F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – Sezioni Unite – 2015/2016 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 016/CFA del 27 Agosto 2015 con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 019/CFA del 08 Settembre 2015 e su www.figc.it 1. RICORSO DEL SIG. NINNI CORDA (ALL’EPOCA DEI FATTI TECNICO TESSERATO PER LA SOCIETÀ S.S. BARLETTA CALCIO S.R.L.) AVVERSO LA SANZIONE DELLA SQUALIFICA DI ANNI 2 (Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare Com. Uff. n. 16/TFN del 20.8.2015) 2. RICORSO DEL SIG. GIULIANO PESCE (ALL’EPOCA DEI FATTI ISCRITTO NELL’ELENCO SPECIALE DI DIRETTORI SPORTIVI C/O F.I.G.C.) AVVERSO LA SANZIONE DELL’INIBIZIONE DI ANNI 3 E MESI 6 E AMMENDA DI € 50.000,00 (Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare Com. Uff. n. 16/TFN del 20.8.2015) 3. RICORSO DELLA LUPARENSE SAN PAOLO FC SSD ARL (ALL’EPOCA DEI FATTI SSDARL ATLETICO SAN PAOLO PADOVA) AVVERSO LA SANZIONE DELLA PENALIZZAZIONE DI 1 PUNTO IN CLASSIFICA DA SCONTARSI NELLA STAGIONE SPORTIVA 2015/2016 (Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare Com. Uff. n. 16/TFN del 20.8.2015) 4. RICORSO DEL CALC. MATTEINI DAVIDE (ALL’EPOCA DEI FATTI CALCIATORE TESSERATO IN FAVORE DELLA SCOIETÀ SSDARL ATLETICO SAN PAOLO PADOVA OGGI SDARL LUPARENSE SAN PAOLO FC) AVVERSO LA SANZIONE DELLA SQUALIFICA PER ANNI 3 E MESI 6 E L’AMMENDA DI € 60.000,00 (Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare Com. Uff. n. 16/TFN del 20.8.2015) 5. RICORSO DE L’AQUILA CALCIO 1927 S.R.L. AVVERSO LA SANZIONE DELLA PENALIZZAZIONE DI 1 PUNTO IN CLASSIFICA DA SCONTARSI NELLA STAGIONE SPORTIVA 2015/2016 (Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare Com. Uff. n. 16/TFN del 20.8.2015) 6. RICORSO DEL SIG. ERCOLE DI NICOLA (ALL’EPOCA DEI FATTI RESPONSABILE AREA TECNICA TESSERATO PER LA SOCIETÀ L’AQUILA CALCIO 1927 S.R.L.) AVVERSO LA SANZIONE DELL’INIBIZIONE DI ANNI 5 E PRECLUSIONE ALLA PERMANENZA IN QUALSIASI RANGO O CATEGORIA DELLA F.I.G.C., E AMMENDA DI € 100.000,00 (Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare Com. Uff. n. 16/TFN del 20.8.2015) 7. RICORSO DEL SIG. FABIO DI LAURO (ALL’EPOCA DEI FATTI ALLENATORE DI BASE ISCRITTO NEI RUOLI DEL SETTORE TECNICO F.I.G.C.) AVVERSO LA SANZIONE DELLA SQUALIFICA DI ANNI 2 E MESI 6 E AMMENDA DI € 40.000,00 (Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare Com. Uff. n. 16/TFN del 20.8.2015) 8. RICORSO DEL SAVONA FBC S.R.L. AVVERSO LA SANZIONE DELLA RETROCESSIONE ALL’ULTIMO POSTO IN CLASSIFICA NELLA STAGIONE SPORTIVA 2014/2015 E AMMENDA DI € 30.000,00 (Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare Com. Uff.n. 16/TFN del 20.8.2015) 9. RICORSO DEL SIG. ALDO DELLEPIANE (ALL’EPOCA DEI FATTI PRESIDENTE E LEGALE RAPPRESENTANTE DELLA SAVONA FBC S.R.L.) AVVERSO LA SANZIONE DELLA INIBIZIONE DI ANNI 4 E AMMENDA DI € 100.000,00 (Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare Com. Uff. n. 16/TFN del 20.8.2015) 10. RICORSO DEL CALC. CABECCIA MARCO (ALL’EPOCA DEI FATTI CALCIATORE TESSERATO IN FAVORE DELLA SOCIETÀ SAVONA FBC SRL) AVVERSO LA SANZIONE DELLA SQUALIFICA DI MESI 6 E AMMENDA DI € 30.000,00 (Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare Com. Uff. n. 16/TFN del 20.8.2015) 11. RICORSO DEL SIG. CENICCOLA ENRICO (ALL’EPOCA DEI FATTI COLLABORATORE TESSERATO PER LA SOCIETÀ SAVONA FBC S.R.L.) AVVERSO LA SANZIONE DELLA SQUALIFICA DI MESI 6 E AMMENDA DI € 30.000,00 (Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare Com. Uff. n. 16/TFN del 20.8.2015) 12. RICORSO DEL SIG. BARGHIGIANI MARCO (ALL’EPOCA DEI FATTI ISCRITTO NELL’ELENCO SPECIALE DEI DIRETTORI SPORTIVI DELLA F.I.G.C., NONCHÉ SOGGETTO DI CUI ALL’ART. 1BIS, COMMA 5 C.G.S., OPERANTE ALL’INTERNO E NELL’INTERESSE DELLA SOCIETÀ SAVONA FBC S.R.L.) AVVERSO LA SANZIONE DELLA INIBIZIONE DI ANNI 3 E MESI 6 E AMMENDA DI € 60.000,00 (Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare Com. Uff. n. 16/TFN del 20.8.2015) 13. RICORSO DEL S.S. TERAMO CALCIO S.R.L. AVVERSO LA SANZIONE DELLA RETROCESSIONE ALL’ULTIMO POSTO IN CLASSIFICA NELLA STAGIONE SPORTIVA 2014/2015 E AMMENDA DI € 30.000,00 (Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare Com. Uff. n. 16/TFN del 20.8.2015) 14. RICORSO DEL SIG. LUCIANO CAMPITELLI (ALL’EPOCA DEI FATTI PRESIDENTE E LEGALE RAPPRESENTANTE DELLA S.S. TERAMO CALCIO S.R.L.) AVVERSO LA SANZIONE DELLA INIBIZIONE DI ANNI 4 E AMMENDA DI € 100.000,00 (Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare Com. Uff. n. 16/TFN del 20.8.2015) 15. RICORSO DEL SIG. MARCELLO DI GIUSEPPE (ALL’EPOCA DEI FATTI DIRETTORE SPORTIVO TESSERATO PER LA S.S. TERAMO CALCIO) AVVERSO LA SANZIONE DELLA INIBIZIONE DI ANNI 4 E AMMENDA DI € 100.000,00 (Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare Com. Uff. n. 16/TFN del 20.8.2015)

F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – Sezioni Unite - 2015/2016 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 016/CFA del 27 Agosto 2015 con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 019/CFA del 08 Settembre 2015 e su www.figc.it 1. RICORSO DEL SIG. NINNI CORDA (ALL’EPOCA DEI FATTI TECNICO TESSERATO PER LA SOCIETÀ S.S. BARLETTA CALCIO S.R.L.) AVVERSO LA SANZIONE DELLA SQUALIFICA DI ANNI 2 (Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare Com. Uff. n. 16/TFN del 20.8.2015) 2. RICORSO DEL SIG. GIULIANO PESCE (ALL’EPOCA DEI FATTI ISCRITTO NELL’ELENCO SPECIALE DI DIRETTORI SPORTIVI C/O F.I.G.C.) AVVERSO LA SANZIONE DELL’INIBIZIONE DI ANNI 3 E MESI 6 E AMMENDA DI € 50.000,00 (Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare Com. Uff. n. 16/TFN del 20.8.2015) 3. RICORSO DELLA LUPARENSE SAN PAOLO FC SSD ARL (ALL’EPOCA DEI FATTI SSDARL ATLETICO SAN PAOLO PADOVA) AVVERSO LA SANZIONE DELLA PENALIZZAZIONE DI 1 PUNTO IN CLASSIFICA DA SCONTARSI NELLA STAGIONE SPORTIVA 2015/2016 (Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare Com. Uff. n. 16/TFN del 20.8.2015) 4. RICORSO DEL CALC. MATTEINI DAVIDE (ALL’EPOCA DEI FATTI CALCIATORE TESSERATO IN FAVORE DELLA SCOIETÀ SSDARL ATLETICO SAN PAOLO PADOVA OGGI SDARL LUPARENSE SAN PAOLO FC) AVVERSO LA SANZIONE DELLA SQUALIFICA PER ANNI 3 E MESI 6 E L’AMMENDA DI € 60.000,00 (Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare Com. Uff. n. 16/TFN del 20.8.2015) 5. RICORSO DE L’AQUILA CALCIO 1927 S.R.L. AVVERSO LA SANZIONE DELLA PENALIZZAZIONE DI 1 PUNTO IN CLASSIFICA DA SCONTARSI NELLA STAGIONE SPORTIVA 2015/2016 (Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare Com. Uff. n. 16/TFN del 20.8.2015) 6. RICORSO DEL SIG. ERCOLE DI NICOLA (ALL’EPOCA DEI FATTI RESPONSABILE AREA TECNICA TESSERATO PER LA SOCIETÀ L’AQUILA CALCIO 1927 S.R.L.) AVVERSO LA SANZIONE DELL’INIBIZIONE DI ANNI 5 E PRECLUSIONE ALLA PERMANENZA IN QUALSIASI RANGO O CATEGORIA DELLA F.I.G.C., E AMMENDA DI € 100.000,00 (Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare Com. Uff. n. 16/TFN del 20.8.2015) 7. RICORSO DEL SIG. FABIO DI LAURO (ALL’EPOCA DEI FATTI ALLENATORE DI BASE ISCRITTO NEI RUOLI DEL SETTORE TECNICO F.I.G.C.) AVVERSO LA SANZIONE DELLA SQUALIFICA DI ANNI 2 E MESI 6 E AMMENDA DI € 40.000,00 (Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare Com. Uff. n. 16/TFN del 20.8.2015) 8. RICORSO DEL SAVONA FBC S.R.L. AVVERSO LA SANZIONE DELLA RETROCESSIONE ALL’ULTIMO POSTO IN CLASSIFICA NELLA STAGIONE SPORTIVA 2014/2015 E AMMENDA DI € 30.000,00 (Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare Com. Uff.n. 16/TFN del 20.8.2015) 9. RICORSO DEL SIG. ALDO DELLEPIANE (ALL’EPOCA DEI FATTI PRESIDENTE E LEGALE RAPPRESENTANTE DELLA SAVONA FBC S.R.L.) AVVERSO LA SANZIONE DELLA INIBIZIONE DI ANNI 4 E AMMENDA DI € 100.000,00 (Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare Com. Uff. n. 16/TFN del 20.8.2015) 10. RICORSO DEL CALC. CABECCIA MARCO (ALL’EPOCA DEI FATTI CALCIATORE TESSERATO IN FAVORE DELLA SOCIETÀ SAVONA FBC SRL) AVVERSO LA SANZIONE DELLA SQUALIFICA DI MESI 6 E AMMENDA DI € 30.000,00 (Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare Com. Uff. n. 16/TFN del 20.8.2015) 11. RICORSO DEL SIG. CENICCOLA ENRICO (ALL’EPOCA DEI FATTI COLLABORATORE TESSERATO PER LA SOCIETÀ SAVONA FBC S.R.L.) AVVERSO LA SANZIONE DELLA SQUALIFICA DI MESI 6 E AMMENDA DI € 30.000,00 (Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare Com. Uff. n. 16/TFN del 20.8.2015) 12. RICORSO DEL SIG. BARGHIGIANI MARCO (ALL’EPOCA DEI FATTI ISCRITTO NELL’ELENCO SPECIALE DEI DIRETTORI SPORTIVI DELLA F.I.G.C., NONCHÉ SOGGETTO DI CUI ALL’ART. 1BIS, COMMA 5 C.G.S., OPERANTE ALL’INTERNO E NELL’INTERESSE DELLA SOCIETÀ SAVONA FBC S.R.L.) AVVERSO LA SANZIONE DELLA INIBIZIONE DI ANNI 3 E MESI 6 E AMMENDA DI € 60.000,00 (Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare Com. Uff. n. 16/TFN del 20.8.2015) 13. RICORSO DEL S.S. TERAMO CALCIO S.R.L. AVVERSO LA SANZIONE DELLA RETROCESSIONE ALL’ULTIMO POSTO IN CLASSIFICA NELLA STAGIONE SPORTIVA 2014/2015 E AMMENDA DI € 30.000,00 (Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare Com. Uff. n. 16/TFN del 20.8.2015) 14. RICORSO DEL SIG. LUCIANO CAMPITELLI (ALL’EPOCA DEI FATTI PRESIDENTE E LEGALE RAPPRESENTANTE DELLA S.S. TERAMO CALCIO S.R.L.) AVVERSO LA SANZIONE DELLA INIBIZIONE DI ANNI 4 E AMMENDA DI € 100.000,00 (Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare Com. Uff. n. 16/TFN del 20.8.2015) 15. RICORSO DEL SIG. MARCELLO DI GIUSEPPE (ALL’EPOCA DEI FATTI DIRETTORE SPORTIVO TESSERATO PER LA S.S. TERAMO CALCIO) AVVERSO LA SANZIONE DELLA INIBIZIONE DI ANNI 4 E AMMENDA DI € 100.000,00 (Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare Com. Uff. n. 16/TFN del 20.8.2015) Con separati ricorsi, i sigg.ri Ninni Corda, Giuliano Pesce, Davide Matteini, Ercole Di Nicola, Fabio Di Lauro, Aldo Dellepiane, Marco Cabeccia, Enrico Ceniccola, Marco Barghigiani, Luciano Campitelli, Marcello Di Giuseppe, nonché le società Sdarl Luparense San Paolo FC SSD, L’Aquila Calcio 1927 s.r.l., Savona FBC s.r.l., S.S. Teramo Calcio s.r.l., in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, hanno proposto, come assistiti e difesi, reclamo avverso la decisione del Tribunale Federale Nazionale pubblicata sul C.U. n. 16/TFN del 20 agosto 2015. Con detta pronuncia il predetto Tribunale, in esito al deferimento dd. 30 luglio 2015 del Procuratore Federale della FIGC, ha inflitto le seguenti sanzioni: - Barghigiani Marco: Inibizione di 3 (tre) anni e 6 (sei) mesi ed ammenda di € 60.000,00 (€ sessantamila/00); - Cabeccia Marco: Squalifica di mesi 6 (sei) ed ammenda di € 30.000,00 (€ trentamila/00); - Ceniccola Enrico: Inibizione di mesi 6 (sei) ed ammenda di € 30.000,00 (€ trentamila/00); - Campitelli Luciano: Inibizione di 4 (quattro) anni ed ammenda di € 100.000,00 (€ centomila/00); - Corda Ninni: Squalifica di 2 (due) anni ex art. 24 CGS; - Dellepiane Aldo: Inibizione di 4 (quattro) anni ed ammenda di € 100.000,00 (€ centomila/00); - Di Giuseppe Marcello: Inibizione di 4 (quattro) anni ed ammenda di € 100.000,00 (€ centomila/00); - Di Lauro Fabio: Squalifica di anni 2 (due) e mesi 6 (sei) ed ammenda di € 40.000,00 (€ quarantamila/00). - Di Nicola Ercole: Inibizione di 5 (cinque) anni e preclusione alla permanenza in qualsiasi rango o categoria della FIGC oltre all’ammenda di € 100.000,0 (€ centomila/00); - Matteini Davide: Squalifica di anni 3 (tre) e mesi 6 (sei) oltre all’ammenda di € 60.000,00 (€ sessantamila/00); - Pesce Giuliano: Inibizione di anni 3 (tre) e mesi 6 (sei) ed ammenda di € 50.000,00 (€ cinquantamila/00); - SS Barletta CALCIO s.r.l.: Penalizzazione di 1 (uno) punto in classifica da scontare nella stagione sportiva 2015/2016. - L’Aquila Calcio 1927 s.r.l.: Penalizzazione di 1 (uno) punto in classifica da scontare nella stagione sportiva 2015/2016; - SDARL Luparense San Paolo FC SSD (già ARL Atletico San Paolo Padova): Penalizzazione di 1 (uno) punto in classifica da scontare nella stagione sportiva 2015/2016. - Savona FBC s.r.l.: Retrocessione all’ultimo posto in classifica nella stagione sportiva 2014/2015 ed ammenda di € 30.000,00 (€ trentamila/00). - SS Teramo Calcio s.r.l.: Retrocessione all’ultimo posto in classifica nella stagione sportiva 2014/2015 ed ammenda di € 30.000,00 (€ trentamila/00). Il deferimento Come noto, l’indagine federale ha preso avvio dall’attività giudiziaria svolta dalla Procura della Repubblica di Catanzaro in ordine alla individuazione e conseguente repressione di una organizzazione alquanto articolata e ramificata, essenzialmente finalizzata a condizionare i risultati di partite di calcio dei campionati organizzati dalle leghe professionistiche e dilettantistiche, per conseguire indebiti vantaggi economici e illeciti profitti anche tramite scommesse da effettuarsi sulle partite di calcio “combinate”. Coinvolte in queste attività illecite e, comunque, per quanto qui rileva, antisportive e disciplinarmente vietate, anche diversi tesserati, in quanto tali, dunque, sottoposti alla giurisdizione sportiva della FIGC. Acquisita, dunque, documentazione ai sensi dell’art. 2, comma 3,della legge n. 401 del 1989 e dell’art. 116 c.p.p., nell’ambito del procedimento penale pendente presso la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Catanzaro – D.D.A. (n. 1110/2009 R.G.N.R.), la Procura Federale ha successivamente svolto una propria autonoma attività istruttoria, consistente, fra l’altro, nell’analisi e nell’approfondimento della documentazione ricevuta e nell’audizione dei soggetti coinvolti eo informati sui fatti. L’esame del materiale processuale trasmesso dalla Procura della Repubblica di Catanzaro, alla luce delle emergenze istruttorie acquisite nel corso dell’autonoma attività investigativa svolta dalla Procura federale, consente di ritenere sussistenti, secondo la prospettazione accusatoria, consistenti elementi probatori atti a comprovare la illiceità delle condotte dei soggetti deferiti e ad escludere una qualsivoglia verosimile ricostruzione alternativa dei fatti oggetto d’indagine. Nell'atto di deferimento, dopo alcune premesse in ordine al materiale probatorio acquisito, ai relativi criteri di valutazione, al valore delle dichiarazioni accusatorie e delle voci correnti in ambienti ristretti, alla prova del vincolo associativo e ad valore probatorio della partecipazione ad illeciti associativi, alla valutazione probatoria del contenuto delle intercettazioni telefoniche, fatta espressa riserva di adozione di ulteriori provvedimenti, anche in relazione allo sviluppo dei procedimenti penali in corso, si dà conto degli esiti fino ad allora prodotti dall'indagine svolta dagli Uffici giudiziari di Catanzaro. Sul piano generale, osserva la Procura federale, come nella complessiva valutazione degli elementi emersi in sede di indagini e di giustizia sia ordinaria sia sportiva occorra considerare che le condotte poste in essere dai tesserati sono risultate finalizzate all’alterazione del risultato delle gare, nel caso di specie, segnatamente per motivi di classifica. Ritiene, in definitiva, la Procura federale, che all’esito del complessivo ed articolato procedimento istruttorio siano apparse realizzate molteplici condotte finalizzate alla alterazione dello svolgimento e del risultato della gara Savona Teramo del 2 maggio 2015 (campionato di Lega Pro, girone B). In particolare, per quanto qui di rilievo, la Procura federale, con provvedimento n. 1318/1048pf14- 15/SP/blp del 30.7.2015, ha deferito i sigg.ri: - Barghigiani Marco, all’epoca dei fatti soggetto iscritto nell’elenco speciale dei Direttori Sportivi presso la FIGC, nonché soggetto di cui all’art. 1 bis, comma 5, CGS, operante all’interno e nell’interesse della Società Savona FCB s.r.l.; - Campitelli Luciano, all’epoca dei fatti presidente e legale rappresentante della SS Teramo Calcio s.r.l.; - Corda Ninni, all’epoca dei fatti tecnico tesserato per la società SS Barletta Calcio s.r.l.; - Dellepiane Aldo, all’epoca dei fatti presidente e legale rappresentante della società Savona FCB s.r.l.; - Di Giuseppe Marcello, all’epoca dei fatti direttore sportivo tesserato per la società SS Teramo Calcio s.r.l.; - Di Nicola Ercole, all’epoca dei fatti responsabile area tecnica tesserato per la società L’Aquila Calcio 1927 s.r.l.; - Matteini Davide, all’epoca dei fatti calciatore tesserato per la società SSDARL Atletico San Paolo Padova oggi SDARL Luparense San Paolo FC; - Pesce Giuliano, all’epoca dei fatti soggetto iscritto nell’elenco speciale dei direttori sportivi presso la FIGC; «per la violazione dell’art. 7, commi 1 e 2, CGS per avere, prima della gara Savona – Teramo del 2 maggio 2015, in concorso tra loro, con altri soggetti non tesserati ed altri allo stato non identificati, posto in essere atti diretti ad alterare lo svolgimento ed il risultato della gara suddetta, al fine di ottenere la vittoria alla Società SS Teramo Calcio s.r.l. ed il conseguente vantaggio in classifica, prendendo contatti ed accordi diretti allo scopo sopra indicato». In particolare, per quanto in questo procedimento segnatamente interessa, ai sigg.ri Campitelli e Di Giuseppe la Procura federale contesta di aver dato incarico al sig. Di Nicola di organizzare la combine relativa alla gara suddetta. Per tale “sistemazione” della gara Campitelli versava un corrispettivo in denaro. Al sig. Di Nicola veniva contestato di aver aderito alla proposta illecita e di avere, a propria volta, per il tramite del sig. Matteini, cercato di corrompere, non riuscendovi, due calciatori del Savona, nonché di aver corrotto, attraverso i sigg.ri Corda e Barghigiani, alcuni calciatori del Savona allo stato non identificati. Il sig. Pesce è stato, invece, segnatamente deferito per aver cooperato per l’alterazione della gara e per aver percepito del denaro a titolo di compenso per la relativa attività prestata. Al sig. Dellepiane viene contestato di aver anch’egli aderito alla proposta illecita, percependo a tal fine una somma di denaro. La Procura federale ha, altresì, contestato le aggravanti di cui all’art. 7, comma 6, CGS, della effettiva alterazione dello svolgimento e del risultato della gara, del conseguimento del vantaggio in classifica, nonché, per i sigg.ri Corda e Di Nicola, della pluralità degli illeciti commessi e contestati nei procedimenti n. 859pf14-15 e 859bispf14-15. Con il medesimo provvedimento la Procura federale ha, inoltre, deferito: - Cabeccia Marco, all’epoca dei fatti calciatore tesserato per la società Savona FBC s.r.l., per la violazione dell’art. 7, comma 7, del CGS, per aver violato il dovere di informare senza indugio la Procura federale, omettendo di denunciare i fatti, integranti illecito sportivo, riguardanti la gara Savona – Teramo del 2 maggio 2015; - Ceniccola Enrico, all’epoca dei fatti collaboratore tesserato per la società Savona FBC Srl, per aver violato il dovere di informare senza indugio la Procura federale, omettendo di denunciare i fatti, integranti illecito sortivo, riguardanti la gara Savona – Teramo del 2 maggio 2015; - Di Nicola Ercole, all’epoca dei fatti