CONI – Alta Corte di Giustizia Sportiva – Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it – Decisione n. 16 del 05/07/2012 – Torino/Federazione Italiana Giuoco Calcio/Padova
CONI – Alta Corte di Giustizia Sportiva - Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it – Decisione n. 16 del 05/07/2012 - Torino/Federazione Italiana Giuoco Calcio/Padova
L’Alta Corte di Giustizia Sportiva
Composta da
Dott. Riccardo Chieppa, Presidente,
Dott. Alberto de Roberto,
Dott. Giovanni Francesco Lo Turco,
Prof. Massimo Luciani, relatore,
Prof. Roberto Pardolesi,
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
nel giudizio
introdotto dal ricorso iscritto al R.G. n. 12/2012, proposto in data 7 maggio 2012 dal Torino F.C. S.p.A. contro la Federazione Italiana Giuoco Calcio - F.I.G.C.
per l’annullamento
della decisione della Corte di Giustizia Federale della FIGC del 27 aprile 2012 con la quale, in accoglimento del reclamo presentato dal Padova Calcio, è stata riformata la pronuncia del Giudice sportivo presso la Lega Calcio Serie B di cui al C.U. n. 89 del 15/3/2012, che aveva comminato al Padova Calcio la sanzione della perdita della gara giocata il 3 dicembre 2012 con il punteggio di 0-3 e contestualmente è stato respinto il reclamo del Torino F.C. avverso la pronuncia di inammissibilità dell’originario reclamo, così confermando la pronuncia del Giudice Sportivo contenuta nel C.U. n. 48 del 12 dicembre 2011.
Vista la memoria di costituzione in giudizio per la resistente Federazione Italiana Giuoco Calcio - FIGC e per il controinteressato Padova Calcio S.p.A., nonché le memorie d’udienza depositate dalle parti costituite;
Uditi, nelle udienze pubbliche del 18 e del 25 maggio 2012, l’avv Luigi Chiappero per il ricorrente Torino F.C. S.p.A., gli Avv.ti Luigi Medugno e Letizia Mazzarelli per la resistente Federazione Italiana Giuoco Calcio, gli Avv.ti Mattia Grassani e Stefano Vitale per il controinteressato Padova Calcio S.p.A.;
Udito il relatore, Prof. Massimo Luciani;
Visti tutti gli atti e i documenti di causa;
Ritenuto in fatto
1.- Con atto depositato presso questa Alta Corte in data 7 maggio 2012 il Torino F.C. S.p.A. (di seguito: anche Torino o Torino F.C.) proponeva ricorso avverso la decisione della Corte di Giustizia Federale della FIGC del 27 aprile 2012 con la quale, in accoglimento del reclamo presentato dal Padova Calcio (di seguito: anche Padova), è stata riformata la pronuncia del Giudice sportivo presso la Lega Calcio Serie B di cui al C.U. n. 89 del 15/3/2012, che aveva comminato al Padova Calcio la sanzione della perdita della gara giocata il 3 dicembre 2012 con il punteggio di 0-3 e contestualmente è stato respinto il reclamo del Torino F.C. avverso la pronuncia di inammissibilità dell’originario reclamo, così confermando la pronuncia del Giudice Sportivo contenuta nel C.U. n. 48 del 12 dicembre 2011.
1.1.- Rappresenta in punto di fatto il ricorrente che la vicenda si riferisce alla partita disputata in data 3 dicembre 2011 presso lo stadio Euganeo di Padova tra il Padova e il Torino, valida per il campionato di calcio di Serie B.
1.1.1.- La partita - riferisce il ricorrente – dopo numerosi blackout elettrici, veniva prima interrotta e poi definitivamente sospesa dal direttore di gara per la continua avaria dell’impianto di illuminazione, indispensabile al giuoco in ragione del calare della sera. Ricorda il ricorrente che “in tale contesto” il Torino presentava preannuncio di reclamo tramite il proprio dirigente accompagnatore, atto allegato al referto arbitrale. Specifica il ricorrente che il reclamo così presentato non era preceduto da specifica riserva verbale formulata dal capitano della squadra interessata, che l’arbitro avrebbe dovuto ricevere alla presenza del capitano dell’altra squadra, facendone immediata annotazione sul cartoncino di gara, ai sensi dell’art. 29, comma 6, lett. b), del Codice di Giustizia sportiva della FIGC.
1.1.2.- Riferisce il ricorrente che il Giudice Sportivo si pronunciava sul reclamo poi proposto dal Torino con il C.U. n. 48 del 12 dicembre 2011, dichiarandone l’inammissibilità per non essere stata ritualmente formulata la riserva verbale di cui all’art. 29, comma 6, lett. b), del Codice di Giustizia sportiva federale.
1.1.3.- In data 20 dicembre 2011 il Torino F.C. proponeva ricorso alla Corte di Giustizia Federale avverso tale pronuncia. Nelle more della definizione del gravame, la Lega Calcio di Serie B, ricorda il ricorrente, disponeva la prosecuzione della gara sopra menzionata. Al momento della ripresa della stessa, veniva proposta dal capitano del Torino riserva scritta e verbale alla presenza del capitano della formazione patavina, ai sensi dell’art. 29, comma 6, lett. b), del Codice di Giustizia federale, per irregolarità dello svolgimento della gara e del campo di gioco, assumendo di essere ancora in termini “non essendo ancora di fatto terminata la partita”.
