CONI – Tribunale Nazionale di Arbitrato – Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it  Lodo Arbitrale del 13 gennaio 2010 promosso da: A.C. Arezzo s.p.a. contro Federazione Italiana Giuoco Calcio (F.I.G.C.) IL COLLEGIO ARBITRALE composto dai sign

CONI – Tribunale Nazionale di Arbitrato – Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it  Lodo Arbitrale del 13 gennaio 2010 promosso da: A.C. Arezzo s.p.a. contro Federazione Italiana Giuoco Calcio (F.I.G.C.)

IL COLLEGIO ARBITRALE

composto dai signori

Avv. Mario Antonio Scino Presidente

Prof. avv. Angelo Piazza Arbitro

Prof. avv. Ferruccio Auletta Arbitro

riunito in Roma, presso la sede del Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport, in data 13 gennaio 2010 ha deliberato il seguente

LODO

nel procedimento di arbitrato (prot. n. 0898 dell’ 8.5.2009)

promosso da: A.C. Arezzo s.p.a., in persona del legale rapp.te pro tempore comm. Piero Mancini, rapp.ta e assistita dagli avv.ti prof. Federico Tedeschini, Giovanni Pesce e Pierluigi Giammaria ed elettivamente domiciliata presso lo studio del primo, in Roma, Largo Messico n. 7 attrice

contro Federazione Italiana Giuoco Calcio - FIGC, in persona del legale rapp.te pro tempore dr Giancarlo Abete, rapp.ta e assistita dagli avv.ti Mario Gallavotti e Luigi Medugno ed elettivamente domiciliata presso lo studio del primo, in Roma, via Po n. 9  convenuta

