F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – Sezione I – 2025/2026 – figc.it – atto non ufficiale – Decisione n. 0021/CFA pubblicata il 27 Agosto 2025 (motivazioni) – ASD Città di Cerveteri – SSD Academy Ladispoli
Decisione/0021/CFA-2025-2026
Registro procedimenti n. 0010/CFA/2025-2026
LA CORTE FEDERALE D’APPELLO
I SEZIONE
composta dai Sigg.ri:
Mario Luigi Torsello – Presidente
Oliviero Drigani – Componente
Domenico Giordano - Componente (Relatore)
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul reclamo per revocazione numero 0010/CFA/2025-2026 proposto dalla società A.S.D. Città di Cerveteri in data 21.07.2025;
Visto il reclamo e i relativi allegati;
Visti gli atti di causa;
Relatore all’udienza del 19.08.2025, tenutasi in videoconferenza, il Pres. Domenico Giordano e udito l’Avv. Ferdinando Tota per la reclamante;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
RITENUTO IN FATTO
1) Con reclamo depositato in data 21 luglio 2025, A.S.D. Città di Cerveteri impugna per revocazione la decisione della Corte sportiva di appello territoriale, pubblicata con Comunicato Ufficiale della LND Comitato regionale Lazio n. 454 del 20 giugno 2025, avente ad oggetto le sanzioni disciplinari inflitte a propri tesserati in esito alla gara di Play-Out “Città di Cerveteri – Academy Ladispoli Srl” valevole per il Campionato Under 19 regionale eccellenza maschile 2024-2025 del Comitato regionale del Lazio LND, disputata il 22 marzo 2025 presso il campo Enrico Galli di Cerveteri.
Dal referto arbitrale risulta che, a partita conclusa (dopo i tempi supplementari con il punteggio di 0 a 1 in favore della squadra ospite), i calciatori di quest’ultima Magrì Salvatore (maglia n. 1) e Pasquini Gianluca (maglia n. 13) si recavano a bordo campo in prossimità del settore riservato alla tifoseria della squadra ospitante, provocando i presenti e rivolgendo all’indirizzo degli stessi frasi offensive (retrocedete voi bastardi, pezzi di merda, andate a fanculo, figli di puttana).
Tale condotta generava una rissa tra i calciatori delle due squadre durata circa 5 minuti, nel corso della quale Magrì “sputava verso alcuni calciatori della Società Ospitante colpendone due di questi sulla maglia. In seguito, tentava, mancandolo, di colpire con un pugno sulla spalla un calciatore appartenente alla Società Ospitante” per essere poi trascinato di peso verso gli spogliatoi dai dirigenti dell’Academy Ladispoli Srl; a sua volta Pasquini “colpiva un calciatore avversario in volto (sull’occhio) con un pugno causandogli molto dolore. Successivamente alcuni dirigenti della sua medesima Società lo prendevano di peso e tentavano di portarlo negli spogliatoi. Durante il tragitto riusciva tuttavia a sputare ad un altro calciatore della Società Ospitante colpendolo in volto. Veniva infine portato di peso negli spogliatoi da alcuni dirigenti della sua medesima Società”.
Alla rissa partecipavano anche calciatori della A.S.D. Città di Cerveteri, le cui condotte venivano così descritte nel referto arbitrale:
- “Bartoli Tiziano (maglia n. 17): si alzava in piedi e cercava di raggiungere un calciatore (in panchina) della squadra avversaria con intento minaccioso. Veniva fermato con la forza da alcuni suoi compagni di squadra ed accompagnato fuori il TDG. Mentre usciva si rivolgeva al calciatore avversario dicendo: PEZZO DI MERDA, TI TAGLIO LA GOLA, TI ASPETTO FUORI. A partita conclusa, in occasione della rissa sul TDG, rientrava sul TDG e colpiva sulla schiena con un pugno, alle spalle, un calciatore avversario causandone la caduta a terra e forte dolore. Ve iva portato di peso nello spogliatoio da alcuni dirigenti della sua me esimaSocietà.