1.1.4.- Il Giudice sportivo, chiamato a scrutinare questo ulteriore reclamo, demandava alla Procura Federale accertamenti per verificare le cause di quanto verificatosi durante il corso della gara con riferimento all’avaria dell’impianto di illuminazione. 1.1.5.- In data 5 gennaio 2012 veniva celebrata l’udienza avanti la Corte di Giustizia Federale per la discussione del ricorso depositato in data 20 dicembre 2011 avverso il cit. C.U. del Giudice Sportivo n. 48 del 12 dicembre 2011. Nel corso di tale riunione il Collegio disponeva la sospensione del giudizio in attesa della decisione del Giudice Sportivo sull’ulteriore reclamo del Torino, nell’ambito del quale il Giudice Sportivo medesimo, con ordinanza istruttoria, aveva demandato le indagini alla Procura Federale.
1.1.6.- La Procura Federale richiedeva una consulenza tecnica nella quale, afferma il Torino, risulterebbe provata la sicura responsabilità del Padova per l’interruzione della partita, stante l’avaria del gruppo elettrogeno di continuità installato nell’impianto sportivo patavino.
1.1.7.- Con il C.U. n. 89 del 15 marzo 2012, pronunciandosi sull’ulteriore reclamo del Torino, il Giudice Sportivo sanzionava, a titolo di responsabilità oggettiva, la società Padova con la perdita della gara. Avverso tale decisione il Padova Calcio ricorreva alla Corte di Giustizia Federale, che, in data 27 aprile 2012, riuniti i due giudizi pendenti dinnanzi ad essa, riformava la sentenza che aveva comminato al Padova Calcio la sanzione della perdita della gara e, contestualmente, respingeva il reclamo in appello del Torino F.C. avverso la decisione di inammissibilità dell’originario reclamo pronunciata dal Giudice Sportivo con il cit. C.U. n. 48 del 12 dicembre 2011.
1.2.- Afferma il ricorrente che la questione sarebbe di competenza di questa Alta Corte, perché rivestirebbe notevole rilevanza per l’ordinamento sportivo nazionale in ragione delle questioni di fatto e di diritto implicate.
In primo luogo, sostiene il Torino che ricorrerebbe la fattispecie della notevole rilevanza in quanto sarebbe una “novità assoluta” il fatto che “non venisse sanzionata con la perdita della gara la Società ritenuta responsabile della irregolarità del campo di gioco per assenza di illuminazione artificiale, assenza non dovuta a causa di forza maggiore”.
In secondo luogo, perché il giudizio concernerebbe l’interpretazione dell’art. 29, comma 6, del Codice di Giustizia Sportiva della FIGC, riferito alle modalità di proposizione del reclamo per le irregolarità del campo di gioco.
In sintesi, il ricorrente invoca “un intervento nomofilattico” da parte di questa Alta Corte al fine di stabilire i seguenti princìpi di diritto:
i) le cause di inammissibilità del reclamo sarebbero tassativamente previste per legge e, contrariamente a quanto stabilito dalla Corte Federale, la riserva orale del capitano nel corso della gara non sarebbe tra queste;
ii) la riserva orale formulata dal capitano della squadra di cui all’art. 29, comma 6, lett. b), del Codice di Giustizia Sportiva della FIGC non sarebbe sempre obbligatoria per la validità del successivo reclamo al Giudice Sportivo e, comunque, non lo sarebbe stata nel caso di specie;
iii) eventuali irregolarità prodromiche alla proposizione dei reclami, quale la mancanza della riserva verbale da parte del capitano, non potrebbero assurgere a causa di inammissibilità se l’irregolarità dovesse risultare superata da un successivo comportamento (come il preannuncio di reclamo consegnato all’arbitro dal dirigente accompagnatore) idoneo a raggiungere lo scopo previsto dall’art. 29, comma 6, lett. b), del Codice di Giustizia Sportiva.
iv) non vi sarebbe soluzione di continuità in caso di sospensione e successiva prosecuzione della gara già sospesa, con la conseguenza che la squadra interessata potrebbe presentare sino al termine del tempo giocato in prosecuzione la rituale riserva ai sensi dell’art. 29, comma 6, lett. b), del Codice di Giustizia Sportiva FIGC, senza incorrere nella violazione del principio del ne bis in idem.
Aggiunge, infine, il ricorrente che la questione sarebbe di notevole rilevanza anche in fatto, perché concernente una gara del campionato di calcio di Serie B.
1.3.- Il Torino F.C. premette allo svolgimento dei motivi di ricorso istanza cautelare di sospensione dell’esecutività della decisione impugnata, lamentando i pregiudizi sportivi ed economici che deriverebbero dal mancato riconoscimento dei punti in classifica che spetterebbero al ricorrente in ragione dei fatti di causa.
1.4.- Il Torino, inoltre, formula istanza affinché questa Alta Corte voglia intimare alla Corte di Giustizia Federale FIGC il deposito in termini delle motivazioni della decisione impugnata, ancora non pubblicate al momento della proposizione del ricorso introduttivo del presente giudizio.
1.5.- A sostegno del proprio ricorso il Torino argomenta le seguenti censure.
1.5.1.- In primo luogo, si lamenta la violazione del principio di tassatività delle cause di invalidità degli atti. Tale principio troverebbe la propria ratio, argomenta il ricorrente, sia
nella gravità degli effetti derivanti dall’invalidità degli atti, sia nel principio di certezza del diritto.
Ciò premesso, ritiene il ricorrente che la disposizione di cui all’art. 38 del Codice di Giustizia Sportiva della FIGC, in cui si prevede la perentorietà di “tutti i termini previsti dal presente codice”, si riferirebbe solamente al preannuncio di reclamo e alla presentazione del medesimo, non alla riserva di reclamo ex articolo 29, comma 6, lett. b), del medesimo Codice.
