F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – Sezioni Unite – 2024/2025 – figc.it – atto non ufficiale – Decisione n. 0043/CFA pubblicata il 31 Ottobre 2024 (motivazioni) – Sig. Fabrizio Arnò-FIGC
Decisione/0043/CFA-2024-2025
Registro procedimenti n. 0039/CFA/2024-2025
LA CORTE FEDERALE D’APPELLO
SEZIONI UNITE
composta dai Sigg.ri:
Mauro Mazzoni – Presidente
Manfredo Atzeni – Componente
Salvatore Casula – Componente
Francesco Sclafani – Componente
Marco Stigliano Messuti - Componente (Relatore)
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
ricorso per revocazione, ex art. 63, comma 1, lett. c) ed e), C.G.S. numero 0039/CFA/2024-2025 proposto dal Sig. Fabrizio Arnò in data 29.09.2024; per la revocazione della decisione della Corte federale D’Appello – sezioni unite – n. 69/CFA/2023-2024 del 27/12/2023;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore all’udienza del 23.10.2024, tenutasi in videoconferenza, l'Avv. Marco Stigliano Messuti e uditi l’Avv. Matteo Sperduti per il ricorrente e l’Avv. Noemi Tsuno per il Presidente federale;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
RITENUTO IN FATTO
Con reclamo del 24.11.2023, il Presidente della Figc impugnava, ai sensi dell'art. 102 del Codice di giustizia sportiva (d'ora in avanti CGS), la decisione della Corte sportiva territoriale presso il Comitato regionale Lombardia, pubblicata sul C.U. n. 18 del 28.09.2023, ed in specie la misura della sanzione irrogata al tesserato Fabrizio Arnò.
Con il mezzo di gravame veniva dedotto quanto segue.
In data 3.09.2023, nel corso della gara "U.S. Bollatese-Vigni 1967", valevole per il campionato Coppa Lombardia terza categoria, stagione sportiva 2023/2024, il calciatore Fabrizio Arnò, al 26° minuto del primo tempo, veniva espulso per doppia ammonizione e, durante la notifica del provvedimento, lo stesso giocatore, dapprima rivolto all'arbitro urlava offese tra cui "handicappato" e, di poi, con la mano sinistra aperta spingeva la guancia destra del direttore di gara facendogli ruotare la testa e cagionando minimo dolore. Dopo questo episodio, la gara veniva sospesa definitivamente dall'arbitro (che non si trovava più nelle condizioni psico-fisiche per fare proseguire l'incontro) e questi si recava presso il Pronto Soccorso dell'Ospedale San Paolo di Milano, ove veniva refertata una contusione sul volto a seguito di percosse, con una prognosi di un giorno di malattia.
Tutto ciò emergeva dal referto del Direttore di gara e dalla documentazione rilasciata dalla struttura pubblica ospedaliera.
Il Giudice sportivo territoriale presso il Comitato regionale Lombardia, acquisiti gli atti arbitrali ufficiali, decideva di infliggere al tesserato Fabrizio Amò la sanzione della squalifica fino a tutto il 3 settembre 2027 (4 anni), ai sensi del comma 4, dell'art. 35 CGS, vigente ratione temporis, ritenendo di configurare nel comportamento del calciatore suddetto una condotta violenta nei confronti di un ufficiale di gara, rientrante tra quelle previste dall'art. 35 CGS, atteso l'atto intenzionale diretto a produrre una lesione personale, realizzata attraverso un'azione impetuosa ed incontrollata, connotata da volontaria aggressività, secondo la definizione del legislatore federale.
La Corte sportiva d'appello territoriale del Comitato regionale Lombardia, in sede di impugnazione, preso atto del comportamento del tesserato e delle motivazioni addotte dal tesserato stesso, deliberava di squalificare il calciatore fino al 03 settembre 2024 (cioè un anno dall'evento), così riducendo la sanzione di 3/4. Le ragioni del parziale accoglimento del reclamo poggiavano sulla presunta differenza fra condotta violenta e quella gravemente antisportiva, che avrebbe giustificato, nel caso concreto, l’applicazione della sanzione di cui all'art. 35, primo comma, ridotta della metà.
Ritenuta dal Presidente FIGC la sproporzione tra la gravità del fatto violento in danno dell'arbitro e la sanzione inflitta al tesserato Fabrizio Arnò, proponeva reclamo ai sensi dell'art. l02 CGS con riferimento alla parte della decisione in cui la Corte sportiva d'appello aveva ritenuto di riformare la decisione del primo giudice, riducendo la sanzione della squalifica del calciatore.
