F.I.G.C. – Commissione d’Appello Federale – CAF – 2000-2001 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale FIGC n. 25/C del 29/03/2001 n. 1 1 – APPELLI DEL PROCURATORE FEDERALE, DEL CALCIATORE FERRIGNO MASSIMILIANO E DEL CALCIO COMO AVVERSO DECISIONI DELLA COMMISSIONE DISCIPLINARE PRESSO LA LEGA PROFESSIONISTI SERIE C, A SEGUITO DI DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE IN RELAZIONE AGLI EPISODI VERIFICATISI DOPO LA GARA COMO/MODENA DEL 19.11.2000, DI CUI AL COM. UFF. N. 135/C DEL 31.1.2001 (Ferrigno Massimiliano, squalifica fino al 31.12.2003; Calcio Como, ammenda di L. 3.000.000)

F.I.G.C. – Commissione d’Appello Federale – CAF – 2000-2001 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale FIGC n. 25/C del 29/03/2001 n. 1 1 - APPELLI DEL PROCURATORE FEDERALE, DEL CALCIATORE FERRIGNO MASSIMILIANO E DEL CALCIO COMO AVVERSO DECISIONI DELLA COMMISSIONE DISCIPLINARE PRESSO LA LEGA PROFESSIONISTI SERIE C, A SEGUITO DI DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE IN RELAZIONE AGLI EPISODI VERIFICATISI DOPO LA GARA COMO/MODENA DEL 19.11.2000, DI CUI AL COM. UFF. N. 135/C DEL 31.1.2001 (Ferrigno Massimiliano, squalifica fino al 31.12.2003; Calcio Como, ammenda di L. 3.000.000) Con atto del 28.11.2000 il Procuratore Federale deferiva alla Commissione Disciplinare presso la Lega Professionisti Serie C il calciatore Ferrigno Massimiliano, tesserato dalla società Calcio Como, per la violazione di cui all’art. 1 comma 1 C.G.S.; la società veniva a sua volta deferita a titolo di responsabilità oggettiva. Nell’atto di deferimento e in quello successivo di contestazione si addebitava al Ferrigno la condotta antiregolamentare così testualmente descritta: “dopo circa un’ora dal termine della gara Como-Modena del 19.11.2000, incrociando in un corridoio che collega la sala stampa con gli spogliatoi delle due squadre il calciatore avversario Bertolotti Francesco, lo aggrediva colpendolo con un violento pugno al viso, che lo faceva cadere rovinosamente per terra”; va aggiunto che al Bertolotti, subito soccorso e trasportato all’Ospedale di Lecco, veniva riscontrato un trauma cranico e stante la gravità delle lesioni cerebrali subite egli era immediatamente sottoposto ad intervento chirurgico. All’esito del dibattimento celebrato il 26 gennaio scorso la Commissione Disciplinare affermava la responsabilità del Ferrigno e gli infliggeva la squalifica fino a tutto il 31 dicembre 2003, mentre la società Calcio Como veniva sanzionata con l’ammenda di L. 3.000.000. La decisione è stata impugnata tanto dagli incolpati che dal Procuratore Federale; per motivi di connessione si è preliminarmente disposta la riunione dei procedimenti. Conviene prendere la mossa dall’appello del calciatore Ferrigno che investe la decisione sul punto riguardante l’affermazione della sua responsabilità, con richiesta di proscioglimento in forza dell’esimente della legittima difesa. Occorre però esaminare preventivamente le questioni di rito che sono state sollevate nell’atto di appello. In via pregiudiziale si è eccepita la nullità della decisione impugnata e dell’intero procedimento per difetto assoluto di giurisdizione e per violazione del combinato disposto dell’art. 30 comma 2 dello Statuto della F.I.G.C. e dell’art. 2 comma 8 di quello del C.O.N.I.. Si contesta in primo luogo la giurisdizione sportiva, in quanto la vicenda di che trattasi sarebbe estranea all’area di applicazione dell’art. 1 comma 1 C.G.S.; si aggiunge che la pendenza del processo penale per lo stesso fatto avrebbe dovuto imporre la sospensione del procedimento disciplinare; si eccepisce, infine, la compressione e la violazione delle norme che garantiscono il diritto di difesa e il giusto procedimento, sia per l’impossibilità dell’inquisito di giovarsi degli accertamenti istruttori svolti in sede di istruttoria penale, sia per essere stata pronunciata condanna sulla base di deposizioni assunte in assenza di contraddittorio.Ritiene il Collegio che le eccezioni non siano fondate. In primo luogo, appare veramente arduo sostenere la mancanza di causalità tra l’accadimento