• Stagione sportiva: 2014/2015
F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – Sezioni Unite – 2014/2015 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 042/CFA del 09 Aprile 2015 con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 059/CFA del 22 Maggio 2015 e su www.figc.it
2. RICORSO DEL BOLOGNA F.C. 1909 S.P.A. AVVERSO LE SANZIONI: – SQUALIFICA PER 1 GIORNATA EFFETTIVA DI GARA, E AMMENDA DI € 6.000 AL CALC. CACIA DANIELE; – AMMENDA DI € 6.000 ALLA SOCIETÀ A TITOLO DI RESPONSABILITÀ OGGETTIVA EX ART. 4 COMMA 2 C.G.S, INFLITTE SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE PER VIOLAZIONE DI CUI ALL’ART. 1 BIS, COMMA 1 C.G.S. (NOTA N. 6215/117 PF14- 15/AM/MA DEL 18.2.2015) – (Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare – Com. Uff. n. 45/TFN del 2.4.2015)
F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – Sezioni Unite - 2014/2015 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 042/CFA del 09 Aprile 2015 con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 059/CFA del 22 Maggio 2015 e su www.figc.it
2. RICORSO DEL BOLOGNA F.C. 1909 S.P.A. AVVERSO LE SANZIONI: - SQUALIFICA PER 1 GIORNATA EFFETTIVA DI GARA, E AMMENDA DI € 6.000 AL CALC. CACIA DANIELE; - AMMENDA DI € 6.000 ALLA SOCIETÀ A TITOLO DI RESPONSABILITÀ OGGETTIVA EX ART. 4 COMMA 2 C.G.S, INFLITTE SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE PER VIOLAZIONE DI CUI ALL’ART. 1 BIS, COMMA 1 C.G.S. (NOTA N. 6215/117 PF14- 15/AM/MA DEL 18.2.2015) - (Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare – Com. Uff. n. 45/TFN del 2.4.2015)
Con unico atto il Bologna F.C. 1909 S.p.A. ed il sig. Daniele Cacia, come rappresentati e difesi, hanno proposto reclamo avverso la decisione del Tribunale Federale Nazionale pubblicata sul Com. Uff. n. 45 del 2.4.2015 che ha agli stessi inflitto le seguenti sanzioni: 1 giornata di squalifica, da scontarsi in gare ufficiali, oltre ammenda di € 6.000,00, a carico del calciatore Cacia; ammenda di € 6.000,00, per responsabilità oggettiva ex art. 4, comma 2, C.G.S., a carico della società Bologna. I fatti ed il deferimento Di seguito, in sintesi, i fatti di rilievo ai fini del presente giudizio. In data 22.9.2014 il sig. Fiorini Gianluca ha presentato alla Procura Federale un esposto, seguito da due comunicazioni telematiche inviate in data 6.10.2014 alla Segreteria Federale, nel quale denunciava di avere ricevuto alcuni messaggi telefonici a mezzo “Whatsapp” e alcuni SMS dal calciatore Cacia Daniele, messaggi a suo dire dal contenuto offensivo e minaccioso. La Procura Federale convocava immediatamente il sig. Daniele Cacia che, sentito il 4.11.2014, ha spiegato la natura dei rapporti con il Fiorini e ha depositato la completa trascrizione dei messaggi che erano stati scambiati fra i due nella giornata del 20.9.2014. In data 12.11.2014 è stato, poi, sentito il sig. Fiorini il quale, esposti i suoi rapporti con il Cacia, ha confermato il contenuto della trascrizione dei messaggi dal medesimo prodotta ed ha spiegato il senso di alcune frasi offensive e minacciose a lui scritte da Cacia. Con provvedimento del 18.2.2015 il Procuratore Federale ha deferito dinanzi al Tribunale Federale Nazionale - Sezione Disciplinare il Sig. Fiorini Gianluca, agente iscritto nell’apposito elenco della F.I.G.C., per rispondere della violazione di cui all'art. 1 bis, comma 1, C.G.S., in relazione all’art. 19, commi 3 e 5, del Regolamento Agenti, per avere inviato in data 20.9.2014 alcuni messaggi telefonici dalla propria utenza mobile a quella del calciatore Cacia Daniele, aventi un contenuto offensivo della reputazione del predetto calciatore. Contestualmente è stato deferito anche il calciatore Cacia Daniele per rispondere della violazione di cui all’art. 1 bis, comma 1, C.G.S., per avere inviato nella stessa data del 20.9.2014 alcuni messaggi telefonici dalla propria utenza telefonica mobile a quella dell’agente Fiorini Gianluca, aventi anch’essi un contenuto offensivo della reputazione del predetto agente. È stata, poi, deferita anche la società Bologna F.C. 1909 S.p.A. a titolo di responsabilità oggettiva per il fatto attribuito al proprio tesserato Cacia. In particolare, il sig. Fiorini Gianluca è stato deferito per rispondere della violazione di cui all'art. 1 bis, comma 1, C.G.S., in relazione all’art. 19, commi 3 e 5, del Regolamento Agenti, per avere inoltrato in data 20.9.2014 dalla propria utenza telefonica a quella del calciatore Daniele Cacia messaggi di testo con l’applicazione “Whatsapp”, nonché sms telefonici dal contenuto offensivo nei confronti del predetto calciatore del seguente testuale tenore: «Fra un po’ ti chiederanno di restituire lo stipendio a Bologna» (ore 18,05); «nel senso che uno stipendio come il tuo e quello di Acquafresca non giustificano un rendimento così scarso del Bologna» (ore 18,09); «può darsi ma sicuramente guadagno 1/10 di quello che prendete voi» (ore 18,10); «no … sei tu che ne guadagni troppi, infatti vedrai che adesso ti chiederanno i soldi … garantito!» (ore 18,12); «ero al cesso … fra un mese ti rescindono il contratto e vai a lavorare se vuoi mantenere tua figlia … garantito … conserva il mio messaggio e poi vedremo chi è il poveraccio … c……!» (ore 18,28); «povero figlio … ha un padre c…..» (ore 18,56); «intanto giro i tuoi messaggi alla Procura Federale» (ore 18,58); «va bene , grazie per le offese e le minacce» (ore 18,59); «io nomino la parola di tuo figlio quando mi pare e piace … adesso ci pensa la giustizia sportiva a farti abbassare la cresta e il proprietario del Bologna» (ore 19,01); «domani parte denuncia da Palazzi» (ore 19,02); «ho appena informato il capo della Digos a Cremona dando i tuoi dati e mandato una email alla Procura Federale c/o F.I.G.C.