti arbitrali una portata probatoria simile a quella riservata dall’art. 2700 c.c. agli atti pubblici e tale efficacia si estende non solo al tempo e al luogo della gara strettamente intesi (ossia tempo di gara e rettangolo di gioco), ma a tutti gli eventi che siano collegati alla gara stessa.

Infatti, l’espressione «in occasione dello svolgimento della gara», contenuta nell’art. 35, comma 11, si riferisce chiaramente a tutte le circostanze che, trovando “occasione” nella gara, assumono rilevanza per l’ordinamento sportivo sicchè il referto arbitrale mantiene la sua efficacia anche laddove i fatti descritti siano avvenuti a gara terminata.

Deve precisarsi, al riguardo, che, nella loro funzione giustiziale, agli organi di giustizia sportiva è sì “applicabile” il principio di cui all’art. 116 c.p.c. e, quindi, del suo libero convincimento, ma tale convincimento si arresta dinanzi alle prove c.d. legali, in cui il valore di fonte di prova (il referto arbitrale) è predeterminato dalla legge (id est, dalla regolamentazione sportiva).

Non è possibile, pertanto, limitarsi ad attribuire (pubblica) fede privilegiata al referto arbitrale unicamente come valenza intrinseca del documento con riferimento al suo tenore letterale. Così ragionando si vanificherebbe il valore e il presupposto logico della fede privilegiata che riguarda i contenuti e la loro provenienza, laddove, in altri termini, il referto arbitrale dovesse essere considerato unicamente strumento.

Sulla fede privilegiata attribuita al referto del direttore di gara, la giurisprudenza sportiva si è soffermata i molte occasioni: Collegio di Garanzia dello Sport, Sez. II, decisione n. 84/2017, Collegio di Garanzia dello Sport, Sez. II, decisione n. 12/2019 e, più recentemente, Collegio di Garanzia dello Sport, Sez. II, decisione n. 9/2021, ove si è affermato che «In nessun caso, perciò, le istanze istruttorie dell’Appellante, qualora ammesse, avrebbero potuto incidere sulla soluzione della controversia che, legittimamente, è stata assunta in forza della fede privilegiata attribuita al referto del direttore di gara, il quale, ai sensi dell’art. 35 del CGS-FIGC ratione temporis vigente, fa “piena prova circa il comportamento di tesserati in occasione dello svolgimento delle gare” (in tal senso, si è anche pronunciata la II^ Sez. del Collegio di Garanzia dello Sport con la decisione

n. 92/2019 dell’11 febbraio 2019: “Dal tenore letterale della disposizione - art. 35 CGS-FIGCFICG

- si evince che i rapporti dell’arbitro costituiscono piena prova del comportamento dei tesserati in occasione dello svolgimento delle gare e, dunque, si attribuisce agli stessi una fede privilegiata quanto a efficacia probatoria della ricostruzione dei fatti”)».

Ed ancora, di recente: Collegio di Garanzia dello Sport, Sezione II, n. 46/2022 («Ai sensi dell’art. 61 CGS FIGC, il quale dispone che i rapporti degli ufficiali di gara e i relativi eventuali supplementi fanno piena prova circa i fatti accaduti e il comportamento dei tesserati in occasione dello svolgimento delle gare, il referto arbitrale gode di efficacia probatoria privilegiata»); Collegio di Garanzia dello Sport, Sezione II, decisione n. 47/2022 (secondo cui il referto costituisce «una “prova legale” il cui valore non è rimesso alla libera valutazione del giudice, ma è predeterminato dalla legge (così, Cass. Civ., SS. UU., 9.1.2019, n. 328)»); Sezione I, decisione n. 39/2022, ove si ribadisce che «tale disposizione attribuisce, invero, ai referti arbitrali un valore probatorio simile a quello riservato dall’art. 2700 c.c. agli atti pubblici. Questa efficacia probatoria si estende non solo al tempo e al luogo della gara strettamente intesi (ossia tempo di gara e rettangolo di gioco), ma a tutti gli eventi che siano collegati alla gara stessa, atteso che l’espressione “in occasione dello svolgimento della gara” … si riferisce chiaramente a tutte le circostanze che, trovando “occasione” nella gara, assumono rilevanza per l’ordinamento sportivo»; Sezione II, decisione n. 55/2022, ove si è affermato che «il Collegio è senz’altro consapevole del fatto che il referto dell’arbitro e la relazione del Commissario di Campo sono fonte privilegiata di prova ai sensi dell’art. 61 CGS FIGC e dell’orientamento per cui può configurarsi un’omessa motivazione su un punto decisivo della controversia nel caso in cui il mancato esame di una prova «offra l’asseverazione di circostanze di tale portata da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie – nella specie il referto arbitrale – che hanno determinato il convincimento del Giudice di merito» (Collegio di Garanzia dello Sport, Sez. II, decisione n. 12/2019). Tuttavia, nel caso di specie, la Corte d’Appello, nel valutare le prove, ha evidentemente considerato sufficiente, a fondare il giudizio di responsabilità sulla condotta del sig. [OMISSIS], il referto arbitrale e quelli degli assistenti, mentre non ha ritenuto di poter arrivare a conclusioni differenti sulla base del rapporto del commissario di campo, motivando espressamente sulle ragioni in base alle quali il commissario stesso non avrebbe riferito tutte le circostanze di fatto descritte nel referto arbitrale. Posto che, come già evidenziato, l’accertamento e la valutazione del fatto sono attività riservate al giudice di merito, le stesse devono essere ritenute inammissibili».