- Di Nezza Mirko (maglia n. 10) oltre ad assumere varie condotte violente nei confronti di diverse persone, sanzionate con l’espulsione dal TDG, a partita conclusa, colpiva in volto, con un pugno, 2 (DUE) calciatori appartenenti alla Società Ospitata, prima uno e poi l’altro, causando la caduta a terra di uno dei due con fuoriuscita di sangue. Successivamente impugnava una borraccia e la scagliava con forza in direzione di un calciatore appartenente alla Società Ospitata, colpendolo in testa. Inoltre raccoglieva un pallone e lo calciava al volo, dopo esserselo alzato con le mani, verso il medesimo calciatore appartenente alla Società Ospitata, colpendolo sulla pancia. Nei corridoi degli spogliatoi impugnava una felpa e la scagliava verso un calciatore appartenente alla Società Ospitata, senza colpirlo. Veniva portato di peso nello spogliatoio da alcuni calciatori della sua medesima Società;
- Spaccarotella Luca (maglia n. 6), a partita conclusa, correva in direzione dei calciatori della Società Ospitata urlando: FIGLI DI PUTTANA, DOVETE MORIRE TUTTI, SPORCHI ZINGARI BASTARDI, VI UCCIDO.
Successivamente spingeva alcuni calciatori appartenenti alla Società Ospitata e sputava nella direzione di alcuni di loro, senza colpire nessuno. Veniva portato di peso nello spogliatoio da alcuni calciatori della sua medesima Società.”.
Con decisione pubblicata sul Comunicato Ufficiale n° 332 del 26/03/2025 i protagonisti delle vicende narrate nel referto venivano tutti sanzionati dal Giudice sportivo.
Per quanto qui rileva, con particolare riguardo ai tesserati della odierna reclamante A.S.D. Città di Cerveteri, il Giudice sportivo irrogava le sanzioni disciplinari della squalifica fino al 30 giugno 2025 a Di Nezza Mirko (“al termine della gara colpiva due avversari con un pugno al volto, causando la caduta a terra di uno di questi e fuoriuscita di sangue. Quindi lanciava una borraccia verso un altro avversario, raggiungendolo alla testa e, successivamente gli scagliava contro proditoriamente il pallone, colpendolo al corpo. Veniva portato a forza negli spogliatoi dai propri compagni”) e per quattro giornate effettive ai calciatori Bartoli Tiziano (“calciatore in panchina. Si alzava e cercava di raggiungere un calciatore della panchina avversaria minacciosamente. Mentre veniva trattenuto e portato fuori dal recinto di gioco, lo minacciava ed offendeva. Al termine della gara, rientrava sul terreno di gioco e colpiva con un pugno alla schiena un avversario, facendolo cadere a terra e procurandogli dolore”) e Spaccarotella Luca (“al termine della gara rivolgeva agli avversari espressioni offensive gravi minacce. Quindi spintonava alcuni di essi, sputando, nel contempo nella loro direzione, senza attingerli. Veniva portato a forza negli spogliatoi dai propri compagni”), oltre all’inibizione fino al 25 maggio 2025 per il massaggiatore Zannini Daniele per condotte antecedenti alla rissa (comportamento irrispettoso nei confronti dell’arbitro), che qui non rilevano.
2) La decisione del Giudice sportivo veniva impugnata dalla A.S.D. Città di Cerveteri avanti la Corte sportiva di appello territoriale (di seguito: CSAT). Nel reclamo la Società deduceva: i) l’erronea ricostruzione dei fatti, in quanto i propri tesserati avrebbero agito in stato d’ira determinato da fatto ingiusto altrui rappresentato dal comportamento provocatorio degli avversari; ii) la mancata applicazione delle attenuanti previste dall’art. 13, comma 1, lett. a), C.G.S.; iii) la disparità di trattamento rispetto ai provvedimenti adottati nei confronti dei tesserati dell’Academy Ladispoli per fatti analoghi o più gravi; iv) la violazione del principio di proporzionalità, risultando le sanzioni eccessivamente gravose.
