CONI – Collegio di Garanzia dello Sport – Sezione Prima – coni.it – atto non ufficiale – Decisione n. 34 del 23/05/2025 – A.S.D. Ecocity Futsal Genzano / A.S.D. Fortitudo Pomezia 1957 / FIGC

Decisione n. 34

Anno 2025

IL COLLEGIO DI GARANZIA PRIMA SEZIONE

composta da

Angelo Maietta - Presidente e Relatore

Angelo Canale

Vincenzo Cesaro

Vigilio D’Antonio

Giuseppe Musacchio - Componenti

ha pronunciato la seguente

DECISIONE

nel giudizio iscritto al R.G. ricorsi n. 37/2025, presentato, in data 18 aprile 2025, dalla A.S.D. Ecocity Futsal Genzano, rappresentata e difesa dall’avv. Flavia Tortorella,

contro

la A.S.D. Fortitudo Pomezia 1957, non costituitasi in giudizio,

e contro

la Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC), non costituitasi in giudizio,

con notifica effettuata anche

alla Divisione Calcio a Cinque, non costituitasi in giudizio,

alla Lega Nazionale Dilettanti (LND), non costituitasi in giudizio,

nonché

alla Procura Generale dello Sport presso il CONI,

avente ad oggetto

la richiesta di annullamento e/o di riforma, ai sensi degli artt. 54 e 62 del Codice della Giustizia Sportiva del CONI, della decisione della Corte Sportiva d’Appello Nazionale della FIGC n. 0162/CSA/2024-2025, depositata e notificata, completa di motivazioni, il 20 marzo 2025, con la quale, in ordine ai due reclami (riuniti) proposti rispettivamente dalla suddetta ricorrente e dalla consorella A.S.D. Fortitudo Pomezia 1957 avverso la delibera del Giudice Sportivo presso la Divisione Calcio a Cinque, pubblicata sul C.U. n. 616 del 13 febbraio 2025 (che aveva statuito, a carico di entrambi i menzionati Sodalizi, la punizione della perdita, con il punteggio di 0-6, della gara A.S.D. Fortitudo Pomezia - A.S.D. Ecocity Futsal Genzano dell’11 febbraio 2025; aveva comminato, a carico della Fortitudo Pomezia, l’ammenda di € 2.500,00 e, a carico della Ecocity Genzano, l’ammenda di € 500,00, oltre ad ulteriori sanzioni disciplinari), è stato integralmente respinto il gravame della odierna istante, mentre è stato parzialmente accolto quello del club pometino, revocando l’irrogato 0-6 ed infliggendo alla compagine medesima la sola penalizzazione di tre punti in classifica.

Viste le difese scritte e la documentazione prodotta dalle parti costituite;

 uditi, nell’udienza del 13 maggio 2025, il difensore della parte ricorrente - A.S.D. Ecocity Futsal Genzano - avv. Flavia Tortorella, nonché il Procuratore Nazionale dello Sport, prof. avv. Daniela Noviello, per la Procura Generale dello Sport, intervenuta ai sensi dell’art. 59, comma 2, lett. b), e dell’art. 61, comma 3, del Codice della Giustizia Sportiva del CONI.

udito, nella successiva camera di consiglio dello stesso giorno, il Presidente e relatore, prof. avv. Angelo Maietta.

Ritenuto in fatto

1.         Con ricorso del 18 aprile 2024, la A.S.D. Ecocity Futsal Genzano (d’ora innanzi anche solo il Genzano) ha adito il Collegio di Garanzia al fine di ottenere l’annullamento della decisione della Corte Sportiva d’Appello Nazionale della FIGC n. 0162/CSA/2024-2025, depositata e notificata, completa di motivazioni, il 20 marzo 2025, con la quale, in ordine ai due reclami (riuniti) proposti rispettivamente dalla suddetta ricorrente e dalla consorella A.S.D. Fortitudo Pomezia 1957 (d’ora in poi anche solo il Pomezia) avverso la delibera del Giudice Sportivo presso la Divisione Calcio a Cinque, pubblicata sul C.U. n. 616 del 13 febbraio 2025 (che aveva statuito, a carico di entrambi i menzionati Sodalizi, la punizione della perdita, con il punteggio di 0-6, della gara A.S.D. Fortitudo Pomezia - A.S.D. Ecocity Futsal Genzano dell’11 febbraio 2025; aveva comminato, a carico della Fortitudo Pomezia, l’ammenda di € 2.500,00 e, a carico della Ecocity Genzano, l’ammenda di € 500,00, oltre ad ulteriori sanzioni disciplinari), è stato integralmente respinto il gravame della odierna istante, mentre è stato parzialmente accolto quello del club pometino, revocando l’irrogato 0-6 ed infliggendo alla compagine medesima la sola penalizzazione di tre punti in classifica.

La vicenda trae origine dai fatti occorsi in occasione della gara Pomezia - Genzano dell’11 febbraio 2025, valevole per il Campionato Nazionale di Serie A Maschile di Calcio a Cinque s.s. 2024/2025, sospesa dall’arbitro successivamente all’abbandono del terreno di gioco da parte della Società ricorrente in seguito agli incidenti verificatisi nel corso della seconda frazione di gioco.

Gli accadimenti, invero violenti, sono descritti nelle decisioni di merito che qui di seguito si riportano al fine di fornire una completa ricostruzione in fatto.