FATTO E SVOLGIMENTO DEL PROCEDIMENTO

L’attrice ha fatto «istanza di arbitrato» (prot. n. 0898 dell’ 8.5.2009) proponendo contro la convenuta le seguenti «domande»: - «accertare e dichiarare, per quanto occorra riformando e comunque con pronuncia a carattere ed effetti revocatori, l’illegittimità e contrarietà a norme e regolamenti, nonché l’ingiustizia e l’infondatezza, della sanzione inflitta all’A.C. Arezzo dalla CAF e dalla Corte Federale della FIGC, nonché dalla Camera di Conciliazione e Arbitrato, nelle decisioni indicate in narrativa [ndr: decisione della C.A.F. del 17.8.2006; decisione della Corte Federale del 1°.9.2006; lodo della Camera di Conciliazione e Arbitrato avanti al C.O.N.I. del 12.12.2006] e, a tali effetti, qui impugnate»; - per l’effetto, condannare la FIGC al risarcimento del danno per equivalente, da liquidarsi, previo espletamento di idonea consulenza tecnica che si d’ora si richiede, in misura non inferiore a € 20.000.000,00 (ventimilioni), ovvero in quella diversa che risulterà di giustizia, anche in via equitativa ex art. 1226 c.c.»; - «con vittoria di spese, competenze e onorari del giudizio». La convenuta ha resistito con istanza di «declaratoria di inammissibilità della domanda di arbitrato avversaria» (cfr. memoria di costituzione prot. n. 1019 del 26.5.2009), quindi ha «integra[to le suddette conclusioni] con le richieste di cui all’ istanza di cui al n. di prot. 0043 dell’11 gennaio 2010» (così il verbale della 4^ udienza presso il Collegio arbitrale del 13.1.2010), e cioè di «dichiarare l’ improcedibilità della domanda avversaria per rinuncia della parte istante alla definizione della controversia in sede arbitrale; in via gradata, sospendere il presente procedimento sino all’esito della pronuncia, che la Suprema Corte adotterà sul ricorso per cassazione esperito ex adverso»; e sempre «con ogni conseguente statuizione».Sostiene la parte attrice di aver risposto davanti agli organi disciplinari della F.I.G.C. e ivi esser risultata sanzionata per c.d. «responsabilità presunta» («prevista dal codice della giustizia sportiva all’epoca vigente») per effetto delle decisioni prese dalla C.A.F. in data 17.8.2006, quindi in secondo grado dalla Corte Federale in data 1°.9.2006. All’esito dei rimedi interni alla Federazione, l’ A.C. Arezzo s.p.a. ha subito una «penalizzazione» pari a «sei punti» in classifica, applicabile nel corso della stagione sportiva 2006-2007. Detta sanzione è stata successivamente «conferma[ta]» dal Collegio arbitrale insediato presso la Camera di conciliazione e arbitrato per lo sport del CONI, dato il lodo in data 12.12.2006 e al quale le parti erano pervenute giusta compromesso successivo all’intervenuta definizione dei gradi di giustizia endo-federali. La parte sanzionata «ricorreva dapprima al TAR Lazio», che «rigettava il ricorso, e la connessa domanda risarcitoria, con sentenza n. 5645 del 21.6.2007». Quindi, ridotte le richieste «alla sola domanda risarcitoria», il Consiglio di Stato ne dichiarava l’inammissibilità con sentenza n. 5782 del 25.11.2008. «La sanzione, poi, si rivelava decisiva per la retrocessione della squadra, all’esito della stagione 2006/2007, dalla serie B alla serie C1». Secondo la parte attrice, la decisione del Consiglio di Stato, ulteriormente gravata di ricorso per cassazione e senza che ne consti la relativa definizione, ha «riporta[to] indietro, per così dire, l’orologio della controversia, al momento della decisione della C[amera di conciliazione e arbitrato per lo sport]»; infatti, «la sentenza del Consiglio di Stato, non ancora passata in giudicato, ha rimesso in termini l’Arezzo -si sostiene- ai fini del risarcimento del danno nonché, incidentalmente e per quanto occorra, a quelli della pronuncia incidentale di illegittimità della sanzione». Continua l’A.C. Arezzo s.p.a. argomentando che «se prosegue tout court sulla strada indicata dal Consiglio di Stato, va a scontrarsi con una specie di “domanda impossibile”, che sarebbe quella che, in sede di impugnazione del lodo della (non più esistente) Camera di Conciliazione, postulerebbe una tutela risarcitoria che sorgerebbe all’improvviso solo in quella sede»; mentre la «sopravvenuta modifica dell’ordinamento sportivo» consente di introdurre, oggi, la domanda risarcitoria avanti al T.N.A.S., «ieri invece preclusa». Nel merito, la sanzione irrogata all’A.C. Arezzo s.p.a. sarebbe affetta da vizi di «carattere revocatorio», stante l’attuale possibilità di «utilizzare la trascrizione integrale della telefonata» la cui intercettazione ha determinato l’acquisizione della prova già decisiva per l’applicazione della sanzione; sanzione che, siccome indebita, ha provocato il danno ingiusto della retrocessione nel campionato nazionale di calcio (B> C1) e, pertanto, quegli effetti di depauperamento patrimoniale di cui pretende il ristoro. La F.I.G.C. ha inizialmente fondato la propria linea difensiva sopra la serie delle questioni