…sei pregato di non chiamarmi più» (ore 19,29 SMS); «ti ho denunciato in Questura. Domani viene a prenderti la Digos a Piacenza. Sono stufo delle tue minacce. Io ho solo detto che devi andare a lavorare per mantenere tuo figlio» (ore 20,34 SMS); «adesso sono stufo … non ritiro le denunce neanche se me lo chiede Andrea D’Amico che è mio amico» (SMS). Il sig. Cacia Daniele è stato, come detto, deferito per rispondere della violazione dell’art. 1 bis, comma 1, C.G.S., per avere inoltrato in data 20.9.2014 dalla propria utenza telefonica a quella dell’agente Gianluca Fiorini messaggi di testo con l’applicazione “Whatsapp”, nonché sms telefonici dal contenuto offensivo nei riguardi del predetto agente di calciatori del seguente testuale tenore: «Vieni tu magari fai più goal di noi» (ore 18,10); «e si vede che ti meriti quelli» (ore 18,10); «senti te lo già detto 1 volta …se hai qualche problema con me vieni che lo risolviamo di persona altrimenti nn ti permettere più di scrivere. Sei un poveretto che cerca gloria in un mondo che nn ti appartiene. Ps a casa mia i conigli nn risp al telefono ciao» (ore 18,21); «Infatti, stavi nel posto giusto al cesso … le merde stanno lì … risp dai che ti voglio dire una cosa» (ore 18,31); «coniglio» (ore 18,32); «se nn hai soldi x richiamare ti faccio una ricarica» (ore 18,32); «fammi sapere» (ore 18,33); «dimenticavo … mio figlio sta bene, lui e i suoi figli … coglione se mi gira ti compro pure a te … poveraccio …» (ore 18,37); «senti ora ti dico una cosa … se nomini ancora la parola mio figlio sappi che Dove ti vedo in qualunque posto ti massacro. Attento nn scherzare con il fuoco. Che ti bruci. A buon intenditore poche parole» (ore 18,42); «ci vediamo presto tranquillo» (ore 18,57); «te l’avevo detto» (ore 18,57); «A presto, ciao» (ore 18,58); «girala a chi cazzo vuoi coglione» (ore 18,59); «Nn me ne frega un cazzo” (ore 18,59); «Ti avevo avvisato» (ore 19,00); «Tu hai nominato la parola mio figlio» (ore 19,00); «E nn devi» (ore 19,00); «Quindi da oggi prima o poi ti trovo» (ore 19,00); «Coniglio» (ore 19,00); «Ci vediamo … tranquillo» (ore 19,01); «A presto» (ore 19,01); « …» (ore 19,01); «Ti abbasso le corna che hai tu io … tranquillo» (ore 19,02); «A presto» (ore 19,02); «A presto» (ore 19,03); «Bello mio forse nn hai capito in che situazione ti sei messo, sei in una via senza uscita. Chi tocca mio figlio e andato nella via sbagliata e tu ci sei finito. Hai ragione non ti scrivo più tanto perdo tempo con un coglione come te e morto di fame che sei … ma ricordati una cosa Daniele è calabrese e Daniele non dimentica … a presto» (ore 19,40 SMS); «A presto» (ore 20,38 SMS). La società Bologna FC 1909 S.p.A. è stata deferita per rispondere a titolo di responsabilità oggettiva, ai sensi dell’art. 4, comma 2, C.G.S., per la violazione disciplinare ascritta al calciatore Daniele Cacia. Il procedimento di primo grado e la decisione impugnata Fissata l’udienza dinnanzi al Tribunale federale nazionale i deferiti depositavano specifiche difese. All’udienza dibattimentale il rappresentante della Procura Federale ha chiesto infliggersi le seguenti sanzioni: al calciatore Cacia, 1 (una) giornata di squalifica, da scontarsi in gare ufficiali, oltre all’ammenda di € 6.000,00 (€ seimila/00); alla società Bologna FC 1909 S.p.A., ammenda di € 6.000,00 (€ seimila/00); all’agente Fiorini, 4 (quattro) mesi di sospensione della licenza. Sono, altresì, comparsi i deferiti personalmente, nonché il difensore del Cacia che ha concluso come da verbale in atti. Il sig. Fiorini ha scelto di difendersi da solo e ha chiesto il proprio proscioglimento. All’esito del dibattimento il Tribunale federale nazionale - sezione disciplinare, in accoglimento del deferimento, ha inflitto le seguenti sanzioni: - 1 (una) giornata di squalifica, da scontarsi in gare ufficiali, oltre all’ammenda di € 6.000,00 (€ seimila/00) nei confronti di Cacia Daniele; - ammenda di € 6.000,00 (€ seimila/00) alla società Bologna FC 1909 S.p.A,; - 1 (uno) mese di inibizione a svolgere qualsiasi attività nell’ambito dell’ordinamento federale nei confronti di Fiorini Gianluca. Ha ritenuto, infatti, il Tribunale di prime cure che la «documentazione acquisita in atti dimostra inequivocabilmente che in data 20 settembre 2014, fra le ore 18,05 e le ore 20,38, è avvenuto un intenso scambio di messaggi telefonici (mediante “Whatsapp” ed sms) fra l’agente Fiorini Gianluca e il calciatore Cacia Daniele, il cui contenuto è stato integralmente riportato nei capi d’incolpazione come sopra contestati ed è stato sostanzialmente ammesso dai due incolpati». Ne deriva, secondo il T.F.N., che entrambi gli incolpati hanno fatto uso di alcune parole aventi un carattere ingiurioso e che ci si trovi in presenza «di offese reciproche pronunciate dai due interlocutori nel corso di una conversazione telefonica animata». In questi casi, secondo il Tribunale, «la legge penale consente l’applicazione di un beneficio previsto dalla disposizione contenuta nella prima parte dell'art. 599 del codice penale secondo la quale il giudice, nel delitto d'ingiuria, se le offese sono reciproche, può dichiarare non punibili uno o entrambi gli offensori. É però evidente che il beneficio preveduto nella prima parte dell'art. 599 c.p. è un istituto sui generis di diritto pubblico, che non può tuttavia ritenersi applicabile anche all’interno del Codice di Giustizia Sportiva che impone, com’è noto, a tutti coloro che svolgono un’attività all’interno della F.I.G.C. il rispetto massimo dei principi di lealtà, correttezza e probità in ogni rapporto comunque riferibile all’attività sportiva, che nella fattispecie sono stati palesemente violati da entrambi i deferiti». Peraltro, aggiunge il T.F.N., «alcune