CONI – Collegio di Garanzia dello Sport – Sezione Prima- coni.it – atto non ufficiale – Decisione n. 54 del 24/06/2025 – omissis / FIGC / LND
Decisione n. 54
Anno 2025
IL COLLEGIO DI GARANZIA
PRIMA SEZIONE
composta da
Vito Branca - Presidente
Giuseppe Musacchio - Relatore
Marcello de Luca Tamajo
Tommaso Edoardo Frosini
Angelo Guadagnino - Componenti
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
nel giudizio iscritto al R.G. ricorsi n. 32/2025, presentato, in data 1° aprile 2025, dal sig. [omissis], rappresentato e difeso dall’avv. Cesare Di Cintio,
nei confronti
della Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC), non costituitasi in giudizio,
e
della Lega Nazionale Dilettanti (LND), non costituitasi in giudizio,
avverso
il dispositivo n. 0155/CSA-2024-2025, procedimento n. 128/CSA/2024-2025, emesso dalla Corte Sportiva d’Appello FIGC, III Sezione, il 3 marzo 2025 e le relative motivazioni, notificate in data 18 marzo 2025, con le quali, in parziale accoglimento del reclamo del suddetto ricorrente avverso la decisione del Giudice Sportivo presso il Dipartimento Interregionale, di cui al C.U. n. 62 del 3 dicembre 2024 (che ha comminato, a carico del sig. [omissis], le sanzioni dell’inibizione fino al 30 giugno 2026 e del divieto di accedere ad impianti sportivi in cui si svolgono manifestazioni o gare calcistiche fino al 30 giugno 2025), sono state ridotte le sanzioni, a carico del predetto sig. [omissis], dell’inibizione fino al 28 febbraio 2026 e del divieto di accedere agli impianti sportivi in cui si svolgono manifestazioni o gare calcistiche, anche amichevoli, in ambito FIGC fino al 31 maggio 2025.
Viste le difese scritte e la documentazione prodotta dalle parti costituite;
uditi, nell’udienza del 16 aprile 2025, il difensore della parte ricorrente - sig. [omissis] - avv. Cesare Di Cintio, nonché il Procuratore Nazionale dello Sport, avv. Marco Ieradi, per la Procura Generale dello Sport, intervenuta ai sensi dell’art. 59, comma 2, lett. b), e dell’art. 61, comma 3, del Codice della Giustizia Sportiva del CONI;
udito, nella successiva camera di consiglio dello stesso giorno, il relatore, avv. Giuseppe Musacchio.
Ritenuto in fatto
1. Con ricorso del 1° aprile 2025, il sig. [omissis] ha adito il Collegio di Garanzia al fine di ottenere l’annullamento della decisone n. 0155/CSA-2024-2025 emessa dalla Corte Sportiva d’Appello FIGC, in data 18 marzo 2025, con la quale, in parziale accoglimento del reclamo del suddetto ricorrente avverso la decisione del Giudice Sportivo presso il Dipartimento Interregionale, di cui al
C.U. n. 62 del 3 dicembre 2024 (che ha comminato, a carico del sig. [omissis], le sanzioni dell’inibizione fino al 30 giugno 2026 e del divieto di accedere ad impianti sportivi in cui si svolgono manifestazioni o gare calcistiche fino al 30 giugno 2025), è stata rideterminata la sanzione a carico del medesimo nell’inibizione fino al 28 febbraio 2026 e nel divieto di accedere agli impianti sportivi in cui si svolgono manifestazioni o gare calcistiche, anche amichevoli, in ambito FIGC fino al 31 maggio 2025.
La vicenda oggetto di scrutinio attiene ai fatti occorsi in occasione della gara del 1° dicembre 2024, presso lo stadio comunale di Verano Brianza, [omissis] – [omissis], valida per la 16^ giornata del Campionato di Serie D.
