CONI – Collegio di Garanzia dello Sport – Sezione Prima – coni.it – atto non ufficiale – Decisione n. 61/2024 – A.S. Cittadella S.r.l. Unipersonale / Federazione Italiana Giuoco Calcio / Pisa Sporting Club S.r.l / Lega Nazionale Professionisti Serie B

Decisione n. 61

Anno 2024


 

IL COLLEGIO DI GARANZIA PRIMA SEZIONE

 

composta da

Vito Branca - Presidente

Tommaso Edoardo Frosini - Relatore

Virgilio D’Antonio

Angelo Guadagnino

Enzo Paolini - Componenti

ha pronunciato la seguente

DECISIONE

 

 

nel giudizio iscritto al R.G. ricorsi n. 59/2024, presentato, in data 30 ottobre 2024, dalla società A.S. Cittadella S.r.l. Unipersonale, rappresentata e difesa dall’avv. Laura Dal Zuffo,

contro

 

 

la Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC), rappresentata e difesa dall’avv. Giancarlo Viglione,

e nei confronti

 

 

del Pisa Sporting Club S.r.l., rappresentato e difeso dall’avv. Mattia Grassani,

e

 


della Lega Nazionale Professionisti Serie B (LNPB), non costituitasi in giudizio,

avverso

 

 

la decisione della Corte Sportiva d’Appello Nazionale FIGC, I Sezione, n. 0009/CSA/2024-2025, pubblicata, in forma integrale, in data 2 ottobre 2024, con la quale è stato accolto il reclamo della società Pisa Sporting Club S.r.l. e, in riforma della decisione del Giudice Sportivo LNPB, di cui al

C.U. n. 25 del 5 settembre 2024 (che aveva omologato il risultato di 1-1 in relazione alla partita Cittadella - Pisa del 27 agosto 2024, così come conseguito sul campo, e irrogato, a carico del dirigente [omissis], le sanzioni dell'ammenda e dell'ammonizione e, a carico della società Cittadella, la sanzione dell'ammenda pari ad euro 10.000,00, ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 10, comma 5, lett. a), e 11, comma 1, lett. c), CGS FIGC), è stata comminata, a carico della A.S. Cittadella S.r.l., ai sensi dell’art. 10, comma 6, lett. a), CGS FIGC, la sanzione della perdita della suddetta gara disputata contro il Pisa S.C. S.r.l. con il punteggio di 0-3.

Viste le difese scritte e la documentazione prodotta dalle parti costitute;

uditi, nell’udienza del 27 novembre 2024, il difensore della parte ricorrente - A.S. Cittadella

S.r.l. Unipersonale - avv. Laura Dal Zuffo, assistita dall’avv. Nicolò Mazzucato; l’avv. Giancarlo Viglione, per la resistente FIGC; l’avv. Mattia Grassani, per la resistente Pisa Sporting Club S.r.l., nonché il Procuratore Nazionale dello Sport, prof. avv. Daniela Noviello, per la Procura Generale dello Sport presso il CONI, intervenuta ai sensi dell’art. 59, comma 2, lett. b), e dell’art. 61, comma 3, del Codice della Giustizia Sportiva del CONI;

udito, nella successiva camera di consiglio dello stesso giorno, il relatore, prof. avv. Tommaso Edoardo Frosini.

Ritenuto in fatto

 

 

  1. Con ricorso del 30 ottobre 2024, la società A.S. Cittadella S.r.l. Unipersonale (d’ora in poi anche solo il Cittadella) ha adito il Collegio di Garanzia dello Sport al fine di ottenere l’annullamento della decisione della Corte Sportiva d’Appello Nazionale FIGC, I Sezione, n. 0009/CSA/2024-2025, pubblicata, in forma integrale, in data 2 ottobre 2024, con la quale è stato accolto il reclamo della società Pisa Sporting Club S.r.l. e, in riforma della decisione del Giudice Sportivo LNPB, di cui al C.U. n. 25 del 5 settembre 2024 (che aveva omologato il risultato di 1-1 in relazione alla partita Cittadella - Pisa del 27 agosto 2024, così come conseguito sul campo, e irrogato, a carico del dirigente [omissis], le sanzioni dell'ammenda e dell'ammonizione e, a carico della società Cittadella, la sanzione dell'ammenda pari ad euro 10.000,00, ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 10, comma 5, lett. a), e 11, comma 1, lett. c), CGS FIGC), è stata irrogata, a carico della A.S. Cittadella S.r.l., ai sensi dell’art. 10, comma 6, lett. a), CGS FIGC, la sanzione della perdita della suddetta gara disputata, contro il Pisa S.C. S.r.l., con il punteggio di 0-3.