Le Sezioni Unite della Corte Federale d’Appello, con la decisione impugnata in questa sede, accoglievano il reclamo con la seguente motivazione: “2. Il reclamo è fondato. 2.1 1 fatti del procedimento, posti a fondamento dell'impugnata decisione, risultano essere descritti sul referto di gara e documentati dalle certificazioni sanitarie rilasciate da struttura pubblica. Dalla lettura dei documenti del procedimento, emerge che, a seguito di una doppia ammonizione, l'arbitro ha espulso il calciatore Fabrizio Arnò, il quale ha reagito sia verbalmente, proferendo offese nei confronti del direttore di gara e, di poi, fisicamente, mettendogli una mano sul volto che gli faceva ruotare la testa e gli provocava minimo dolore. Sospesa la gara, l'arbitro si è recato in ospedale, ove gli è stato riscontrato un trauma contusivo sul volto, con prognosi di 1° giorno. La decisione impugnata non convince sul piano della applicazione della norma al caso concreto. Ed invero, pur nella critica del comportamento del calciatore, la Corte sportiva d'appello Lombardia sostiene che la condotta posta in essere dall'Arnò si ponga a metà tra la gravemente irriguardosa e la violenta e, per tale ragione, appare non correttamente applicata la squalifica a tempo per 4 anni. Ritiene, al contrario, questo Collegio, che la condotta del calciatore Arnò vada valutata, nel complesso, quale "condotta violenta", ai sensi dell'art. 35 CGS, di cui al quarto comma. Infatti, la reazione alla doppia ammonizione e alla conseguente espulsione, non si è limitata a una mera condotta "irriguardosa", disciplinata dall'art. 36 CGS, ma è sicuramente sfociata in una azione "impetuosa e incontrollata, connotata da una volontaria aggressività" che ha cagionato una lesione personale all'arbitro, attestata da una struttura sanitaria pubblica. La decisione a Sezioni Unite n. 11/2023, ha precisato che la locuzione "lesione personale" contenuta nell'art. 35, comma 4, non deve essere intesa secondo la categoria del diritto penale (che distingue tra percosse - art. 581 cod. pen. - e lesioni personali - art. 582 cod. pen.), dovendo prevalere nell'ordinamento sportivo il dato "naturalistico" dell'effetto della condotta violenta di alterazione dello stato fisico del direttore di gara e la sua certificazione "oggettiva" da parte di struttura sanitaria pubblica. Si impone, pertanto, la riforma della decisione impugnata, dovendosi ritenere integrata la condotta violenta che ha provocato lesioni personali all'arbitro, di cui all'art. 35, comma 4, CGS. 2.2 In ordine al regime sanzionatorio, va rilevato che il Legislatore sportivo ha ritenuto di intervenire per affrontare il dilagare della violenza nei confronti degli ufficiali di gara, con il Codice del 2019, prevendendo un articolo specifico (art. 35: "Condotte violente nei confronti degli ufficiali di gara") e inasprendo, comunque, le sanzioni rispetto a quanto precedentemente previsto. Il preesistente Codice, del resto, (art. 19, comma 4) si riferiva a categorie parzialmente diverse quali la "condotta ingiuriosa o irriguardosa" nei confronti degli ufficiali di gara (comma 4, lett. a)) oltre alla "condotta violenta" (comma 4, lett. d)) e prevedendo, soprattutto, un apparato sanzionatorio che si era rivelato insufficiente. Le profonde innovazioni del 2019 sono intervenute a seguito di molteplici episodi di aggressione nei confronti degli arbitri - in gran parte occorsi in occasione di partite dilettantistiche - che, in qualche caso, hanno assunto rilievo addirittura penalistico. Da ultimo, va evidenziato l'ulteriore inasprimento delle sanzioni, disposte con C.U. FIGC 165//A del 20 aprile 2023, applicabile ratione temporis al caso di specie. 2.3 Ma già prima delle recenti modifiche normative questa Corte federale aveva più volte sottolineato che l'ordinamento non può in alcun modo tollerare fenomeni di violenza a danno degli ufficiali di gara e tali comportamenti devono essere valutati con la massima severità. E' stato anche costantemente sottolineato che la figura del direttore di gara è qualcosa in più di colui che è chiamato a dirigere e valutare tecnicamente una competizione: si tratta infatti più propriamente di una figura istituzionale che in campo rappresenta il regolamento di gioco e che si prende la responsabilità di salvaguardare lo spirito sportivo (Corte federale d'appello, SS.UU., n. 52/CFA/2021-2022; Corte federale d'appello, SS.UU., n. 54/CFA/2021-2022; Corte federale d'appello, SS.UU., n. 56/CFA/2021/2022; Corte federale d'appello, SS.UU., n. 3/2022-2023; Corte federale d'appello, SS.UU., n. 066/20222023). 