• Stagione sportiva: 2015/2016
F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – Sezioni Unite – 2015/2016 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 005/CFA del 30 Luglio 2015 con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 055/CFA del 27 Novembre 2015 e su www.figc.it
1. RICORSO SIG. ALESSANDRO DESOLDAAVVERSO LA SANZIONE DELLA INIBIZIONE PER ANNI 3 E DELL’AMMENDA DI € 50.000,00, INFLITTA AL RECLAMANTE, PER VIOLAZIONE DELL’ART. 1 COMMA 1 E ART. 7 COMMI 1, 2, 5 C.G.S., IN RELAZIONE ALLA GARA TARANTO/MATERA DEL 30.3.2014, SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE DEL 7.5.2015 (NOTA N. 10079/710 PF13-14 AM/SP/MA) – (Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare – Com. Uff. n. 60/TFN del 18.6.2015)
2. RICORSO SIG. SAVERIO COLUMELLA AVVERSO LA SANZIONE DELLA INIBIZIONE PER ANNI 3 E DELL’AMMENDA DI € 50.000,00, INFLITTA AL RECLAMANTE, PER VIOLAZIONE DELL’ART. 1, COMMA 5 E ART. 7 COMMI 1, 2, 5 C.G.S., IN RELAZIONE ALLA GARA TARANTO/MATERA DEL 30.3.2014, SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE DEL 7.5.2015 (NOTA N. 10079/710 PF13-14 AM/SP/MA) – (Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare – Com. Uff. n. 60/TFN del 18.6.2015)
3. RICORSO MATERA CALCIO S.R.L. AVVERSO LA SANZIONE DELLA PENALIZZAZIONE DI 4 PUNTI IN CLASSIFICA INFLITTA ALLA SOCIETÀ RECLAMANTE, A TITOLO DI RESPONSABILITÀ OGGETTIVA AI SENSI DELL’ART. 4 COMMA 2, PER LE VIOLAZIONI ASCRITTE AL SIG. SAVERIO COLUMELLA, NONCHÉ A TITOLO DI RESPONSABILITÀ PRESUNTA AI SENSI DELL’ART. 4, COMMA 5 C.G.S. PER LE VIOLAZIONI ASCRITTE AL SIG. ALESSANDRO DESOLDA, ENTRAMBE IN RELAZIONE ALLA GARA TARANTO/MATERA DEL 30.3.2014, SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE DEL 7.5.2015 (NOTA N. 10079/710 PF13-14 AM/SP/MA) – (Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare – Com. Uff. n. 60/TFN del 18.6.2015)
F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – Sezioni Unite - 2015/2016 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 005/CFA del 30 Luglio 2015 con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 055/CFA del 27 Novembre 2015 e su www.figc.it
1. RICORSO SIG. ALESSANDRO DESOLDAAVVERSO LA SANZIONE DELLA INIBIZIONE PER ANNI 3 E DELL’AMMENDA DI € 50.000,00, INFLITTA AL RECLAMANTE, PER VIOLAZIONE DELL’ART. 1 COMMA 1 E ART. 7 COMMI 1, 2, 5 C.G.S., IN RELAZIONE ALLA GARA TARANTO/MATERA DEL 30.3.2014, SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE DEL 7.5.2015 (NOTA N. 10079/710 PF13-14 AM/SP/MA) - (Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare - Com. Uff. n. 60/TFN del 18.6.2015)
2. RICORSO SIG. SAVERIO COLUMELLA AVVERSO LA SANZIONE DELLA INIBIZIONE PER ANNI 3 E DELL’AMMENDA DI € 50.000,00, INFLITTA AL RECLAMANTE, PER VIOLAZIONE DELL’ART. 1, COMMA 5 E ART. 7 COMMI 1, 2, 5 C.G.S., IN RELAZIONE ALLA GARA TARANTO/MATERA DEL 30.3.2014, SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE DEL 7.5.2015 (NOTA N. 10079/710 PF13-14 AM/SP/MA) - (Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare - Com. Uff. n. 60/TFN del 18.6.2015)
3. RICORSO MATERA CALCIO S.R.L. AVVERSO LA SANZIONE DELLA PENALIZZAZIONE DI 4 PUNTI IN CLASSIFICA INFLITTA ALLA SOCIETÀ RECLAMANTE, A TITOLO DI RESPONSABILITÀ OGGETTIVA AI SENSI DELL’ART. 4 COMMA 2, PER LE VIOLAZIONI ASCRITTE AL SIG. SAVERIO COLUMELLA, NONCHÉ A TITOLO DI RESPONSABILITÀ PRESUNTA AI SENSI DELL’ART. 4, COMMA 5 C.G.S. PER LE VIOLAZIONI ASCRITTE AL SIG. ALESSANDRO DESOLDA, ENTRAMBE IN RELAZIONE ALLA GARA TARANTO/MATERA DEL 30.3.2014, SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE DEL 7.5.2015 (NOTA N. 10079/710 PF13-14 AM/SP/MA) - (Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare - Com. Uff. n. 60/TFN del 18.6.2015)
La Procura Federale ha deferito innanzi al Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare: - Desolda Alessandro, direttore sportivo, all’epoca dei fatti tesserato per la società Taranto Football Club 1927, sebbene esonerato dalla prestazione, per rispondere della violazione dell’art. 1, comma 1, CGS vigente all’epoca dei fatti oggetto di contestazione (art. 1 bis, comma 1, del vigente CGS), nonché dell’art. 7, commi 1, 2 e 5, CGS per avere, prima della gara Taranto – Matera del 30 marzo 2014, in concorso con il sig. Saverio Columella, posto in essere atti diretti ad alterare lo svolgimento ed il risultato della gara suddetta al fine di assicurare un vantaggio in classifica alla Società lucana. In particolare, il Sig. Desolda, in data 26 marzo 2014 provocava un incontro con il calciatore del Taranto, sig. Claudio Miale, ed in tale occasione manifestava allo stesso la disponibilità del sig. Saverio Columella al fine di ottenere l’alterazione del risultato della gara Taranto – Matera che avrebbe dovuto disputarsi il successivo 30 marzo, ricevendo dal proprio interlocutore un rifiuto alla proposta; - Columella Saverio, all’epoca dei fatti persona che svolgeva attività all’interno e nell’interesse della ASD Matera Calcio (oggi Matera Calcio s.r.l.), per rispondere della violazione dell’art. 1, comma 5, CGS vigente all’epoca dei fatti oggetto di contestazione (art. 1 bis, comma 5 del vigente CGS), nonché dell’art. 7, commi 1, 2 e 5 CGS, per avere, prima della gara Taranto – Matera del 30 marzo 2014, in concorso con il sig. Alessandro Desolda, posto in essere atti diretti ad alterare lo svolgimento ed il risultato della gara suddetta al fine di assicurare un vantaggio in classifica alla società lucana. In particolare, secondo la prospettazione accusatoria, il sig. Columella, prima della gara Taranto – Matera che avrebbe dovuto disputarsi il 30 marzo 2014, ha manifestato al sig. Alessandro Desolda la propria disponibilità ad ottenere l’alterazione del risultato della gara al fine di assicurare alla propria società di appartenenza un vantaggio in classifica; - la Società Matera Calcio s.r.l., per rispondere a titolo di responsabilità oggettiva ai sensi dell’art. 4, comma 2, CGS in ordine agli addebiti contestati al sig. Saverio Columella, nonché a titolo di responsabilità presunta ai sensi dell’art. 4, comma 5, CGS in ordine all’illecito sportivo posto in essere dal sig. Alessandro Desolda a vantaggio della stessa. Evidenzia, a tal fine, la Procura federale, che: - con nota del 28 marzo 2014 la SSD Taranto Football Club 1927 a r.l., in persona del suo vice presidente, ha segnalato alla Procura federale lo svolgimento di una presunta combine riferita alla gara di campionato Taranto - Matera del 30 marzo 2014, intervenuta tra i sigg.ri Alessandro Desolda e Saverio Columella, su segnalazione del calciatore Claudio Miale, tesserato per il Taranto FC; -la ricostruzione dei fatti veniva resa dal sig. Miale in sede di sua audizione da parte della polizia giudiziaria il 02 aprile 2014, nonché dall’allenatore della prima squadra del Taranto sig. Aldo Papagni, in sede di sua audizione dinanzi alla Procura federale del 29 marzo 2014; - che i fatti trovano conferma dall’esame delle schermate del telefono cellulare del calciatore Miale rilevate in sede di sua audizione da parte della Procura federale e dalle verifiche effettuate sui tabulati telefonici richiesti; - che, pertanto, la ricostruzione dei fatti oggetto di denuncia da parte del sig. Miale ha trovato preciso e completo riscontro esterno negli accadimenti e nelle dichiarazioni di tutti i soggetti ascoltati nell'ambito del presente procedimento e del procedimento penale instaurato sui medesimi fatti della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Taranto; - che, allo stato degli atti, deve ritenersi esclusa la responsabilità oggettiva in capo alla società Taranto Football Club 1927 per i comportamenti posti in essere dal sig. Alessandro Desolda, in quanto lo stesso era stato esonerato dalla propria prestazione di direttore sportivo in data notevolmente antecedente rispetto ai fatti oggetto di contestazione ed il tesseramento dopo tale momento aveva solo portata formale; - che il procedimento trae origine dalla denuncia della società, inoltrata alla Procura federale lo stesso giorno in cui i dirigenti della stessa hanno acquisito notizia dei fatti; - che il comportamento posto in essere dal sig. Desolda appare contrario a qualsiasi interesse della società e quest’ultima non aveva da tempo più alcuna possibilità di controllo e/o influenza sulle azioni dello stesso. Nel giudizio così instaurato innanzi al Tribunale federale nazionale, il sig. Alessandro Desolda depositava la propria memoria chiedendo in via principale il proscioglimento e, in subordine, la derubricazione nella minore previsione normativa di cui all'art. 1 bis, comma 1, CGS, con applicazione della minima sanzione. In via istruttoria, il deferito sig. Desolda chiedeva nuova audizione testimoniale del sig. Claudio Miale. In punto di fatto, deduceva che l'unico elemento di accusa era costituito dalla denuncia del calciatore Miale, per cui negava il tentativo di combine minimizzando la portata dell'incontro personale e dei colloqui telefonici intercorsi con il calciatore, escludendo di essersi presentato al Miale quale latore della richiesta di aggiustare la partita Taranto / Matera su incarico del Columella. Assumeva, anzi, di aver perso di vista il Columella da circa dieci anni, cioè dai tempi in cui giocava nella squadra dell'Altamura: «...da allora, parlo degli anni fra il 2003 e il 2004, non ho più avuto rapporti con lui». Motivava la denuncia subita con le «...pressioni di altre persone...» in virtù di alcune “voci” girate nell'ambiente calcistico tarantino che avevano provocato un atteggiamento minaccioso di gruppi di tifosi del Taranto nei riguardi del Miale, sostenendo anche l'ipotesi che la denuncia avrebbe potuto avvantaggiare il Taranto stesso, a discapito del Matera, a causa delle susseguenti conseguenze disciplinari in danno di quest'ultima società. Confortava, infine, le difese con la deposizione del sig. Antonio Bruno (allegata in calce alla memoria). Anche il sig. Saverio Columella depositava una memoria difensiva chiedendo l'integrale proscioglimento, atteso che il deferimento lo rendeva partecipe, all'interno della combine, per la sola chiamata indiretta e conferita de relato dal sig. Desolda. Negato, pertanto, ogni contatto con Desolda, affermava che da circa dieci anni lo aveva perso di vista, cioè dai tempi in cui giocava nella squadra dell'Altamura: «...da allora, parlo degli anni fra il 2003 e il 2004, non ho più avuto rapporti con lui» (deposizione del Desolda); «dopo tale periodo non l'ho né più visto né sentito» (deposizione del Columella). In ordine ai motivi del suo coinvolgimento per relationem (appunto per chiamata di Desolda), prospettava in ipotesi l’alternativa tesi: o il calciatore Miale ha mentito; ovvero Desolda ha millantato per meglio accreditarsi agli occhi del giocatore. Evidenziava anch'egli, poi, come l'unico elemento di accusa fosse costituito dalle mere dichiarazioni rese dal sig. Miale, totalmente prive di oggettivi riscontri. Concludeva, quindi, per l'accoglimento della rassegnata richiesta di proscioglimento. Il Matera Calcio s.r.l. depositava la propria memoria chiedendo anch'essa l'integrale proscioglimento. Invocava, a tal proposito, l’estraneità del proprio tesserato sig. Columella, ribadendo l’inesistenza di contatti interpersonali da circa dieci anni tra Columella e Desolda, prodromici alla organizzazione della combine. Rimarcava sostanzialmente le medesime credenziali difensive assunte in favore del sig. Columella (alternativa tesi della millanteria o della