Con decisione pubblicata sul C.U. n. 389 del 2 maggio 2025, come integrata dalle motivazioni riportate nel C.U. n. 454 del 20 giugno 2025, la CSAT accoglieva in parte il reclamo, rideterminando la sanzione a carico del calciatore Di Nezza Mirko nella squalifica per 8 gare “per una corretta afflittività della sanzione” e riducendo la squalifica a carico dei calciatori Bartoli Tiziano e Spaccarotella Luca a 3 giornate di gare “per riportarle agli abituali parametri adottati per casi similari” (oltre a ridurre al 10 maggio 2025 l’inibizione a carico di Zannini).
Nonostante la riduzione parziale delle sanzioni, il punteggio complessivo (12,10) del Premio Disciplina relativo alla gara di Play Out del Campionato Under 19 regionale “A” eccedeva la soglia di 10 punti, determinando per l’effetto, in base alla normativa del Comitato regionale Lazio, la preclusione automatica della A.S.D. Città di Cerveteri alla partecipazione ai Campionati regionali Under 19 “A” o “B” per la stagione sportiva 2025/2026.
Ciò ha indotto la Società a proporre il ricorso in revocazione, per chiedere che, all’esito del suo accoglimento e della conseguente richiesta riduzione del punteggio disciplina sotto la soglia preclusiva, venga riconosciuta la propria posizione in graduatoria e la relativa eleggibilità per il ripescaggio al campionato giovanile, nel rispetto delle regole federali e dei principi di equità e giustizia sportiva sostanziale.
3) Nell’istanza di revocazione, depositata in data 21 luglio 2025 e proposta ai sensi dell’art. 63, primo comma lett. d), C.G.S., l’esponente premette di essersi attivata, in data 26 maggio 2025, per il ripristino delle credenziali di accesso al sistema di videosorveglianza e per il recupero delle registrazioni del giorno 22 marzo 2025 e di aver potuto acquisire la registrazione ufficiale generata da un impianto di videosorveglianza fissa, rego arme te installato presso l’impianto sportivo, solo in data 24 giugno 2025 e unque in un momento successivo alla pubblicazion dell motivazioni della decisione della C rte terr t riale, avvenuta l 20 giugno 2025, e alla chiusura del procedimento disciplinare. Si afferma che il ritardo nell’acquisizione è stato determinato da un impedimento tecnico oggettivo, in quanto il sistema di videosorveglianza risultava inaccessibile a causa dello smarrimento delle credenziali di accesso.
La ricorrente afferma che le immagini estratte e prodotte nel presente giudizio documentano per la prima volta, in modo oggettivo e inequivocabile, il comportamento provocatorio e aggressivo posto in essere dal calciatore n. 8 dell’Academy Ladispoli, elemento non menzionato né valutato nel referto arbitrale. Le sequenze video evidenzierebbero chiaramente il suddetto calciatore dirigersi verso la tifoseria avversaria, con gesti plateali e simulazioni di calci verso il pubblico, ponendo in essere atti provocatori che hanno innescato la reazione dei tesserati del Cerveteri che poi si è evoluta nella rissa scaturita sul campo.
La condotta del calciatore n. 8 non è stata riportata nel referto arbitrale nel quale si afferma che l’origine della rissa sarebbe da ricondurre solo al comportamento dei calciatori n. 13 e n. 1 dell’Academy Ladispoli e non è stata valutata dalla Corte territoriale, costituendo, a parere della Società, un fatto nuovo e decisivo ai sensi dell’art. 63, comma 1, lett. d) C.G.S., che prevede la revocazione di decisioni definitive “se è stato omesso l’esame di un fatto decisivo che non si è potuto conoscere nel precedente
procedimento”.