1.1.      Il Giudice Sportivo presso la Divisione Calcio a Cinque, con delibera pubblicata sul Comunicato Ufficiale n. 616 del 13 febbraio 2025, così riassumeva i fatti di causa:

“Il Giudice Sportivo

Letto il referto arbitrale e gli atti pervenuti dai commissari dai quali si evince che

-           sostenitori della società Fortitudo Pomezia per tutta la durata del primo tempo e parte del secondo rivolgevano cori offensivi nei confronti degli arbitri e dei calciatori avversari;

-           al minuto 11:12 del secondo tempo un tifoso della società Fortitudo Pomezia presente in tribuna, nel transitare nel passaggio tra la stessa e il rettangolo di gioco, sferrava un violento pugno al volto del giocatore [omissis] della società Ecocity Genzano seduto in panchina, il quale cadeva a terra dolorante.

-           a seguito di tale episodio si creava una rissa tra giocatori e dirigenti di entrambe le squadre presenti in campo caratterizzata da vicendevoli ingiurie e minacce e qualche spintone, alla quale prendevano parte anche i sostenitori di entrambe le società che dagli spalti facevano indebito ingresso nel rettangolo di gioco.

-           i disordini proseguivano anche nello spazio antistante gli spogliatoi dove riuscivano ad entrare persone riconducibili ad entrambe le tifoserie e si protraevano per circa 25 minuti fino a quando le forze dell’ordine presenti nell’impianto, con la collaborazione dei Commissari di Campo presenti e di alcuni tesserati di entrambe le squadre, riuscivano ad allontanare dal rettangolo di gioco i predetti sostenitori e ripristinavano l’ordine all’interno dell’impianto.

-           tra i tesserati delle società coinvolti nella rissa veniva identificato il giocatore [omissis] della Soc. Fortitudo Pomezia che dopo aver afferrato con le mani un avversario al collo lo spintonava.

-           la gara veniva definitivamente sospesa dal direttore di gara al 11:12 del secondo tempo poiché il dirigente del Ecocity Genzano consegnava all’arbitro una dichiarazione scritta con la quale dichiarava di non voler proseguire la gara, in quanto erano venute meno le condizioni di serenità e tranquillità psicofisica dei propri calciatori.

-           al termine dell’incontro il pullman della Società Ecocity Genzano, parcheggiato nell’area prospiciente l’impianto, presentava dei danni ad un portellone dal lato conducente, che non erano presenti prima dell’inizio della gara.

Considerato che, prima che il dirigente della Società Ecocity Genzano comunicasse all’arbitro la decisione della propria società di non voler proseguire la gara, le numerose forze dell’ordine presenti nell’impianto avevano ristabilito le condizioni per la prosecuzione regolare dell’incontro in sicurezza;

Ritenuto che ai sensi dell’art. 53 delle NOIF le società hanno in ogni caso l’obbligo di portare a termine le manifestazioni alle quali si sono iscritte e di far concludere alle proprie squadre le gare iniziate;

Considerato, altresì, che un sostenitore della società Fortitudo Pomezia con un atto di violenza immotivato e temerario ha aggredito un calciatore avversario seduto in panchina, causandogli un trauma ed impedendogli di poter prendere parte alla parte residuale dell’incontro, scatenando così la rissa che ha visto coinvolti tesserati di entrambe le società.

Ritenuto, infine, che le società rispondono a titolo di responsabilità oggettiva dei comportamenti dei propri sostenitori e dei propri tesserati…”.

Il Giudice di prime cure, pertanto, così si determinava sul piano sanzionatorio:

i)          punizione sportiva della perdita della gara col punteggio di 0-6 a carico di entrambe le società, in quanto “responsabili per la mancata conclusione dell’incontro”;

ii)         l’obbligo, a carico del Pomezia, di disputare fino al 31 maggio 2025 le prossime gare interne a porte chiuse;

iii)        ammenda di euro 2.500,00 nei confronti del Pomezia e l’ammenda di euro 500,00 nei confronti del Genzano;

iv)        squalifica per 2 gare il giocatore [omissis] del Pomezia;

v)         obbligo, in capo al Pomezia, di risarcire eventuali danni in favore del calciatore [omissis] e del Genzano per i danni al pullman, se richiesti e documentati.

2.         Decidendo sui gravami interposti da entrambi i sodalizi, la Corte Sportiva di Appello, riuniti i reclami, con la decisione quivi impugnata, dava atto preliminarmente delle risultanze provenienti dai rapporti del Giudice di gara, e segnatamente:

Rapporto del Commissario di campo: “Partita sospesa dai direttori di gara al minuto 11 e 12 secondi con il punteggio di Fortitudo Pomezia 2 - Ecocity Genzano 2. Al minuto 11.12 del secondo tempo su indicazione del collega che era dalla parte della tribuna lato panchina Genzano, un tifoso della Fortitudo Pomezia si avventava sul giocatore [omissis] che stava seduto in panchina dopo aver segnato il gol dando un pugno, da lì si è accesa una lunga rissa giocatori e di ambedue le squadre, alcuni tifosi del Pomezia entravano nel terreno di giuoco, dalla parte dei tifosi e dirigenti del Genzano sono entrati il direttore del Genzano e un altro dirigente sempre non iscritti in distinta i quali cercavano di calmare gli animi, tra i giocatori sia del Pomezia che del Genzano, nel frattempo i giocatori del Genzano entravano negli spogliatoi per sapere come stava il loro giocatore colpito il quale veniva trasportato in ambulanza presso l’ospedale di Pomezia. Nello stesso tempo riuscivano ad entrare negli spogliatoi persone riconducibili alla tifoseria di Pomezia ed alcuni del Genzano dove per alcuni minuti ci sono stati degli insulti, all’interno degli spogliatoi c’erano alcuni vigilanti privati portati dalla Società del Genzano e alcuni poliziotti, i quali hanno allontanato i facinorosi”.