La vicenda è riassumibile nei termini che seguono.

Antecedentemente alla già menzionata gara di campionato, il Cittadella caricava sul portale della Lega B la c.d. “distinta di gara”, nella quale indicava i 23 calciatori selezionati per partecipare alla partita. In tale distinta, tra gli altri, veniva iscritto il calciatore [omissis], mentre non veniva iscritto il calciatore [omissis]. È incontestato che tale circostanza sia da imputarsi ad una svista del team manager del Cittadella (il nome del [omissis] occupa il rigo immediatamente precedente a quello di [omissis] nella griglia dei nominativi inseriti nel portale “Aerea Extranet” della Lega Serie B e da “flaggare” per la composizione della lista). Senonché, dopo oltre 10 minuti dall’inizio della gara, più precisamente alle ore 20:44, il Cittadella caricava sul portale della Lega una ulteriore distinta di gara, nella quale veniva inserito in distinta il calciatore [omissis] (convocato e che aveva preso parte al riscaldamento ed alle operazioni preliminari della squadra) ed escluso il calciatore [omissis]. Al 26° minuto del secondo tempo, il [omissis] prendeva parte alla partita sostituendo il calciatore [omissis].

1.1.  Ne discendeva reclamo, da parte del Pisa, al Giudice Sportivo, il quale, così statuiva: «È pacifico, dunque, che la Soc. Cittadella abbia contravvenuto alla Regola n. 3 del Regolamento del Giuoco del Calcio, atteso che gli elenchi nominativi dei calciatori delle squadre che devono essere presentati prima dell’inizio della gara, hanno un valore decisivo ai fini della partecipazione alla gara, nonché dell’individuazione dei calciatori. Le squadre possono cambiare i nominativi già indicati fino a che il gioco non abbia avuto inizio. L’elenco può, ancora, essere integrato, anche dopo che la gara è iniziata, per l’eventuale arrivo di soli calciatori titolari ritardatari. Tale norma cogente, non consente, pertanto, deroghe neanche nel caso di errore materiale come appare verosimile che sia avvenuto nel caso di specie.

Quanto alla sanzione da irrogare, tuttavia, occorre considerare che, come ha anche avuto modo di affermare il Collegio di Garanzia (cfr. Collegio di Garanzia, decisione n. 15/17), il Codice di Giustizia Sportiva della FIGC in materia di sanzioni è improntato al principio della tassatività della norma che non consente di poter allargare o restringere la portata delle sanzioni che, peraltro, possono in maniera significativa spezzare gli equilibri dei campionati i cui esiti, dovrebbero essere solo il frutto del merito sportivo.

Ciò posto la modifica, dopo l’inizio della partita, dell’elenco dei calciatori viola, comunque, la norma dell’art. 3 del Regolamento del Gioco del Calcio, ma tale violazione non è prevista nel tassativo elenco dell’art. 10 del Codice di Giustizia Sportiva tra le circostanze punite con la perdita della partita.

L’art. 10, infatti, punisce la società ritenuta responsabile di fatti o situazioni che abbiano influito sul regolare svolgimento di una gara o che ne abbiano impedito la regolare effettuazione e, in questo caso, ritenuto che il calciatore non inserito nella distinta prima dell’inizio della gara fosse comunque un calciatore munito di titolo per parteciparvi, non può essere ritenuta circostanza tale da aver influito sul regolare svolgimento della gara che, per ipotesi, sarebbe stata regolarmente tenuta ove il nominativo fosse stato correttamente inserito nella Prima Distinta.

Ad avviso di questo Giudice, dunque, in assenza di specifica previsione normativa, non è possibile adottare una sanzione per una condotta non specificamente prevista né tanto meno si può ricorrere all’analogia in forza del principio c.d. di legalità formale.

Sulla scorta di tale ragionamento, l’avere titolo a partecipare ad una gara significa essere in regola col tesseramento e non avere squalifiche o altri procedimenti in corso, circostanze queste non sussistenti nel caso di specie. La mera modifica tardiva di un elenco non priva il calciatore del suo titolo a partecipare ad una gara, anche perché, in assenza di norma e di prova contraria, il calciatore [omissis] sarebbe ben potuto essere inserito in distinta e avrebbe ben potuto partecipare alla gara, avendone i requisiti.

