COMITATO REGIONALE FRIULI VENEZIA GIULIA – STAGIONE SPORTIVA 2009/2010 – Decisione pubblicata sul sito Web:  www.figclnd-fvg.org e sul COMUNICATO UFFICIALE N. 26 DEL 22.10.2009 Decisione della Commissione Disciplinare Territoriale RECLAMO dell’A.S.D. COMUNALE FI

COMITATO REGIONALE FRIULI VENEZIA GIULIA – STAGIONE SPORTIVA 2009/2010 – Decisione pubblicata sul sito Web:  www.figclnd-fvg.org e sul

COMUNICATO UFFICIALE N. 26 DEL 22.10.2009

Decisione della Commissione Disciplinare Territoriale

RECLAMO dell’A.S.D. COMUNALE FIUME VENETO-BANNIA (Campionato Regionale Giovanissimi) in merito alle sanzioni di squalifica per 5 gare effettive del proprio calciatore CITRON Gianluca e dell’ammenda di € 500,00 inflitta alla Società (in C.U. n° 18 del 29.09.2009).

Con provvedimento pubblicato sul C.U. n° 18 dd 29.09.2009 il G.S.T. infliggeva all’A.S.D. COMUNALE FIUME VENETO BANNIA, l’ammenda di euro 500,00 “per condotta gravemente ingiuriosa posta in essere da alcuni propri sostenitori, dopo la fine della gara, nei confronti di un giocatore della squadra avversaria; tale condotta, comportante grave offesa per motivi di razza, assume carattere di particolare gravità in quanto le espressioni di discriminazione sono state proferite al termine di un incontro fra squadre della categoria 'Giovanissimi' (nati negli anni 1995 e 1996), nei confronti di un giovane calciatore di appena 13 anni della squadra dell’A.S.D. Rangers (responsabilità oggettiva)”. Infliggeva altresì al calciatore Gianluca CITRON la squalifica per cinque gare effettive “per aver proferito, dopo la fine della gara, per tre volte, grave insulto per motivi di razza nei confronti di un calciatore avversario”.

Con tempestivo reclamo l’A.S.D.COMUNALE FIUME VENETO BANNIA, affermandosi società composta da tesserati di molteplici etnie che opera in un ambiente territoriale particolarmente propenso alla multietnicità, ed adducendo di voler tutelare “i nostri principi, la nostra immagine societaria e soprattutto la dignità del nostro ragazzo coinvolto”, impugnava tali decisioni e dava la propria versione dei fatti in parte incompatibile con quella refertata. In sede di audizione davanti alla C.D.T., negando che mai alcuna espressione razzista fosse stata rivolta dal proprio giovane calciatore all’avversario di origine ghanese, ma correttamente confermando “che un nostro spettatore abbia detto quella frase”, concludeva chiedendo una congrua riduzione delle sanzioni.

La C.D.T. - FVG osserva che il reclamo è infondato e non può essere accolto, né per l’una né per l’altra delle sanzioni impugnate, perché il fatto è incontestabile nella sua essenza; perché le frasi riportate dall’Arbitro sono state sentite dallo stesso a fine gara in almeno quattro occasioni (in un primo momento dai sostenitori del Comunale FiumeVeneto Bannia e in seguito, per tre volte, dal calciatore); e perché quelle frasi esprimono chiaramente, senza possibilità di interpretazioni difformi o giustificative, manifestazione di ripudio e di affermata supremazia sul calciatore ghanese destinatario della stessa, per motivi di razza e di provenienza, integrando appieno il disvalore che la norma applicata dal G.S.T. vuole combattere. Alla luce dei regolamenti processuali (Art. 35 C.G.S.. I rapporti dell’arbitro, … e i relativi eventuali supplementi fanno piena prova circa il comportamento di tesserati in occasione dello svolgimento delle gare) non è ammissibile la negazione del fatto del calciatore resa dalla reclamante; nel merito, la sanzione applicata dal G.S.T. è la minima prevista dal C.G.S., sia per quanto riguarda la Società (art. 11/3 C.G.S. le Società sono responsabili per cori, grida e ogni altra manifestazione espressiva di discriminazione. In caso di violazione si applica l’ammenda … da € 500,00 ad € 20.000,00 per le società della LND, per responsabilità oggettiva per il fatto addebitato ai propri sostenitori), sia per quanto riguarda il calciatore (Art. 11/2 C.G.S. Il calciatore … è punito con la squalifica per almeno cinque giornate di gara).

Ma la Società non è chiamata a rispondere solo del fatto addebitato ai suoi sostenitori, ma anche del fatto addebitato al calciatore, proprio tesserato, e per questo fatto dovrebbe subire una sanzione ulteriore che vada ad aggiungersi a quella applicata per il fatto dei sostenitori (ai sensi dell’art. 11/4 C.G.S. le società sono responsabili delle dichiarazioni e dei comportamenti dei propri dirigenti, tesserati, soci e non soci … che in qualunque modo possano contribuire a determinare fatti di discriminazione o ne costituiscano apologia, applicandosi le sanzioni di cui al precedente comma 3. La responsabilità delle società concorre con quella del singolo dirigente, socio e non socio di cui all’art. 1, comma 5 o tesserato).

