CONI – Collegio di Garanzia dello Sport – Sezione Seconda – coni.it – atto non ufficiale – Decisione n. 11/2024 – Polisportiva Carignano A.S.D e OMISSIS / Federazione Italiana Giuoco Calcio

Decisione n. 11

Anno 2024


 

 

 

IL COLLEGIO DI GARANZIA SECONDA SEZIONE

 

 

composta da

Attilio Zimatore - Presidente

Ermanno de Francisco - Relatore, Estensore

Oreste Michele Fasano

Silvio Martuccelli

Raffaele Tuccillo - Componenti

ha pronunciato la seguente

DECISIONE

 

 

 

Nei giudizi iscritti:

contro

 

 

la Procura Federale della Federazione Italiana Giuoco Calcio, in persona del Procuratore

pro tempore, non costituita in questo grado del giudizio,

e

 

la Federazione Italiana Giuoco Calcio – Corte Federale d’Appello della Federazione Italiana Giuoco Calcio, in persona dei presidenti pro tempore, non costituite in questo grado del giudizio,

per l’annullamento

 

 

della Decisione 0094/CFA-2022-2023, emessa dalla Corte Federale di Appello della FIGC, Sezioni Unite, pubblicata il 2 maggio 2023 in esito all’udienza del 20 aprile 2023, che, in accoglimento del reclamo della Procura Federale della Federazione Italiana Giuoco Calcio e in riforma della decisione del Tribunale Federale Territoriale presso il Comitato Regionale Piemonte e Val d’Aosta del 10 marzo 2023 (pubblicata sul C.U. n. 79 del 18 marzo 2023), aveva inflitto le seguenti sanzioni:

  1. SQUALIFICA per anni 2 nei confronti dei tesserati della Polisportiva Carignano A.S.D., sigg. [omissis] (calciatori), nonché [omissis] (allenatore), incolpati tutti della violazione dell'art. 30, commi 1-2, C.G.S.;
  2. SQUALIFICA per mesi 8 nei confronti dei tesserati della Polisportiva Carignano A.S.D., sigg. [omissis], incolpati tutti della violazione dell'art. 30, comma 7, C.G.S.;
  3. INIBIZIONE per mesi 8 nei confronti dei tesserati della Polisportiva Carignano A.S.D., sigg. [omissis], incolpati tutti della violazione dell'art. 30, comma 7, C.G.S.;
  4. AMMENDA di € 1.000,00 e PENALIZZAZIONE di 3 (tre) punti, da scontarsi nella stagione sportiva in corso, nei confronti della Polisportiva Carignano A.S.D., incolpata della violazione degli artt. 6, comma 2, e 30, comma 4, C.G.S..

Viste le difese scritte e la documentazione prodotta dalle parti costituite;

uditi, nell’udienza pomeridiana del 18 luglio 2023, i procuratori delle parti ricorrenti, che hanno concluso per l’accoglimento degli appelli, previa loro riunione, e per il conseguente annullamento di tutte le sanzioni impugnate; nonché il Procuratore Nazionale dello Sport, intervenuto ai sensi dell’art. 59, comma 2, lett. b), e dell’art. 61, comma 3, del Codice della Giustizia Sportiva del CONI che ha concluso per l’inammissibilità o, in subordine, per l’infondatezza di ambo i ricorsi;

udito, nella successiva camera di consiglio dello stesso giorno, il relatore, Ermanno de Francisco.

Ritenuto in fatto

 

