F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – Sezione I – 2024/2025 – figc.it – atto non ufficiale – Decisione n. 0020/CFA pubblicata il 19 Agosto 2024 (motivazioni) – Vigor Gela srls-Sig. Maurizio Nassi-PFI
Decisione/0020/CFA-2024-2025
Registro procedimenti n. 0002/CFA/2024-2025
Registro procedimenti n. 0003/CFA/2024-2025
LA CORTE FEDERALE D’APPELLO
I SEZIONE
composta dai Sigg.ri:
Mario Luigi Torsello – Presidente
Angelo De Zotti – Componente
Antonino Anastasi - Componente (Relatore)
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul reclamo numero 0002/CFA/2024-2025 proposto dalla società Vigor Gela s.r.l.s. in data 16.07.2024 e sul reclamo 0003/CFA/2024-2025 proposto dal sig. Maurizio Nassi in data 16.07.2024;
entrambi per la riforma della decisione n. 02/B del Tribunale federale territoriale presso il Comitato Regionale Sicilia, di cui al C.U. n.12 TFT del 09.07.2024;
visti i reclami, preliminarmente riuniti, e i relativi allegati;
visti tutti gli atti della causa;
relatore all’udienza dell’8.8.2024, tenutasi in videoconferenza, il Pres. Antonino Anastasi e uditi l’Avv. Joseph Donegani per i reclamanti e l’Avv. Luca Zennaro per la Procura federale interregionale; sono presenti altresì il Sig. Maurizio Nassi e il Sig. Cristian Paradiso.
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
RITENUTO IN FATTO
Nel giugno del corrente anno 2024 la Procura federale interregionale ha deferito avanti al Tribunale territoriale per la Regione Sicilia:
1) il sig. Francesco Faraci, all’epoca dei fatti persona che svolgeva attività rilevante per l’ordinamento federale ai sensi dell’art. 2, comma 2, del Codice di giustizia sportiva all’interno e nell’interesse della società Vigor Gela s.r.l.s., per rispondere della violazione dell’art. 4, comma 1, e dell’art. 35 del Codice per avere lo stesso, al termine della gara Vigor Gela s.r.l.s. – A.P.D. Sommatinese Calcio, disputata il 12.11.2023 e valevole per il girone F del campionato di Prima Categoria del Comitato regionale Sicilia, colpito con due pugni al volto il direttore di gara procurandogli un trauma allo zigomo sinistro ed un trauma parietale all’emisfero destro guaribili in 8 giorni, come accertato presso il pronto soccorso del Presidio ospedaliero Vittorio Emanuele di Gela.
2) il Sig. Maurizio Nassi, all’epoca dei fatti dirigente tesserato per la società Vigor Gela s.r.l.s. per rispondere della violazione del disposto di cui all’art. 4, comma 1, del Codice di giustizia sportiva sia in via autonoma che in relazione a quanto previsto e disposto dall’art. 66 delle NOIF per avere lo stesso nel corso della gara sopra citata, quale dirigente accompagnatore ufficiale inserito in distinta di gara, consentito e non impedito che il sig. Francesco Faraci stazionasse e si muovesse liberamente nella zona spogliatoi dell’impianto sportivo senza essere indicato in distinta;
3) la società Vigor Gela s.r.l.s. per rispondere a titolo di responsabilità oggettiva ai sensi dell’art. 6, comma 2, del Codice di giustizia sportiva per gli atti ed i comportamenti posti in essere dai sigg.ri Francesco Faraci e Maurizio Nassi, così come descritti nei precedenti capi di incolpazione.
Con la decisione qui impugnata il Tribunale, accogliendo le istanze della Procura, ha applicato le seguenti sanzioni:
al sig. Francesco Faraci: inibizione per anni cinque con preclusione alla permanenza in qualsiasi rango della F.I.G.C.; al sig. Maurizio Nassi: inibizione per mesi sei; alla società Vigor Gela s.r.l.s.: ammenda di € 1.000 e punti due di penalizzazione in classifica da scontare nel campionato 24-25.
La decisione è stata impugnata con separati atti di reclamo dal sig. Maurizio Nassi e dalla società, i quali ne hanno chiesto l’integrale riforma deducendo a sostegno dei gravami censure di analogo tenore.
Il sig. Nassi, peraltro, ha esposto di non essersi potuto costituire nell’udienza avanti al Tribunale in quanto non informato dalla società e, di conseguenza, ha chiesto di essere rimesso in termini per la formulazione di istanze istruttorie, aventi ad oggetto la audizione di due testimoni, chiamati a rispondere su quattro capitoli di prova.
Si è costituita per resistere la Procura federale la quale ha chiesto il rigetto degli avversi gravami.
Con decreto presidenziale n. 2 del 17/7/2024 i due reclami sono stati riuniti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I reclami non sono fondati e vanno pertanto respinti.