menzogna a carico del calciatore Miale), affermando come l'unico elemento di accusa fosse costituito dalle mere dichiarazioni rese dal calciatore sig. Miale, totalmente prive di oggettivi riscontri. Concludeva, quindi, per l'accoglimento della rassegnata richiesta di proscioglimento. In punto di diritto, tutti i deferiti ribadivano il concetto della insussistenza di indizi a proprio carico che rendeva estremamente lontano il raggiungimento della prova di colpevolezza oltre ogni ragionevole dubbio, rinvenendo evidenti contrasti tra il deferimento e il propedeutico principio giuridico della "certezza della prova", nella specie per nulla confortato dai presupposti della "gravità, precisione e concordanza". Insistevano, dunque, gli odierni reclamanti tutti, per la emissione di un favorevole verdetto in conformità a paralleli giudizi assolutori emanati in precedenti casi analoghi richiamati nelle memorie difensive (pregressi giudicati del CDN, oggi TFN, e del TNAS), comparando specificamente il caso in esame con un noto precedente, laddove il competente organo di giustizia ritenne che «… deve essere chiamato a rispondere di omessa denuncia, in quanto agli atti è stata raggiunta solo la prova che fosse a conoscenza della combine e non vi abbia preso parte... ». Del resto, concludevano i deferiti, "in dubio pro reo". Al dibattimento, la difesa del sig. Alessandro Desolda chiedeva l'accesso alla prova orale mediante il confronto tra Desolda e Miale, insistendo per l'ammissione alla prova testimoniale articolata in calce alla propria memoria. La Procura federale formulava opposizione. Il TFN non ammetteva i chiesti strumenti istruttori, poiché inammissibili e inconferenti, emanando apposita separata ordinanza di rigetto. All’esito della discussione la Procura federale insisteva per il deferimento chiedendo l'irrogazione delle seguenti sanzioni: - inibizione per anni 4 (quattro) e l’ammenda di € 50.000,00 (€ cinquantamila/00) per il sig. Alessandro Desolda; - inibizione per anni 4 (quattro) e l’ammenda di € 50.000,00 (€ cinquantamila/00) per il sig. Saverio Columella; - penalizzazione di punti 10 (dieci) in classifica, da scontarsi nella stagione sportiva 2015/16 per la società Matera Calcio a titolo di responsabilità oggettiva e presunta. Le difese richiamava le conclusioni già rassegnate nei rispettivi scritti depositati in favore dei rappresentati. Chiuso il dibattimento il Tribunale ha ritenuto fondate le contestazioni delle Procura federale e, di conseguenza, ha inflitto le seguenti sanzioni: - ai sigg.riDesolda Alessandro e Columella Saverio, per la violazione dell’art. 7, comma 1, 2 e 5, CGS, le sanzioni della inibizione di anni 3 (tre) e dell’ammenda di € 50.000,00 (€ cinquantamila/00) ciascuno; - alla società Matera Calcio s.r.l., a titolo di responsabilità oggettiva ai sensi dell'art. 4, comma 2, CGS, e presunta ai sensi dell'art. 4, comma 5, CGS, la sanzione della penalizzazione di punti 4 (quattro) in classifica, da scontarsi nella stagione sportiva 2015/2016. Secondo il TFN, infatti, le circostanze «convergono verso la conferma del tentativo di alterare la gara Taranto / Matera del 30/03/14, perpetrato dal Desolda su incarico del Columella mediante un approccio diretto nel contesto di un colloquio procurato dal Desolda con il calciatore Miale. La combine venne poi sventata sul nascere grazie al diniego di quest'ultimo e al suo comportamento collaborativo che lo indusse a denunciare tempestivamente la recepita volontà illecita (circostanza pacifica), ma l'analisi delle rispettive condotte, integralmente intese, merita un'attenta digressione metodologica in considerazione della netta contrapposizione tra le tesi accusatorie e difensive. La singolarità degli atteggiamenti esplicati nello spazio e nel tempo dal Desolda rende coerente il deferimento reso dalla Procura Federale, posto che la valutazione della asettica decisione del calciatore di raccontare il colloquio votato alla determinazione altrui di commettere l'illecito, appare assolutamente assorbente e convincente. É infatti pacifico che il calciatore Miale, in seguito all'incontro con il Desolda, sua sponte e senza alcuna apparente ragione collaterale di astio o risentimento verso i deferiti, riferì gli accadimenti dapprima alla società Taranto FC (parlandone con l'allenatore, il Direttore generale, il vice presidente e l'avvocato fiduciario) e successivamente agli Organi preposti, al chiaro fine di denunciare la volontà antisportiva appartenente ai terzi soggetti, della quale era stato posto a conoscenza per divenirne un eventuale protagonista. La spiegata denuncia si pone quindi quale ineluttabile prova di un tentativo di illecito in fieri, anche perché il processo non ha prodotto convincenti elementi che possano testimoniare concreti motivi di contrasto tra il denunciante e il Desolda (o il Columella), mentre l'interesse al positivo risultato sul campo in favore del Matera per differenti ragioni di convenienza, viene ampiamente documentato dalla Procura Federale attraverso la esposizione di concordi indizi che assumono carattere concreto e convergente, contenendo quegli elementi che permettono di esprimere un giudizio di colpevolezza connotato da ragionevole certezza. Sono stati infatti acclarati presupposti storici che provano la effettiva sussistenza di un incontro diretto avvenuto (il mercoledì sera) tra il Desolda e il Miale, non smentito, anzi preceduto da una fase preparatoria (consegna del pallone da volley al Desolda presso la palestra gestita dai congiunti del Miale) e dai contatti telefonici rinvenuti nella zona di pertinenza (rilevati nelle Note P.G. del 16/05/14 e del 30/01/15). Riferisce ulteriormente il Miale di aver appreso, sempre dal Desolda, la contemporanea presenza di quest'ultimo unitamente al Columella durante la gara Matera - Monopoli disputata la settimana antecedente, e che in tale occasione il Columella avrebbe manifestato il proprio volere di aggiustare il successivo incontro Taranto - Matera. Consta infatti alle indagini che entrambi i deferiti erano effettivamente presenti alla gara Matera - Monopoli (sebbene gli interessati neghino di essersi incontrati tra loro), ma il riscontro oggettivo all'assunto non è costituito dalla contemporanea presenza ex se, quanto dalla obiettiva circostanza che il Miale non avrebbe mai potuto conoscere la concomitante presenza di Desolda e Columella al precedente incontro di calcio Monopoli - Matera, se non avesse realmente parlato dell'argomento con il Desolda, il quale riferì l'evenienza come prova della sua funzione di emissario 'titolato' del Matera. Il colloquio tra il Desolda e il Columella (gara Matera - Monopoli) costituisce quindi la fase ideativa, mentre quello tra il Desolda e il Miale l'attuazione dell'avance, anche perché il Desolda rivestiva un ruolo professionale alquanto peculiare: ex Direttore sportivo del Taranto esonerato e privo di stipendi dal mese di ottobre (7 mesi), per cui in stato di bisogno e quindi fortemente interessato a ottenere visibilità e fiducia nell'ambiente calcistico locale al quale apparteneva appunto il Columella, sponsor del Matera che svolgeva di fatto la funzione di Presidente (secondo la comune credenza). Le figure soggettive testé delineate inducono pertanto ad avallare la tesi accusatoria dal momento che il Desolda impersonava, in quel momento storico, un elemento molto vicino al Taranto, comunque in contatto con il calciatore Miale individuato come "gancio" fiduciario per avvicinare lo spogliatoio del Taranto onde perseguire i voleri antisportivi». Evidenzia, ancora, il TFN , l’importanza dell’esito della gara Taranto – Matera, scontro diretto ai fini della promozione alla categoria superiore e il Matera era la compagine che avrebbe tratto un vantaggio decisivo, e come colga nel segno la Procura federale quando ritiene che «… tale situazione di classifica costituisce anche elemento di riscontro esterno alle dichiarazioni del Miale... ». Siffatti aspetti, «in uno con la rivalità sportiva tra i sodalizi, giustificano», secondo il Tribunale di prime cure, «il particolare clima di apprensione che si respirava in quei giorni a Taranto, che non può essere glissato nella rivisitazione degli eventi, posto che la città era particolarmente attenta agli accadimenti calcistici proprio nel timore che potesse accadere qualcosa di strano (o di illecito) nell'incontro Taranto - Matera. Ciò probabilmente indusse il giocatore Miale e i vertici del Taranto a mantenere un comportamento particolarmente ligio ai doveri sportivi, denunciando subito il tentativo di combine attraverso una incubazione intellettuale durata poche ore, peraltro all'esito di un congiunto consulto della compagine societaria tecnica, dirigenziale e legale». Ulteriore «elemento penalizzante per i deferiti», individuato dal TFN, risiederebbe «nella parallela azione penale in danno dei due tesserati oggi deferiti, in quanto la Procura della Repubblica di Taranto, all'esito di proprie stringenti indagini, ha formalizzato una ipotesi di reato il cui capo di imputazione si pone in coerente linea con l'attuale deferimento: « ... Desolda Alessandro e Columella Saverio ... poiché in unione e in concorso fra di loro, promettevano utilità al giocatore... Miale Claudio per alterare l'esito dell'incontro calcistico Taranto - Matera del 03/03/2014... ». Evidenziata anche la contestazione della recidiva semplice a carico del sig. Columella. Il Tribunale supporta, poi, la propria decisione ponendo in risalto come «all'esame degli enunciati riscontri che avvalorano tutti la tesi accusatoria, i residui elementi scriminanti di riflessione addotti dalla difesa» divengano inconsistenti a fronte «della certezza probatoria di quanto riferito dal Miale nella sua denuncia». Insomma, secondo il TFN, «la versione dei fatti denunciata dal Miale appare attendibile». Quanto alla società Matera Calcio s.r.l., la stessa, secondo il giudice di prime cure, deve «essere sanzionata sia per responsabilità oggettiva, che presunta, per i logici e conseguenziali collegamenti afferenti alla posizione del proprio tesserato, mentre in adesione alla tesi della Procura Federale, il Taranto FC non potrà essere coinvolto sia perché il Desolda era stato esonerato da molto tempo dall'incarico di Direttore sportivo, sia perché i vertici societari si adoperarono prontamente al fine di denunciare l'illecito. Traslando la specie all'interno della norma sanzionatoria da applicare ai deferiti, occorre puntualizzare come tutti gli elementi sostanziali e processuali in analisi collochino la vicenda all'interno del contestato art. 7 CGS, se pure nell'ambito del "tentativo", così come dichiaratamente qualificato dalla Procura Federale nella esplicazione lessicale delle indagini svolte: “Presunto tentativo di illecito sportivo teso ad alterare il risultato della gara Taranto – Matera del 30/03/2014”. L'illecito è stato dunque pensato, ma attuato in embrione per l'intervento risolutore del sig. Miale. Ciò nonostante la posizione del Sig. Desolda che si è esposto in prima persona in occasione del colloquio avuto con il calciatore, e quella del Sig. Columella che ha comunque partecipato alla combine, incaricando il Desolda di prendere i contatti necessari con tesserati del Taranto per tentare il condizionamento del risultato della gara, denotano un chiaro volere antisportivo che rende applicabile il contestato art. 7 co. 5 CGS ma adeguatamente temperato nei minimi edittali non risultando elementi