CONI – Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport – Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it Lodo Arbitrale del 19 aprile 2013 promosso da: Sig. Nicola Ventola / Federazione Italiana Giuoco Calcio
CONI – Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport – Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it Lodo Arbitrale del 19 aprile 2013 promosso da: Sig. Nicola Ventola / Federazione Italiana Giuoco Calcio
I L C O L L E G I O A R B I T R A L E
Avv. Aurelio Vessichelli Presidente
Avv. Enrico De Giovanni Arbitro
Avv. Dario Buzzelli Arbitro
nominato ai sensi dell’art. 6, comma 3 del Codice dei giudizi innanzi al Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport riunito in conferenza personale in Roma, presso la sede dell’arbitrato, in data 19 aprile 2013 ha deliberato, a maggioranza e con il dissenso dell’arbitro Avv. Dario Buzzelli, il seguente
L O D O A R B I T R A L E
nel procedimento di arbitrato n. 625 promosso (con istanza prot. n. 1931 del 2 agosto 2012) da: Sig. Nicola Ventola, rappresentato e difeso dall’Avv. Marcella Micheletti del Foro di Bergamo , presso lo studio del quale è elettivamente domiciliato in Bergamo, alla via Cucchi n.5 , giusta procura in calce alla istanza di arbitrato
istante
contro
Federazione Italiana Giuoco Calcio (F.I.G.C.), con sede in Roma, via Allegri 14, in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, dott. Giancarlo Abete, rappresentata e difesa dagli avv.ti Luigi Medugno e Letizia Mazzarelli ed elettivamente domiciliata presso il loro studio in Roma, via Panama 58, giusta delega in calce alla memoria di costituzione intimata
FATTO E SVOLGIMENTO DEL GIUDIZIO ARBITRALE
A. Le parti
1. Il Sig. Nicola Ventola ( la parte istante o l’istante ) era all’epoca dei fatti un calciatore professionista, in forza alla Novara Calcio S.p.a. , tesserato presso la Federazione Italiana Giuoco Calcio (F.I.G.C.) (la FIGC o la parte intimata ), associazione riconosciuta con personalità giuridica di diritto privato, che è l’ente di governo dello sport del calcio in Italia, avente lo scopo di promuovere, regolare e sviluppare l’attività calcistica italiana. Essa è l’associazione delle società e delle associazioni sportive che praticano, promuovono o organizzano lo sport del calcio, agonistico e amatoriale, in Italia.
B. La controversia tra le parti
2. A seguito di indagini svolte dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Cremona, aventi ad oggetto un’ipotesi di associazione per delinquere ed episodi di scommesse su partite di calcio e di frode in manifestazioni sportive, la Procura Federale presso la FIGC, ottenuta copia degli atti, svolgeva un’autonoma attività di indagini conclusa con il deferimento, in data 8 maggio 2012, di svariati tesserati, tra i quali l’odierna parte istante, e delle società di appartenenza, per rispondere dinnanzi agli organi federali di giustizia sportiva delle violazioni disciplinari loro imputate.
3. Per quanto qui rileva, le indagini svolte portavano la Procura Federale ad ipotizzare a carico del Sig. Ventola la commissione di illecito sportivo aggravato ( art. 7 commi 1, 2 , 5 e 6 del CGS ) in relazione alla partita CHIEVO – NOVARA del 30 novembre 2010 valevole per la Coppa Italia .
4. Con decisione pubblicata nel C.U. n. 101/CDN del 18 giugno 2012 la Commissione Disciplinare Nazionale della FIGC (la CDN ), ritenute sussistenti le violazioni ipotizzate dalla Procura Federale , infliggeva al Ventola la sanzione della squalifica per anni tre e mesi sei .
5. Contro tale decisione l’odierno istante proponeva appello alla Corte di Giustizia Federale (la CGF ).
6. Con decisione pubblicata il 6 luglio 2012 (C.U. 002/CGF) ed in forma integrale il 27 agosto 2012 (C.U. 033/CGF) , la CGF disattendeva le censure sollevate dal Ventola e confermava la sanzione irrogata.
C. Il procedimento arbitrale
C.1 Lo svolgimento dell’arbitrato
7. Con istanza in data 2 agosto 2012, rivolta al Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport ai sensi degli art. 9 ss. del Codice dei giudizi innanzi al Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport , l’istante dava avvio al presente arbitrato, invocando la clausola compromissoria recata dall’art. 30, comma 3 dello Statuto della FIGC e chiedendo, in riforma della decisione , “ prosciogliersi il deferito da ogni addebito contestato per insussistenza del fatto”.