per cui si procede e l’evento agonistico che lo ha preceduto. Ed invero, è rimasto accertato che nel corso del secondo tempo della partita, dopo un intervento del Direttore di gara per sanzionare un fallo, si accendeva tra i calciatori una mischia nel corso della quale il Bertolotti era spintonato a terra dal Ferrigno, che per tale motivo veniva espulso su segnalazione dell’Assistente Arbitro: è logico attribuire a tale precedente scontro tra i due e alle conseguenze che ne derivarono la matrice di quanto successivamente ebbe a verificarsi. La competenza degli organi disciplinari per la repressione degli atti violenti compiuti da tesserati nell’ambito dell’impianto sportivo, quando ancora gli atleti non hanno lasciato i locali (sala stampa, spogliatoi, ecc.) loro destinati, non può essere messa in dubbio; a identica conclusione deve pervenirsi per quel che riguarda l’indicazione della norma violata, che è appunto quella dettata dall’art. 1 comma 1 C.G.S., volta a consacrare il dovere del tesserato di mantenere nei rapporti di natura agonistica e sociale, in primo luogo nei confronti di altro tesserato, una condotta ispirata ai principi sportivi della lealtà e della correttezza. Sui rapporti tra giurisdizione ordinaria e giudizio disciplinare il Collegio ritiene di dover ribadire il principio, più volte affermato, dell’autonomia dell’Ordinamento sportivo rispetto a quello statale, con la conseguenza che in sede disciplinare si possono liberamente valutare i fatti, secondo le procedure proprie delle regole dettate in maniera, prescindendo dall’incidenza di un eventuale, e futuro, processo penale riguardante gli stessi episodi. Né può dirsi che nel giudizio disciplinare sia stato compresso, o comunque non garantito, il diritto di difesa, che anzi risulta essere stato esercitato con ampiezza di argomentazioni e con l’assistenza di valido difensore: è appena il caso di osservare che un esito difforme dalle aspettative della difesa non dimostra che sia venuta meno la garanzia del giusto procedimento. Oltre le eccezioni di cui si è detto, formulate in via pregiudiziale, l’appellante Ferrigno ha chiesto in via preliminare la trasmissione degli atti alla Corte Federale per il giudizio di legittimità della norma dettata dall’art. 12 comma 2 C.G.S. nella parte in cui non consente, almeno in particolari casi, la sospensione della esecutività di una decisione ancora soggetta a impugnazione, e ciò anche alla luce dei principi espressi dalle sopra citate norme dello Statuto federale e di quello del C.O.N.I.. La richiesta non può essere accolta: a parere del Collegio, considerate le peculiarità del giudizio disciplinare sportivo, improntato a criteri di celerità e di pronta repressione delle infrazioni regolamentari, non sussiste alcun contrasto tra le norme volte a garantire il diritto di difesa o il giusto procedimento e le regole dettate in materia di esecuzione delle sanzioni, ovviamente successive alla decisione. Non si ravvisa, pertanto, la necessità di far luogo a giudizio di legittimità. Nel merito, come sopra accennato, si è chiesto in principalità il proscioglimento dell’incolpato per avere agito in stato di legittima difesa: secondo la tesi difensiva, infatti, Bertolotti ebbe a colpire per primo l’avversario con un pugno, cui fece seguito in reazione quello infertogli da Ferrigno. Tale assunto, già prospettato in primo grado e disatteso da quei giudici, non appare fondato. Va sottolineato che nell’immediatezza del fatto i Collaboratori dell’Ufficio Indagini presenti sul posto ebbero modo di raccogliere le deposizioni delle persone che risultavano essere state testimoni dell’accaduto: il Sig. Livio Prada, collaboratore del Calcio Como, e la Sig.ra Cappellini Emilia, moglie del magazziniere della stessa squadra. Il Prada rese una dichiarazione la stessa sera del 19 novembre e altra il giorno successivo. Il contesto di tali dichiarazioni, rilasciate da persona che percorreva il corridoio alle spalle e a poca distanza dal Bertolotti, consente una precisa ricostruzione dell’evento. Prada notò Ferrigno che con passo veloce si immetteva nel