  1. Con i due separati ricorsi di cui in epigrafe, n. 45 e n. 47 del 2023, è stata impugnata la Decisione 0094/CFA-2022-2023, emessa dalla Corte Federale di Appello della FIGC, Sezioni Unite, pubblicata il 2 maggio 2023 in esito all’udienza del 20 aprile 2023, che, in accoglimento del reclamo della Procura Federale della Federazione Italiana Giuoco Calcio e in riforma della decisione del Tribunale Federale Territoriale presso il Comitato Regionale Piemonte e Val d’Aosta del 10 marzo 2023 (pubblicata sul C.U. n. 79 del 18 marzo 2023), aveva inflitto le seguenti sanzioni:
    1. SQUALIFICA per anni 2 nei confronti dei tesserati della Polisportiva Carignano A.S.D. sigg. [omissis] (calciatori), nonché [omissis] (allenatore), incolpati tutti della violazione dell'art. 30, commi 1-2, C.G.S.;
    2. SQUALIFICA per mesi 8 nei confronti dei tesserati della Polisportiva Carignano A.S.D. sigg. [omissis], incolpati tutti della violazione dell'art. 30, comma 7, C.G.S.;
    3. INIBIZIONE per mesi 8 nei confronti dei tesserati della Polisportiva Carignano A.S.D. sigg. [omissis], incolpati tutti della violazione dell'art. 30, comma 7, C.G.S.;
    4. AMMENDA di € 1.000,00 e PENALIZZAZIONE di 3 (tre) punti, da scontarsi nella stagione sportiva in corso, nei confronti della Polisportiva Carignano A.S.D., incolpata della violazione degli artt. 6, comma 2, e 30, comma 4, C.G.S..
  2. Con il ricorso n. 45/2023 – che è stato proposto da tutti i soggetti ricorrenti, con eccezione del sig. [omissis] – sono stati proposti 4 motivi:
  1. Violazione di norme di diritto e falsa applicazione degli artt. 51, comma 2, C.G.S. e 11, comma 4, C.G.S. CONI, in relazione agli artt. 44, comma 6, e 115, comma 2, C.G.S.;
  1. Violazione di norme di diritto e falsa applicazione dell’art. 30, commi 1 e 2, C.G.S.; motivazione apparente e/o insufficiente in ordine alla qualificazione del fatto;
  2. Violazione di norme di diritto e/o falsa applicazione dell’art. 30, commi 1 e 2, C.G.S., in relazione alla individuazione dei responsabili della condotta contestata, illogicità e contraddittorietà della motivazione;
  3. Violazione di norme di diritto e/o falsa applicazione dell’art. 30, comma 7, C.G.S.; motivazione insufficiente o apparente.
  1. Con il ricorso n. 47/2023 – che è stato proposto individualmente dal solo sig. [omissis] – sono stati proposti 3 motivi:
  1. Violazione di norme di diritto e falsa applicazione dell’art. 30, commi 1 e 2, C.G.S. FIGC e motivazione insufficiente e contraddittoria in merito alla qualificazione del fatto e alla individuazione dei responsabili;
  2. Violazione dei principi costituzionali del giusto processo con riferimento ai termini e all’onere della prova nel procedimento disciplinare sportivo;
  3. Violazione dei principi di tipicità e legalità nella contestazione di un illecito nell’irrogazione di una sanzione.
  1. Il Collegio ritiene di poter dar conto della vicenda occorsa richiamando integralmente l’esposizione che ne è operata dall’impugnata sentenza della Corte Federale di Appello; tanto più che – nella sostanza, e con l’eccezione dei profili latamente valutativi, che, invece, sono stati in parte contestati e sui quali si tornerà oltre – tale narrativa in fatto neppure è fatta oggetto di significative contestazioni dalle parti qui ricorrenti.

E dunque: «IX.2. Preliminarmente deve considerarsi pacifico (e sul punto nemmeno il Tribunale federale territoriale ha sostanzialmente avuto dubbi) che, durante l’incontro di calcio tra la soc. Polisportiva Carignano A.S.D. e la Polisportiva Montatese, disputatosi il 5 giugno 2022, valevole per il girone C del Campionato Promozione della LND Piemonte Valle d’Aosta, intorno al 42 minuto del secondo tempo regolamentare un soggetto presente sugli spalti, identificato nel calciatore [omissis], tesserato per la soc. Polisportiva Carignano A.S.D., gridava a gran voce che il Villarbasse aveva segnato e vinto la partita che stava disputando (in contemporanea valida per lo stesso girone del Campionato di Promozione) e che da quel momento i calciatori del Carignano sostanzialmente smettevano di giocare in maniera attiva. In particolare il portiere della soc. Polisportiva Carignano, [omissis], passava intenzionalmente la palla ad un avversario e il calciatore della Polisportiva Montatese, sig. [omissis], con iniziativa personale, partendo da poco oltre il centrocampo, giungeva nell’area avversaria senza essere ostacolato o contrastato dagli avversari (tanto che l’ultimo difensore della soc. Polisportiva Carignano, sig. [omissis] addirittura si scansava platealmente) e realizzava una rete, facilitato anche dallo stesso portiere avversario, così portando in vantaggio la propria squadra (1 a 2). A tanto non seguiva alcun rimprovero per la condotta tenuta dai calciatori, né da parte della panchina, né da parte degli componenti della squadra e tanto meno alcuna reazione sportiva; nonostante il risultato sfavorevole, l’allenatore della soc. Polisportiva Carignano urlava ai propri calciatori di “palleggiare”, indicazione che i calciatori seguivano, così che l’incontro si concludeva con la vittoria della squadra ospite la Polisportiva Montatese per 2 a 1, risultato che consentiva alla soc. Polisportiva Carignano A.S.D. di sfidare nuovamente la Polisportiva Montatese nell’incontro di play out.