parole ed espressioni usate dal Cacia hanno ecceduto il limite della semplice ingiuria, sconfinando in vere e proprie minacce nei confronti del Fiorini. Com’è noto, il reato di minaccia, rientrante nel novero dei reati formali di pericolo, si consuma indipendentemente dall’effettiva intimidazione del soggetto passivo, rilevando in tal senso come unico parametro per la configurabilità del reato, l’idoneità del male minacciato ad incidere (anche solo in via potenziale) nella sfera psichica della persona offesa. Nel caso di specie, non si può dubitare che alcune espressioni usate dal Cacia abbiano avuto una valenza chiaramente minacciosa nei riguardi del Fiorini. A questo riguardo deve però osservarsi che le minacce profferite dal Cacia trovano sicuramente giustificazione nella provocazione a cui il medesimo era stato sottoposto da parte del Fiorini che l’aveva pesantemente criticato per le insufficienti prestazioni sportive, giungendo anche a formulare alcune ingiurie. […] Il Cacia non si è però limitato a rispondere per le rime al Fiorini, ma è andato oltre la semplice ingiuria, formulando vere e proprie minacce». Il reclamo Avverso la predetta decisione ha, come detto, proposto reclamo il Bologna F.C. unitamente al sig. Cacia Daniele, entrambi rappresentati e difesi dall’avv. Mattia Grassani. Nella preliminare “breve ricostruzione dei fatti” parte reclamante evidenzia, anzitutto, come l’agente Fiorini abbia già in passato posto in essere «condotte similari, se non identiche, a quella di cui si discute», disciplinarmente sanzionate «(cfr. Com. Uff. n. 82/CDN del 22.5.2014 e Com. Uff. n. 90/CDN del 20.6.2014)». Peraltro, si aggiunge in reclamo, «a seguito dell’episodio oggetto del presente procedimento, il Fiorini ha eccitato tutta una serie di iniziative nei confronti del Cacia, in particolare una denunzia – querela per minacce ed una istanza di mediazione, preliminare ad una causa civile, nella quale richiede un risarcimento danni pari ad € 200.000,00, che lascia trasparire, in maniera più che evidente, gli scopi che, nella vicenda che ci occupa, hanno animato l’Agente». Ai fini di una «corretta valutazione della fattispecie» parte reclamante ritiene, poi, opportuno evidenziare come l’agente Fiorini avesse tentato di avvicinare il calciatore Cacia già nel gennaio 2014, «ancora quando militava nell’Hellas Verona F.C. S.p.A. […] nonostante questi fosse regolarmente assistito da altro e diverso agente». Fiorini avrebbe, poi, ritentato un contatto nel febbraio 2014, proponendo a Cacia un trasferimento presso una società statunitense e, ancora, nel luglio 2014, «per proporgli non meglio precisati trasferimenti nel campionato inglese». Le proposte sono state declinate «sempre gentilmente» da Cacia, mentre «il Fiorini dimostrava, con chiara evidenza, il proprio comportamento invadente, offensivo e minaccioso, manifestato con inopportune e pressanti telefonate ed SMS». Fiorini, quindi, ha ricontattato Cacia il 20.9.2014, prosegue parte reclamante, «pochissimi minuti dopo il fischio finale della partita Bologna – Crotone», mediante invio di un sms, «con il quale, privo di titolo alcuno e, quindi, deliberatamente, si permetteva di esprimere pareri, giudizi e considerazioni, senza, peraltro, sollecitazioni in tal senso, sul, presunto, scarso rendimento del tesserato Cacia e sui guadagni di quest’ultimo, sconfinando, infine, in ingiurie». Sempre a dire dei reclamanti, di un periodo non dei più felici per la società Bologna risentiva, a livello nervoso, anche Cacia, uno dei giocatori simbolo della squadra, ed «è proprio in tale contesto che Fiorini decise scientemente di importunare Cacia che, prima che il tono dell’Agente diventasse altamente offensivo e andasse a chiamare in causa i figli del calciatore, vedeva quest’ultimo rispondere senza mai travalicare i limiti della c.d. “probità” e cercando un chiarimento, anche verbale, perché non comprendeva le ragioni di un simile atteggiamento». In altri termini, secondo la prospettazione difensiva, il calciatore Cacia ha inizialmente cercato solo di riscontrare, in parte in modo scherzoso, in parte in modo interlocutorio cercando di capire meglio, i messaggi dell’agente che, via via, si facevano sempre più provocatori. Ad un certo punto, Cacia, «stanco dell’interlocuzione via messaggio, provava a chiamare Fiorini per chiarire definitivamente i rapporti evitando lo scontro, visto che fino a quel momento la conversazione non era trascesa. Il Fiorini, però, nonostante avesse manifestato, fino a pochi attimi prima, assoluta celerità nel rispondere ai messaggi, non rispondeva al telefono, così esasperando il Cacia che, con una espressione certo inurbana, ma non offensiva, manifestava il suo intendimento». Fiorini rispondeva, dunque, «con il primo messaggio chiaramente offensivo, che dava origine allo scontro da cui è scaturito il deferimento». La conversazione trascende, ma il tono di Cacia rimane sempre non offensivo, a dire della parte reclamante, che, dunque, si chiede: «In cosa Cacia sarebbe stato sleale? Perché lo stesso avrebbe dovuto comportarsi secondo lealtà nei confronti di un soggetto che si comporta come sopra descritto?». Così riassunti i fatti parte reclamante censura, quindi, la decisione del Tribunale Federale Nazionale. Con un primo motivo di appello si lamenta la non applicazione della esimente di cui all’art. 599 c.p., ai sensi del quale «… se le offese sono reciproche, il Giudice può dichiarare non punibili uno o entrambi gli offensori». Inoltre, la predetta norma introdurrebbe, al primo comma, una causa di non punibilità, «laddove, nell’immediatezza, intercorrano offese tra due soggetti, unite tra loro da un nesso di dipendenza, come nel caso di specie». Il secondo