Ciò posto, l’applicazione della sanzione dell’art. 10 del Codice di Giustizia Sportiva è prevista per la Società ritenuta responsabile di fatti o situazioni che abbiano influito sul regolare svolgimento di una gara o che ne abbiano impedito la regolare effettuazione e, ad avviso di questo Giudice, non è affatto pacifico che quanto avvenuto abbia avuto influenza sul regolare svolgimento della gara. In tal caso, ai sensi del comma 5 del medesimo articolo 10, gli organi di giustizia sportiva possono […] “a) dichiarare la regolarità della gara con il risultato conseguito sul campo, salva ogni altra sanzione disciplinare”. Sul punto, soccorre anche il successivo art. 11 (“Sanzioni inerenti alla disputa delle gare”) che dispone che comportano l'applicazione della sanzione dell'ammonizione o dell'ammenda a carico della società, della sanzione della inibizione temporanea a carico del dirigente accompagnatore ufficiale […] “c) le infrazioni agli obblighi che comportano soltanto adempimenti formali”, qual è quello oggetto di giudizio.

In conclusione, va dichiarata la regolarità della gara de quo con il risultato conseguito sul campo e si ritiene di dover sanzionare con l’ammonizione ed ammenda di € 2.000,00 il Dirigente Accompagnatore della Soc. Cittadella sig. [omissis] ed infine di applicare alla Soc. Cittadella l’ammenda di € 10.000,00, ai sensi dell’art. 11, lett. “C” Codice di Giustizia Sportiva».

1.2.  Decidendo sul gravame interposto dal Pisa, la Corte Sportiva di Appello, con la decisione quivi impugnata, lo accoglieva, applicando al Cittadella la sanzione della perdita della gara con il punteggio di 0-3 a tavolino, revocando quelle irrogate in primo grado.

Così il Giudice di seconde cure: «L'art. 3.3 del Regolamento del Giuoco del Calcio sancisce che "i nominativi dei calciatori di riserva devono essere forniti all’arbitro prima dell’inizio della gara" e che "un calciatore di riserva il cui nome non è stato iscritto in elenco prima dell’inizio della gara non potrà partecipare alla stessa". Sul punto, per completezza vale soggiungere che, nella "Guida Pratica AIA", allegata al medesimo regolamento, nella parte in cui tratta del valore da attribuire agli elenchi nominativi dei calciatori componenti delle squadre che devono essere presentati all'arbitro prima dell'inizio della gara, si legge testualmente che le squadre possono cambiare i nominativi già indicati fino a che il gioco non abbia avuto inizio.

Tanto evidentemente al fine di assicurare in termini certi, in un contesto di reciproca lealtà e trasparenza, identiche condizioni competitive alle due compagini […].

Nel caso in esame, è pacifico che il calciatore [omissis] non sia stato inserito nella lista consegnata all'arbitro prima dell'inizio della partita, con la indiscutibile conseguenza che la società resistente ha violato l'anzidetta norma del citato Regolamento.

La Corte, nell'esaminare il reclamo, deve, quindi, stabilire solo se la violazione di cui sopra rientri o meno tra quelle sanzionate dal comma 6 dell'art.10 del C.G.S. e, segnatamente, in quella prevista alla lett."a", che prevede la perdita della gara a danno della società che l'abbia commessa. Secondo quest'ultima norma, infatti, la sanzione della perdita della gara è inflitta alla società che "fa partecipare alla gara giocatori squalificati o che comunque non abbiano titolo a prendervi parte".

Così perimetrata la divisata quaestio iuris, il Collegio ritiene che la res controversa sia agevolmente sussumibile nel perimetro operativo di cui alla richiamata disposizione sanzionatoria. E, invero, per quanto qui di più diretto interesse, viene in rilievo il contenuto precettivo della formulazione che impinge nella mancanza, in capo al calciatore [omissis], schierato a partita in corso, di un titolo giustificativo che ne legittimasse la partecipazione. […]

È, dunque, di tutta evidenza come, per i profili qui in rilievo, il precetto che integra, con dignità giuridica di norma speciale, il titolo di legittimazione a partecipare alla gara debba essere mutuato dal soprarichiamato articolo 3.3 del Regolamento del gioco del calcio che, in maniera inequivoca, fissa, in positivo, le condizioni richieste ai fini della partecipazione alla gara dei calciatori di riserva e finanche esplicita, in negativo, le conseguenze rinvenienti dalla mancanza delle suddette condizioni, chiarendo che in siffatte evenienze il calciatore non potrà partecipare alla gara.