Referto di gara: “Sospesa per Incidenti. Note: Al minuto 8:48 sul tabellone e quindi all11:12 del secondo tempo, nei pressi della panchina del Genzano alcuni tifosi riconducibili alla squadra del Pomezia venivano in contatto con i giocatori occupanti della panchina ospite, a causa di ciò si creava una mass Confrontation tra giocatori, dirigenti di entrambe le squadre e l’ingresso sul terreno di gioco di tifosi riconducibili alla squadra locale. A seguito di ciò è intervenuta la polizia di Stato per ripristinare l’ordine e la sicurezza e la partita è stata momentaneamente interrotta per circa 25 minuti. In seguito abbiamo ricevuto la comunicazione scritta dal dirigente accompagnatore del Genzano, che si allega al presente referto, con la quale dichiarava di non voler proseguire la gara e riferivano altresì che il proprio calciatore, nr [omissis] ([omissis]) sarebbe stato accompagnato al pronto soccorso per un colpo subito al volto”.

Supplemento referto di gara, arbitro: “Dopo la segnatura del pareggio del Genzano all’11º del secondo tempo 2-2 da parte del calciatore [omissis], questi rientrava in panchina. All’improvviso scoppiava una rissa tra calciatori e dirigenti di ambedue le squadre in quanto, riferitomi dopo dal collega commissario [omissis], il quale presiedeva la panchina del Genzano (Mentre io controllavo l’area della tribuna nelle vicinanze del cronometrista) un tifoso locale tirava volontariamente un forte pugno al calciatore [omissis] seduto in panchina colpendolo alla tempia. Durante il tafferuglio scavalcando le transenne entravano sul terreno di gioco sia alcuni tifosi locali facinorosi che alcuni ospiti situati sulla tribuna di fronte. In più, entravano tutti i dirigenti delle squadre, non indistinta, aggravando la situazione. Solo grazie all’intervento della forza pubblica e alla fattiva collaborazione di qualche dirigente sia locale che ospite tornava alla normalità dopo qualche minuto con la terna Arbitrale rientrata. La società ospite Ecocity Genzano, avvisando prima gli arbitri decidevano di rientrare negli spogliatoi dopo qualche minuto decidevano di non voler continuare a giocare. Il signor [omissis], con il dirigente accompagnatore ufficiale del Genzano signor [omissis], presentavano riserva scritta agli arbitri”.

Integrazione referto arbitrale con mail del 12 febbraio: “Ad integrazione del referto precedentemente inviato, si precisa che la terna arbitrale una volta rientrata negli spogliatoi aver atteso che si ripristinasse l’ordine da parte della polizia, in quanto all’interno del rettangolo di gioco c’erano alcune persone non presenti indistinta. Dopo circa 25/30 Minuti ripristinato l’ordine per me c’erano i presupposti per riprendere la partita, ma il dirigente ufficiale del Genzano mi ha presentato la riserva che non intendevano continuare la gara”.

Segnalazione arbitro n. 2: [omissis]: “Note: Al minuto 8:48 sul tabellone e quindi al 11:12 del secondo tempo, nei pressi della panchina del Genzano alcuni tifosi riconducibili alla squadra del Pomezia venivano in contatto con i giocatori occupanti della panchina ospite, a causa di ciò si creava una mass Confrontation tra giocatori, dirigenti di entrambe le squadre e l’ingresso sul terreno di gioco di tifosi riconducibili alla squadra locale. A seguito di ciò è intervenuta la polizia di Stato per ripristinare l’ordine e la sicurezza e la partita è stata momentaneamente interrotta per circa 25 minuti”.

Segnalazione cronometrista: [omissis]: “Note: Si segnala che al minuto 8.48 sul tabellone del 2 tempo e quindi al 11.12 del 2 tempo nei pressi della panchina Genzano alcuni tifosi della squadra locale venivano in contatto con alcuni occupanti della panchina stessa. Nell'immediatezza alcuni giocatori e dirigenti di entrambe le squadre ed alcuni tifosi venivano a contatto entrando sul terreno di gioco. Personale della Polizia di Stato interveniva per ripristinare l'ordine. Dopo diversi minuti di interruzione abbiamo ricevuto una dichiarazione scritta del dirigente della squadra ospite (in possesso dall'arbitro della gara) con la quale comunicava che la squadra non avrebbe proseguito la gara e che un suo calciatore avrebbe preso un colpo sul volto”.

La Corte Sportiva di Appello riteneva in tal guisa che: “Gli atti ufficiali sono estremamente chiari nel descrivere gli episodi verificatisi nel corso della gara in esame, scaturiti dal gravissimo gesto posto in essere da un tifoso del Pomezia ai danni di un calciatore del Genzano, mediante aggressione fisica costituita da un violento pugno alla tempia, che provocava conseguenze fisiche non trascurabili al giocatore colpito, il quale doveva essere trasportato in ambulanza all’Ospedale di Pomezia per le cure del caso. A tale gesto faceva seguito una rissa tra i giocatori delle due squadre, caratterizzata da vicendevoli ingiurie, minacce e qualche spintone, con alcuni tifosi di entrambe le compagini che entravano nel terreno di giuoco, unitamente ai dirigenti delle due società, i quali cercavano di calmare gli animi. Tale mass confrontation, che proseguiva anche nello spazio antistante gli spogliatoi, aveva la durata di circa 25/30 minuti, dopo di che, come attestato dal Direttore di Gara, vi erano i presupposti per riprendere la partita, ma il dirigente ufficiale del Genzano comunicava, anche per iscritto con il deposito di una riserva, che la società ospite non intendeva continuare la gara, così come in effetti è avvenuto”.

