F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – Sezioni Unite – 2014/2015 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 058/CFA del 22 Maggio 2015 con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 070/CFA del 05 Giugno 2015 e su www.figc.it 2. RICORSO SIG. SERGIO BRIGANTI AVVERSO LA PRONUNCIA DI INAMMISSIBILITÀ DELL’INTERVENTO PROPOSTO IN ORDINE AL DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE A CARICO DEL SIG. MARIO MACALLI (NOTA N. 7044/205 PF12-13/SP/AM/BLP DEL 9.3.2015) – (Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare – Com. Uff. n. 53/TFN del 29.4.2015)

F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – Sezioni Unite - 2014/2015 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 058/CFA del 22 Maggio 2015 con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 070/CFA del 05 Giugno 2015 e su www.figc.it 2. RICORSO SIG. SERGIO BRIGANTI AVVERSO LA PRONUNCIA DI INAMMISSIBILITÀ DELL’INTERVENTO PROPOSTO IN ORDINE AL DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE A CARICO DEL SIG. MARIO MACALLI (NOTA N. 7044/205 PF12-13/SP/AM/BLP DEL 9.3.2015) - (Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare - Com. Uff. n. 53/TFN del 29.4.2015) Il Tribunale Federale Nazionale, con decisione pubblicata mediante comunicato ufficiale n. 53 TFN, si è pronunciato sul deferimento elevato in data 9 marzo 2015 dal Procuratore Federale nei confronti del sig. Mario MACALLI, nella sua qualità di Presidente della Lega Pro, per rispondere delle seguenti incolpazioni: 1) violazione dell' art. 1, comma 1 (principi di lealtà, correttezza e probità) del C.G.S. (oggi trasfuso nell’art. 1 bis comma 1 del nuovo C.G.S.) perché nel corso della s.s. 2011-2012 e delle stagioni sportive successive, allorché medesimo rivestiva la qualifica di Presidente della LegaPro, poneva in essere le seguenti condotte: - nel febbraio 2011, registrava a suo nome, presso l’Ufficio Marchi e Brevetti della CCIAA di Roma, i marchi Pergocrema, Pergocrema 1932, Pergolettese e Pergolettese 1932; - nel luglio 2012, essendo stato dichiarato il fallimento della U.S. Pergocrema 1932, concedeva in uso gratuito, con potestà di revoca, al sig. Cesare Angelo Fogliazza il marchio Pergolettese 1932 e quest’ultimo per accordi interceduti con lo stesso Macalli provvedeva al cambio di denominazione della Soc. Pizzighettone ed il suo trasferimento a Crema; - nell’ottobre del 2013, allorché la Pergolettese 1932 è stata promossa dal campionato di Serie D in Lega Pro Seconda Divisione, provvedeva a donare il marchio U.S. Pergolettese 1932 alla stessa società in persona del suo legale rappresentante e ciò solo dopo aver appreso di essere indagato e dopo che la società di cui aveva la titolarità del marchio si era iscritta ad un campionato organizzato dalla Lega di cui era Presidente; - il Macalli con le condotte di cui sopra di fatto ha stabilito chi dovesse svolgere l’attività calcistica nella città di Crema e con ciò venendo meno al suo ruolo di imparzialità quale Presidente della LegaPro e Vice Presidente della Federazione Italiana Gioco Calcio e in conflitto di interessi per l’acquisizione di marchi relativi e denominazioni di società sportive rimanendo a tutt’oggi titolare di tre dei quattro marchi citati; 2) violazione di cui all'art. 1, comma 1 (principi di lealtà, correttezza e probità) del C.G.S. (oggi trasfuso nell’art. 1 bis comma 1 del nuovo C.G.S.) perché nei mesi di aprile-maggio 2012, allorché il MACALLI medesimo rivestiva la qualifica di Presidente della Lega Pro, bloccava il bonifico della somma di euro 256.488,80 dovuta alla U.S. Pergocrema 1932 quale quota dei contributi derivanti dalla suddivisione dei diritti televisivi, senza che ricorresse alcuna giustificazione giuridica, con ciò aggravando la situazione di crisi finanziaria della predetta società che non ebbe la possibilità di ripianare il debito portato nel ricorso di fallimento che, quindi, veniva dichiarata fallita dal Tribunale di Crema in data 20.6.2012. All’esordio del dibattimento, il giudice di prime cure dichiarava inammissibile l’atto d’intervento spiegato