8. Nella stessa istanza di arbitrato, l’istante designava quale arbitro l’ avv. Enrico De Giovanni.
9. Con memoria datata 3 agosto 2012 la FIGC si costituiva nel procedimento arbitrale così avviato, chiedendo il rigetto dell’istanza proposta , in quanto infondata. .
10. Nella memoria di costituzione, la Federazione intimata nominava quale arbitro l’avv. Dario Buzzelli .
11. Gli arbitri designati dalle parti nominavano quale Presidente del Collegio Arbitrale l’avv. Aurelio Vessichelli , che in data 24 agosto 2012 accettava l’incarico.
12. Il 26 settembre 2012 si teneva in Roma la prima udienza di discussione della controversia. Rivelatosi infruttuoso l’esperito tentativo di conciliazione, il Collegio concedeva termine alle Parti per memorie e repliche , rinviando per in difetto di istanze istruttorie per la discussione.
13. Alla successiva udienza del 20 novembre 2012 il Collegio disponeva procedersi alla discussione sull’accordo delle parti che illustravano le rispettive posizioni, riportandosi agli atti ed alle memorie depositate nei termini assegnati.
14. All’esito dell’udienza, il Collegio si riservava e successivamente, con separata ordinanza, considerato che l’esame dell’istanza di arbitrato , delle memorie e dei documenti versati in atti aveva fatto emergere come la sanzione inflitta al Ventola scaturiva essenzialmente dalla valutazione compiuta dai Giudici endo-federali delle dichiarazioni accusatorie rese dal calciatore Carlo Gervasoni a carico dell’odierno istante, pertanto il Collegio riteneva congruo e necessario, visto l’art.21 comma 3 del Codice TNAS, disporre d’ufficio l’escussione del Gervasoni come teste e l’interrogatorio libero del Ventola
15. All’udienza successivamente fissata veniva escusso il teste; in assenza del Sig. Ventola le parti rinunciavano concordemente alla discussione ed il Collegio ritenuta la causa matura per la decisione, si riservava, assegnando alle Parti termine per il deposito di memoria conclusionale.
C.2 Le domande delle parti
a. Le domande del Ventola
16. La parte istante , nella propria istanza di arbitrato e nelle rassegnate conclusioni , ha chiesto al Collegio Arbitrale , in riforma della decisione impugnata , l’annullamento della sanzione da questa irrogata.
b. Le domande della FIGC
17. Nella propria memoria di costituzione e nelle rassegnate conclusioni , la FIGC ha chiesto che l’istanza avversaria venga respinta perché infondata .
C.3 La posizione delle parti
a. La posizione del Ventola.
18. La difesa di parte istante chiede che il Collegio riconosca che le dichiarazioni accusatorie del calciatore Gervasoni a carico del Ventola in relazione ai fatti contestati sono prive del necessario minimo riscontro probatorio in ordine alla affermata responsabilità dell’istante per illecito sportivo ex art.7, commi 1, 2 , 5 e 6 del CGS. .
b. La posizione della FIGC
19. La Federazione intimata con ampia e diffusa motivazione insiste per il rigetto dell’ istanza del Sig. Nicola Ventola sostenendo che l’affermazione di responsabilità del giocatore poggia su basi che sotto il profilo probatorio attingono quanto meno la soglia individuata dall’ordinamento sportivo e che non possono sorgere dubbi sulla congruità del trattamento sanzionatorio irrogato.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Oggetto del presente procedimento è la gara CHIEVO – NOVARA del 30 novembre 2010, per la quale il Ventola è stato accusato e riconosciuto responsabile di illecito sportivo ai sensi dell’art. 7, commi 1, 2 , e 6 del C.G.S. e sanzionato con la squalifica per anni tre e mesi sei. Al riguardo, è necessario prendere le mosse dagli elementi di prova che tanto la Procura Federale quanto gli Organi giudicanti di primo e di secondo grado hanno posto a fondamento rispettivamente dell’atto di deferimento e delle emanate delibere.
