F.I.G.C. – COMMISSIONE DISCIPLINARE NAZIONALE – 2013/2014 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 072 del 23 Aprile 2014 (280) – DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE A CARICO DI: GIACOMO DALL’OCO (Arbitro effettivo Sezione AIA Finale Emilia) – (nota n. 5026/248 pf 13- 14/AM/ma del 13.3.2014).
F.I.G.C. – COMMISSIONE DISCIPLINARE NAZIONALE – 2013/2014 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 072 del 23 Aprile 2014
(280) – DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE A CARICO DI: GIACOMO DALL’OCO (Arbitro effettivo Sezione AIA Finale Emilia) - (nota n. 5026/248 pf 13- 14/AM/ma del 13.3.2014).
Il deferimento
Con provvedimento del 18.03.2014, il Procuratore federale ha deferito a questa Commissione: - Giacomo Dall’Oco, arbitro effettivo della Sezione AIA di Finale Emilia, per rispondere della violazione dei doveri di lealtà, correttezza e probità nonché dell’obbligo di osservanza delle Norme e degli atti federali, di cui all’art. 1, comma 1 CGS e dell’art. 40, comma 1, 2 e 3 lett. a) e h) del Regolamento A.I.A. “perché, nel redigere il rapporto relativo alla gara Fimauto Valpolicella – Napoli Calcio Femminile del 12.10.2013, valevole per il Campionato Nazionale di calcio di Serie A femminile, segnatamente in merito all’episodio accaduto al rientro negli spogliatoi al termine della frazione di gioco e al comportamento del Sig. Raffaele Riccio, Presidente e dirigente accompagnatore, in occasione della gara, del Napoli Calcio Femminile, nell’esercizio del “potere (rectius: dovere) referendario” di cui all’art. 40, co. 3 lett. h), riportava comportamenti mai tenuti ed espressioni mai pronunciate dal dirigente partenopeo, causando allo stesso l’irrogazione dell’ingiusta sanzione definitiva di otto mesi e mezzo di inibizione”. In particolare, il Sig. Dall’Oco nel proprio referto di gara imputava al Sig. Raffaele Riccio – dirigente partenopeo – di essere entrato nella spogliatoio riservato alla terna arbitrale, e di aver insultato – con frasi sconvenienti e volgari – esso arbitro e gli assistenti di linea. Riferiva, inoltre, di essere stato costretto a chiedere l’intervento dei dirigenti della squadra ospitante (Fimauto Valpolicella) addetti al servizio di forza pubblica affinché prelevassero il Sig. Riccio, che continuava a inveire contro tutti. A sostegno del deferimento la Procura ha depositato numerose deposizioni testimoniali, oltre al referto arbitrale e alle decisioni degli organi di Giustizia irrogative – proprio sulla base di quel referto – di sanzioni a carico del Riccio. La difesa del deferito Il Sig. Dall’Oco ha fatto pervenire breve memoria difensiva, con la quale ha ribadito la piena corrispondenza tra quanto accaduto e quanto refertato, sostenendo in particolare che: - il Riccio si trovasse già all’interno dello spogliatoio al momento del rientro alla fine della prima frazione di gioco; - le parole offensive riportate in referto sarebbero state pronunciate – all’interno dello spogliatoio – dal Riccio alla sola presenza di esso Dall’Oco, e non udite dagli assistenti di linea e dagli altri soggetti interrogati dalla Procura, i quali sarebbero rientrati nello spogliatoio qualche istante più tardi; Alla riunione odierna - il rappresentante della Procura federale Avv. Liberati ha concluso per l’affermazione della responsabilità del deferito e l’irrogazione della sanzione della sospensione per mesi 9 (nove). Il deferito non è comparso. I motivi della decisione Il deferimento non è fondato.
1.- L’Ordinamento federale non reca alcuna norma in materia di preclusioni processuali discendenti dalla esistenza di un giudicato, si che l’applicazione di questo fondamentale principio di diritto deve essere regolata e modulata secondo i principi generali sostanzialmente comuni a tutti gli ordinamenti. Orbene - e proprio alla stregua di tali principi – è ragionevole sostenere che, all’esito della conclusione del procedimento disciplinare a carico del dirigente della Società Napoli Calcio femminile Riccio in ordine al comportamento di quest’ultimo, si sia formato un giudicato opponibile da tutti i soggetti dell’Ordinamento (ancorché non parti effettive del relativo procedimento). In assenza, insomma, di una previa revocazione della decisione che ha accertato che il dirigente del Napoli fu autore della condotta che la Procura ritiene ora falsamente refertata dall’arbitro, la permanenza di tale originaria decisione varrebbe a precludere ogni ulteriore accertamento con essa incompatibile.
2.- Sotto altro profilo – non meno rilevante – devesi osservare come, nella specie, non si rinvengono le speciali circostanze (la esistenza “prevalente” di altri atti, muniti di fede privilegiata, che lo smentiscano; la contraddittorietà intrinseca dell’atto medesimo; il fatto notorio) idonee a privare il referto arbitrale in questione della fede privilegiata di cui esso generalmente gode ex art. 35 comma 1.1 CGS. A questo riguardo, devesi, in particolare, osservare come le dichiarazioni rese a seguito di
convocazione da parte degli assistenti di linea (e che sembrano discostarsi dalla ricostruzione fattuale operata dall’arbitro) non rientrano tra gli atti ufficiali muniti di fede privilegiata ai sensi della norma citata.
3.- Da ultimo occorre considerare come – anche a voler ritenere che, allorché il procedimento investa direttamente l’estensore di un atto a fede privilegiata e abbia a oggetto la sua presunta falsità, tale fede privilegiata possa risultare logicamente attenuata, e, quindi, superabile dalla sussistenza di prove, di rango minore, ma univoche e concordanti – tali prove non sono rinvenibili nella specie. Gli è, infatti, che la diversa ricostruzione dei fatti fornita dagli assistenti di linea (gli unici soggetti presenti nel relativo frangente) non appare sufficientemente plausibile ed esaustiva per superare quanto refertato dall’arbitro. Anzitutto, entrambi gli assistenti (uno dei quali, peraltro, risponde alla relativa convocazione solo all’esito di numerosi inviti) rendono dichiarazioni obiettivamente non molto attendibili: (i) riferendo che il dirigente del Napoli che, nell’intervallo di gioco, aveva fatto indebito ingresso nello spogliatoio dell’arbitro per protestare, avrebbe, tuttavia, mantenuto una condotta educata (è evidente la contraddizione tra la dedotta pacatezza della interlocuzione e la incontestabile “violenza” della iniziativa che l’aveva originata) (ii) offrendo due ricostruzioni diverse in ordine ai motivi della protesta: la espulsione di una giocatrice (Marcomini); il mancato rispetto delle segnalazioni di essi assistenti (Rouchdel). Inoltre appare decisiva la circostanza che entrambi gli assistenti – pur dichiarando di essere stati presenti dall’inizio al termine dell’episodio in questione – non escludono categoricamente che il dirigente avrebbe pronunciato le frasi offensive refertate dall’arbitro (considerata la gravità delle frasi contestate e la presenza ai fatti da essi affermata, era da attendersi, sul punto, affermazioni del tutto chiarificatrici), ma si limitano a dichiarare di non aver “udito”, rendendo con ciò plausibile quanto riferito dall’arbitro in ordine al fatto che la frase in questione fu pronunciata allorché i due assistenti non erano ancora sopraggiunti. P.Q.M. proscioglie Giacomo Dall’Oco dalle incolpazioni a esso contestate.
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