F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – Sezione I – 2024/2025 – figc.it – atto non ufficiale – Decisione n. 0042/CFA pubblicata il 30 Ottobre 2024 (motivazioni) – Sig.ri Antonio Ussia e Giuseppe Amato – PFI
Decisione/0042/CFA-2024-2025
Registro procedimenti n. 0038/CFA/2024-2025
LA CORTE FEDERALE D’APPELLO
I SEZIONE
composta dai Sigg.ri:
Mario Luigi Torsello – Presidente
Silvia Coppari – Componente
Antonino Anastasi - Componente (Relatore)
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul reclamo numero 0038/CFA/2024-2025 proposto dai Sig.ri Antonio Ussia e Giuseppe Amato in data 27.09.2024, per la riforma della decisione del Tribunale federale territoriale presso il C.R. Calabria n. 34 del 18.09.2024;
visti il reclamo e i relativi allegati;
visti tutti gli atti della causa;
relatore all’udienza del 22.10.2024, tenutasi in videoconferenza, il Pres. Antonino Anastasi e uditi l’Avv. Salvatore Romeo per i reclamanti e l’Avv. Alessandro Avagliano per la Procura federale interregionale.
Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue.
RITENUTO IN FATTO
Con l’atto che ha dato origine al presente contenzioso il Procuratore federale interregionale ha deferito avanti al Tribunale federale territoriale per la Calabria:
- il sig. Antonio Ussia, all’epoca dei fatti dirigente tesserato per la Città di Guardavalle 1975, incolpandolo della violazione del disposto di cui agli artt. 4, comma 1, e 39, comma 3, del Codice di giustizia sportiva per avere lo stesso, in data 3.3.2024, poco prima della gara Città di Guardavalle 1975 – Real Parghelia valevole per il girone C del campionato di Prima Categoria, davanti al ristorante denominato “Da Pina” in Guardavalle (CZ) posto nelle immediate vicinanze dell’impianto sportivo nel quale di lì a poco si sarebbe disputato l’incontro, colpito con pugni e calci il sig. Moulaye Abass Sokona, calciatore tesserato per la ASD Real Parghelia;
- il sig. Giuseppe Amato, all’epoca dei fatti dirigente tesserato per la Città di Guardavalle 1975, incolpandolo della violazione del disposto di cui agli artt. 4, comma 1, e 39, comma 3, del Codice di giustizia sportiva per avere lo stesso, in data 3.3.2024, poco prima della gara suddetta, davanti al ristorante denominato “Da Pina” in Guardavalle (CZ) posto nelle immediate vicinanze dell’impianto sportivo nel quale di lì a poco si sarebbe disputato l’incontro, colpito con pugni e calci il sig. Moulaye Abass Sokona, calciatore tesserato per la ASD Real Parghelia.
Secondo la tesi accusatoria, all’ingresso del locale ristorante Da Pina – ove i giocatori del Real Parghelia si stavano recando prima della partita, invitati dalla squadra ospitante – i due dirigenti avevano aggredito il sig. Sokona, provocandogli lesioni, obiettivamente riscontrate dal Pronto soccorso dell’Ospedale di Vibo Valentia.
I deferiti si sono costituiti contestando tale ricostruzione dei fatti ed affermando di aver avuto col sig. Sokona soltanto una animata discussione verbale.
Con la decisione oggetto di reclamo il Tribunale ha reputato inconsistente tale tesi difensiva ed ha irrogato ai deferiti – come richiesto dalla Procura – la sanzione disciplinare di un anno di inibizione.
La decisione è stata impugnata dai soccombenti col reclamo all’esame, i quali ne hanno chiesto l’integrale riforma.
A sostegno dell’impugnazione i reclamanti deducono censure in rito e in merito.
La Procura federale interregionale si è costituita in udienza per resistere.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Il reclamo non è fondato e va pertanto respinto.
2.Con il primo motivo i reclamanti lamentano l’error in procedendo in cui sarebbe incorso il Tribunale allorché ha stralciato la memoria da loro depositata in prossimità dell’udienza, in quanto non portata a conoscenza della Procura.