Tali elementi, in particolare, risiedono nelle dichiarazioni rese dal sig. Carlo GERVASONI sia all’Autorità Giudiziaria Ordinaria (P.M. e G.I.P. di Cremona) sia alla Procura Federale: - Interrogatorio dinanzi al G.I.P. di Cremona del 22.12.2011: “ADR – Mi è venuto in mente che un’altra partita manipolata fu Chievo – Novara di Coppa Italia nel 2010, vinta dal Chievo per 3 – 0. Io, amico di Bertani del Novara gli dissi che potevo accettare le proposte di Gegic e infatti così andò e qualcuno degli stranieri, per l’occasione andò ad alloggiare nell’albergo dove c’era il Novara. Di questa squadra fu coinvolto anche Ventola e qualcun altro , in quanto, se non sbaglio, Bertani quel giorno non giocò e ci voleva l’intervento di qualcun altro”; - Interrogatorio dinanzi al P.M. di Cremona del 27.12.2011: “ Quanto alla partita Chievo – Novara di Coppa Italia anno 2010 di cui ho già riferito, ho appreso da GEGIC che gli slavi offrirono 150.000 € ai giocatori del Novara perché perdessero con il Chievo con un OVER, risultato che venne effettivamente conseguito. Ricordo di aver appreso che gli slavi si incontrarono con VENTOLA nell’albergo e consegnarono ad un albanese che giocava nel Novara ( ora che me ne fate il nome confermo dovrebbe trattarsi dell’albanese SHALA) la somma di circa 150.000 € che gli stessi divisero anche con altri giocatori, tra i quali il portiere FONTANA. Quanto a BERTANI fece da tramite in quanto non partecipò attivamente alla trasferta. ”; - Interrogatorio dinanzi al P.M. di Cremona del 12.03.2012: “Quanto alla partita Chievo – Novara di Coppa Italia del 2010 confermo quanto già dichiarato precisando che nell’occasione andò HLIEVSKI in albergo per incontrarsi con i giocatori del Novara per combinare la partita. L’albergo era quello dove solitamente era in ritiro il Novara nella trasferta di Verona”; - Audizione dinanzi alla Procura Federale del 13.04.2012: “D. Come fu alterata la gara CHIEVO – NOVARA di Coppa Italia nel 2010? BERTANI ha ricevuto denaro? Chi andò ad alloggiare (gli stranieri?) nell’albergo del NOVARA? R La possibilità di alterare il risultato della gara nasce dalla richiesta che mi fece GEGIC se avevo la possibilità di chiedere a qualcuno delle due squadre se era possibile combinare l’incontro. Io conoscevo BERTANI e a lui mi rivolsi. Quest’ultimo si rese disponibile anche se mi disse che probabilmente non avrebbe giocato, Io gli chiesi di interessarsi con altri colleghi e nel qual caso ne avesse avuto la disponibilità, io avrei provveduto solo a creare il contatto con gli zingari. La cosa andò effettivamente così e quindi c’è stato poi l’incontro in albergo di cui ho già riferito all’AG ”.
2. Tenuto conto delle suddette dichiarazioni, il quesito che questo Collegio deve porsi è se le affermazioni medesime siano idonee a comprovare una responsabilità per illecito sportivo a carico del Sig. Nicola Ventola, così come riconosciuto in sede endofederale e come ribadito dalla F.I.G.C. nelle proprie difese.
La risposta è apparsa essere negativa, in quanto, pur nella consapevolezza del livello probatorio, più attenuato rispetto alla soglia penalistica dell’”oltre ogni ragionevole dubbio”, che si richiede nell’ordinamento sportivo per il riconoscimento di tal genere di responsabilità, neppure questo più basso limite è, nel caso di specie, da reputarsi raggiunto. Invero, al di là ed a prescindere da ogni considerazione più o meno astratta e/o teorica circa la generale credibilità del GERVASONI nella complessa vicenda del “calcio-scommesse”, quel che qui preme rilevare è se, in concreto, per la gara in oggetto e con riferimento alla posizione specifica del VENTOLA, in quanto chiamato in causa da Gervasoni , possa dirsi conseguito un grado probatorio sufficiente a dimostrare la contestata violazione dell’art. 7, comma 1, del C.G.S. in capo al calciatore medesimo.