Responsabile area tecnica tesserato per la società L’Aquila Calcio 1927 s.r.l., per la violazione dell’art. 6, commi 1 e 5, CGS, per aver effettuato scommesse sulla gara Savona – Teramo del 2 maggio 2015, per aver agevolato le scommesse di Di Lauro e di altri soggetti non tesserati sulla gara in questione e per aver violato il dovere di informare senza indugio la Procura federale, omettendo di denunciare i fatti, integranti violazione del divieto di effettuare scommesse da parte di Di Lauro, riguardanti la gara predetta; - Di Lauro Fabio, all’epoca dei fatti allenatore di base iscritto nei ruoli del Settore Tecnico della FIGC, per la violazione dell’art. 6, commi 1 e 5, CGS, per aver effettuato scommesse sulla gara Savona – Teramo del 2 maggio 2015, per aver agevolato le scommesse di Di Nicola e di altri soggetti non tesserati sulla gara in questione e per aver violato il dovere di informare senza indugio la Procura federale, omettendo di denunciare i fatti, integranti violazione del divieto di effettuare scommesse da parte di Di Nicola, riguardanti la gara predetta; nonché per la violazione dell’art. 7, comma 7, CGS, per avere violato il dovere di informare senza indugio la Procura federale, omettendo di denunciare i fatti, integranti illecito sportivo, riguardanti la gara Savona – Teramo del 2 maggio 2015. Con il deferimento di cui trattasi la Procura federale ha, inoltre, contestato: - al Barletta Calcio s.r.l., la responsabilità oggettiva, ai sensi dell’art. 7, comma 2, e dell’art. 4, comma 2, CGS, in ordine agli addebiti contestati al proprio tesserato Corda. Con le aggravanti di cui all’art. 7, comma 6, CGS, della effettiva alterazione dello svolgimento e del risultato della gara, del conseguimento del vantaggio in classifica, nonché della pluralità degli illeciti posti in essere dal proprio tesserato; - all’Atletico San Paolo Padova oggi SSDARL Luparense San Paolo FC, la responsabilità oggettiva, ai sensi dell’art. 7, comma 2, e dell’art. 4, comma 2, CGS, in ordine agli addebiti contestati al proprio tesserato Matteini. Con le aggravanti di cui all’art. 7, comma 6, del CGS, della effettiva alterazione dello svolgimento e del risultato della gara, nonché del conseguimento del vantaggio in classifica; - all’Aquila Calcio 1927 s.r.l., la responsabilità oggettiva, ai sensi dell’art. 4, comma 2, CGS, in ordine agli addebiti contestati al proprio tesserato Di Nicola, con riferimento alla violazione dell’art. 6, commi 1 e 5, CGS, nonché, la responsabilità oggettiva, ai sensi dell’art. 7, comma 2, e dell’art. 4, comma 2, CGS, in ordine agli addebiti contestati allo stesso predetto proprio tesserato Di Nicola; con le aggravanti di cui all’art. 7, comma 6, C.G.S., della effettiva alterazione dello svolgimento e del risultato della gara, del conseguimento del vantaggio in classifica, nonché della pluralità degli illeciti posti in essere dal proprio tesserato; - al Teramo Calcio s.r.l.: la responsabilità diretta, ai sensi dell’art. 7, comma 2, e dell’art. 4, comma 1, CGS in ordine agli addebiti contestati al proprio legale rappresentante Campitelli; con le aggravanti di cui all’art. 7, comma 6, del CGS, della effettiva alterazione dello svolgimento e del risultato della gara, nonché del conseguimento del vantaggio in classifica; la responsabilità oggettiva, ai sensi dell’art. 7, comma 2, e dell’art. 4, comma 2, CGS, in ordine agli addebiti contestati al proprio tesserato Di Giuseppe; con le aggravanti di cui all’art. 7, comma 6, CGS, della effettiva alterazione dello svolgimento e del risultato della gara, nonché del conseguimento del vantaggio in classifica; la responsabilità presunta, ai sensi dell’art. 4, comma 5, CGS, per l’illecito sportivo commesso a proprio vantaggio da persone ad essa estranee, come sopra specificato, in occasione della gara Savona – Teramo del 2 maggio 2015. -al Savona Fbc s.r.l.: la responsabilità diretta, ai sensi dell’art. 7, comma 2, e dell’art. 4, comma 1, CGS in ordine agli addebiti contestati al proprio legale rappresentante Dellepiane. Con le aggravanti di cui all’art. 7, comma 6, CGS, della effettiva alterazione dello svolgimento e del risultato della gara, nonché del conseguimento del vantaggio in classifica; la responsabilità oggettiva, ai sensi dell’art. 4, comma 2, CGS, in ordine agli addebiti contestati al proprio tesserato Cabeccia, con riferimento alla violazione dell’art. 7, comma 7, CGS;la responsabilità oggettiva, ai sensi dell’art. 7, comma 2, e dell’art. 4, comma 2, CGS, in ordine agli addebiti contestati a Barghigiani. Con le aggravanti di cui all’art. 7, comma 6, CGS, della effettiva alterazione dello svolgimento e del risultato della gara, nonché del conseguimento del vantaggio in classifica;la responsabilità oggettiva, ai sensi dell’art. 4, comma 2, CGS, in ordine agli addebiti contestati al proprio tesserato Ceniccola, con riferimento alla violazione dell’art. 7, comma 7, C.G.S.. Il giudizio di primo grado Con provvedimento dd. 31.7.2015 il presidente del Tribunale federale nazionale ha fissato l’inizio del dibattimento per il giorno 12 agosto 2015. Nei termini assegnati nell’atto di convocazione, tutti i deferiti, ad eccezione di Ninni Corda e della società SS Barletta Calcio s.r.l., hanno fatto pervenire memorie difensive, con allegata documentazione, nelle quali sono state proposte svariate eccezioni preliminari e pregiudiziali. Nel merito, è stata contestata la sussistenza delle violazioni ascritte agli incolpati e alcuni deferiti hanno avanzato richieste istruttorie. In particolare, per quanto qui specificamente interessa, Luciano Campitelli, Marco Barghigiani, Aldo Dellepiane, Davide Matteini, hanno eccepito l’insussistenza e l’infondatezza della violazione loro ascritta; Marcello Di Giuseppe ha eccepito l’improcedibilità dell’azione disciplinare (sul presupposto della «mancanza di soggetti individualizzati corresponsabili dell’illecito contestato») e, nel merito, l’insussistenza e l’infondatezza della violazione ascritta; Giuliano Pesce ha chiesto lo stralcio della propria posizione in attesa che la Procura Federale depositasse il documento del 30 luglio 2015 contenente le dichiarazioni del deferito Ninni Corda e, in subordine, lo stralcio del suddetto documento contenente le predette dichiarazioni, avanzando, inoltre, istanze istruttorie; la SS Teramo Calcio s.r.l. ha eccepito l’insussistenza e l’infondatezza della violazione ascritta. Hanno chiesto, con separate memorie difensive, di intervenire nel procedimento, a sostegno delle domande svolte dalla Procura federale, le società Ascoli Picchio FC 1898, AS Gubbio 1910, FC Forlì e San Marino Calcio. Al dibattimento, svoltosi il 12 agosto 2015, il Tribunale ha preliminarmente, esaminato le richieste di intervento presentate dalle Società Ascoli Picchio FC 1898, AS Gubbio 1910, FC Forlì e San Marino Calcio, in ordine alle quali pronunciava la seguente Ordinanza n. 1: «Il Tribunale Federale Nazionale, Sezione Disciplinare esaminate le istanze di intervento presentate dalle Società Ascoli Picchio FC 1898, AS Gubbio 1910, FC Forlì e San Marino Calcio e di stralcio della propria posizione presentate dai deferiti Ercole Di Nicola, Fabio Di Lauro, Giuliano Pesce e l’Aquila Calcio 1927; - ritenuto, quanto alle istanze di intervento, che le suddette Società sono portatrici, ai sensi del combinato disposto degli artt. 33, comma 3 e 41, comma 7 CGS, di un interesse indiretto, anche di classifica, all’esito del presente procedimento; che appaiono irrilevanti le eccezioni sollevate dalla Società Teramo avverso l’ammissibilità dell’intervento della Società Ascoli ed infondata la richiesta di sospensione del presente giudizio in attesa di eventuali provvedimenti della Procura Federale in merito a denunce alla stessa presentate aventi ad oggetto fatti estranei al presente procedimento; - ritenuto, quanto alle istanze di stralcio, che le stesse non possono essere accolte, in quanto, per i deferiti Di Nicola e Di Lauro, così come evidenziato dalla Procura Federale, la circostanza che gli stessi si trovino agli arresti domiciliari non rileva, poiché, per un verso, non incide, né ha inciso, sulla possibilità degli stessi di attivarsi al fine di poter comparire personalmente nel presente dibattimento, avendo facoltà di rivolgere apposita richiesta in questo senso all’Autorità Giudiziaria competente, richiesta che non risulta essere stata avanzata, e, per altro verso, che gli stessi non hanno mai presentato richiesta di essere ascoltati nel presente dibattimento, nel quale si sono ritualmente costituiti a mezzo del proprio difensore, con il quale non risulta abbiano avuto od abbiano attualmente impedimenti di colloquio e contatto; per il deferito Pesce, che non spiega alcuna rilevanza la circostanza, posta a base della propria richiesta, che altro deferito abbia rilasciato ulteriori dichiarazioni alla Procura Federale in data 30 luglio 2015; per la Società L’Aquila, che il mancato stralcio della posizione del De Nicola, a cui la propria richiesta era subordinata, rende infondata detta istanza; - ammette le Società Ascoli Picchio FC 1898, A.S. Gubbio 1910, FC Forlì e San Marino Calcio a partecipare al presente procedimento e rigetta le istanze di stralcio presentate dai deferiti Ercole Di Nicola, Fabio Di Lauro, Giuliano Pesce e L’Aquila Calcio 1927, riservando, all’esito del dibattimento, la valutazione in merito all’utilizzabilità delle dichiarazioni rese dal deferito Ninni Corda alla