Come riferito in premessa, il sig. Maurizio Nassi ha esposto di non essersi potuto costituire nell’udienza avanti al Tribunale in quanto non informato dalla società e, di conseguenza, ha chiesto di essere rimesso in termini per la formulazione di istanze istruttorie.
In particolare, il reclamante chiede la audizione di due testimoni, chiamati a rispondere su quattro capitoli di prova aventi ad oggetto il ruolo asseritamente svolto dal sig. Faraci e la individuazione dei soggetti realmente responsabili per la presenza di costui negli spogliatoi.
In proposito si premette, sulla base degli atti di primo grado, che le comunicazioni inerenti al giudizio sono state ritualmente inoltrate alla società (art. 53, comma 5, CGS) non avendo l’interessato comunicato dopo il deferimento un proprio recapito di posta elettronica: ne consegue – come lo stesso reclamante lealmente riconosce – che nel procedimento non risultano verificatesi violazioni del contraddittorio.
Ciò chiarito, l’istanza istruttoria non può essere accolta, per un complesso ordine di ragioni.
In primo luogo, i principi della giustizia sportiva sono ispirati a ragioni di speditezza, che mal si conciliano con l’espletamento di prove orali (specie in appello), se non assolutamente necessarie per assumere la decisione (CFA, SS.UU., n. 8/2024-2025).
I procedimenti in ordine alle infrazioni oggetto di denuncia o deferimento da parte della Procura federale si svolgono infatti sulla base degli elementi contenuti nel deferimento e nelle deduzioni difensive, ossia sulla base delle evidenze documentali e delle prove precostituite, rispetto alle quali la prova testimoniale costituisce, nel procedimento disciplinare come in genere in quello sportivo, eccezione. Il che, del resto, si evince dall’espressione “necessità di provvedere”, cui fa riferimento l’art. 60 CGS, espressione che, altrimenti, costituirebbe un mero pleonasmo (CFA, SS.UU., n. 64/2021-2022).
In secondo luogo, è agli atti di primo grado la comunicazione con la quale il sig. Paradiso Cristian (Presidente della Società) tramite il suo legale ha inviato alla Procura dichiarazioni testimoniali rese su identici capitoli di prova proprio dai due soggetti che il reclamante vorrebbe ora chiamare a testimoniare, il che sul piano empirico rende chiaramente – in questo grado di appello - la richiesta prova orale non strettamente necessaria, se non addirittura irrilevante.
Infine – e soprattutto – il quadro istruttorio emergente dagli atti risulta, a giudizio della Corte, chiaro e definito, e non oggetto di ragionevoli contestazioni nella sua realtà fenomenica e fattuale, con la conseguenza che il presente contenzioso verte, a ben vedere, non sull’accertamento dei fatti, quanto piuttosto sulla qualificazione degli stessi e sulla individuazione delle conseguenze giuridiche che dagli stessi discendono.
In sostanza, a giudizio della Corte, dagli atti risulta chiaramente, che in occasione della gara il sig. Faraci – e cioè il soggetto responsabile dell’aggressione verificatasi al termine dell’incontro - ha avuto libero ingresso alla zona antistante gli spogliatoi dell’impianto sportivo, ove è rimasto per tutto l’intervallo, al termine del quale, dopo l’uscita delle squadre, ha addirittura accompagnato l’arbitro fino all’ingresso sul terreno di gioco.
Tanto si evince in primis dalla segnalazione inviata dall’arbitro al Giudice sportivo in seno al referto, nonché poi dalle dichiarazioni rese dallo stesso alla P.G. del commissariato di Gela sia in sede di prime sommarie informazioni, sia successivamente all’atto della presentazione di denuncia/querela.
In proposito, è innanzi tutto il caso di ribadire che ai sensi dell’art. 61 CGS, i rapporti degli ufficiali di gara sono fonte di prova privilegiata circa i fatti accaduti e il comportamento di tesserati in occasione dello svolgimento delle gare (cfr. CFA, SS.UU., n. 13/2023-2024), con la conseguenza che tale efficacia probatoria privilegiata è contestabile soltanto nel caso di manifesta irragionevolezza, qui assolutamente non ricorrente.
A ciò deve aggiungersi, come anticipato, che la valenza probatoria di quanto originariamente rappresentato dall’arbitro in seno al referto risulta rafforzata dalla reiterazione e costanza delle successive e conformi dichiarazioni rese dall’arbitro stesso in tutte le varie sedi, nonché dalla specificità e analiticità di tali dichiarazioni nella parte riferita al pregresso comportamento del soggetto aggressore.
Certamente, come la Difesa dei reclamanti non manca di sottolineare, nel referto l’arbitro ebbe ad indicare erroneamente le generalità di colui che lo ha colpito: ma tale circostanza, a giudizio della Corte, non inficia la generale valenza probatoria della dichiarazione in quanto verisimilmente l’erronea identificazione fu il frutto del comprensibile stato di choc fisico e psichico innescato nel direttore di gara dalla subita aggressione.
