CONI – Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport – Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it Lodo Arbitrale del 30 settembre 2013 promosso da Sig. Alfonso De Lucia / Federazione Italiana Giuoco Calcio

CONI – Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport – Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it Lodo Arbitrale del 30 settembre 2013 promosso da Sig. Alfonso De Lucia / Federazione Italiana Giuoco Calcio IL COLLEGIO ARBITRALE Avv. Enrico De Giovanni (Presidente) Prof. Avv. Massimo Zaccheo (Arbitro) Avv. Guido Cecinelli (Arbitro) in data 30 settembre 2013, presso la sede del Tribunale nazionale di arbitrato per lo sport in Roma, ha deliberato all’unanimità il seguente L O D O nel procedimento di arbitrato (prot. n. 1478 del 24.07.2013 - 736) promosso da: Sig. Alfonso De Lucia, con l’Avv. Luciano Ruggiero Malagnini parte istante contro Federazione Italiana Giuoco Calcio, con gli Avv.ti Luigi Medugno e Letizia Mazzarelli parte intimata FATTO I fatti che hanno generato il presente contenzioso e che risultano accertati nel presente giudizio arbitrale sono i seguenti. Con atto in data 11 marzo 2013 il signor Alfonso De Lucia, calciatore tesserato per la società AS Livorno Calcio Srl, fu deferito dinanzi alla Commissione Disciplinare Nazionale della FIGC per rispondere “della violazione di cui all ‘ art. 1, comma 1, del C. G. S. in relazione con I ‘art. 15 C. G.S. per aver adito le vie legali, sporgendo atto di querela nei confronti del tesserato Aldo Spinelli, senza aver ottenuto l’autorizzazione da parte del Presidente della F.I. G.C., in deroga all ‘art 30, comma 2, dello Statuto Federale " Infatti, in data 21 gennaio 2012 il sig. De Lucia aveva chiesto alla FIGC l’autorizzazione ad adire le vie legali nei confronti del signor Aldo Spinelli, Presidente del Livorno Calcio, in merito ad alcune dichiarazioni risalenti al 21 dicembre 2011, che egli riteneva lesive della sua dignità morale e professionale; secondo la difesa della F.I.G.C. con nota del 20 marzo 2012 il Segretario federale aveva comunicato al signor De Lucia la mancata concessione dell’autorizzazione ai sensi dell’art. 30, comma 4, dello Statuto FIGC; tuttavia tale nota secondo la difesa l'istante non sarebbe mai pervenuta al sig. De Lucia; in effetti del recapito della nota predetta non vi è prova; in assenza di espressa autorizzazione il successivo 22 marzo 2012, il calciatore sporgeva querela nei confronti del Presidente Spinelli. La Commissione Disciplinare Nazionale, proscioglieva il sig. De Lucia, ritenendo che“il deferito al fine di perseguire il presunto autore di un reato perpetrato nei propri confronti, può unicamente rivolgersi all ‘Autorità Giudiziaria competente in sede Penale, in quanto in ambito endo-Federale non può ravvisarsi una tutela di tipo analogo” e ritenendo, pertanto, che ‘il comportamento assunto dal deferito non può essere ritenuto in contrasto con alcuna norma Federale, e tantomeno con l’interpretazione che deve essere data all ‘art. 30 comma 2 dello Statuto Federale “(. C.U. n. 82/CDN dell’11/4/2013). Avverso tale decisione il Procuratore Federale sporgeva reclamo, richiamando vari precedenti in materia (cfr. C.U. n. S/CF 1995/1996; C.U. n. 17/CO del 25 novembre 2008; C.U. n. 291/CGF del 20 luglio 2010) osservando che “il vincolo di giustizia non sottrae al tesserato il diritto potestativo di ricorrere alla giurisdizione statale, ma ne sancisce solo la incompatibilità, salvo autorizzazione in deroga, con il patto a suo tempo liberamente stipulato dalla persona, allorché, entrando nell‘ ordinamento sportivo, ha implicitamente accettato tutte le sue regole settoriali ivi comprese la clausola compromissoria e la inflizione di una punizione in caso di scostamento del precetto”. “. La Corte di