IX.2. Tali circostanze, puntualmente segnalate nel referto dagli ufficiali di gara, sono state confermate dagli stessi nel corso delle indagini svolte dalla Procura federale ed hanno trovato ulteriore riscontro nelle dichiarazioni rese, pure nel corso delle indagini, dai signori [omissis] (i primi due calciatori e il terzo allenatore della Polisportiva Montatese); peraltro il signor [omissis] ha aggiunto che, a fine partita, era stato avvicinato da un calciatore avversario (identificato nel n. 7, sig. [omissis]), il quale gli aveva detto “ti abbiamo fatto fare goal, vediamo chi ride la prossima settimana”, mentre il sig. [omissis] evidenziava che, prima della segnatura della rete del 1 a 2, il portiere avversario aveva con i piedi volontariamente passato la palla ad un giocatore della Polisportiva Montatese che tuttavia nel tirare non aveva fatto goal (si tratta di una circostanza rilevata anche nel referto arbitrale che fa riferimento a due passaggi errati del portiere della soc. Polisportiva Carignano per consentire agli avversari di realizzare la rete del vantaggio).

IX.3. Per contro le dichiarazioni rese, sempre nel corso delle indagini, dai calciatori e dall’allenatore della soc. Polisportiva Carignano non hanno apportato alcun elemento nuovo ed ulteriore alla ricostruzione dei fatti e non sono state in grado di scalfire il quadro probatorio precedentemente delineato.

In particolare il calciatore, sig. [omissis], e l’allenatore, sig. [omissis], hanno concordemente affermato che la gara sarebbe stata combattuta lealmente fino al momento della segnatura della rete da parte della soc. Polisportiva Montatese e che successivamente sarebbe prevalso un atteggiamento conservativo e cautelativo per evitare infortuni in vista della gara di play out della settimana successiva, aggiungendo di non aver notato alcun comportamento doloso da parte di calciatori della Soc. Polisportiva Carignano per favorire la vittoria degli avversari; il signor [omissis], subentrato all’inizio del secondo tempo al portiere titolare, ha ricordato che la gara ha segnato il suo esordio in campionato ed ha negato di aver consentito la segnatura della rete agli avversari, avendo tentato di parare la conclusione; mentre il sig. [omissis], portiere sostituito all’inizio del secondo tempo, ha dichiarato di non aver notato nella condotta dei propri compagni alcun comportamento anomalo e tanto meno in quello del collega, sig. [omissis], in occasione della rete subita».

  1. Rispetto a tale vicenda, il Tribunale Federale – in gran parte disattendendo la prospettazione accusatoria che, ritenendo integrata la più grave fattispecie dell’illecito sportivo, aveva richiesto l’irrogazione della SQUALIFICA per anni 5 a carico dei calciatori [omissis] e dell’allenatore [omissis]; nonché, per omessa denuncia, altresì la SQUALIFICA per anni 2 dei calciatori [omissis], e, altresì, l’INIBIZIONE dei tesserati [omissis]; nonché l’AMMENDA di € 2.000,00 e PENALIZZAZIONE di 6 (sei) punti nei confronti della Polisportiva Carignano A.S.D., oggettivamente responsabile degli illeciti posti in essere dai suoi tesserati – ha escluso la configurabilità dell’illecito sportivo, riconducendo tutta la vicenda a un semplice atteggiamento antidoveroso imputabile ai soli calciatori in campo, nonché all’allenatore, per l’effetto irrogando solo a quest’ultimo la SQUALIFICA per mesi due e ai calciatori in campo ([omissis]) l’ammonizione, sanzionando, altresì, la responsabilità oggettiva della Polisportiva Carignano A.S.D., ma dichiarando il non luogo a provvedere nei confronti di tutti gli altri soggetti deferiti per insussistenza del fatto.
  2. Tale decisione di prime cure è stata impugnata dalla Procura Federale della FIGC per “omessa ed erronea valutazione dei fatti posti a base del deferimento e del materiale probatorio acquisito nel corso dell’attività inquirente svolta – erronea e contraddittoria motivazione – violazione ed erronea applicazione del disposto di cui all’art. 30 del codice di giustizia sportiva”: secondo la Procura, infatti, avrebbe errato il primo giudice laddove, pur avendo riconosciuto la sussistenza dei fatti posti in essere dai calciatori e dall’allenatore della Polisportiva Carignano A.S.D., ha inopinatamente negato che essi integrassero la fattispecie dell’illecito sportivo: e ciò, in particolare, nonostante si sia trattato di fatti (talmente plateali da essere stati segnalati anche nel referto arbitrale) che avevano effettivamente alterato l’esito della gara.
  3. In parziale accoglimento del reclamo – la parzialità essendo insita unicamente nell’entità delle sanzioni irrogate, non invece nel riconoscimento del titolo della responsabilità ascritta a ciascun soggetto deferito – la Corte Federale d’Appello della FIGC, ritenuta tempestivamente proposta l’impugnazione della Procura Federale, ha invece sanzionato tutti i soggetti destinatari del deferimento con le sanzioni qui impugnate, così come indicate in epigrafe per ciascuno di essi.
  4. In data 18 luglio 2023, si è svolta l’udienza davanti a questo Collegio, in cui le parti hanno insistito per l’accoglimento delle conclusioni come sopra indicate.