A conferma di quanto così affermato il ricorrente sostiene che il Codice di Giustizia Sportiva federale elencherebbe esplicitamente tutti i casi di inammissibilità del reclamo per tardività o mancato rispetto delle modalità di presentazione. Non comminerebbe, invece, l’inammissibilità del reclamo per violazione dell’articolo 29, comma 6, lett. b).
1.5.2.- In secondo luogo, il Torino afferma che, nel caso in esame, la riserva di reclamo da parte del capitano della squadra, rivolta oralmente all’arbitro, non sarebbe necessaria perché non prevista in termini perentori e assoluti. Ad avviso del ricorrente, la ratio sottesa alla richiesta di una riserva scritta da presentarsi all’arbitro prima dell’inizio della gara o di una riserva verbale nel corso dello svolgimento della stessa dovrebbe essere identificata nella necessità di inserire all’interno degli atti ufficiali del direttore di gara un dissenso rispetto alla decisione del medesimo di proseguire la partita nonostante la presenza di situazioni che ne impedirebbero, ad avviso della squadra interessata, l’inizio o la prosecuzione. Aggiunge il ricorrente che solo in ragione di una decisione dell’arbitro di segno contrario a quella che la squadra interessata vorrebbe fosse assunta occorrerebbe proporre riserva per segnalare le carenze e le irregolarità relative al campo di gioco, delle quali, altrimenti, mancherebbe ogni menzione nei documenti ufficiali di referto dell’incontro.
Secondo il Torino tale circostanza, nell’ipotesi in cui l’arbitro autonomamente decida di interrompere la gara, implicherebbe che non vi sarebbe alcuna necessità per la squadra interessata di formulare riserva di reclamo.
1.5.3.- Afferma ancora il ricorrente, invocando l’art. 156 cod. proc. civ., che la decisione della Corte di Giustizia Federale violerebbe il principio di conservazione degli atti giuridici, “strettamente correlato al regime delle nullità”. Rammentando che il dirigente accompagnatore del Torino aveva già fatto allegare al referto arbitrale “un atto equipollente, in cui si preannunciava un possibile reclamo”, il ricorrente afferma che “dal punto di vista prettamente contenutistico la riserva verbale fatta dal capitano ed annotata nel referto del direttore di gara, e l’atto sottoscritto dal dirigente, anch’esso confluito nel rapporto arbitrale, non divergono l’uno dall’altro”, in quanto sarebbe “palese ed incontrovertibile la manifestazione di volontà della parte di segnalare al Giudice Sportivo una irregolarità del campo di gioco della squadra avversaria, irregolarità
rispetto alla quale potrebbe essere mossa, per il tramite di un reclamo, apposita doglianza”.
1.5.4.- Infine il ricorrente lamenta l’insussistenza della violazione del principio del ne bis in idem ravvisata dalla Corte di Giustizia federale, in quanto, pur essendo stato adìto il Giudice sportivo in due distinte occasioni, dal primo reclamo “non era discesa una decisione nel merito bensì esclusivamente processuale”.
Aggiunge a questo proposito il ricorrente che, considerata la decisione della Lega di Serie B di far proseguire la gara per giocare i minuti non disputati a causa della sospensione, la presentazione orale di una riserva di reclamo da parte del Torino F.C. prima del termine del tempo di gara da giocare in prosecuzione non dovrebbe essere considerata come un tentativo di sanare un’irregolarità procedurale con un secondo reclamo.
2. Con atto pervenuto a questa Alta Corte in data 7 maggio 2012 si è costituita in giudizio la Federazione Italiana Giuoco Calcio - FIGC (di seguito anche Federazione), concludendo per l’inammissibilità e l’infondatezza del ricorso avversario.
2.1.- Nella memoria di costituzione, limitata ai profili cautelari, la Federazione eccepisce innanzitutto il difetto d’interesse del Torino F.C. Il ricorrente, nelle more già promosso al campionato di Serie A, non avrebbe infatti interesse all’ottenimento di nuovi punti in classifica derivanti dalla vittoria a tavolino nella gara contestata.
3.- Con decreto 7 maggio 2012, prot. n. 109, il Presidente di questa Alta Corte, considerata l’urgenza in relazione alla situazione del Campionato di calcio di Serie B dedotta dal ricorrente e rilevato che non risultava ancora pubblicata la motivazione della decisione impugnata, ancora in termini, ha ritenuto che non fosse opportuno provvedere sulle istanze di tutela cautelare inaudita altera parte, ha concesso l’abbreviazione dei termini ancora da decorrere e ha fissato l’udienza di discussione per il 18 maggio 2012, con termini alle parti per memorie, riservando a quella sede ogni eventuale provvedimento cautelare.
4.- La Corte di Giustizia Federale ha depositato le motivazioni della decisione impugnata in data 10 maggio 2012.
Nella decisione si osserva che “l’assunto difensivo del Torino F.C. non può essere condiviso, dato il contenuto letterale dell’art. 29, comma 6, C.G.S., a cui deve necessariamente farsi rinvio, atteso che l’irregolarità dell’impianto (rectius campo di giuoco) si era disvelata «durante la gara o per altre cause eccezionali», per cui il capitano della squadra interessata ad ottenere, a proprio vantaggio, non la mera sospensione della gara bensì l’inflizione ai danni di controparte della sanzione della perdita della gara stessa, a tavolino, per svolgimento divenuto irregolare, non aveva alternative al tassativo (e tempestivo) comportamento procedurale delineato dal Codice.
