• Stagione sportiva: 2014/2015
F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – Sezioni Unite – 2014/2015 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 023/CFA del 03 Febbraio 2015 con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 037/CFA del 19 Marzo 2015 e su www.figc.it
1. RICORSO DELLA REGGINA CALCIO S.P.A. AVVERSO LE SANZIONI: – INIBIZIONE DI MESI 6 AL SIG. GIUSEPPE RANIERI, – PENALIZZAZIONE DI PUNTI 4 IN CLASSIFICA ALLA SOCIETÀ RECLAMANTE, DA SCONTARSI NELLA STAGIONE SPORTIVA 2014/2015, A TITOLO DI RESPONSABILITÀ DIRETTA EX ART. 4 COMMA 1 C.G.S. PER L’OPERATO ASCRITTO AL PROPRIO LEGALE RAPPRESENTANTE, INFLITTE SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE PER VIOLAZIONE DI CUI ALL’ART. 85, LETT. B), PARAGRAFO VII) N.O.I.F, IN RELAZIONE ALL’ART. 10, COMMA 3, C.G.S. PREVIGENTE – NOTE NN. 7435/1044 E 7436/1045 PF13-14/SP/BLP DEL 13.6.2014 (Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare – Com. Uff. n. 14/TFN del 20.10.2014)
F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – Sezioni Unite - 2014/2015 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 023/CFA del 03 Febbraio 2015 con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 037/CFA del 19 Marzo 2015 e su www.figc.it
1. RICORSO DELLA REGGINA CALCIO S.P.A. AVVERSO LE SANZIONI: - INIBIZIONE DI MESI 6 AL SIG. GIUSEPPE RANIERI, - PENALIZZAZIONE DI PUNTI 4 IN CLASSIFICA ALLA SOCIETÀ RECLAMANTE, DA SCONTARSI NELLA STAGIONE SPORTIVA 2014/2015, A TITOLO DI RESPONSABILITÀ DIRETTA EX ART. 4 COMMA 1 C.G.S. PER L’OPERATO ASCRITTO AL PROPRIO LEGALE RAPPRESENTANTE, INFLITTE SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE PER VIOLAZIONE DI CUI ALL’ART. 85, LETT. B), PARAGRAFO VII) N.O.I.F, IN RELAZIONE ALL’ART. 10, COMMA 3, C.G.S. PREVIGENTE – NOTE NN. 7435/1044 E 7436/1045 PF13-14/SP/BLP DEL 13.6.2014 (Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare - Com. Uff. n. 14/TFN del 20.10.2014)
Il Tribunale Federale Nazionale, Sezione Disciplinare, con decisione pubblicata sul Com. Uff. n. 014/TFN del 20.10.2014, ha irrogato la sanzione di 6 mesi di inibizione al dr. Giuseppe Ranieri e 4 punti di penalizzazione alla Reggina Calcio, avendo accertato la responsabilità disciplinare: I) quanto al deferimento prot. 7436/1045pf13-14/SP/blp del 13.6.2014: a) del Sig. Ranieri Giuseppe per la violazione prevista e punita dall’art. 85 lett. B) paragrafo VI delle N.O.I.F., in relazione all’art. 10 comma 3 C.G.S. per non avere documentato agli organi federali competenti l’avvenuto pagamento degli emolumenti dovuti ai propri tesserati per le mensilità di novembre e dicembre 2013 e di gennaio e febbraio 2014, nei termini stabiliti dalla normativa federale; b) della società Reggina Calcio a titolo di responsabilità diretta ai sensi dell’art. 1, comma 4, C.G.S. per le condotte ascritte al proprio legale rappresentante pro tempore; II) quanto al deferimento prot. 7435/1044pf13-14/SP/blp del 13.6.2014: a) del Sig. Ranieri Giuseppe per la violazione prevista e punita dall’art. 85 lett. B) paragrafo VII) delle N.O.I.F., in relazione all’art.10 comma 3 C.G.S. per non aver documentato agli Organi federali competenti l’avvenuto pagamento dei contributi Inps relativi agli emolumenti dovuti ai propri tesserati per le mensilità di gennaio e febbraio 2014, nonché l’avvenuto pagamento delle ritenute Irpef relative agli emolumenti dovuti ai propri tesserati per le mensilità di novembredicembre 2013 e di gennaio–febbraio 2014, nei termini stabiliti dalla normativa federale; b) della società Reggina Calcio a titolo di responsabilità diretta ai sensi dell’art.4, comma 1, C.G.S. vigente, per le condotte ascritte al proprio legale rappresentante pro-tempore. Avverso tale decisione hanno presentato ricorso sia la società che il dirigente, i quali sostengono, in primo luogo, che al caso in esame non possa essere applicata la normativa previgente alla nuova formulazione del C.G.S. del CONI, poiché