Considerato in diritto

 

 

  1. Il Collegio ritiene preliminarmente necessario disporre la riunione dei due ricorsi in epigrafe, in quanto proposti (da parti diverse) avverso la medesima decisione e per il suo annullamento.
  2. Nel merito, occorre scrutinare per primi quei motivi (che sono il primo del ricorso collettivo e il secondo del ricorso del sig. [omissis]: violazione di norme di diritto e falsa applicazione degli artt. 51, comma 2, C.G.S. e 11, comma 4, C.G.S. CONI, in relazione agli artt. 44, comma 6, e 115, comma 2, C.G.S.) volti a censurare la tempestività del reclamo proposto dalla Procura Federale avverso la decisione di prime cure; laddove invece, in tesi delle parti ricorrenti, tale reclamo sarebbe stato tardivo – con conseguente intervenuto passaggio in giudicato della decisione di prime cure, siccome tardivamente reclamata – perché depositato solo il 27 marzo 2023, a fronte della pubblicazione della decisione impugnata intervenuta in data 18 marzo 2023, e dunque oltre il termine di sette giorni assegnato a tutte le parti per interporre gravame (termine già scaduto, in tesi, il 25 marzo 2023).

Rilevano i ricorrenti che, nel caso di specie, la pubblicazione del testo integrale della decisione depositata dal Tribunale Federale è avvenuta in data 18 marzo 2023, mediante pubblicazione e affissione all'albo del C.R. Piemonte Valle d'Aosta e sul Comunicato Ufficiale n. 79 del medesimo Comitato, mentre la comunicazione alla Procura e al difensore degli odierni ricorrenti è stata effettuata due giorni dopo, ovvero il 20 marzo 2023, come rilevato dalla stessa Corte Federale d'Appello, ma non indicato nel reclamo della Procura, depositato solo il 27 marzo 2023, ovvero nove giorni dopo l'ostensione del provvedimento adottato dal Tribunale Federale Territoriale. È sulla scorta di tale rilievo che la difesa dei ricorrenti deduce la tardività del reclamo proposto dalla Procura, giacché, in ragione del mancato rispetto da parte della cancelleria del Tribunale Federale Territoriale del termine per inviare la comunicazione, ha di fatto beneficiato di 2 giorni in più per predisporre e depositare il proprio atto d'impugnazione. Ad avviso del Collegio tale censura non è fondata.

Posto che l’art. 51, comma 4, cit., stabilisce che “I dispositivi e le decisioni degli organi di giustizia sportiva emessi a seguito di deferimento devono essere direttamente comunicati all’organo che ha adottato il deferimento nonché alle altre parti ai sensi dell’art. 53”, e che l’art. 115, comma 2, cit., pone la decorrenza del termine (di sette giorni) per la proposizione del reclamo dalla data della “pubblicazione o comunicazione della decisione che si intende impugnare”, effettivamente è dato riscontrare che la declinazione di tali principi potrebbe non essere perfettamente allineata tra quanto previsto in proposito dal comma 2 del cit. art. 51 (a tenore del quale detta comunicazione deve essere effettuata “contestualmente alla pubblicazione”), dall’art. 114, comma 2, C.G.S. (ai sensi del quale, invece, la decisione va comunicata “appena depositata”) e dall’art. 11 C.G.S. (per cui “La pubblicazione è in ogni caso successiva alla comunicazione, quando prevista”).

Sta di fatto che, nel caso di specie, la decisione reclamata è stata comunicata alla Procura Federale, dalla segreteria del Tribunale di prime cure, il secondo giorno successivo a quello della sua pubblicazione sul bollettino e sull’albo del Comitato Regionale che la rese (detta comunicazione alla Procura avveniva il 20 marzo 2023, mentre la pubblicazione era avvenuta il 18 marzo 2023; la Procura ha poi depositato il proprio reclamo il 27 marzo 2023).

In proposito, questo Collegio ritiene di condividere l’interpretazione sistematica fornita dalla Corte Federale d’Appello: nel senso che, a fronte dell’art. 115, comma 2, C.G.S., (il quale stabilisce che “Il reclamo deve essere depositato … presso la Segreteria della Corte federale di appello e trasmesso alla controparte entro sette giorni dalla pubblicazione o comunicazione della decisione che si intende impugnare”), la decorrenza del termine va ancorata (non già al primo evento, tra pubblicazione e comunicazione, che viene compiuto dalla competente segreteria del giudice di primo grado, bensì) alla data della comunicazione, per tutte le parti in favore delle quali tale comunicazione è prevista, e dunque anche per la Procura Federale.