dall’odierno ricorrente, siccome non previsto dall’ordinamento federale e, comunque, non sorretto da un interesse rilevante e tutelabile. Di poi, nel merito, in parziale accoglimento del deferimento, irrogava nei confronti del Presidente Mario Macalli, e limitatamente ai soli addebiti di cui al capo 1, la sanzione della inibizione per mesi 6 (sei). Avverso la suindicata decisione, nella parte in cui è stata dichiarata inammissibile l’istanza d’intervento e nella parte in cui l’incolpato è stato prosciolto (dal capo di incolpazione n. 2) ha interposto reclamo il ricorrente, chiedendo rispettivamente una declaratoria di nullità e/o di annullamento della prima statuizione e la riforma del capo della decisione relativa al proscioglimento. Tanto sulla scorta dei motivi di gravame di seguito sintetizzati e che saranno in prosieguo passati in rassegna: A) quanto all’ordinanza n. 1 del 9.4.2015 con cui è stato dichiarato inammissibile l’intervento del sig. Sergio Briganti, 1) nullità e/o annullabilità del provvedimento del Tribunale Federale Nazionale per violazione delle norme sul contraddittorio, violazione dell’articolo 1 secondo comma del CGS della FIGC e articolo 34 del CGS del CONI. Il ricorrente assume che il T.F.N. avrebbe operato una lettura non corretta dei rapporti tra il CGS della FIGC e quello del CONI assegnando prevalenza al primo e ciò in plateale distonia con il principio di gerarchia delle fonti. Di contro, gli statuti delle federazioni sono tenuti ad adeguarsi ai principi fondamentali dell’ordinamento del CONI. Muovendo da tali premesse il ricorrente ritiene che l’eventuale antinomia tra l’ordinamento federale e quello del CONI, quanto alla disciplina dell’intervento del terzo, debba essere risolta in favore di quest’ultimo. L’articolo 1 del CGS della FIGC assegnerebbe dignità di fonte superiore al CGS del CONI che troverebbe applicazione anche per tutto quanto non diversamente disciplinato. Orbene, l’articolo 34 del CGS del CONI consentirebbe con formula ampia l’intervento del terzo senza limitazioni di sorta. Inoltre, il comma 6 dell’articolo 2 del CGS del CONI, nel richiamare i principi e le norme generali del processo civile, consentirebbe di dare ingresso all’articolo 105 del c.p.c., che parimenti assicura pieno riconoscimento alla facoltà di intervento del terzo. L’articolo 1 comma 2 del CGS conterrebbe, inoltre, una clausola di residualità prevedendo l’applicazione, in mancanza di una disciplina espressa, delle disposizioni del CGS del CONI, tra cui giustappunto il richiamato articolo 34 del CGS; Infine, l’autonomia dell’ordinamento federale resterebbe confinata ai soli profili afferenti alla “qualificazione dei fatti a fini disciplinari”, restando in tal modo escluse le norme procedurali; La fattispecie in questione potrebbe, comunque, essere ricondotta, sul piano ermeneutico, a quella prevista dal combinato disposto dell’articolo 41 comma 7 e 33 comma 3 del CGS, con la quale condividerebbe la medesima natura di “ipotesi di violazione in materia gestionale ed economica”; 2. sulla ritenuta mancanza di prova della sussistenza di interessi anche indirettamente rilevanti e tutelabili nell’ordinamento sportivo in capo al sig. Briganti. Manifesta infondatezza. Il comportamento del Presidente Macalli avrebbe impedito il corretto svolgimento delle attività sportive e delle competizioni, nonché dei diritti patrimoniali connessi, al dirigente ed ai soci del Pergocrema nel periodo 2011-2012. B) quanto alla ritenuta mancanza di prova circa l’incolpazione di cui al capo 2 del deferimento, 1) erroneità in fatto per omesso esame di un documento in atti quale circostanza di fatto decisiva. Il Tribunale non avrebbe adeguatamente valutato le comunicazioni intercorse tra la Lega Pro, i procuratori della Pergocrema e l’Avv. Macrì nel periodo tra il 24.2.2012 ed il 3.5.2012. Di contro una serena lettura dei suddetti atti evidenzierebbe a carico del Macalli: - un comportamento dilatorio per tutto il periodo dal 24.4.2012 al 3.5.2012; - una disparità di trattamento rispetto alle missive di sollecito dell’AIC, riscontate nella medesima giornata di ricezione; - un comportamento negligente in quanto fondato su ragionamenti contrari al diritto (come l’assunto che i sequestri possano essere eseguiti via fax). Ciò assumerebbe ancor più rilievo in considerazione del fatto che il Pergocrema aveva ricevuto dagli uffici amministrativi della Lega il fac simile della fattura da emanare. A sostegno dei propri assunti il ricorrente chiede l’audizione dei testi dr. Francesco Ghirelli e Avv. Sergio Capograssi. 