oggettivi che impongano l’aggravamento della sanzione, in ragione del mancato perfezionamento del disegno illecito, tempestivamente evitato per il rifiuto opposto dal calciatore Miale alle proposte avanzate dal Desolda. Dunque l’illecito non si è fermato alla fase ideativa, essendo stato posto comunque in atto il tentativo di alterazione (equivalente alla consumazione) nel corso del colloquio tra Desolda e Miale». Sotto il profilo sanzionatorio, «il combinato disposto della contestata norma con l'art. 16 co. 1 CGS (che consente al Tribunale un ampio potere discrezionale: "... tenendo conto della natura e della gravità dei fatti commessi e valutate le circostanze aggravanti e attenuanti..."), ove comparato con lo spessore dell'illecito che non ha conseguito effetti sul piano del risultato sportivo, induce il Tribunale ad infliggere la sanzione minima prevista dal citato art. 7 co. 5 CGS». Avverso la predetta decisione, pubblicata nel C.U. n. 60/TFN del 18 giugno 2015 hanno proposto appello, come rappresentati e difesi, sia i sigg.ri Alessandro Desolda e Saverio Columella, sia la società Matera Calcio s.r.l. Il sig. Desolda contesta, anzitutto, di essersi mai «proposto al Miale quale latore di una qualche ammiccante richiesta ad opera del Columella, con cui mai aveva avuto contatti di alcun tipo e menchemeno aveva incontrato in occasione della gara Monopoli – Matera del 23 marzo 2014». Spiega quelle che definisce «marginali discrepanze di orario e di successione delle chiamate contestate dalla Procura federale» con il «notevole lasso di tempo intercorso rispetto agli avvenimenti in parola, con conseguente inevitabile affievolirsi delle impressioni mnemoniche del dichiarante». Evidenzia, poi, il ricorrente, di non vedere il sig. Columella da oltre dieci anni, ossia dai tempi in cui giocavano insieme nella squadra dell’Altamura e che dalle risultanze dell’attività di indagine e, segnatamente, dai tabulati telefonici acquisiti dall’Autorità giudiziaria, «non emerge alcuna chiamata tra il Desolda ed il Columella». Spiega quello che sarebbe stato, a suo dire, il motivo per cui lo stesso ha assistito alla gara Matera – Monopoli del 23 marzo 2014: «andai a vedere quella gara perché ero solito andare a visionare le squadre che giocavano non troppo lontano da Brindisi che sarebbero state avversarie del Taranto. Tanto perché sebbene esonerato tenevo a che la squadra del Taranto vincesse il campionato perché era costruita per intero da calciatori che avevo scelto personalmente io, insieme all’allenatore. La vittoria del campionato mi avrebbe riscattato dall’esonero subito e dato la possibilità di trovare occupazione in altre squadre nella stagione successiva. […] Quando osservavo le partite ero solito riferire telefonicamente le mancanze tecniche che notavo negli avversari, sino al mese di gennaio 2014 ne parlavo con il nuovo allenatore, signor Aldo Papagni, e successivamente con l’allenatore dei portieri, signor Bruno Antonio, anche lui portato da me al Taranto. Ricordo che nei giorni immediatamente successivi a Matera – Monopoli riferii di quanto avevo notato delle due squadre al signor Bruno, ovviamente soffermandomi di più sul Matera che era l’avversario successivo del Taranto» (verbale di audizione Desolda del 10 novembre 2014 innanzi alla Procura federale). Queste circostanze, prosegue il reclamante, «sono state puntualmente e significativamente confermate sia dall’allenatore Papagni dinanzi alla Procura federale in data 29 marzo 2014 (“Conosco il sig. De Solda Alessandro perché è stato un calciatore che nelle passate stagioni sportive ho incontrato da avversario, senza mai militare nella stessa società contemporaneamente. Quando, poi, sono arrivato a Taranto nell’ottobre 2013 qualche volta abbiamo avuto contatti telefonici per avere un confronto sui calciatori della rosa da lui stesso costruita … “) sia dal preparatore dei portieri Bruno nel verbale delle indagini difensive penali (“Ho sempre avuto rapporti con il Desolda, anche dopo il suo esonero da D.S. del Taranto, poiché era sempre interessato alla squadra, perché era una sua creatura, tanto da darci preziosi consigli e suggerimenti su schemi e tattiche di gioco delle squadre che avremmo dovuto affrontare. Ogni tanto il Desolda si informava se la società ci avesse pagato gli stipendi visto che a lui, dalla data dell’esonero, non avevano più pagato nulla … Ricordo che tutte le informazioni tecnico/tattiche che il Desolda mi riferiva venivano da me prontamente riportate all’allenatore Papagni». Ritiene, poi, il ricorrente che «anche da un punto di vista strettamente logico, la ricostruzione postulata dalla Procura appare priva di senso», visto che è stato lo stesso calciatore Miale ad affermare che «durante uno degli usuali colloqui telefonici del lunedì antecedente alla partita tra il Taranto ed il Matera», aveva avvisato il sig. Desolda “che poteva passare dalla palestra” dove avrebbe trovato suo padre, mentre lui non poteva esserci perché impegnato. Reputa, ancora, che la ragione in ordine alla quale «il sig. Claudio Miale sia giunto, più o meno consapevolmente, ad attribuire al Desolda una iniziativa di tal genere, riferendo di un incontro in realtà mai avvenuto e di una propalazione (“la massima disponibilità” del Columella per la partita di domenica 30 marzo 2014) mai pronunciata», debba essere rinvenuta in «motivi di risentimento nei miei confronti». «Ho pensato», prosegue il reclamante nelle proprie affermazioni alla Procura, «che abbia fatto dichiarazioni contro di me sotto pressione di altre persone. Posso dire che a farmi pensare questo è stata anche la circostanza legata ad alcune voci correnti a Taranto, secondo le quali il giorno dopo la mia visita a Grottaglie per prendere il pallone, Claudio Miale sarebbe stato aggredito negli spogliatoi da un gruppo di tifosi. Questo può essere accaduto perché qualcuna delle persone presenti nella palestra del padre potrebbe avermi visto ed aver riferito questa circostanza all’esterno». Aggiunge il reclamante di aver appreso «da fonti molto vicine alla società del Taranto che quest’ultima avrebbe effettuato la denuncia della presunta combine per ottenere un beneficio in classifica a scapito del Matera Calcio, che secondo la logica dei denuncianti sarebbe retrocesso direttamente per la responsabilità diretta del legale rappresentante …». Il ricorrente Desolda richiama, poi, a supporto della propria tesi difensiva anche le dichiarazioni rilasciate dal signor Antonio Bruno che, con riferimento al calciatore Claudio Miale, afferma tra l’altro: «ricordo che in quella stagione non ha reso secondo le aspettative sia per i suoi problemi familiari, sia per l’infortunio subito. Ricordo che nel periodo di calciomercato di dicembre, la società aveva cercato per lui altra sistemazione al nord senza però riuscirci. Ricordo ancora che proprio a causa di questo suo periodo negativo il Miale subiva molto le pressioni della piazza che non lo considerava all’altezza dei colori del Taranto». Lamenta, poi, il sig. Desolda, la debolezza della motivazione della decisione di primo grado «a partire da una asserita circostanza “la effettiva sussistenza di un incontro diretto avvenuto (il mercoledì sera) tra il Desolda e il Miale, non smentito”, totalmente infondata». Infatti, il reclamante sottolinea di non aver mai confermato l’incontro e, anzi, di aver «reiteratamente e categoricamente negato il verificarsi di qualunque contatto de visu con il Miale la sera del 26 marzo 2014 a Grottaglie». A tal proposito richiama l’audizione innanzi alla Procura federale del 10 novembre 2014 nella quale, appunto, esclude di aver visto il calciatore Miale in quella giornata e di aver con lui parlato di altro al telefono. Evidenzia, ancora, il reclamante, come sfuggano «i criteri razionali e scientifici che avrebbero dovuto indurre lo stesso Desolda ad individuare nel Miale “il gancio fiduciario per avvicinare lo spogliatoio del Taranto onde perseguire i valori antisportivi” (cfr. pag. 23 delib. TFN) essendo inoppugnabilmente acclarato, che, da numerose giornate, il citato giocatore aveva perso il posto da titolare a causa del suo rendimento, più che scadente, tanto da essere costantemente e severamente contestato dalla tifoseria e dalla piazza in generale». Secondo il reclamante, inoltre, non può certamente ergersi ad elemento di supporto del teorema accusatorio la circostanza della importanza della gara rispetto alla classifica del campionato; infatti, la gara di cui trattasi, «pur di sicuro importante e sentita, non poteva comunque ritenersi decisiva, sia per il numero di squadre (almeno tre) ancora coinvolte nella lotta per la promozione alla categoria superiore, sia per le svariate giornate (cinque) che rimanevano da disputare prima del termine della stagione regolare». Ritiene, infine, che sbaglino i giudici di primo grado allorquando «intravedono “un ulteriore elemento penalizzante per i deferiti … nella parallela azione penale in danno dei due tesserati oggi deferiti, in quanto la Procura Repubblica di Taranto, all’esito di proprie stringenti indagini, ha formalizzato una ipotesi di reato il cui capo di imputazione si pone in coerente linea con l’attuale deferimento”». Osserva, infatti, il reclamante come basti rilevare che un semplice avviso di conclusione delle indagini preliminari o un’informazione di garanzia non possono costituire la base di alcuna decisione di condanna anche in ambito sportivo. Richiama, da ultimo, il reclamante, alcuni precedenti della giurisprudenza sportiva, (con particolare riferimento al procedimento nei confronti del signor Antonio Conte) e corposa giurisprudenza del TNAS con riguardo a casi simili, segnatamente, in ordine al regime di formazione, acquisizione e valutazione della prova nel processo sportivo. Instando, in conclusione, in via istruttoria, affinché venga escusso come teste il calciatore Claudio Miale sulle circostanze capitolate in ricorso, avanza, in via meramente subordinata, istanza di limitazione alla sola violazione dell’art. 1 bis, comma 1, CGS, la responsabilità («da riconnettersi alla inopportunità di tenere contatti telefonici con il Miale nell’imminenza di una gara così delicata ed importante come quella tra il Taranto ed il Matera del 30 marzo 2014») nella denegata ipotesi in cui la Corte federale di appello dovesse disattendere la domanda principale di proscioglimento. Avverso la decisione del TFN pubblicata nel C.U. n. 60/TFN ha, come detto, proposto, altresì, appello il sig. Saverio Columella, secondo cui «l’appellata delibera non appare assolutamente condivisibile ne tollerabile, meritando, pertanto, incisiva e radicale riforma». A tal proposito il predetto reclamante ribadisce «come il costrutto colpevolista a carico del medesimo si presenti quanto mai fragile ed inconsistente, andando a collidere, in maniera stridente e fragorosa, con l’invalicabile barriera costituita dalla realtà oggettiva e storica». Ritiene, infatti, il reclamante, evidente «come, in diametrale antitesi con gli avversi assunti, il Columella non si sia mai incontrato con il Desolda, in occasione della gara Matera-Monopoli del 23 marzo 2014, ne abbia manifestato allo stesso alcuna “disponibilità” ad un qualche “aggiustamento” in favore della compagine lucana della partita in programma la domenica successiva a Taranto con la locale squadra». È mai plausibile, si chiede il reclamante, «che, dopo aver asseritamente stretto, il 23 marzo 2014, il fantomatico pactumsceleris, il