Diversamente opinando, ossia ove si ritenesse che il termine decorra indifferentemente dal primo a verificarsi di tali eventi, dette parti verrebbero deprivate dell’utilitas che è insita nel dover ricevere specifica comunicazione delle decisioni e, dunque, nel poter fare esclusivo affidamento, ai fini della tempestività del reclamo, sulla data di tale comunicazione, senza dunque alcun onere di rincorrere le pubblicazioni che la precedano o la seguano senza essere contestuali; ma, se davvero così fosse, non avrebbe senso la norma che concede loro il beneficio della comunicazione diretta.

È ben vero che la segreteria dovrebbe procedere, e a fortiori nel surricordato disallineamento, alle comunicazioni alle parti (nei cui confronti essa è prevista) nel corso della stessa giornata in cui ne effettua la pubblicazione sui canali istituzionali – in tal modo deprivandosi di ogni rilevanza pratica il tema dell’anteriorità, contestualità o posteriorità della comunicazione rispetto alla pubblicazione – e che ciò, invece, nel caso di specie non è avvenuto, essendovi stato un ritardo di due giorni nella comunicazione rispetto alla pubblicazione; si tratta però di una disfunzione, della segreteria del giudice, cui non possono ricondursi effetti restrittivi sul diritto all’impugnazione spettante alle parti.

Diritto di gravame che, proprio in applicazione di quegli stessi principi generali erroneamente invocati pro domo sua dalle parti appellanti, non può essere limitato o condizionato da un ritardo nell’attività d’ufficio e che resta del tutto estraneo alla signoria delle parti del processo di primo grado.

Di tal ché va confermata la ricevibilità del ricorso in appello della Procura Federale, risultando infondati i motivi sin qui trattati del presente ricorso.

  1. Vanno quindi scrutinati, tra gli ulteriori motivi di merito, quelli di cui al primo motivo del ricorso del sig. [omissis] e al secondo, al terzo e al quarto motivo del ricorso collettivo, come segue:
  2. (ricorso [omissis]) Violazione di norme di diritto e falsa applicazione dell’art. 30, commi 1 e 2, C.G.S. FIGC e motivazione insufficiente e contraddittoria in merito alla qualificazione del fatto e alla individuazione dei responsabili;
  3. (ricorso collettivo) Violazione di norme di diritto e falsa applicazione dell’art. 30, commi 1 e 2, C.G.S.; motivazione apparente e/o insufficiente in ordine alla qualificazione del fatto;
  4. Violazione di norme di diritto e/o falsa applicazione dell’art. 30, commi 1 e 2, C.G.S., in relazione alla individuazione dei responsabili della condotta contestata, illogicità e contraddittorietà della motivazione;
  5. Violazione di norme di diritto e/o falsa applicazione dell’art. 30, comma 7, C.G.S.; motivazione insufficiente o apparente.
  6. Tali motivi sono, soggettivamente, parzialmente fondati, nei sensi e limiti di cui infra.
  7. Si premette che questo Consiglio condivide – nei limiti soggettivi di seguito specificati – la valutazione della Corte Federale d’Appello circa la sussistenza, nei fatti occorsi, dell’illecito sportivo.

Fatti, come ben rileva la decisione gravata, “talmente plateali da essere finanche segnalati dal direttore di gara nel suo referto”; i quali “non solo erano astrattamente idonei ad alterare la regolarità della gara e il suo risultato, ma [che] in concreto avevano effettivamente alterato la gara ed il suo risultato”.

Non v’è luogo – né possibilità alcuna per questo Collegio – a ritenere che i fatti non si siano svolti esattamente per come assunti dal giudice di seconde cure, ossia così come riferiti nel § 4 della superiore narrativa in fatto.

Né, tenuto anche conto del minor livello di tassatività che connota le fattispecie sanzionate dal diritto sportivo rispetto a quelle del diritto penale, v’è luogo a confutare l’assunto del giudice di seconde cure nella parte in cui, all’opposto di quello di primo grado, ha ritenuto che le condotte descritte dal referto arbitrale o emerse a seguito dell’indagine svolta siano sussumibili nella previsione dell’art. 30, comma 1, C.G.S. (che, come “illecito sportivo”, sanziona “il compimento, con qualsiasi mezzo, di atti diretti ad alterare lo svolgimento o il risultato di una gara o di una competizione ovvero ad assicurare a chiunque un vantaggio in classifica”).