corridoio, percorso in senso opposto dal Bertolotti, e giunto con lui a contatto, bisbigliando qualcosa, gli sferrava un pugno al viso, provocandone la rovinosa caduta; aggiunse il teste che la Sig.ra Carla (Cappellini), ferma nell’atrio, gridò “Ferrigno cosa fai”, che il calciatore si allontanò con passo spedito, che Bertolotti non aveva avuto il tempo di reagire e quindi non aveva esternato alcuna violenza ai danni di Ferrigno. A sua volta la Sig.ra Cappellini, sentita il giorno 20 novembre, dopo avere precisato che la sua posizione (davanti l’atrio di ingresso del corridoio) le consentiva la completa visuale dei luoghi, dichiarò di avere osservato Ferrigno che con passo spedito si immetteva nel corridoio, percorso in direzione opposta da un calciatore del Modena: giunti i due a contatto Ferrigno sferrò un colpo con la mano destra all’avversario che cadde per terra senza alcuna possibilità di difesa e tanto meno di reazione. Entrambi i testimoni hanno evidenziato con l’uso di termini inequivoci (“inaspettatamente” per il Prada, “all’improvviso”, secondo la Cappellini) le modalità dell’aggressione subita da Bertolotti e hanno escluso qualsiasi preventivo atto offensivo da lui posto in essere. Queste precise e concordanti risultanze non sono scalfite dalla versione fornita dal Sig. Claudio Sallusti, teste introdotto dalla difesa nel dibattito di primo grado, secondo il quale si sarebbe verificato tra i due calciatori che si fronteggiavano, senza pronunciare parola, uno scambio reciproco di colpi, definito “rapidissimo” e “velocissimo” (deposizione assunta nel dibattimento avanti la Disciplinare). Si noti in primo luogo che tale rappresentazione del fatto contrasta anche con quella fornita dal Ferrigno nell’interrogatorio reso al Sostituto Procuratore della Repubblica di Como (verbale a foglio 368 e segg., prodotto dalla difesa dall’interessato), secondo cui tra lui e Bertolotti, fermi nel corridoio, ci sarebbe stato uno scambio di battute e quindi di reciproci colpi, il tutto per la durata di una trentina di secondi. A parte ciò, la versione fornita dal Sallusti, anche per le motivazioni sull’attendibilità del teste espresse dai primi giudici, che si condividono, non può alterare il convincimento raggiunto dal Collegio che i fatti si siano svolti così come narrato in modo concorde e nell’immediatezza dell’evento dal Prada e dalla Cappellini, entrambi posizionati in maniera tale (Prada alle spalle di Bertolotti e quindi con la visione di Ferrigno di fronte, Cappellini alle spalle di questi e col viso rivolto in direzione del corridoio e di Bertolotti) da poter osservare con precisione lo svolgimento dell’accaduto. Ha assicurato Prada (foglio 95) che gli aspetti della vicenda gli sono “rimasti impressi in maniera chiara nella mente”: se, dunque, Bertolotti avesse colpito per primo Ferrigno egli lo avrebbe sicuramente notato e riferito. Lo stesso deve dirsi della Sig.ra Cappellini, la quale, precisato (foglio 100) che dalla sua posizione “aveva l’intera visuale del corridoio”, ha reso dichiarazione conforme, escludendo il presunto scambio di pugni. Le conclusioni sulla credibilità delle due testimonianze vanno confermate anche in presenza degli accertamenti (definiti “esperimento giudiziario” ai sensi dell’art. 391 bis del Codice di Procedura Penale) effettuati dalla difesa (verbale prodotto a foglio 42 e seguenti); a parte la considerazione che la peculiarità del procedimento disciplinare sportivo, già sopra ricordata, sconsiglia il richiamo a istituti e atti propri di altre procedure, sta di fatto che le dichiarazioni rese dai testi non vengono poste nel nulla dalla (supposta) ricostruzione, effettuata dalla difesa di Ferrigno, della posizione dei protagonisti al momento dell’evento. Il convincimento testè espresso sulla dinamica dell’accaduto trova confortante elemento di conferma nel successivo atteggiamento di Ferrigno: raggiunti in sala stampa i compagni di squadra Lasalandra e Affatigato, egli non fece alcun accenno all’aggressione asseritamente subita, ma disse loro che aveva dato un pugno a Bertolotti e ne chiese la protezione