Procura Federale in data 30 luglio 2015». Il Tribunale di prime cure ha, quindi, esaminato le richieste di ammissione di mezzi istruttori proposte da alcuni dei deferiti, così provvedendo con l’Ordinanza n. 2, che qui di seguito si riporta: «Il Tribunale Federale Nazionale, Sezione Disciplinare ammette la documentazione depositata dai deferiti, riservando alla fase decisionale ogni valutazione in merito alla sua rilevanza; - ritiene ammissibile e rilevante la prova testimoniale articolata dalla difesa del Sig. Campitelli limitatamente alla circostanza di cui al capitolo 6 della propria memoria e, per l’effetto, dispone l’escussione di due testi, presenti in loco, a scelta del deferito tra quelli indicati nella propria memoria, con esclusione dei Sig.ri Ercole Cimini e Gianluca Scacchioli, in quanto accreditati come rappresentanti della parte SS Teramo Calcio Srl e presenti al dibattimento, ammettendo il controesame richiesto da parte della difese dell’Ascoli Picchio FC 1898, dell’AS Gubbio 1910 e dell’FC Forlì; - rigetta la prova testimoniale articolata dalla difesa del Sig. Campitelli al capitolo 21 della propria memoria, in quanto inammissibile poiché l’unico teste indicato a rispondere sulla circostanza è il Sig. Ercole Cimini, accreditato come rappresentante della parte SS Teramo Calcio Srl e presente al dibattimento; - rigetta tutte le ulteriori istanze istruttorie svolte dai deferiti in quanto inammissibili ed irrilevanti; - rigetta le istanze di sospensione del dibattimento e di concessione di termine per il deposito di una memoria avanzata dalla difesa del Sig. Di Nicola, in quanto rispettivamente infondata ed inammissibile, poiché la parte aveva termine per depositare propri scritti, ai sensi dell’art. 41, comma 2 CGS, sino a tre giorni prima della data fissata per il dibattimento». Espletata e, quindi, dichiarata chiusa l’istruttoria dibattimentale il TFN ha invitato le parti a concludere. La Procura Federale ha chiesto la dichiarazione di responsabilità dei deferiti e l’irrogazione delle seguenti sanzioni: - Barghigiani Marco: affermata la responsabilità in ordine all’incolpazione contestatagli, inibizione di 4 (quattro) anni e 6 (sei) mesi e ammenda di € 70.000,00 (€ settantamila/00), così determinata: inibizione di 4 (quattro) anni e ammenda di € 60.000,00 (€ sessantamila/00) per l’illecito sportivo più 6 (sei) mesi e € 10.000,00 (€ diecimila/00) per le aggravanti. - Cabeccia Marco: affermata la responsabilità in ordine all’incolpazione cntestategli, squalifica di 6 (sei) mesi e ammenda di € 30.000,00 (€ trentamila/00). - Ceniccola Enrico: affermata la responsabilità in ordine all’incolpazione contestategli, inibizione di 6 (sei) mesi e ammenda di € 30.000,00 (€ trentamila/00). - Campitelli Luciano: affermata la responsabilità in ordine all’incolpazione contestatagli, inibizione di 5 (cinque) anni più preclusione alla permanenza in qualsiasi rango o categoria della FIGC e ammenda di € 80.000,00 (€ ottantamila/00), così determinata: inibizione di 5 (cinque) anni più preclusione e ammenda di € 70.000,00 (€ settantamila/00) per l’illecito sportivo più € 10.000,00 (€ diecimila/00) per le aggravanti contestate. - Dellepiane Aldo: affermata la responsabilità in ordine all’incolpazione contestatagli, inibizione di 5 (cinque) anni più preclusione alla permanenza in qualsiasi rango o categoria della FIGC e ammenda di € 80.000,00 (€ ottantamila/00), così determinata: inibizione di 5 (cinque) anni più preclusione e ammenda di € 70.000,00 (€ settantamila/00) per l’illecito sportivo più € 10.000,00 (€ diecimila/00) per le aggravanti contestate. - Di Giuseppe Marcello: affermata la responsabilità in ordine all’incolpazione contestatagli, inibizione di 4 (quattro) anni e 6 (sei) mesi e ammenda di € 70.000,00 (€ settantamila/00), così determinata: squalifica di 4 (quattro) anni e ammenda di € 60.000,00 per l’illecito sportivo più 6 (sei) mesi ed € 10.000,00 (€ diecimila/00) per le aggravanti contestate. - Corda Ninni: affermata la responsabilità in ordine all’incolpazione contestatagli, squalifica di 1 (uno) anno e 3 (tre) mesi ex art. 24 CGS. - Di Lauro Fabio, affermata la responsabilità in ordine alle incolpazioni contestategli, squalifica di 2 (due) anni e 3 (tre) mesi e ammenda di € 40.000,00 (€ quarantamila/00), così determinata: squalifica di 2 (due) anni e ammenda di € 25.000,00 (€ venticinquemila/00) per la violazione dell’art. 6, comma 1, CGS sub a) più, in continuazione, ulteriori 1 (uno) mese ed € 5.000,00 (€ cinquemila/00) per la violazione dell’art. 6, comma 5, CGS sub b) più, in continuazione, ulteriori 2 (due) mesi ed € 10.000,00 (€ diecimila/00) per la violazione dell’art. 7, comma 7, CGS sub c). - Di Nicola Ercole, affermata la responsabilità in ordine alle incolpazioni contestategli, inibizione di 4 (quattro) anni e 10 (dieci) mesi e ammenda di € 85.000,00 (€ ottantacinquemila/00), così determinata: squalifica di 4 (quattro) anni e ammenda di € 60.000,00 (€ sessantamila/00) per l’illecito sportivo sub a) più 6 (sei) mesi ed € 10.000,00 (€ diecimila/00) per le aggravanti sub a) più in continuazione ulteriori 3 (tre) mesi ed € 10.000,00 (€ diecimila/00) per la violazione dell’art. 6, comma 1, CGS sub b) più in continuazione ulteriori 1 (uno) mese ed € 5.000,00 (€ cinquemila/00) per la violazione dell’art. 6, comma 5, CGS sub c). - Matteini Davide: affermata la responsabilità in ordine all’incolpazione contestatagli, squalifica di 3 (tre) anni e 6 (sei) mesi e ammenda di € 60.000,00 (€ sessantamila/00), così determinata: squalifica di 3 (tre) anni e ammenda di € 50.000,00 (€ cinquantamila/00) per l’illecito sportivo più 6 (sei) mesi ed € 10.000,00 (€ diecimila/00) per le aggravanti contestate. - Pesce Giuliano: affermata la responsabilità in ordine all’incolpazione contestatagli, inibizione di 4 (quattro) anni e 6 (sei) mesi e ammenda di € 70.000,00 (€ settantamila/00), così determinata: inibizione di 4 (quattro) anni e ammenda di € 60.000,00 (€ sessantamila/00) per l’illecito sportivo più 6 (sei) mesi e € 10.000,00 (€ diecimila/00) per le aggravanti contestate. - Società SS Teramo Calcio s.r.l.: affermata a) la responsabilità diretta, ai sensi dell’art. 7, comma 2, e dell’art. 4, comma 1, CGS, in ordine agli addebiti contestati al proprio legale rappresentante Campitelli, con le aggravanti di cui all’art. 7, comma 6, CGS; b) la responsabilità oggettiva, ai sensi dell’art. 7, comma 2, e dell’art. 4, comma 2, CGS, in ordine agli addebiti contestati al proprio tesserato Di Giuseppe, con le aggravanti di cui all’art. 7, comma 6, CGS; c) la responsabilità presunta, ai sensi dell’art. 4, comma 5, del CGS; retrocessione all’ultimo posto in classifica nella stagione sportiva 2014/2015 più 20 (venti) punti di penalizzazione nel campionato di competenza nella stagione sportiva 2015/2016. - Società SS Barletta Calcio s.r.l.: affermata la responsabilità del suo tesserato, penalizzazione di 1 (uno) punto in classifica da scontare nella stagione sportiva 2015/2016. - Società L’Aquila Calcio 1927 s.r.l.: affermata la responsabilità del suo tesserato, penalizzazione di 1 (uno) punto in classifica da scontare nella stagione sportiva 2015/2016, più ammenda di € 40.000,00 (€ quarantamila/00). - Società SDARL Luparense San Paolo FC SSD (già ARL Atletico San Paolo Padova): affermata la responsabilità del suo tesserato, penalizzazione di 1 (uno) punto in classifica da scontare nella stagione sportiva 2015/2016. - la Società Savona Fbc s.r.l.: affermata la responsabilità dei suoi tesserati, si chiede la sanzione della retrocessione all’ultimo posto in classifica nella stagione sportiva 2014/2015, oltre 10 (dieci) punti di penalizzazione nel campionato di competenza nella stagione sportiva 2015/2016, più ammenda di € 30.000,00 (€ trentamila/00). I difensori dei deferiti hanno illustrato e integrato le proprie difese, precisando le rispettive proprie conclusioni, mentre i difensori delle società ammesse quali terze interessate hanno chiarito le ragioni del proprio intervento, insistendo nella dichiarazione di ammissibilità dello stesso. Al termine della discussione, il TFN, dichiarato chiuso il dibattimento, all’esito della camera di consiglio ha pronunciato la decisione impugnata dai reclamanti in epigrafe indicati, infliggendo le seguenti sanzioni: - Barghigiani Marco: Inibizione di 3 (tre) anni e 6 (sei) mesi ed ammenda di € 60.000,00 (€ sessantamila/00); - Cabeccia Marco: Squalifica di mesi 6 (sei) ed ammenda di € 30.000,00 (€ trentamila/00); - Ceniccola Enrico: Inibizione di mesi 6 (sei) ed ammenda di € 30.000,00 (€ trentamila/00); - Campitelli Luciano: Inibizione di 4 (quattro) anni ed ammenda di € 100.000,00 (€ centomila/00); - Corda Ninni: Squalifica di 2 (due) anni ex art. 24 CGS; - Dellepiane Aldo: Inibizione di 4 (quattro) anni ed ammenda di € 100.000,00 (€ centomila/00); - Di Giuseppe Marcello: Inibizione di 4 (quattro) anni ed ammenda di € 100.000,00 (€ centomila/00); - Di Lauro Fabio: Squalifica di anni 2 (due) e mesi 6 (sei) ed ammenda di € 40.000,00 (€ quarantamila/00). - Di Nicola Ercole: Inibizione di 5 (cinque) anni e preclusione alla permanenza in qualsiasi rango o categoria della FIGC oltre all’ammenda di € 100.000,0 (€ centomila/00); - Matteini Davide: Squalifica di anni 3 (tre) e mesi 6 (sei) oltre all’ammenda di € 60.000,00 (€ sessantamila/00); - Pesce Giuliano: Inibizione di anni 3 (tre) e mesi 6 (sei) ed ammenda di € 50.000,00 (€ cinquantamila/00); - SS