Si tratta, all’evidenza, di un illecito a condotta libera e, così com’è stato ben argomentato dalla decisione gravata, il carattere commissivo dell’illecito (espresso dalla locuzione “compimento

… di atti diretti a alterare lo svolgimento o il risultato di una gara …”) non esclude che esso, pur non potendosi integrare in una condotta di pura omissione, possa sostanziarsi in un illecito commissivo mediante omissione: così come nei casi – che nella specie risultano essersi effettivamente verificati – del portiere, e del difensore, che restino volontariamente immobili di fronte all’attaccante avversario che si avvicini alla porta con il pallone, o che l’abbia calciato verso il relativo specchio: in tali casi, infatti, il giocatore avrebbe l’obbligo di contrastare, per quanto gli sia possibile, l’azione avversaria, con il corollario che, non facendolo (mentre sarebbe stato tenuto a farlo) cagiona l’evento illecito, ossia dolosamente altera il risultato della gara.

In tali sensi, le condotte poste in essere dal difensore e dal portiere sono state correttamente ricondotte, dalla decisione qui gravata, ad atti illeciti commissivi di illecito sportivo, posti in essere dai ricorrenti sigg. [omissis] (difensore) e [omissis] (portiere): mediante omissione, per la parte in cui costoro hanno scientemente evitato, rispettivamente, di contrastare l’avanzata di un avversario e di (cercare di) parare il suo tiro in porta; ma anche, nella specie, mediante attività commissiva, per la parte in cui il primo si sia addirittura allontanato dall’avanzante avversario e il secondo si sia proiettato in direzione inidonea a pararne il tiro indirizzato verso la porta.

Con la precisazione, per quanto già detto, che per il perfezionamento dell’illecito sportivo da parte di tali soggetti è comunque sufficiente la parte di condotta con cui si siano astenuti dal compiere l’azione che sarebbe stata (auspicabilmente) idonea a impedire l’evento che erano sportivamente tenuti a (tentare di) impedire: ossia la realizzazione del goal da parte dell’attaccante avversario.

La loro posizione è ovviamente aggravata dalle ulteriori attività commissive che costoro risultano aver posto in essere: rispettivamente, l’essersi scansati di fronte all’attaccante avversario e l’avergli passato la palla in fase di rinvio (a prescindere dal successivo esito della specifica azione). Di tal ché, quanto a tali ricorrenti, il gravame in trattazione non può trovare accoglimento. Analogamente è a dirsi per quanto soggettivamente concerne l’allenatore, che è risultato aver apertamente invitato la squadra a palleggiare, locuzione nella specie non irragionevolmente intesa dal giudice di merito nel senso di essere volta a non far svolgere alla squadra azioni offensive dopo esser andata in svantaggio. Ne consegue la reiezione del ricorso anche per quanto concerne il sig. [omissis]. Inoltre, rispetto alle prefate condotte degli indicati tesserati, la responsabilità della Società Polisportiva Carignano A.S.D. segue in via oggettiva, sicché il gravame deve essere disatteso anche per quanto riguarda quest’ultima.

  1. Altrettanto non è invece predicabile, ad avviso di questo Collegio, nei confronti degli altri giocatori in campo: rispetto ai quali non risultano sussistere elementi fattuali che consentano di ritenere comprovato, e perciò di ascrivere loro, alcuna soggettiva rimproverabilità della condotta posta in essere in campo durante gli ultimi minuti della partita incriminata.

Non si intende confutare che, com’è stato correttamente rilevato dalla decisione qui gravata, l’illecito sportivo richieda “un grado di prova … che deve essere superiore alla semplice valutazione della probabilità, ma inferiore all’esclusione di ogni ragionevole dubbio”: nella prassi più recente si è diffusa – invero, però, alquanto opinabilmente – la formula, che ciò vorrebbe compendiare, del più probabile che non. Sebbene sia emerso con chiarezza dall’istruttoria “che a partire dal 43° minuto del secondo tempo regolamentare la squadra del Carignano avrebbe sostanzialmente smesso di giocare”, e pur se si possa ancora convenire con la decisione di seconde cure nell’affermazione “che non giocare costituisce un’espressione con cui si indicano non necessariamente condotte omissive, ma anche condotte e comportamenti attivi non adeguati e consoni ad una normale competizione agonistica”, il Collegio rileva come in nessun passo della decisione gravata sia dato rinvenire elementi effettivi che consentano di ascrivere siffatto genere di condotte – né dunque la commissione d’un illecito sportivo – in capo a tesserati della Polisportiva Carignano diversi e ulteriori a quelli indicati nel superiore § V.