Orbene, non avendo il calciatore [omissis] titolo alla stregua dell'ordinamento di settore a partecipare alla gara, s'impone, in ragione del chiaro valore semantico della previsione di cui al comma 6 dell'articolo 10, lettera a, la sanzione della perdita della gara.

D'altro canto, anche una lettura sistemica della norma in commento conduce alle medesime conclusioni, atteso che la partecipazione alla competizione di un calciatore non legittimato interferisce, per definizione, sull'ordinario svolgimento della gara, alterandone la regolarità.

Sulla questione, questo Collegio non ignora che, in altre circostanze, il Collegio di Garanzia del CONI e questa stessa Corte hanno stabilito che una mera irregolarità nella redazione della lista iniziale consegnata all'arbitro non possa essere sanzionata con la perdita della gara per la squadra responsabile, perché la norma di cui all'art. 10 del C.G.S. non prevede una espressa sanzione in questa ipotesi.

Si deve, però, precisare che, in tutte le fattispecie esaminate dagli altri Giudici, non è stato mai esaminato un caso come quello in esame e, cioè, che un giocatore, non presente nella lista iniziale presentata all'arbitro, sia poi andato in panchina e persino entrato in campo, caso questo che, come visto, è fatto oggetto di una diretta e speciale regolamentazione nella disciplina di settore. […]

Di contro, il richiamato art. 10, comma 6, lett."a", come già ricordato, prevede che la sanzione della perdita della gara venga comminata, per quel che qui interessa, nel caso in cui una società faccia partecipare ad una gara un calciatore che non abbia titolo a prendervi parte.

A tal riguardo, non può essere qui condivisa la lettura privilegiata dalla parte convenuta, secondo cui l'espressione "non abbia titolo" debba essere circoscritta alle sole fattispecie in cui un giocatore non sia tesserato per la società che lo impiega ovvero tesserato per diverso club e/o non abbia l'età richiesta dalla normativa sportiva e/o sprovvisto dell'idoneità sportiva.

Tale criterio selettivo non può, invero, evincersi, né sul piano letterale né su quello logico, dalla piana lettura della norma in argomento, deponendo viceversa il suo immediato significato nel senso di un chiaro rinvio a tutte quelle ipotesi in cui, ai sensi della normativa di settore, un giocatore non possa partecipare a una gara.

A questo proposito, il fatto che l'art. 3.3 del giuoco del calcio preveda espressamente che un calciatore di riserva il cui nome non sia stato iscritto in elenco prima dell’inizio della gara non possa partecipare alla stessa equivale senz'altro a dire che quel calciatore non abbia titolo per scendere in campo.

In termini giuridici, infatti, la parola titolo significa conforme al diritto e, quindi, legittimo.

In conclusione, è di tutta evidenza, che il calciatore [omissis], non iscritto nella lista iniziale consegnata all'arbitro, non avesse titolo e, cioè, non fosse legittimato a partecipare alla gara come previsto dall'art.3.3 del Regolamento del Giuoco del Calcio.

La Corte ritiene anche le altre difese della resistente prive di fondamento. Sia gli artt. 61 comma 3 e 66 comma 3 delle NOIF della FIGC, sia le decisioni ufficiali della FIGC relative alla regola 3 del giuoco del calcio, infatti, presuppongono che "le variazioni eventualmente apportate all'elenco di gara dopo la consegna all'arbitro" e che tutte le persone che prendono posto in panchina devono in ogni caso essere "ammesse", evidentemente ai sensi della normativa vigente, elemento che in questo caso, come visto, risulta mancante ai sensi del richiamato art. 3.3 del Regolamento del Giuoco del Calcio.

Né è possibile sostenere che la Cittadella abbia commesso, come proposto dalla sua difesa, un mero errore materiale, trattandosi dell'inserimento in lista di un nominativo nuovo e nient'affatto confondibile con altri.

Nessuna buona fede, infine, può essere riconosciuta alla Cittadella attesa la chiarezza della norma di cui all'art. 3.3 del Regolamento del Giuoco del Calcio.

Infine, va ribadito che la disposizione di cui all'articolo 10 comma 6 del C.G.S. abbia, in ragione della sua natura di norma speciale, valenza auto applicativa senza che occorra dimostrare quanto previsto dal primo comma del medesimo art.10 C.G.S. secondo cui la sanzione della perdita della gara deve essere disposta nell'ipotesi in cui la società sia ritenuta responsabile di fatti o situazioni che abbiano influito sul regolare svolgimento di una gara o che ne abbiano impedito la regolare effettuazione.