Barletta Calcio s.r.l.: Penalizzazione di 1 (uno) punto in classifica da scontare nella stagione sportiva 2015/2016. - L’Aquila Calcio 1927 s.r.l.: Penalizzazione di 1 (uno) punto in classifica da scontare nella stagione sportiva 2015/2016; - SDARL Luparense San Paolo FC SSD (già ARL Atletico San Paolo Padova): Penalizzazione di 1 (uno) punto in classifica da scontare nella stagione sportiva 2015/2016. - Savona Fbc s.r.l.: Retrocessione all’ultimo posto in classifica nella stagione sportiva 2014/2015 ed ammenda di € 30.000,00 (€ trentamila/00). - SS Teramo Calcio s.r.l.: Retrocessione all’ultimo posto in classifica nella stagione sportiva 2014/2015 ed ammenda di € 30.000,00 (€ trentamila/00). Così, in sintesi, l’organo di prime cure riassume la vicenda in contestazione. «La gara in questione è Savona – Teramo, disputatasi il 2 maggio 2015 (penultima giornata del campionato di Lega Pro) e conclusasi con la vittoria della squadra abruzzese. Preliminarmente, si dà atto che, in data 1° luglio 2015, il tesserato Ninni Corda ha reso dichiarazioni confessorie alla Procura Federale, con le quali ha confermato di aver ricevuto proposte per alterare il risultato della gara in oggetto; di essersi incontrato, a tal fine, a Bisceglie con il Di Nicola ed il Di Giuseppe, incontro nel corso del quale il Di Nicola gli disse che il Teramo era disposto a corrispondere, come confermato dallo stesso Di Giuseppe, complessivamente settantamila euro; di avere avuto conferma che la “combine” fosse andata a buon fine nel corso di un incontro avuto, tra fine maggio ed inizio giugno 2015, con Barghigiani; di aver saputo, sempre dal Barghigiani, nel corso di detto incontro, che una parte dei soldi pagati dal Teramo per vincere la gara erano stati riscossi dal Presidente del Savona Dellepiane. Questa, in estrema sintesi, la vicenda, che ora meglio passiamo ad illustrare, andando a verificare e valutare gli specifici comportamenti dei tesserati deferiti, come risulta provata dalla documentazione agli atti. Il 27 aprile 2015 (quindi, appena cinque giorni prima dello svolgimento dell’incontro), il Direttore sportivo del Teramo, Marcello Di Giuseppe, contattava telefonicamente il Direttore sportivo dell’Aquila, Ercole Di Nicola, affinché questi, dietro compenso e grazie, evidentemente, alla sua nota rete di relazioni, “combinasse” il risultato della suddetta gara in favore del Teramo. La necessità di avere la certezza della vittoria nasceva, per il Teramo, dal volersi garantire, alla penultima giornata, la matematica vittoria del campionato di Lega Pro e, quindi, la promozione diretta in Serie B, in quel momento messa ancora più in forse dalla circostanza che l’ultima partita del torneo si sarebbe dovuta disputare contro la squadra seconda in classifica, cioè l’Ascoli. Quindi, un eventuale risultato negativo (pareggio o sconfitta) del Teramo contro il Savona, avrebbe consentito all’Ascoli, se vittorioso nella penultima giornata, di andarsi a giocare l’ultima partita con il Teramo avendo la possibilità, in caso di vittoria, di superarlo definitivamente in classifica. Da quel momento in poi, e fino a pochi minuti prima dell’inizio della gara, il Di Nicola, attraverso la propria rete di relazioni, organizzava la “combine”, contattando in prima persona, o attraverso i soggetti da lui stesso incaricati, quei tesserati (al momento non noti) che avrebbero dovuto portare, come in effetti hanno portato, ciascuno in ragione del proprio ruolo, al risultato della vittoria per il Teramo. In questo lasso di tempo, il Di Nicola si premurava di far avvicinare, prima, alcuni calciatori del Savona e, poi, a fronte del rifiuto di questi a prendere parte all’illecito, alzando il tiro, riusciva a fissare direttamente degli incontri tra i rappresentanti delle due Società. Una volta ottenuta conferma del raggiungimento della “combine”, e, quindi, che la gara avrebbe avuto l’esito sperato, il Di Nicola si attivava, con altri tesserati, anche per scommettere sul risultato della stessa. Raggiunto lo scopo, nei giorni immediatamente successivi allo svolgimento della partita, e fino alla data del 18 maggio 2015, il Di Nicola, a compimento della sua attività, si attivava e premurava che tutti i soggetti da lui coinvolti nella “combine” riscuotessero il compenso pattuito». Quanto ai singoli “apporti”, per quanto di rilievo ai fini della decisione del presente giudizio di appello, queste le motivazioni del Tribunale di primo grado. Ercole Di Nicola Il ruolo del Di Nicola, nell’intera vicenda, è decisivo. Nel contesto della “combine”, come ricordato, il Di Nicola assume il ruolo del “regista”, del soggetto a cui tutti fanno riferimento per organizzare e dirigere l’operazione, così da condurla all’esito prefissato. Il deferito entra in scena sin dall’inizio. Viene contattato, difatti, dal Di Giuseppe, Direttore sportivo del Teramo, in data 27 aprile 2015, alle ore 10.58, proprio per affidargli l’incarico di truccare il risultato della gara. La conversazione telefonica tra i due è paradigmatica di quello che poi sarà il vocabolario omertoso dell’intera vicenda. Il Di Giuseppe chiedeva al Di Nicola, evidentemente conosciuto dal primo per la sua capacità di “combinare” il risultato delle partite, di incontrarlo, da lì a qualche minuto, senza aggiungere altro, ed il secondo, nel raccogliere l’invito, si preoccupava di segnalare la necessità di incontrarsi in una “parte” dove non vi fosse “gente”. Avvenuto l’incontro tra i due - di cui possiamo logicamente evincere l’oggetto, alla luce di quanto accadrà nel prosieguo - il Di Nicola si attivava per riuscire a truccare il risultato della gara. É del giorno successivo, 28 aprile 2015, la conversazione tra il Di Nicola e Davide Matteini, tesserato del San Paolo Padova, dal primo contattato affinché, come si evince chiaramente in un successivo colloquio telefonico avuto tra i due il giorno 29 aprile 2015, alle ore 11.13, quest’ultimo avvicinasse i calciatori del Savona Cabeccia e Marchetti, conosciuti dallo stesso Matteini, con l’evidente intento di fargli “vendere” la partita (Di Nicola: “ci interessa Cabeccia e Marchetti … vai e vedi la disponibilità”, Matteini: “due denari”, Di Nicola: “no due denari, noi ci facciamo dare tre … ci facciamo dare in totale capito? … se riesci qualcosa in meno anche …”, Matteini: “quindi gli dico, va bé in due gli dico … io gli dico due denari”), tentativo, poi, andato a vuoto per il diniego implicito, del Marchetti, anche solo a parlare con il Matteini e di quello espresso, viceversa, dal Cabeccia, malgrado gli fosse stato offerto un corrispettivo di cinquantamila euro (Matteini: “… l’isolano aveva già un po’ capito la situazione … però hanno rifiutato dire … sono arrivato fino a 50 … ma loro hanno detto di no … no Davide non faccio niente … lui mi ha detto così … e quell’altro aveva già capito … quando gli ho detto che ti devo parlare di persona … e mi ha detto che non si è nemmeno presentato … ho provato a chiamarlo … ma non mi ha risposto … non vorrei”). E sono sempre ricomprese nei giorni 28 e 29 aprile 2015 le conversazioni telefoniche del Di Nicola con Marco Calleri (procuratore di calciatori), affinché gli fornisse notizie su Ninni Corda (all’epoca allenatore del Barletta, ma nel recente passato allenatore del Savona) per poterlo contattare al fine di fissare un immediato incontro; con Ninni Corda, per conoscere la disponibilità evidentemente dei giocatori o dei rappresentanti del Savona a vendere la partita (Di Nicola: “c’è apertura lì?”, Corda: “eh, … non lo so! Ah ma parli di loro!? no!”); per chiedergli la disponibilità a contattare qualcuno del Savona (Di Nicola: “allora, tu giacché stai su è meglio perché io non faccio parlare a Marco per l’operazione, tu … ci parli tu, hai capito?!”); per segnalargli l’urgenza di incontrarsi a strettissimo giro (Corda: “giovedì”, Di Nicola: “è tardi!”); per garantire il pagamento di un corrispettivo per lo stesso Corda e per tutti i soggetti coinvolti (Di Nicola: “vuoi chiedere due mani ti diamo due mani, hai capito?! … dobbiamo stare bene tutti!”); con Riccardo Leone, suo amico, a cui preannunciava il suo arrivo, nella serata del 29 aprile, a Barletta, per incontrarsi proprio con Ninni Corda; con Marcello Di Giuseppe, Direttore sportivo del Teramo, per incontrarlo personalmente ed aggiornarlo sullo stato dell’organizzazione della “combine” e per prendere accordi sulla trasferta a Barletta per incontrare il Corda. “Chiusa” questa prima fase, il 30 aprile 2015 se ne apre una seconda, nella quale Di Nicola “alza” il tiro, contattando, sempre per via telefonica, ed una volta avuto il via libera dal Di Giuseppe - a cui aveva comunicato l’esito negativo del contatto con i calciatori Marchetti e Cabeccia (Di Nicola: “Matteini, semaforo rosso, totale! … uno non si è presentato e l’altro niente da fare”), che, a sua volta, aveva evidentemente sentito in merito il Presidente del Teramo Luciano Campitelli (Di Giuseppe: “eh … io adesso sono stato da Campitelli dai Ercole lunedì … eh … tutto a posto”) - il “referente” del Savona, Marco Barghigiani, per fissare un incontro tra lo stesso Di Nicola, Barghigiani e Di Giuseppe in località Fabro, incontro tenutosi, di seguito, nel pomeriggio della stessa giornata del 30 aprile 2015. All’esito di quell’incontro, nella tarda serata del 30 aprile 2015, il Barghigiani invierà un messaggio sms al Di Nicola per comunicargli la disponibilità a chiudere l’affare (“Buonasera, ho sentito il