Columella e il Desolda non abbiano avvertito neanche per una volta, il bisogno di relazionarsi tra loro, nei giorni antecedenti alla gara tra il Taranto e il Matera, quantomeno per fare il punto della situazione?». Sotto tale profilo, il signor Columella conferma la tesi già offerta dal signor Desolda secondo cui i due non si vedevano da circa dieci anni, quando entrambi giocavano nella squadra dell’Altamura che militava nel campionato di eccellenza. Secondo il ricorrente, o ha mentito il calciatore Claudio Miale perché sotto stress per le continue e pesanti pressioni della piazza, oppure ha millantato il Desolda, forse per meglio accreditarsi agli occhi del giocatore. Critica, poi, il signor Columella, le motivazioni della decisione che si ridurrebbero «ad una mera trasposizione di alcuni passi dell’atto di deferimento, integrati da brevi ed incoerenti considerazioni, completamente avulse dalle effettive risultanze delle indagini e dell’istruttoria sportiva e penale». Censura, ancora, l’impugnata decisione ritenendo totalmente sbagliata ed inesistente l’asserita circostanza dell’incontro diretto avvenuto il mercoledì tra il sig. Desolda e il sig. Miale, circostanza, questa, mai confermata dal ricorrente. Del pari, destituito di ogni fondamento si rivelerebbe il presunto riscontro oggettivo «ipoteticamente rappresentato “dalla obbiettiva circostanza che il Miale non avrebbe mai potuto conoscere la concomitante presenza di Desolda e Columella al precedente incontro di calcio Monopoli-Matera se non avesse realmente parlato dell’argomento con il Desolda, il quale riferì l’evenienza come prova della sua funzione di emissario titolato del Matera – cfr. pag. 23 delib. TFN”». Infatti, il ricorrente evidenzia che il calciatore non ha mai riferito di aver saputo da Desolda che quest’ultimo si fosse incontrato con Columella in occasione della suddetta gara Matera-Monopoli. Il calciatore, invece, sempre a dire del ricorrente, si sarebbe limitato ad affermare, «assai più genericamente ed indefinitamente: “Ad un certo punto, dopo aver parlato tre o quattro minuti, il De Solda mi disse inaspettatamente che il presidente Saverio Columella si era incontrato con lui, non so se prima o dopo la gara della domenica precedente [e, quindi, sostanzialmente, in qualunque momento, ndr]…”». Evidenzia, ancora, il reclamante come sfuggano «i criteri razionali e scientifici che avrebbero dovuto indurre lo stesso Desolda ad individuare nel Miale “il gancio fiduciario per avvicinare lo spogliatoio del Taranto onde perseguire i valori antisportivi” (cfr. pag. 23 delib. TFN) essendo inoppugnabilmente acclarato, che, da numerose giornate, il citato giocatore aveva perso il posto da titolare a causa del suo rendimento, più che scadente, tanto da essere costantemente e severamente contestato dalla tifoseria e dalla piazza in generale». Come già osservato nel reclamo del signor Desolda anche il sig. Columella sottolinea come non possa certamente ergersi ad elemento di supporto del teorema accusatorio la circostanza della importanza della gara rispetto alla classifica del campionato; infatti, la gara di cui trattasi, «pur di sicuro importante e sentita, non poteva comunque ritenersi decisiva, sia per il numero di squadre (almeno tre) ancora coinvolte nella lotta per la promozione alla categoria superiore, sia per le svariate giornate (cinque) che rimanevano da disputare prima del termine della stagione regolare». Anche il sig. Columella richiama alcuni precedenti della giurisprudenza sportiva, (con particolare riferimento al procedimento nei confronti del signor Antonio Conte) e corposa giurisprudenza del TNAS relativa a casi simili, segnatamente, in ordine al regime di formazione, acquisizione e valutazione della prova nel processo sportivo. Conclude, il ricorrente Columella, chiedendo, in via istruttoria ammettersi prova per testi del sig. Claudio Miale e, in via principale, riformare l’impugnata delibera, prosciogliendo il medesimo da ogni addebito, con integrale annullamento delle sanzioni comminategli in primo grado. Avverso la decisione del TFN di cui trattasi ha proposto, infine, ricorso il Matera Calcio srl. Riprendendo argomentazioni difensive già offerte dai ricorrenti Columella e Desolda, il Matera calcio evidenzia, in particolare, come non sia configurabile, nella vicenda in esame, alcuna responsabilità per l’asserito illecito sportivo, né a titolo oggettivo, né a titolo presunto. A tal riguardo, la società reclamante sottolinea l’assoluta insussistenza ed infondatezza delle censure formulate dall’organo requirente, nonché l’assenza «di qualunque serio ed attendibile riscontro probatorio del fantomatico accordo» Columella-Desolda. Secondo il Matera Calcio sussistono «nitidi ed insuperabili mezzi istruttori, tali da avvalorare appieno la versione dei fatti fornita dal Columella in diametrale antitesi con il teorema accusatorio». Mancherebbe non solo il raggiungimento della prova “oltre ogni ragionevole dubbio”, ma anche il raggiungimento di un “grado probatorio appena superiore al generico livello probabilistico...ottenuto sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti, in modo da acquisire una ragionevole certezza in ordine alla commissione dell’illecito”. Nella propria difesa la società appellante ripercorre e richiama gli assunti difensivi del signor Columella, appena sopra in sintesi ricordati. Quanto alla posizione del signor Desolda il Matera calcio srl ritiene che non sia rilevabile alcun coinvolgimento a titolo presunto, anche considerata la «palese impossibilità di inquadrare la fattispecie in discorso entro l’ambito applicativo dell’art. 4, comma 5, del CGS, sia per la lampante insussistenza degli elementi oggettivi», sia «soprattutto, per la indubitabile presenza di entrambi i presupposti (mancata partecipazione all’illecito ed omessa conoscenza dello stesso) previsti nella seconda parte della norma medesima, ai fini dell’esclusione di siffatta tipologia di responsabilità in capo alla compagine ricorrente». Secondo la società Matera Calcio, infatti, la responsabilità presunta va senz’altro esclusa in difetto dell’elemento del vantaggio, la cui prova incomberebbe sull’accusa. Del pari, la responsabilità di cui trattasi andrebbe esclusa in presenza di uno o entrambi i presupposti della mancata partecipazione all’illecito e dell’omessa conoscenza dello stesso in capo alla società. Orbene, nella vicenda in esame, prosegue la reclamante società, «non è certamente rilevabile un vantaggio per la società Matera calcio srl, inteso come obiettivo, prefissato e determinante, perseguito dal soggetto agente nella realizzazione del progetto illecito». Aggiunge, ancora, la reclamante Matera Calcio s.r.l. come la totale estraneità della stessa agli accadimenti di cui trattasi si ricaverebbe anche dal fatto che nessun tesserato e/o dirigente della medesima società figura tra gli incolpati «(per il Columella, naturalmente chiamato a rispondere ai sensi dell’art. 1-bis, comma 5, del CGS, tengasi conto di tutto quanto precedentemente argomento a sua discolpa)». Conclude, quindi, la società Matera Calcio s.r.l., chiedendo: «a) in via principale, prosciogliere il sodalizio medesimo da ogni addebito, con integrale annullamento della sanzione allo stesso comminata dai giudici di prime cure; b) in subordine, limitare la responsabilità del club lucano alla sola presunta ex art. 4, comma 5, del CGS, con riduzione della irrogata penalizzazione ad un punto; c) in via ulteriormente ed estremamente gradata, ridimensionare, la punizione medesima nella diversa misura ritenuta di giustizia». In via istruttoria, anche l’appellante Matera chiede ammettersi prova per testi nella persona del signor Claudio Miale. Alla seduta del 16 luglio 2015 sono comparsi, innanzi a questa Corte, il signor Alessandro Desolda, assisto dall’avv. Annalisa Roseti, il signor Saverio Columella, assistito dall’avv. Eduardo Chiacchio, il Matera Calcio s.r.l., assistito dall’avv. Michele Cozzone, nonché l’avv. Giuseppe Chinè in rappresentanza della Procura federale. L’avv. Roseti, per il sig. Desolda, si è richiamato all’atto di appello, evidenziando quelle che sono a suo dire, motivazioni scarne, illogiche e contraddittorie della decisione del Tribunale. Ritiene che non vi sia nessuna prova dell’incontro Desolda-Miale, così come dell’incontro DesoldaColumella. Ha, infine, insistito per l’ammissione delle istanze istruttorie (audizione calciatore Miale), riportandosi, per il resto, alle conclusioni come in ricorso rassegnate. L’avv. Chiacchio, per il sig. Columella, si è, anzitutto associato alle istanze istruttorie richieste dalla difesa del sig. Desolda. Nel merito, ha evidenziato come si tratti di una sentenza priva di qualsiasi motivazione, nella quale trasparirebbe lo sforzo dei giudici volto a dimostrare l’effettiva sussistenza del tentativo di illecito. Secondo la difesa del ricorrente Columella non ci sono prove, ma non ci sono neppure indizi. L’avv. Cozzone, per il Matera Calcio s.r.l., ha, a sua volta evidenziato come non sussista responsabilità alcuna in capo al sig. Columella, e come, dunque, non possa esservi alcuna responsabilità oggettiva in capo alla società Matera. Ha, poi, sottolineato come non sussista neppure la responsabilità presunta asseritamente correlata al comportamento del sig. Desolda, rimarcando, peraltro, come, sul punto, difetti ogni motivazione. In ogni caso, ha ancora sottolineato l’avv. Cozzone, il caso di specie non è sussumibile nell’ambito della fattispecie legale tipica di cui all’art. 5, comma 4, CGS. Mancherebbe, a tal proposito, l’elemento oggettivo di cui alla prima parte della norma e difetterebbero i presupposti soggettivi di cui alla seconda parte della stessa: la società non avrebbe avuto alcun vantaggio dall’illecito, ne alcuna conoscenza dello stesso. Ha, infine, concluso insistendo per il proscioglimento totale e, in subordine, per la riduzione della sanzione. Il rappresentante della Procura federale ha chiesto il rigetto di tutti i ricorsi e la conferma della decisione impugnata e delle relative sanzioni inflitte ai deferiti dal Tribunale federale nazionale. All’esito della discussione delle parti la C.F.A. si è ritirata in camera di consiglio ed ha emesso la seguente ordinanza interlocutoria: «riuniti i ricorsi come sopra proposti dai Sigg.ri Alessandro Desolda, Saverio Columella e dalla società Matera Calcio S.r.l. di Matera attesa la sussistenza di ragioni di connessione oggettiva e soggettiva; - ritenuto opportuno acquisire ulteriori elementi di precisazione in ordine ad alcuni profili dello svolgersi dei fatti così come descritti dal sig. Claudio Miale; - dispone la separata audizione dei Sigg.ri Alessandro Desolda, Saverio Columella e Claudio Miale, con la garanzia difensiva e alla presenza della Procura Federale e delle altre parti del procedimento; - fissa, per l’incombente, la seduta del 30.7.2015 ore 14.00 e seguenti, come meglio sarà specificato nella apposita comunicazione di convocazione. Alla seduta del 30 luglio è stato, quindi, sentito, il sig. Claudio Miale, alla presenza del proprio difensore, nonché degli avvocati Cozzone e Chiacchio, difensori, rispettivamente, del sig. Columella e del Matera Calcio s.r.l. E’ altresì presente l’avv. Lombardi per la Procura federale. Successivamente, è stato ascoltato il sig. Saverio Columella. Disposta, sentite le parti, breve sospensione della seduta (onde consentire il sopraggiungere dell’avv. Roseti, difensore del