F.I.G.C. – CORTE DI GIUSTIZIA FEDERALE – 2013/2014 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 226/CGF del 5 Marzo 2014 con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 268/CGF del 18 Aprile 2014 e su www.figc.it 3. RICORSO A.S.D. REAL DEM CALCIO A 5 AVVERSO LA SANZIONE DELL’AMMENDA DI € 100,00 INFLITTA ALLA RECLAMANTE NONCHÉ L’OBBLIGO DI RISARCIRE I DANNI SE RICHIESTI E DOCUMENTATI SEGUITO GARA DEL CAMPIONATO NAZIONALE UNDER 21, REAL DEM/CITTÀ DI MONTESILVANO DEL 2.2.2014 (Delibera del Giudice Sportivo presso la Divisione Calcio a 5 – Com. Uff. n. 487 del

F.I.G.C. – CORTE DI GIUSTIZIA FEDERALE – 2013/2014 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 226/CGF del 5 Marzo 2014 con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 268/CGF del 18 Aprile 2014 e su www.figc.it 3. RICORSO A.S.D. REAL DEM CALCIO A 5 AVVERSO LA SANZIONE DELL’AMMENDA DI € 100,00 INFLITTA ALLA RECLAMANTE NONCHÉ L’OBBLIGO DI RISARCIRE I DANNI SE RICHIESTI E DOCUMENTATI SEGUITO GARA DEL CAMPIONATO NAZIONALE UNDER 21, REAL DEM/CITTÀ DI MONTESILVANO DEL 2.2.2014 (Delibera del Giudice Sportivo presso la Divisione Calcio a 5 – Com. Uff. n. 487 del 6.2.2014) Con ricorso del 26 febbraio 2014 la A.S.D. Real Dem Calcio a 5 ha impugnato la decisione del Giudice Sportivo presso la Divisione Calcio a 5 con la quale era stata condannata all’ammenda di €. 100,00 in relazione alla circostanza che entrambi gli arbitri, mentre facevano ritorno alla propria sede all’esito dell’incontro con il Montesilvano, svoltosi il 2 febbraio 2014, si avvedevano che era stato loro sottratto il portafogli. A sostegno del ricorso la Real Dem deduceva che la decisione contestata in realtà avrebbe consentito di addossare alla responsabilità della società ospitante anche un furto di cui l’arbitro non si fosse avveduto nell’immediatezza della gara e soprattutto senza la insaturazione di un minimo di contraddittorio in ordine al fatto avvenuto. Proseguiva la Real Dem che la decisione contestata avrebbe consentito una estensione a “macchia d’olio” della responsabilità oggettiva delle associazioni sportive che sarebbero rimaste impotenti di fronte a dichiarazioni dei direttori di gara rese con modalità tali da non consentire alle società di difendersi adeguatamente. Paventava poi la ricorrente che la eventuale conferma del provvedimento del Giudice sportivo avrebbe pro futuro imposto la (difficile, se non impossibile) redazione ad inizio gara di una sorta di inventario delle cose possedute dall’arbitro, la consegna in mani di un responsabile e il riscontro a fine gara dell’inventario redatto. Sulla base di queste considerazioni chiedeva la riforma e l’annullamento del provvedimento sanzionatorio. Il ricorso appare fondato e, in relazione alla domanda, merita un parziale accoglimento. La Corte osserva che, in ordine ai fatti, può desumersi che entrambi gli arbitri si siano accorti dell’avvenuto furto quando già avevano intrapreso il tragitto di ritorno alle rispettive sedi e che entrambi hanno poi denunziato la sottrazione del portafogli presso la Stazione Carabinieri. Più in particolare l’arbitro Berghella ha denunziato l’accaduto essendosi accorto per primo del furto ed ha verbalizzato nella denunzia che il furto si era “verosimilmente” verificato all’interno dello spogliatoio, precisando che lo spogliatoio era rimasto chiuso a chiave e che anche durante l’intervallo nulla di strano era stato notato da entrambi. A sua volta l’arbitro Di Fabbi Manuela ha precisato, nella denunzia, di essersi accorta del furto solo dopo aver ricevuto la telefonata del collega arbitro il quale, ormai lontano dal campo, si era avveduto della sottrazione degli oggetti e ne aveva informato la collega. Ciò induce a ritenere che nessuna certezza entrambi gli arbitri potevano avere in ordine alla sicura riconducibilità del furto al momento in cui i portafogli si trovavano all’interno dello spogliatoio. Peraltro, entrambi hanno ricordato di aver chiuso lo spogliatoio a chiave e precisato che non vi erano visibili segni di effrazione sulla porta. Ciò induce a ritenere che la società aveva loro affidato lo spogliatoio consegnando la chiave e che apparentemente nessuno si era introdotto al suo interno. In altri termini, così come non si può escludere che il furto sia stato realizzato all’interno