Presidente e mi ha confermato la sua disponibilità di incontrare i tuoi amici imprenditori lunedì alle ore 09.00 nel suo ufficio. Attendo tua risposta perché domani dovrei vederlo e così posso confermare appuntamento. Buona serata”). Di Nicola, a quel punto, nella stessa serata contattava immediatamente Di Giuseppe ed ancora Barghigiani per avere, da parte di entrambi, le conferme richieste, e cioè che alla riunione partecipassero i rappresentanti delle due Società, e che i rappresentanti del Teramo si sarebbero presentati con il denaro richiesto. Ed è in questa fase che si inseriscono i contatti telefonici tra il De Nicola e Fabio Di Lauro (all’epoca, allenatore di base iscritto nei ruoli del Settore Tecnico della FIGC), finalizzati a scommettere sulla gara una volta raggiunta la certezza del risultato (Di Lauro: “Teramo vince? Che dici?”, Di Nicola: “Stiamo vedendo … ehe … sto aspettando loro”), poi riavuti, in prossimità del raggiungimento dell’accordo, sia con Di Lauro che con il Matteini proprio per scommettere sul risultato della vittoria del Teramo. Si arriva, quindi, al giorno della gara (2 maggio 2015). Alle ore 12.30, presso l’uscita autostradale di Albisola, in un bar denominato Ambra Cafè, si teneva l’incontro, organizzato dal Di Nicola, a cui partecipavano, per il Teramo, il Di Giuseppe ed il Campitelli, e, per il Savona, il Barghigiani ed Enrico Ceniccola (consulente del Presidente della Società Dellepiane), rimasto, però, mero “spettatore” della vicenda. L’incontro si concludeva con il perfezionamento dell’accordo, e con la previsione che il pagamento del corrispettivo pattuito sarebbe stato versato nelle settimane a seguire. Di questo, lo stesso Di Nicola si faceva garante nei confronti del Barghigiani (Barghigiani: “no, ti dicevo … va beh tutto a posto però, per ‘amor di Dio sei tu che garantisci la persona … però capisci bene che quando uno fa una cessione di quote un preliminare uno per lo meno dice: “ao mettimi per lo meno una forma di, di, di.. di quanto … di garanzia che me la prendi la Società” hai capito?!”, Di Nicola: “si, si, no no ma tu allora tu stai a posto ti garantisco io, stai tranquillo non ti”). Disputato l’incontro, e conclusosi con la vittoria del Teramo, il Di Nicola si attivava per ottenere la riscossione delle somme e perché tutti i soggetti da lui coinvolti ricevessero il corrispettivo pattuito. In questo senso, significative sono le conversazioni telefoniche avute con il Barghigiani (il 2 maggio 2015 alle ore 18.12, per dare conferma che il Teramo avrebbe rispettato l’impegno di pagare; l’11 maggio 2015 alle ore 13.30 ed alle ore 17.24, per riscuotere quanto pattuito), con il Campitelli (2 maggio 2015 alle ore 19.39: Campitelli “Ci vediamo domani a Roseto e ci prendiamo un caffè”); con il Di Giuseppe (il 13 maggio 2015 alle ore 19.35 ed il 18 maggio 2015 alle ore 10.31, conversazione che aveva ad oggetto proprio la suddivisione del corrispettivo tra alcuni dei soggetti coinvolti nella “combine”;). Alla luce della ricostruzione dei fatti sopra operata non vi è, quindi, alcun dubbio che Di Nicola debba essere riconosciuto responsabile di tutti gli addebiti contestatigli dalla Procura Federale . Marcello Di Giuseppe Il coinvolgimento del Direttore sportivo nell’illecito del Teramo è risultato provato. É lui, difatti, a contattare il Di Nicola, ed è lui a farsi parte attiva per trascinare nell’accordo lo stesso Presidente Campitelli, tenuto prudentemente ai margini della vicenda su indicazione dello stesso Di Nicola (conversazione del 2 maggio 2015, delle ore 8.47) evidentemente perché persona non avvezza a tali vicende. Ed è lo stesso Di Giuseppe che si incontra, nei giorni antecedenti alla gara, unitamente al Di Nicola, con il Corda, prima, e con il Barghigiani, poi, per arrivare a partecipare ai due incontri decisivi, ai fini del perfezionamento dell’accordo, tenutisi ad Albisola, poco prima e poco dopo il termine della gara (si vedano, sul punto, le dichiarazioni rese dal Barghigiani, in data 17 giugno 2015, in sede di interrogatorio alla Polizia giudiziaria). Poiché risulta provato che, attraverso la partecipazione agli incontri decisivi per la conclusione della combine, Di Giuseppe abbia posto concretamente in essere atti idonei ad alterare la gara, che integrano la fattispecie dell’illecito sportivo (illecito di mero pericolo a consumazione anticipata) risulta irrilevante la circostanza, dedotta dalla difesa dell’incolpato quale motivo di inammissibilità del deferimento, che non siano stati ad oggi identificati i soggetti, in particolare i calciatori che con il loro comportamento in campo avrebbero favorito il conseguimento del risultato alterato. Nessun riscontro oggettivo vi è, invece, agli atti in ordine alla presunta attività “di mercato” che, secondo la tesi difensiva, costituirebbe la motivazione delle telefonate e soprattutto della partecipazione agli incontri di cui si è fatto sopra cenno. Tale versione, di per sé inattendibile, è radicalmente contrastata e smentita dalle risultanze sopra riassunte, atteso che in alcun modo si possono reperire accenni a trattative di trasferimento di calciatori. Marco Barghigiani Per il Barghigiani vale quanto già indicato in merito alla posizione del deferito Di Giuseppe. É il Barghigiani, difatti, che, sotto la direzione del Di Nicola, “porta” il Savona a definire l’accordo illecito con il Teramo. Il Barghigiani, nella “combine”, è il rappresentante del Savona, ed è quello che garantisce al Di Nicola, ed al Di Giuseppe, la riuscita dell’accordo, concordandone in prima persona i termini economici. Ne definisce sommariamente i termini nelle varie conversazioni telefoniche intercorse con il Di Nicola, per poi prendere parte sia all’incontro “preparatorio”, tenutosi il 30 aprile 2015 con lo stesso Di Nicola ed il Giuseppe, che agli incontri finalizzati alla definizione dell’intesa, tenutosi ad Albisola il 2 maggio 2015. Successivamente, si adopera per la riscossione del corrispettivo pattuito e per il pagamento dei soggetti a lui indicati dal Di Nicola; ed è proprio l’intervento nella fase dei pagamenti a confermare il ruolo attivo svolto nella vicenda dell’illecito dal Barghigiani che deve, pertanto, essere dichiarato responsabile della violazione contestatagli. Luciano Campitelli La prova del coinvolgimento (che, da quanto risulta dagli atti processuali, è sembrato più determinato da un’opera di convincimento effettuata dal Di Giuseppe, che da una disponibilità propria del Campitelli a prendevi parte) del Presidente del Teramo è data dalle dichiarazioni del Barghigiani, da un lato, e del Di Giuseppe, dall’altro. É il Barghigiani, difatti, che nel corso dell’interrogatorio reso alla Procura Federale in data 17 giugno 2015, conferma che il Campitelli fosse stato presente ai due incontri tenutisi ad Albisola prima e dopo l’incontro, nei quali vennero perfezionati i termini dell’illecito. Ed è Di Giuseppe, nella conversazione telefonica avuta il 30 aprile 2015, alle ore 11.35, con il Di Nicola, a lasciare intendere che aveva avuto l’assenso ad andare avanti dal proprio Presidente (Di Giuseppe: “io adesso sono stato a Campitelli dai Ercole lunedì … eh … tutto a posto …”). In merito, poi, alla partecipazione del Campitelli all’incontro, tenutosi nella mattinata del 2 maggio 2015, ad Albisola, ulteriore conferma ne è venuta dalle prove testimoniali raccolte in corso di dibattimento, con i testi Fabio Mignini e Pasqualino Testa, dirigenti del Teramo Calcio. Entrambi i testimoni, difatti, pur nella parziale diversità di orari indicati, hanno confermato che, intorno alle ore 12.00 del 2 maggio 2015, il Campitelli si assentava, per andare a riposare nella propria stanza nell’albergo dove alloggiava, per poi ricomparire intorno alle ore 13.00, quando la squadra, unitamente allo staff tecnico ed ai dirigenti, si dirigeva verso lo stadio del Savona. Ora, mentre il dato che il Campitelli si sia isolato da tutti, facendo rientro nella propria stanza per un’ora o più (a seconda dell’indicazioni date dall’uno o dall’altro teste) è poco credibile, visto il momento di particolare concitazione che viveva, nelle ore prossime ad un incontro così decisivo, la squadra e tutta la rappresentanza del Teramo, le dichiarazioni confermano che il Campitelli si sia comunque assentato, proprio nell’intervallo temporale in cui si è tenuto l’incontro nella vicina Albisola, dall’albergo, rendendo logicamente certa la sua partecipazione a detto incontro. Ma quello che rende ancora più sicura la sua partecipazione all’illecito, è proprio la circostanza che il Campitelli abbia reincontrato, dopo la gara, e sempre ad Albisola, il Barghigiani, incontro a cui non avrebbe avuto motivo di partecipare, se non per ribadire i termini dell’accordo illecito, stante che il Barghigiani era stato da lui conosciuto solo la mattina dello stesso giorno e non vi era alcun motivo plausibile che, di ritorno verso Teramo, in cui l’intera squadra era attesa dalla cittadinanza in festa, si fermasse nuovamente per ricontrarlo. A tutto ciò si aggiunge un ulteriore elemento logico, e cioè che l’accordo prevedeva il pagamento di un ingente corrispettivo, che, presumibilmente poteva essere messo a disposizione solo dal socio di riferimento del Teramo, e non certo da altri soggetti. Senza tenere conto che, per la riscossione del proprio compenso, il Di Nicola (si veda la conversazione telefonica delll’11 maggio 2015, delle ore 17.24, tra il Di Nicola ed