pregiudiziali e preliminari rispettivamente date da: a) «improponibilità in sede arbitrale della domanda risarcitoria»; b) «preclusione derivante dal giudicato»; c) inesistenza di un «rimedio astrattamente riconducibile alla previsione dell’art. 395, n. 4 c.p.c. […] invocabile nel caso»; d) «inesistenza di un accordo compromissorio ad hoc»; e) «tardività dell’istanza avversaria». Di seguito, essendo sopravvenuta nella litispendenza arbitrale la notificazione del ricorso per cassazione avverso la già menzionata decisione del Consiglio di Stato, la difesa della F.I.G.C. ha domandato, ancora senza riferimento au fond della controversia, di «dichiarare l’improcedibilità della domanda avversaria per rinuncia della parte istante alla definizione della controversia in sede arbitrale; [e] in via gradata, [di] sospendere il presente procedimento sino all’esito della pronuncia, che la Suprema Corte adotterà sul ricorso per cassazione esperito ex adverso». Il Collegio, all’esito della composizione a norma del Codice dei giudizi innanzi al T.N.A.S., ha inter alia «riten[uto] più opportuno» (art. 816- bis, 1° comma, c.p.c.) differire all’esito dell’esperimento della richiesta c.t.u., la pronuncia sulle questioni pregiudiziali e preliminari proposte dalla difesa della parte convenuta, perciò relitte come assolutamente impregiudicate. Ravvisata la conseguente necessità di prorogare di novanta giorni il termine per la pronuncia del lodo, già convenzionalmente stabilito dalle parti nel 31 ottobre 2009, ha nominato consulente tecnico d’ufficio il prof. Marco Lacchini, professore ordinario di economia aziendale, il quale ha -in contraddittorio tecnico con le parti- fatto pervenire la relazione di c.t. sopra il quesito affidatogli nei modi di cui al verbale della 3^ udienza tenuta in data 29 settembre 2009. In favore del c.t.u. è stato debitamente liquidato, a richiesta dell’ interessato e con ordinanza del 29 settembre 2009, l’ammontare di € 25.000,00 per onorari e spese secondo «le tariffe professionali vigenti» dei dottori commercialisti (art. 31). Sopra le conclusioni del c.t.u. le parti hanno hanno ulteriormente dibattutto, come consentito da altra e apposita ordinanza del Collegio, per iscritto e quindi oralmente nel corso della udienza del 13 gennaio 2010, quando -ferme le conclusioni già rassegnate- si è tenuta la discussione avanti il Collegio. Di seguito gli arbitri si sono riuniti in conferenza personale e, all’unanimità, hanno deliberato il presente lodo per i seguenti MOTIVI 1. Il Collegio intende assicurare le parti, e in modo particolare la parte convenuta che nelle conclusioni «integrat[ive]» ha proposto istanza di sospensione, dell’ insussistenza di ragioni impeditive del corso ulteriore del giudizio: né la disciplina dei «rapporti tra arbitri e autorità giudiziaria» (art. 819-ter c.p.c.) né quella della «sospensione del procedimento arbitrale» (art. 819 c.p.c.) impongono l’arresto del presente giudizio. E’ noto, infatti, che la litispendenza e la connessione di processi giurisdizionale e arbitrale non determina che le pur innegabili esigenze di coordinamento delle decisioni siano soddisfatte in via necessarimente anticipata rispetto alla deliberazione delle stesse. 2. Risulta, comunque, che «i poteri degli arbitri sono contestati», e ciò anche per una «ragione sopravvenuta nel corso del procedimento» (costituita dalla recente notificazione del ricorso per cassazione avverso la decisione del Consiglio di Stato, già reiettiva in limine della domanda dell’A.C. Arezzo s.p.a. che, al dire della difesa della F.I.G.C., sostanzia una pretesa connotata da «assoluta coincidenza» con quella oggetto dell’arbitrato che ora viene deciso qui). Pertanto, gli arbitri devono ritenersi investiti attualmente della potere di «decid[ere] sulla propria competenza», come lato sensu recita l’art. 817 c.p.c. 3. Per assolvere al suddetto dovere di decisione, è indispensabile muovere «dalla domanda» (art. 10 c.p.c.): questa è intesa a «dichiarare, per quanto occorra riformando e comunque con pronuncia a carattere ed effetti revocatori, l’illegittimità e contrarietà a norme e regolamenti, nonché l’ingiustizia e l’infondatezza, della sanzione inflitta all’A.C. Arezzo […] nelle decisioni […] qui impugnate», in particolare del «lodo della Camera di Conciliazione e Arbitrato avanti al C.O.N.I. del 12.12.2006»; soltanto «per l’effetto» della riforma di tale decisione, viene poi chiesto di «condannare la FIGC al risarcimento del danno». Si vuol dire, cioè, che l’azione proposta è -prima di ogni altra questione che vi rimane inclusa- qualificabile sotto le specie dell’azione di impugnazione del lodo del 12 dicembre 2006 (che, già per l’origine ex compromisso, non si pone in linea di continuità con le decisioni federali, apparendo pienamente autosufficiente), come attesta la parte attrice volendo «”riporta[re] indietro”, per così dire, l’orologio della controversia, al momento