Il referto arbitrale, acquisito dal Giudice di prime cure, riportava quanto segue: «Per tutta la durata della gara, nel gabbiotto sopra gli spogliatoi, dirigenti riconducibili alla società di casa [omissis] proferivano offese razziste nei miei confronti come: sei un marocchino di merda, viscido, devi tornare al paese tuo a mangiare le banane. Insultavano anche l'assistente numero 1 proferendo offese di ogni tipo, su di lui e la sua famiglia. Un soggetto non identificato che si presentava come [omissis] entrava nel TDG a fine primo tempo dicendo: sei un negro di merda, sono in grado di farti scomparire dalla faccia della terra a te e tua madre, accorrevano in campo tutta una serie di dirigenti non identificati, lo stesso mi seguiva fin davanti gli spogliatoi, provando a farmi uno sgambetto. I dirigenti della società di casa assistevano alla scena senza intervenire in alcun modo. Lo stesso, dava tre cazzotti alla porta dicendo: se non vi comportate bene io vi sparo alle gambe. Durante il 2’ tempo proferiva offese razziste verso di me, e verso i calciatori ospiti [omissis] e [omissis]. A fine gara, rimaneva nel gabbiotto al di sopra degli spogliatoi ed insieme ad altri colleghi, sputando ai calciatori che sotto si accingevano negli spogliatoi, colpendo calciatori avversari. A fine gara, derideva i giocatori di colore, facendo così scoppiare una lite violenta di poco fuori dallo spogliatoio, ma comunque fuori dal recinto di gioco. Nella confusione, i Carabinieri accorrevano, lo stesso [omissis] portava il pollice al collo facendo a gesto intimidatorio di tagliarmi la gola. Noi ci chiudevamo nello spogliatoio dopo aver visto dirigenti di casa colpire ospiti, senza identificare chi. Lo stesso si avvicinava a noi a fine gara, minacciandoci e continuandomi a dare del negro e del figlio di puttana e proferire che: sono libero di fare quello che voglio perché con il patrimonio che ho sono riuscito a comprare anche la coscienza di chi giudicherà il tuo referto». Inoltre, l’arbitro e l’assistente n. 2 riferivano che, subito dopo l’espulsione, il calciatore n. 7 del [omissis], [omissis], sarebbe stato offeso da circa un centinaio di tifosi della [omissis], con frasi razziste e con il verso della scimmia.
1.1. Il Giudice Sportivo presso il Dipartimento Interregionale si determinava tanto nei confronti della [omissis] quanto dell’odierno ricorrente come segue:
i) nei confronti del sodalizio: «SQUALIFICA DEL CAMPO DI GIUOCO PER DUE GARE EFFETTIVE – CAMPO NEUTRO – PORTE CHIUSE ED AMMENDA € 4000,00 […] Per avere
persone non identificate ma chiaramente riconducibili alla società rivolto espressioni offensive ed implicanti discriminazione per motivi di razza nei confronti del Direttore di gara. Inoltre, propri dirigenti tolleravano ripetuti atteggiamenti intimidatori nei confronti degli ufficiali di gara ed insieme ad altre persone prendevano parte ad una violenta rissa nel corso della quale venivano sferrati calci e pugni all'indirizzo di tesserati avversari. Inoltre, propri sostenitori rivolgevano grida e espressioni implicanti discriminazione razziale all'indirizzo di un calciatore avversario. Infine, per mancanza di acqua calda, volontariamente tolta, dallo spogliatoio arbitrale (R A - R AA)»;
ii) nei confronti del [omissis], di interesse in questa sede: «INIBIZIONE FINO AL 30/6/2026 E DIVIETO DI ACCEDERE AGLI IMPIANTI SPORTIVI IN CUI SI SVOLGONO MANIFESTAZIONI O GARE CALCISTICHE, ANCHE AMICHEVOLI, IN AMBITO FIGC FINO AL 30/06/2025 […] Per
avere - al termine del primo tempo, fatto indebito ingresso sul terreno di gioco rivolgendo al Direttore di gara espressione offensiva ed implicante denigrazione e discriminazione per motivi di razza. Il medesimo inseguiva l'ufficiale di gara fino all'ingresso nello spogliatoio arbitrale cercando di farlo cadere e rivolgendogli espressioni e gesti (3 pugni sulla porta) intimidatori;
- nel corso del secondo tempo, reiterato a più riprese le espressioni implicanti discriminazione razziale nei confronti dell'arbitro e di due calciatori avversari;
- al termine della gara, attinto con sputi alcuni calciatori avversari mentre abbandonavano il terreno di gioco ed in seguito rivolto espressioni offensive e discriminatorie nei confronti dei medesimi calciatori, innescando una violenta rissa tra i tesserati delle due società durante la quale il medesimo rivolgeva gesto intimidatorio all'indirizzo del Direttore di gara. Si rendeva necessario l'intervento delle Forze dell'Ordine.
Infine, reiterava ulteriormente la condotta minacciosa, offensiva e discriminatoria nei confronti dell'arbitro per di più millantando indebite influenze e corruttela degli organi di giustizia sportiva. Sanzione così determinata anche in ragione della pervicace e manifesta violazione dei principi fondamentali dello Statuto FIGC come determinati ai sensi dell'art.2. (R A - R AA)».
2. In data 3 dicembre 2024, il sig. [omissis] presentava reclamo dinanzi alla Corte Sportiva d’Appello avverso la decisione del Giudice Sportivo.
La Corte Sportiva d’Appello, all’esito dell’udienza del 13 dicembre 2024, disponeva con ordinanza la sospensione delle sanzioni e disponeva una integrazione delle indagini a cura della Procura Federale.