Ebbene, dagli accertamenti contenuti nel referto in esame, i fatti occorsi e i comportamenti tenuti in occasione della gara sono stati specificatamente e dettagliatamente descritti. Come ha riportato (correttamente) il Giudice di prime cure, a seguito, infatti, dell’intervento e della nuova misurazione dell’altezza delle porte, la terna arbitrale ha verificato come le altezze fossero conformi al regolamento e, all’esito positivo, ha disposto l’inizio della gara, senza alcuna contestazione:

«successivamente alla presentazione di riserva scritta, a) si è proceduto a controllo dell'altezza delle porte, avvenuto alla presenza dei dirigenti di entrambe le società e che "una delle due porte risultava essere alta 2,36 metri, mentre l'altra 2,39 metri"; b) in seguito la società ospitante ha provveduto "a scavare il terreno di gioco per ripristinare le misure corrette, per poi livellarlo in modo che non vi fossero avvallamenti"; c) quando si è provveduto nuovamente alla misurazione delle porte "abbiamo constatato che erano entrambe dell'altezza di 2,44 metri, quindi perfettamente regolamentari ed ho così potuto dare il via alla gara (ora inizio 16:25)"».

La decisione della Corte Sportiva d’Appello, a giudizio del Collegio, non ha tenuto in debito conto di quanto contenuto nel referto e, dunque, della insindacabile valutazione dell’arbitro sulla conformità del campo da gioco alle norme del giuoco del calcio e alla sua conseguente determinazione di dare inizio alla partita.

II. Vi è poi da considerare la censura riguardante i limiti valutativi delle prove e come, nella specie, vi sia stata una violazione del principio del contraddittorio tale da giustificare l’annullamento dell’impugnata pronuncia della Corte Sportiva.

Da un punto di vista generale, sui poteri di istruzione probatoria dei giudici federali, il Collegio di Garanzia (Sezione I, decisione n. 70/2021) ha chiarito a più riprese che «le prove disposte d’ufficio da parte dei giudici federali, ex art. 9 e 36 CGS CONI, mediante l’utilizzo dei poteri officiosi in tema di istruzione probatoria riconosciutigli dal legislatore, devono essere acquisite al processo nel rispetto del contraddittorio».

Sottolinea il Collegio di Garanzia che il CGS CONI prevede, da una parte, all’art. 9, comma 4, che «Il giudice può indicare alle parti ulteriori elementi di prova utili, laddove i mezzi istruttori acquisiti non appaiano sufficienti per la giusta decisione. Sentite le parti, può assumere ogni altra informazione che ritiene indispensabile»; e, dall’altra, all’art. 36, comma 1: «Laddove ritenuto necessario ai fini del decidere, il collegio può disporre, anche d’ufficio, l’assunzione di qualsiasi mezzo di prova».

I giudici federali hanno, dunque, il potere di indicare alle parti ulteriori elementi di prova utili, nonché, una volta sentite le parti, di assumere ogni altra informazione che ritengono indispensabile, sempre nell’ottica di pervenire alla «giusta decisione». Sovviene al riguardo la giurisprudenza della Corte costituzionale (sentenza 26 marzo 1993, n. 111), secondo cui le disposizioni che consentono un allargamento del materiale probatorio da parte del giudice, derogando a quelle che si fondano, invece, sul principio iuxta alligata et probata, non si devono considerare lesive del diritto di difesa, ma anzi espressive della volontà di assicurare pienezza e lealtà del contraddittorio, volontà, questa, presente nel processo sportivo, visto il costante interesse al pieno accertamento dei fatti e alla citata giusta decisione. In tal guisa, il Collegio di Garanzia (decisioni nn. 15/2017, 83/2017 e 56/2018) ha già rilevato come anche nel processo sportivo possano essere ammesse nuove prove, compresi i documenti, laddove utili a dissipare lo stato di incertezza sui fatti controversi, così da consentire, in sede di legittimità, il necessario controllo sulla congruità e sulla logicità del percorso motivazionale seguito e sulla esattezza del ragionamento adottato nella decisione impugnata (cfr., Cass. civ., Sez. I, 20 aprile 2016, n. 7971).