D'altro canto, e come sopra già evidenziato, il fatto che il calciatore [omissis] sia entrato in campo rappresenta di per sè una circostanza che ha influito sul regolare sviluppo della gara o comunque ne ha impedito la regolare effettuazione. Il calciatore, invero, ha sicuramente partecipato al gioco, contribuendo alle sorti della squadra in cui milita e al risultato finale.

Nel caso in esame, la Corte ritiene, dunque, che debba trovare applicazione, in danno della Cittadella, la sanzione della perdita della gara prevista dall'art.10, comma 6, lett."a"».

  1. Ha proposto, dunque, ricorso al Collegio di Garanzia dello Sport il Cittadella, affidandosi ai seguenti motivi di diritto.
  1. Difetto di motivazione ed omessa applicazione degli artt. 10, comma 5, lett. a) e 11, comma 1, lett. c) C.G.S. F.I.G.C. nonché violazione del principio di proporzionalità nel trattamento sanzionatorio ex artt. 3 e 27 Cost. […]”.

Illegittimamente la CSA avrebbe ricondotto la fattispecie de qua nell’alveo dell’art. 10, c. 6, lett. a, considerato che il calciatore [omissis] aveva certamente titolo a partecipare alla gara, poiché in possesso di tutti i requisiti previsti per un tesserato, ma, a causa di una condotta maldestra ed irregolare della società (certamente punibile ai sensi del comma 5, come disposto dal Giudice sportivo), il suo utilizzo è diventato illegittimo, ma non equiparabile alla gravità in caso di sine titulo, per la cui sola eventualità è prevista la sanzione della perdita della gara.

Parimenti errato è il riferimento che la Corte fa alla Regola 3 del Gioco del Calcio, visto che, in tesi, il titolo alla partecipazione alla gara di un atleta è diverso dal suo regolare utilizzo, poiché nel primo caso si tratta di un’assoluta illegittimità dell’impiego di un giocatore squalificato o di altra condizione ostativa al reclutamento per una gara (assenza o vizio del tesseramento, età nei casi previsti ecc…), ai sensi dell’art. 10, comma 6, lett. a), CGS, mentre nel secondo caso trattasi di mera irregolarità formale nella menzione di un giocatore, invece, assolutamente legittimato a partecipare alla gara, nonché ad essere inserito nella lista.

  1. Illegittima applicazione dell’art. 10, comma 6, lett. a) C.G.S. F.I.G.C., in combinato disposto con la regola n. 3 del Regolamento del Giuoco del Calcio, là dove la Corte Sportiva d’Appello ha irrogato la sanzione della perdita della gara in violazione del c.d. “principio di legalità formale” e dei suoi corollari (i.e. “il divieto di analogia”) applicabili anche nell’ordinamento sportivo […]”.

L’applicazione dell’art. 10, comma 6, lett. a), CGS FIGC e la conseguente irrogazione della perdita della gara, come disposta dalla CSA, violerebbe, secondo la prospettazione della ricorrente, altresì, i principi di legalità e del divieto di analogia.

Invero, la violazione della Regola n. 3.3 del Regolamento del Giuoco del Calcio ascritta all’odierna ricorrente non risulta tipizzata, quanto alla sanzione, in alcuna norma endo-federale, né all’interno dello stesso Regolamento né tanto meno dall’art. 10, comma 6, lett. a), del Codice di Giustizia Sportiva FIGC, laddove vengono indicate le ipotesi punibili con la sanzione della perdita “a tavolino” della gara.

La Regola n. 3.3 del Regolamento del Giuoco del Calcio prevede che “i nominativi dei calciatori di riserva devono essere forniti all’arbitro prima dell’inizio della gara. Un calciatore di riserva il cui nome non è stato iscritto in elenco prima dell’inizio della gara non potrà partecipare alla stessa”, senza previsione di alcuna misura afflittiva in ipotesi di trasgressione.

L’art. 10, comma 6, lett. a), CGS FIGC stabilisce, invece, che la sanzione della perdita della gara deve essere irrogata esclusivamente in due ipotesi, che si verificano quando la società “fa partecipare alla gara giocatori squalificati o che comunque non abbiano titolo per prendervi parte” da intendersi, quest’ultima, in ossequio all’interpretazione fornita dal Collegio di Garanzia dello Sport nella sentenza n. 19 del 28 marzo 2018, secondo cui “l’avere titolo a partecipare ad una gara significa essere in regola con il tesseramento e non avere squalifiche o altri procedimenti in corso”, requisiti la cui carenza non è mai stata contestata al [omissis] e, pertanto, inapplicabili al caso di specie.

