F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – 2014/2015 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 015/CFA del 18 Dicembre 2014 con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 052/CFA del 12 Maggio 2015 e su www.figc.it 4. RICORSO PER REVOCAZIONE SIG. LAVARONI GIANCARLO AVVERSO LA SANZIONE DELL’INIBIZIONE PER MESI 4, A TUTTO IL 30.8.2009, INFLITTAGLI A SEGUITO DI DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE PER VIOLAZIONE DELL’ART. 5, COMMI 1 E 4 C.G.S. (Delibera della Commissione Disciplinare Territoriale presso il C.R. Friuli Venezia Giulia – Com. Uff. n. 76 del 30.4.2009) – (Delibera della Commissione Disciplinare Nazionale – Com. Uff. n. 76 del 30.4.2009)
F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – 2014/2015 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 015/CFA del 18 Dicembre 2014 con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 052/CFA del 12 Maggio 2015 e su www.figc.it
4. RICORSO PER REVOCAZIONE SIG. LAVARONI GIANCARLO AVVERSO LA SANZIONE DELL’INIBIZIONE PER MESI 4, A TUTTO IL 30.8.2009, INFLITTAGLI A SEGUITO DI DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE PER VIOLAZIONE DELL’ART. 5, COMMI 1 E 4 C.G.S. (Delibera della Commissione Disciplinare Territoriale presso il C.R. Friuli Venezia Giulia – Com. Uff. n. 76 del 30.4.2009) – (Delibera della Commissione Disciplinare Nazionale – Com. Uff. n. 76 del 30.4.2009)
Il Sig. Lavaroni Giancarlo veniva deferito dalla Procura Federale per avere espresso, pubblicamente e reiteratamente, giudizi ed affermazioni lesive della terna arbitrale nonché del Presidente della Sezione AIA di Gorizia nell’ambito dell’incontro Buttrio/Tiezzese svoltosi il 25.7.2007. Conseguenzialmente veniva inibito (cfr. delibera della Commissione Disciplinare Territoriale in data 23.04.2009) per mesi 4. L’intervento della Procura Federale, culminato nella relazione del 25.1.2008 e nel successivo deferimento del 10.2.2009, era stato determinato da una relazione dell’allora Presidente della Sezione AIA di Gorizia del 26.11.2007 che aveva segnalato gli accadimenti avvenuti appunto in occasione della gara sopra indicata. Con atto in data 11.5.2009, cui seguiva memoria difensiva del 16.6.2009, il Lavaroni contestava diffusamente la fondatezza della sanzione disciplinare eccependo la nullità per indeterminatezza del decisum e difetto di correlazione tra contestazione e condanna nonché la non coincidenza tra soggetto deferito ed incolpato. In particolare evidenziava che il Simon non sarebbe stato attendibile in ordine a svariate
(triplici) considerazioni essend le sue dichiarazioni del tutto infondate e criticando sul punto la decisone impugnata. La Commissione Disciplinare Nazionale (cfr. delibera n. 108 del 26.6.2009) dichiarava l’impugnazione inammissibile in quanto la medesima non sarebbe stata trasmessa ritualmente alla Procura Federale. Il pronunciamento della Commissione Disciplinare Nazionale era impugnato dall’interessato, con atto del 14.07.2009, davanti alla Corte di Giustizia Federale che con delibera del 30.7.2009 (cfr. Com. Uff. n. 14/CGF Stagione Sportiva 2009/2010) dichiarava inammissibile il proposto gravame. Con citazione del 19.11.2009 Lavaroni conveniva avanti il Tribunale di Gorizia il firmatario della nota in data 26.11.2007, l’allora Presidente della Sezione AIA di Gorizia, Sig. Simon Daniele, ritenendo del tutto inveritiero quanto riportato nella nota medesima, essendo le accuse proposte nei suoi confronti del tutto infondate. Il giudizio si concludeva con una conciliazione (cfr. verbale di udienza Tribunale di Gorizia in data 9.10.2014 ed atto allegato al verbale di udienza stesso sottoscritto dall’attore e dal convenuto) tra le parti. Ha proposto in data 30.10.2014 ricorso per la revocazione della delibera del 23.4.2009 della commissione Disciplinare Regionale Friuli V.G. il Lavaroni. Asseriva il medesimo come, dal verbale di conciliazione sottoscritto in data 9.10.2014, era evidente che il Simon attestava che le espressioni attribuite al Lavaroni non erano state pronunciate dal medesimo ma da altre persone non meglio identificate. Il fondamento della delibera con cui era stato appunto sanzionato con mesi 4 di inibizione sarebbe così venuto meno. Irrilevanti al riguardo erano, a suo dire, gli altri motivi che avevano portato alla sanzione della Commissione Disciplinare Territoriale in data 23.4.2009. Ciò posto, osserva questa Corte che il rimedio è inammissibile. Affinché possa invocarsi l’istituto della revocazione è necessario che sussistano determinati presupposti. Infatti secondo un consolidato e condivisibile indirizzo giurisprudenziale (cfr. tra tutti C.d.S. 4097/2007 nonché C.d.S. 7489/2009) “la falsa percezione da parte del giudice de1la realtà processuale che giustifica e rende ammissibile l’istanza di revocazione deve consistere in una svista obiettivamente ed immediatamente rilevabile che abbia portato ad affermare l’esistenza di un fatto decisivo, incontestabilmente escluso dagli atti o dai documenti di causa, ovvero l’inesistenza di un fatto decisivo che dagli atti e documenti medesimi risulti invece positivamente accertato. Cosi inteso, l’errore di fatto in nessun modo può coinvolgere l’attività valutativa del giudice in relazione a situazioni processuali esattamente percepite nella loro oggettività e quindi non ricorre quando si lamenta