Dal filmato emergerebbe una diversa dinamica dei fatti, in cui il calciatore n. 8 dell’Academy Ladispoli ha assunto un ruolo determinante nell’innescare la situazione degenerata successivamente, circostanza che non è mai stata considerata nei procedimenti disciplinari precedenti. Alla luce di tale nuovo elemento di prova, il quadro complessivo della provocazione risulterebbe più articolato e più grave di quanto originariamente rilevato dall’arbitro, poiché mette in evidenza una condotta plurima e reiterata, che ha inevitabilmente esasperato il clima già teso e determinato le reazioni dei tesserati del Cerveteri in un contesto di evidente esasperazione emotiva.
Si verserebbe, quindi, nell’ipotesi di fatti nuovi e decisivi la cui conoscenza avrebbe comportato una diversa valutazione delle condotte contestate ai propri tesserati, soprattutto con riferimento alla genesi della rissa e all’applicazione della circostanza attenuante prevista dall’art. 13, comma 1, lett. d), C.G.S., quale la reazione immediata a una ingiusta provocazione.
L’esponente argomenta che tale prova, non disponibile al momento del reclamo alla CSAT per cause non imputabili alla società, consentirebbe una diversa e più corretta ricostruzione della dinamica dei fatti e integrerebbe i presupposti previsti dall’art. 63, comma 1, lett. d), C.G.S. per la proposizione e l’accoglimento della revocazione.
La ricorrente conclude chiedendo che, previa declaratoria di ammissibilità del rimedio in revocazione, la CFA proceda a una nuova valutazione dei fatti, tenendo conto della prova sopravvenuta (video e fotografie allegate) e disponga la riduzione delle sanzioni comminate ai propri tesserati e la conseguente riduzione del punteggio nella classifica del Premio Disciplina al di sotto della soglia di 10 punti, consentendo, per l’effetto, la partecipazione della società al Campionato regionale Under 19 “A” o “B” per la stagione 2025/2026.
Il reclamo veniva chiamato all’udienza odierna, dove è comparso l’avv. Ferdinando Tota che ha richiamato il contenuto dei propri scritti difensivi e insistito nelle conclusioni già rassegnate.
Dopo la discussione, il reclamo veniva trattenuto in decisione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
4) Il ricorrente chiede, ai sensi dell’art. 63, primo comma lett. d), del C.G.S., la revocazione della decisione della Corte territoriale di appello, assumendo l’omesso esame, dopo che la decisione è divenuta non impugnabile, “di un fatto decisivo che non si è potuto conoscere nel precedente procedimento”.
Secondo l’assunto dell’esponente, il fatto decisivo allegato a sostegno del reclamo consiste nella condotta documentata nella registrazione-video e nelle fotografie allegate che evidenzierebbero una provocazione ancora più grave e ampia rispetto a quanto riportato nel referto arbitrale, poiché posta in essere non solo dai calciatori n. 13 e n. 1 dell’Academy Ladispoli, menzionati nel referto arbitrale, ma soprattutto dal calciatore n. 8 della stessa Società, responsabile di un comportamento attivamente provocatorio verso la tifoseria ospitante che ha innescato la reazione dei tesserati del Cerveteri.
La Società dichiara di aver potuto acquisire solo in data 24 giugno 2025 la documentazione video estratta dal sistema di videosorveglianza installato presso il campo sportivo “Enrico Galli” di Cerveteri, ove si è disputata la gara in oggetto. Afferma che il ritardo nell’acquisizione è stato determinato da un impedimento tecnico oggettivo, in quanto il sistema di videosorveglianza risultava inaccessibile a causa dello smarrimento delle crede ziali di accesso e deduce che la registrazione video e le foto, oggetto di pro uzione in questa sede, costituiscono una prova nuova decisiva, in quanto rappresentativa di un fatt non conosciuto al momento della decisione revocanda.
5. La Corte giudica inammissibile il reclamo.
5.1) Ai fini dello scrutinio del ricorso per revocazione si rende preliminarmente necessario il richiamo ai principi elaborati in materia di errore revocatorio dalla giurisprudenza federale.