il Barghigiani) si recava proprio dal Campitelli. Aldo Dellepiane Il coinvolgimento del Presidente del Savona è provato dal contenuto del messaggio sms del 30 aprile 2015, delle ore 22.29, inviato dal Barghigiani al Di Nicola, in cui il primo scriveva: “ho sentito il Presidente e mi ha confermato la sua disponibilità …”. Inoltre, la sua partecipazione all’illecito è confermata anche dalle dichiarazioni rese dal Corda alla Procura Federale in data 1° luglio 2015, nella quali dà atto di aver saputo, dal Barghigiani - nel corso di un incontro con questi avuto a fine maggio, inizio giugno 2015 - che una parte dei soldi pagati dal Teramo per vincere la gara erano stati riscossi dal Dellepiane. Il deferito, nella pregevole memoria depositata dal suo difensore, ha eccepito che, attesa la situazione di classifica del Savona al momento della gara contro il Teramo, non è pensabile che il Dellepiane abbia rischiato di provocare la retrocessione della propria squadra a fronte del percepimento di una modesta somma di denaro. Ma, a prescindere dall’entità del “pretium sceleris” pagato dal Teramo e ripartito tra i partecipanti all’illecito, che peraltro secondo la ricostruzione della Procura Federale potrebbe oscillare tra 70.000,00 e 90.000,00 euro (si vedano le telefonate del 30 aprile tra Di Nicola e Di Giuseppe nel corso delle quali si ipotizza un incontro alle 7 o alle 9 del mattino), la responsabilità del Dellepiane trova conferma nelle affermazioni del Barghigiani riguardo alla disponibilità del “Presidente”. Vi è inoltre un argomento logico, sempre legato alla posizione del Barghigiani il quale, non essendo tesserato per il Savona ma operando in qualità di “consulente”, non poteva assumere alcun impegno in proprio nei confronti di Di Nicola e Di Giuseppe ma fungeva semplicemente da tramite nei confronti del Dellepiane che era il solo ad avere poteri decisionali in Società. Si può anche aggiungere che, malgrado la diversa opinione della difesa, l’sms del Barghigiani, visto nel contesto dei fittissimi contatti telefonici intervenuti tra il predetto e il Di Nicola con riferimento alla gara che in programma pochi giorni dopo, non può che riferirsi al Presidente della Società Savona. Il Dellepiane deve quindi essere dichiarato responsabile della violazione contestatagli. Davide Matteini È il Matteini, su incarico del Di Nicola, a cercare di prendere contatti con i calciatori del Savona Marchetti e Cabeccia, al fine di “truccare” l’incontro. Ed il Matteini, dopo che il suo tentativo non aveva avuto esito, per il rifiuto del Cabeccia e per la mancata possibilità di avanzare addirittura una qualche proposta al Marchetti, a ricontattare il Di Nicola, il 2 maggio 2015, alle ore 12.56, per avere la conferma della “combine”, così da poter scommettere sul risultato della vittoria del Teramo. Del tutto priva di riscontro è la versione alternativa proposta dalla difesa, poiché risulta dagli atti che il Matteini, all’epoca degli accadimenti, era calciatore tesserato per la Società Luparense e si trovava quindi nella impossibilità di svolgere in concreto l’attività di procuratore e di proporre al Cabeccia un ingaggio per la Società L’Aquila (versione altresì contrastata dallo stesso calciatore, il quale ha dichiarato di aver ricevuto la proposta di andare a giocare all’estero). Il reale contenuto delle proposte rivolte al Cabeccia si evince, come detto sopra, dalle conversazioni telefoniche intercettate tra Di Nicola e Matteini, a nulla rilevando che Cabeccia, con finalità chiaramente strumentali, abbia dichiarato di non aver ricevuto offerte di denaro. Gli atti compiuti da Matteini appaiono quindi univocamente diretti all’alterazione dello svolgimento della gara Savona – Teramo e sono causalmente idonei allo scopo, essendo evidente che l’eventuale adesione di Cabeccia alla proposta avrebbe agevolato il perseguimento della finalità illecita .All’affermazione della responsabilità di Matteini per illecito sportivo il Tribunale ritiene quindi di poter addivenire anche prescindendo dall’utilizzazione di atti acquisiti successivamente alla chiusura delle indagini. Giuliano Pesce Il Pesce è una figura minore in questa vicenda, il cui ruolo si definisce nel corso di tre telefonate avute da quest’ultimo con il Di Nicola, rispettivamente il 1° maggio 2015 alle ore 11.19 (nella quale il Di Nicola gli chiedeva di garantire i termini dell’intesa con i rappresentanti del Savona), l’11 maggio 2015, alle ore 19.33 (nella quale reclamava dal Di Nicola il compenso pattuito – cinquemila euro – per la sua partecipazione all’illecito) ed il 12 maggio 2015, alle ore 9.32 (nella quale si lamentava di aver ricevuto dal Barghigiani l’importo di mille euro, di gran lunga inferiore a quello pattuito). Successivamente, in data 17 maggio 2015 il Pesce riceveva un messaggio sms dal Di Nicola, con cui questi lo avvisava che il giorno seguente avrebbe riscosso la parte di compenso che gli spettava, ed il 18 maggio 2015 un secondo sms dal Di Nicola, con cui questi lo avvisava di contattare il Di Giuseppe per riscuotere il pattuito. In definitiva sussistono indizi gravi, precisi e concordanti in ordine alla partecipazione del Pesce all’illecito, tanto è vero che tra i partecipanti alla combine è sorta anche qualche discussione riguardo all’entità del compenso promessogli, ritenuta eccessiva rispetto alla rilevanza degli atti compiuti. Figura secondaria quella del Pesce, come si è detto sopra, ma in ogni caso partecipe con un ruolo attivo nella realizzazione dell’illecito. Enrico Ceniccola Ceniccola è presente, con Barghigiani, ai due incontri avuti ad Albisola con i rappresentanti del Teramo. La prova della sua presenza è data sia dalle dichiarazioni rese dal Barghigiani, in sede di interrogatorio, alla P.G. di Catanzaro in data 17 giugno 2015, sia dalle dichiarazioni rilasciate dal Ceniccola alla Procura Federale in data 15 luglio 2015, nelle quali conferma di essere stato presente a detti incontri, pur dando atto di non aver partecipato ad alcun accordo illecito. Risulta ancora dagli atti la presenza del Ceniccola, ammessa dallo stesso incolpato in sede di audizione della P.F., ad un pranzo con Di Nicola svoltosi a Roseto degli Abruzzi circa 15 giorni prima della gara Savona – Teramo. É vero che non è dato rinvenire alcun elemento di prova del compimento da parte sua di atti configurabili come illecito, ma la presenza a tutti gli incontri “determinanti” vale ad affermare che egli era sicuramente a conoscenza della combine ed ha omesso di denunciarla. Le modalità di tempo, luogo e durata dell’incontro svoltosi all’uscita autostradale di Albisola il 2 maggio 2015 poco prima della disputa della gara portano ad escludere che in tale incontro Ceniccola possa aver svolto, come sostenuto dall’incolpato in sede di audizione e dal suo difensore nella memoria depositata, attività finalizzate alla cessione di quote della Società Savona. Di fatto lo stesso Ceniccola, nel corso dell’audizione tenutasi il 15.7.2015 ha dichiarato: “In data 02/05/15 confermo di aver visto il Signor Di Giuseppe e di non aver parlato con alcuno di cessione delle quote societarie”. Deve, pertanto, essere affermata la responsabilità del Ceniccola per omessa denuncia ai sensi dell’art. 7 comma 7 del C.G.S.. Ninni Corda Il coinvolgimento del Corda, oltre ad essere provato dalla documentazione agli atti, è risultato confermato dalle dichiarazioni collaborative dallo stesso rese alla Procura Federale, che, ai sensi dell’art. 24 CGS, così come richiesto dalla stessa Procura Federale, comportano una riduzione della sanzione che deve essere irrogata in seguito all’accertamento della responsabilità dell’incolpato. Fabio Di Lauro Il Di Lauro non prende parte all’illecito, ma, avutane conferma dal Di Nicola, scommette sul risultato della gara (conversazione telefonica del 2 maggio 2015, delle ore 12.25). Dal testo della conversazione intercettata si evince non solo l’attività svolta dall’incolpato ai fini delle scommesse, anche di cospicuo importo, nell’interesse del Di Nicola, ma anche la consapevolezza da parte dello stesso che la scommessa era “sicura” perché il risultato era stato “accomodato”. Ciò risulta evidente dalle espressioni usate dal Di Nicola: “Ci sto lavorando dobbiamo aspettare un attimo….sto lavorando…” e subito dopo: “vai tranquillo…se ti dico una cosa è quella..”