comma, invece, «prevede una esimente speciale del reato di ingiuria, nel caso in cui lo stato d’ira, di un parlante, sia determinato da un fatto ingiusto altrui». Orbene, nel caso di specie, appunto, il calciatore Cacia avrebbe agito in evidente e conclamato stato d’ira, conseguente alle continue molestie e provocazioni e, quindi, offese e minacce, «al termine di una gara» che aveva visto il Bologna perdere in caso con l’ultima in classifica. Con un secondo motivo di reclamo si esprime perplessità in merito alla «diversa qualificazione dei messaggi trasmessi dal Cacia, rispetto a quelli inviati ad opera del Fiorini, operata dal giudice a quo». In tal senso, infatti, l’organo di prime cure «per giustificare l’accoglimento integrale delle richieste della Procura federale nei confronti del Cacia, a fronte di una significativa riduzione della pena in favore di Fiorini, ha enfatizzato in maniera significativa il tenore minaccioso di certi messaggi, mentre ha ricondotto alla mera ingiuria quelli che il calciatore ha ricevuto». Sotto questo profilo, «premesso che lo stesso giudice di primo grado ha ammesso che i toni utilizzati dal Cacia “trovano sicuramente giustificazione nella provocazione a cui il medesimo era stato sottoposto da parte del Fiorini che lo aveva pesantemente criticato per le insufficienti prestazioni sportive, giungendo anche a formulare alcune ingiurie” (senza, però, che tale considerazione abbia trovato adeguato riscontro e riconoscimento nella misura sanzionatoria)», parte reclamante evidenzia come i messaggi contestati, «peraltro trasmessi in un unico contesto, derivanti dallo stato d’ira indotto nel calciatore, non appaiono idonei a configurare alcuna condotta minacciosa, bensì, al più, ingiuriosa, al pari di quella di Fiorini». Quanto, specificamente, all’espressione “ma ricordati una cosa Daniele è calabrese e Daniele non dimentica”, ritiene parte reclamante che lo stesso Cacia «abbia già diffusamente spiegato, in occasione dell’audizione avanti al collaboratore della Procura federale, il senso della frase, che, lungi dal costituire una minaccia, stava a significare che il reclamante, come molti calabresi, è molto orgoglioso e poco incline a dimenticare eventuali torti subiti». Del resto, aggiungono i reclamanti, «affinché sia integrata la minaccia, occorre che la prospettazione del male ingiusto sia concreta e chiaramente percepibile dal soggetto passivo». Con un terzo motivo d’appello parte reclamante mette in risalto, per le conseguenti ricadute sul piano della quantificazione della sanzione, la provocazione del Fiorini. «É Fiorini che, in un momento di grande stress nervoso ed emotivo, scrive a Cacia, con il quale non intratteneva certamente rapporti di frequentazione, un messaggio di scherno per le insoddisfacenti prestazioni rese dal calciatore e della propria squadra». È sempre Fiorini «che, contrariamente a quanto sostenuto nella decisione di prime cure, formula, dopo non aver risposto ad una chiamata di Cacia volta a chiarire l’episodio, il primo messaggio di offese». Questa offesa, «la prima proferita da uno dei due interlocutori […] avrebbe dovuto assumere rilevanza essenziale per esonerare da qualsivoglia responsabilità il calciatore e, quindi, il Bologna F.C. 1909 S.p.A.». In ogni caso, a dire dei reclamanti, vi sarebbe evidente sproporzione tra le sanzioni inflitte a Cacia e quelle irrogate a Fiorini: «in un’ottica di dosimetria della pena, non appaiono coerenti tra loro le sanzioni irrogate ai protagonisti dell’episodio, atteso che il Fiorini, peraltro, oltre ad essere il soggetto provocatore, era gravato da una recidiva reiterata specifica, che tradisce evidentemente il profilo del personaggio, l’attitudine a certi comportamenti e, invero, anche le finalità». «Per di più», si aggiunge, «la sanzione appare illegittima, o comunque, eccessiva, ove si consideri che si è trattato di una conversazione privata, cui Cacia non ha dato alcun seguito e destinata a rimanere tale se Fiorini non avesse diffuso, in maniera peraltro parziale e capziosa, i messaggi». Segnala, ancora, parte reclamante come la giurisprudenza di settore abbia più volte affermato che il principio di probità, correttezza e lealtà deve ritenersi violato allorché la lesione si realizza nell’ambito di un rapporto riferibile all’attività sportiva, destinato a uscire dall’area della riservatezza e, quindi, per sua natura conoscibile. Con un ulteriore motivo di reclamo viene censurata la sanzione irrogata a carico del Bologna F.C., sotto un duplice profilo. In primo luogo, nessun rimprovero di colpevolezza potrebbe essere mosso alla società, attesa l’insussistenza di qualsivoglia comportamento colposo od omissivo «in occasione dell’episodio che ha coinvolto Daniele Cacia, dovuto al fatto che nessuna azione preventiva e di controllo avrebbe potuto essere realizzata per evitare la violazione contestata al calciatore». In secondo luogo, in casi assimilabili a quello oggetto del presente procedimento, la giurisprudenza sportiva avrebbe ritenuto infondato ogni addebito di responsabilità oggettiva nei casi di totale estraneità ai fatti oggetto di addebito. Per tutte le suddette ragioni i reclamanti concludono chiedendo annullarsi o revocarsi le sanzioni inflitte ovvero ridurre le stesse nella misura di giustizia, anche convertendo la sanzione della squalifica a carico del calciatore in pena pecuniaria. Sintesi del dibattimento dinanzi la C.F.A. Alla seduta innanzi a questa Corte federale di appello sono comparsi l’avv. Dario Perugini per la Procura federale e l’avv. Stefano Vitale per i reclamanti. Il rappresentante della Procura federale ha chiesto la conferma della decisione impugnata, evidenziando, in particolare, l’irrilevanza, in questa sede, della