2.1.      Il Giudice di appello si pronunciava in ordine alle doglianze delle due società. Quanto alla posizione del Pomezia: “questa Corte ritiene condivisibili le argomentazioni del Giudice Sportivo in ordine alla condotta ascritta alla stessa società ospitante A.S.D. Fortitudo Pomezia 1957, la quale è chiamata a rispondere a titolo di responsabilità oggettiva dei propri sostenitori, uno dei quali, con un gravissimo atto di violenza, totalmente privo di giustificazione, ha aggredito il calciatore del Genzano [omissis], causandogli un trauma tale da impedirgli di proseguire la gara, atto di violenza che ha scatenato una rissa che ha avuto la durata di circa mezz’ora. Tuttavia, la sanzione conseguente alla condotta così come contestata e acclarata non afferisce alla fattispecie delineata dall’art.10, comma 1, del CGS, bensì a quella di cui al comma 2, ai sensi del quale “Non si applica la sanzione della perdita della gara se si verificano fatti o situazioni imputabili ad accompagnatori ammessi nel recinto di gioco o sostenitori della società che abbiano comportato unicamente alterazioni al potenziale atletico di una o di entrambe le società. La società ritenuta responsabile è punita con la sanzione minima della penalizzazione di punti in classifica in misura almeno pari a quelli conquistati al termine della gara.” Detta disposizione, infatti, rappresenta il confine, ad oggi invalicabile per gli organi di giustizia sportiva, di sanzionare con la perdita della gara una compagine, contemplando fattispecie comportamentali di accompagnatori o sostenitori del club dalle cui condotte consegue «unicamente» la menomazione al potenziale atletico della società, come è accaduto nel caso di specie. Il legislatore sportivo, infatti, anche al fine di limitare la discrezionalità degli organi federali nell’individuare i fatti e le situazioni di cui alla prima parte della disposizione – ai quali consegue la sanzione della perdita della gara – ha avvertito l’esigenza di sottrarre una serie di fatti concreti a tale rigidità sanzionatoria (appunto, la perdita della gara) stabilendo che le situazioni imputabili ad accompagnatori ammessi al recinto di gioco, sostenitori al séguito della società o soggetti comunque riconducibili ad un determinato sodalizio, che abbiano comportato esclusivamente alterazioni al potenziale atletico, non determinino l’applicazione della (massima) sanzione della perdita della gara, ma quella della penalizzazione di punti in classifica che, nel minimo, è rapportata ai punti conquistati con il risultato connesso a quello della gara stessa (in tal senso, v. Corte giust. fed., in Com. uff., 17 luglio 2009, n. 301/CGF e CSA CU n.167 s.s. 2018/2019). Non vi è dubbio, peraltro, che nel caso di specie ricorra quell’

«oggettiva gravità di un evento che appare radicalmente estraneo al contesto di una gara sportiva necessariamente ispirata da principi di lealtà e correttezza» (Corte giust. fed., in Com. uff. 20 giugno 2013, n. 309/CGF) e che simili condotte debbano essere utilizzate quale parametro di valutazione per sanzionare la società, in ossequio al principio di afflittività previsto dall’ordinamento sportivo. In ordine alla quantificazione della sanzione, la stessa, considerata la gravità dell’accaduto, che ha indubbiamente comportato alterazioni al potenziale atletico della società avversaria, il cui tesserato [omissis] è stato costretto a recarsi all’Ospedale di Pomezia per le cure del caso, viene ritenuta congrua in quella della penalizzazione di punti in misura almeno pari a quelli conquistati al termine della gara, ovvero in questo caso i 3 punti conquistati per effetto della conferma della sanzione della perdita della gara a carico della società Genzano, come da motivazione che segue. Meritano invece conferma le sanzioni dell’ammenda e della squalifica del campo, ricorrendo le fattispecie delineate dall’art.26, commi 1, 3 e 4, del CGS, per quanto attiene alla condotta dei propri sostenitori e – seppur in parte – all’art.25, commi 6 e ss, del CGS per quella dei propri dirigenti/tesserati”.

Quanto alla posizione del Genzano, odierna ricorrente, così statuiva la decisione impugnata: “meritano conferma le sanzioni ad essa inflitte dal Giudice Sportivo, atteso che la suddetta Società deve ritenersi rinunciataria alla prosecuzione della gara, e quindi responsabile della sua mancata conclusione. Risulta infatti acclarato che, nonostante la gravità degli episodi accaduti, il Direttore di Gara, in particolare con supplemento di referto, ha dichiarato che “Dopo circa 25/30 Minuti ripristinato l’ordine per me c’erano i presupposti per riprendere la partita, ma il dirigente ufficiale del Genzano mi ha presentato la riserva che non intendevano continuare la gara.” La determinazione del Primo Ufficiale di Gara, riportata negli atti ufficiali di gara, che – si ribadisce - ai sensi dell’art.61 del CGS deve ritenersi assistita da efficacia probatoria privilegiata, è stata ingiustificatamente disattesa dalla società Genzano, la quale, anche ai sensi dell’art. 53 delle NOIF, aveva l’obbligo di riprendere e portare a termine l’incontro, al contrario di quanto accaduto”. Ne scaturiva, dunque, la riforma della decisone di primo grado con riferimento al Pomezia (“revoca la sanzione della perdita della gara con il punteggio 0 - 6 e infligge la sanzione della penalizzazione di punti 3 in classifica”) e la conferma della decisione di primo grado con riferimento al Genzano (sconfitta a tavolino).