sig. Desolda), alla ripresa della stessa è stato, quindi, ascoltato il sig. Alessandro Desolda. All’esito delle disposte audizioni, il Collegio ha invitato le parti a discutere e concludere. Il rappresentante della Procura federale ha osservato che l’esito del supplemento istruttorio svolto dalla Corte conferma il quadro accusatorio e la correttezza della decisione di prime cure, di cui ha chiesto la piena ed integrale conferma. L’avv. Chiacchio, per il sig. Columella, ha evidenziato l’inaffidabilità e l’inattendibilità del calciatore Miale: «dobbiamo registrare che abbiamo assistito», afferma il predetto difensore, ad una deposizione di un soggetto tra i più inaffidabili ed inattendibili che potessero presentarsi dinanzi ad un organo di giustizia sportiva: un soggetto che su tre domande è stato capace di dire quattro bugie, quattro verità simulate, alterate, ma non per affermazioni, ma per riscontri oggettivi». L’avv. Roseti, per il sig. Desolda, riprendendo le incongruenze nelle dichiarazioni del sig. Miale già segnalate dal precedente difensore, ha rimarcato come appaiono sussistere motivi di risentimento di questi nei confronti del proprio assistito, aggiungendo, inoltre, che, non poteva certo essere individuato nel Miale quel «calciatore carismatico, un leader, uno che può avere forza - per così dire - per scardinare una porta per avere una via d'accesso per un illecito sportivo … perché non aveva né le caratteristiche di gioco, di costanza, di rendimento, di presenza né tantomeno aveva il carisma e le physiquedurôle per poter avere un ruolo da leader all'interno dello spogliatoio». L’avv. Cozzone, per il Matera Calcio s.r.l., ritiene sia «opportuno solo ribadire come il Columella in questo procedimento sia un vero e proprio fantasma processuale, che non compare da alcuna parte e che viene soltanto citato dal Miale come eventualmente riportato dal Desolda. Si tratta quindi di un de relato continuo, che naturalmente non può costituire assolutamente la base per la condanna ad una violazione così grave e diffamante quale quella per illecito sportivo, proprio in mancanza di qualunque altro riscontro di ogni tipo». Ribadito, quindi, come manchi qualsiasi contatto del proprio assistito sia con Miale, sia con Desolda, ha evidenziato come sia inverosimile che due soggetti si vedano la domenica per organizzare la combine e, poi, non si relazionino in alcun modo nei giorni seguenti. Insussistente, quindi, la responsabilità oggettiva del Matera, non essendovi alcuna responsabilità in capo al sig. Columella, come, del pari, inconfigurabile quella presunta per il fatto attribuito al sig. Desolda, in difetto dei presupposti previsti e richiesti dalla norma di cui all’art. 4, comma 5, CGS. Dichiarato chiuso il dibattimento la CFA ha assunto, all’esito della discussione in camera di consiglio, la decisione di cui al dispositivo, sulla base dei seguenti MOTIVI In via preliminare, negata, ancora una volta, la sussistenza della pregiudiziale influenza del procedimento penale su quello disciplinare sportivo e riaffermata l’applicabilità in questo di regole autonome di formazione e valutazione delle prove secondo le linee direttrici dettate dal Codice di Giustizia Sportiva (in seguito CGS), non può non osservarsi, prima ancora di passare all’esame della fattispecie giunta all’attenzione di questo giudice sportivo di secondo grado (in seguito anche CFA), che sia le incolpazioni formulate dalla Procura federale che le decisioni assunte dal Tribunale federale nazionale (in seguito anche TFN), sono strettamente correlate ad un procedimento penale che risulta tuttora in corso. In particolare, a quanto consta dagli atti, la Procura della Repubblica di Taranto ha formalizzato in data 2 febbraio 2015 avviso di conclusione delle indagini preliminari ex art. 415 bis c.p.p. a carico dei sigg.ri Alessandro Desolda e Saverio Columella, per il reato di cui agli artt. 99 e 110 c.p. e all’art. 1, comma 1, della legge n. 401/1989, «poiché in unione e concorso fra di loro, Desolda Alessandro già direttore sportivo del Taranto Calcio, Columella Saverio quale collaboratore del Matera Calcio e amministratore unico della Tra.de.co. s.r.l. sponsor della detta società sportiva, promettevano utilità al giocatore professionista del Taranto Calcio Miale Claudio per alterare l’esito dell’incontro calcistico Taranto – Matera da disputarsi in data 30/3/2014». Se ne ricava, inevitabilmente, che le valutazioni di questa Corte non possono che essere formulate allo stato degli atti e nella consapevolezza che le risultanze attuali potrebbero essere superate da eventuali future acquisizioni, laddove, beninteso, le stesse dovessero trovare ingresso in altro procedimento sportivo, in forza di quelli che sono gli strumenti offerti dal CGS e ferma restando – come detto – la riserva di autonoma valutazione, operata dall’ordinamento settoriale a favore degli organi di giustizia sportiva, degli eventuali nuovi elementi che dovessero, in un senso o nell’altro, emergere secondo i canoni dettati dal medesimo predetto Codice. Chiariti, doverosamente, i confini all'interno dei quali si dipana la presente decisione, si deve, in via di ulteriore approssimazione, delineare l'iter che si seguirà per dare un quadro generale della materia, pur nei limiti della rilevanza ai fini del giudizio. In tale prospettiva, questa Corte ritiene preliminarmente opportuno richiamare, seppur rapidamente, e nei limiti prima riferiti, il quadro normativo di riferimento in tema di illecito sportivo. Recita l’art. 7, comma 1, CGS: «Il compimento, con qualsiasi mezzo, di atti diretti ad alterare lo svolgimento o il risultato di una gara o di una competizione ovvero ad assicurare a chiunque un vantaggio in classifica costituisce illecito sportivo». La predetta disposizione, peraltro, al comma 6, prevede una fattispecie aggravata di illecito: infatti, le conseguenti sanzioni sono aggravate «in caso di pluralità di illeciti ovvero se lo svolgimento o il risultato della gara è stato alterato oppure se il vantaggio in classifica è stato conseguito». Ai sensi del comma 2, poi, «Le società e i soggetti di cui all’art. 1 bis, commi 1 e 5, che commettono direttamente o che consentono che altri compiano, a loro nome o nel loro interesse, i fatti di cui al comma 1 ne sono responsabili» (il riferimento del previgente art. 7, comma 2, era alla norma di cui all’art. 1 CGS, ora, appunto, trasfuso nell’art. 1 bis). Se, in generale, il plesso normativo sopra richiamato mira a presidiare il leale e corretto svolgimento delle competizioni sportive, tentando di impedire che condotte, appunto, illecite e, comunque, antisportive alterino il bene giuridico protetto, in particolare, tre sono le ipotesi di illecito codificate: le stesse consistono «a) nel compimento di atti diretti ad alterare lo svolgimento di una gara; b) nel compimento di atti diretti ad alterare il risultato di una gara; c) nel compimento di atti diretti ad assicurare a chiunque un vantaggio in classifica. Tali ipotesi sono distinte, sia perché così sono prospettate nella norma, sia perché è concettualmente ammissibile l'assicurazione di un vantaggio in classifica che prescinda dall'alterazione dello svolgimento o del risultato di una singola gara. Infatti, se di certo, la posizione in classifica di ciascuna squadra è la risultante aritmetica della somma dei punti conseguiti sul campo, è anche vero che la classifica nel suo complesso può essere influenzata da condizionamenti, che, a prescindere dal risultato delle singole gare, tuttavia finiscono per determinare il prevalere di una squadra rispetto alle altre» (CAF, 7 luglio 2006, C.U. n. 1/C del 14 luglio 2006. Il riferimento era all’art. 6 dell’allora vigente CGS). È dato ormai pacifico, per essersi consolidato il relativo orientamento della giurisprudenza federale, che le condotte finalizzate all’alterazione dello svolgimento e/o del risultato delle gare sono considerate illecito anche nel caso di mancato conseguimento del risultato “combinato”. Siffatto elemento, infatti, non assume rilievo alcuno ai fini dell’integrazione dell’illecito previsto e punito dagli artt. 7 e 4, comma 5, CGS, considerata l’anticipazione della rilevanza disciplinare anche riguardo ai meri atti finalizzati a conseguire gli effetti di cui trattasi. La frode sportiva, dunque, è illecito di attentato che «prescinde dal realizzarsi dell’evento cui l’atto è preordinato» (CAF, C.U. n. 10/C del 23 settembre 2004). In breve, l’ipotesi delineata dall’art. 7 CGS configura un illecito in ordine al quale non è necessario, ai fini dell’integrazione della fattispecie, che lo svolgimento od il risultato della gara siano effettivamente alterati, essendo sufficiente che siano state poste in essere attività dirette allo scopo. Si tratta, dunque, come rilevato dalla dottrina e come ripetutamente affermato dalla giurisprudenza di settore, di una fattispecie di illecito di pura condotta, a consumazione anticipata, che si realizza, appunto, anche con il semplice tentativo e, quindi, al momento della mera messa in opera di atti diretti ad alterare il fisiologico svolgimento della gara, od il suo risultato, ovvero ad assicurare a chiunque un vantaggio in classifica (cfr., ex multis, CGF, 19 agosto 2011, C.U. n. 032/CGF del 2.9.2011). Infatti, il riferimento agli «atti diretti» contenuto nella norma conferisce all’illecito sportivo aleatorietà circa l’effettivo verificarsi dell’evento, così da assumere la struttura del cd. “reato di attentato” o a consumazione anticipata, appunto, in relazione al quale si prescinde dal conseguimento di un vantaggio effettivo. Occorre, peraltro, tenere presente che laddove si ritenga in concreto insussistente la prova del concorso di un determinato soggetto nella commissione dell’illecito sportivo o il medesimo illecito sportivo non risulti dimostrato, la condotta del tesserato potrebbe comunque rivestire rilievo ai sensi e per gli effetti della norma di cui all’art. 1 bis CGS, secondo cui «Le società, i dirigenti, gli atleti, i tecnici, gli ufficiali di gara e ogni altro soggetto che svolge attività di carattere agonistico, tecnico, organizzativo, decisionale o comunque rilevante per l’ordinamento federale, sono tenuti all'osservanza delle norme e degli atti federali e devono comportarsi secondo i principi di lealtà, correttezza e probità in ogni rapporto comunque riferibile all’attività sportiva». Precisa, il successivo comma 5: «Sono tenuti alla osservanza delle norme contenute nel presente Codice e delle norme statutarie e federali anche i soci e non soci cui è riconducibile, direttamente o indirettamente, il controllo delle società stesse, nonché coloro che svolgono qualsiasi attività all’interno o nell’interesse di una società o comunque rilevante per l’ordinamento federale». In via di ulteriore approssimazione, sempre in ordine all’esplicitazione dell’iter motivazionale seguito, il Collegio ritiene di dover sinteticamente indicare alcune altre premesse, attinenti all’illustrazione di portata e funzione del presente giudizio, nonché all’identificazione dello standard probatorio applicabile in sede di giustizia sportiva. Sulla base di siffatti principi e regole si potranno poi valutare gli elementi probatori acquisiti al presente procedimento, alla luce delle relative argomentazioni e valutazioni spese dalle parti per la loro migliore illustrazione difensiva. In tal ottica è possibile osservare come, in passato, talune decisioni della giustizia sportiva hanno