censura avversaria in ordine all’asserita sproporzione tra la sanzione inflitta a Fiorini e quella inflitta a Cacia, quest’ultima, peraltro, comunque già contenuta. Quanto alla tesi del carattere privato della conversazione basti osservare, aggiunge il rappresentate dell’Ufficio requirente, che i fatti oggetto del procedimento hanno comunque oltrepassato i limiti della conversazione privata, per avere uno dei due soggetti interessati segnalato i fatti medesimi alla Procura Federale. La difesa dei ricorrenti ha illustrato e richiamato le proprie deduzioni e conclusioni scritte, osservando, segnatamente, come il Tribunale federale nazionale non abbia adeguatamente valutato il fatto centrale della vicenda, ossia la provocazione preordinata dell’agente di cui trattasi che, peraltro, avrebbe alterato la realtà, come si evincerebbe dalla stessa e-mail fatta alla Procura Federale in data 22 sett. 2014. Evidenzia, poi, la difesa dei reclamanti, come Cacia non sarebbe comunque punibile ai sensi dell’art. 599 c.p., anche alla luce dell’art. 16 C.G.S. in tema di riconoscimento di attenuanti ed aggravanti. Del tutto errata sarebbe, infine, la sanzione a carico della società Bologna, che nulla, nella fattispecie, avrebbe potuto fare ed alla quale non può essere mosso alcun rimprovero in termini di mancato controllo del tesserato. Il reclamo merita parziale accoglimento, nei termini di seguito indicati, per i seguenti Motivi Deve, in via preliminare, essere disattesa la tesi agitata dalla difesa dei reclamanti in ordine alla adombrata irrilevanza, per l’ordinamento sportivo, della conversazione di cui trattasi, attesa la sua (asserita) natura meramente privata. A sostegno del proprio assunto difensivo parte reclamante richiama la giurisprudenza di settore nella parte in cui ha più volte affermato che il principio di probità, correttezza e lealtà sancito dal Codice di Giustizia Sportiva deve ritenersi violato allorché la lesione si realizzi nell’ambito di un rapporto riferibile all’attività sportiva, destinato a uscire dal contesto di riservatezza e, quindi, per sua natura conoscibile. Ritiene questa Corte che una siffatta impostazione del problema non possa essere condivisa, laddove si consideri che tutti i tesserati F.I.G.C. devono comportarsi secondo i principi di lealtà, correttezza e probità «in ogni rapporto comunque riferibile all’attività sportiva». Dunque, a prescindere dal preteso carattere “pubblico” o “privato” della conversazione. Orbene, nel caso di specie, la colorita conversazione dedotta in giudizio ha visto protagonisti non già un tesserato ed una persona estranea al movimento federale, bensì soggetti entrambi, seppur a diverso titolo, tesserati per la Federazione ed ha avuto ad oggetto, proprio come stabilito dai precedenti della giurisprudenza di settore invocata dai reclamanti, questioni riferibili all’attività sportiva (seppur inopportunamente affrontate), atteso che Fiorini si è riferito (anche) alle prestazioni agonistiche di Cacia e questi (anche) all’attività di procuratore sportivo del primo. Né le previsioni normative federali pongono alcun limite in relazione al mezzo (nel caso di specie, messaggi via telefono) con il quale le condotte di carattere ingiurioso, offensivo, minaccioso o, comunque, non corretto sono realizzate. In ogni caso, poi, come correttamente evidenziato dall’avv. Perugini, anche laddove fosse stato possibile condividere la tesi dell’irrilevanza della conversazione animata tra due tesserati di natura non conoscibile, nel caso di specie non potrebbe che prendersi, comunque, atto della circostanza che i fatti in controversia hanno travalicato i limiti della sfera meramente privata, essendo stati portati alla pubblica conoscenza per iniziativa di uno dei protagonisti della vicenda, a seguito dell’esposto presentato alla Procura Federale e della richiesta di autorizzazione avanzata alla F.I.G.C.. È poi opportuno, sempre in via preliminare, ricordare, per quanto ovvio, che i provvedimenti emanati in conseguenza dell’applicazione delle regole dell’ordinamento sportivo sono destinati a produrre i loro effetti all’interno dell’ordinamento medesimo e solo in via eventuale e, comunque, indiretta gli stessi possono riflettersi nell’ordinamento generale, rispetto al quale, pertanto, non possono che rimanere (giuridicamente) irrilevanti. Sotto tale profilo, questa Corte ha più volte affermato «la niente affatto obbligata permeabilità dell’ordinamento sportivo ad ogni e ciascuna disposizione dell’ordinamento generale astrattamente applicabile alla singola fattispecie. Ed infatti, l’ordinamento sportivo, da un canto, è estraneo alle previsioni normative generali che nascono con riguardo ad ambiti tipicamente ed esclusivamente statali (come il procedimento penale e le regole che per esso sono dettate per governare i rapporti con altri procedimenti svolgentisi in ambito generale, quali quelli civili, amministrativi, disciplinari ecc.); esso, d’altro canto, è libero di perseguire la propria pretesa punitiva nei confronti degli appartenenti che si sottraggano al rispetto dei precetti con autonomi mezzi di ricerca e valutazione della prova che non necessariamente debbono identificarsi con quelli propri dell’ordinamento statale, fatta ovviamente salva l’osservanza del diritto di difesa, costituzionalmente protetto» (Corte Giustizia Federale, Sez. Un., Com. Uff. n. 019/CGF del 2.8.2012). In altri termini, quello sportivo è un processo che deve essere svolto alla luce delle norme dell’ordinamento sportivo, ordinamento che, come noto, ha la capacità di regolare fattispecie generali ed astratte con valenza verso la generalità dei soggetti dell’ordinamento medesimo, in funzione del perseguimento di specifiche finalità