3. Il Collegio ha per questo motivo ritenuto necessario ai fini del compiutamente decidere, integrare l’istruttoria del presente procedimento e considerato che l’esame dell’istanza di arbitrato , delle memorie e dei documenti versati in atti aveva fatto emergere come la sanzione inflitta al Ventola scaturiva essenzialmente dalla valutazione compiuta dai Giudici endo-federali delle dichiarazioni accusatorie rese dal calciatore Carlo Gervasoni a carico dell’odierno istante, pertanto il Collegio riteneva congruo e necessario, visto l’art.21 comma 3 del Codice TNAS, disporre d’ufficio l’escussione del Gervasoni come teste . L’escussione ha consentito di far confermare al Gervasoni dinanzi al Collegio le dichiarazioni rese relativamente alla gara in oggetto, quale gara oggetto di illecita manipolazione. Per quello che interessa nel presente procedimento riguardo al coinvolgimento dell’odierno istante , Gervasoni dichiara al Collegio che due o tre giorni dopo la partita in esame Gegic e Hlievski raccontarono al Gervasoni medesimo che all’incontro nella stanza d’albergo occupata da Hlievski il giorno stesso della partita, si presentarono Ventola e un altro giocatore straniero. Gervasoni dichiara altresì di non conoscere personalmente Ventola e che nell’occasione Gegic gli riferì che Hlievski riconobbe Ventola in quanto giocatore famoso. Gervasoni dichiara ancora che nell’occasione ci fu una trattativa a conclusione della quale Hlievski ed i due giocatori presenti si misero d’accordo sul risultato e su una cifra di 150.000 euro che dovevano essere distribuiti tra i due giocatori presenti e altri giocatori tra cui il portiere del Novara, Fontana..
4. Ebbene, da una attenta ed approfondita analisi delle affermazioni del GERVASONI, è inevitabile ravvisare la mancanza di riscontro logico o fattuale a dette affermazioni e alcune innegabili criticità, tali da impedire allo scrivente Collegio il raggiungimento della convinzione della responsabilità per illecito sportivo del Ventola in ordine alla partita di cui trattasi. Le dichiarazioni accusatorie del Gervasoni nei riguardi del Ventola sono evidentemente molto scarne, affatto circostanziate per quel che riguarda il ruolo del Ventola nella combine, e solo de relato in quanto non il coinvolgimento ma la semplice presenza fisica dell’odierno istante risulta derivare da quanto Gervasoni riferisce per averlo appreso, a suo dire, da una terza persona ( Gegic o Hlievski ). Il Gervasoni dichiara di aver saputo che il denaro, frutto del pactum sceleris relativo alla partita in esame, fu consegnato alla presenza di Ventola, ma non al Ventola. Il Gervasoni dichiara di non conoscere personalmente il Sig. Ventola.
5. Sull’identificazione dello standard probatorio necessario per accedere al riconoscimento della responsabilità disciplinare e i criteri di acquisizione e valutazione delle prove, va senz’altro condivisa l’osservazione della parte resistente circa le connotazioni di peculiarità che caratterizzano il sistema giustiziale sportivo, ma con le precisazioni che seguono. Punto di partenza e base normativa di siffatta considerazione è la chiara affermazione dell’autonomia dell’ordinamento sportivo contenuta nella vigente normativa primaria e, segnatamente, negli artt. 1 e 2 del d.l 19/8/2003, n. 220, conv. con modif. dalla l. 17/10/2003, n. 280: per quanto qui interessa, in virtù delle norme citate, la Repubblica riconosce e favorisce l’autonomia dell’ordinamento sportivo nazionale, quale articolazione di quello internazionale facente capo al C.I.O.; i rapporti tra l’ordinamento sportivo e l’ordinamento della Repubblica sono regolati in base al principio dell’autonomia (salvi i casi di rilevanza per l’ordinamento generale di situazioni giuridiche connesse); è riservata all’ordinamento sportivo la disciplina dei comportamenti rilevanti sul piano disciplinare e l’irrogazione e applicazione delle relative sanzioni disciplinari, materia in cui società e tesserati hanno l’onere di adire gli organi di giustizia sportiva. Da ciò indubbiamente discende l’autonomia dell’ordinamento sportivo anche nel determinare valori e principi che devono ispirare la condotta dei soggetti che partecipano all’ordinamento sportivo e che in quell’ambito agiscono, e conseguentemente stabilire i limiti e i divieti la cui violazione costituisce illecito disciplinare nonché le sanzioni che ne conseguono. Inevitabile corollario di tali principi è l’esistenza dell’autonomia dell’ordinamento sportivo nell’apprestare gli strumenti necessari per garantire il rispetto delle regole, e quindi nel predisporre le regole e gli apparati della giustizia sportiva. E’ dunque, a normativa vigente, innegabile che le regole del procedimento disciplinare, e fra queste le regole sugli standard probatori e sulla acquisizione e valutazione delle prove, non debbano necessariamente essere vincolate al rispetto dei principi e delle discipline specifiche inerenti i giudizi penali, civili e amministrativi. Tanto osservato non è tuttavia possibile omettere di segnalare che la stessa possibilità di esistenza di un ordinamento sportivo nonché la sua autonomia trovano fondamento nella Costituzione ed in particolare negli artt. 2 e 18 ; nell’art. 2 vengono riconosciuti e