Va in primo luogo osservato che la revocazione non costituisce un ulteriore grado di giudizio, ma un rimedio a carattere eccezionale e a critica vincolata, nel senso che non è ammesso rimettere in discussione decisioni inoppugnabili, se non per le ragioni tassative enumerate dall’art. 63 C.G.S..
Difatti, l’ammissibilità del rimedio revocatorio è necessariamente subordinata a condizioni, limitazioni e cautele, nell’intento di contemperarne le finalità con l’interesse fondamentale in ogni ordinamento alla certezza e stabilità delle situazioni giuridiche e all’intangibilità delle decisioni passate in giudicato.
5.2) Sul piano processuale, il giudizio si articola in due distinte fasi: una fase rescindente, intesa ad accertare la sussistenza dei presupposti di ammissibilità della domanda, e una fase rescissoria successiva di riapertura della valutazione di merito, possibile solo quando il riscontro preliminare si sia concluso in senso positivo.
Nella prima fase, il giudice della revocazione è tenuto a verificare l’attitudine dimostrativa dei nuovi fatti o documenti, congiuntamente alla decisione del precedente giudizio, rispetto al risultato finale della invocata revisione dello stesso.
È questa una fase diretta alla verifica degli elementi posti a fondamento dell’istanza di riapertura del procedimento e della loro astratta idoneità a rendere possibili la rimozione del provvedimento che ha definito lo stesso e una sua diversa conclusione (Corte federale d’appello, S.U., n. 57/2019-2020; Sez. I, n. 11/2021-2022; CFA, Sez. I, n. 9/2022-2023).
Lo scrutinio positivo circa la sussistenza di una delle cause di revocazione consente quindi al giudice federale di riaprire il giudizio. Solo se in esito a tale esame preliminare si accerta che sussiste una causa di revocazione, la decisione viene “rescissa” e si passa alla seconda fase, in cui viene rinnovato il giudizio, emendando i vizi di quello precedente.
Il giudizio preliminare di ammissibilità costituisce dunque un filtro funzionale a non consentire la celebrazione del giudizio di revocazione qualora questo già risulti all’evidenza inutile perché i nuovi elementi, per come prospettati, appaiono inconferenti o incapaci, per il loro contenuto, a modificare l’esito processuale.
5.3) Sul piano della prova, il soggetto ricorrente ex art. 63 CGS deve dimostrare inequivocabilmente che i nuovi elementi posti a sostegno della impugnazione siano stati acquisiti per cause di “forza maggiore” solo in momento successivo rispetto al termine per proporre l’impugnazione ordinaria.
In linea con la natura eccezionale del mezzo di impugnazione in argomento, l’art. 63 C.G.S. è costantemente interpretato dalla giurisprudenza federale in termini rigorosi quanto alla decisività dei fatti prima ignorati senza colpa. Si considera presupposto necessario per la proponibilità del rimedio straordinario, che la conoscenza del fatto revocatorio sia successiva al passaggio in giudicato della decisione (cfr. Corte federale appello, SS.UU., n. 63/CFA/2022-2023).
In sostanza, deve essere portata all’attenzione dell’organo decidente l’oggettiva impossibilità di acquisire gli elementi a sostegno dell’istanza di revocazione della decisione in contestazione, nel termine “ordinario” suddetto.
L’esperibilità del rimedio revocatorio richiede necessariamente l’insorgenza di fatti rimasti ignoti alla parte in pendenza del termine di impugnazione e di cui la parte abbia acquisito conoscenza successivamente alla formazione del giudicato. Va da sé che incombe sul soggetto ricorrente ex art. 63 C.G.S. dimostrare inequivocabilmente che gli elementi posti a sostegno della impugnazione straordinaria sono divenuti conoscibili solo in momento successivo rispetto alla scadenza del termine per proporre l’impugnazione ordinaria.