Né la società interessata poteva legittimamente ambire ad essere rimessa in termini, ai fini della contestazione del risultato del campo, con la proposizione di un secondo reclamo, da intendersi questa volta ex art. 29, comma 3, C.G.S., avente il medesimo fine (il conseguimento della vittoria a tavolino causa irregolare svolgimento della gara), ma interposto solo a diversi giorni di distanza dall’accaduto, ovvero successivamente al completamento formale dell’incontro, una volta disputato, dunque, il tempo residuo di gara”.
Precisa la Corte di Giustizia Federale che le irregolarità procedurali che rendono inammissibile il reclamo “non possono essere sanate con reclami in successiva istanza”, pertanto avrebbe “errato il Giudice Sportivo a pronunciarsi una seconda volta sui medesimi fatti già esaminati precedentemente, valutando il merito e richiedendo il successivo intervento della Procura Federale per accertare le cause dei black-out elettrici, una volta che si era già spogliato delle proprie funzioni mediante la prima, corretta, pronuncia del 12 dicembre 2011”.
5.- In data 14 maggio 2012 il Torino F.C. ha presentato memoria ad integrazione del ricorso alla luce del deposito delle motivazioni della decisione gravata, con cui si precisano e si integrano i motivi già svolti con l’atto introduttivo del presente giudizio. In particolare, il ricorrente lamenta il fatto che la Corte Federale non abbia considerato che l’auspicata sanzione nei confronti del Padova Calcio poteva essere irrogata ex officio.
6.- In data 14 maggio 2012 la FIGC ha depositato ulteriore memoria difensiva.
6.1.- In questa memoria si contesta in primo luogo la competenza di questa Alta Corte, in quanto mancherebbe il requisito della notevole rilevanza della controversia per l’ordinamento sportivo. A questo proposito la FIGC ritiene che la valutazione della rilevanza della controversia “dovrebbe prescindere da ogni influenza di tipo censitario” ossia riferita “al blasone del campionato di riferimento”. Ciò considerato, la “natura intrinseca delle questioni poste”, ad avviso della resistente, non sarebbe tale da riscontrare il parametro della notevole rilevanza per l’ordinamento sportivo.
6.2.- La FIGC sostiene, altresì, l’infondatezza del ricorso avversario.
In primo luogo, la Federazione, ripercorrendo gli eventi di causa e facendo leva sul passaggio del referto arbitrale in cui si riferisce che “il rappresentante della Lega di Serie B ha reso noto che «in accordo tra le due società, la gara sarebbe proseguita l’indomani, 4 dicembre 2011, alle ore 14.30»” (p. 6 della memoria), afferma che “il capitano della squadra ospite, pur presente negli spogliatoi nel corso dei conciliaboli avvenuti dopo la sospensione definitiva della gara, non ebbe a formulare alcuna riserva verbale” di reclamo e che “tutti gli esponenti della società granata convenuti sul posto” avevano “inizialmente manifestato il loro assenso alla prosecuzione dell’incontro per il tempo residuo [...] il giorno seguente”. Questa ultima circostanza, addirittura, si
configurerebbe come “comportamento concludente addirittura acquiescente, incompatibile con la volontà di contestare la regolarità della gara”.
6.3.- Afferma ancora la resistente che la prima pronuncia d’inammissibilità del reclamo resa dal Giudice sportivo comporterebbe l’esaurimento della funzione decisoria del giudice e, pertanto, l’impossibilità di ogni ulteriore intervento sull’argomento nel corso del medesimo grado di giudizio, salva la proposizione di gravame in sede di appello.
Pertanto “il successivo reclamo, riproposto dal Torino dinanzi al Giudice sportivo, avendo ad oggetto la medesima res litigiosa (in quanto egualmente diretto ad ottenere la invalidazione della gara con la conseguente assegnazione della vittoria a tavolino in favore della squadra ospite), lungi dal potere essere definito con una pronuncia di accoglimento nel merito, avrebbe dovuto essere dichiarato inammissibile per violazione del divieto di bis in idem”.
In maniera analoga, la resistente nega che gli adempimenti propedeutici alla proposizione del secondo reclamo, svolti in occasione della conclusione della partita con il recupero dei minuti di tempo non giocati a seguito dell’interruzione dell’incontro, possano sanare l’invalidità del primo reclamo, anche perché l’art. 33, comma 9, del Codice di Giustizia Sportiva Federale dispone che “le irregolarità procedurali che rendano inammissibile il reclamo non possono essere sanate con reclami in successiva istanza”.
6.4.- Aggiunge infine la resistente che, nel caso in cui questa Alta Corte dovesse ritenere meritevole di accoglimento del ricorso, “si porrebbe il delicato problema consistente nell’individuare l’organo deputato a svolgere la fase rescissoria conseguente all’eventuale pronuncia rescindente, caducatoria della decisione della Corte di Giustizia federale”. Ritiene la FIGC che in tal caso questa Alta Corte dovrebbe restituire gli atti alla Corte di Giustizia federale “affinché quest’ultima possa pronunciarsi sulla questione di merito rimasta impregiudicata, avente ad oggetto l’accertamento dei presupposti per l’applicazione della punizione sportiva invocata dalla società odierna istante”.
Stante questa possibile evenienza, la resistente ritiene opportuno “astenersi dal prendere posizione in questa sede sul tema relativo alla imputabilità dell’impedimento tecnico, che ha provocato la sospensione della gara e la sua prosecuzione in altra data sino al termine del tempo regolamentare”.