La C.D.T. ritiene nella fattispecie di non aggravare la sanzione (come potrebbe fare con reformatio in pejus ex art. 36/3 C.G.S.) in considerazione del fatto che l’episodio è isolato, si è verificato in un unico contesto, e la frase del giovane calciatore, per come riferita dall’Arbitro, ripercorre esattamente la frase addebitata al sostenitore dagli spalti. Anche la corretta condotta processuale della Società, che ha confermato quell’espressione da parte di un sostenitore, viene in considerazione per evitare la reformatio in pejus.

L’Ordinamento sportivo, rendendosi interprete del sentimento civile di apertura nei confronti delle diversità, è particolarmente rigido nel sanzionare condotte di tal fatta. E tale impostazione deve essere ben tenuta presente in particolare nella nostra Regione, frastagliata da sempre da etnie, lingue, razze diverse che storicamente hanno sempre convissuto; Terra diversissima dai monti al mare (“piccolo compendio dell’Universo” scriveva il Nievo), che ha storicamente subito imponenti influenze veneziane come quelle ungare, celtiche come quelle longobarde; Terra laddove da sempre esistono i sentiti antagonismi da campanile.

Attesa la percepita gravità delle sanzioni previste, vogliamo cogliere l’occasione per dare ai tesserati e ai non tesserati che leggono il c.u. emanato dal Comitato Regionale FVG la chiave di lettura della normativa base di riferimento, secondo l’interpretazione che ne dà (e che applicherà) questa C.D.T.: Art. 11 C.G.S.: Responsabilità per comportamenti discriminatori: costituisce comportamento discriminatorio, sanzionabile quale illecito disciplinare, ogni condotta che, direttamente o indirettamente, comporti offesa, denigrazione o insulto per motivi di razza, colore, religione, lingua, sesso, nazionalità, origine territoriale o etnica, ovvero configuri propaganda ideologica vietata dalla legge o comunque inneggiante a comportamenti discriminatori.

Il comportamento discriminatorio guarda espressamente ad espressioni ingiuriose a proposito della razza, del colore, religione, lingua, sesso, nazionalità, origine territoriale o etnica. Facendo mente locale, in teoria potrebbe costituire indiretto insulto, e quindi atto di discriminazione anche quello espresso, per esempio, da chi si vanti delle proprie origini verso il nativo di un’altra città, perché chi così si esprime vuole prendere le distanze (cioè “discriminare”) dal suo interlocutore. Non è certo questo il senso della norma. Lasciamo che i nostri campanilismi possano gioiosamente continuare con gli sfottò e le prese di distanza, fino al momento in cui tali espressioni non vadano ad intendere o significare superiorità o posizione dominante della propria razza, etnia, religione, sesso, lingua su quella, asseritamente inferiore, del destinatario delle nostre parole. È il motivo della presa di distanza che crea discriminazione. Non sarà certo discriminante un “siamo più forti di voi” riferito alla vittoria sul campo; sarà invece discriminante un “siamo più forti di voi” riferito all’affermata supremazia per razza, colore, religione, lingua, sesso, nazionalità, origine territoriale o etnica, andando questo fatto, “direttamente o indirettamente” a comportare offesa, denigrazione o insulto di matrice razzista.

Vale poi ricordare che l’Art. 13 C.G.S., rendendosi conto che le Società non possono sempre essere presenti e soffocare sul nascere le espressioni razziste dei propri sostenitori, formula delle esimenti ed attenuanti specifiche:

La società non risponde per i comportamenti tenuti dai propri sostenitori in violazione degli articoli 11 (razzismo) e 12 (violenza) se dimostra che ricorrano congiuntamente tre delle seguenti circostanze:

a) la società ha adottato ed efficacemente attuato, prima del fatto, modelli di organizzazione e di gestione della società idonei a prevenire comportamenti della specie di quelli verificatisi, avendo impiegato risorse finanziarie ed umane adeguate allo scopo (evidentemente pensata per i professionisti);

b) la società ha concretamente cooperato con le forze dell’ordine e le altre autorità competenti per l’adozione di misure atte a prevenire i fatti violenti o discriminatori e per identificare i propri sostenitori responsabili delle violazioni (evidentemente pensata per i professionisti);

c) al momento del fatto, la società ha immediatamente agito per rimuovere disegni, scritte, simboli, emblemi o simili, o per far cessare i cori e le altre manifestazioni di violenza o di discriminazione;

d) altri sostenitori hanno chiaramente manifestato nel corso della gara stessa, con condotte espressive di correttezza sportiva, la propria dissociazione da tali comportamenti;

e) non vi è stata omessa o insufficiente prevenzione e vigilanza da parte della società.

2. La responsabilità della società per i comportamenti tenuti dai propri sostenitori in violazione degli articoli 11 e 12 è attenuata se la società prova la sussistenza di alcune delle circostanze elencate nel precedente comma 1.

Non risulta dagli atti che la Società abbia fornito prova di alcuna delle fattispecie indicate.

P.Q.M.

La C.D.T.- FVG dichiara infondato il reclamo, conferma la decisione assunta dal G.S.T. e dispone di incamerare la relativa tassa.

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