Sostengono i reclamanti - se ben si comprende - che con tale stralcio il Tribunale ha posto in essere una sorta di disparità di trattamento, imponendo ai deferiti oneri di notifica dai quali invece la Procura sarebbe esente, non dovendo tale Organo notificare alla controparte nemmeno l’atto di deferimento.
Il rilievo è sostanzialmente perplesso, in quanto l’art. 85 del Codice di giustizia sportiva impone ovviamente alla Procura la notificazione al deferito dell’atto di incolpazione, senza la quale risulta preclusa l’instaurazione del giudizio disciplinare.
In ogni caso, la questione non merita approfondimento in quanto da un lato – come riconosciuto dagli stessi reclamanti – la memoria in questione costituiva atto non recante domande o deduzioni nuove; dall’altro, come risulta dal relativo verbale, il Difensore dei deferiti è intervenuto in udienza in primo grado ed ivi ha avuto modo, comunque, di esporre compiutamente le sue ragioni.
Ne deriva che, nella specie, lo stralcio della memoria non ha comportato una effettiva lesione del contraddittorio, tale da inficiare la legittimità della decisione di merito qui impugnata.
In questo senso, se anche la censura dei reclamanti mirasse ad una pronuncia di questa Corte di annullamento con rinvio al giudice di primo grado, occorre ribadire che, sebbene il quarto periodo del secondo comma dell’art. 106 C.G.S. (“Pronuncia della Corte federale di appello) dispone che quest’ultima “ Se ritiene insussistente la inammissibilità o la improcedibilità dichiarata dall’organo di primo grado o rileva la violazione delle norme sul contraddittorio, annulla la decisione impugnata e rinvia, per l’esame del merito, all’organo che ha emesso la decisione”, una corretta interpretazione di tale disposizione, conforme peraltro al principio della ragionevole durata del processo sportivo, impone che le fattispecie di inammissibilità e di improcedibilità dichiarate dall’organo di primo grado che legittimano l’annullamento della decisione con rinvio, “siano solo quelle di mero rito, per effetto delle quali non via stato alcun ingresso alla valutazione del merito delle questioni, e per le quali è pertanto mancata una qualsiasi parvenza di contraddittorio” (ex multis: CFA, SS.UU., n. 2/2023-2024).
Il che non è, con tutta evidenza, nella fattispecie in esame.
In ogni caso – e in via generale - nel reclamo proposto a questa Corte federale deve riconoscersi una particolare intensità al cd. effetto devolutivo dell’appello, con la conseguenza che si produce un’automatica riemersione in questa sede di tutto il materiale di cognizione introdotto in primo grado - naturalmente nei limiti degli specifici vizi dedotti di cui all’art. 101, comma 3, primo periodo del Codice - in modo tale che la cognitio di questa Corte è piena. Pertanto, il contegno e la condotta processuale delle parti rileva (nel senso di avere conseguenze sulla pronuncia del giudice) nella fase processuale nella quale essa condotta si materializza e non sulle fasi successive, dove il giudizio riprende la propria autonomia e nel quale sia le parti che il giudice operano senza alcun vincolo pregiudiziale riferito al giudizio pregresso (ex multis: CFA, Sez. I, n. 96/2019-2020).
E ciò in coerenza con l’impostazione secondo cui i giudizi innanzi a questa Corte relativi ai reclami proposti contro le decisioni del Tribunale federale si qualificano solo “tendenzialmente” quale revisio prioris instantiae (ex multis: CFA, SS.UU., n. 29/CFA/20222023).
3.Nel merito, in via principale i reclamanti deducono che il materiale probatorio in atti non corrobora la ricostruzione dell’episodio cui è pervenuto il Tribunale, basandosi – in prevalenza - sulle dichiarazioni rese dal solo sig. Sokona, che risulterebbero invece contraddittorie e non suffragate da altre testimonianze dirette, ma soltanto da dichiarazioni de relato.
In particolare, i reclamanti insistono nel sostenere di aver intrattenuto col sig. Sokono soltanto una civile – benché accesa discussione, avente ad oggetto il comportamento non corretto tenuto dal medesimo in occasione di una precedente gara disputatasi a Guardavalle.
In via gradata, nel reclamo si insiste in ogni caso per l’attribuibilità del preteso alterco al solo sig. Amato, il quale comunque sarebbe responsabile di un mero comportamento antisportivo non avente alcun carattere di gravità.