2) erroneità in diritto sull’attribuibilità di un atto associativo al suo rappresentante. Infondatezza della ritenuta impossibilità d’imputare il blocco del bonifico in via esclusiva al Presidente Macalli. La lega ha natura giuridica di associazione privatistica ed, ai sensi dell’articolo 11 dello statuto, la rappresentanza si radica in capo al Presidente. In tal senso deporrebbe la testimonianza resa dall’Avv. Bonanni. 3) sulla ritenuta sussistenza di una giustificazione giuridica al blocco del bonifico, illegittimità. La mera comunicazione via fax di un decreto che autorizza al sequestro di somme non imporrebbe alcun vincolo giuridico sulle somme medesime. Né rileverebbero le perplessità sorte ovvero i pareri contrari rassegnati dagli uffici. 4) sulla ritenuta necessità di raggiungere una prova certa in ordine al capo d’incolpazione. Illegittimità. Violazione dell’articolo 2 comma 6 del CGS nella parte in cui fa rinvio ai principi del processo civile. Il CGS si fonda sui principi e gli istituti del processo civile e non di quello penale sia ai sensi dell’articolo 2 comma 6 sia in considerazione del fatto che i soggetti dell’ordinamento sono soggetti di diritto privato e operano all’interno di associazioni private. Dovrebbe dunque trovare applicazione il criterio del “più probabile che non”. 5) sulla ritenuta insussistenza dell’elemento psicologico del dolo o della colpa ex art. 3 del CGS della FIGC. Illegittimità e contraddittorietà della motivazione. Contrariamente a quanto ritenuto dal giudice di prime cure non sarebbe richiesta la prova del cd. dolo specifico (la “volontà specifica di pregiudicare..”) e nel caso di specie non si potrebbe dubitare della coscienza e volontà del Presidente Macalli quanto alla condotta di bloccare il bonifico, come fatto palese dalla comunicazione dallo stesso inviata con fax del 3.5.2012. Resterebbe, dunque, ascrivibile allo stesso la condotta in addebito (quantomeno) a titolo di colpa. c) sul comportamento scorretto, sleale ed improbo del Presidente Macalli. 1) sul mancato accredito delle somme dovute a Pergocrema a seguito della revoca del provvedimento di sequestro in data 6.6.2015 e fino a tutto il 20.6.2015. Ed, invero, in data 6.6.2015, veniva raggiunta la conciliazione tra il Pergocrema ed i suoi calciatori a seguito della quale veniva revocato il decreto di sequestro, con conseguente congiunto ordine alla Lega di pagare i calciatori sequestranti, ma ciò nondimeno fino al 20.6.2012, data in cui veniva pronunciato il fallimento, alcun versamento veniva effettuato. 2) sulla esiguità della sanzione in relazione al capo d’incolpazione n. 1. La condanna inflitta non sarebbe proporzionata alla gravità dei fatti accertati. Con apposita memoria difensiva il rag. Mario Macalli ha rassegnato, ai sensi e per gli effetti di cui all’articolo 38 del CGS, le proprie controdeduzioni in ordine al reclamo in argomento, con le quali eccepisce: 1) inammissibilità dell’impugnazione per violazione e falsa applicazione degli artt. 33 comma 1 e 38 comma 8 lett. a) del CGS. La riserva d’impugnazione non sarebbe stata notificata al domicilio eletto dal Presidente Macalli. L’atto di preannuncio, infatti, veniva notificato all’Avv. Mattia Marra e presso la sede della Lega Pro quando, invece, il Presidente Macalli aveva provveduto ad eleggere domicilio presso lo studio dell’Avv. Cesare di Cintio fin dal 12.3.2015. 