Acquisite le indagini suppletive, la Corte Sportiva d’Appello, con la decisione gravata in questa sede, ha accolto parzialmente il reclamo riducendo le sanzioni dell’inibizione fino al 28 febbraio 2026 ed il divieto di accedere agli impianti sportivi in cui si svolgono manifestazioni o gare calcistiche, anche amichevoli, in ambito FIGC fino al 31 maggio 2025.
La Corte di Appello riteneva preliminarmente il sig. [omissis] pienamente assoggettabile alle norme sanzionatorie dell’ordinamento federale nonostante non sia tesserato per la [omissis] essendo cessato dal ruolo di dirigente accompagnatore dal 7 ottobre 2024 («i fatti e le circostanze sopra enumerati concorrono univocamente a dimostrare che, per il tempo al quale si riferiscono i fatti sanzionati dal Giudice Sportivo, al [omissis] è riconducibile il controllo di fatto della società [omissis], ai sensi e per gli effetti dell’art. 2, secondo comma, C.G.S.; la previsione del Codice, del resto, è coerente con i principi ripetutamente espressi dalla giurisprudenza in tema di imprese e società, nel senso che la nozione di amministratore di fatto, introdotta dall’art. 2639 cod. civ., postula l’esercizio in modo continuativo e significativo dei poteri tipici inerenti alla qualifica od alla funzione; nondimeno, significatività e continuità non comportano necessariamente l’esercizio di tutti i poteri propri dell’organo di gestione, ma richiedono l’esercizio di un’apprezzabile attività gestoria, svolta in modo non episodico od occasionale (tra molte: Cass. Pen., Sez. III, 9 febbraio 2023, n. 5577 ed i precedenti ivi richiamati)»).
La Corte Sportiva d’Appello così sul punto argomentava: «Sul piano normativo, viene innanzitutto in rilievo il vigente F.I.F.A. Regulationes on the Status and Transfers of Players che, al paragrafo 4 – “Termination of activity”, prevede: “1. Professionals who end their careers upon expiry of their contracts and amateurs who terminate their activity shall remain registered at the association of their last club for a period of 30 months”. Alla norma, espressione di un principio generale di ultrattività temporale dei vincoli e delle regole del diritto sportivo nei confronti dei tesserati (atleti, dirigenti ed ogni altra figura attratta all’ambito soggettivo del Regolamento F.I.F.A. e del Codice di Giustizia Sportiva), è stata da tempo riconosciuta forza espansiva ed immediata vigenza nell’ordinamento federale italiano (cfr. Corte Giust. FIGC, Sez. Un., 20 luglio 2012 n. 13/CGF) […]. Tanto basterebbe per radicare la giurisdizione sportiva nei confronti del [omissis], in relazione ai fatti verificatisi in data 1 dicembre 2024. Per diverso e concorrente profilo, la sussistenza della giurisdizione sportiva nella presente controversia è confermata e discende dall’interpretazione del vigente Codice, il quale definisce il proprio ambito di applicazione oggettivo e soggettivo che comprende, al tempo stesso, l’individuazione del perimetro di operatività sostanziale delle regole, anche con riguardo alla responsabilità disciplinare e, sul piano processuale, la determinazione delle controversie conoscibili dal giudice sportivo […]. Come si è detto, i soggetti tenuti ad osservare le norme generali di comportamento sono sottoposti all’azione disciplinare, all’applicazione delle sanzioni ed alla giurisdizione sportiva. Come chiarito anche dalla più recente giurisprudenza di questa Corte, “(…) la previsione normativa generale, nella parte in cui menziona ogni altro soggetto che svolge attività di carattere agonistico, tecnico, organizzativo, decisionale o comunque rilevante per l’ordinamento federale, intende delineare i confini applicativi del Codice in modo razionale, sotto l’aspetto soggettivo, superando la rigida limitazione incentrata sul mero dato formale dell’appartenenza all’ordinamento sportivo in virtù del conseguito tesseramento. In questo senso, la formula non prevede un’elencazione analitica e nominativa dei soggetti estranei attirati nell’orbita di applicazione del Codice, ma richiede un’attenta operazione interpretativa. A tal fine, peraltro, si