7.- In data 17 maggio 2012 si è costituito in giudizio il Padova Calcio S.p.A. Il controinteressato lamenta la violazione del diritto di difesa, affermando di aver ricevuto solo in data 14 maggio 2012 copia, tramite posta raccomandata, del ricorso introduttivo del presente giudizio. A questo proposito il controinteressato, invocando il rispetto del termine di dieci giorni per depositare la memoria di costituzione ai sensi dell’art. 5 del
Codice dell’Alta Corte di Giustizia Sportiva, chiede l’autorizzazione a depositare memoria difensiva entro la data del 24 maggio 2012 e il differimento dell’udienza a data successiva a quest’ultimo termine. Il controinteressato, inoltre, conclude per il rigetto dell’istanza cautelare.
8.- All’Udienza pubblica del 18 maggio 2012, l’Alta Corte, sentite le parti, si è pronunciata sulla richieste formulate dal Padova Calcio, disponendo il rinvio della discussione all’udienza del 25 maggio 2012 e concedendo ulteriori termini a difesa alle parti.
9.- In data 21 maggio 2012 il Padova Calcio ha depositato presso questa Alta Corte una memoria difensiva.
9.1.- Il Padova Calcio contesta il difetto d’interesse del ricorrente, dato che l’accoglimento del ricorso non sarebbe idoneo a modificare la posizione in classifica del Torino, già utile per la promozione in Serie A.
9.2.- Il Padova Calcio lamenta anche l’incompetenza di questa Alta Corte, in quanto si verterebbe su “controversie decise in via definitiva dagli Organi della giustizia sportiva federale relative ad omologazioni di risultati sportivi o che abbiano dato luogo alla perdita della gara”, sottratte allo scrutinio di questo Collegio ex art. 30 dello Statuto del CONI. Inoltre mancherebbe, ad avviso del controinteressato, il requisito della “notevole rilevanza della controversia per l’ordinamento sportivo nazionale”.
9.3.- Nel merito, il Padova Calcio espone che la riserva di reclamo è condizione ineludibile per il reclamo relativo al corretto svolgimento della gara in funzione della fruibilità dell’impianto di gioco e che il termine per la formulazione di tale riserva è perentorio.
9.4.- Infine, il Padova Calcio nega l’ammissibilità del motivo di ricorso riferito alla sostanziale non necessarietà in concreto della riserva di reclamo, perché detta censura non sarebbe stata formulata dinanzi gli organi della giustizia federale.
10.- Nelle note depositate in data 22 maggio 2012, il Torino insiste nelle conclusioni già rese in atti. In particolare, ribadisce l’interesse a ricorrere, osservando che il campionato di Serie B non era ancora deciso per quanto concerne la vittoria di campionato, con le conseguenze economiche e “di prestigio” del caso. Nel merito, insiste sul fatto che la riserva del capitano in casi simili a quello in esame sarebbe necessaria “solo ai fini probatori nella misura in cui l’arbitro della gara non intenda prendere provvedimenti in ordine alla irregolarità segnalata o sopravvenuta”, al contrario di quanto avvenne nella specie, allorché, invece, “fu l’arbitro che sospese definitivamente la gara”, col che cesserebbe la necessità della riserva.
11.- Anche la FIGC ha depositato, ancora in data 22 maggio 2012, ulteriori note di replica, in cui insiste nelle eccezioni e nelle deduzioni già formulate.
12.- Il ricorso è stato ritualmente discusso all’udienza del 25 maggio 2012.
Considerato in diritto
1.- Con atto depositato in data 7 maggio 2012 il Torino F.C. S.p.A. ha proposto ricorso a questa Alta Corte avverso la decisione della Corte di Giustizia Federale FIGC 27 aprile 2012, con la quale, in accoglimento del reclamo presentato dal Padova Calcio, è stata riformata la pronuncia del Giudice Sportivo presso la Lega Calcio di Serie B, di cui al C.U. n. 89 del 15 marzo 2012, che aveva comminato al Padova Calcio la sanzione della perdita della gara giocata il 3 dicembre 2012 con il punteggio di 0-3 e contestualmente è stato respinto il reclamo del Torino F.C. avverso la pronuncia d’inammissibilità dell’originario reclamo, così confermando la pronuncia del Giudice Sportivo contenuta nel C.U. n. 48 del 12 dicembre 2011.
2.- Stante la loro priorità logica, devono essere preliminarmente esaminate le eccezioni in rito formulate dalla Federazione resistente e dal controinteressato Padova Calcio.
2.1.- La FIGC contesta in primo luogo la competenza di questa Alta Corte, in quanto mancherebbe il requisito della notevole rilevanza della controversia per l’ordinamento sportivo. L’eccezione è infondata. La presente controversia, attenendo in fatto all’esito dell’importante campionato di calcio di Serie B della FIGC e in diritto all’interpretazione delle disposizioni relative alla proposizione del reclamo in caso di difetto di utilizzabilità degli impianti sportivi, presenta le caratteristiche di serietà e di importanza che importano lo scrutinio di questa Alta Corte.
2.2.- Sono infondate anche le eccezioni proposte dal controinteressato.
2.2.1.- Il Padova eccepisce il difetto d’interesse del ricorrente, dato che l’accoglimento del ricorso non sarebbe idoneo a modificare le posizioni in classifica del Torino, già promosso al campionato di calcio di Serie A.