2) inammissibilità dell’intervento del sig. Sergio Briganti per violazione dell’articolo 6 commi I e II del CGS del Coni. Il sig. Sergio Briganti non sarebbe più tesserato della FIGF. 3) inammissibilità dell’intervento del sig. Sergio Briganti. L’ordinamento federale avrebbe scelto di limitare l’intervento del terzo ai soli casi di illecito sportivo e nei confronti di società sportive e non di soggetti singoli tesserati, dando così rilievo proprio al disposto di cui all’articolo 34 del CGS del CONI nella parte in cui prevede la titolarità di una situazione giuridicamente protetta nell’ordinamento federale. L’articolo 34 del CGS del CONI si riferirebbe ai soli procedimenti instaurati su iniziativa di parte e non al procedimento disciplinare promosso con deferimento del Procuratore Federale, assimilabile (a differenza del primo) al procedimento penale. Quanto poi al merito, il Presidente Macalli, dopo aver chiesto la riunione dei procedimenti, ha concluso per l’infondatezza del reclamo all’uopo richiamando le argomentazioni difensive già esposte nella memoria ex articolo 30 del CGS depositata in primo grado ovvero nelle controdeduzioni svolte in relazione all’appello del Procuratore Federale. Sarebbero, infine, inammissibili le conclusioni rassegnate dal ricorrente, di aggravamento della sanzione, in quanto trascenderebbero contenuto e limiti dell’intervento del terzo. In vista dell’odierna udienza di discussione il ricorrente ha inizialmente formalizzato una richiesta di ricusazione nei confronti di un componente Presidente di Sezione di questa Corte, Prof. Piero Sandulli, sussistendo, a suo dire, i presupposti della fattispecie di cui all’articolo 51 n. 4 del c.p.c. Con successiva comunicazione del 22.5.2015, e dopo aver preso atto che il Prof. Sandulli non avrebbe fatto parte del collegio giudicante a causa di impedimenti già precedentemente rappresentati, il reclamante ha rinunciato all’istanza. All’odierna udienza di trattazione le parti contrapposte hanno ribadito le medesime conclusioni già rassegnate nei propri atti difensivi, anche in controdeduzione all’atto in oggetto. La Corte Federale di Appello, nella composizione a Sezioni Unite, a seguito dell’udienza e della successiva camera di consiglio, ha reso la seguente decisione. Motivi della decisione Preliminarmente, e giusta quanto già anticipato nella narrativa in fatto, mette conto evidenziare che il sig. Sergio Briganti, con comunicazione del 22.5.2015, ha espressamente rinunciato, per le ragioni suesposte, all’istanza di ricusazione precedentemente formulata, in data 20.5.2015, di talchè, a tal riguardo, non vi è luogo a provvedere occorrendo semplicemente prendere atto dell’intervenuta rinuncia. Tanto premesso, e venendo alla res iudicanda, la Corte, letto l’atto di gravame, sentite le parti presenti ed esaminati gli atti ufficiali, ritiene che il reclamo sia infondato e che, pertanto, debba essere confermato il responso di inammissibilità formulato in prime cure. Rilievo dirimente in senso ostativo alla pretesa attorea assume, invero, a giudizio del Collegio, il difetto di legittimazione attiva del ricorrente già rilevato in prime cure. Nell’atto di intervento spiegato innanzi al Tribunale Federale il sig. Briganti rappresentava, per quanto di più diretto interesse, che: - è stato socio totalitario, dirigente/amministratore unico e legale rappresentante dell’U.S. Pergocrema 1932 dal mese di Agosto 2011 sino a tutto il mese di maggio 2012; - al suddetto status si correlano nell’ambito dell’ordinamento federale il diritto all’associazionismo sportivo ed all’organizzazione e partecipazione a competizioni sportive professionistiche, nonché i diritti connessi ai rapporti patrimoniali inerenti al fenomeno sportivo a livello agonistico nei rapporti tra Federazioni, Associazioni, Società sportive e loro dirigenti; -i fatti di causa si sono sviluppati proprio nel suddetto periodo comportando la lesione delle situazioni giuridiche soggettive suindicate. Come già sopra anticipato, il T.F.N. ha, invece, dichiarato inammissibile il suddetto intervento all’uopo opponendo che: -… nell’ordinamento federale l’intervento di terzi è previsto esclusivamente nell’ipotesi di illecito sportivo di cui all’art. 33, comma 3 CGS, richiamato dall’art. 41, comma 7, mentre il presente procedimento riguarda la diversa fattispecie