dello spogliatoio, magari con il ricorso da parte di terzi estranei ad una apertura con destrezza della porta, così non può, parimenti, escludersi che il furto o lo smarrimento si sia verificato all’esterno, atteso che entrambi gli arbitri si sono resi conto dell’accaduto quando già erano molto lontani dall’impianto sportivo. Ma, sia nella seconda ipotesi che nella prima, non appare ragionevole addebitare l’evento a titolo di responsabilità oggettiva alla società ricorrente. Ed infatti la c.d. "responsabilità oggettiva" costituisce una ipotesi sanzionatoria prevista dall’art. 4 C.G.S. e configura una fattispecie in cui un soggetto può essere dichiarato responsabile di un fatto illecito, anche se quest’ultimo non derivi direttamente da un suo comportamento bensì la condotta illecita sia stata realizzata da persona terza. Si tratta di una particolare forma di responsabilità gravante in capo al sodalizio sportivo, la quale trova applicazione qualora un soggetto tra quelli indicati nella richiamata norma compia un illecito: in tale caso, infatti, è prevista la sanzione sia in capo al soggetto reo sia, per il solo fatto che è stata commessa una violazione, alla società di calcio. Nell’ottica della particolare autonomia riconosciuta all’ordinamento sportivo, le ipotesi di responsabilità oggettiva coniate dalla normazione di settore – che riguardano unicamente le società e non gli atleti – trovano la loro ratio giustificatrice nell’esigenza di assicurare il pacifico svolgimento dell’attività sportiva. La responsabilità oggettiva, pertanto, comporta il trasferimento in capo alla società della responsabilità soggettiva di tutte le persone che, a vario titolo, agiscono nell’interesse della società o comunque svolgono attività rilevanti per l’ordinamento sportivo e trova il suo fondamento nell’esigenza di rendere più intenso l’effettivo impegno delle società nell’attività di prevenzione nella commissione di fatti che possono compromettere l’ordine pubblico o la regolarità nello svolgimento delle gare, nonché nell’attività di stimolo del massimo rispetto delle norme federali da parte dei soggetti legati alla società al fine di assicurare il corretto svolgimento delle competizioni. Orbene non appare ragionevole che un accadimento come quello del furto con destrezza, anche a volere ammettere (ma nel caso in specie- giova ribadirlo- non vi è alcuna certezza) che esso si sia verificato all’interno dello spogliatoio possa essere addebitato alla società sportiva perché ciò significherebbe estendere non solo al di là della previsione letterale della norma, ma anche al di là della sua più intima ratio, il raggio di escursione del principio della responsabilità oggettiva. La quale discende soprattutto dall’esigenza di assicurare comunque il regolare svolgimento delle gare, specie sotto il profilo della garanzia della loro ordinata e pacifica conclusione, e del costante rispetto delle normative federali da parte delle società nel loro complesso. Con la conseguenza che una ipotesi di responsabilità oggettiva in relazione ad un evento come quello oggetto del presente giudizio (furto di oggetti personali e di valori a carico dell’arbitro) potrebbe, in ipotesi, assumere una qualche rilevanza ai fini della responsabilità della società solo in conseguenza di un atteggiamento della società gravemente negligente nei confronti dell’arbitro ( a garanzia della incolumità sua e delle cose dallo stesso possedute) o comunque idonea a favorire un condizionamento sul sereno svolgimento della competizione. Da ciò discende che la decisione del Giudice, peraltro sostanzialmente priva di motivazione, appare disallineata rispetto alla pur rigorosa previsione normativa e merita, pertanto, di essere riformata. Peraltro la riforma non può che essere parziale, e limitata dunque alla sola ammenda di €. 100,00, considerato che quella parte della decisione in cui si fa obbligo alla società di risarcire i danni, se richiesti e documentati, non è stata oggetto di specifica censura in sede di ricorso. Per questi motivi la C.G.F., accoglie il ricorso come sopra proposto dall’A.S.D. Real Dem Calcio a 5 di Montesilvano (Pescara) e annulla limitatamente alla sanzione dell’ammenda. Conferma nel resto. Dispone restituirsi la tassa reclamo.
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