I rilievi difensivi ora sintetizzati non risultano in alcun modo convincenti.
Infatti, come ben evidenziato dal Tribunale, le testimonianze complessivamente acquisite dalla Procura in sede di audizione, nonché i verbali delle sommarie dichiarazioni rese dai tesserati del Real Parghelia ai Carabinieri della locale Stazione nella immediatezza, delineano un quadro fattuale non equivoco e corroborano una ricostruzione dei fatti salienti che le deduzioni dei reclamanti non valgono – come ora si vedrà – a scalfire.
Prima di procedere alla valutazione del materiale probatorio in atti, è però d’uopo ribadire alcuni principi che governano l’attività decisionale nel processo sportivo disciplinare.
Sotto tale profilo, in primo luogo, ai fini della valutazione della responsabilità, costituisce principio consolidato della giurisprudenza quello per cui il valore probatorio sufficiente per appurare la realizzazione di un illecito disciplinare si deve attestare a un livello superiore alla semplice valutazione di probabilità, ma inferiore all’esclusione di ogni ragionevole dubbio – così come invece e ̀ previsto nel processo penale – «nel senso che e ̀ necessario e sufficiente acquisire – sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti – una ragionevole certezza in ordine alla commissione dell’illecito» (ex multis: CFA, Sez. I , n. 49/2022-2023 e CFA, SS. UU., n. 105/2020-2021, § 3).
Tale criterio rappresenta il parametro normativo alla cui stregua il Giudice sportivo è tenuto a conformarsi nella valutazione delle condotte sottoposte al proprio scrutinio, poiché «Le affinità tra il giudizio disciplinare e quello penale non possono spingersi fino a costruire un meccanismo probatorio così rigoroso, nel primo caso, da dover concludere, nel dubbio, in favore del reo, ovverosia del soggetto nei cui confronti è richiesta l’applicazione di misure di carattere disciplinare. La diversa connotazione dell’ordinamento sportivo consente margini più ampi alla valutazione dei mezzi di prova e al libero convincimento del giudice, nei limiti, per quest’ultimo, della coerenza e ragionevolezza argomentative e dell’adeguata aderenza ai fatti. Se ne desume che possono essere fatti valere, nel processo sportivo, elementi specifici a fini probatori, assimilabili alla logica – fatta propria dal processo civile e da quello amministrativo – del “più probabile che non”, rispetto a cui il giudizio può essere integrato da dati di comune esperienza» (CFA, Sez. I, n. 117/2022-2023).
In secondo luogo, alla stregua del principio mutuato dalla giurisprudenza delle Sezioni penali della Corte di cassazione, il fatto contestato può essere ritenuto provato anche se il quadro probatorio sia formato dalle sole dichiarazioni della persona offesa purché sia sottoposta a vaglio positivo circa la sua attendibilità e senza la necessità della presenza di riscontri esterni, a condizione che siano positivamente verificate la credibilità soggettiva del dichiarante e l’attendibilità intrinseca del suo racconto (cfr. per tutte C.F.A., Sez. I, n. 22/2024-2025).
Applicando tali criteri ermeneutici al caso in esame, deve ritenersi provato che in data 3 marzo 2024 in prossimità dell’ingresso del locale Ristorante Da Pina – ove i giocatori del Real Parghelia si stavano recando per pranzare prima della partita, invitati dalla squadra ospitante – i due dirigenti della Città di Guardavalle 1975 hanno aggredito il sig. Sokona, spintonandolo fino a provocarne la caduta a terra e percuotendolo poi con pugni e calci.
Tanto risulta, in primo luogo, dalle dichiarazioni rese dall’interessato sia in sede di sommarie informazioni ai Carabinieri sia nel corso dell’audizione disposta dalla Procura.
In particolare, in sede di audizione, il sig. Sokona ha dichiarato che all’ingresso del ristorante è stato affrontato dai due dirigenti e che “mentre uno mi strattonava e urlava un altro da dietro mi ha colpito con pugni e calci. Sono caduto a terra e mentre ero a terra quei due continuavano a colpirmi.”