Pertanto, l’omesso esame di fatto decisivo acquista rilevanza solo se la mancata conoscenza del fatto stesso sia stata determinata da ragioni oggettive, e non già dall’inerzia della parte ricorrente. Una diversa interpretazione in merito alla “rigidità” dei presupposti del giudizio “rescindente” determinerebbe altrimenti il rischio che il semplice rinvenimento di nuove opportunità istruttorie possa travolgere la certezza e definitività delle decisioni federali (cfr. CFA S.U. n. 0029/CFA-2023-2024).
5.4) Tanto premesso, il formante normativo di cui a l’art. 63, primo comma lett. d) prima parte, C.G.S. richiede, ai fini dell’ammissibilità del rimedio revocatorio, la contestual pr senza di due presupposti, ossia “il fatt decis v ” e l’impossibil tà di averne conoscenza nel precedente procedimento.
Entrambi detti presupposti sono insussistenti nel caso in esame.
5.4.1) Venendo al primo di essi, occorre innanzitutto precisare che per "fatto decisivo" si intende quello che dia la prova di circostanze fattuali che, se il giudice avesse potuto conoscere al momento della sua decisione, avrebbero portato a un differente convincimento; in sostanza, la sopravvenuta conoscenza deve riguardare un fatto determinante e capace ex se a orientare il giudicante verso una diversa decisione (ex multis, Cons. Stato, V, 21 novembre 2018, n. 6575; IV, 9 settembre 2014, n. 4546; Cass. civ., II, 28 dicembre 2011, n. 29385).
Inoltre, l’errore revocatorio deve consistere in un errore meramente percettivo che non può in nessun modo coinvolgere l’attività valutativa di situazioni processuali facenti comunque parte nella loro oggettività del corredo argomentativo già sottoposto all’esame del Giudice della pronuncia revocanda e deve configurare un “fatto decisivo” da solo sufficiente a determinare la rescissione della decisione stessa, la cui conoscenza avrebbe certamente condotto il giudicante a un risultato diverso.
Nel caso in esame l’impostazione difensiva del reclamante affida al filmato la dimostrazione che le condotte violente dei propri calciatori sarebbero state innescate dalle provocazioni compiute non dai due calciatori avversari menzionati nel referto arbitrale, ma in particolare dal terzo calciatore che appare nella registrazione (Valerio Ardel, maglia n. 8).
Al riguardo la Corte osserva che il filmato non integra propriamente “un fatto nuovo”, ma costituisce fonte di una diversa rappresentazione di una verità fenomenica che, secondo l’assunto del reclamante, sarebbe stata resa manifesta solo da tale nuova emergenza.
In realtà, il referto del Direttore di gara già descrive l’orizzonte degli eventi.
Il documento segnala gli insulti che i calciatori dell’Accademy Ladispoli Magrì e Pasquini hanno rivolto alla tifoseria della squadra ospitante e ascrive a tali comportamenti l’origine della reazione violenta e spropositata dei calciatori avversari Bartoli, Di Nezza e Spaccarotella.
Il “fatto ingiusto altrui” rappresentato dalla provocazione era quindi noto fin dalle fasi iniziali del giudizio e ha costituito parte del quadro istruttorio sulla cui base è stata affermata la responsabilità disciplinare dei tesserati Città di Cerveteri.
In tale prospettiva la circostanza allegata a sostegno dell’istanza di revocazione integra un fatto ininfluente ai fini della valutazione delle condotte sanzionate. Ed invero, che la reazione violenta dei calciatori Città di Cerveteri sia stata suscitata dalle provocazioni rivolte dagli avversari verso la tifoseria di casa era circostanza che la Società ha espressamente prospettato tra i motivi di appello della decisione del Giudice sportivo, con i quali ha lamentato la mancata applicazione della circostanza attenuante per il “fatto ingiusto altrui”. Anche il verbale dell’udienza avanti la Corte territoriale di appello riporta la tesi difensiva della Società secondo cui l’origine di quanto accaduto al termine della gara è imputabile al comportamento di un calciatore dell’Accademy Ladispoli.