Giustizia Federale - in accoglimento del ricorso in appello- infliggeva al calciatore la squalifica per mesi sei e l’ammenda di euro 10.000,00 (cfr. C.U. n. 317/CGF del 27 giugno 2013 e C.U. n. 041/CGF del 13 settembre 2013). Con istanza di arbitrato trasmessa in data 19 luglio 2013 e successivo deposito di motivi aggiunti il signor De Lucia ha proposto il presente arbitrato al TNAS; secondo la difesa del De Lucia la materia penale sarebbe sottratta al regime autorizzatorio di cui all’art. 30 dello Statuto FIGC, cosicché la condotta posta in essere non potrebbe essere soggetta ad alcuna sanzione disciplinare. La FIGC si costituiva in giudizio deducendo l'infondatezza dell’istanza avversaria . Le parti nominavano arbitri il Prof. Avv. Massimo Zaccheo e l’ Avv. Guido Cecinelli, i quali designavano l’Avv. Enrico De Giovanni quale Presidente. Formatosi il Collegio, all’udienza di comparizione veniva espletato il rituale tentativo di conciliazione, con esito negativo; veniva discussa l’istanza cautelare proposta dall’istante. Il Collegio disponeva acquisizioni documentali, riservandosi di decidere: rigettava poi l’istanza cautelare e concedeva termine alle parti per il deposito di note autorizzate , che venivano depositate . Si procedeva poi alla discussione del ricorso nell’apposita udienza. Tanto premesso il Collegio ritiene di dover respingere l'istanza per i seguenti motivi. DIRITTO Va premesso che il Collegio condivide l'affermazione della resistente in merito al fatto che la previsione a livello statutario del c.d. vincolo di giustizia costituisce uno dei capisaldi dell’ordinamento calcistico, come pure degli ordinamenti delle altre federazioni sportive. La finalità di tale istituto è quella di riservare alla cognizione endofederale ogni tipologia di controversia (disciplinare, tecnica od economica) derivante dallo svolgimento di attività rilevanti, sotto qualsiasi forma, per l’ordinamento sportivo settoriale, affidandone la definizione a processi di composizione interni, il tutto a garanzia dell'equilibrato e sereno svolgimento della stessa attività sportiva. L'istituto vincola gli associati in quanto essi accettano consapevolmente e liberamente un’ autolimitazione in virtù degli obblighi assunti con la costituzione del legame associativo: conseguenza di tale vincolo è la necessità di autorizzazione preventiva nei casi cui si vogliano adire le vie legali; in difetto della ridetta autorizzazione il trasgressore è esposto all'irrogazione di sanzioni disciplinari in ambito endoassociativo, che non hanno riflesso al di fuori dell'ordinamento sportivo. Ciò consente di mantenere nell'ambito endoassociativo i conflitti tra appartenenti al medesimo ordinamento settoriale salve le ipotesi in cui la competente Federazione ritenga che la controversia possa essere portata all'attenzione della giustizia senza che ciò determini una esasperata conflittualità. Al raggiungimento delle predetta finalità è orientato l’art. 30 dello Statuto della F.I.G.C. e, in particolare, del suo IV comma, laddove è prescritto che “ogni comportamento contrastante con gli obblighi di cui al [suddettol articolo, ovvero comunque volto ad eludere il vincolo di giustizia, comporta l’applicazione delle sanzioni disciplinari stabilite dalla norme federali “: per tali dovendosi intendere quelle previste dall’art. 15 del C.G.S. sotto la rubrica “violazione della clausola compromissoria”. Alla luce di quanto sopra va condivisa la decisione della Corte di Giustizia Federale la quale ha ritenuto la legittimità del provvedimento applicativo della sanzione disciplinare, poiché irrogata in conformità alla normativa di riferimento. Infatti nel caso di specie si rileva che l’episodio oggetto della querela presentata dal De Lucia all’Autorità Giudiziaria (le dichiarazioni rese