Ma tali disposizioni, contenute nei Codici di Giustizia federali, non esonerano, tuttavia, dal rispetto delle forme vincolanti per la legittima acquisizione di dette prove. Ed infatti, da una parte, la regola dell’«informalità» del processo sportivo non «deve, però, essere confusa con mancanza di rigore» (Collegio di Garanzia, Sezioni Unite, decisione n. 89/2019); dall’altra, l’ordinamento processuale sportivo, tanto in considerazione delle specifiche disposizioni contenute nei codici e regolamenti federali, e tanto con l’esplicito rinvio alle norme generali del processo civile, operato con il comma 6 dell’art. 2 del CGS CONI, è fondato sui principi del contraddittorio e della disponibilità delle prove.

Quanto all’obbligo del contraddittorio, elevato a rango costituzionale con la legge n. 2 del 23 novembre 1999, affinché lo stesso possa dirsi rispettato, è necessario sia che la parte venga messa a conoscenza dell’esistenza del processo e venga, altresì, messa in condizione di avvalersi degli strumenti che l’ordinamento giuridico mette a disposizione per la difesa, laddove «si ha violazione del principio del contraddittorio […] quando il giudice, valendosi dei poteri discrezionali previsti dal codice di rito, abbia ammesso una prova di fronte alla quale una delle parti sia stata priva di ogni possibilità di concreta difesa istruttoria […]» (Cass. Civ., Sez. I, 31 gennaio 2007, n. 2201). Ne consegue che, siano esse disposte d’ufficio dal giudice ovvero proposte dalle parti, le prove devono essere acquisite al processo nel rispetto del contraddittorio.

Si determina, pertanto, una violazione o falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c. allorquando il giudice di merito pone a fondamento della decisione prove non dedotte dalle parti o disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali (per tutte, Cass. Civ., Sez. lav., 3 novembre 2020, n. 24395; Sez. IV, 17 gennaio 2019, n. 1229), mentre, si ripete, si ha violazione del generale principio del contraddittorio quando alla parte non viene concessa la possibilità di concreta difesa o di rituale interlocuzione istruttoria (in questi termini, Collegio di Garanzia, Sez. I, decisione n. 27/2021).

Orbene - atteso che, alla stregua della medesima giurisprudenza della FIGC, il valore probatorio privilegiato attribuito al referto arbitrale comporta che l’organo giudicante sia tenuto ad esaminare ulteriori atti istruttori «solo quando il contenuto del referto non sia sufficiente per formare il suo convincimento in quanto, ad esempio, non contiene elementi chiari e coerenti sulla fondatezza dell’addebito o risulta intrinsecamente contraddittorio o contraddetto da altre circostanze rilevanti» (decisione n. 55/CFA/2020-2021/A) - nella vicenda in esame, viene in rilievo l’articolo 62, comma 2, che espressamente prevede che “i procedimenti relativi … alla regolarità del campo da gioco

… si svolgono sulla base del rapporto degli ufficiali di gara e degli eventuali supplementi nonché di atti ufficiali trasmessi da organi della FIGC, dalle Leghe Divisioni e Comitati”; nonché l’art. 57 CGS FIGC: “Gli organi di giustizia sportiva possono liberamente valutare le prove fornite dalle parti e raccolte in altro giudizio, anche dell'ordinamento statale”.