3.         Ha proposto ricorso il Genzano affidando le proprie doglianze ai seguenti motivi di diritto.

I.         “Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 53 delle Norme Organizzative Interne Federali (N.O.I.F.) – Non inquadrabilità della fattispecie in esame entro l’alveo precettivo afferente all’ipotesi di rinuncia alla gara – Inevitabile annullamento della punizione sportiva della perdita della partita con il punteggio di 0-6 a carico della A.S.D. Ecocity Futsal Genzano”.

La decisione della CSA sarebbe illegittima sotto entrambi i profili riguardanti le due compagini. Con riferimento alla conferma dello 0-6 a tavolino nei confronti del Genzano, ritiene la ricorrente evidente la violazione del citato art. 53 delle NOIF, atteso che lo spiegarsi degli eventi (ivi compreso il ricovero in pronto soccorso del calciatore colpito dal tifoso avversario) testimonierebbe lo stato di estremo timore e di prostrazione psico-fisica per le gravissime e prolungate ingiurie, minacce e violenze subite, ab initio, ad opera della tifoseria locale, culminate nell’episodio riguardante il calciatore [omissis]; il comportamento della ricorrente, in tesi, sfugge completamente ai canoni di un volontario e colpevole abbandono della contesa, per scelta, intenzionale e stigmatizzabile.

II.        “Violazione e falsa applicazione dell’art. 10, comma 2, del Codice Di Giustizia Sportiva della F.I.G.C. – Non riconducibilita’ delle condotte ascrivibili, a titolo di responsabilita’ oggettiva, alla A.S.D. Fortitudo Pomezia 1957, nei confini della sola alterazione del potenziale atletico della A.S.D. Ecocity Futsal Genzano – Per l’effetto, ineluttabile ripristino della misura della perdita della gara per 0-6, ai sensi dell’art. 10, comma 1, del C.G.S., nei confronti della società ospitante, così come stabilito in prime cure dal Giudice Sportivo”.

La CSA avrebbe errato nell’applicare nei confronti del Pomezia il comma 2 dell’art. 10, in luogo del comma 1 della medesima disposizione, con irrogazione nei confronti della medesima della semplice penalizzazione di tre punti e con cancellazione dello 0-6, inflitto alla stessa dall’Organo di prime cure. Tale argomentazione  deriva dalla pacifica gravità  dei fatti che, in tesi, non potrebbero condurre alla mera menomazione e compromissione del potenziale atletico della formazione ospite (così come previsto dal citato comma 2).

III.      “In via gradata, ravvisabilità, nell’intera vicenda in questione e, peculiarmente, nella non continuazione della gara da parte della A.S.D. Ecocity Futsal Genzano, dei presupposti per l’applicazione dell’art. 10, comma 5, lettere c) e/o d), del C.G.S. – Sopravvenienza di fatti e situazioni eccezionali, non valutabili con criteri esclusivamente tecnici, da cui sia scaturita l’obbligata decisione della predetta società di non portare a termine l’incontro – Conseguente declaratoria di ripetizione dello stesso ovvero di sua prosecuzione dal minuto della intercorsa interruzione”.

La ricorrente chiede, nel caso in cui non venga disposto il ripristino della sconfitta a tavolino a danno del Pomezia, l’applicazione del comma 5 dell’art. 10 del CGS FIGC; gli eventi riportati (tempo, luogo, violenza delle condotte scatenanti la mancata continuazione della gara, serietà delle lesioni riportate dal soggetto aggredito, “stato di grave turbamento e di emozione” in cui si trovavano i suoi compagni di squadra), in tesi, legittimerebbero la configurabilità di circostanze non valutabili con criteri esclusivamente tecnici e quindi l’applicazione delle ipotesi ivi contemplate “c) ordinare la ripetizione della gara dichiarata irregolare; d) quando ricorrono circostanze di carattere eccezionale, annullare la gara e disporne la ripetizione ovvero la effettuazione”

IV.      “Omessa e/od insufficiente motivazione su punti decisivi della controversia – In particolare, silenzio assoluto del giudicante sulla problematica relativa alle condizioni di shock e di stress psico-fisico dei calciatori della A.S.D. Ecocity Futsal Genzano”.

Secondo la prospettazione della ricorrente, la CSA avrebbe totalmente omesso di pronunciarsi sulla problematica relativa alle condizioni di shock e di stress psico-fisico dei calciatori.

Ha concluso il Genzano chiedendo al Collegio di annullare la predetta decisione della CSA e, “per l’effetto, procedere alla riforma della gravata decisione, secondo quanto previsto dall’art. 62 del Codice della Giustizia Sportiva del C.O.N.I., con conseguente annullamento della perdita della gara in oggetto per 0-6 statuita nei confronti della A.S.D. ECOCITY FUTSAL GENZANO e con contestuale reviviscenza di omologa sanzione nei riguardi della A.S.D. FORTITUDO POMEZIA 1957, in luogo od in aggiunta alla penalizzazione di tre punti in classifica; C) in via subordinata, disporre la ripetizione della partita in questione ovvero la prosecuzione della stessa dal momento della sua definitiva interruzione”.

Considerato in diritto

Il ricorso è fondato e merita accoglimento.