istituzionali pubblicistiche rientranti nell’interesse generale in ragione del quale esso stesso è costituito. Non può essere, pertanto, in alcun modo condiviso il tentativo di “scardinare” il processo sportivo, introducendovi regole procedurali e di diritto sostanziale proprie di altri sistemi di giustizia. Diverse sono le posizioni giuridiche coinvolte e la rilevanza delle stesse; diverse sono le finalità perseguite dall’ordinamento sportivo e da quello generale dello Stato. Nel processo sportivo si applicano le disposizioni dell’ordinamento federale e di quello generale sportivo, anche internazionale. Solo in via eccezionale e/o in caso di lacuna vengono in ausilio le regole dettate per altri sistemi di giustizia. In particolare, il riferimento è al Codice di rito civile, come, peraltro, espressamente oggi disposto, all’art. 2, comma 6, dal Codice di giustizia sportiva del CONI che così testualmente recita: «Per quanto non disciplinato, gli organi di giustizia conformano la propria attività ai principi e alle norme generali del processo civile, nei limiti di compatibilità con il carattere di informalità dei procedimenti di giustizia sportiva». Ciò premesso sul piano generale, deve, anzitutto, chiarirsi come il presente procedimento non abbia ad oggetto l’accertamento della sussistenza dei presupposti per affermare o meno la colpevolezza del sig. Cacia in ordine ai reati di ingiuria, minaccia o altro, indagine, questa, eventualmente riservata, come noto, all’Autorità giudiziaria ordinaria. Altro, invece, è l’accertamento richiesto agli organi di giustizia sportiva: segnatamente, questa Corte è chiamata ad appurare se, alla luce del complessivo materiale acquisito agli atti, la conversazione intercorsa, a mezzo messaggi telefonici, tra Cacia e Fiorini sia o meno in linea con le previsioni dell’ordinamento sportivo e, segnatamente, se sia o meno in contrasto con il principio di cui all’art. 1 bis C.G.S., in forza del quale «Le società, i dirigenti, gli atleti, i tecnici, gli ufficiali di gara e ogni altro soggetto che svolge attività di carattere agonistico, tecnico, organizzativo, decisionale o comunque rilevante per l’ordinamento federale, sono tenuti all'osservanza delle norme e degli atti federali e devono comportarsi secondo i principi di lealtà, correttezza e probità in ogni rapporto comunque riferibile all’attività sportiva». In altri termini, si tratta di verificare se, per quanto in rilievo nel presente giudizio di appello, il comportamento tenuto dal calciatore Cacia sia connotato da antidoverosità, dal punto di vista “sportivo”, e, dunque, in quanto tale punibile secondo le previsioni dettate dal Codice di giustizia sportiva. Sotto tale profilo, pertanto, seppur pregevolmente esposte e dettagliatamente articolate, appaiono inconferenti le argomentazioni difensive sviluppate nel reclamo in punto esimente applicabile ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 599 c.p.. Occorre, come si diceva, invece, indagare se le espressioni e le frasi rivolte, a mezzo sms e tramite il “canale” whatsapp, dal giocatore Cacia all’agente Fiorini siano o no in contrasto con il dovere di lealtà, correttezza e probità cui tutti i soggetti dell’ordinamento settoriale di cui trattasi sono tenuti. In tale prospettiva, pertanto, appare necessario muovere da un attento esame delle espressioni contestate al sig. Cacia e trarne una valutazione complessiva e unitaria, nella prospettiva di cui si diceva. Emerge, dagli atti del procedimento, che Cacia ha, in particolare, “apostrofato” Fiorini con queste frasi ed espressioni: - «sei un poveraccio che cerca gloria in un mondo che nn ti appartiene» (ore 18,21); - «a casa mia i conigli nn risp al telefono» (ore 18,21); - «stavi nel posto giusto al cesso … le merde stanno lì…» (ore 18,31); - «coniglio» (ore 18,32); - «coglione …poveraccio» (ore 18,37); - «…se nomini ancora la parola mio figlio sappi che dove ti vedo in qualunque posto ti massacro. Attento non scherzare con il fuoco. Che ti bruci. A buon intenditore poche parole» (ore 18,42); - «… coglione» (ore 18,59); - «Quindi da oggi prima o poi ti trovo» (ore 19); - «coniglio» (ore 19); - «Ti abbasso le corna che hai tu io…» (ore 19,02); - «Bello mio forse nn hai capito in che situazione ti sei messo …coglione come te …morto di fame che sei…ma ricordati una cosa Daniele è calabrese e Daniele non dimentica…» (ore 19,40). In disparte, come si diceva in apertura di motivazione, ogni valutazione dell’eventuale contenuto ingiurioso e/o intimidatorio, in senso stretto inteso e con riferimento ad una valutazione propria del giudizio penale, che, invece, esula dalla presente sede, occorre qui stabilire se le dette espressioni, per quanto, ovviamente, è possibile evincere sulla base delle trascrizioni dei messaggi di cui trattasi ed alla luce delle affermazioni dei diretti interessati, siano o meno in linea con i sopra ricordati doveri richiesti allo sportivo tesserato F.I.G.C.. Ora, questo Collegio non nutre dubbio alcuno che quelle rivolte, per quanto qui interessa, da Cacia a Fiorini sono espressioni che, a prescindere dalla loro eventuale portata ingiuriosa e/o offensiva, sono comunque non corrette dal punto di vista della “deontologia” sportiva. Né l’uso corrente, specie in particolari contesti, di certi termini ne attenua il disvalore sportivo-disciplinare, considerato che l’abitudine al linguaggio “inappropriato” a volte ritenuto tipico del contesto sportivo, non toglie alle espressioni medesime la loro obiettiva lesività e inopportunità. A tal riguardo, del resto, non è richiesto un vero e proprio animus iniuriandi vel diffamandi in senso proprio e tecnico inteso, essendo sufficiente uno stato soggettivo equiparabile al dolo generico, eventualmente