esso è entrato in vigore il 12.6.2014, vale a dire il giorno precedente al deferimento datato 13.6.2014. Di conseguenza, sarebbe applicabile la normativa precisata nel nuovo C.G.S. che prevede, all’art. 64, 1° comma, il termine di novanta giorni dall’esercizio dell’azione disciplinare per la pronuncia della decisione di primo grado. Quanto al merito della vicenda, i ricorrenti sostengono: a) il Tribunale Federale avrebbe immotivatamente trascurato di considerare come gli appellanti sarebbero stati già sottoposti a giudizio da parte della C.D.N. e della C.G.F. (decisioni pubblicate rispettivamente su Com. Uff. n. 75/2014 e Com. Uff. n. 299/13-14 e 39/14-15), per fatti ed incolpazioni almeno in parte coincidenti con quelli oggetto di valutazione nel presente procedimento; in altri termini, il Ranieri e la Reggina, in virtù di distinti atti di deferimento del Procuratore federale, prot. 6069/694 e prot. 6069/707 sarebbero stati già giudicati, rispettivamente, per l’omesso pagamento degli emolumenti relativi a novembre e dicembre 2013 e per l’omesso pagamento delle ritenute Irpef per gli emolumenti relativi al periodo novembre e dicembre 2013. La formazione del giudicato avrebbe imposto lo stralcio dai capi di imputazione del presente procedimento delle violazioni relative al mancato pagamento degli emolumenti novembre e dicembre 2013 e ritenute Irpef relative agli emolumenti del medesimo periodo; residuerebbero quindi le sole incolpazioni aventi ad oggetto gli emolumenti gennaio e febbraio 2014 e mancato pagamento di ritenute Irpef e contributi Inps relativi agli emolumenti di gennaio e febbraio 2014; b) le somme dovute ai giocatori, delle quali si sostiene il mancato pagamento da parte della società, in realtà costituivano un incentivo all’esodo, avendo i calciatori risolto anticipatamente il contratto con la società Reggina Calcio S.p.A. rispetto alla quale non potevano essere considerati tesserati. Il calciatore che sottoscrive una risoluzione contrattuale, si legge nel reclamo “interrompe qualunque rapporto di natura contrattuale–sportiva con la società di appartenenza; la separata pattuizione di indennizzo per l’anticipata risoluzione dello stesso contratto non è un’obbligazione prevista tra quelle federalmente garantite e sottoposte all’obbligatorietà dell’assolvimento, pena l’applicazione delle sanzioni di cui all’art. 10 C.G.S.”. Tali nuovi accordi, aventi sostanzialmente natura risarcitoria, sarebbero quindi irrilevanti per l’ordinamento federale e sfuggirebbero alle previsioni normative della F.I.G.C. rimanendo quindi irrilevanti ai fini disciplinari contestati. Sulla base di quanto esposto, gli appellanti hanno quindi richiesto l’annullamento e la riforma della decisione impugnata e conseguentemente il proscioglimento degli incolpati perché la fattispecie non era sanzionata al momento del deferimento; in ogni caso dichiarare estinto il procedimento per decorso del termine di cui all’art. 38 C.G.S. del CONI ed ai sensi dell’art. 34 bis C.G.S. F.I.G.C.; dichiarare inammissibili i deferimenti per precedente giudicato; nel merito prosciogliere gli incolpati o, subordinatamente, ridurre congruamente la sanzione inflitta. Alla riunione del 14.11.2014, celebratasi davanti alla Sezione I della Corte Federale d’Appello, il Presidente, con propria ordinanza, ha rimesso la questione alle Sezioni Unite della Corte medesima, attesa la delicatezza e la rilevanza giuridica delle questioni trattate. Alla riunione del 10.12.2014, le Sezioni Unite della Corte hanno disposto l’acquisizione, a cura delle parti, della documentazione relativa alla risoluzione dei contratti dei calciatori dipendenti dalla Società Reggina Calcio nonché elementi di chiarimento in ordine alla posizione dei tesserati successivamente alla interruzione del rapporto con la stessa società. La Corte, tenuto conto delle peculiarità del caso concreto, ritiene preliminarmente non condivisibile l’eccezione