della decisione della C[amera]» (pg. 14 della «istanza di arbitrato»). Invero, l’A.C. Arezzo s.p.a. intende conseguire, per questa via «endo-ordinamentale» (sportiva), una «tutela conforme al principio del doppio grado di giurisdizione» (pg. 16): esattamente «ciò che, col presente ricorso e l’instaurazione del presente giudizio, si intende fare» (ibidem), come ammette la difesa dell’A.C. Arezzo s.p.a. Questa difesa, peraltro, postula sin dall’esordio di aspirare a «ottenere [l’] effetto revocatorio» del lodo già reso tra le parti in data 12.12.2006. In altri termini, poiché l’accertamento contenuto nel suddetto lodo (da cui è derivata recta via l’applicazione della sanzione la cui illegittimità è fondativa della pretesa risarcitoria) dev’essere necessariamente rimosso («prima è necessario sottoporre al […] Collegio un ulteriore profilo, che è quello del carattere, a ben vedere, revocatorio», si scrive nell’«istanza di arbitrato»: pg. 17) onde realizzare la realtà effettuale nuova (quella soltanto «per l’effetto» della quale, appunto, si rendono eventualmente accoglibili le altre conclusioni e) senza della quale non si realizza la condizione della domanda di risarcimento del danno (del tutto prescindendo, per quanto interessa qui, dalla sua attuale e ulteriore proponibilità e ferma la relativa arbitrabilità in linea di principio), è evidente che agli Arbitri si impone di cercare la norma attributiva del potere di adottare la invocata «decisione di tipo revocatorio» e più in generale di statuire sulla proposta «impugnazione» (ibidem). Sennonchè, dalla «sopravvenuta modifica dell’ordinamento sportivo» (pg. 19), che pure la parte attrice mette al principio dell’opzione in favore di questo Collegio, non pare possa ricavarsi la capacità di decidere, e non già sulla domanda di risarcimento del danno (chè non sta in essa la ritenuta ragione impeditiva, e intatte rimangono perciò anche le eccezioni sollevate al riguardo dalla F.I.G.C.), quanto sulla preordinata azione di impugnazione di quel lodo. Proprio quest’ultimo, anche nella prospettiva del Giudice amministrativo, assume -nella vicenda che occupa- la configurazione di ipotetico «atto fonte del danno» (pg. 16 della sentenza n. 5782/08), specialmente considerando che le parti, soltanto ed esclusivamente all’esito dell’esaurimento dei gradi di giustizia endo-federali, avevano, con consapevole autodeterminazione, devoluto ad hoc la controversia al collegio della Camera di conciliazione e arbitrato mediante compromesso (cui rimaneva estraneo il profilo risarcitorio per equivalente). Adesso, in assenza di un adeguato fondamento, non può un nuovo Collegio di arbitri conoscere «del merito della controversia già conosciuta [dalla] Camera di Conciliazione» (pg. 30), come viceversa si vorrebbe a latere actoris, senza che alcuna discontinuità nel regime dell’arbitrabilità possa prendere rilievo dal momento che la causa ostativa dell’accesso al merito pertiene alla questione (non del risarcimento del danno, ma) relativa all’«ingiustizia e l’infondatezza, della sanzione inflitta all’A.C. Arezzo dalla […] Camera di Conciliazione e Arbitrato, nell[a] decision[e] qui impugnat[a]». E non rileva la arbitrabilità in sé della questione inerente la «sanzione» (esclusa dalla clausola vigente pro tempore e in concreto consentita ex compromisso), quanto la circostanza dell’essere stata, essa, di già fatta oggetto di un lodo. Il jus superveniens -l’art. 12 ter dello Statuto del CONI- non ammette, allora, un arbitrato di secondo grado, né la clausola contenuta nello Statuto della F.I.G.C., che pure continua ancora ad avvincere le parti, consente ciò, tant’è che ivi si ascrive al lodo della Camera la capacità di statuire «in via definitiva» (art. 30, comma 3), salvo soltanto «il diritto ad agire innanzi ai competenti organi giurisdizionali dello Stato» avverso il lodo in parola (comma 4). Né, più in generale, un arbitrato di secondo grado è ammesso dal sistema del vigente codice di procedura civile, mentre sub Julio era non soltanto normativamente censita l’ipotesi (art. 28 c.p.c. del 1865), ma persino assolutamente conforme l’opinione secondo cui rimaneva consentito agli arbitri di pronunciare «senza distinguere se il lodo sia stato da questi proferito in prima cognizione od in revisione d’altro emanato da arbitri costituiti come giudici di primo grado» (Cuzzeri, Il codice italiano di procedura civile illustrato, I, Torino, Verona e Padova, 1883, 77, sub art. 29). Ora, al contrario, dall’art. 808-quinquies c.p.c. -il quale dispone che «la conclusione del procedimento arbitrale senza pronuncia sul merito non toglie efficacia alla convenzione di arbitrato»-, si ricava conferma e contrario dell’ inapplicabilità ulteriore del patto compromissorio che, con la pronuncia arbitrale di merito (com’è il lodo in data 12.12.2006), sia stato già «portato a compimento» (Zucconi Galli Fonseca, in AA.VV., Arbitrato, a cura di Carpi, 2007, 