2.4 Così ricostruito il quadro normativo di riferimento, questa Corte ribadisce che la decisione del Giudice sportivo d'appello territoriale sia errata nel suo percorso logico-giuridico, in quanto la condotta del sig. Arnò rientra appieno nella fattispecie di cui all'art. 35, comma 4, essendo irrilevante che alla condotta medesima del giocatore sia seguita o meno una malattia dell'arbitro, in quanto, nel caso di specie, si è comunque verificata - nella prospettiva dell'ordinamento sportivo - una lesione personale, attestata da una struttura sanitaria pubblica. Tale condotta, può essere sanzionata in misura pari al minimo della attuale pena edittale di cui all'art. 35, comma 4, CGS pari ad anni 4 di squalifica, fino al 3.09.2027, in ragione delle conseguenze non gravi della condotta violenta sull'arbitro e delle scuse (tardive) poste dal calciatore nel reclamo. 2.5 L'art. 35, comma 7, CGS, prevede che le decisioni adottate dagli Organi di giustizia sportiva devono specificare che le sanzioni inflitte vanno considerate ai fini della applicazione delle misure amministrative a carico della società professionistiche e di settore giovanile, deliberata dal Consiglio federale per prevenire e contrastare gli episodi di violenza. In questa sede, oltre che darne evidenza nella parte motiva e nel dispositivo della decisione, null'altro può disporre la Cortea SS.UU., non essendovi state sanzioni amministrative a carico della società, né risultano gravami sui capi delle decisioni che in precedenza non avevano disposto nulla sul punto. In conclusione, queste Sezioni unite, in accoglimento del reclamo ex art. 102 CGS proposto dal Presidente federale, rideterminano la sanzione comminata in modo da proporzionarla alla fattispecie sanzionatoria giusta la effettiva intensità e gravità della condotta tenuta in concreto dal tesserato della Bollatese U.S.”.
Avverso la predetta decisione, è stato proposto ricorso per revocazione ex art. 63 CGS all’esame di questo giudicante, con il quale viene dedotto quanto segue.
Successivamente al provvedimento preso dalla Corte Sportiva di Appello il sig. Arnò Fabrizio sul presupposto della riduzione della squalifica alla data del 3.9.2024 e, non essendo, a suo dire essere stato messo a conoscenza del ricorso del Presidente Federale da parte della sua precedente società US BOLLATESE, per la stagione sportiva 2024/2025 si era tesserato con altra società sportiva la Aldini SSDARL ed aveva partecipato alla gara del 15/9/2024. All’esito di questa partita, però, in data 19/9/2024 era stato pubblicato il C.U. n. da parte del Giudice Sportivo presso la Delegazione Provinciale di Milano nel quale veniva riportata la sconfitta a tavolino per la squadra dell’Aldini SSDARL in quanto la medesima, aveva ha fatto partecipare alla partita il calciatore Arnò Fabrizio che risultava in posizione irregolare in quanto squalificato: “gara del 15/ 9/2024 AMBROSIANO DUGNANO ALDINI S.S.D.AR.L. Dagli atti ufficiali di gara risulta che la società ALDINI S.S.D.AR.L. ha fatto partecipare alla gara con il n 11 il calciatore ARNO' FABRIZIO, il quale come da Decisione 0069 - CFA- 2023-2024, Registro procedimenti n. 0063 CFA/20232024l emessa dalla Corte Federale d'Appello, Sezioni Unite, risulta qualificato fino al 03/09/2027”.
Con la revocazione il ricorrente vuole contestare la mancata conoscenza dell’intero giudizio i cui atti, a suo dire non sarebbero stati notificati ritualmente - a fronte di una elezione di domicilio presso il legale nominato - sia da parte del reclamante Presidente Federale nonché, anche dalla società con cui il medesimo era tesserato al momento di presentazione del reclamo in esame. Quindi, si sarebbe venuta a determinare la totale assenza di ogni eventuale esercizio del diritto di difesa in suo favore nonché del mancato rispetto del principio del contraddittorio nel giudizio che poi ha portato alla riforma della decisione impugnata.