di violazione dei principi di lealtà correttezza e probità tutelati dall’art. 1 bis, comma 1 CGS; - .. l’intervento del terzo interessato è previsto e regolato in modo espresso dal Codice di Giustizia Sportiva della FIGC nei termini sopra richiamati, cosicché non è direttamente applicabile in questa sede l’art. 34 del Codice di Giustizia Sportiva del CONI, - ….. il Sig. Briganti non ha fornito prova di essere titolare di interessi anche indirettamente rilevanti e tutelabili nell’ambito dell’Ordinamento sportivo in relazione al presente procedimento; Orbene, rileva preliminarmente la Corte che, a differenza di quanto previsto nel CGS del Coni, l’ordinamento federale non evidenzia una disciplina organica del cd. intervento di terzo. Come già evidenziato dal giudice di prime cure un richiamo esplicito a tale istituto è contenuto nel disposto di cui all’articolo 41 comma 7 riferito ai soli procedimenti per illecito sportivo e per violazioni in materia gestionale ed economica, ed a mente del quale “I terzi portatori di interessi indiretti di cui all'art. 33, comma 3, che non abbiano esercitato la facoltà di reclamo, possono, prima dell'apertura del dibattimento, rivolgere istanza al Tribunale Federale per essere ammessi a partecipare al dibattimento”. Da parte sua, l’articolo 33 comma 3 prevede che “Nei casi di illecito sportivo sono legittimati a proporre reclamo anche i terzi portatori di interessi indiretti, compreso l'interesse in classifica”. Pur tuttavia una corretta esegesi del quadro regolatorio di riferimento non può non tener conto del complesso sistema di fonti normative che, per effetto della riforma di recente attuata, concorrono vicendevolmente a governare, nell’ambito di un ordinamento oramai strutturato come multilivello, le condotte ed i rapporti ascrivibili ad ambiti di rilievo endofederale. E ciò viepiù in considerazione del fatto che il CGS della FIGC non consegna all’attenzione dell’interprete una norma di espresso divieto che precluda, in radice, e salva la fattispecie sopra richiamata, la possibilità dell’intervento del terzo. All’interno di siffatto, articolato, contesto normativo assume preminente rilievo il CGS del CONI che assurge a paradigma di legittimità per le singole disposizioni del C.G.S. della FIGC ed, al contempo, a canone ermeneutico per una “lettura conforme” delle medesime disposizioni endofederali, oltre che a sistema normativo di chiusura applicabile in mancanza di norme settoriali speciali. Depone, in tal senso, la piana lettura dello stesso articolo 1 del CGS della FIGC che, rubricato come “rapporti tra il Codice di giustizia sportiva della FIGC e le fonti normative superiori”, reca l’esplicito riconoscimento di un principio di gerarchia a tenore del quale “Il presente Codice di giustizia sportiva della FIGC (d’ora in poi Codice) è adottato in conformità alle norme dell’ordinamento statale, allo Statuto, ai Principi di giustizia sportiva e al Codice della giustizia sportiva del CONI, alle norme della FIFA e dell’UEFA.” Fanno poi sistema con il suddetto principio le ulteriori disposizioni compendiate ai successivi commi 2 e 3: la prima introduce una clausola cd. di residualità in favore del codice Coni, destinato dunque a riespandersi come disciplina di diretto riferimento ogni qualvolta non si rinvenga nell’ambito dell’ordinamento settoriale una specifica regula iuris. Il comma terzo, invece, perimetra l’autonomia dell’ordinamento federale circoscrivendola alla “..qualificazione dei fatti ai fini disciplinari e degli organi di giustizia sportiva nella definizione dei giudizi...”