impone una lettura rigorosa e puntuale della disposizione, anche alla luce dei principi di tipicità e legalità che informano il sistema della giustizia sportiva, adeguati alla finalità di prevenzione e tutela generale che le regole sanzionatorie impongono. In detta cornice di riferimento è indispensabile qualificare la singola vicenda in giudizio, vagliando accuratamente ogni elemento fattuale e giuridico idoneo a determinare, con assoluta certezza, la sussistenza di un rapporto qualificato tra il soggetto non tesserato e l’ordinamento sportivo” (così Corte Fed. App., Sez. Un., 18 ottobre 2019 n. 13/2019). Orbene, dall’insieme dei documenti e dei fatti di causa pervenuti all’esame del Collegio, può senz’altro attribuirsi al [omissis] una posizione di controllo continuativo, quantomeno indiretto, della società [omissis], per il concorso di indici rivelatori che di seguito si riassumono: - egli è stato presidente della [omissis] nel recente passato e, proprio in tale veste, ha già subito la sanzione dell’inibizione per un anno e due mesi, di cui si dirà infra (cfr. Corte Sport. App., Sez. III, 1 aprile 2021 n. 137/2021, confermata dal Coll. Garanzia CONI, 6 settembre 2021 n. 73/2021); - egli è stato dirigente delle [omissis] fino alla data del 7 ottobre 2024, cumulando fino a quel momento la posizione di tesserato e quella di sponsor della società, attraverso la [omissis] di cui, per sua stessa ammissione, detiene il controllo e la legale rappresentanza; - in occasione delle partite della [omissis], egli pubblicamente agisce uti dominus, ben oltre il contegno ed i limiti che si addicono ai giornalisti accreditati, disponendo in esclusiva del gabbiotto (cosiddetto “sky box”) ed accedendo liberamente al terreno di gioco ed agli spogliatoi, finanche nell’intervallo della partita, per interloquire con gli ufficiali di gara ed i calciatori avversari; - in prossimità dell’udienza di trattazione, egli ha depositato in giudizio una scrittura privata (doc. 15) recante il contratto di sponsorizzazione tra la [omissis], di cui è amministratore unico, e la società [omissis]; il contratto riporta su ogni pagina la sottoscrizione del [omissis] per l’azienda sponsor e la sottoscrizione del legale rappresentante per la [omissis]; è verosimile che, per quest’ultima, sia intervenuta alla stipula la signora [omissis], colei che ha sottoscritto la procura alle liti per il presente reclamo, proposto dalla società [omissis]; è fatto notorio che la [omissis] sia legata al [omissis] da rapporto di parentela […]; - infine, tra le testimonianze scritte acquisite dalla Procura Federale, vi è quella resa in data 10 dicembre 2024 dal dott. [omissis], che si qualifica come “medico sportivo presso la società [omissis]” e dichiara testualmente: “(…) in occasione della partita disputata contro [omissis] il 1/12/2024 ero presente in panchina ed ho assistito direttamente agli eventi che hanno portato alla squalifica del nostro presidente, [omissis]”, così dando prova della diffusa percezione, anche all’interno della compagine societaria, della posizione apicale e dei poteri riconosciuti, in via di fatto, al [omissis], anche al tempo dei fatti oggetto di sanzione».
Il Giudice di seconde cure, pertanto, sulla base degli atti di gara e degli accertamenti istruttori compiuti dalla Procura Federale, riteneva che:
«a) non è provato che il [omissis] abbia sputato verso i calciatori del [omissis], non è provato che il [omissis] abbia contribuito a cagionare una rissa tra calciatori e tesserati della [omissis] e del [omissis];
b) è dubbio che il [omissis] abbia tentato di sgambettare volontariamente l'arbitro;
c) è provato che il [omissis] ha ripetutamente pronunciato frasi ed espressioni razziste e discriminatorie nei confronti dell’arbitro [omissis] e di alcuni calciatori del [omissis], è provato che il [omissis] ha pronunciato frasi minacciose ed ingiuriose e compiuto atti violenti (tentativo di sgambetto, colpi violenti sulla porta dello spogliatoio) nei confronti dell’arbitro [omissis] e degli assistenti di gara [omissis] e [omissis].