L’eccezione è infondata. Come ha dedotto il Torino nelle proprie memorie e nella discussione orale, permane l’interesse al riconoscimento dei punti in classifica riferiti alla partita contesa, al fine di vedersi riconosciuta la vittoria nel campionato cadetto, con le utilità che ne scaturiscono anche in termini economici e di prestigio sportivo.
2.2.2.- Il Padova Calcio lamenta l’incompetenza di questa Alta Corte, in quanto la controversia verterebbe su “controversie decise in via definitiva dagli Organi della giustizia sportiva federale relative ad omologazioni di risultati sportivi o che abbiano dato luogo alla perdita della gara”, sottratte allo scrutinio di questo Collegio ex art. 30 dello Statuto della FIGC. In realtà, va detto che la controversia in esame non concerne la semplice omologazione di un risultato sportivo, dato che tra le parti non vi è contestazione circa lo svolgimento dei fatti, cui farebbero seguito naturaliter le ordinarie
conseguenze in termini di sanzioni sportive. Piuttosto, il ricorrente invoca quello ch’egli definisce “un intervento nomofilattico” di questa Alta Corte affinché sia sancita la ritualità dei reclami inizialmente proposti.
2.2.3.- Mancherebbe, poi, ad avviso del controinteressato, il requisito della “notevole rilevanza della controversia per l’ordinamento sportivo nazionale”. Sul punto, però, si è detto al par. 2.1.
2.2.4.- Infine, il Padova eccepisce l’inammissibilità del motivo di ricorso riferito alla sostanziale non necessarietà in concreto della riserva di reclamo, perché detta censura non sarebbe stata formulata dinanzi gli organi della giustizia federale. L’eccezione è infondata, perché l’argomentazione del ricorrente arricchisce un profilo di censura che il Torino, nella sostanza, prospetta sin dall’inizio della controversia.
3.- È possibile, dunque, scrutinare la questione nel merito.
3.1.- Come si è già riferito, il Torino, nel ricorso, lamenta innanzitutto la violazione del principio di tassatività delle cause di invalidità degli atti. Tale principio troverebbe il proprio fondamento, argomenta il ricorrente, sia nei gravi effetti derivanti dall’invalidità degli atti, sia nel principio di certezza del diritto. Ritiene, pertanto, il ricorrente che la disposizione di cui all’art. 38 del Codice di Giustizia Sportiva della FIGC, in cui si prevede la perentorietà di “tutti i termini previsti dal presente codice”, si riferirebbe solamente al preannuncio di reclamo e alla presentazione del medesimo, ma non alla riserva di reclamo ex articolo 29 del medesimo Codice.
3.1.1.- La censura è infondata.
Presidiano l’ordinamento di categoria determinati principi giuridici che riflettono le necessità della comunità sportiva. In particolare, il regolare svolgimento delle competizioni richiede che sia assicurata la celerità della soluzione delle controversie, che i rimedi messi a disposizione dalla giustizia sportiva siano efficienti e che sia presto raggiunta la certezza nelle situazioni giuridiche di tutti i soggetti coinvolti. La stessa vicenda concreta che è all’origine della presente controversia, segnata dal rapido susseguirsi di silenzi o assensi (prima), dissensi (poi), incontri sportivi, ricorsi e relative decisioni assunte dagli organismi federali e di Lega conferma quanto ora esposto. Ciò considerato, la scansione procedimentale e il regime dei termini, delle decadenze e delle preclusioni della giustizia sportiva non costituisce un inutile formalismo giuridico, bensì rappresenta un tassello necessario e imprescindibile per la funzionalità stessa dell’ordinamento sportivo.
Nella specie, il tenore testuale della norma utilizzata dalla Corte Federale quale parametro è inequivoco: il reclamo deve essere preceduto “da specifica riserva verbale, nel caso in cui la irregolarità sia intervenuta durante la gara o per altre cause eccezionali, formulate dal capitano della squadra interessata, che l’arbitro deve ricevere
alla presenza del capitano dell’altra squadra, facendone immediata annotazione sul cartoncino di gara” (art. 29 del Codice di Giustizia Sportiva della FIGC). Questa previsione di rigorosa doverosità non avrebbe alcun significato sostanziale se non ne conseguisse l’impraticabilità delle altre scansioni procedimentali, sicché appare evidente che la mancata proposizione della riserva di reclamo comporta l’inammissibilità del successivo reclamo. E’ bensì vero che la conseguenza dell’inammissibilità non è prevista esplicitamente, ma essa consegue logicamente al segnalato tenore testuale dell’art. 29 del Codice di Giustizia Sportiva della FIGC.
Del resto, ben possono derivarsi specifici oneri procedimentali o processuali anche in assenza di esplicite previsioni di inammissibilità degli atti successivi. Si può citare, a tal proposito, anche la recentissima sent. Corte cost. n. 142 del 2012, in tema di oneri gravanti sulla Provincia Autonoma di Trento per la rituale proposizione di una questione di legittimità costituzionale in via principale. In tale occasione la Corte ha chiarito che un termine processuale (nella specie: per la ratifica da parte del Consiglio provinciale della deliberazione della Giunta di proporre rinvio) ben può e deve essere ricostruito anche “in mancanza di una normativa specifica”. Nella specie, va aggiunto, la Corte ha rimesso in termini la ricorrente, ma in ragione di un consolidato indirizzo giurisprudenziale precedente che per molti anni non aveva rilevato il vizio e aveva - dunque - ingenerato affidamento nella ricorrente stessa. Condizione che, evidentemente, non ricorre nel caso di specie.