una presunta erronea o incompleta valutazione degli atti e delle risultanze processuali o un’anomalia del procedimento logico di interpretazione del materiale probatorio, atteso che in questi casi si è in presenza di un errore di diritto (C.d.S., Sez. V, 19 marzo 2007, n. 1298; Sez. IV, 5 ottobre 2006, n. 5936; 24 marzo 2006, n. 1539). E’ stato altresì puntualizzato che l’errore di fatto idoneo a legittimare la revocazione non soltanto deve, essere la conseguenza di una falsa percezione delle cose, ma deve avere anche carattere decisivo, nel senso di costituire il motivo essenziale e determinante della pronuncia impugnata per revocazione (Cass. civ., sez. I, 29 novembre 2006, n.25376); il c.d. abbaglio dei sensi, quindi, deve riguardare un fatto decisivo, dando luogo ad un stringente rapporto di consequenzialità tra l’erronea supposizione e la decisione resa, tale da poter affermare, con ragionevole certezza, che la seconda si fondi esclusivamente sulla prima (C.d.S., sez. V, 22 novembre 2005, n. 6485)”. Così come più volte statuito (cfr. da ultimo C. di S., A.P. n. 5/2014) “…La giurisprudenza del Consiglio di Stato e quella della Corte di Cassazione, invero, hanno pressoché univocamente individuato le caratteristiche dell'err L'errore di fatto revocatorio si sostanzia quindi in una svista o abbaglio dei sensi che ha provocato l'errata percezione del contenuto degli atti del giudizio (ritualmente acquisiti agli atti di causa), determinando un contrasto tra due diverse proiezioni dello stesso oggetto, l'una emergente dalla sentenza e l'altra risultante dagli atti e documenti di causa: esso pertanto non può (e non deve) confondersi con quello che coinvolge l'attività valutativa del giudice, costituendo il peculiare mezzo previsto dal legislatore per eliminare l'ostacolo materiale che si frappone tra la realtà del processo e la percezione che di essa ha avuto il giudicante, proprio a causa della svista o abbaglio dei sensi (Cons. St., sez. III, 1° ottobre 2012, n. 5162; sez. VI, 2 febbraio 2012, n. 587; 1 dicembre 2010, n. 8385). Pertanto, mentre l'errore di fatto revocatorio è configurabile nell'attività preliminare del giudice di lettura e percezione degli atti acquisiti al processo, quanto alla loro esistenza ed al significato letterale (senza coinvolgere la successiva attività d'interpretazione e dì valutazione del contenuto delle domande e delle eccezioni ai fini della formazione del convincimento), esso non ricorre nell'ipotesi di erroneo, inesatto o incompleto apprezzamento delle risultanze processuali ovvero di anomalia del procedimento logico di interpretazione del materiale probatorio ovvero quando la questione controversa sia stata risolta sulla base di specifici canoni ermeneutici o sulla base di un esame critico della documentazione acquisita, tutte ipotesi queste che danno luogo se mai ad un errore di giudizio, non censurabile mediante la revocazione (che altrimenti si trasformerebbe in un ulteriore grado di giudizio, non previsto dall'ordinamento, Cons. St., sez. ottobre 2012, n. 5212; sez. V, 26 marzo 2012, n. 1725; sez. VI, 2 febbraio 2012, n. 587; 15 maggio 2012, n. 2781; 16 settembre 2011, n. 5162; Cass. Civ., sez. I, 23 gennaio 2012, n. 836; sez. II, 31 marzo 2011, n. 7488). Inoltre, l'articolo 395 n. 4 c.p.c. prevede che sussiste errore di fatto se "il fatto non costituisce un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare"…”. Nel caso di specie si osserva che il Lavaroni è stato sanzionato per due diverse condotte: - comportamenti nei confronti della terna arbitrale; - comportamenti nei confronti del Presidente dell’AIA di Gorizia, come al medesimo puntualmente noto (si veda al riguardo il punto 3. dei motivi in data 11.5.2009). Si osserva poi che alla Commissione Disciplinare erano stati offerti nella sostanza gli stessi elementi difensivi che hanno portato il Lavaroni ad adire l’Autorità Giudiziaria Ordinaria. Al riguardo quindi in applicazione dei principi giurisprudenziali richiamati, si osserva che il giudizio civile e la conseguente conciliazione non possono costituire ragione di revocazione in quanto la sanzione inflitta non riguardava solo l’elemento costituito dalla diatriba con il Simon, ma anche il comportamento offensivo tenuto nei confronti della terna ed i Giudici Sportivi hanno già pronunciato sulla circostanza di fatto dedotta secondo cui il Lavaroni fosse il reale responsabile delle offese. Allora appare che con la qui invocata revocazione si cerchi di reintrodurre tutti gli elementi difensivi già vagliati in precedenza apparendo così detta circostanza come attinente ad un apprezzamento in diritto del materiale probatorio offerto, che come tale al più porterebbe – secondo la prospettazione del ricorrente – ad una eventuale (e comunque indimostrata) erronea interpretazione delle circostanze controverse in presenza delle quali potrebbe al più trattarsi di un mero eventuale errore di diritto che in quanto tale impedisce l’esperimento del rimedio (ex art. 39 codice) invocato. A questo proposito in realtà si cerca con lo strumento della revocazione un terzo grado di giudizio inammissibile nell’ordinamento. Per questi motivi la C.F.A., dichiara inammissibile il ricorso per revocazione come sopra proposto dal sig. Lavaroni Giancarlo. Dispone addebitarsi la tassa reclamo.
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