Nelle convergenti dichiarazioni testimoniali dell’arbitro [omissis] e dell’assistente [omissis], vengono riferiti con precisione fatti e comportamenti del [omissis], di cui sia l’arbitro che l’assistente hanno avuto percezione diretta. Gli ufficiali di gara, anche al di fuori dell’attività di refertazione alla quale è riconosciuto valore probatorio privilegiato ai sensi dell’art. 61 C.G.S., sono da considerarsi quali testimoni attendibili, per il ruolo che sono chiamati a svolgere nell’ordinamento sportivo. Nella specie, l’attendibilità della testimonianza non può essere scalfita dal fatto che l’arbitro sia stato, al contempo, persona offesa e che, in sede di deposizione dinanzi alla Procura Federale, egli abbia parzialmente corretto quanto attestato nel referto di gara (in specie, con riferimento agli sputi da parte del [omissis], che non hanno trovato conferma in fase istruttoria ed anzi sono stati sostanzialmente smentiti dallo stesso arbitro). Ed anzi, alla parziale ritrattazione su di una delle molteplici condotte addebitate al [omissis] si accompagna, nei verbali trasmessi dalla Procura, la più puntuale e convincente descrizione di tutte le altre condotte illecite. Le testimonianze dell’arbitro e dell’assistente trovano coerente riscontro nella registrazione video- audio acquisita dalla Procura, nella quale si percepiscono (provenienti dal gabbiotto) frasi del tutto coincidenti con quelle riferite dai testimoni, che perciò possono essere verosimilmente attribuite al [omissis], che è stato visto nell’atto di agitarsi, urlare e gesticolare, affacciandosi dal gabbiotto, anche dall’assistente [omissis] posizionato sul lato opposto del terreno di gioco. Le riferite dichiarazioni trovano, inoltre, riscontro nelle audizioni dei dirigenti e dei tesserati del [omissis], ciascuno per i momenti e per gli episodi sui quali sono stati in grado di testimoniare. […] Quanto, poi, alla relazione della Polizia Municipale di Verano Brianza, tralasciando le anomale modalità di acquisizione da parte del reclamante (l’istanza di accesso documentale è stata presentata al protocollo in data 6 dicembre 2024, la relazione sottoscritta dai due agenti e dal comandante della Polizia Municipale reca la data del 9 dicembre 2024), è qui sufficiente osservare che gli agenti [omissis] e [omissis] attestano di aver svolto servizio d’ordine all’esterno dello stadio comunale di Verano Brianza, descrivono in prevalenza fatti accaduti all’esterno dell’impianto o dopo la conclusione della partita […] Sul piano soggettivo, la veridicità di quanto accertato dalla Procura Federale risulta rafforzata alla luce di un precedente disciplinare specifico a carico del [omissis]». La Corte Sportiva, in tal guisa, si pronunciava sulle sanzioni in capo al ricorrente, oggetto di censura in questa sede, così statuendo: «In primo luogo, viene in rilievo l’art. 28, terzo comma,
C.G.S. che prevede la sanzione minima della inibizione per quattro mesi e, nei casi più gravi, la sanzione del divieto temporaneo di accedere agli impianti sportivi di cui all’art. 9, primo comma - lett. g), a carico dei responsabili di comportamento discriminatorio, definito quale condotta che direttamente o indirettamente, comporta offesa, denigrazione o insulto per motivi di razza, colore, religione, lingua, sesso, nazionalità, origine anche etnica, condizione personale o sociale ovvero configura propaganda ideologica vietata dalla legge o comunque inneggiante a comportamenti discriminatori. Tale è da considerarsi quella addebitata al [omissis], connotata da oggettiva gravità e plurioffensività (siccome rivolta, nel contesto del medesimo evento sportivo, ad arbitro e calciatori del [omissis]), stando alla descrizione desumibile dal rapporto di gara ed alla relazione d’indagine trasmessa dalla Procura Federale. La giurisprudenza (cfr. Corte Sport. App., Sez. III, 3 novembre 2023 n. 35/2023; Id., Sez. II, 7 febbraio 2022 n. 161/2022) ha più volte affermato che la prevenzione e repressione dei comportamenti discriminatori nello sport e, per quanto più specificamente riguarda l’art. 28 del Codice, nel contesto delle competizioni calcistiche, ha assunto una rilevanza centrale nell’ordinamento di settore. Lo Statuto delle Federazione prevede che la FIGC promuove l’esclusione dal giuoco del calcio di ogni forma di discriminazione sociale, di razzismo, di xenofobia e di violenza (art. 2, comma 5). La disposizione di ordine programmatico ha trovato proprio nell’art. 28 C.G.S. una compiuta attuazione, mediante la previsione di sanzioni afflittive a carico dei tesserati responsabili di offesa, denigrazione o insulto. Quanto all’offesa, la norma ha tipizzato l’idoneità discriminatoria del comportamento, ai fini della configurazione dell’illecito, disancorandone la punibilità dalla percezione soggettiva della persona destinataria. Come chiarito dalla giurisprudenza, ad integrare l’illecito è sufficiente la sussistenza degli elementi costitutivi della fattispecie e, sulla base di un nesso causale, la verificazione dell’effetto discriminatorio prodottosi direttamente o indirettamente. La denigrazione è, invece, da collegare alla lesione della reputazione, dell’onore e del decoro del