La ricorrente cita, a tal proposito, taluni precedenti endofederali e del Collegio di Garanzia sulla c.d. sconfitta a tavolino.

  1. Violazione e falsa applicazione dell’art. 10, comma 6, lett. a) C.G.S. F.I.G.C., là dove la Corte Sportiva d’Appello Nazionale ha ritenuto che il calciatore [omissis] fosse sprovvisto di titolo per partecipare alla gara del 27.8.2024 discostandosi dall’interpretazione della norma suindicata fornita dal Collegio di Garanzia con la decisione n. 19/2018 (prot. 00261/2018)”.

Il Giudice di seconde cure ha ritenuto che [omissis], non essendo stato inserito nella distinta pre- gara, non avrebbe avuto titolo per partecipare all’incontro. L’assunto sarebbe errato poiché discende dall’attribuzione di un significato inappropriato alla locuzione “non avere titolo per partecipare alla gara”, che delinea il perimetro applicativo della sanzione prevista ai sensi dell’art. 10, comma 6, lett. a). Secondo la prospettazione della ricorrente, mutuando la nozione civilistica secondo cui il “titolo” è l’atto o il fatto giuridico che giustifica e da cui deriva l’acquisto di un diritto, nell’ambito sportivo per “titolo” deve intendersi il complesso di requisiti di natura sostanziale che ogni atleta deve possedere per partecipare regolarmente alla competizione. In tal guisa, vi sarebbe la decisione n. 19 resa dal Collegio di Garanzia in data 10 aprile 2018 (prot. 00261/2018), in quanto contiene una definizione chiara ed inconfutabile del concetto qui in esame: “l’avere titolo a partecipare ad una gara significa essere in regola con il tesseramento e non avere squalifiche o altri procedimenti in corso”.

In tale contesto si inseriscono anche le recenti decisioni della Corte Federale d’Appello FIGC, che, nella parte motiva, si allineano tutte al criterio interpretativo formulato nel precedente testé richiamato (cfr. CFA FIGC, Sez. Unite, decisione n. 67/2022-2023 e CFA, I sezione, decisioni n. 70, n. 86, n. 96, n. 106, n. 107 e n. 124/2022-2023).

  1. Sulla omessa/carente/illogica motivazione in ordine a un punto decisivo della controversia

[…]”.

Si censura la decisione di secondo grado nella parte in cui ha ritenuto impossibile «sostenere che la Cittadella abbia commesso, come proposto dalla sua difesa, un mero errore materiale, trattandosi dell’inserimento in lista di un nominativo nuovo e nient’affatto confondibile con gli altri». Argomenta la ricorrente che l’elenco dei giocatori non viene inserito manualmente, situazione che potrebbe comportare il c.d. lapsus calami e, quindi, in astratto, la confondibilità dei nomi richiamata dalla Corte d’Appello; il fatto che la lista venga compilata on line qualifica come materiale l’errore di spuntare un nominativo piuttosto che un altro, ancor più se i due nomi occupano righe vicine.

La scusabilità dell’errore e la sua natura materiale risiedono proprio nella collocazione nella griglia dei nomi dei due calciatori. Il team manager non ha spuntato il nome di un giocatore che si trovava all’inizio della lista o in posizione di griglia distante rispetto alla casella di [omissis]. Egli ha semplicemente “flaggato” il nome del giocatore inserito nella riga immediatamente precedente a quella di [omissis]. Si citano, a tal proposito, taluni precedenti di Giudici Sportivi e CSA Territoriali della FIGC.

  1. Sulla omessa/carente/contraddittoria motivazione su altro punto della decisione […]”.

Si censura la decisione della CSA nella parte in cui si afferma che «Nessuna buona fede, infine, può essere riconosciuta alla Cittadella attesa la chiarezza della norma di cui all’art. 3.3 del Regolamento del Giuoco del Calcio». Nell’esclusione apodittica della buona fede, il Collegio di secondo grado avrebbe dimostrato di non aver considerato alcuno degli elementi offerti in giudizio, primo fra tutti, il comportamento dell’odierna ricorrente che, da un lato, nei fatti ha sempre considerato e aggregato alla squadra come giocatore di riserva [omissis], e non [omissis], e che, accortasi della svista, ha effettuato ogni condotta volta a emendare l’errore, dimostrando tutto fuorché mala fede.