garantiti i diritti inviolabili dell’uomo “sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità”, nell’art. 18 viene riconosciuto ai cittadini il diritto di associarsi liberamente. Dunque la libertà di associarsi al fine di svolgere la pratica sportiva nell’ambito di una struttura organizzativa basata su regole autoprodotte trova certa base costituzionale, ma essa non può comunque in alcun modo giungere a negare o disapplicare “i diritti inviolabili dell’uomo”. Pertanto le regole (scritte o semplicemente seguite nella prassi) del procedimento disciplinare, e fra esse quelle inerenti allo standard probatorio e all’ acquisizione e valutazione delle prove, pur non risultando direttamente permeabili da parte delle regole processuali dell’ordinamento statuale, devono comunque rispettare i principi supremi volti a garantire i diritti inviolabili della persona rinvenibili nella Carta Costituzionale. Rispetto che deve essere tanto più puntuale qualora la sanzione da infliggersi o inflitta comprima posizioni giuridiche soggettive che trovano puntuale tutela costituzionale, come il diritto di esplicare la propria personalità nelle formazioni sociali ( art. 2) e di svolgere un’attività di lavoro (art.4) , diritti certamente colpiti dalla lunga squalifica irrogata all’odierno istante. Fra i principi costituzionali che possono certamente essere invocati quali direttamente applicabili nei procedimenti disciplinari rientrano, a giudizio del Collegio, i principi del pieno esercizio del diritto di difesa ( art. 24) e del giusto processo (art. 111), da declinare in concreto, nell’ambito dell’ordinamento sportivo, con criteri applicativi attenuati rispetto a quelli (più rigorosi) processualpenalistici ma comunque in modo tale da non intaccare le ricordate prescrizioni di ordine generale. A conferma di quanto sopra in merito alla necessità del rispetto da parte dell’ordinamento disciplinare sportivo dei diritti fondamentali riconosciuti e garantiti dalla Carta costituzionale deve rammentarsi la recente decisione dell’Alta Corte n.9/2012 secondo cui “ l’ordinamento della giustizia sportiva, per quanto autonomo ed indipendente, non può sottrarsi ai principi fondamentali irrinunciabili contenuti nella Costituzione Italiana e negli atti anche essi fondamentali della Unione europea, dovendo, invece, interpretare ed applicare le norme dello stesso ordinamento sportivo alla luce degli anzidetti principi fondamentali soprattutto quelli attinenti alla persona umana e alla sua tutela”, principio a cui il Collegio intende attenersi , anche in ossequio all’ art. 12 bis dello Statuto del CONI , secondo il quale “il principio di diritto posto a base della decisione dell’Alta Corte che definisce la controversia deve essere tenuto in massimo conto da tutti gli organi di Giustizia sportiva”.
6. Secondo il Collegio, quindi, pur in difetto di specifiche e puntuali norme procedurali, gli orientamenti della giurisprudenza in tema di standard probatori e acquisizione e valutazione delle prove dovranno attenersi al rispetto dei ricordati principi.
7. Tanto premesso in generale, ritiene il Collegio, sul piano degli standard probatori, in piena adesione alla giurisprudenza del TNAS, che per ritenere la responsabilità da parte del soggetto incolpato di una violazione disciplinare sportiva non sia necessaria la certezza assoluta della commissione dell’illecito né il superamento di ogni ragionevole dubbio, come nel diritto penale, ma che, nel rispetto dei ricordati principi costituzionali, debba comunque sussistere, e possa ritenersi sufficiente, un grado inferiore di certezza, ottenuta comunque sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti, in modo tale da acquisire una ragionevole certezza in ordine alla commissione dell’illecito (cfr. in primis il lodo Alberti c. FIGC, i lodi del 23 giugno 2009, Ambrosino c. FIGC; 26 agosto 2009, Fabiani c. FIGC; 3 marzo 2011, Donato c. FIGC; 31 gennaio 2012, Saverino c. FIGC; 2 aprile 2012, Juve Stabia e Amodio c. FIGC; 24 aprile 2012, Spadavecchia c. FIGC; 26 aprile 2012, Signori c. FIGC; 10 ottobre 2012 Alessio c. FIGC). In particolare ritiene che, come già osservato in precedenti lodi, “tale definizione dello standard probatorio ha ricevuto, nell’ordinamento sportivo, una codificazione espressa in materia di violazione delle norme anti-doping, laddove si prevede che il grado di prova richiesto, per poter ritenere sussistente una violazione, deve essere comunque superiore alla semplice valutazione delle probabilità, ma inferiore all’esclusione di ogni ragionevole dubbio (cfr., ad es., le Norme Sportive Antidoping del CONI). Siffatto principio ha una portata generale, in quanto non collegata alle specificità della normativa anti-doping: esso, infatti, rileva nel quadro di essa per tutti i casi in cui l’organizzazione sportiva debba provare elementi a fondamento della propria pretesa punitiva.” ( cfr. lodo Alessio / FIGC) Alla luce di ciò si tratta di verificare in questo arbitrato, attraverso l’ esercizio del potere di revisione dei fatti controversi, se gli elementi di prova raccolti consentono di ritenere, secondo lo standard probatorio enunciato, la integrazione dei presupposti per l’affermazione di responsabilità dell’istante.