destinatario, nuovamente in una prospettiva oggettivizzata, non secondo uno stato emotivo o un sentimento individuale, talché dovrà verificarsi se l’aggressione sia stata rivolta al senso di dignità che un singolo o una comunità ha consolidato nell’opinione comune. Da ultimo, l’insulto è riferibile alle modalità di espressione della discriminazione, venendo in rilievo l’uso di espressioni ingiuriose o la commissione di atti di spregio volgare. Dall’art. 28 C.G.S. si evince che, oltre alla condotta materiale qualificata e tipica, è necessaria l’oggettivizzazione data da una percezione certa e diffusa dell’espressione discriminatoria. Viene altresì in rilievo, ai fini della decisione della presente controversia, l’art. 36, secondo comma - lett. a), C.G.S. (nel testo modificato per effetto del Com. Uff. n. 165/A del 20 aprile 2023), che prevede la sanzione minima della inibizione per due mesi, a carico dei responsabili di condotta ingiuriosa o irriguardosa nei confronti degli ufficiali di gara. Tale è da considerarsi, senza dubbio, quella addebitata al [omissis], che nell’intervallo tra il primo ed il secondo tempo, pur non considerando provato e quindi sanzionabile il tentativo di sgambetto refertato, in prossimità dell’accesso agli spogliatoi, si è comunque portato a brevissima distanza dall’arbitro, insultandolo, ed ha poi inseguito la terna arbitrale fino allo spogliatoio, colpendone violentemente la porta con intento intimidatorio, stando alla ricostruzione desumibile dalla relazione della Procura Federale ed alle dichiarazioni testimoniali dei presenti. Viceversa, stando all’indagine svolta dalla Procura, deve escludersi che il [omissis] abbia sputato dal gabbiotto verso i calciatori avversari e deve ritenersi non provata, per incertezza e genericità delle dichiarazioni acquisite nei verbali, la circostanza che il [omissis] abbia cagionato una rissa con i tesserati del [omissis] o vi abbia preso parte nei luoghi adiacenti agli spogliatoi. Al [omissis] è applicabile, ai fini della commisurazione della sanzione, la circostanza aggravante prevista dall’art. 14, primo comma - lett. a), C.G.S., per aver commesso il fatto con violazione dei doveri inerenti alla sua posizione nella società [omissis]. Deve, infatti, ribadirsi il principio più volte affermato dalla giurisprudenza, secondo cui il comportamento dei dirigenti deve essere sempre volto a tenere un contegno decoroso e ad osservare una condotta leale ed esemplare nei confronti degli ufficiali di gara. Infine, il Collegio non ravvisa i presupposti per l’applicazione di circostanze attenuanti, ai sensi dell’art. 13 C.G.S.; tuttavia, ai fini dell’attenuazione del cumulo tra le sanzioni edittali astrattamente applicabili, sussistono i presupposti per l’applicazione della continuazione tra tutte le descritte condotte discriminatorie, ingiuriose e violente imputabili al [omissis], nell’unitario e prolungato contesto temporale entro il quale si sono verificate».
3. Ha proposto ricorso il sig. [omissis], affidando le proprie doglianze ai seguenti motivi di diritto.
I. “Violazione di legge - Difetto di giurisdizione sportiva - Travisamento dei fatti - Difetto di istruttoria”.
Il richiamo fatto dalla Corte al Regulations on the Status and Transfers of Players si tradurrebbe in una erronea e falsa applicazione del medesimo, atteso che le norme internazionali in parola si riferiscono esclusivamente agli atleti e non anche ai dirigenti e non possono trovare applicazione analogica.
Parimenti erronei si rivelerebbero i richiami fatti agli artt. 1 e 2 del CGS FIGC, nonché tutte le argomentazioni spese dalla CSA che non sarebbero, a detta del ricorrente, in alcun modo in grado di provare che [omissis] sia un amministratore di fatto del club, ruolo che deve essere dimostrato sulla scorta di elementi concreti che comprovino la sua sostituzione di fatto agli amministratori formalmente investiti di tale incarico e di elementi di peso volti a provare una sua effettiva ingerenza gestionale nella vita della società, per di più con carattere di continuità.
II. “Difetto di motivazione per illogicità e travisamento dei fatti - Difetto dei presupposti di istruttoria - Motivazione apparente”.
Il ricorrente passa in rassegna, contestandone la veridicità e il difetto di motivazione, gli elementi di fatto presi in considerazione dalla Corte Sportiva.
III. “Erronea applicazione della sanzione per violazione dei presupposti di fatto o di diritto nonché per sua manifesta irragionevolezza - Travisamento dei fatti”.
La CSA avrebbe, in tesi, commesso un grave errore nella determinazione della sanzione allorché, in applicazione dell’art. 28 CGS FIGC, non ha individuato la sanzione base partendo dai presupposti di fatto e di diritto della fattispecie e ha illegittimamente riconosciuto, senza motivare sul punto, l’aggravante di cui all’art. 9, c. 1, lett. h), prevista solo in casi particolarmente “gravi”, congiuntamente con quella prevista all’art. 14, lett. a). Ciò non consentirebbe, secondo la prospettazione del ricorrente, di operare alcun controllo sull’operato della Corte, che è, in tal modo, giunto alla determinazione della pena finale in modo apodittico ed irragionevole.