Con il ricorso ex art. 63 CGS, viene invocata la violazione delle due fattispecie previste dal I° comma, lettere c) ed e).
In particolare, il ricorrente, sotto il profilo rescindente deduce quanto segue.
Quanto alla fattispecie di cui alla lettera c) art. 63 CGS.
“La lett. c) dell’art. 63 comma 1 CGS trova compimento nel fatto che il sig. Arnò, come specificato anche nella parte in fatto, non è mai venuto a conoscenza del procedimento che prende spunto dal ricorso del Presidente Federale questo perché, come da dichiarazione rilasciata dalla società US BOLLATESE (All. 10), la stessa per sua ammissione NON HA DATO ALCUNA COMUNICAZIONE ALL’ATTUALE RICORRENTE rispetto sia al ricorso introduttivo notificato in data 24/11/2023 sulla PEC della società stessa (All. 11), sia per la successiva fase giudiziale. Tutti gli atti sono stati inoltrati solo ed esclusivamente alla società anche dalla Corte giudicante senza che questa, però, ne abbia mai dato conoscenza al soggetto a cui erano rivolti. In tal senso, deve avere valore dirimente la comunicazione rilasciata dal club lombardo Bollatese, che può essere chiamato in giudizio al fine di confermare quanto scritto nel documento che si deposita, nella quale si evince come la stessa, alla data della notifica degli atti del giudizio in esame, non aveva la casella di posta elettronica certificata attiva (o comunque avevano degli specifici problemi sulla stessa). Quindi, non sono stati effettuati i dovuti controlli tanto che nessuno, nemmeno della società, è venuto a conoscenza del ricorso e, di conseguenza, ha mai informato il calciatore del ricorso nei suoi confronti”.
“Quindi, trattasi di un fatto che determina l’altrui responsabilità - c.d. “…il fatto altrui…” - richiamato dalla norma ed insito proprio nella dichiarazione che si produce a firma del Presidente della società US BOLLATESE il quale legittima una revocazione del procedimento in questo modo dando la possibilità al calciatore Arnò di poter esercitare adeguatamente tutti gli strumenti in suo possesso per una difesa tecnica nel procedimento”.
Quanto alla fattispecie di cui alla lettera e) dell’art. 63 CGS
“Dalla condotta appena analizzata si estrinseca anche l’applicazione della fattispecie di cui alla lett. e) dell’art. 63 CGS per cui, la mancata acquisizione degli atti del secondo grado di giudizio e la connessa erroneità della notifica del procedimento da parte del ricorrente, ha tratto in errore anche la Corte Federale la quale ha effettuato le connesse comunicazioni del giudizio senza tener conto della elezione di domicilio e della casella di posta elettronica certificata dove il soggetto passivo (interessato al procedimento ex art. 102 CGS) aveva indicata quale domicilio digitale”.
Quanto alla eventuale fase rescissoria il ricorrente conclude: “C) qualificare i fatti in esame come condotte meramente antisportive e non violente, rigettare e non accogliere il ricorso presentato dal Presidente Federale e, per l’effetto, confermare la decisione emessa dalla Corte Sportiva di Appello territoriale pressoil CR Lombardia con la medesima sanzione della squalifica fino al 3/9/2024 per il sig. Arnò Fabrizio; D) in subordine, comunque, sempre ritenendo l’episodio non violento, applicare un aggravamento della sanzione nel minimo edittale come previsto dall’art. 35 comma 1 e 2 CGS o comunque secondo equità e giustizia”.
Il Presidente Federale ha argomentato e concluso in sede di discussione orale, per l’inammissibilità del ricorso e comunque per la sua infondatezza.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Con dispositivo n. 42/CFA pubblicato in data 23 ottobre 2024, il ricorso veniva dichiarato inammissibile alla stregua della seguente motivazione.