dal Presidente Spinelli nel corso di una conferenza stampa) avrebbe potuto essere esaminato in ambito endoassociativo ai sensi e per gli effetti dell’art.5 del C.G.S. ( che prevede il “divieto di esprimere pubblicamente giudizi o rilievi lesivi della reputazione di persone, società, dirigenti operanti nell‘ambito del CONI., della F.I.G.C., dell’UEFA o della F.I.F.A.”, la cui violazione è sanzionabile all’esito di procedimento disciplinare attivato ad iniziativa del Procuratore Federale), e che, essendo il reato ipotizzato perseguibile soltanto su querela di parte, il De Lucia ha agito senza attendere la risposta della Federazione in merito alla richiesta autorizzazione. Pertanto le deduzioni della parte istante , secondo cui la ricordata previsione regolamentare sarebbe un attacco al principio di legalità e non potrebbe porsi il vincolo autorizzatorio a fronte di ipotesi di reato non sono condivisibili; la libera adesione del tesserato all’ordinamento endoassociativo; la irrilevanza, sul piano dell’ordinamento generale della mancata autorizzazione (che non inibisce lo svolgimento del relativo giudizio) ; la presenza nell’ambito dell’ordinamento sportivo di sanzioni applicabili a condotte quali quelle asseritamente diffamatoria denunziate dal De Lucia , con la conseguente possibilità di una idonea tutela dei diritti dell’offeso anche all’interno dell’ordinamento sportivo, escludono , nel caso di specie, il contrasto con i principi costituzionali dedotto dall’istante. Risolti i descritti profili , la questione si pone ancora , a questo punto , con riferimento alla circostanza che non risulta pervenuta al sig. De Lucia alcuna risposta a fronte della richiesta di autorizzazione. Il problema , quindi , ancora da risolvere è quella del significato da attribuire al silenzio della Federazione. Ritiene il Collegio che alla mancanza di riscontro alla richiesta di autorizzazione non possa attribuirsi il valore di un silenzio-assenso ma vada interpretato come silenzio-rigetto, cioè come denegata autorizzazione. Va premesso che la norma in esame non attribuisce espressamente un valore ed un significato tipico al silenzio (istituto invocabile soltanto in presenza di un’esplicita previsione normativa in tal senso), Si trascrive il testo dell’art. 30 , c. 4 della Statuto della FIGC: “4. Fatto salvo il diritto ad agire innanzi ai competenti organi giurisdizionali dello Stato per la nullità dei lodi arbitrali di cui al comma precedente, il Consiglio Federale, per gravi ragioni di opportunità, può autorizzare il ricorso alla giurisdizione statale in deroga al vincolo di giustizia. Ogni comportamento contrastante con gli obblighi di cui al presente articolo, ovvero comunque volto a eludere il vincolo di giustizia, comporta l’irrogazione delle sanzioni disciplinari stabilite dalle norme federali.”. Il dato letterale della trascritta disposizione ed in particolare l’espressione “ il Consiglio Federale, per gravi ragioni di opportunità, può autorizzare il ricorso alla giurisdizione statale in deroga al vincolo di giustizia”, depone certamente nel senso di dover ritenere che l’autorizzazione al ricorso alla giurisdizione statale debba essere esplicito e non possa essere dedotto da un mero silenzio. E ciò sia perché la disposizione prevede l’autorizzazione come una facoltà per la federazione ( che “ può” autorizzare) cosicché il mancato esercizio della facoltà configura, secondo principi generali e buona fede un’ipotesi di mancata autorizzazione, sia per la natura dichiaratamente eccezionale e derogatoria dell’autorizzazione, concedibile solo “per gravi ragioni” e “ in deroga al vincolo di giustizia”. In sostanza la disposizione va interpretata , secondo i più corretti canoni ermeneutici, nel senso che solo l’espressa autorizzazione, da concedersi in