In virtù del principio della ragione più liquida - secondo il quale, come è noto, una domanda o un ricorso possono (e in alcuni ordinamenti debbono) essere respinti o accolti sulla base della soluzione di una questione assorbente e di più agevole e rapido scrutinio, pur se logicamente subordinata (e quindi senza che sia necessario esaminare previamente tutte le altre secondo l’ordine previsto, per esempio, nel diritto processuale dell’ordinamento giuridico della Repubblica Italiana dagli artt. 276 cod. proc. civ. e 118 disp. att. cod. proc. civ.) - si ritiene di iniziare dall’esame del terzo motivo di gravame, concernente “In via gradata, ravvisabilità, nell’intera vicenda in questione e, peculiarmente, nella non continuazione della gara da parte della A.S.D. Ecocity Futsal Genzano, dei presupposti per l’applicazione dell’art. 10, comma 5, lettere c) e/o d), del

C.G.S. – Sopravvenienza di fatti e situazioni eccezionali, non valutabili con criteri esclusivamente tecnici, da cui sia scaturita l’obbligata decisione della predetta società di non portare a termine l’incontro – Conseguente declaratoria di ripetizione dello stesso ovvero di sua prosecuzione dal minuto della intercorsa interruzione”.

In buona sostanza, il Giudice Sportivo e con esso la Corte Sportiva d’Appello hanno ritenuto di applicare le sanzioni previste dall’ordinamento in ragione del fatto che l’odierna ricorrente ha manifestato la volontà di non proseguire la gara facendo leva sul referto arbitrale in cui si legge - da parte dell’arbitro - che “il dirigente ufficiale del Genzano mi ha presentato la riserva che non intendevano continuare la gara”.

Orbene, ciò che rileva nella vicenda odierna non è il valore del referto arbitrale e la efficacia del medesimo, cui l’ordinamento sportivo tributa valore di prova regina in assenza di querela di falso e fatte salve circostanze particolari che ne minano la tenuta (cfr. Collegio di Garanzia, decisione

n. 23/2021), quanto piuttosto le circostanze che conducono alla redazione di una valutazione piuttosto che un’altra laddove le stesse si presentino come percezione sensoriale dell’arbitro senza alcun approfondimento ulteriore.

Invero, sul caso che ci occupa, l’arbitro riferisce della sua constatazione che “Dopo circa 25/30 Minuti ripristinato l’ordine per me c’erano i presupposti per riprendere la partita ma il dirigente ufficiale del Genzano mi ha presentato la riserva che non intendevano continuare la gara”, cosicché il Giudice Sportivo e la Corte Sportiva d’Appello hanno giudicato la condotta della ricorrente come rinunciataria e quindi ricondotto la fattispecie nell’art. 53 delle NOIF, con tutte le conseguenze del caso.

Va ricordato che il sistema giuridico italiano, sia in ambito penale che civile, affronta la questione del nesso causale partendo dai principi generali espressi negli articoli 40 e 41 del Codice Penale (Cass. Civ., n. 22015 del 3 settembre 2019; Cass. Civ., n. 22016 del 3 settembre 2019; Cass. Civ., Sez. Un., n 13246 del 16 maggio 2019; Cass. Civ., n. 14065 del 22 maggio 2023; Cass. Civ.,

n.         17252 del 27 maggio 2022). Queste norme introducono la teoria della "condicio sine qua non" (o dell'equivalenza causale), secondo la quale ogni evento che ha contribuito, anche in minima parte, alla produzione dell'evento dannoso ne è considerato causa (Cass. Civ., Sez. Un., n. 13246 del 16 maggio 2019; Cass. Civ., n. 14065 del 22 maggio 2023; Cass. Civ., n. 17252 del 27 maggio 2022).

Fatta questa premessa e ricordando che il processo sportivo richiama le norme del processo civile (cfr. art. 2, comma 6, CGS CONI), non può non cristallizzarsi un fatto: la rinunzia alla prosecuzione della gara è conseguenza della aggressione avvenuta al giocatore della ricorrente ed ai tumulti accaduti durante la gara medesima, come peraltro certificato e documentato senza alcuna possibilità di smentita e, peraltro, tali fatti non sono contestati.

A questo punto al Collegio spetta la verifica della configurazione dell’atteggiamento scelto dalla ricorrente ovvero quello di rinunziare alla gara.

Va ricordato che la rinuncia, nel diritto privato, è un istituto giuridico complesso e poliedrico che si manifesta in diverse forme e contesti. In linea generale, essa può essere definita come l'atto giuridico unilaterale con cui un soggetto dismette una situazione giuridica soggettiva di cui è titolare, senza trasferirla ad altri.

La dottrina e la giurisprudenza distinguono principalmente tre tipologie di rinuncia:

 1.         Rinuncia Abdicativa (o Pura):

 È la forma più genuina di rinuncia. Il titolare del diritto se ne priva limitandosi a dismetterlo senza trasferirlo ad altri. Lo scopo del rinunciante è unicamente la dismissione del proprio diritto. L'eventuale accrescimento del patrimonio di un altro soggetto non è un effetto diretto della manifestazione di volontà, ma una conseguenza ex lege. Trattasi di un negozio giuridico unilaterale non recettizio, con il quale un soggetto (il rinunciante), nell’esercizio di una facoltà, dismette una situazione giuridica di cui è titolare (rectius esclude un diritto dal suo patrimonio), senza che ciò comporti trasferimento del diritto in capo ad altro soggetto né automatica estinzione dello stesso. Gli ulteriori effetti, estintivi o modificativi del rapporto, che possono anche incidere sui terzi, sono, infatti, solo conseguenze riflesse del negozio rinunziativo, non direttamente ricollegabili all’intento negoziale e non correlate al contenuto causale dell’atto. Non è necessario che l'atto di rinuncia abdicativa persegua interessi meritevoli di tutela secondo l'ordinamento giuridico, come invece richiesto per i contratti atipici ex art. 1322, co. 2, c.c..