. Orbene, avuto riguardo alla descritta cornice giuridica di riferimento, per un corretto scrutinio della quaestio iuris qui dedotta s’impone una preliminare verifica onde appurare se la legittimazione rivendicata dal ricorrente possa, comunque, trovare diretto fondamento nel corpo normativo contenuto nel codice Coni. Tanto in ragione del fatto che la cd. legitimatio ad causam così come l’intera tematica delle condizioni dell’azione, da un lato, esulano dall’ambito della riserva di autonomia normativa in favore dell’ordinamento federale che, come sopra evidenziato, resta circoscritta alla “..qualificazione dei fatti a fini disciplinari e degli organi di giustizia sportiva..” e, dall’altro, non trovano una compiuta ed esaustiva regolamentazione nell’ambito del CGS della FIGC. Nella suddetta prospettiva, vale anzitutto richiamare – su un piano più generale – il contenuto precettivo dell’articolo 6 del suddetto codice Coni che, nel disciplinare il “diritto di agire innanzi agli organi di giustizia sportiva”, enuncia espressamente le cd. condizioni dell’azione all’uopo prevedendo che: “1. Spetta ai tesserati, agli affiliati e agli altri soggetti legittimati da ciascuna Federazione il diritto di agire innanzi agli organi di giustizia per la tutela dei diritti e degli interessi loro riconosciuti dall’ordinamento sportivo. 2. L’azione è esercitata soltanto dal titolare di una situazione giuridicamente protetta nell’ordinamento federale”. Una serena lettura delle sopra riportate disposizioni lascia emergere in modo evidente, atteso lo stesso valore semantico delle proposizioni all’uopo utilizzate dal legislatore sportivo, che la selezione dei soggetti legittimati ad adire gli organi di giustizia sportiva va svolta alla stregua di parametri direttamente evincibili dal singolo ordinamento federale (..altri soggetti legittimati da ciascuna Federazione…titolare di una situazione giuridicamente protetta nell’ordinamento federale) . Il suddetto approdo ermeneutico trova poi diretta conferma anche con specifico riferimento all’istituto dell’intervento del terzo. Ed, invero, l’articolo 34 del codice CONI, che va qualificato giustappunto come precipitato applicativo del principio generale codificato al sopra richiamato articolo 6, prevede che: “1. Un terzo può intervenire nel giudizio davanti al Tribunale federale qualora sia titolare di una situazione giuridicamente protetta nell’ordinamento federale. 2. L’atto di intervento deve essere depositato non oltre cinque giorni prima di quello fissato per la udienza. 3. Con l’atto di intervento il terzo deve specificamente dimostrarsi portatore dell’interesse che lo giustifica”. Resta, dunque, confermato che la concreta predicabilità di un intervento del terzo – in astratto da ritenersi ammissibile per effetto della richiamata disciplina sovraordinata – deve intendersi subordinata all’allegazione di una situazione giuridicamente protetta nell’ordinamento federale ed alla dimostrazione di un interesse giuridicamente rilevante alla stregua della medesima cornice ordinamentale di riferimento. Orbene, rileva la Corte come, avuto riguardo alla stessa prospettazione attorea per come sviluppata tanto nell’atto di intervento che nel successivo reclamo, difettino in capo al ricorrente entrambe le suddette condizioni. Anzitutto, non può essere obliterato che il ricorrente, per sua stessa ammissione, non è più soggetto dell’ordinamento federale e, dunque, come tale, siccome privo della relativa speciale capacità giuridica, non può di certo porsi come centro di imputazione di situazioni giuridiche rilevanti per l’ordinamento federale, a nulla rilevando che, all’epoca dei fatti qui in rilievo, rivestisse la suddetta qualità. E’, infatti, noto che le cd. condizioni dell’azione devono sussistere al momento della proposizione della domanda e permanere fino al momento della decisione, laddove nel caso di specie, e per ammissione dello stesso ricorrente, il sig. Briganti è stato socio totalitario, dirigente/amministratore unico e legale rappresentante dell’U.S. Pergocrema 1932 dal mese di Agosto 2011 sino a tutto il mese di maggio 2012. Deve poi soggiungersi che, avuto riguardo all’oggetto del presente procedimento, nemmeno può ravvisarsi in capo al ricorrente un interesse qualificato, suscettibile di essere direttamente inciso dalla pronuncia della Corte, in quanto immediatamente inerente allo specifico rapporto sostanziale qui dedotto. Com’è noto, su un piano generale, ed alla stregua della disciplina processualcivilistica richiamata dal ricorrente ex combinato disposto di cui all’articolo 2 comma 6 del codice Coni e 105 c.p.c., può