casi di esistenza di gravi ragioni di opportunità, può consentire la descritta deroga, cosicché è evidente che il mancato esercizio della facoltà autorizzatoria non può in alcun modo essere interpretata come silenzio assenso ma deve, necessariamente, essere interpretata come silenzio rigetto. Pertanto nel caso di specie la mancata risposta della Federazione doveva essere intesa dal De Lucia come rigetto dell’istanza, preclusivo della possibilità di adire la giurisdizione statale; la circostanza che il De Lucia abbia invece agito dinanzi alla giurisdizione statale comporta, dunque , l’irrogazione delle sanzioni disciplinari stabilite dalle norme federali. Va rilevato inoltre che le predette sanzioni sono state inflitte nella misura minima e che non è possibile , pertanto, ipotizzarne una riduzione. Circa la questione della inammissibilità del capo di domanda avente ad oggetto la sanzione dell’ammenda di euro 10.000,00, in quanto non sottoponibile -ai sensi dell’art. 30 dello Statuto FIGC- alla cognizione del TNAS ,essa è assorbita dal rigetto per i motivi sopra descritti. Per quanto concerne le spese del presente giudizio arbitrale va osservato che la condotta del De Lucia, pur risultando violatrice del citato art. 30 dello Statuto, va tuttavia considerata come ispirata da sostanziale buona fede; il tesserato, infatti , ha comunque rivolto la necessaria richiesta di autorizzazione alla Federazione e si è risolto ad adire l’Autorità giudiziaria solo allo spirare del termine utile per la presentazione della querela, ritenendo evidentemente di poter interpretare il silenzio della Federazione come un tacito assenso; proprio tale errore di interpretazione della norma, e non un dichiarato intento di violare le regole federali, appare alla base della violazione disciplinare cosicché la sua condotta non va considerata con severità. Al contrario si osserva che la Federazione, in assenza di esplicite disposizioni sul significato del silenzio e pur in presenza di una disposizione da interpretare nei sensi sopra detti, bene farebbe a provvedere tempestivamente a fornire espliciti riscontri , anche se negativi se del caso, alle richieste di autorizzazione in parola, evitando situazioni di dubbio e incertezza in tesserati che, ovviamente, possono non essere particolarmente versati sul piano del’interpretazione giuridica. Siffatta condotta sarebbe, da parte della Federazione, un’opportuna applicazione dei principi di efficienza e trasparenza che devono presiedere all’azione non solo di ogni pubblica amministrazione ma anche di ogni altra struttura associativa. Da tali considerazione scaturisce la decisione del Collegio di compensare tra le parti le spese di giudizio, e di porre a carico della Federazione il 25% della spese di funzionamento del collegio, che, avuto riguardo all’impegno profuso, alla complessità e novità della questione giuridica, si quantificano in euro 5.000,00 ( cinquemila) . P.Q.M. Il Collegio Arbitrale definitivamente pronunciando, in contraddittorio tra le parti così provvede: a) rigetta l’istanza di arbitrato, confermando la decisione impugnata; b) dichiara integralmente compensate tra le parti le spese di giudizio; c) pone a carico della parte istante nella misura del 75% e a carico della parte intimata nella misura del 25% il pagamento degli onorari del Collegio Arbitrale, liquidati come in parte motiva, con vincolo di solidarietà; d) pone a carico della parte istante il pagamento dei diritti amministrativi; e) dichiara incassati dal TNAS i diritti amministrativi versati dalle parti. Così deliberato all’unanimità in data 30 settembre 2013 e sottoscritto in tre originali nel luogo e nella data indicate. F.to Enrico De Giovanni F.to Massimo Zaccheo F.to Guido Cecinelli
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