Si tratta della medesima impostazione difensiva posta a sostegno dell’istanza di revocazione, là dove si afferma che “ le immagini testimoniano un comportamento attivo e prolungato di provocazione da parte del n. 8, che si pone quale scintilla iniziale della tensione che poi si è evoluta nella rissa scaturita”.
La Società ricorrente chiede al giudice della revisione di dare ingresso alla circostanza attenuante della provocazione, ma a tal fine non prospetta un nuovo fatto decisivo, ma riproduce tematiche già presenti nella fase ordinaria del giudizio, in un contesto in cui non assume rilevanza per l’applicazione dell’attenuante stabilire se la reazione violenta sia stata determinata dal comportamento ingiusto di due o di tre avversari.
Ciò tanto più che il quadro istruttorio sulla cui base è stata affermata la responsabilità disciplinare dei tesserati della reclamante non è in alcun modo inficiato dalla documentazione prodotta a sostegno dell’istanza.
Il filmato offre una prospettiva molto parziale della durata di 2,52 minuti e non documenta interamente la rissa “durata circa 5 minuti”, come riferisce il rapporto dell’arbitro, ma solo le fasi finali di essa. Difatti, come evidenziano la sequenza che inizia dal minuto 0,20 e le foto n. 3 e 4, la rissa sul campo era già in corso alle spalle del calciatore n. 8 nel momento in cui questi si dirige verso la zona della tifoseria ospitante da cui sono stati precedentemente lanciati due fumogeni, indice di una tensione già in atto sul terreno di gioco.
In ultima analisi la documentazione smentisce la tesi che imputa alla condotta del calciatore Ardel la scintilla che ha generato la rissa, ma avvalora al contrario i contenuti del referto arbitrale che imputa ai calciatori Magrì e Pasquini la provocazione che ha innescato la reazione violenta dei tesserati Città di Cerveteri.
In definitiva, le immagini sottoposte all’attenzione del giudicante documentano fatti privi del carattere di decisività e si palesano quindi affatto ininfluenti, atteso che esse non offrono evidenza di una verità fattuale divergente da quella rappresentata nel referto ufficiale, che conserva pieno valore di prova circa i fatti accaduti e i comportamenti dei tesserati, precludendo la rivalutazione postuma degli eventi nel giudizio revocatorio.
5.4.2) Sotto altro profilo, le laconiche motivazioni con cui la CSAT ha ridotto la misura delle squalifiche ai calciatori Bartoli e Spaccarotella “per riportarle agli abituali parametri adottati per casi similari” e Di Nezza “per una corretta afflittività della sanzione” non consentono di percepire se alla graduazione delle sanzioni abbia o meno concorso l’applicazione (se del caso implicita) della circostanza attenuante invocata in giudizio dall’appellante.
Non conta tuttavia stabilire se il motivo di appello inerente alla provocazione dei calciatori avversari sia stato, o meno, considerato dalla decisione impugnata, atteso che, ove configurabile, il mancato esame di detto motivo non ha riguardato un fatto decisivo ignoto, ma l’operatività della circostanza attenuante invocata dall’appellante, il che integra semmai il vizio della decisione per omessa pronuncia emendabile solo con i rimedi ordinari.
Quanto sopra evidenzia, a parere della Corte, la manifesta inammissibilità del ricorso in esame sia perché le valutazioni e i giudizi che investono i fatti rilevanti per la decisione, proprio per la loro connotazione valutativa, non costituiscono ipotesi di errore di fatto revocatorio ai sensi dell’art. 63, primo comma, lett. d), del codice di giustizia sportiva, data la incompatibilità tra valutazione del fatto ed errore di fatto; sia perché con i motivi sopra esposti la ricorrente pretende, inammissibilmente, di reintrodurre, con lo strumento dell’impugnazione per revocazione, questioni già sollevate nel giudizio definito con la pronuncia di cui si chiede la revocazione, con la palese intenzione di ottenere un ulteriore grado di giudizio nel merito, che possa consentire la riduzione delle squalifiche irrogate al di sotto della soglia critica di 10 punti.