  1. Si è costituita in giudizio la FIGC, concludendo per il rigetto del ricorso. Si è costituita in giudizio la società Pisa, concludendo per l’inammissibilità del ricorso ed in ogni caso per la sua infondatezza.

Il contraddittorio processuale si è ulteriormente articolato mediante il deposito, da parte della ricorrente, di memoria ex art. 60, c. 4, CGS CONI.

All’udienza del 27 novembre 2024, le parti hanno ribadito le conclusioni rassegnate in atti; la Procura Generale dello Sport intervenuta ha concluso per il rigetto.

Considerato in diritto

 

  1. Ad avviso di questo Collegio, non sussistono motivi giuridicamente validi, in punto di legittimità, per accogliere il ricorso. Si ritiene, pertanto, che quanto disposto dalla Corte Sportiva di Appello FIGC (n. 0009/CSA/2024-2025) sia da confermare in questo grado di giudizio, il quale costituisce, come noto, un giudizio di sola legittimità, pertanto, non suscettibile di valutazioni di merito.

In tal senso, occorre richiamare l'art. 3.3 del Regolamento del Giuoco del Calcio, il quale sancisce che "i nominativi dei calciatori di riserva devono essere forniti all’arbitro prima dell’inizio della gara" e che "un calciatore di riserva il cui nome non è stato iscritto in elenco prima dell’inizio della gara non potrà partecipare alla stessa". Occorre, altresì, aggiungere che nella "Guida Pratica AIA", allegata al medesimo Regolamento, nella parte in cui tratta del valore da attribuire agli elenchi nominativi dei calciatori componenti delle squadre, che devono essere presentati all'arbitro prima dell'inizio della gara, è chiaramente prescritto che le squadre possono cambiare i nominativi già indicati fino a che il gioco non abbia avuto inizio, al fine di assicurare in termini certi, in un contesto di reciproca lealtà e trasparenza, il rispetto della par condicio della competizione sportiva.

Quindi, se un giocatore non è stato inserito nell'elenco consegnato all'arbitro prima dell'inizio di una gara, allora questi non potrà prendere parte alla gara stessa.

Nel caso in ispecie, risulta incontrovertibile che il calciatore [omissis] non sia stato inserito nella lista consegnata all'arbitro prima dell'inizio della partita, con la indiscutibile conseguenza che la società resistente ha violato la norma (art. 3.3.) del già citato Regolamento.

  1. Questo Collegio, anche in funzione nomofilattica, è chiamato a stabilire se la violazione di cui sopra rientri o meno tra quelle sanzionate dal comma 6 dell'art. 10 del CGS e, segnatamente, in quella prevista alla lett."a", che prevede la perdita della gara a danno della società che l'abbia commessa. La norma, infatti, prevede la sanzione della perdita della gara da infliggere alla società che “fa partecipare alla gara giocatori squalificati o che comunque non abbiano titolo a prendervi parte". L’art. 10 CGS FIGC, rubricato “sanzione della perdita della gara”, al comma 6, lett. a), così dispone:

“6. La sanzione della perdita della gara è inflitta, [...] alla società che:

a) fa partecipare alla gara calciatori squalificati o che comunque non abbiano titolo per prendervi parte”.

Tale norma deve essere letta in combinato disposto con l’articolo 3.3 del Regolamento del Giuoco del Calcio prima ricordato. Pertanto, un calciatore non “iscritto in elenco prima dell’inizio della gara” non ha alcun “titolo a prendervi parte” e, in caso la società contravvenga a tale disposizione, è punita con la “sanzione della perdita della gara”.

Va, altresì, chiarita la locuzione “non avere titolo per partecipare alla gara”, che delinea il parametro applicativo della sanzione prevista ai sensi dell’art. 10, comma 6, lett. a), CGS FIGC. Sul punto, la ricorrente riconduce l’espressione “titolo per prendervi parte”, di cui al citato art. 10, comma 6, lett. a), al possesso di una serie di requisiti, tra i quali quello di “essere regolarmente tesserati per la società in cui si gioca”, oppure “nell’assenza di squalifiche o procedimenti impeditivi in corso”. Tale ricostruzione non trova, però, riscontro in alcuna disposizione normativa né - come affermato dal giudice di Appello - “può evincersi, sul piano letterale né su quello logico, dalla piana lettura della norma in argomento, deponendo viceversa il suo immediato significato nel senso di un chiaro rinvio a tutte quelle ipotesi in cui, ai sensi della normativa di settore, un giocatore non possa partecipare a una gara”.