Tale ricostruzione dei fatti trova puntuale riscontro nelle dichiarazioni rese alla Procura dal sig. Barbieri Giuseppe, allenatore del Real Parghelia.
Questi ha identificato con certezza i signori Amato e Ussia riferendo che gli stessi, unitamente ad altri dirigenti del Guardavalle, erano appostati nella stradina di accesso al ristorante e “appena ci hanno visto si sono avvicinati al calciatore Sokona Abbas e due di loro lo hanno strattonato per il giubbino e lo hanno anche colpito alle spalle con pugni e calci, essendo il nostro calciatore caduto a terra. Dopo di che, tutti noi, siamo intervenuti a sedare l’aggressione e ci siamo diretti verso il ristorante.”.
Per parte sua il sig. Fazzari Salvatore, direttore sportivo del Real Parghelia, ha dichiarato di essere sopraggiunto subito dopo l’aggressione e di aver trovato “il giocatore Sokona visibilmente percosso, con vestitisporchi equalchegraffio sulcollo”.
Ne risulta un quadro probatorio che contrasta con la ricostruzione dell’episodio proposta dai due deferiti, i quali invece pretendono si sia trattato di una mera discussione nel corso della quale l’Amato, visto che il Sokona gli si avvicinava con fare minaccioso, lo avrebbe respinto senza nemmeno farlo cadere a terra.
D’altra parte, tale versione difensiva trova aperta smentita non soltanto nelle dichiarazioni della parte offesa e in quella degli altri appartenenti alla sua squadra, ma ben vedere anche nella dichiarazione resa dal sig. Salerno Eugenio, direttore generale del Guardavalle, e dunque da un soggetto non sospettabile di animosità alcuna nei confronti dei deferiti.
Infatti il sig. Salerno, dopo aver precisato di non aver assistito all’episodio perché si stava allontanando, ha dichiarato di esser tornato indietro richiamato dalle grida e di aver “visto che i nostri due Dirigenti, Ussia Antonio e Amato Giuseppe, avevano avuto una forte discussione con alcuni giocatori di colore del Real Parghelia, tra i quali Sokona Abbas e che a terra vi erano oggetti di proprietà del Sokona tra cui il telefono e il portafoglio".
Come puntualmente evidenziato dal Tribunale, non si vede come, per effetto di una semplice spinta, gli oggetti personali del sig. Sokona possano essere caduti in terra.
In conclusione, il quadro probatorio indica con ragionevole certezza che i deferiti – mossi nei confronti del sig. Sokona da animosità legata a episodi pregressi – lo hanno assalito spinto a terra e percosso, causandogli lesioni.
L’aggressione fisica è stata condotta dai deferiti d’intesa e in palese concorso materiale, di talché risulta evidente la piena responsabilità disciplinare di entrambi.
Con ogni probabilità l’aggressione risponde del resto ad un disegno premeditato e collettivo, in quanto subito dopo di essa anche i proprietari del ristorante, urlando insulti di stampo apertamente razzistico, hanno aggredito altro giocatore del Real Parghelia (il sig. Sangare) provocandogli lesioni puntualmente refertate al Pronto soccorso.
E comunque con evidenza l’aggressione al sig. Sokona posta in essere dai deferiti – oltre a connotarsi di per sè come condotta gravemente lesiva dei canoni di correttezza e di rispetto per gli avversari che informano l’ordinamento sportivo - ha anche innescato una situazione di potenziale pericolo per l’ordine pubblico, tale da indurre i Carabinieri a vietare lo svolgimento della partita per motivi di sicurezza, a trattenere fino a tarda sera nella locale Stazione tutte le persone coinvolte e infine addirittura a scortare la squadra ospite sulla via del ritorno.
Sulla scorta delle considerazioni sin qui svolte il reclamo va pertanto respinto, risultando la sanzione richiesta dalla Procura ed irrogata dal Tribunale pienamente adeguata alla gravità dell’illecito disciplinare posto in essere nell’occasione dagli interessati.
P.Q.M.
Respinge il reclamo in epigrafe.
Dispone la comunicazione alle parti con PEC.
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Antonino Anastasi Mario Luigi Torsello
Depositato
IL SEGRETARIO
Fabio Pesce