Nello specifico, e con riferimento ai giudizi che si svolgono in relazione al contenuto di un referto arbitrale  e,  dunque,  che  sono  condizionati  dalla  sua  efficacia  probatoria,  è  stato  ritenuto dall’odierno Collegio (decisione n. 12/2019) che, dal tenore letterale della disposizione di cui all’art. 61 CGS FIGC, «si evince che i rapporti dell’arbitro costituiscono piena prova del comportamento dei tesserati in occasione dello svolgimento delle gare e, dunque, si attribuisce agli stessi una fede privilegiata quanto a efficacia probatoria della ricostruzione dei fatti. Tuttavia, la stessa disposizione prosegue indicando la possibilità che l’Organo giudicante utilizzi ai fini probatori gli atti di indagine della Procura Federale. Dunque, la circostanza che il referto arbitrale abbia una fede privilegiata non consente di ritenere che l’Organo giudicante non debba tener conto di ulteriori mezzi di prova al fine di raggiungere il proprio convincimento su determinate circostanze. Ciò a maggior ragione, come nel caso in questione, quando la possibilità di addivenire ad una decisione sia inficiata dalla mancanza di chiarezza del quadro fattuale e, per colmare tale carenza, sia disposta dallo stesso Organo giudicante una ulteriore attività istruttoria in capo alla Procura Federale  e  -  per  dipiù  -  quando  le  prove  esaminate  dalla  Procura  Federale  non  siano esclusivamente testimoniali, ma siano anche documentali, come, appunto, il referto ospedaliero» (nella fattispecie si discorreva di un’aggressione subita dall’arbitro ed in cui la Corte Federale aveva disposto un supplemento di indagine da compiere da parte della Procura Federale). Tuttavia, la possibilità che i giudici sportivi hanno di sentire l’arbitro sui fatti occorsi durante una gara, non solo non può spingersi sino a pretermettere quanto contenuto nel referto, ma neppure può giungere a fondare la decisione esclusivamente sulle dichiarazioni rese dall’arbitro medesimo fuori dal processo e senza garanzia di contraddittorio. In argomento, la Seconda Sezione del Collegio  ha,  invero,  affermato  che  «La ratio  di  tale  previsione  risiede,  con tutta  evidenza, nell’esigenza di consentire alla parte di potersi difendere con cognizione di causa e su tutti gli atti acquisiti al procedimento. Risulta, invero, dagli atti prodotti in giudizio che il ricorrente ha appreso dell’esistenza di tale supplemento di rapporto soltanto dalla decisione, pubblicata il 16 marzo 2016, e ha potuto ottenere la nota contenente le predette dichiarazioni rilasciate telefonicamente dall’arbitro  -  della  cui  paternità,  per  inciso,  è  perfino  legittimo  dubitare,  mancando  una sottoscrizione del presunto autore - soltanto in data 25 marzo 2016. Ritiene il Collegio che la procedura seguita dalla Corte Sportiva di Appello si collochi al di fuori e in violazione delle più elementari regole, immanenti all’ordinamento, tese a garantire in qualunque procedimento - sia di natura amministrativa, sia, come nel caso di specie, di natura giustiziale - il contraddittorio e la conoscenza integrale degli atti di causa, strumentali al compiuto dispiegarsi dell’ineludibile diritto di difesa spettante a qualunque parte del procedimento e, a fortiori, alla parte incolpata o sanzionata» (decisione 31 maggio 2016, n. 23).

E nel caso sottoposto all’odierno vaglio del Collegio, a seguito della pur legittima audizione in camera di consiglio dell’arbitro, non è stata garantita la possibilità di un confronto processuale tra le parti su tale emergenza istruttoria; tanto più considerando che nel procedimento de quo vi è solo il referto di gara e non sussiste nessuna rettifica, avendo l’arbitro stesso, come si evince dagli atti, comunque confermato il proprio referto.

Considerato, pertanto, il tenore dell’art. 2, comma 2, del CGS del CONI, che, ripreso nei suoi contenuti precettivi dall’art. 44, comma 1, CGS FIGC, stabilisce espressamente che “Il processo sportivo attua i principi della parità delle parti, del contraddittorio e gli altri principi del giusto processo”, deve concludersi che la violazione di tali principi conduce alla nullità della decisione impugnata (in argomento, Collegio di Garanzia dello Sport, Sezione I, decisione n. 52/2023). L’accoglimento del motivo sul punto assorbe le ulteriori censure proposte e le avverse deduzioni e  domande,  conducendo  all’annullamento  senza  rinvio  della  decisione  con  il  conseguente ripristino del risultato maturato sul campo come già statuito dal Giudice Sportivo nel presente procedimento.

Le spese seguono la soccombenza, atteso che i principi espressi sono da considerarsi ius receptum, e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Collegio di Garanzia dello Sport Prima Sezione

Accoglie il ricorso e, per l’effetto, omologa il risultato maturato sul campo, onerando la Federazione di provvedere alla rideterminazione della classifica e di adottare i consequenziali provvedimenti in merito al Campionato.

Condanna la FIGC e la SSDARL Città Di Varese alle spese di giudizio, liquidate in € 1.500,00, oltre accessori di legge, a carico di ciascuna parte resistente costituita.

Dispone la comunicazione della presente decisione alle parti tramite i loro difensori anche con il mezzo della posta elettronica.

Così deciso in Roma, nella sede del CONI, in data 4 luglio 2023.

Il Presidente e Relatore

F.to Vito Branca

Depositato in Roma, in data 17 luglio 2023.

Il Segretario

F.to Alvio La Face

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