Diversamente da quanto postulato dalla decisione di seconde cure, infatti, deve considerarsi pienamente decisivo il rilievo, formulato dai reclamati e disatteso dal giudice di appello, della non individuabilità di ulteriori soggetti effettivamente responsabili – pur se in termini di più probabile che non – dei fatti occorsi: giacché, altrimenti, si incorrerebbe nella surrettizia configurazione dogmatica, praeter legem, di una sorta di responsabilità oggettiva della squadra: che, si badi bene, non sarebbe quella della società sportiva (per la quale tale criterio oggettivo di imputazione della responsabilità è chiaramente previsto dalla normativa di riferimento), bensì dei singoli giocatori per il solo fatto di trovarsi in campo in un determinato momento (nella specie, peraltro, anche assai breve: solo gli ultimi tre minuti del tempo regolamentare oltre l’eventuale recupero). Siffatta configurazione dogmatica, cui sostanzialmente è pervenuta la decisione in esame, non può trovare ingresso nel diritto sportivo.

Giacché, per potersi affermare – come si è fatto, per giungere alla condanna di tutti i ricorrenti – che “Tutti, singolarmente considerati, hanno contribuito consapevolmente e causalmente all’alterazione dello svolgimento e del risultato della gara” sarebbe stato necessario individuare, a carico di ciascuno dei giocatori in campo, almeno una specifica condotta volontaria, commissiva od omissiva, che consentisse di ascrivere al singolo individuo la con- causazione dell’evento alterativo del risultato della gara, in cui si sostanzia l’illecito sportivo ritenuto sussistente.

Esemplificando, avrebbe dovuto emergere che i singoli attaccanti non abbiano voluto giocare i palloni loro pervenuti (laddove invece, verosimilmente, non gliene sono proprio pervenuti); che ciascun centrocampista, potendolo fare, non abbia voluto effettuare proiezioni offensive (che, in tesi, avrebbe potuto fare); e che ciascun difensore non abbia voluto spingere in avanti il giuoco della squadra, laddove gli sarebbe stato invece possibile.

Il Collegio non si nasconde la difficoltà, al limite della c.d. diabolicità, di una siffatta prova; ma nemmeno che l’ordinamento sportivo, se avesse voluto configurare una responsabilità oggettiva di tutti i giocatori in campo per l’attività illecita di alcuni, o anche di molti, tra costoro, lo avrebbe fatto in modo espresso (così come appunto ha fatto per le società sportive cui appartengono i tesserati colpevoli).

Dovendosi perciò convenire sul fatto che, non avendo l’ordinamento sportivo previsto tale genere di responsabilità “collettiva” di tutti i giocatori in campo – anche l’uno per il fatto dell’altro, e tutti per l’azione di molti – non può ammettersi che, in sede esegetica, l’interprete finisca per creare, ex nihilo, siffatta forma di responsabilizzazione, sulla base del mero riscontro che la squadra in campo, a partire da un certo momento, non abbia più prodotto gioco offensivo. A tale proposito, giova rammentare la decisione n. 23/2021 del Collegio di Garanzia dello Sport, con cui la Prima Sezione ha affermato che non si può assecondare una ricostruzione dei fatti in termini di condotta e responsabilità “corale”, perché tale ipotesi viola il principio di tipicità dell’illecito sportivo e si pone in contrasto col principio generale di legalità a cui l’ordinamento sportivo non è estraneo.

Anche quanto poi all’argomentazione che, a base del “non gioco” di tutta la squadra, vi sia stato “un istinto irrefrenabile e quasi incosciente e in qualche modo assimilabile a un raptus”, si deve rilevare come non risulti ragionevole postulare che esso – una volta esclusa, come lo è stata, la sussistenza di un accordo preventivo e programmatico tra i calciatori – abbia attinto tutti i calciatori in campo: con il corollario, già evidenziato, che tale conclusione avrebbe reso necessaria la prova individuale e diretta del coinvolgimento di ciascuno, quale condizione per poterne sanzionare ognuno.

Tali considerazioni comportano l’assoluzione, dalla pretesa sanzionatoria, di tutti i giocatori in campo diversi da quelli – di cui si è già detto al superiore § V – per cui sia stata invece dimostrata una propria condotta volontaria, causalmente legata all’alterazione del corretto svolgimento della gara.

Ciò, quantomeno, in un caso in cui sia stata radicalmente esclusa, come ha fatto la decisione qui gravata, alcuna forma di preventiva concertazione dell’illecito tra i giocatori in campo: giacché, almeno in tal caso, non c’è alcuna prova che il singolo calciatore che sia rimasto inerte lo abbia fatto per propria prava volontà, e non già perché non rifornito dagli altri giocatori di palloni giocabili.

Ritiene il Collegio che questo sia il minimo di soggettiva imputabilità della condotta che, anche per l’illecito sportivo, debba necessariamente considerarsi richiesto dall’ordinamento; ma che invece non è dato ravvisare né dalla motivazione della decisione gravata, né dall’istruttoria espletata.

Ne deriva che il ricorso, siccome fondato nei motivi qui scrutinati, va accolto limitatamente agli ulteriori calciatori in campo, nominativamente indicati in dispositivo: con conseguente integrale annullamento delle sanzioni loro irrogate per i fatti occorsi.