difensiva relativa all’applicazione al caso in esame delle disposizioni previste dal C.G.S. del CONI, poiché in realtà lo stesso C.G.S. prevede la sua applicabilità dal momento del recepimento da parte delle varie Federazioni, recepimento che nel caso della F.I.G.C. è avvenuto solo il 2.8.2014. Ciò nondimeno, la Corte ritiene che il ricorso meriti responso di accoglimento nei termini di seguito esposti, alla stregua del difetto intrinseco di motivazione della decisione impugnata, che deve pertanto essere annullata. Rileva, infatti, la genericità e l’indeterminatezza dell’impianto motivazionale contestato del provvedimento decisorio del T.F.N., che riflette, e non risolve, i problemi che connotano, negli stessi termini, gli atti di indagine. Anche alla luce delle censure sollevate dai ricorrenti avverso tale decisione, con riferimento alla pretesa formazione di un giudicato parziale rispetto alle circostanze oggetto di accertamento, e delle ulteriori considerazioni svolte circa la natura dei c.d. “incentivi all’esodo” e della loro assimilabilità, per le finalità disciplinari in questione, alla nozione di “emolumento” (problema invero sul quale la Corte ha avuto modo di esprimersi in termini di “astratta equiparabilità”, ad ulteriore conferma di come gli elementi concreti della corresponsione, in termini di tempo, procedura, efficacia ed effetti novativi del rapporto, e non da ultimo esclusione di eventuali finalità meramente elusive delle norme sui controlli CO.VI.SO.C., richiedano un accertamento in concreto caso per caso), quello che qui rileva, con effetto assorbente ai fini del decidere, è che non pare si possa giungere ad alcuna conclusione certa circa l’identificazione dei presupposti soggettivi ed oggettivi per l’applicazione dell’ipotesi sanzionatoria loro imputata. Accertamento reso ancor più indispensabile proprio alla luce dell’eccezione di ne bis in idem svolta con riferimento ad almeno parte delle incolpazioni per cui si procede, con particolare riguardo all’omesso pagamento degli emolumenti di novembre e dicembre 2013 e del mancato versamento delle relative ritenute Irpef, ed in ordine alla rilevanza del permanere di tali inadempienze rispetto ai precedente deferimenti. Ed infatti, sebbene gli stessi ricorrenti nei propri scritti difensivi ricostruiscano unitariamente in termini di “incentivo all’esodo” la natura degli emolumenti non corrisposti ed in relazione ai quali risulterebbero non versate ritenute Irpef e contributi Inps per tutti i periodi in discussione (novembre-dicembre 2013 e gennaio-febbraio 2014), l’attento esame degli atti del procedimento rende evidente che solo in parte le somme che risulterebbero non corrisposte sarebbero qualificabili quali ratei degli accordi di risoluzione ed incentivo all’esodo mentre, per il resto, si tratterebbe di veri e propri emolumenti. Infatti, nel memorandum riepilogativo della società di revisione Deloite & Touche allegato alle note della Co.Vi.Soc. alla Procura federale del 3 giugno 2014 (prot. n. 1880.04/GC/ar e n. 1881.04/GC/ar), emerge che nel periodo gennaio/febbraio 2014, sotto la voce “diversi emolumenti” siano state considerate, del tutto genericamente, voci affatto differenti, in parte rappresentate da emolumenti tout court (ai tesserati non sono stati corrisposti emolumenti relativi al periodo di riferimento per un importo netto complessivo pari a € 207.894,00), in parte individuate come incentivi all’esodo (ai tesserati non sono state corrisposte le rate relative agli accordi di incentivo all’esodo per un importo netto complessivo pari a € 208.486,00). Mentre, per quel che riguarda il periodo novembre/dicembre 2013, sotto la voce “diversi emolumenti”, risultano effettivamente contemplati solo ratei di incentivo all’esodo senza tuttavia alcun riferimento, però, alle posizioni soggettive considerate (ai tesserati non sono state corrisposte le rate relative agli accordi di incentivo all’esodo