3.1. Ha concluso il [omissis] chiedendo al Collegio di Garanzia:
«[…] - al Collegio di Garanzia adito, in accoglimento del presente ricorso di annullare la decisione della Corte Sportiva d’Appello FIGC pubblicata con CU n. 155/CSA e motivazioni del 18 marzo 2025 e per l’effetto annullare le sanzioni comminate o, in subordine, rideterminare la sanzione nei termini indicati in ricorso non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto ai sensi dell’art. 62 CGS CONI o, in estremo subordine, disporre il rinvio alla Corte Sportiva d’Appello perché si pronunci in conformità al principio di diritto che verrà espresso».
Con decreto Prot. n. 00336/2025, il Presidente della Prima Sezione del Collegio di Garanzia ha disposto l’abbreviazione alla metà dei termini di cui all’art. 60, commi 1 e 4, CGS CONI.
3.2. La FIGC non si è costituita in giudizio.
3.3. All’udienza del 16 aprile 2025, la difesa del ricorrente ha insistito nell’accoglimento del ricorso; la Procura Generale dello Sport presso il CONI ha concluso per il rigetto del ricorso medesimo.
Considerato in diritto
I. Con il primo motivo di ricorso, il sig. [omissis] sostiene l’inapplicabilità ai dirigenti del paragrafo 4 “Terminal of activity” del F.I.F.A. Regulations on the Status and Transfers of Players, nonché l’insussistenza dei presupposti perché il sig. [omissis] possa considerarsi amministratore di fatto e, quindi, soggetto alla giurisdizione sportiva.
Il motivo di ricorso è fondato e va accolto nei limiti di cui appresso.
Quanto all’applicazione o meno ai dirigenti del paragrafo 4 del Regulations on the Status and Transfers of Players, tale disposizione, come sottolineato dal ricorrente, è riferita esclusivamente agli atleti ed è stata introdotta dalla F.I.F.A. a tutela degli atleti stessi ovvero per favorire la ripresa dell’attività agonistica sia in ambito professionistico che amatoriale.
Estendere i suoi effetti anche ai dirigenti, per un verso, contrasta con il dato letterale della disposizione e, per altro verso, significherebbe, paradossalmente, penalizzare piuttosto che favorire la categoria dei dirigenti, i quali rimarrebbero assoggettati alla giustizia sportiva pur in assenza di tesseramento.
Quindi, considerata la specialità della norma in commento, la stessa, anche in ragione della sua natura sostanzialmente afflittiva perché, appunto, estenderebbe il regime sanzionatorio, non è suscettibile di applicazione analogica e tanto in ossequio al principio di tassatività nelle norme incriminatrici codificato nell’art. 14 delle Disposizioni sulla Legge in generale.
Relativamente, invece, al dedotto ruolo di amministratore di fatto ascritto al sig. [omissis], ribadito che, in forza del vincolo di giustizia, sono soggetti alla amministrazione degli organi di giustizia sportiva, i tesserati e gli affiliati, affinché possa invocarsi il vincolo, laddove si invoca la sussistenza dell’amministrazione di fatto ex art. 2639 c.c., è necessario che il giudice del merito accerti in maniera incontrovertibile e non concettuale e deduttiva la sussistenza dei presupposti oggettivi. Orbene, sia la giurisprudenza di legittimità che di merito ha osservato che la qualifica di amministratore di fatto di una società si desume dal concreto esercizio, in modo continuativo e significativo, di poteri tipici inerenti alla qualifica o alla funzione (Cassazione penale, sentenza n. 34381/2022), affermando il principio di diritto secondo cui, ai fini dell'attribuzione ad un soggetto della qualifica di amministratore di fatto di una società, deve essere valorizzato l'esercizio in modo continuativo e significativo, e non meramente episodico od occasionale, di tutti i poteri tipici inerenti alla qualifica o alla funzione, od anche soltanto di alcuni di essi.
In tale ultimo caso, peraltro, spetterà ai giudici del merito valutare la pregnanza, ai fini dell'attribuzione della qualifica o della funzione, dei singoli poteri in concreto esercitati, come validamente individuabili in elementi sintomatici di gestione o cogestione della società - 1. il conferimento di deleghe in suo favore in fondamentali settori dell'attività di impresa; 2. la diretta partecipazione alla gestione della vita societaria; 3. la costante assenza dell'amministratore di diritto; 4. la mancata conoscenza di quest'ultimo da parte dei dipendenti - risultanti dall'organico inserimento del soggetto in qualunque fase dell'iter gestionale, decisionale, organizzativo, amministrativo, produttivo e disciplinare dell’azienda.