affermato che, affinché possa configurarsi un illecito sportivo, occorre che lo stesso sia provato oltre ogni ragionevole dubbio: in difetto, «pur essendo presenti concreti indizi di reità, non caratterizzati da precisi e concordanti elementi probatori», deve giungersi «ad un giudizio di proscioglimento dagli addebiti» (CAF, C.U. n. 31/C del 10 maggio 2001). «La prova del fatto doloso che sta a base dell’illecito, e cioè la prova della “generica”, deve essere piena, al di là di ogni ragionevole dubbio» (CAF., C.U. n. 3/C del 30 settembre 1981). A tal proposito, tuttavia, deve evidenziarsi che più di recente questa Corte ha avuto modo di affermare che «la prova di un fatto, specialmente in riferimento ad un illecito sportivo, può anche essere e, talvolta, non può che essere, logica piuttosto che fattuale» (CGF, 19 agosto 2011, C.U. n. 47/CGF del 19 settembre 2011). Anche questo Collegio reputa che per affermare la responsabilità da parte del soggetto incolpato di una violazione disciplinare sportiva non è necessaria la certezza assoluta della commissione dell’illecito, né il superamento di ogni ragionevole dubbio, come nel processo penale, ma può ritenersi sufficiente un grado inferiore di certezza, ottenuta sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti, in modo tale da acquisire una ragionevole certezza in ordine alla commissione dell’illecito (cfr. anche i lodi del 23 giugno 2009, Ambrosino c/ FIGC; 26 agosto 2009, Fabiani c/ FIGC; 3 marzo 2011, Donato c/ FIGC; 31 gennaio 2012, Saverino c/ FIGC; 2 aprile 2012, Juve Stabia e Amodio c. FIGC; 24 aprile 2012, Spadavecchia c/ FIGC; 26 aprile 2012, Signori c/ FIGC; 10 ottobre 2012, Alessio c/ FIGC). In altri termini, «secondo la più recente giurisprudenza degli organi di giustizia sportiva, sia endofederali che esofederali, "per ritenere la responsabilità da parte del soggetto incolpato di una violazione disciplinare sportiva non è necessaria la certezza assoluta della commissione dell’illecito – certezza che , peraltro, nella maggior parte dei casi sarebbe una mera astrazione – né il superamento del ragionevole dubbio, come nel diritto penale. Tale definizione dello standard probatorio ha ricevuto, nell’ordinamento sportivo, una codificazione espressa in materia di violazione delle norme anti-doping, laddove si prevede che il grado di prova richiesto, per poter ritenere sussistente una violazione, deve essere comunque superiore alla semplice valutazione della probabilità, ma inferiore all’esclusione di ogni ragionevole dubbio (cfr. ad es. l’art. 4 delle Norme Sportive Antidoping del CONI, in vigore dal 1 gennaio 2009). A tale principio vigente nell’ordinamento deve assegnarsi una portata generale sicché deve ritenersi sufficiente un grado inferiore di certezza, ottenuta sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti, in modo tale da acquisire una ragionevole certezza in ordine alla commissione dell’illecito” (cfr. TNAS, lodo 2 aprile 2012 Amodio e S.S. Juve Stabia c/FIGC con il quale è stata pienamente confermata la decisione di questa Corte)» (CGF, 20 agosto 2012, C.U. n. 031/CGF del 23.8.2012). Resta, tuttavia, fermo che l’illecito, «come ogni altra azione umana contemplata da un precetto, per avere valenza sul piano regolamentare ed essere produttivo di effetti disciplinari, deve avere superato sia la fase della ideazione che quella così detta ‘preparatoria’ ed essersi tradotto in qualcosa di apprezzabile, concreto ed efficiente per il conseguimento del fine auspicato» (CAF, C.U. n.18/C del 12 dicembre 1985). Orbene, sotto un profilo metodologico, questo Collego ritiene di non doversi discostare dagli insegnamenti della copiosa giurisprudenza federale ed esofederale in ordine alla misura probatoria richiesta ai fini della valutazione della responsabilità di un tesserato per la fattispecie di cui trattasi. Ciò premesso, il Collegio è tenuto a verificare se gli elementi di prova raccolti consentano di ritenere integrata, secondo lo standard probatorio indicato, la fattispecie di cui all’art. 7, comma 1, CGS, al fine dell’affermazione della responsabilità dei sigg.riDesolda e Columella. Orbene, così fissato il themadecidendum, questa Corte ritiene che, complessivamente valutato il materiale probatorio acquisito al presente procedimento, sussista quel ragionevole grado di certezza in ordine alla commissione dell’illecito di cui trattasi da parte dei sigg.ri Columella e Desolda e che, segnatamente, sussista quel livello probatorio che, seppur inferiore al grado che esclude ogni ragionevole dubbio, sia comunque superiore alla semplice valutazione della probabilità. Mette, in primo luogo, conto evidenziare che il costrutto accusatorio trae alimento dalle dichiarazioni rese dal sig. Claudio Miale, che, quindi, è opportuno, seppur in sintesi, richiamare. Deve, ancor prima, a tal proposito, rammentarsi che del contatto con Desolda del 26.3.2014 il calciatore Miale ha prontamente informato dei fatti l’allenatore della squadra, sig. Aldo Papagni, rappresentando allo stesso che gli era stata comunicata dall’amico Desolda la «massima disponibilità da parte del presidente Columella per l’incontro della domenica successiva». Successivamente, il giorno 28, il vicepresidente del Taranto Calcio, appresa la notizia dall’allenatore ed ascoltato direttamente il calciatore Miale alla presenza di altri esponenti della società, ha segnalato i fatti alla Procura federale. Queste, in sintesi, le dichiarazioni di rilievo del sig. Claudio Miale. Premesso che il fratello del predetto calciatore è preparatore atletico di volley ed ha, in tale veste, collaborato con la nazionale, riferisce il dichiarante che il sig. Desolda, appresa questa circostanza, ha chiesto all’inizio della stagione sportiva un pallone firmato dai giocatori della nazionale per regalarlo a sua figlia, che diceva essere appassionata di volley. «Io gli ho sempre detto», prosegue Claudio Miale, «da settembre 2013, che poteva andare a prendere il pallone presso la palestra che io e la mia famiglia conduciamo in Grottaglie, alla via Savarra n. 14, ma lui non c’era mai andato. È accaduto che lunedì di questa settimana, verso l’ora di pranzo, il DeSolda mi ha chiamato telefonicamente commentando sia la sconfitta del Taranto del giorno prima a Vallo della Lucania, che la gara sempre del giorno prima tra Matera e Monopoli alla quale mi disse che aveva assistito, in quell’occasione mi ha nuovamente chiesto il pallone del quale non mi parlava da molto tempo. Ho ribadito al Desolda che poteva passare dalla palestra dove avrebbe trovato mio padre, ma che io ero impegnato e non potevo esserci. Il giorno dopo, e cioè martedì di questa settimana, ho ricevuto nuovamente una telefonata dal DeSolda, alle ore 18.46, ma non ho risposto perché ero impegnato e poi non ho richiamato. Il mercoledì di questa settimana, poi, alle ore 19.33, il DeSolda mi ha chiamato nuovamente, ma io non ho risposto perché non ho fatto in tempo. Ho richiamato un minuto dopo ed il DeSolda mi ha detto che era in palestra e che mio padre gli aveva dato il pallone; mi ha chiesto dove ero io e, quando gli ho detto che ero a Grottaglie e stavo andando a Taranto per la manifestazione della fondazione Taras (una formazione di supporter del Taranto), mi ha chiesto di passare un attimo dalla palestra così ci saremmo potuti salutare. Ovviamente non avevo alcun motivo per non salutarlo di persona e, quindi, sono andato presso la mia palestra dove ho trovato il DeSolda all’esterno per la strada; mi ha salutato, mi ha ringraziato del pallone ed ha iniziato a parlare della gara Matera – Monopoli della domenica precedente; io ero interessato a sapere come giocavano sia l’una che l’altra perché erano le nostre future avversarie. Ad un certo punto, dopo aver parlato tre o quattro minuti, il DeSolda mi disse del tutto inaspettatamente che il presidente Saverio Columella si era incontrato con lui, non so se prima o dopo la gara della domenica precedente, e gli aveva detto che dava la massima disponibilità per “aggiustare la partita domenica”. Io sono rimasto allibito e ho subito risposto al DeSolda che forse voleva scherzare e che io queste cose non le ho mai fatte e non le farò mai nella vita; tanto io ho fatto con atteggiamento aggressivo perché mi sono sentito gravemente offeso e gli ho anche detto che non capivo come poteva farmi una richiesta del genere pur conoscendomi da tanti anni. A quel punto il DeSolda mi ha risposto che allora dovevo far finta che non mi avesse detto nulla ed io lo ho salutato e sono andato via. Ho ritenuto, poi, che fosse mio preciso dovere quello di informare il mio allenatore perché lui ponesse in essere tutte le azioni che era necessario e giusto porre in essere; mi sono rivolto all’allenatore perché mi fido di lui e lo ritengo il mio diretto superiore dal punto di vista lavorativo ed anche il necessario tramite tra i calciatori e la società. L’allenatore, poi, ha parlato con la società e ieri ho riferito anche al direttore generale Pellegrini, al vice presidente Petrelli ed al legale della società avv. Mongelli, quanto era accaduto, chiedendo loro di denunciare i fatti a chi di competenza». Le propalazioni accusatorie del calciatore Miale sono, dunque, chiare, circostanziate e puntuali. Le stesse, peraltro, già rese e confermate in due successive audizioni (cfr. verbale audizione Procura federale del 29.3.2014 e verbale audizione Procura federale del 8.11.2014), sono state, nella sostanza, ribadite anche innanzi a questa Corte, in occasione della disposta audizione, e trovano conforto in diversi elementi. In primo luogo, le schermate del proprio cellulare che il sig. Miale ha consentito all’inquirente della Procura federale di fotografare e dalle quali emerge il giorno e l’ora delle telefonate in entrata ed in uscita con il sig. Desolda. Questi dati confermano, appunto, la descrizione dello scambio telefonico Miale – Desolda del 26.3.2014, come indicato dal denunciante. Dati, peraltro, anche confermati, come si evince dal deferimento, «dagli accertamenti operati dalla Polizia giudiziaria sulle utenze telefoniche del Miale e del Desolda» all’esito dei quali «emerge che “dalle verifiche effettuate sui tabulati telefonici richiesti, si accertava in particolare che le telefonate cui fa riferimento nelle sue dichiarazioni il calciatore del Taranto Claudio Miale, sono state effettivamente individuate. Analoga verifica si effettuava sui tabulati telefonici del De Solda Alessandro che dava esito positivo” (nota P.G. del 16.5.2014)». Inoltre, elementi importanti di riscontro possono desumersi anche dalle dichiarazioni rese alla Procura federale dal sig. Papagni. Sentito il 29.3.2014, lo stesso ha confermato le modalità di denuncia dei fatti effettuata dal calciatore Miale, precisando, ad esempio: «ieri pomeriggio, poco prima dell’allenamento pomeridiano, ho sentito bussare alla porta del mio spogliatoio ed è entrato il calciatore Claudio Miale il quale era visibilmente turbato e mi ha chiesto si sedersi e di ascoltarlo». L’effettivo incontro presso la palestra della famiglia Miale in Grottaglie tra Claudio Miale e Alessandro Desolda trova conforto in diverse circostanze. Anzitutto, in sede di audizione innanzi alla Procura federale (8.11.2014) il padre del calciatore Miale ha affermato di aver personalmente consegnato al sig. Desolda il pallone di volley con le firme dei giocatori della nazionale e che la promessa di quel pallone risaliva all’inizio della stagione sportiva. Ciò che conferma