8. Sul piano dell’ acquisizione e della valutazione degli elementi probatori, con più specifico riferimento ai criteri di valutazione della chiamata in correità, della chiamata in correità “de relato” , il Collegio osserva che la circostanza che vada condivisa la posizione manifestata dalla giurisprudenza e fatta propria Federazione volta a ritenere la “niente affatto obbligata permeabilità” del’ordinamento sportivo rispetto alle norme dell’ordinamento generale, non impedisce al giudice sportivo, nel formare il proprio libero convincimento, di tenere presenti norme e principi propri dell’ordinamento processual- penalistico e orientamenti elaborati dalla giurisprudenza ordinaria, in particolare quando ciò consenta il sostanziale rispetto dei principi costituzionali secondo quanto sopra osservato. Il Collegio, in merito ai temi sopra ricordati, ritiene di dover tenere presenti le disposizioni di cui all’art. 192 c.p.p., secondo cui le chiamate in correità vanno valutate “unitamente agli altri elementi di prova che ne confermano l’attendibilità” e dell’art. 195 c.p.p., che, per l’utilizzabilità della testimonianza indiretta prevede che se “il testimone si riferisce, per la conoscenza dei fatti, ad altre persone, il giudice, a richiesta di parte, dispone che queste siano chiamate a deporre”, introducendo così una cautela nell’uso delle testimonianze de relato.
9. Va, al riguardo, tenuta presenta anche la giurisprudenza in tema di chiamata in correità “de relato”, secondo la quale “la chiamata di correo de relato, effettuata da un collaboratore di giustizia, può costituire grave indizio di colpevolezza, ex art. 273, comma primo bis, cod. proc. pen., solo quando è sorretta da riscontri esterni individualizzanti, in quanto tali, aventi valore dimostrativo non solo in ordine all'accertamento della verificazione del fatto di reato, ma anche in ordine alla sua attribuzione e riferibilità al soggetto” (Cass. pen. Sez. 1, Sentenza n. 19867 del 04/05/2005); “In tema di testimonianza indiretta, qualora la persona alla quale il testimone ha fatto riferimento sia stata chiamata a deporre e abbia escluso la veridicità di quanto riferito dal teste "de relato", il giudice può riconoscere attendibilità all'una o all'altra deposizione in base al principio generale del libero convincimento, non essendo stata posta dal legislatore una gerarchia tra i detti mezzi di prova.” in tale sentenza la Corte ha precisato che , attesa la identità di "ratio" con le regole imposte per la valutazione del chiamante in correità, sono applicabili alla testimonianza indiretta i principi stabiliti dall'art. 192 comma terzo cod. proc. pen.( Cass. pen. . Sez. 6, Sentenza n. 26027 del 05/03/2004); ” La dichiarazione accusatoria "de relato", resa da un collaboratore di Giustizia, può integrare la prova della colpevolezza solo se è sorretta da adeguati riscontri estrinseci che – a differenza di quanto è richiesto per la chiamata in correità - devono riguardare specificatamente il fatto che forma oggetto dell'accusa e la persona dell'incolpato, in quanto il minore tasso di affidabilità di una dichiarazione resa su accadimenti non direttamente percepiti dal dichiarante rende necessaria l'individualizzazione del riscontro.” (Cass. pen. Sez. 1, Sentenza n. 17804 del 07/12/2001). Al di là di accentuazioni talora in parte divergenti, resta comunque che ai fini della valutazione della dichiarazione accusatoria “de relato” debbano essere tenuti presenti i riscontri esterni relativi sia all'accertamento della verificazione del fatto che alla sua riferibilità al soggetto incolpato. Il Collegio ritiene che tali regole siano da applicare al giudizio disciplinare sportivo con la dovuta ponderazione proprio per la segnalata autonomia dell’ordinamento sportivo, ma che non per questo siano eludibili poiché esse sono chiara espressione del principio secondo il quale i diritti fondamentali della persona possono essere sacrificati solo qualora la pretesa punitiva, penale o disciplinare che sia, risulti sostenuta da idonei elementi di prova e possa essere contrastata dell’accusato con l’esercizio di una congrua attività difensiva.