distinguersi tra: - un interesse adesivo autonomo o litisconsortile, con il quale il terzo interveniente propone una domanda propria, sebbene connessa con quella principale; - e un intervento adesivo dipendente, con il quale il terzo si limita a chiedere l'accoglimento della domanda già proposta, senza ampliare in alcun modo, mediante autonomi motivi di ricorso, il thema decidendum. Il diritto che, a norma dell'art. 105, comma 1, c.p.c. il terzo può fare valere in un processo pendente tra altre parti, in conflitto con esse (intervento principale) o con alcune soltanto di esse (intervento litisconsortile o adesivo autonomo), deve essere relativo all'oggetto, ovvero dipendente dal titolo e, quindi, individuabile rispettivamente con riferimento al "petitum" o alla "causa petendi", non essendo al di fuori di tali limiti ammesso l'inserimento nel processo di nuove parti. Il potere del terzo, d'intervenire in un giudizio pendente tra altre parti, presuppone che la domanda d'intervento mostri una connessione o un collegamento qualificato con quelle proposte dalle parti originarie del processo e che essa si riferisca allo stesso oggetto sostanziale e comporti l'opportunità del simultaneo processo (Cassazione civile, sez. III, n. 13063 del 14.7.2014). Orbene, appare di tutta evidenza come non sia nemmeno ipotizzabile un intervento di tal fatta nel caso di specie, poiché il presente procedimento ha per oggetto il solo accertamento dei presupposti di applicazione della sanzione disciplinare nei confronti del soggetto deferito, rag. Mario Macalli, per violazione dell’articolo 1 bis del CGS, circostanza che assume una valenza neutra rispetto alla sfera giuridica del ricorrente non potendo ad essa arrecare alcun effetto utile. Del pari, e per le medesime ragioni, nemmeno può qui enuclearsi una fattispecie di intervento adesivo dipendente, per la configurabilità del quale occorre allegare un proprio interesse non meramente di fatto ma giuridico, in modo tale cioè che il terzo interveniente si presenti come titolare di un rapporto connesso con quello dedotto da una delle parti originarie o da esso dipendente (cfr. Cassazione civile sez. II n. 25145 del 26/11/2014; C. 04/181, C. 03/18541, C. 97/287, C. 88/2359, C. 83/2575, C. 79/2489) e che la connessione possa comportare un pregiudizio totale o parziale del diritto di cui il terzo stesso si asserisca titolare nell'ipotesi di soccombenza della parte originaria; è necessaria, cioè, la titolarità di una situazione sostanziale collegata al rapporto dedotto in giudizio, tale da esporre il terzo agli effetti riflessi del giudicato. D’altro canto, nel corso dell’intero giudizio lo stesso ricorrente non ha in alcun modo evidenziato la natura e la consistenza dell’interesse azionato, inteso come utilità ritraibile dalla coltivazione dell’iniziativa posta in essere in riferimento alla tipologia di procedimento qui in rilievo. Non è, infatti, tuttora dato comprendere quale sia il possibile beneficio che il ricorrente possa in astratto ricavare dalla sua partecipazione al presente procedimento ovvero l’ipotetico pregiudizio che da esso possa derivarne rispetto alla posizione giuridica di cui la detta parte interveniente assume essere titolare. Il rilevato difetto di legittimazione in capo al ricorrente esplica efficacia assorbente, precludendo la disamina degli ulteriori motivi di doglianza affidati al medesimo mezzo il cui scrutinio può ritenersi predicabile nel solo presupposto di una legittima partecipazione al procedimento contenzioso, presupposto qui non ricorrente per le ragioni suesposte. Conclusivamente, ribadite le svolte considerazioni, L’atto di intervento dispiegato va dichiarato inammissibile e, per l’effetto, confermato il decisum di primo grado s’impone l’incameramento della tassa versata. Per questi motivi la C.F.A., Sezioni Unite, riunita in data 22.5.2015, da atto della rinunzia all’istanza di ricusazione e dichiara inammissibile l’intervento di terzo proposto dal sig. Sergio Briganti, disponendo l’incameramento della tassa reclamo.
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