Come noto, il procedimento per revocazione contempla il doppio momento, quello dell’ammissibilità e quello, eventuale e successivo, della rescindibilità. Sotto tale profilo, dunque, la questione che in via logicamente preliminare la Corte è chiamata ad affrontare riguarda la ammissibilità del ricorso. Recita l’art. 63, comma 1, C.G.S.: “Tutte le decisioni adottate dagli Organi della giustizia sportiva, inappellabili o divenute irrevocabili, possono essere impugnate per revocazione innanzi alla Corte federale di appello, entro trenta giorni dalla scoperta del fatto o dal rinvenimento dei documenti:
a) se sono l'effetto del dolo di una delle parti in danno all'altra;
b) se si è giudicato in base a prove riconosciute false dopo la decisione;
c) se, a causa di forza maggiore o per fatto altrui, la parte non ha potuto presentare nel precedente procedimento documenti influenti ai fini del decidere;
d) se è stato omesso l’esame di un fatto decisivo che non si è potuto conoscere nel precedente procedimento, oppure sono sopravvenuti, dopo che la decisione è divenuta inappellabile, fatti nuovi la cui conoscenza avrebbe comportato una diversa pronuncia;
e) se nel precedente procedimento è stato commesso dall’organo giudicante un errore di fatto risultante dagli atti e documenti della causa”.
Come detto, il Giudice della revocazione deve, anzitutto, valutare l’ammissibilità della domanda revocatoria, anche d’ufficio ed a prescindere, quindi, da eventuali eccezioni o sollecitazioni di parte resistente, atteso il chiaro disposto della norma di cui al sopra ricordato art. 63 C.G.S.
Nel caso di specie, l’istante ritiene ricorrano entrambe le ipotesi descritte al comma 1, lettere c) ed e), della predetta norma.
Il ricorrente lamenta sinteticamente la violazione delle regole sul contraddittorio e quindi la lesione del diritto di difesa atteso che il reclamo del Presidente Federale ex art. 102 CGS, che ha portato alla decisione impugnata in questa sede, sarebbe stato notificato solo presso l’indirizzo PEC della società US Bollatese, per la quale l’Arnò era tesserato, e non presso il domicilio eletto presso il difensore costituito nel giudizio tenutosi dinanzi alla Corte sportiva di appello territoriale della Lombardia.
L’assunto non può essere condiviso. Il Giudice della revocazione è tenuto, preliminarmente, a verificare l’attitudine dimostrativa del “fatto altrui” ovvero del presunto “errore di fatto”, congiuntamente alla decisione del precedente giudizio, rispetto al risultato finale della revisione dello stesso. In altri termini, ciò che al giudice della fase rescindente si chiede è di simulare se la precedente struttura decisoria fosse attraversata da un grado di permeabilità tale da consentire l’utile innesto di altri fatti o documenti, di per sé capaci di scardinarne la coerenza. Occorre, in breve, verificare se le dedotte nuove circostanze fattuali o documentali si palesino induttive di una possibile revisione critica della precedente pronuncia.
Il ricorso non consente di superare il preliminare giudizio volto a verificare l’astratta idoneità – degli asseriti nuovi fatti/documenti posti a fondamento della richiesta revocazione – a rendere possibile una diversa conclusione del procedimento definito con l’applicazione della sanzione della squalifica.
La censura nella sua duplice prospettazione (lettera c) ed e) è inammissibile.
Il giudizio preliminare di ammissibilità costituisce un filtro funzionale a consentire la celebrazione del giudizio di revocazione qualora emergano sopravvenienze fattuali, suscettibili di indurre il giudice della revocazione a riconsiderare alla loro luce il precedente assetto decisorio. Diversamente da quanto previsto nel sistema delle giurisdizioni generali che ammettono anche casi di revocazione ordinaria, nella giustizia sportiva la revocazione è intesa come extraordinarium auxilium previsto, in casi tassativi e particolarmente gravi, nei confronti di decisioni non più soggette ai mezzi ordinari di impugnazione (Cfr. Sez. Unite, decisione n. 0029/CFA/2023-2024).
Per consolidata giurisprudenza sia statale che sportiva, costituisce principio ricorrente in materia di revocazione che l’errore di fatto attenga solo l'erronea presupposizione dell'esistenza o dell'inesistenza di fatti considerati nella loro dimensione storica di spazio e di tempo, non potendosi far rientrare nella previsione il vizio che, nascendo da una falsa percezione di norme che contempli la rilevanza giuridica di questi stessi fatti, integri in realtà gli estremi dell'errore di diritto, sia che attenga ad obliterazione delle norme medesime, riconducibile all'ipotesi della falsa applicazione, sia che si concreti nella distorsione della loro effettiva portata, riconducibile all'ipotesi della violazione (Cfr. CFA, Sezione I, decisione n. 6/CFA/2019-2020; n. 85/CFA/20212022; Sezione IV, decisione n. 36/CFA/2019-2020; Sezione I, decisione n. 85/CFA/2021-2022; Sezione I, decisione n. 93/CFA/2022-2023; Sez. I, decisione n. 0020/CFA/2023-2024; Sez. I, decisione n. 0064/CFA/2023-2024).