2.         Rinuncia Traslativa:

 Questa figura, in realtà, ha una struttura bilaterale e natura contrattuale. Comporta il trasferimento del diritto a favore di un determinato soggetto scelto dal rinunciante. Non si tratta di una vera e propria rinuncia nel senso abdicativo, ma di un atto dispositivo che realizza un trasferimento.

3.         Rinuncia Liberatoria:

 Si verifica quando la rinuncia a un diritto (solitamente reale) ha come effetto principale la liberazione del rinunciante da obblighi o oneri connessi al diritto stesso (obbligazioni propter rem). La disamina, seppur sommaria, fatta dell’istituto giuridico della rinuncia consente di desumere dalle caratteristiche della medesima, a prescindere dalla configurazione di essa come abdicativa, traslativa o liberatoria, che trattasi di un atto (giuridico) nel quale la volontà costituisce elemento imprescindibile e costitutivo.

Orbene, a nessuno sfugge che qualsiasi atto giuridico o contratto, per essere valido, debba essere spontaneamente e consapevolmente assunto, ovvero scevro da condizionamenti esterni che ne rendano viziata la volontà.

Nella vicenda oggetto di scrutinio da parte di Questo Collegio appare evidente che la volontà di non proseguire la gara non sia stata assunta come libero principio di autodeterminazione, ma come conseguenza di un clima ostile documentalmente provato e sfociato anche in una aggressione di un calciatore della società ricorrente accompagnato in ospedale a seguito di lesioni fisiche subite; queste circostanze non consentono di ritenere il fatto concludente come consapevolmente posto in essere, di guisa che la volontà di non proseguire la gara è da ritenersi inefficacie per vizio della volontà medesima.

Pertanto, in linea generale, essendo la rinunzia un negozio giuridico unilaterale con il quale il titolare dismette un diritto di cui può disporre, essa, come detto, esaurisce i propri effetti nella sfera giuridica del rinunziante e non richiede di essere portata a conoscenza di terzi perché l'effetto estintivo si produca.

Tuttavia, come ogni atto negoziale, la rinunzia è suscettibile di essere inficiata dai vizi della volontà, quali l'errore, il dolo e la violenza. La violenza, intesa come vizio del consenso, si configura quando una parte è indotta a compiere un negozio giuridico sotto la pressione di una minaccia. Affinché la violenza possa determinare l'invalidità dell'atto, essa deve consistere nella minaccia attuale di un male futuro dipendente dalla volontà dell'altro contraente o di un terzo. La minaccia deve essere di tale natura da fare impressione sopra una persona sensata e da farle temere di esporre sé o i suoi beni a un male ingiusto e notevole.

La dottrina e la giurisprudenza distinguono tradizionalmente tra:

1.         Violenza Fisica (o Vis Absoluta): Si verifica quando la volontà del soggetto è completamente assente, poiché la manifestazione esteriore non è che il risultato di una coazione fisica irresistibile. In questi casi, più che di volontà viziata, si potrebbe parlare di assenza totale di volontà, il che potrebbe teoricamente condurre alla nullità dell'atto per mancanza di un elemento essenziale (l'accordo o la volontà, a seconda della natura dell'atto).

2.         Violenza Morale (o Vis Compulsiva): Consiste nella minaccia di un male ingiusto e notevole che induce il soggetto a compiere un atto che altrimenti non avrebbe compiuto. In questo caso, una volontà esiste, sebbene sia coartata dalla minaccia. È questa la fattispecie che il codice primariamente disciplina con l'annullabilità.

In buona sostanza, si distingue tradizionalmente tra violenza fisica e violenza morale, la prima - di rara ricorrenza nella pratica giudiziaria - ricorre quando taluno costringe un altro, materialmente, a compiere un atto, avvalendosi cioè della forza fisica, costringendolo a contrarre contro la sua volontà (ad esempio, inducendo il contraente in stato di ipnosi, o trascinando la sua mano a firmare il contratto, o puntandogli una pistola alla tempia), mentre la violenza morale consiste nell’indurre qualcuno a contrarre avvalendosi di minacce. La violenza, che sia fisica o morale, consiste quindi in un analogo meccanismo di determinazione della volontà del soggetto, indotto a contrarre sulla base di un calcolo di convenienza, che lo porta a ritenere la stipula del contratto un male minore rispetto al subire la violenza. Anche nell’ipotesi della violenza fisica, infatti, la volontà non manca mai del tutto, perché il soggetto può resistere alla pressione ed è in genere indotto a contrarre dalla volontà di sottrarsi al male fisico, più che dalla assoluta impossibilità di determinarsi diversamente; anche in questi casi, pertanto, la volontà non è assente, ma, analogamente a quanto accade per la violenza morale, è viziata. Tali riflessioni hanno condotto alcuni interpreti a ritenere preferibile la distinzione tra violenza assoluta e violenza relativa. La violenza assoluta, secondo parte della dottrina, sarebbe quella che esclude del tutto la volontà, causando la nullità del contratto, ma in effetti i casi in cui è possibile ravvisarla sono veramente pochi, mentre la violenza relativa è quella che si limita a viziare la volontà e dà luogo all’annullabilità del contratto. Nonostante la distinzione teorica, il rimedio generale previsto dal codice per la violenza (compresa quella fisica, che non annienta totalmente la volontà, ma la coarta gravemente) è l'annullabilità. La nullità per vis absoluta rimane un'ipotesi più teorica e residuale, in quanto si argomenta che manchi la dichiarazione stessa come atto umano riferibile al soggetto.