Il termine previsto dall’art. 29, comma 6, lett. b), del Codice di Giustizia Sportiva della FIGC deve considerarsi perentorio e la relativa decadenza deve considerarsi insanabile. L’opzione ermeneutica qui accolta, del resto, è in armonia con il generale rigore dell’ordinamento di settore, esemplificato dall’art. 38, comma 6, del Codice, che, con previsione generalissima (inserita nel titolo dedicato alle “Norme generali di procedura”) dispone che “tutti i termini previsti dal presente Codice sono perentori”.
3.2.- Per ragioni analoghe è infondata anche la seconda censura articolata dal ricorrente.
Come si è già detto, il Torino F.C. afferma che il reclamo ex art. 29, comma 6, lett. b), del Codice di Giustizia Sportiva della FIGC non sarebbe necessario nel caso in cui lo stesso direttore di gara avesse ravvisato la non utilizzabilità del campo da gioco. In tale ipotesi, assume il ricorrente, la finalità del reclamo, che sarebbe quella di testimoniare l’irregolarità della competizione per le carenze strutturali dell’impianto sportivo, verrebbe raggiunta già grazie al referto arbitrale, in cui si darebbe traccia compiuta degli eventi. Nel caso contrario, invece, il reclamo sarebbe necessario perché, nell’inerzia del direttore di gara, non rimarrebbe traccia di quanto accaduto nei documenti ufficiali di gara.
La tesi non può essere accolta. In primo luogo l’inequivocabile lettura della disposizione in esame non consente di operare distinzioni in ragione dell’operato dell’arbitro (e ciò assevera l’infondatezza anche dell’ulteriore argomento che non vi sarebbe interesse al reclamo qualora l’arbitro abbia disposto la sospensione dell’incontro). In secondo luogo, e decisivamente, la riserva di reclamo di cui al cit. art. 29, comma 6, lett. b), del Codice di Giustizia Sportiva della FIGC integra una dichiarazione di volontà - quella di avviare il procedimento per contestare lo svolgimento stesso della gara e, di conseguenza, il suo esito - che travalica la sola dichiarazione di scienza, necessaria ad probationem delle irregolari vicende di gara. Si può aggiungere che il ricorrente, nella memoria integrativa, prima contesta alla Corte Federale l’aver attribuito “alla riserva non solo una funzione di richiesta di sospensione della gara, ma anche di «inflizione ai danni di controparte della sanzione della perdita della gara stessa a tavolino»”, poi afferma che “la volontà di chiedere l’inflizione ai danni del Padova del punteggio di 0-3 è stata comunque manifestata attraverso una riserva presentata da un dirigente”, stavolta in coerenza con la logica dell’istituto.
Non da ultimo, poi, è lo stesso ricorrente ad affermare che, con la successiva e irrituale contestazione da parte del dirigente accompagnatore del Torino F.C. sarebbe stata espressa la “manifestazione di volontà della parte di segnalare al Giudice Sportivo una irregolarità del campo di gioco della squadra avversaria, irregolarità rispetto alla quale potrebbe essere mossa, per il tramite di un reclamo, apposita doglianza”. Anche per il ricorrente, dunque, ciò che conta è la manifestazione della volontà di contestare la regolarità della gara.
3.3.- Anche la censura con la quale si lamenta che la decisione della Corte di Giustizia Federale violerebbe il principio di conservazione degli atti giuridici, “strettamente correlato al regime delle nullità”, per il quale si invoca l’art. 156 cod. proc. civ., è priva di fondamento.
Anzitutto, il principio di conservazione non può certo comportare la produzione di conseguenze giuridiche che l’ordinamento collega al compimento di certi atti, una volta che questi - come nella specie - non sono stati compiuti.
In secondo luogo, proprio in sede di applicazione dell’art. 156 cod. proc. civ., la Corte di cassazione ha avuto modo di affermare che “in mancanza di specifiche disposizioni, dalla normativa generale delle nullità, contenuta nell’art. 156 c.p.c. e segg., e principalmente dalla disposizione dell’art. 156 c.p.c., comma 2” si deriva che “la nullità può essere pronunciata, anche senza esplicita comminatoria di legge, quando l’atto manca dei requisiti formali per il raggiungimento dello scopo”. In questi casi, infatti, l’atto “così radicalmente viziato impedisce l’assolvimento dei gravi oneri imposti” alla parte, tanto che “la giurisprudenza di questa Corte [di cassazione], con orientamento
consolidato, ha tratto la conseguenza dell’inapplicabilità di una sanatoria”, insuperabile fosse pure “dall’esercizio di poteri officiosi intesi alla regolarizzazione dell’atto, ai sensi dell’art. 421 c.p.c., dovendo il giudice, pertanto, dichiarare subito la nullità del ricorso con sentenza, terminativa del processo, ai sensi dell’art. 420 c.p.c., comma 4, senza possibilità di scendere all’esame del merito (cfr. Cass. n. 5586 del 1999)” (i brani citati sono riportati dalla sent. Cass. civ., Sez. lav., 20 maggio 2008, n. 12746).
3.3.1.- Né potrebbe sostenersi, come invece fa il ricorrente, rammentando che il dirigente accompagnatore del Torino aveva fatto allegare al referto arbitrale “un atto equipollente, in cui si preannunciava un possibile reclamo”, che “dal punto di vista prettamente contenutistico la riserva verbale fatta dal capitano ed annotata nel referto del direttore di gara, e l’atto sottoscritto dal dirigente, anch’esso confluito nel rapporto arbitrale, non divergono l’uno dall’altro”.