Un simile principio, del resto, fa corretta eco al costante insegnamento della Corte di Cassazione a proposito di pretesi errores in iudicando o in procedendo che restano “estranei al perimetro del rimedio revocatorio” (così Cass. Sezioni Unite, ordinanza 11 aprile 2018, n. 8984; anche Cassazione Sezione VI, ordinanza n. 11202 del 08/05/2017 a proposito di una mancata notifica ritenuta “questione di diritto” e non “errore percettivo di fatto).
Come documentato dalla copiosa giurisprudenza, ai sensi dell’art. 63, comma 1, lett. e), CGS, non è errore di fatto quello che consista in una falsa percezione di norme, risolvendosi nella violazione o nella falsa applicazione delle norme stesse; errore che viene dedotto nella fattispecie in esame sotto il profilo della violazione della regola del contraddittorio e del diritto di difesa.
Ne consegue l’inammissibilità della censura proposta ex art. 63, comma 1, lett. e), CGS.
Anche il prospettato vizio revocatorio di violazione della lettera c) dell’art. 63 CGS non supera la fase rescindente dell’ammissibilità.
L’invocata “forza maggiore o fatto altrui”, sul presupposto che la notifica del ricorso del Presidente Federale ex art. 102 CGS sia stata eseguita presso la società US Bollatese che non ha informato il tesserato Arnò e non presso il domicilio eletto da quest’ultimo, si concretizza anch’essa in un errore di diritto.
Preliminarmente, va premesso che la decisione impugnata dal PF (all. 4 del ricorso in revocazione, pag. 141 del CU n. 18 del 28/09/2023) non fa alcuna menzione dell’elezione di domicilio dell’Arnò.
Il comma 5 dell’art. 53 CGS, prevede che: “Gli atti per i quali è prevista dal Codice la comunicazione agli interessati devono essere comunicati con le seguenti modalità, da considerarsi alternative fra loro:
a) per le persone fisiche:
1) all'indirizzo di posta elettronica certificata del tesserato o della società di appartenenza, comunicato all'atto del tesseramento. La società ha l’obbligo di trasmettere la comunicazione al tesserato. In caso di mancata trasmissione al tesserato da parte della società, nei confronti della stessa possono essere inflitte una o più sanzioni di cui all'art. 8, tranne che la stessa non ne dimostri la impossibilità;
3) all'indirizzo di posta elettronica certificata formalmente comunicato agli organi di giustizia sportiva ai fini del procedimento”.
Il” fatto altrui”, se effettivamente esistente, si concretizzerebbe in una violazione da parte della società sportiva US Bollatese dell’obbligo di trasmettere il ricorso del PF all’interessato, società che non risulta neppure sanzionata, circostanza peraltro evidenziata dalla CFA con la decisione impugnata.
Ma appare evidente come questo profilo esula dalla presente decisione, e dovrà se del caso, essere scrutinato in altra sede.
Per quanto invece di interesse alla censura revocatoria la citata disposizione detta il criterio dell’alternatività per le comunicazioni.
Quindi il ricorso ex art. 102 CGS del Presidente Federale poteva legittimamente essere notificato, così come effettuato, presso l’indirizzo PEC della società ai sensi dell’art. 53, comma 5, lettera a), n. 1.
L’invocato presunto malfunzionamento della PEC attestato dalla US Bollatese con dichiarazione del 20/06/2024 non trova riscontro, atteso che la ricevuta di consegna della PEC di notifica del ricorso del PF risulta ritualmente eseguita e generata senza alcuna segnalazione di errore.
Il tutto non senza rilevare che il ricorso ex art. 102 CGS è un rimedio straordinario approntato dall’ordinamento, e non costituisce un mezzo ordinario di impugnazione in senso stretto da legittimare, quanto alla notifica, l’applicazione della sola regola sull’elezione di domicilio effettuata nelle pregresse fasi del giudizio, che tuttavia come detto, è comunque alternativo alle altre ipotesi di comunicazione indicate dall’art. 53 CGS.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso in epigrafe.
Dispone la comunicazione alle parti con PEC.
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Marco Stigliano Messuti Mauro Mazzoni
Depositato
IL SEGRETARIO
Fabio Pesce