per un importo netto complessivo pari a 201.312,00 Euro). Tale constatazione se, da un lato, sembrerebbe potere ridimensionare, ai fini che qui interessano, la rilevanza e, quindi, l’efficacia dell’argomentazione principale in punto di merito sostenuta dagli appellanti – vale a dire la non punibilità ex art. 10, comma 3, C.G.S., del mancato pagamento da parte della società di somme non rientranti nella nozione di emolumento quali si ritiene debbano essere considerati gli incentivi all’esodo – dall’altro, anche prescindendo da ogni valutazione circa la natura di tale genere di obbligazione di pagamento e del suo oggetto, ed in ordine alla rilevanza che essa andrebbe ad assumere alla stregua della normativa federale vigente in tema di controlli societari e relative sanzioni, introduce un ulteriore elemento con il quale è indispensabile confrontarsi ove si debba verificare la validità del materiale probatorio raccolto nelle attività di indagine. E’ indubbio, infatti, che, dall’esame degli atti transattivi di risoluzione del rapporto contrattuale con contestuale previsione dell’incentivo all’esodo, acquisiti in seguito a supplemento istruttorio disposto da questa Corte con provvedimento del 10 dicembre 2014, sono emersi ulteriori elementi di incertezza tali da palesare l’indeterminatezza dell’impianto accusatorio al fine di consentire al giudicante l’individuazione sicura dei presupposti della sanzione e la misura della medesima (anche con riferimento al permanere delle violazioni già oggetto di precedenti atti di deferimento relative al periodo novembre-dicembre 2013). Tali accordi transattivi, infatti, stabiliscono, in numerosi casi (si vedano gli accordi relativi alla posizioni di Ipsa Kristian, rinuncia alla retribuzione febbraio 2014; Giacchetta Simone, rinuncia alla retribuzione febbraio 2014; Redavid Paolo, rinuncia alla retribuzione gennaio e febbraio 2014; Sibilano Lorenzo, rinuncia alla retribuzione gennaio e febbraio 2014, Spagnulo Giampaolo, rinuncia alla retribuzione gennaio e febbraio 2014; Le Pera Antonio, rinuncia alla retribuzione gennaio e febbraio 2014; Dionigi Davide, rinuncia alla retribuzione gennaio e febbraio 2014; Sainz Maza Lopez Miguel Angel, rinuncia alla retribuzione gennaio e febbraio 2014), la rinuncia esplicita di emolumenti che avrebbero dovuto essere ricevuti in costanza di rapporto contrattuale proprio per periodi parzialmente coincidenti con quelli oggetto di esame da parte della Co.Vi.Soc. e della Procura Federale e che hanno giustificato il presente procedimento. Risulta evidente, pertanto, che la definitiva e formale rinuncia, nelle forme previste dal nostro ordinamento, da parte di ciascun lavoratore agli emolumenti contraddice ogni ipotesi di doverosità in capo alla società ed esclude che al mancato pagamento da parte della medesima possa essere ricondotta qualsivoglia conseguenza, sia sul piano strettamente laburistico/contrattuale come pure su quello disciplinare dal momento che l’ordinamento sportivo ha un interesse qualificato all’equilibrio economico-finanziario delle società di calcio professionistiche ed al rispetto dei principi di corretta gestione e, quindi, ai rapporti economici tra società, tesserati e dipendenti. In altri termini, gli atti dell’indagine, per come la medesima è stata svolta, non conferiscono alcuna possibilità al giudicante di poter verificare la rilevanza della condotta antidoverosa contestata ai deferiti, tenuto conto che non vi è modo di appurare se ed in che misura gli emolumenti, considerati dalla società di revisione isolatamente rispetto agli incentivi all’esodo, ma cumulativamente rispetto alla generalità dei tesserati, si sovrappongono agli accordi di incentivo all’esodo (i cui ratei risultano del pari considerati isolatamente rispetto ai primi ma cumulativamente rispetto alla generalità dei tesserati); tanto più che numerosi tra gli accordi risolutivi sottoposti all’esame di questa Corte sono