Per quanto concerne l’identificazione, del resto, ciò che conta è che l’arbitro – come ben evidenziato dal Tribunale – ha sùbito rettificato l’errore, individuando correttamente l’aggressore tra i numerosi soggetti le cui foto identificative gli sono state sottoposte in visione dalla P.G. del commissariato di Gela all’atto della presentazione della querela.
Tanto precisato in fatto, non può accogliersi in diritto, a giudizio della Corte, la tesi principale dei reclamanti secondo i quali la presenza del sig. Faraci all’interno dello spogliatoio era stata del tutto occasionale e non autorizzata da alcuno, con conseguente impossibilità di qualificare il medesimo come un addetto a servizi della società.
A prescindere dal passaggio in giudicato (per mancata impugnazione da parte dell’interessato) della statuizione di primo grado che qualifica in tal senso il ruolo del sig. Faraci, esistono infatti elementi probatori concludenti per annoverare tale soggetto tra le “persone comunque addette a servizi delle società stesse e a coloro che svolgono qualsiasi attività all'interno o nell'interesse di una società o comunque rilevanti per l'ordinamento federale.” (cfr. art. 2 comma 2 CGS).
Sul punto, è necessario ricordare – sulla scorta di costante giurisprudenza – che nel processo sportivo il valore probatorio sufficiente per appurare la realizzazione di un illecito disciplinare si deve attestare ad un livello superiore alla semplice valutazione di probabilità, ma inferiore all’esclusione di ogni ragionevole dubbio (come invece è previsto nel processo penale), nel senso che è necessario e sufficiente acquisire - sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti - una ragionevole certezza in ordine alla commissione dell’illecito (tra le più recenti CFA, SS.UU., n. 8/2024-2025).
Ciò chiarito si osserva che, come puntualmente evidenziato dalla Procura, in un impianto sportivo di dimensioni medio/piccole quale quello in cui si è svolto l’incontro la presenza continuativa di un soggetto “estraneo” nell’area riservata non poteva non essere notata dalla dirigenza della squadra ospitante, tanto più trattandosi di persona già deferita all’A.G. nel gennaio del 2023 per violazioni degli artt. 582 e 612 C.P. (lesioni e minacce) a seguito di comportamenti tenuti proprio nel medesimo stadio Vincenzo Presti di Gela.
Deve dedursi, pertanto, come già sottolineato dal Tribunale, che la perdurante e indisturbata presenza del Faraci nell’area riservata durante tutto l’intervallo e soprattutto lo svolgimento da parte del medesimo di mansioni (di accompagnamento) genericamente riconducibili a quelle proprie del dirigente addetto all’arbitro, comprovano come tale soggetto svolgesse in via di fatto – sulla base di una sorta di autorizzazione implicita - una attività organicamente ascrivibile alla società e nell’interesse della stessa.
In via logicamente subordinata i reclamanti deducono che in ogni caso nessuna responsabilità per quanto accaduto può essere addebitata al dirigente accompagnatore Maurizio Nassi, il quale non aveva l’obbligo istituzionale di impedire che soggetti estranei si introducessero negli spogliatoi.
A tutto voler concedere, secondo i reclamanti, tale obbligo incombeva sui soggetti (i sigg.ri Genovese Daniele e Stracquadanio Rosario) formalmente incaricati del servizio sostitutivo di ordine pubblico, non avendo il locale commissariato (benché ritualmente notiziato) potuto assicurare la presenza allo stadio di adeguata forza pubblica in occasione dell’incontro.
Questo mezzo di impugnazione deve essere disatteso.
Premesso che nell’occasione la società Vigor Gela, quale squadra ospitante, non aveva nominato un dirigente specificamente addetto all’arbitro, deve evidenziarsi che il dirigente accompagnatore ufficiale, a norma dell’art. 66, comma 4, NOIF, rappresenta la società e pertanto assume una generale responsabilità in vigilando sul comportamento di tutti i soggetti comunque addetti al servizio della società in occasione della relativa gara.
Ne consegue che il dirigente suddetto risponde, in via di immedesimazione organica, della mancata o carente vigilanza esercitata dai soggetti societari preposti a specifici servizi e tra questi dai dirigenti incaricati del servizio sostitutivo di ordine pubblico.
Inoltre è da precisare che nel caso oggetto di reclamo non viene soltanto in rilievo “a valle” la compromissione dell’ordine pubblico e della incolumità dell’arbitro determinata dalla sconsiderata aggressione posta in opera dal Faraci, ma altresì “a monte” la culpa in vigilando ricadente sul dirigente accompagnatore ufficiale, essendo stato consentito a detto soggetto di introdursi e stazionare in un’area riservata e di tenere in rapporto al direttore di gara un comportamento equivoco e fuorviante.
Sulla scorta delle considerazioni che precedono i reclami vanno pertanto respinti.
P.Q.M.
Respinge i reclami in epigrafe.
Dispone la comunicazione alle parti con PEC.
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Antonino Anastasi Mario Luigi Torsello
Depositato
IL SEGRETARIO
Fabio Pesce