In ragione delle considerazioni innanzi esplicitate, non v’è chi non veda come la rinunzia alla gara da parte della ricorrente sia stata indotta dalla paura di quanto già accaduto (e provato) e quanto sarebbe potuto accadere in ragione del clima instauratosi durante la gara, sicché va dichiarata nulla la dichiarazione di volontà per vizio del consenso del dichiarante.

Pertanto, va affermato il seguente principio di diritto ovvero che la rinunzia ad una gara o a qualsiasi altra competizione sportiva se indotta da gravi episodi di violenza o da situazioni di pericolo attuale ed imminente, integra gli estremi di fatti eccezionali che ne invalidano l’efficacia per vizio del consenso.

Ovviamente, sebbene quanto accaduto postulerebbe sanzioni molto gravi in ambito sportivo come conseguenza dell’esito della gara, Questo Collegio non può non ricordare, in linea con l’orientamento monolitico di Questa Sezione, che ciò che va privilegiato e tutelato è il merito sportivo. Il principio della valorizzazione del merito sportivo, sancito dalla Carta Olimpica, è compreso tra le regole generali dell’ordinamento sportivo e assurge a rango di fonte sovranazionale a cui far riferimento nell’ambito dell’ordinamento. Tale principio, peraltro, può assumere la valenza di criterio di interpretazione delle disposizioni ambigue, lacunose o poco chiare (Collegio di Garanzia dello Sport, Sez. I, n. 34/2018).

È in virtù di tale principio che non possono essere lasciate a condizioni altre le determinazioni delle classifiche in vicende come quelle odierne, ma unicamente al campo di gioco, per la qual cosa va disposto, in accoglimento del terzo motivo del gravame, la ripetizione totale della gara. L’accoglimento del motivo scrutinato assorbe l’esame di tutti gli altri motivi poiché il motivo accolto è sufficiente alla decisione della causa (Cass. Civ., n. 18006 del 6 giugno 2022).

Per quanto attiene alle spese del giudizio, giova fare una precisazione sulla contumacia delle parti resistenti. È noto che un principio cardine, costantemente ribadito dalla giurisprudenza di merito e di legittimità, è che la contumacia del convenuto non equivale ad una ficta confessio (confessione fittizia) dei fatti allegati dall'attore, bensì ad una ficta contestatio o ficta litis contestatio (contestazione fittizia). Ciò significa che la mancata costituzione del convenuto non comporta un'ammissione implicita delle affermazioni della controparte.

Ma proprio perché trattasi di contestazione fittizia, siamo comunque in presenza di contestazione che legittimerebbe la condanna alle spese, atteso che la giurisprudenza di legittimità è costante nell'affermare che la contumacia della parte convenuta non esclude la sua condanna alle spese processuali qualora risulti soccombente (Cass. Civ., n. 24967 del 15 settembre 2021; Cass. Civ., n. 18584 del 9 giugno 2022; Cass. Civ., n. 484 del 9 gennaio 2025).

La soccombenza, pertanto, non si riferisce necessariamente all'espressa contestazione del diritto fatto valere in giudizio, che può anche mancare (come nel caso della contumacia), ma al fatto oggettivo di aver provocato la necessità del processo. L'individuazione del soccombente si basa sul principio di causalità: è obbligata a rimborsare le spese anticipate nel processo la parte che, con il comportamento tenuto fuori del processo, ovvero col darvi inizio o resistervi in forme e con argomenti non rispondenti al diritto, ha dato causa al processo o al suo protrarsi (Cass. Civ., n. 24967 del 15 settembre 2021).

Pertanto, va affermato il seguente principio di diritto secondo cui la contumacia di una o più parti non è argomento utile ai fini della compensazione delle spese che, per contro, debbono essere sempre liquidate in considerazione del comportamento del contumace fuori dal processo o nei gradi precedenti.

Fatta questa precisazione, tuttavia, si ritiene che la particolarità della vicenda e la eccezionalità dei fatti descritti possa giustificare la compensazione delle spese in deroga al principio di soccombenza sancito dall’art. 91 c.p.c. (Cass. Civ., n 7007 del 16 marzo 2025).

P.Q.M.

Il Collegio di Garanzia dello Sport Prima Sezione

Accoglie il ricorso e, per l’effetto, ordina alla Divisione Calcio a 5 di disporre la ripetizione totale della gara nei termini di rito.

Nulla per le spese.

Dispone la comunicazione della presente decisione alle parti tramite i loro difensori anche con il mezzo della posta elettronica.

Così deciso in Roma, nella sede del CONI, in data 13 maggio 2025.

Il Presidente e Relatore

F.to Angelo Maietta

Depositato in Roma, in data 23 maggio 2025.

Il Segretario

F.to Alvio La Face

DirittoCalcistico.it è il portale giuridico - normativo di riferimento per il diritto sportivo. E' diretto alla società, al calciatore, all'agente (procuratore), all'allenatore e contiene norme, regolamenti, decisioni, sentenze e una banca dati di giurisprudenza di giustizia sportiva. Contiene informazioni inerenti norme, decisioni, regolamenti, sentenze, ricorsi. - Copyright © 2025 Dirittocalcistico.it