la presenza, quel giorno ed a quell’ora, del sig. Desolda presso la palestra, peraltro, non negata, anzi affermata, dallo stesso interessato. Inoltre, dagli accertamenti di P.G., come si legge in deferimento, «emerge ulteriormente che “le celle telefoniche agganciate da DeSolda Alessandro e Miale Claudio in data 26.3.2014 negli orari di riferimento per l’indagine, sono geolocalizzate in Grottaglie via Lazio nr 61” (nota P.G. del 30.1.2015); dall’esame delle risultanze della ricerca relativa alle utenze telefoniche, ed in particolare alle chiamate tra Miale e Desolda, poi, emerge che al momento dei contatti telefonici delle ore 19.33 e 19.34 il calciatore si trovava nei pressi della palestra della propria famiglia in Grottaglie alla via Savarra, in quanto agganciava la cella sita nella stessa cittadina alla via Lazio (la distanza tra le due vie in linea d’aria è di circa seicento metri)». Tali elementi rendono quantomeno attendibile la ricostruzione dei fatti come operata dal calciatore Claudio Miale che, anche nell’audizione svoltasi innanzi al Collegio, non ha destato alcuna incertezza o tentennamento, ricostruendo, ancora una volta, in modo chiaro e puntuale, i fatti di cui trattasi e già oggetto delle sue precedenti dichiarazioni alle competenti autorità federali e di polizia. Ha così, ad esempio, ribadito e precisato: «Quel mercoledì sera c'era una manifestazione della Fondazione Taras, che è il trust dei tifosi del Taranto. Mi ricordo che andavo di fretta, il direttore mi chiama e mi dice che stava passando dalla palestra; ho risposto che avevo solo 5 minuti, ci saremmo salutati al volo. Lui mi ha detto che mi avrebbe aspettato. Ci siamo visti davanti alla palestra dei miei genitori a Grottaglie a 20 metri avanti all'ingresso e non dentro, anche perché io andavo di fretta per la manifestazione della Fondazione Taras, era un anniversario… non mi ricordo: era un trust di tifosi di Taranto. Mi dice come va, come non va, mi parla del più e del meno, “no, sai, sono stato a vedere Matera-Monopoli con il presidente Columella”. Io ho cominciato a parlare tattico-tecnico, dicendo che a noi era andata bene. Lui mi ha detto che il presidente ci teneva ed ha cominciato a fare discorsi per i quali ho cominciato a stare un po' sulle mie. Finché ad un certo punto il sig. Desolda purtroppo mi ha detto che “il presidente Columella era disposto alla massima disponibilità per sistemare la gara contro di voi”. Ho detto: ”Claudietto, cosa mi stai dicendo?” E lui: “No, sai: lui ci tiene”. Io dico: “Stiamo scherzando o parliamo seriamente? Ci conosciamo da tanti anni e mi fai questa proposta?”. Ad un certo punto non riuscivo più a parlare, ho detto: “Facciamo finta che non è successo niente, che non ci siamo visti”. Lui ha risposto: “Va bene non ci siamo visti, io non ti ho detto niente, arrivederci e grazie”. Ci siamo lasciati freddamente, da quel momento ho detto che avrei chiuso i rapporti e poi sono andato alla manifestazione dove c'era tutta la dirigenza. Sono stato malissimo quella sera. Poi il mattino, a mezzogiorno, ho detto tutto al mio allenatore, Aldo Papagni, nel suo stanzino, perché è il mio responsabile tecnico ed obiettivamente non sapevo come tempistica a chi rivolgermi». Del resto, anche sotto il profilo logico deve considerarsi comportamento confacente e di ordinaria cortesia l’incontro tra i due, che, del resto, fino a quel momento, come si evince dai buoni e amichevoli rapporti tra gli stessi, non vi era alcuna ragione per non effettuare. Peraltro, la maggiore attendibilità della narrazione del sig. Claudio Miale rispetto quella fornita dal sig. Alessandro Desolda, si evince anche dal fatto, così come rilevato dalla Procura federale, che tra le due telefonate tra gli stessi, «così come provato dalle schermate del telefono cellulare del Miale e dai tabulati telefonici acquisiti, intercorre un solo minuto e, pertanto, a dar credito alla versione del Desolda, lo stesso avrebbe trovato la palestra, avrebbe incontrato il padre del calciatore e sarebbe uscito dalla palestra in tale ristrettissimo tempo». Significativo, poi, l’episodio della consegna del pallone di volley che, nonostante fosse stato richiesto (dato pacifico) all’inizio della stagione sportiva, viene ritirato dal sig. Desolda, mesi e mesi dopo, proprio alcuni giorni prima della gara Matera-Taranto, nella prospettiva, verosimile, di procurarsi un’occasione di incontro con il calciatore Miale tale da non destare alcun sospetto nello stesso. Del tutto plausibile, in altri termini, la prospettiva accusatoria: il sig. Desolda, avvalendosi della conoscenza e dei rapporti durevoli e amichevoli con il calciatore Miale, informatosi sulle sue buone condizioni fisiche), procuratasi l’occasione di incontro con lo stesso, ha tentato di proporre una alterazione del risultato o dell’andamento della gara Matera – Taranto, contando sulla prestazione del calciatore Miale e/o sul fatto che questi potesse fare da tramite nello spogliatoio del Taranto. I rapporti buoni ed amichevoli tra Miale e Desolda sono stati anche confermati dagli stessi interessati sentiti dal Collegio. Peraltro, nell’occasione, a specifica domanda di uno dei difensori dei ricorrenti, il sig. Claudio Miale ha precisato che, mentre all’inizio della stagione sportiva i rapporti con il Desolda erano costanti e, comunque, frequenti, successivamente si diradarono sempre più, tanto è vero che, dopo gli auguri natalizi, in gennaio conferma di essere stato contattato dal sig. Desolda in merito ad una possibile cessione dello stesso calciatore ad altra compagine sportiva: «Io ho detto che i rapporti erano quotidiani quando lui era direttore sportivo. Poi giustamente le strade si sono divise ed i contatti da quotidiani sono diventati saltuari. Poi ci sarà stato... Il Desolda non sta assolutamente dichiarando il falso, quindi è vero che c'è stata una chiamata in cui lui mi proponeva - tramite un procuratore - di avere la disponibilità di andare in una società». Successivamente, ricorda il sig. Miale che il Desolda lo chiamò dopo una partita, circa quattordici giorni prima dei fatti per cui è procedimento, per fargli i complimenti per un goal segnato e per chiedergli notizie sulle proprie condizioni fisiche. Rimane smentito l’assunto difensivo in ordine al mancato ruolo di titolare e/o delle non buone condizioni fisiche del sig. Claudio Miale all’epoca della gara Matera – Taranto. Lo stesso ha, infatti, confermato di aver avuto un infortunio circa a metà campionato, ma poi di essere stato a disposizione del mister e di aver preso parte (alcune anche quale titolare) alle partite precedenti la gara oggetto di attenzione. Irrilevante, l’assunto agitato dai difensori dei ricorrenti secondo cui il sig. Miale non avrebbe disputato né la partita con il Matera, né quelle successive. Sotto tale profilo, del resto, è plausibile ritenere che l’allenatore abbia tenuto conto della stato di non piana serenità del calciatore, proprio a seguito degli avvenimenti di cui trattasi e della relativa sua denuncia: «Ho fatto 21 partite e in quella con il Matera il mister mi avrebbe fatto giocare, ma non mi aveva visto sereno dopo quella dichiarazione» (dichiarazioni Miale seduta del 30 luglio 2015). Quanto al “movente” del tentato illecito appare verosimile che l’interesse del sig. Desolda di “accreditarsi” agli occhi della società Matera nella prospettiva di un possibile tesseramento presso la stessa e/o di nuocere alla società che lo aveva destituito e/o di percepire un compenso per l’opera di “mediazione” (in un momento in cui non riceveva emolumenti dal mese di ottobre) abbia incontrato il convergente interesse del sig. Columella, quello, cioè, di vincere una gara nei confronti di una diretta concorrente per la promozione e, nel, contempo acquisire tre punti importantissimi in vista della fase conclusiva del campionato nella lotta per il passaggio alla categoria superiore. Ad ogni buon conto, ai fini del presente procedimento restano non decisivamente rilevanti quelle che sono state le specifiche ragioni, il preciso obiettivo dell’agire del sig. Desolda. Del resto, sotto siffatto profilo, è possibile, su un piano generale, osservare come il fenomeno degli illeciti sportivi fin qui scrutinato, lungi dal poter essere ricondotto a protocolli rigidi e a schemi contraddistinti da predefinite metodologie, ha evidenziato una preoccupante pervasività, anche in ragione delle sue mutevoli modalità di attuazione e di sviluppo, capaci di coniugare interessi pur eterogenei. In tale prospettiva l’alterazione dei risultati delle gare è stata spesso il frutto di intese condotte tra soggetti, tesserati e non, che agivano per motivazioni tra loro anche profondamente diverse: chi persegue un interesse prettamente economico, chi agisce al fine di indirizzare le puntate delle scommesse, chi per ragioni di classifica. Correttamente, poi, sempre in ottica valutativa dell’attendibilità delle dichiarazioni accusatorie rese dal sig. Claudio Miale, rileva la Procura federale nell’atto di deferimento: «la scansione temporale serrata delle fasi relative alla manifestazione dei fatti da parte del Miale al proprio allenatore e da quest’ultimo ai dirigenti della squadra, nonché l’alterco dei tifosi con i calciatori, pertanto, dimostra l’assenza di un lasso temporale tale da poter ipotizzare nell’arco dello stesso l’ideazione artata di una ricostruzione puntuale di fatti quali quelli oggetto di denuncia; tutto ciò senza contare che la ricostruzione resa in sede di audizione da parte della P.G. è avvenuta, non a fronte di contestazione dei motivi addotti dal Desolda quale possibile motivo di ricostruzione artata di fatti in suo danno, ma come ricostruzione libera degli eventi richiesta ai soggetti sentiti». Quanto all’incontro Desolda-Columella in occasione della gara Matera – Monopoli della domenica precedente i fatti dedotti in giudizio, a prescindere che non appare elemento decisivo ai fini dell’affermazione di responsabilità dei medesimi, è possibile osservare come la contemporanea presenza degli stessi in quel contesto di tempo e di luogo è confermata dagli stessi diretti interessati che, peraltro, negano un incontro e colloquio diretto, anche se il sig. Desolda ammette comunque di aver visto (da lontano), in quell’occasione, il presidente Columella. In sede di audizione innanzi al Collegio, inoltre, il sig. Miale ha affermato di ricordare “al 100%” che in occasione del suo incontro con il sig. Desolda, questi gli riferì di aver assistito all’incontro della domenica precedente con il presidente Columella. In definitiva, la ricostruzione operata da Claudio Miale, già di per sé puntuale ed esaustiva, in ordine alla tentata combine della gara di cui trattasi, oltre ad apparire estremamente circostanziata, non incontra alcun limite nell’assunto difensivo degli incolpati, da un lato, e trova sufficienti elementi di riscontro, dall’altro. Occorre, per chiarezza espositiva, in generale, osservare come la giurisprudenza abbia nel tempo elaborato criteri di giudizio e rigorosi protocolli metodologici, cui subordinare, nelle singole fattispecie, il riconoscimento della portata dimostrativa dei vari contributi probatori di volta in volta a disposizione. In particolare, i più recenti arresti giurisprudenziali tracciano chiaramente quelli che sono gli snodi valutativi che, all’interno di una rigida scansione logico-temporale, il giudice è chiamato ad effettuare ai fini in parola. In primo luogo, la credibilità