In altri termini, la richiamata norma non indica tassativamente tutti i casi specifici che causano la perdita del “titolo per partecipare alla gara”, ma con tale locuzione svolge “un chiaro rinvio a tutte quelle ipotesi in cui, ai sensi della normativa di settore, un giocatore non possa partecipare a una gara”, tra le quali vi è la “ipotesi” richiamata dall’art. 3.3 del Regolamento del Giuoco del Calcio. L'art. 3.3 del Regolamento, infatti, prevede che un calciatore di riserva, il cui nome non sia stato iscritto in elenco prima dell’inizio della gara, non possa partecipare alla stessa, come dire che quel calciatore non abbia titolo per scendere in campo. In termini giuridici, infatti, la parola titolo significa conforme al diritto e, quindi, legittimo.

  1. Occorre, infine, chiarire la questione concernente lo “errore materiale”, come richiesto da parte resistente, che invoca la “scusabilità dell’errore”. Si sostiene che la scelta di inserire in distinta un calciatore piuttosto che un altro è frutto di un errore da “lapsus calami”, un errore materiale dovuto alla circostanza che i “nomi occupano righe vicine”.

Occorre, però, tenere in giusta considerazione la distinta di gara, la cui funzione è “volta ad assicurare il corretto svolgimento delle competizioni [...] ove la previa conoscenza della potenziale rosa dei giocatori della squadra avversaria contribuisce indubbiamente a elevare anche il valore tecnico della competizione, a beneficio della finalità prestazionali e di risultato cui la stessa è preordinata” (decisione Collegio di Garanzia, Sez. Unite, n. 37/2021). Ammettere una deroga della corretta compilazione della distinta di gara vorrebbe dire consentire di modificare, rispetto alla iniziale distinta di gara, l’elenco dei propri atleti da schierare per disputare la partita, adducendo la scusabilità dell’errore sia pure dovuto alla buona fede e frutto di un errore materiale. In tal modo, però, si finirebbe, da un lato, con il legittimare una violazione dell’art. 3.3 del Regolamento, dall’altro lato, verrebbe meno il rispetto della “par condicio” fra le squadre in competizione, consentendo a una delle due l’inserimento, a partita iniziata, di un nuovo giocatore a insaputa del giudice di gara e della squadra concorrente. Coglie nel segno il Giudice di Appello laddove afferma che nel caso in ispecie “non è possibile sostenere che la Cittadella abbia commesso [...] un mero errore materiale, trattandosi dell’inserimento in lista di un nominativo nuovo e nient’affatto confondibile con altri”.

La sanzione della perdita della gara a tavolino costituisce effetto della corretta applicazione dell’impianto normativo disciplinare del Codice di Giustizia Sportiva FIGC, che non è sindacabile dall’odierno Collegio, quale giudice di legittimità, e che non può essere - detta sanzione - disapplicata tout court per asserita “eccessività”. Irrilevanti appaiono, al riguardo, le insistite doglianze difensive che invocano un intervento in via di “equità”, principio estraneo alla giurisdizione dell’odierno decidente.

Ed infatti, una pronuncia che consentisse una deroga interpretativa, diversamente da quanto prescritto dall’art. 3.3 del Regolamento, finirebbe con l’avere un rilevante peso a futura memoria, che potrebbe condizionare la regolarità e la sportività delle competizioni calcistiche, posto che le norme dell’ordinamento sportivo si basano, per quanto concerne la loro corretta applicazione, sulle pronunce degli Organi di giustizia sportiva, che operano, pertanto, in contesto giuridico similare a quello di common law, fondato sullo stare decisis, dove cioè, la sentenza del giudice costituisce un precedente al quale rifarsi per i successivi giudizi.

In conclusione, per le già indicate ragioni, il ricorso presentato dalla società A.S. Cittadella

S.r.l. Unipersonale deve essere respinto.

P.Q.M.

Il Collegio di Garanzia dello Sport Prima Sezione

 

Rigetta il ricorso.

Le spese seguono la soccombenza, liquidate in € 2.500,00, oltre accessori di legge, in favore di ciascuna parte resistente.

Dispone la comunicazione della presente decisione alle parti tramite i loro difensori anche con il mezzo della posta elettronica.

Così deciso in Roma, nella sede del CONI, in data 27 novembre 2024.

Il Presidente                                                                                    Il Relatore

F.to Vito Branca                                                                F.to Tommaso Edoardo Frosini

Depositato in Roma, in data 10 dicembre 2024.

Il Segretario

F.to Alvio La Face

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