196). Quindi, una volta pronunciato il lodo, la relativa impugnazione (peraltro in concreto divisata come necessaria già dalla sentenza del Consiglio di Stato adesso sub judice ai sensi dell’art. 362 c.p.c.) non ha alternative che entro le azioni giudiziarie disciplinate dagli artt. 808 ter e 827 c.p.c. E ciò tanto più che collocandosi nella prospettiva, come quella che occupa, in cui il lodo costituisce l’ipotetico «atto fonte del danno», per cui la disciplina vigente prescrive che «se è stato pronunciato il lodo, l’ azione di responsabilità può essere proposta soltanto dopo l’accoglimento dell’ impugnazione con sentenza passata in giudicato» (art. 813 ter, 4° comma, c.p.c.), in tal modo escludendo che l’impugnazione possa ammettere anche a tal fine un’ alternativa presso arbitri. Insomma, il sistema del c.p.c. è imperniato sulle esclusività delle azioni di invalidazione del lodo, sicchè non vi sono succedanei neanche –cioèdel tipo di un «espresso accordo» ai sensi del cit. art. 12 ter, comma 2, per l’apposita devoluzione in arbitri dell’ impugnazione del lodo che fosse stata operata dalle parti al compimento del primo mandato arbitrale (circostanza che in concreto non si è comunque verificata). 4. Pertanto, qui è inammissibile la domanda di «accertare e dichiarare, per quanto occorra riformando e comunque con pronuncia a carattere ed effetti revocatori, l’ illegittimità e contrarietà a norme e regolamenti, nonché l’ingiustizia e l’infondatezza, della sanzione inflitta all’A.C. Arezzo dalla CAF e dalla Corte Federale della FIGC, nonché dalla Camera di Conciliazione e Arbitrato, nelle decisioni indicate in narrativa [decisione della C.A.F. del 17.8.2006; decisione della Corte Federale del 1°.9.2006; lodo della Camera di Conciliazione e Arbitrato avanti al C.O.N.I. del 12.12.2006] e, a tali effetti, qui impugnate». Rimane conseguentemente assorbita ogni questione relativa all’ulteriore domanda intesa a «condannare la FIGC al risarcimento del danno per equivalente», dal momento che non può essere costituito, in questa sede arbitrale, il preliminare «effetto» revocatorio che ne rappresenta, nella prospettiva della parte attrice, l’antecedente necessario. 5. La assoluta unicità delle questioni trattate giustifica la sopportazione delle spese per assistenza difensiva in pari misura tra le parti. Di contro, l’interesse inizialmente manifestato per lo svolgimento della c.t.u., svolta su istanza della sola parte attrice e costante opposizione di quella convenuta, non può -a fortiori stante l’esito del giudizio- indurre ex post una considerazione di oggettiva necessarietà del mezzo istruttorio, talchè le spese per i diritti del c.t.u., non liquidabili in misura ulteriore rispetto all’ordinanza resa in data 29.9.2009, devono cedere a definitivo carico dell’ A.C. Arezzo s.p.a. 6. I diritti degli arbitri sono liquidati con separata ordinanza e a norma dell’art. 26, comma 4, del Codice: essi vengono imputati a debito della parte attrice per i 2/3, mentre per 1/3 rimangono a carico di quella  onvenuta in considerazione anche dell’ opinato assorbimento della questione relativa al risarcimento del danno (e in considerazione dell’arbitrabilità, almeno in astratto, della stessa). P.Q.M. Il Collegio, definitivamente pronunciando nella controversia promossa con «istanza di arbitrato» pervenuta in data 8.5.2009 prot. n. 0898 , così provvede: - dichiara inammissibile l’ «istanza di arbitrato» proposta dall’A.C. Arezzo s.p.a. nella parte intesa ad «accertare e dichiarare, per quanto occorra riformando e comunque con pronuncia a carattere ed effetti revocatori, l’illegittimità e contrarietà a norme e regolamenti, nonché l’ingiustizia e l’infondatezza, della sanzione inflitta all’A.C. Arezzo dalla CAF e dalla Corte Federale della FIGC, nonché dalla Camera di Conciliazione e Arbitrato, nelle decisioni indicate in narrativa e, a tali effetti, qui impugnate»; - dichiara assorbita ogni altra domanda; - dichiara interamente compensate tra le parti le spese per assistenza difensiva; - dichiara compensate tra le parti per 1/3 le spese del procedimento per diritti degli arbitri e per diritti del C.O.N.I.; - pone interamente a carico della parte attrice le spese per diritti del c.t.u., e per 2/3 le spese del procedimento per diritti degli arbitri e del C.O.N.I.; - liquida i diritti degli arbitri con separata ordinanza; - dichiara entrambe le parti tenute, con vincolo di solidarietà e salvo rivalsa tra loro, al pagamento dei diritti degli arbitri; - manda alla Segreteria di comunicare alle parti il presente lodo. Così deliberato, all’unanimità dei voti espressi dagli arbitri riuniti in conferenza personale, in Roma, presso gli uffici del T.N.A.S., in data 13 gennaio 2010, e sottoscritto in numero di tre originali nei luoghi e nelle date di seguito indicati.

F.to Mario Antonio Scino

F.to Angelo Piazza

F.to Ferruccio Auletta

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