5.4.3) Un ulteriore motivo di inammissibilità del ricorso è ravvisabile con riguardo alla conoscibilità del fatto asseritamente decisivo che va fatta risalire all’epoca di accadimento degli eventi.
È noto che, ai fini dell’esperibilità del ricorso per revocazione ai sensi dell’art. 63 cit., occorre che la previa conoscenza del “fatto decisivo” sia stata impedita da cause di forza maggiore o da fatto altrui incontrollabili dalla parte ricorrente, ovvero in presenza di eventi imponderabili, sottratti alla volontà e alla disponibilità della parte che intende giovarsene (CFA Sez. I, n. 39/CFA/20202021).
Detti presupposti sono assenti nel caso di specie.
Nel reclamo si afferma che in data 26 maggio 2025, successiva all’udienza del 30 aprile 2025 avanti la CSAT e alla pubblicazione in data 2 maggio 2025 del dispositivo della decisione, la società si è attivata per recuperare eventuali immagini rilevanti ai fini della ricostruzione dei fatti e si argomenta che tale ritardo nell’acquisizione è stato determinato da un impedimento tecnico oggettivo, in quanto il sistema di videosorveglianza risultava inaccessibile a causa dello smarrimento delle credenziali di accesso.
Come emerge dalla narrazione, la Società non allega ragioni idonee a dimostrare l’assoluta impossibilità di munirsi degli elementi di prova in termini utili alla loro presentazione a sostegno dell’impugnazione ordinaria, ma ascrive il ritardo nell’acquisizione del filmato a disfunzioni causate da propria negligenza o imperizia, come tali affatto inidonee a sorreggere l’impugnazione straordinaria.
In ciò risiede l’ulteriore ragione di inammissibilità del ricorso per revocazione, atteso che la ricerca del filmato a riprova del preteso “fatto decisivo” è stata avviata solo dopo la pubblicazione del dispositivo della decisione impugnata, senza che vi sia stata alcuna precedente iniziativa della parte nell’immediatezza dell’evento sportivo, come suggerito da canoni di ordinaria diligenza.
La Società è rimasta invece colpevolmente inerte confidando forse nell’esito positivo del giudizio di appello e in una decisione che contenesse le squalifiche dei propri tesserati entro la soglia utile alla partecipazione ai campionati giovanili della nuova stagione sportiva, per indursi poi a proporre il rimedio revocatorio solo dopo la delusione prodotta dall’esito del giudizio, invocando l’espediente difensivo dello smarrimento delle credenziali di accesso al proprio sistema video.
In tale quadro, la Corte ritiene che nella specie difetti in radice anche il presupposto del “fatto che non si è potuto conoscere”, tenuto conto che il comportamento del calciatore con la maglia n. 8 è stato posto in essere al termine della partita sul terreno di gioco e alla presenza di numerose persone, tra cui anche componenti della odierna ricorrente, ed ha assunto un’evidenza di grado tale che la stessa ricorrente non esita a definire plateale la condotta provocatoria del calciatore n. 8.
Questa, quindi, era nota, conosciuta e conoscibile sin da giorno della partita e nulla può giustificare l’indugio di oltre due mesi in cui la Società si è attardata prima di risolversi ad allegar il presunto, ma per quanto sopra osservat insuss stente, “fatto decis vo”.
Difetta, quindi, anche il requisito della mancata conoscenza originaria del fatto, che integra il presupposto per la proponibilità del rimedio straordinario in presenza di fatti divenuti conoscibili solo dopo il passaggio in giudicato della decisione, ma che qualora noti anteriormente avrebbe comportato una pronuncia diversa.
Ne consegue pertanto l’inammissibilità del ricorso, per difetto di entrambi i presupposti a ciò necessari.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il reclamo per revocazione in epigrafe.
Dispone la comunicazione alla parte con PEC.
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
Domenico Giordano Mario Luigi Torsello
Depositato
IL SEGRETARIO
Fabio Pesce