In pratica, il ruolo di amministratore di fatto si configura quando un soggetto partecipa attivamente alla gestione aziendale, ovvero assume decisioni rilevanti in materia di strategia o operazioni, ovvero controlla la contabilità e le finanze dell’impresa (Cass. Civ., n. 34381/2022, n. 1546/2022, n. 27163/2018, Trib. Venezia, 21 settembre 2024, Trib. Milano, 28 maggio 2017, n. 8336).
Ciò posto, dall’esame delle motivazioni sviluppate dalla Corte Sportiva d’Appello nella decisione impugnata, emerge evidente che quest’ultima ha utilizzato argomentazioni, mai valorizzate dalla giurisprudenza di legittimità, che non possono ritenersi idonee per la qualificazione giuridica del sig. [omissis] come amministratore di fatto.
Quanto ai profili processuali e di legittimità, la Suprema Corte, con un recente arresto (Cass. Pen., Sez. V, n. 16414 del 28 febbraio 2024), ha ribadito in modo inequivoco l’ambito dei requisiti per il riconoscimento della qualifica di amministratore di fatto di una società, rilevando che “la prova della ritenuta funzione gestoria, esercitata in fatto da parte di un soggetto non formalmente investito di tale carica, si traduce nell’accertamento di elementi sintomatici dell’inserimento organico di tale soggetto in qualunque settore gestionale dell’attività economica, sia esso aziendale, produttivo, amministrativo, contrattuale o disciplinare”; e tale accertamento risulta “insindacabile in sede di legittimità[…] solo se sostenuto da motivazione congrua e logica[…] in quanto oggetto di un apprezzamento di fatto riservato ai giudici di merito”.
Dalle superiori argomentazioni emerge che il motivo di ricorso va accolto in parte qua, ma riqualificato, secondo il principio iura novit curia, nel senso che la Corte Sportiva d’Appello non ha correttamente applicato i principi di diritto utili alla configurazione dell’amministratore di fatto e che, come tale, non può essere ritenuto il presupposto delle sanzioni inflitte al ricorrente. Naturalmente tali considerazioni prescindono dal dato fattuale, che, come è noto, sfugge allo scrutinio dell’odierno Collegio, attesane la funzione di legittimità e non di merito, sicché, quale Giudice dell’atto e non del fatto, deve rilevarsi che la responsabilità ascritta al ricorrente per il suo comportamento non appare configurabile in quanto non correttamente profilato come amministratore di fatto.
I motivi di ricorso II) e III) restano assorbiti.
Quindi, i vizi motivazionali rilevati nell’odierna sede dovranno essere colmati dalla Corte Sportiva di Appello FIGC in sede di rinvio, affinché la medesima accerti la sussistenza dei presupposti per la qualificazione del sig. [omissis] quale amministratore di fatto alla stregua del seguente principio di diritto a cui la Corte dovrà uniformarsi:
“La qualificazione di amministratore di fatto di una società deve essere affermata in applicazione del dettato dell’art. 2639 c.c. alla presenza di oggettivi elementi sintomatici di gestione o cogestione della società - 1. il conferimento di deleghe in suo favore in fondamentali settori dell'attività di impresa; 2. la diretta partecipazione alla gestione della vita societaria; 3. la costante assenza dell'amministratore di diritto; 4. la mancata conoscenza di quest'ultimo da parte dei dipendenti - risultanti dall'organico inserimento del soggetto in qualunque fase dell'iter gestionale, decisionale, organizzativo, amministrativo, produttivo e disciplinare dell’azienda”.
Il regolamento delle spese dovrà essere disposto dalla Corte di Appello in sede di rinvio, anche per il presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Collegio di Garanzia dello Sport Prima Sezione
Accoglie il ricorso, nei termini di cui in motivazione, e rinvia alla Corte Sportiva di Appello FIGC perché, in diversa composizione, rinnovi la valutazione applicando il principio di diritto descritto in parte motiva ai fini del proprio scrutinio sull’assetto sanzionatorio applicabile.
Le spese saranno liquidate dalla Corte Sportiva di Appello FIGC in sede di rinvio come indicato in motivazione.
Dispone la comunicazione della presente decisione alle parti tramite i loro difensori anche con il mezzo della posta elettronica.
Così deciso in Roma, nella sede del CONI, in data 16 aprile 2025.
Il Presidente Il Relatore
F.to Vito Branca F.to Giuseppe Musacchio
Depositato in Roma, in data 24 giugno 2025.
Il Segretario
F.to Alvio La Face