10. Dunque la chiamata in correità, secondo il Collegio, per assurgere a elemento probatorio decisivo deve essere corroborata da qualche elemento di riscontro, oggettivo o soggettivo, o provenire da soggetto da elevata e indiscutibile attendibilità, e va comunque considerata con particolare cautela laddove la prova a carico dell’accusato scaturisca da affermazioni riferite de relato . Alla luce di tali orientamenti, dunque, il Collegio ha proceduto all’esame del presente caso. Deve innanzi tutto osservarsi che non è controverso che un illecito sportivo sia stato commesso in relazione alla gara in esame sotto il profilo del verificarsi di contatti fra vari giocatori delle due squadre volti ad alterare il risultato finale, contatti che non sono contestati. Tuttavia si ritiene di dover giungere alla conclusione che non sia raggiunto un grado di ragionevole certezza in ordine alla commissione dell’illecito in particolare da parte del Ventola. Infatti, pur senza dubitare della buona fede delle dichiarazioni del Gervasoni in merito alla circostanza che il Gegic gli abbia indicato il nome del Ventola come partecipante alla combine , si ritiene che sulla base del materiale probatorio acquisito a carico del Ventola non possa raggiungersi una ragionevole certezza sulla effettiva partecipazione e quindi colpevolezza dell’odierno istante alla luce di una serie di considerazioni.
Il Collegio ritiene cioè che non si possa non solo raggiungere la certezza assoluta della commissione dell’illecito e il superamento di ogni ragionevole dubbio, come nel diritto penale, ma neanche quel grado inferiore di certezza, ottenuta sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti, che consenta di acquisire la ricordata ragionevole certezza in ordine alla commissione dell’illecito. Si tratta, ovviamente, di una valutazione di ordine discrezionale che il Collegio ritiene di poter svolgere, in diverso avviso rispetto agli organi di giustizia federale, pur se si è in presenza di elementi che, sempre a giudizio del Collegio, hanno condotto in modo non abnorme ed irrazionale alle diverse conclusioni che si leggono nelle decisioni endofederali. Il Collegio ha valutato un quadro che tiene conto dell’esistenza di eventuali riscontri, oggettivi o soggettivi, degli elementi di accusa e che tiene conto del grado di specifica attendibilità del ricordo del Gervasoni medesimo, anche in considerazione della circostanza che egli nel contesto delle indagini svolte in varie sedi sul c.d. “calcio – scommesse”, ha reso dichiarazioni su molteplici circostanze ed eventi (ha infatti nel complesso riferito su oltre 60 partite), cosicché tali dichiarazioni richiedono un vaglio proprio perché è ragionevole ritenere che il numero e la distanza nel tempo dei fatti riferiti possano talvolta determinare ricostruzioni non del tutto esatte nei particolari. Va al riguardo precisato che il Collegio non ritiene di dover esprimere valutazioni di ordine generale sulla credibilità del Gervasoni, personaggio centrale nelle complesse vicende disciplinari e processuali legate al c.d. “calcio-scommesse”; infatti , fermo restando che ogni valutazione al riguardo sarebbe certamente opinabile giacché le numerosissime dichiarazioni etero e autoaccusatorie rese dal Gervasoni dinanzi all’Autorità giudiziaria penale e davanti agli organi disciplinari della FIGC hanno trovato talora pieni riscontri e conferme e in altre occasioni smentite, cosicché non è possibile ritenere a priori la piena attendibilità o inattendibilità delle medesime, va comunque considerato che non appare opportuno né possibile esprimere valutazioni generali di tipo soggettivo in merito alla personalità e alla credibilità del Gervasoni perché sul piano metodologico la valutazione del giudicante non può essere soggettiva e generalizzata ma deve essere oggettiva e puntuale, deve cioè riguardare i singoli e specifici fatti oggetto del giudizio e i singoli elementi probatori letti in un quadro complessivo e coerente. Dunque il Collegio ritiene che vadano prese in considerazione non la (presunta) personalità del dichiarante per dedurne la fondatezza o meno delle accuse di volta in volta dirette ad altri soggetti, bensì vadano esaminate le singole dichiarazioni, relative ad