del dichiarante. Dopo questo primo passaggio valutativo, occorre testare l'intrinseca consistenza delle dichiarazioni rese dal denunciante, alla luce dei tradizionali canoni interpretativi, tra cui quelli della spontaneità, coerenza e precisione. Da ultimo, occorre verificare l’affidabilità della narrazione alla luce di riscontri esterni idonei a confermarne l’attendibilità. Orbene, procedendo in coerenza con il descritto metodo logico, sicuramente trasferibile anche nell’ordinamento federale, siccome applicazione di generali e condivisibili principi di metodica giuridica, preme rilevare che, nell’impianto accusatorio, dettagliatamente e puntualmente descritto nel deferimento del Procuratore federale, risulta ampiamente rimarcata l’attendibilità intrinseca di Claudio Miale, le cui dichiarazioni non risultano ispirate da interessi premiali o di altra natura, appaiono genuine e, come detto, sufficientemente circostanziate. Del resto, lo stesso sig. Saverio Columella, in sede di audizione innanzi alla Procura federale (7.11.2014) afferma, a tal proposito, di non essere a conoscenza di motivi per i quali il calciatore Miale «potrebbe avere motivi di risentimento nei miei confronti». Del pari, anche il sig. Desolda conferma i sostanziali rapporti di conoscenza ed amicizia intercorsi con il calciatore Miale e precisa di conoscerlo da tempo e che lo stesso è stato tesserato per il «Taranto su indicazione mia e dell’allenatore, signor Vincenzo Miuri». A precisa domanda degli inquirenti federali, poi, risponde: «io penso che Claudio Miale non avesse motivi di risentimento nei miei confronti: posso solo dire che abbia fatto dichiarazioni contro di me sotto pressione di altre persone». Nessuna ragione di risentimento o acrimonia, dunque. Anzi. Per completezza di esposizione occorre segnalare come innanzi a questo Collegio il sig. Desolda, che, lo si ribadisce, aveva sempre sin qui negato ragioni di risentimento del calciatore Miale nei suoi confronti, ha affermato di aver capito quali possano essere stati i motivi di rancore, individuando gli stessi nel suo tentativo di proporgli un trasferimento ad altra squadra. Ora, a parte che, come detto, questa circostanza non era mai stata in precedenza adombrata quale possibile ragione di risentimento, la stessa appare poco verosimile, sol che si pensi, come affermato dallo stesso Desolda innanzi al Collegio, che propose al sig. Miale un trasferimento ad una società (Alessandria Calcio) che militava nel campionato di Lega Pro, dunque, in una categoria superiore quella del Taranto. Coglie, quindi, nel segno la Procura federale quando ritiene che, diversamente opinando, «dovrebbe ipotizzarsi un’assolutamente irragionevole volontà del Miale di danneggiare senza motivo una persona alla quale era legato da rapporti personali e professionali che da tutti gli atti del procedimento emergono essere amichevoli e durevoli nel tempo». Si aggiunga che anche la giurisprudenza ordinaria prevalente è orientata nel senso della attendibilità della dichiarazione testimoniale, salvo prova contraria (cfr., ad es., Cassazione pen., 6 aprile 1999, in Cass. pen., 2000, p. 2382). In particolare, secondo diverse pronunce, il giudice deve considerare come veritiera la deposizione, a meno che non risultino specifici elementi che facciano ritenere il contrario, come, ad esempio, quando si tratta di teste che ha interesse a mentire. E, come detto, nel caso di specie Claudio Miale non ha alcun interesse a mentire. La stessa Corte di Cassazione ha, poi, avuto modo di precisare - sia in passato (n. 231/1991), sia di recente (n. 41352/2010) - che la chiamata in correità, laddove circostanziata, non richiede uno specifico riscontro probatorio. Del resto, a prescindere dal contesto probatorio di cui si è detto, non appare in alcun modo suscettibile di accoglimento la diversa versione nella quale, con vari e suggestivi argomenti finalizzati ad evidenziare incongruenze e contraddizioni della ricostruzione accusatoria, si è impegnata la difesa dei deferiti, nella prospettiva di mettere in discussione la verosimiglianza della dinamica dei fatti come descritti da Miale. In tal ottica, peraltro, deve osservarsi che, a fronte delle circostanziate e precise dichiarazioni del predetto calciatore, mancano concreti ed idonei elementi di prova a discarico. Quello sopra in sintesi riferito è il quadro degli elementi derivanti dalle dichiarazioni acquisite al giudizio sulla base del quale il Collegio, unitamente alle ulteriori risultanze probatorie presenti in atti o illustrate dalle parti, deve fondare il proprio convincimento, rimarcando ancora una volta come la propria decisione – che di per sé ontologicamente riflette pur sempre una verità processuale e non storica – venga assunta all’esito di una ponderata valutazione del materiale probatorio ad oggi disponibile, nella piena consapevolezza di una possibile evoluzione delle indagini (penali) che appaiono tuttora in corso. Gli elementi ad oggi a disposizione di questo Collegio, in altri termini, conducono ad un complessivo risultato probatorio che, in ordine all’affermazione di responsabilità dei sigg.ri Columella e Desolda per l’incolpazione di illecito, può dirsi contrassegnato dagli indefettibili predicati della ragionevole prova. Infatti, i frammenti probatori e indiziari acquisiti nel corso del procedimento, oggetto di attenta rivalutazione da parte di questa Corte, appaiono assistiti da una pregnante valenza dimostrativa, sì da consentire di escludere, sul piano della plausibilità giuridica e logica, una ricostruzione dei fatti alternativa a quella prospettata dall’accusa. Accertata ed affermata la responsabilità in ordine al tentativo di combine di cui trattasi in capo ai sigg.ri Columella e Desolda non può che conseguirne l’affermazione della responsabilità, rispettivamente oggettiva e presunta, a carico della società Matera Calcio. Non possono, infatti, essere condivise le dettagliate argomentazioni pur suggestivamente offerte dalla difesa della predetta società. Le società, come noto, sono chiamate a rispondere a titolo di responsabilità presunta «degli illeciti sportivi commessi a loro vantaggio da persone a esse estranee». Nella fattispecie la società è sanzionata perché, comunque, beneficiaria (o potenziale tale) del comportamento illecito tenuto da un qualsiasi soggetto, seppur ad essa estraneo. Nel caso di specie ritiene questo Collegio che sia rinvenibile quel centro di interesse e di profitto tra l’operato del responsabile subiettivo (sig. Desolda) e la sfera d’azione del responsabile obiettivo (Matera Calcio). Non vi è dubbio che l’attuazione concreta ed effettiva dell’illecito sportivo posto in essere dal sig. Desolda avrebbe comportato un indubbio, importante ed oggettivo vantaggio per la società Matera Calcio. Ciò premesso, è vero che tale forma di responsabilità (presunta) è esclusa «quando risulti o vi sia un ragionevole dubbio che la società non abbia partecipato all’illecito o lo abbia ignorato», ma tale circostanza esimente non sussiste, nel caso di specie, atteso che il sig. Columella, soggetto strettamente legato agli interessi della società Matera Calcio e, all’epoca dei fatti, persona che svolgeva attività all’interno e nell’interesse della ASD Matera Calcio (oggi Matera Calcio s.r.l.) e, comunque, rientrante nel recinto soggettivo delineato dall’art.1 bis, comma 5, CGS era non solo a conoscenza del tentativo di illecito, ma addirittura lo ha proposto o, quantomeno, condiviso. La società Matera Calcio, pertanto, è stata correttamente chiamata a rispondere a titolo di responsabilità presunta per il tentativo di illecito posto in essere dal sig. Desolda. Del pari, la società lucana deve essere chiamata a rispondere a titolo di responsabilità oggettiva per l’operato del proprio esponente Saverio Columella. Come da costante giurisprudenza federale, la responsabilità oggettiva consegue in termini automatici e legali a quella materiale dell’autore del fatto illecito e non può, quindi, in nessun caso, essere elusa, ma solo graduata e misurata nei suoi limiti quantitativi sanzionatori. Con riferimento alla commisurazione della sanzione deve tenersi conto della norma di cui all’art. 7, comma, 5 CGS, a mente della quale «I soggetti di cui all’art. 1 bis, commi 1 e 5, riconosciuti responsabili di illecito sportivo, sono puniti con una sanzione non inferiore all'inibizione o alla squalifica per un periodo minimo di tre anni e con l’ammenda non inferiore ad euro 50.000,00». Sotto tale profilo, dunque, le sanzioni (peraltro, contenute nel minimo edittale) inflitte dal TFN ai ricorrenti Columella e Desolda appaiono correttamente determinate. Quanto, invece, alla sanzione della penalizzazione a carico del Matera Calcio, considerata la natura del legame giuridico tra la stessa e il sig. Columella, attesa la particolarità del caso di specie, avuto riguardo alla circostanza che il tentativo di combine non ha sortito esito alcuno e che nessun vantaggio ne è comunque effettivamente derivato al Matera, tenuta presente la blanda correlazione tra i fatti di cui trattasi e la società sportiva Matera anche sotto il profilo del ridetto (difetto di conseguimento di un effettivo) vantaggio, ritiene il Collegio che un’attenta rivalutazione alla luce del criterio di congruità complessiva, conduca al parziale accoglimento della domanda di riduzione della sanzione, da rideterminarsi nella penalizzazione di punti due in classifica da scontarsi nella stagione sportiva 2015/2016. La C.F.A., riuniti i ricorsi nn. 1, 2 e 3: - respinge i ricorsi n. 1 e 2 come sopra proposti e dispone incamerarsi le tasse reclamo. - accoglie in parte il ricorso n. 3 come sopra proposto dalla società Matera Calcio S.r.l. di Matera rideterminando la sanzione della penalizzazione a punti 2 nella Stagione Sportiva 2015/2016. Dispone restituirsi la tassa reclamo.
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1. RICORSO SIG. ALESSANDRO DESOLDAAVVERSO LA SANZIONE DELLA INIBIZIONE PER ANNI 3 E DELL’AMMENDA DI € 50.000,00, INFLITTA AL RECLAMANTE, PER VIOLAZIONE DELL’ART. 1 COMMA 1 E ART. 7 COMMI 1, 2, 5 C.G.S., IN RELAZIONE ALLA GARA TARANTO/MATERA DEL 30.3.2014, SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE DEL 7.5.2015 (NOTA N. 10079/710 PF13-14 AM/SP/MA) – (Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare – Com. Uff. n. 60/TFN del 18.6.2015)
2. RICORSO SIG. SAVERIO COLUMELLA AVVERSO LA SANZIONE DELLA INIBIZIONE PER ANNI 3 E DELL’AMMENDA DI € 50.000,00, INFLITTA AL RECLAMANTE, PER VIOLAZIONE DELL’ART. 1, COMMA 5 E ART. 7 COMMI 1, 2, 5 C.G.S., IN RELAZIONE ALLA GARA TARANTO/MATERA DEL 30.3.2014, SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE DEL 7.5.2015 (NOTA N. 10079/710 PF13-14 AM/SP/MA) – (Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare – Com. Uff. n. 60/TFN del 18.6.2015)
3. RICORSO MATERA CALCIO S.R.L. AVVERSO LA SANZIONE DELLA PENALIZZAZIONE DI 4 PUNTI IN CLASSIFICA INFLITTA ALLA SOCIETÀ RECLAMANTE, A TITOLO DI RESPONSABILITÀ OGGETTIVA AI SENSI DELL’ART. 4 COMMA 2, PER LE VIOLAZIONI ASCRITTE AL SIG. SAVERIO COLUMELLA, NONCHÉ A TITOLO DI RESPONSABILITÀ PRESUNTA AI SENSI DELL’ART. 4, COMMA 5 C.G.S. PER LE VIOLAZIONI ASCRITTE AL SIG. ALESSANDRO DESOLDA, ENTRAMBE IN RELAZIONE ALLA GARA TARANTO/MATERA DEL 30.3.2014, SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE DEL 7.5.2015 (NOTA N. 10079/710 PF13-14 AM/SP/MA) – (Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare – Com. Uff. n. 60/TFN del 18.6.2015)"