anche nella dimensione del dolo eventuale: è, cioè, sufficiente che l’uso di determinate parole sia socialmente interpretabile come offensivo, nel senso che le stesse sono consapevolmente adoperate in base al significato che esse vengono oggettivamente ad assumere, anche se le medesime non si traducono in un oggettivo giudizio di disvalore sulle qualità personali altrui o risultano ormai accettate dalla coscienza sociale secondo un criterio di media convenzionale. In diverse parole, il criterio cui fare riferimento ai fini della ravvisabilità della lesione del principio posto dall’art. 1 bis C.G.S. è il contenuto della frase pronunziata e il significato che le parole hanno nel linguaggio comune, a prescindere dalle specifiche intenzioni, che possono rimanere pure inespresse, di chi agisce, come pure dalla sensazione meramente soggettiva che la frase può aver provocato nel destinatario della stessa. Quanto alle espressioni rappresentative di un intento in qualche modo intimidatorio non vi è dubbio che le stesse devono essere considerate inaccettabili nel momento in cui, ad esempio, si concretizzano attraverso l'invio di messaggi che contengano riferimenti, più o meno espliciti, ad un male ingiusto, idoneo, in considerazione delle concrete circostanze del caso, ad ingenerare timore in chi risulti esserne il destinatario. È, cioè, sufficiente la mera idoneità della condotta di un tesserato ad ingenerare turbamento nell’altro tesserato, indipendentemente dal fatto che questi sia stato o meno realmente intimidito. Del resto, nello stesso ambito processual-penalistico, il delitto di minaccia è reato di pericolo che non presuppone la concreta intimidazione della persona offesa, ma solo la comprovata idoneità della condotta ad intimidirla (cfr. Cassazione penale, sez. V, 26.9.2014, n. 3855), ossia che il male prospettato incuta timore nel soggetto passivo, menomandone la sfera della libertà morale (cfr. Cassazione penale, sez. V, 20.12.2013, n. 5272). In altri termini, l’ipotesi delittuosa della minaccia, in quanto reato formale di pericolo, non postula l'intimidazione effettiva del soggetto passivo, essendo sufficiente che il male minacciato, in relazione alle concrete circostanze di fatto, sia potenzialmente tale da incutere timore e da incidere nella sfera di libertà psichica del soggetto passivo (cfr. Cassazione penale, sez. V, 19.3.2014, n. 19203). Ciò in quanto nel reato di minaccia l'elemento essenziale è rappresentato dalla limitazione della libertà psichica attraverso la prospettazione del pericolo che un male ingiusto possa essere cagionato dall'autore alla vittima, senza che sia necessario che uno stato di intimidazione si verifichi concretamente in quest'ultima, essendo sufficiente la sola attitudine della condotta ad intimorire (cfr. Cassazione penale, sez. V, 22 aprile 2014, n. 45502). In definitiva, il comportamento tenuto nell’occasione da Cacia viola le prescrizioni imposte dall’art. 1 bis C.G.S. e merita, dunque, una risposta sanzionatoria. Tale risposta dell’ordinamento federale non può, tuttavia, che essere adeguata alla concreta fattispecie ed alle peculiari caratteristiche che connotano la stessa, alla luce delle quali questa Corte ritiene dover rideterminare la pena inflitta in primo grado. Sotto siffatto profilo appare tanto necessaria, quanto utile, un’attenta disamina della successione cronologica della conversazione di che trattasi, all’esito della quale traspare evidente un atteggiamento inopportuno e, comunque, non corretto e precluso dall’art. 1 bis C.G.S. da parte dell’agente (già del resto, come detto, accertato dal Tribunale federale nazionale), tale da essere sentito e vissuto come provocatorio da parte di Cacia. Questa una sintesi delle espressioni rivolte da Fiorini a Cacia: - «Fra un po’ ti chiederanno di restituire lo stipendio al Bologna» (ore 18,05); - «Nel senso che uno stipendio come il tuo e quello di Acquafresca non giustificano un rendimento così scarso del Bologna» (ore 18,09); - «No …sei tu che ne guadagni troppi infatti vedrai che adesso ti chiederanno i soldi» (ore 18,12); - «ero al cesso … fra un mese ti rescindono il contratto e vai a lavorare se vuoi mantenere tua figlia … garantito … conserva il mio messaggio e poi vedremo chi è il poveraccio … coglione!» (ore 18,28); - «Povero figlio… ha un padre coglione» (ore 18,56). Si tratta, senza dubbio, di espressioni non irragionevolmente ritenute inadeguate, pretestuose ed ingiuste dal calciatore. Del resto, il comportamento provocatorio può sussistere anche quando lo stesso non integri gli estremi di un illecito codificato, per essere contrario alla convivenza civile o, per quanto qui segnatamente interessa, a quella sportivo-associativa, anche sulla base di una valutazione oggettiva, specie laddove, poi, così in concreto anche negativamente percepita. Orbene, a fronte di tale fare provocatorio Cacia appare inizialmente stupito, interdetto. Successivamente, però, il calciatore non replica alla provocazione in termini misurati e necessari; va oltre, utilizzando espressioni calibrate a ledere, sotto il profilo disciplinare che qui interessa, la sfera professionale del contraddittore e dalla valenza, a tratti, anche intimidatoria. Si aggiunga che, seppur provocato, Cacia avrebbe potuto replicare avvalendosi degli strumenti predisposti dall’ordinamento sportivo e, quindi, a mero titolo esemplificativo, segnalando i fatti all’Ufficio inquirente della Federazione e/o chiedendo la prescritta autorizzazione federale per adire l’Autorità giudiziaria ordinaria. Insomma. Non vi è dubbio che, seppur provocato, Cacia è stato imprudente, lasciandosi trasportare dallo stato d’ira in un crescendo dialettico che merita, comunque, come sopra detto, censura. Nel