ogni specifico caso, e valutate alla luce degli ulteriori elementi probatori o indizianti acquisiti al medesimo giudizio, con una prudente applicazione dei generali principi recati dall’ordinamento e dalla giurisprudenza processualpenalistici, nella misura in cui essi siano funzionali al rispetto dei principi costituzionali sopra ricordati. Nel caso di specie , si ribadisce, il Collegio ritiene che il coinvolgimento del sig. Ventola nella ricordata combine non possa ritenersi adeguatamente accertata, poiché la sua sola presenza fisica, e non il suo coinvolgimento, non è stata riscontrata direttamente dal Gervasoni tramite diretto contatto, ma solo a questi riferita da terza persona, ( e già tale circostanza potrebbe rendere il ricordo del Gervasoni meno certo e attendibile) , in mancanza soprattutto di ulteriori riscontri. In sostanza il Collegio ritiene che l’insieme di tali circostanze, idonee a determinare incertezza sulla ricostruzione dei fatti e in particolare sulla partecipazione alla combine del Ventola , faccia venir meno l’esistenza dello standard probatorio necessario per la condanna disciplinare. Va comunque sottolineato che l’insieme degli elementi accusatori rinvenibili nei confronti dell’odierno istante , considerate anche le circostanze dedotte negli scritti difensivi della Federazione, costituiscono elementi di rilievo non trascurabile cosicché la decisione impugnata, pur se non condivisibile e quindi meritevole di riforma per i motivi sopra illustrati, non appare connotata da superficialità od illogicità . Ritiene infatti il Collegio che il giudice federale, letti gli atti processuali, abbia invece semplicemente esercitato in modo difforme da quello oggi seguito dal TNAS il proprio potere dovere di pronunciarsi sulla base del libero convincimento . In sostanza e riassumendo, pur senza tacere che le affermazioni del Gervasoni non sono prive di verosimiglianza, il che ha determinato il non irrazionale orientamento degli organi federali di giustizia, tuttavia il Collegio, diversamente opinando, ritiene di non poter ritenere raggiunta una ragionevole certezza circa la responsabilità del sig. Nicola Ventola , dal che deriva l’accoglimento della domanda di annullamento della sanzione inflitta non essendo accertata la violazione contestata; e ciò sostanzialmente perché il Collegio ritiene che nel caso di specie ci si trovi dinanzi ad una semplice chiamata in correità de relato, sfornita dei necessari riscontri, che pertanto non può da sola fondare una condanna.
D. Sulle spese
1. A parere del Collegio, considerata la natura delle questioni dedotte nel presente arbitrato ,sussistono giusti motivi per disporre la compensazione delle spese di lite. Le spese per lo svolgimento dell’arbitrato, per gli onorari del Collegio Arbitrale e i costi sostenuti dai suoi membri, sono poste, per la soccombenza, a carico della FIGC e sono liquidate , considerata la complessità delle questioni dedotte, in € 6000,00 ( seimila ) .
P.Q.M.
Il Collegio Arbitrale
definitivamente pronunciando, disattesa ogni contraria domanda, istanza ed eccezione:
1. in accoglimento dell’istanza proposta in data 2 agosto 2012 ( prot. 1931 – 625 ) dal Sig. Nicola Ventola , annulla la sanzione della squalifica di anni tre e mesi sei , irrogata dalla Corte di Giustizia Federale a carico della parte istante
2. dichiara assorbita ogni ulteriore domanda;
3. dispone l’integrale compensazione delle spese di lite;
4. pone a carico della FIGC il pagamento degli onorari del Collegio Arbitrale, liquidati come in parte motiva e il rimborso delle spese documentate sostenute dal Collegio Arbitrale, nella misura che sarà separatamente comunicata dalla Segreteria del Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport, oltre IVA e CPA come per legge;
5. pone a carico della FIGC il pagamento dei diritti amministrativi;
6. dichiara incamerati dal Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo sport i diritti amministrativi versati dalle parti.
Così deciso , a maggioranza e con il dissenso dell’arbitro Avv. Dario Buzzelli , in Roma, in data 19 aprile 2013, e sottoscritto in numero di tre originali nel luogo e nella data di seguito indicata.
F.to Aurelio Vessichelli
F.to Enrico De Giovanni
F.to Dario Buzzelli