collocabili in un periodo di tempo successivo al periodo di riferimento considerato dalla Co.Vi.Soc. e dalla Procura Federale ai fini disciplinari e stabiliscono effetti inoppugnabili rispetto ad alcuni aspetti economici rinvenienti dal cessato rapporto di lavoro. Peraltro, tanto più alla luce della distinzione che la stessa società di revisione ha ritenuto di operare (tra emolumenti tout court ed incentivi all’esodo) nel proprio memorandum, la mancanza, nelle risultanze degli accertamenti complessivamente compiuti, di congrue indicazioni circa oggetto, condizioni, tempi e modalità dei singoli inadempimenti imputati ai deferiti impedisce di verificare, anche alla luce del sopravvenire degli accordi transattivi che hanno riguardato gli aspetti economici dei rapporti di lavoro tra società e tesserati, la sussistenza delle condizioni di punibilità e la correttezza della quantificazione delle gravose sanzioni inflitte a norma del C.G.S.. La contraddittorietà intrinseca e il difetto di motivazione della decisione contestata non può non rilevare in sede di giudizio di appello, atteso che nel contesto complessivo del procedimento disciplinare si devono collocare, senza formalismi, logicamente e giuridicamente, tutti i presupposti – intesi come fatti storici – che hanno presidiato l’attività procedimentale e che erano comunque storicamente conoscibili nell'ambito di un rapporto di causa-effetto. Tali lacune, infatti, appaiono tanto più gravi ove si tenga conto che la Co.Vi.Soc., nell’esercizio della specifica attività di controllo che le è affidata dall’art. 80 N.O.I.F., è titolare di penetranti poteri di indagine funzionali alle valutazioni di competenza. In conclusione la decisione del T.F.N., fondandosi sui risultati di accertamenti che si sono rivelati soggettivamente ed oggettivamente non sufficientemente determinati e - per quanto gli atti dell’indagine consentono di apprezzare – comunque incompleti, e limitandosi a riaffermare con estrema sinteticità il “consolidato orientamento” sull’”astratta equiparabilità dell’incentivo all’esodo agli emolumenti”, ripropone tali indiscutibili carenze nella propria motivazione la quale, come è noto, non rappresenta un elemento meramente formale, ma un requisito da apprezzarsi in funzione della intelligibilità della decisione e della comprensione delle ragioni poste a suo fondamento, la cui mancanza impedisce la doverosa verifica circa la indispensabile corrispondenza tra elementi di fatto, condotta imputata ed ipotesi sanzionatoria invocata dalla Procura federale e presupposto della decisione impugnata. Il ricorso pertanto deve essere accolto nella parte in cui, seppure con considerazioni non condivisibili sotto altri e diversi profili, viene contestata la decisione impugnata in relazione anche all’inammissibilità degli atti di deferimento presupposti; ne consegue necessariamente l’integrale riforma della decisione impugnata e l’annullamento delle sanzioni irrogate. Per questi motivi la C.F.A., nei sensi sopra esposti, accoglie il ricorso della Società Reggina Calcio S.p.A. di Reggio Calabria e del suo dirigente Dr. Giuseppe Ranieri annullando le sanzioni inflitte. Dispone restituirsi la tassa reclamo.
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1. RICORSO DELLA REGGINA CALCIO S.P.A. AVVERSO LE SANZIONI: – INIBIZIONE DI MESI 6 AL SIG. GIUSEPPE RANIERI, – PENALIZZAZIONE DI PUNTI 4 IN CLASSIFICA ALLA SOCIETÀ RECLAMANTE, DA SCONTARSI NELLA STAGIONE SPORTIVA 2014/2015, A TITOLO DI RESPONSABILITÀ DIRETTA EX ART. 4 COMMA 1 C.G.S. PER L’OPERATO ASCRITTO AL PROPRIO LEGALE RAPPRESENTANTE, INFLITTE SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE PER VIOLAZIONE DI CUI ALL’ART. 85, LETT. B), PARAGRAFO VII) N.O.I.F, IN RELAZIONE ALL’ART. 10, COMMA 3, C.G.S. PREVIGENTE – NOTE NN. 7435/1044 E 7436/1045 PF13-14/SP/BLP DEL 13.6.2014 (Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare – Com. Uff. n. 14/TFN del 20.10.2014)"