contempo, però, ritiene questa Corte che, nel caso di specie, vada adeguatamente valorizzata, a fini attenuanti, la subita aggressione verbale e l’evidente stato d’ira che ha presto sopraffatto lo stesso Cacia. Nel caso di specie, dunque, deve tenersi in adeguata considerazione il fatto che la reazione di Cacia è la risultante di un altrui comportamento che per la sua intrinseca illegittimità, sotto il profilo della disciplina sportiva, e per la sua contrarietà alle norme che regolano il corretto convivere degli associati presso la Federazione, contiene in sé la potenzialità di suscitare un giustificato turbamento nell'animo del predetto medesimo calciatore. Ricorrono, pertanto, nella fattispecie, due fondamentali presupposti per una corposa attenuazione del disvalore “giuridico-sportivo” del comportamento tenuto dal calciatore: il fatto ingiusto e lo stato d'ira conseguente. In tale prospettiva, occorre, del resto, considerare che l’altrui fatto ingiusto o provocatorio idoneo a cagionare lo stato d'ira può consistere in qualsiasi comportamento contrario alle norme giuridiche, civili, associative, morali, di costume o di civile convivenza, specie laddove attuato con modalità che risultino vessatorie o sconvenienti o, irragionevoli. Orbene, nel caso di specie la reazione di Cacia appare fortemente influenzata dallo stato d'ira, conseguente alla detta provocazione, che si è tradotto in una concreta alterazione psichica che ha avuto quale conseguenza la perdita della propria capacità di controllo, complice l'indebolimento o la mancata attivazione dei freni inibitori. Tutto ciò considerato, vista la norma di cui all’art. 16, comma 1, C.G.S., secondo cui «gli Organi della giustizia sportiva stabiliscono la specie e la misura delle sanzioni disciplinari, tenendo conto della natura e della gravità dei fatti commessi e valutate le circostanze aggravanti e attenuanti, nonché l’eventuale recidiva», ritenuto il fatto di cui trattasi di tenue rilievo per l’ordinamento federale (in considerazione delle già evidenziate particolari modalità del suo svolgersi), tenuta presente l’unicità del contesto di tempo, luogo e mezzo che connota il comportamento in deferimento addebitato al giocatore Cacia, riconosciute allo stesso le attenuanti della provocazione e dell’aver agito in evidente stato d’ira, ritiene questa Corte giusto ridurre la sanzione allo stesso inflitta con la decisione oggetto di gravame ed equo rideterminare la stessa in euro duemila di ammenda, con esclusione del provvedimento di squalifica. Quanto alla sanzione inflitta al Bologna calcio a titolo di responsabilità oggettiva ai sensi dell’art. 4, comma 2, C.G.S., deve, anzitutto, osservarsi come non possa trovare accoglimento l’istanza di annullamento della stessa avanzata dalla società reclamante. Inconferente, a tal proposito, il richiamo alla decisione adottata dalla C.G.F. con riferimento al ricorso proposto dalla società Genoa C.F.C. S.p.A. e pubblicata sul Com. Uff. n. 47/CGF del 19.9.2013. Come da giurisprudenza di questa Corte, il predetto assunto presuppone «una assoluta identità di situazioni che è evento ovviamente di pressoché impossibile verificazione, laddove il criterio per cui la sanzione deve essere aderente in concreto alle di volta in volta diverse evenienze si muove proprio nella direzione opposta a quella della uniformità preconfezionata» (Corte Giustizia Federale, Com. Uff. n. 213/CGF del 20.3.2013). A tale criterio questa Corte si attiene anche nel presente procedimento. Evidenti, del resto, le diversità tipologiche delle fattispecie dedotte nei due giudizi, giudizi, invece, erroneamente assimilati dalla reclamante società. Nel giudizio richiamato da quest’ultima, la società è stata chiamata a rispondere (e, poi, assolta) a titolo di responsabilità oggettiva per la condotta di un giocatore che è risultato non essere tesserato per la stessa al momento della condotta illecita al medesimo contestata, posta infatti in essere «ad epoca di mesi successiva al tesseramento del calciatore». Del tutto differente la fattispecie in rilievo nel presente procedimento. Qui, infatti, il calciatore di cui trattasi, al momento della condotta era tesserato (come a tutt’oggi è) presso il Bologna F.C. 1909. Per le ragioni prima indicate non appaiono pertinenti neppure gli ulteriori richiami giurisprudenziali sul punto effettuati in reclamo. Tuttavia, se non sussistono i presupposti per annullare la sanzione, ritiene, questo Collegio, che il legame tra la società ed il proprio tesserato Cacia sia, in relazione al fatto allo stesso contestato, talmente blando da giustificare un riconoscimento della responsabilità oggettiva che può tradursi, sul piano sanzionatorio, in una corposa riduzione della sanzione inflitta in prime cure, nella misura che si ritiene equo rideterminare nell’ammenda di euro mille. Per questi motivi la C.F.A., in parziale accoglimento del ricorso come sopra proposto dalla società Bologna F.C. 1909 S.p.A. di Bologna, rimodula le sanzioni nei termini che seguono: - ammenda di € 2.000,00 al calc. Cacia Daniele; - ammenda di € 1.000,00 alla società Bologna F.C. 1909. Dispone restituirsi la tassa reclamo.
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2. RICORSO DEL BOLOGNA F.C. 1909 S.P.A. AVVERSO LE SANZIONI: – SQUALIFICA PER 1 GIORNATA EFFETTIVA DI GARA, E AMMENDA DI € 6.000 AL CALC. CACIA DANIELE; – AMMENDA DI € 6.000 ALLA SOCIETÀ A TITOLO DI RESPONSABILITÀ OGGETTIVA EX ART. 4 COMMA 2 C.G.S, INFLITTE SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE PER VIOLAZIONE DI CUI ALL’ART. 1 BIS, COMMA 1 C.G.S. (NOTA N. 6215/117 PF14- 15/AM/MA DEL 18.2.2015) – (Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare – Com. Uff. n. 45/TFN del 2.4.2015)"