  1. Neppure può trovare conferma, quanto agli altri tesserati non schierati in campo negli ultimi minuti della partita, l’ascrizione di responsabilità per omessa denuncia dell’illecito sportivo (art. 30, comma 7, C.G.S.): ciò è corollario del fatto che, una volta soggettivamente limitato nei suindicati e assai ristretti termini la sussistenza dell’illecito sportivo (che ha trovato conferma solo per due calciatori e per l’allenatore), non possa residuare sufficiente prova della conoscenza, in capo a ciascuno dei soggetti che si trovavano fuori dal campo (ivi incluso il sig. [omissis], presente in tribuna), della conoscenza – né della riconoscibilità come illecito sportivo – degli atti, di cui si è già detto, commessi dal portiere, sig. [omissis], dal difensore, sig. [omissis] e neppure dall’allenatore, sig. [omissis].

In particolare, quanto alla frase di quest’ultimo, anche con riguardo a coloro che ne abbiano percepito l’invito a palleggiare, non è dato trarne con adeguata certezza la soggettiva comprensione della configurabilità in ciò di un illecito sportivo: ciò bastando a escludere la responsabilità, collettiva e indiscriminata, di tutti i presenti per omessa denuncia.

Va confutata, infine, l’affermazione della gravata decisione, secondo cui “Dagli atti di indagine non è invero emerso alcun elemento per ritenere che gli stessi [ossia gli altri tesserati] si siano dissociati dalla condotta tenuta dai calciatori e dall’allenatore, o che si siano in qualche modo opposti a detta condotta, tenendo comportamenti incompatibili con le condotte che hanno determinato l’alterazione dello svolgimento e del risultato della gara”.

In disparte che, se l’allenatore dice alla squadra di palleggiare, i calciatori in campo devono farlo, indipendentemente dal fatto che siano d’accordo o meno e che ne capiscano o no le ragioni, merita soprattutto evidenziarsi che non è previsto, né imposto, alcun obbligo di dissociazione (concetto che, in effetti, con riferimento a questo ambito neppure risulta ben chiaro nel suo significato); c’è, invece, un obbligo di denuncia, disciplinarmente sanzionato, che però postula la prova della consapevolezza certa della sussistenza dell’illecito sportivo. Prova, come s’è detto, che nella decisione gravata risulta però solo apoditticamente affermata: con il corollario dell’accoglimento dei ricorsi riuniti anche per quanto concerne il profilo dell’omissione di denuncia, qui trattato e, dunque, di integrale annullamento delle sanzioni irrogate anche ai tesserati non in campo.

  1. Nel superiore accoglimento dei motivi scrutinati restano assorbiti gli ulteriori motivi di ricorso, come in particolare le ulteriori doglianze veicolate nei profili non esaminati dei ricorsi riuniti.
  2. Il regolamento delle spese, operato come in dispositivo, segue i principi di soccombenza, senza rilievo della mancata costituzione di parte intimata per quanto concerne i soli capi di soggettivo accoglimento; nulla, in ragione di tale non costituzione, per le spese relative ai capi soggettivamente reiettivi.

P.Q.M.

Il Collegio di Garanzia dello Sport Seconda Sezione

 

Riunisce i ricorsi per connessione oggettiva.

  • Con riguardo al ricorso iscritto al R.G. ricorsi n. 45/2023, limitatamente alle posizioni dei sigg. [omissis], accoglie il ricorso senza rinvio e, per l’effetto, annulla la decisione della CFA della FIGC e conseguentemente tutte le sanzioni loro irrogate;

Le spese seguono la soccombenza, liquidate, a carico della FIGC, in ragione di € 150,00, oltre accessori di legge, in favore di ciascuno dei suddetti ricorrenti.


Respinge il ricorso limitatamente alle posizioni dei sigg. [omissis] e la Polisportiva Carignano A.S.D.; nulla per le relative spese.

  • Con riguardo al ricorso iscritto al R.G. ricorsi n. 47/2023, accoglie il ricorso senza rinvio e, per l’effetto, annulla la decisione della CFA della FIGC e conseguentemente tutte le sanzioni irrogate al ricorrente sig. [omissis].

Le spese seguono la soccombenza, liquidate, a carico della FIGC, in ragione di € 2.000,00, oltre accessori di legge, in favore del ricorrente sig. [omissis].

Dispone la comunicazione della presente decisione alle parti tramite i loro difensori anche con il mezzo della posta elettronica.

Così deciso in Roma, nella sede del CONI, in data 18 luglio 2023.

Il Presidente                                                                       Il Relatore

F.to Attilio Zimatore                                                      F.to Ermanno de Francisco

Depositato in Roma, in data 23 febbraio 2024. Il Segretario

F.to Alvio La Face

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