temendo la reazione dei calciatori del Modena. Atteggiamento, questo, che mal si concilia con la versione difensiva successivamente architettata. Per quanto riguarda, infine, il dato di generica costituito dalla presenza nel Ferrigno di un ematoma al labbro ritiene il Collegio di condividere la motivazione espressa in proposito nella decisione della Commissione Disciplinare, da aversi qui per riportata e trascritta. In forza delle considerazioni espresse va pertanto confermata la responsabilità di Ferrigno. Sulla misura della sanzione, oggetto di impugnazione tanto da parte dell’incolpato che del Procuratore Federale, il Collegio è del parere di ritenere congrua e quindi confermare quella inflitta dalla Commissione Disciplinare. Non possono essere accolte le motivazioni esplicitate nell’appello del Procuratore Federale. In primo luogo le modalità del fatto inducono a ritenere che si sia trattato per Ferrigno di una condotta insorta all’improvviso (“raptus” la definisce la Commissione Disciplinare) alla vista dell’antagonista e nel ricordo di quanto si era verificato in campo, sicché sembra del tutto fuori luogo parlare di “premeditazione”. Né può addebitarsi la “omissione di soccorso”, circostanza che peraltro non ha formato oggetto di contestazione, perché risulta dagli atti che a Bertolotti, per sua fortuna, sono stati assicurati immediatamente i sussidi più idonei, sicché l’allontanamento di Ferrigno non ha per nulla compromesso la tempestività e l’efficacia degli interventi in aiuto dell’aggredito. Da ultimo è di tutta evidenza che non possono giustificare il richiesto aggravamento di pena le altre circostanze dedotte nei motivi di appello del Procuratore Federale (pretesa sottrazione alle indagini e comportamento processuale), le quali rappresentano, invece, l’attuazione di legittime scelte difensive dell’incolpato. La pena non può dunque essere aggravata, ma neppure ridotta come invoca Ferrigno. Ben vero che le conseguenze della sua condotta non erano volute e, si dia per certo, neanche prevedibili, ma il richiamo a fatti di violenza verificatisi sul terreno di giuoco e alle sanzioni che di norma ne derivano non è conferente. In questo caso, infatti, a differenza di quanto può succedere in campo, si è trattato di aggressione proditoria, al di fuori del furore agonistico, con gravi conseguenze, tanto da segnare per Bertolotti la fine dell’attività agonistica. Valutati tutti gli elementi del caso (natura, tempo e luogo dell’azione, gravità del danno) ritiene il Collegio che la squalifica fino al 31.12.2003 debba essere confermata. Resta da esaminare l’appello del Calcio Como: la società, pur non negando il principio della responsabilità oggettiva ne contesta l’applicabilità per le caratteristiche e la collocazione temporale del fatto illecito commesso dal suo tesserato. Il rilievo non è fondato. Si è già avuto modo di osservare in tema di applicazione dell’art. 1 C.G.S. che sussiste un evidente rapporto di causalità tra l’evento e il precedente scontro sul campo di giuoco: l’atto violento si è consumato all’interno della struttura sportiva e quando erano ancora presenti i calciatori delle due squadre, di tal che deve ritenersi sussistente la responsabilità oggettiva della società che, a norma di regolamento, consegue in termini automatici a quella personale del tesserato colpevole dell’illecito. La particolarità del caso ha peraltro suggerito ai primi giudici, una volta osservato il principio, di graduare la responsabilità della società in termini di sanzione, che in concreto risulta essere stata determinata in misura particolarmente contenuta e come tale in suscettibile della riduzione invocata in subordine dall’appellante. Dal rigetto dei gravami proposti dal calciatore Ferrigno e dalla società Como consegue l’incameramento delle tasse rispettivamente versate. Per questi motivi la C.A.F., riuniti gli appelli come innanzi proposti dal Procuratore Federale, dal calciatore Ferrigno Massimiliano e dal Calcio Como, li respinge e dispone l’incameramentodelle tasse versate.
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