Si deve evidenziare che l’irrituale dichiarazione del dirigente accompagnatore non può affatto considerarsi equipollente alla riserva di reclamo prevista e disciplinata dall’art. 29 del Codice di Giustizia Sportiva della FIGC. A tacer d’altro, infatti, essa esclude ogni garanzia della squadra avversaria, atteso che, secondo la ricordata previsione normativa, il sodalizio che intende proporre reclamo ha l’onere di formulare la riserva all’arbitro, che lo “deve ricevere alla presenza del capitano dell’altra squadra”. Anche questa circostanza, dunque, esclude che le scansioni procedimentali previste dal Codice di Giustizia Sportiva FIGC siano vuote formalità. Al contrario, esse, imponendo l’onere della riserva in capo all’interessato, conciliano gli interessi di entrambe le parti coinvolte nel rapporto, che è sportivo e giuridico all’un tempo.
3.4.- Non ha fondamento nemmeno l’ulteriore censura, formulata nella memoria contenente motivi aggiunti, con la quale si lamenta che l’auspicata sanzione nei confronti del Padova non sia stata irrogata, dal Giudice sportivo, d’ufficio.
Si deve considerare, infatti, che i due procedimenti previsti dall’art. 29, comma 6, del Codice di Giustizia Sportiva della FIGC (d’ufficio e ad iniziativa di parte) sono ben distinti. Ne viene che, fermo restando il potere di procedere ex officio (al quale fa riferimento la pronuncia di questa Alta Corte n. 19 del 2011, ricordata dal ricorrente, ma non utile ai suoi fini), una volta che si sia instaurato il procedimento ad iniziativa di parte (e cioè “su reclamo”), sono le regole di questo procedimento che debbono essere applicate. Né è possibile ritenere viziata una pronuncia di inammissibilità, che faccia valere un vizio del procedimento ad iniziativa di parte, per il solo fatto che, comunque, un’iniziativa d’ufficio sarebbe stata possibile. Se così fosse, infatti, le norme relative al procedimento ad iniziativa di parte verrebbero svuotate d’ogni significato, ivi comprese quelle il cui rispetto lo stesso ricorrente assume essere imposto a pena di inammissibilità.
Bene ha fatto, dunque, la Corte Federale a pronunciarsi solo sulla questione della quale poteva trattare, ovverosia sulla ammissibilità e (ove avesse ritenuto il gravame ammissibile) fondatezza del reclamo di parte. Né si può trascurare che la Corte Federale ha avuto cura di precisare che “l’omologazione del risultato” era avvenuta con il “Com. Uff. n. 52 del 16.12.2011”.
3.5.- Infine il ricorrente lamenta l’insussistenza della violazione del principio del ne bis in idem, rilevata dalla Corte di Giustizia Federale, in quanto, pur essendo stato adìto il Giudice sportivo in due distinte occasioni, dal primo reclamo “non era discesa una decisione nel merito bensì esclusivamente processuale”. In particolare, ad avviso del Torino F.C., considerata la disposizione di proseguire la gara per i minuti non disputati, la proposizione orale di una riserva di reclamo da parte del Torino F.C. prima del termine del tempo di gara svolto in prosecuzione non dovrebbe essere considerata come un tentativo di sanare un’irregolarità procedurale con un secondo reclamo.
La censura è infondata nei termini appresso riferiti. La riserva di reclamo da parte del Torino F.C., invero, è stata proposta in occasione di un secondo incontro fra le due squadre, svoltosi in condizioni di tempo e di impianto diverse da quelle del primo, del quale - pure - costituiva la prosecuzione. Sebbene sul piano della disciplina sportiva si trattasse di prosecuzione, dunque, materialmente si trattava di un evento diverso, tanto vero ch’esso pure avrebbe potuto essere affetto da autonomi vizi, ove si fossero verificate irregolarità nel funzionamento o nelle condizioni dell’impianto. Il ricorrente, però, in occasione del secondo evento lamentava i vizi risalenti al primo. Non mette conto, dunque, a rigore, interrogarsi sul ricorrere o meno, qui, della fattispecie del bis in idem, perché è sufficiente rilevare che l’ordinamento sportivo circoscrive l’ambito delle possibili contestazioni ai vizi propri di ciascuna competizione nella sua distinta individualità materiale e non contempla l’ipotesi che i vizi dell’una possano essere contestati in occasione dello svolgimento dell’altra. Inoltre, la tesi del ricorrente, per un verso, svuoterebbe di significato qualunque riserva di reclamo proposto in occasione di un incontro del quale si sia poi disposta la prosecuzione; per l’altro, non sarebbe coerente con la logica dell’art. 33, comma 9, del Codice di Giustizia Sportiva della FIGC, ove si dispone che “le irregolarità procedurali che rendano inammissibile il reclamo non possono essere sanate con reclami in successiva istanza”.
4.- La pronuncia nel merito e la soccombenza del ricorrente comportano il rigetto dell’istanza cautelare.
5.- Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
RIGETTA il ricorso.
Le spese seguono la soccombenza nella misura di €2000,00 (duemila) a favore di ciascuna delle parti resistenti.
DISPONE la comunicazione della presente decisione alle parti tramite i loro difensori anche con il mezzo della posta elettronica.
Così deciso in Roma, nella sede del Coni, il 25 maggio 2012.
Il Presidente Il Relatore
F.to Riccardo Chieppa F.to Massimo Luciani
Il Segretario
F.to Alvio La Face
Depositato in Roma il 5 luglio 2012.
Il Segretario
F.to Alvio La Face