. Il Di Lauro deve, pertanto, essere dichiarato responsabile di tutte le infrazioni contestategli, ai sensi degli articoli 6 comma 1, 6 comma 5 e 7 comma 7 del CGS. Marco Cabeccia Vi è la prova che Matteini contattò il calciatore Cabeccia del Savona, arrivando a proporre addirittura cinquantamila euro, per alterare il risultato della gara, e che il Cabeccia rifiutò di prendere parte alla “combine”. Ne discende la responsabilità del deferito per omessa denuncia, alla Procura Federale, dell’illecito. La versione alternativa proposta dalla difesa, che ipotizza l’inattendibilità del Matteini dipingendolo come millantatore, è priva di verosimiglianza e di riscontri. Ed infatti, a parte le insignificanti contraddizioni del Matteini in merito all’effettivo incontro con Cabeccia, risulta appurato con certezza, avendolo ammesso lo stesso calciatore in sede di audizione avanti alla Procura Federale, che Matteini telefonò a Cabeccia e che questi lo richiamò, avendo appreso dalla propria moglie che l’ex compagno di squadra lo aveva cercato. Quanto al contenuto della conversazione telefonica intercorsa tra i due, esso non può non coincidere con la proposta di illecito, così come concordato tra Matteini e Di Nicola nelle conversazioni telefoniche di cui si è detto, attese anche la contraddittorietà e l’inverosimiglianza delle versioni fornite dai due interlocutori (secondo Matteini il contatto col calciatore era finalizzato a proporgli l’ingaggio con la Società L’Aquila, peraltro mai adombrato nelle telefonate tra Di Nicola e Matteini, mentre Cabeccia afferma che gli sarebbe stata prospettata genericamente l’opportunità di andare a giocare “all’estero”. In conclusione, risulta provato con ragionevole certezza che Cabeccia rifiutò la proposta ma venne comunque a conoscenza dell’illecito, omettendo di denunciarlo agli organi competenti. SS Teramo Calcio Srl Deve essere riconosciuta, a carico del Teramo: - la responsabilità diretta, ai sensi dell’art. 7, comma 2 e dell’art. 4, comma 1, CGS, in ordine agli addebiti contestati al proprio legale rappresentante, Luciano Campitelli, con le aggravanti, di cui all’art. 7, comma 6, CGS, della effettiva alterazione dello svolgimento e del risultato della gara, nonché del conseguimento del vantaggio in classifica; - la responsabilità oggettiva, ai sensi dell’art. 7, comma 2 e dell’art. 4, comma 2, CGS, in ordine agli addebiti contestati al proprio tesserato Di Giuseppe, con le aggravanti, di cui all’art. 7, comma 6, CGS, della effettiva alterazione dello svolgimento e del risultato della gara, nonché del conseguimento del vantaggio in classifica; - la responsabilità presunta, ai sensi dell’art. 4, comma 5, CGS, per l’illecito sportivo commesso a proprio vantaggio da persone ad essa estranee in occasione della gara de qua. Savona Fbc s.r.l.Deve essere riconosciuta, a carico del Savona: - la responsabilità diretta, ai sensi dell’art. 7, comma 2 e dell’art. 4, comma 1, CGS, in ordine agli addebiti contestati al proprio legale rappresentante, Aldo Dellepiane, con le aggravanti, di cui all’art. 7, comma 6, CGS, della effettiva alterazione dello svolgimento e del risultato della gara, nonché del conseguimento del vantaggio in classifica; - la responsabilità oggettiva, ai sensi dell’art. 7, comma 2 e dell’art. 4, comma 2, CGS, in ordine agli addebiti contestati a Marco Barghigiani, con le aggravanti, di cui all’art. 7, comma 6, CGS, della effettiva alterazione dello svolgimento e del risultato della gara, nonché del conseguimento del vantaggio in classifica;- la responsabilità oggettiva, ai sensi dell’art. 4, comma 2, CGS, in ordine agli addebiti contestati al proprio tesserato Marco Cabeccia, con riferimento alla violazione dell’art. 7, comma 7, CGS; - la responsabilità oggettiva, ai sensi dell’art. 4, comma 2, CGS, in ordine agli addebiti contestati al proprio tesserato Enrico Ceniccola, con riferimento alla violazione dell’art. 7, comma 7, CGS. SS Barletta Calcio s.r.l. Deve essere riconosciuta, a carico del Barletta, la responsabilità oggettiva, ai sensi dell’art. 7, comma 2 e dell’art. 4, comma 2, CGS, in ordine agli addebiti contestati al proprio tesserato Ninni Corda. L’Aquila Calcio s.r.l. Deve essere riconosciuta, a carico dell’Aquila, la responsabilità oggettiva, ai sensi dell’art. 7, comma 2 e dell’art. 4, comma 2, CGS, in ordine agli addebiti contestati al proprio tesserato Ercole Di Nicola. SSDARL Atletico San Paolo Padova oggi SSDARL Luparense San Paolo F.C.Deve essere riconosciuta, a carico della Luparense, la responsabilità oggettiva, ai sensi dell’art. 7,comma 2 e dell’art. 4, comma 2, CGS, in ordine agli addebiti contestati al proprio tesserato DavideMatteini».Quanto alle sanzioni il Tribunale da atto di essersi «attenuto ai minimi edittali vigenti all’epoca deifatti, con applicazione delle aggravanti ove contestate.Per quanto riguarda le Società Teramo e Savona il Tribunale, tenuto conto di tutte le circostanze, haritenuto congrua ed afflittiva con riferimento a tutte le violazioni contestate la sanzione della retrocessioneall’ultimo posto in classifica accompagnate dalla sanzione pecuniaria dell’ammenda nella misura indicatain dispositivo.Per quanto attiene alla responsabilità oggettiva il Tribunale ha ritenuto di mantenerne fermal’applicazione anche in caso di Società estranee alle gare in relazione alle quali il loro tesserato è statosanzionato per illecito sportivo. Tuttavia la sanzione è stata contenuta nel minimo edittale dellapenalizzazione di un solo punto, nonostante la contestazione di aggravanti, attesa la peculiarità della fattispecie ed in adesione alle decisioni emesse anche di recente dagli Organi della giustizia sportiva sul punto». I reclami e gli interventi Come detto, avverso la suddetta decisione del TFN hanno proposto, come in atti rappresentati e difesi, separati ricorsi i sigg.ri Ninni Corda, Giuliano Pesce, Davide Matteini, Ercole Di Nicola, Fabio Di Lauro, Aldo Dellepiane, Marco Cabeccia, Enrico Ceniccola, Marco Barghigiani, Luciano Campitelli, Marcello Di Giuseppe, nonché le società Sdarl Luparense San Paolo FC SSD, L’Aquila Calcio 1927 s.r.l., Savona Fbc s.r.l., SS. Teramo Calcio s.r.l.. Di seguito si da atto dei motivi delle decisioni dei predetti ricorsi. Anzitutto, una sintesi delle deduzioni difensive e delle conclusioni dei reclamanti. Il sig. Ninni Corda, con ricorso proposto con la difesa dell’avv. Annalisa Roseti, evidenzia come «abbia sin dalla sua prima convocazione, innanzi agli organi della Procura federale, deciso di prestare piena e fattiva collaborazione per squarciare il velo di omertà che tutt’ora avvolge il mondo del calcio. Le circostanze rilevate agli inquirenti federali dal Corda hanno fornito utili riscontri per l’accertamento dei fatti contestati agli altri deferiti ed hanno altresì permesso la scoperta di ulteriori ipotesi delittuose, sconosciute finanche alla Procura di Catanzaro». Ricorda, ancora, il ricorrente Corda, di essere stato «il solo, tra più di 30 deferiti, che ha deciso con coscienza ed umiltà di collaborare fattivamente per la scoperta della verità».Si duole, dunque, Ninni Corda, del fatto che «evidentemente tale comportamento», pur positivamente apprezzato e valutato dalla Procura federale, «non è stato riconosciuto come tale dall’organo giudicante di prime cure che, a contrariis, ha inteso appesantire, immotivatamente, la sanzione da irrogare all’odierno appellante». Deduce, il ricorrente, che i giudici di prime cure, pur riscontrando le attenuanti di cui all’art.24 CGS, lo hanno condannato alla sanzione di due anni di squalifica, così inasprendo la richiesta della Procura federale e, dunque, censura la mancata considerazione del fattivo spirito di collaborazione per l’accertamento della verità dei fatti, che avrebbe contribuito a rompere il muro di omertà che connota detto genere di condotte illecite, attraverso confessioni, a suo dire, determinanti. Nel corso del procedimento il difensore di Corda ha depositato copia di un verbale di conciliazione redatto in data 1°giugno 2015 dinanzi al Tribunale di Savona – Sezione Lavoro nella causa iscritta a R.G. n.196/2015 tra Corda e Savona Fbc s.r.l. relativa ad una transazione inter partes concernente la definizione di tutte le loro controversie economiche, peraltro risalenti ad epoca precedente ai fatti contestati nel presente procedimento. Lamenta, in conclusione, il ricorrente, l’eccessività della sanzione, oltre che «l’assoluta mancanza di motivazione relativa all’applicazione della pena in capo all’odierno ricorrente» e chiede di «rimodulare la pena», riducendo la squalifica «ad anni 1 e mesi 3 così come richiesto dalla Procura federale tenuto conto sia degli applicabili benefici di cui all’art. 24 CGS che della riduzione per la continuazione con il proc. 859 bis pf». Il sig. Giuliano Pesce, assistito dall’avv. Massimo Carignani, reiterando l’eccezione già formulata in primo grado, insiste sulla preliminare istanza di stralcio della propria posizione in relazione alla mancata completa conoscenza delle dichiarazioni rese da Ninni Corda in data 30.7.2015, prodotte dalla Procura federale con la presenza di molti “omissis”, che andrebbero a detrimento della difesa del medesimo ricorrente. Non si può a tal proposito affermare, a dire del predetto ricorrente, «che tali dichiarazioni non mutano il quadro probatorio», considerato che, laddove conosciute «avrebbero potuto determinare un diverso orientamento e una tesi difensiva diversa». Non è vero, si legge, ancora, nel reclamo Pesce, che lo stesso abbia preso parte alla combine di cui trattasi e non è vero che è legato al Parma, visto che «l’ultimo contratto di collaborazione tra il Parma Calcio ed il Pesce Giuliano risulta scaduto nel febbraio 2013». Del resto, prosegue il reclamante, «la stessa sentenza del TFN definisce Pesce Giuliano una figura minore di tutta questa vicenda e solo dall’interpretazione delle telefonate “ad usum delphini” si può ipotizzare» una sua cooperazione nell’alterazione dell’esito della gara Savona – Teramo. Il ricorrente evidenzia, poi: di non essere stato presente alla gara in questione, essendo a vedere la gara di serie B Perugia – Trapani; di non essere stato in contatto quel giorno con Di Nicola, Di Giuseppe e Barghigiani; che tutti gli atleti del Savona escussi hanno dichiarato di non conoscerlo. Insomma, a dire del ricorrente, è attestato «inequivocabilmente» che lo stesso «non ha partecipato ad alcun incontro tra i soggetti sopra menzionati e l’unica sua presenza viene in qualche modo fuori il 30.04.2015 a Fabro quando sta in disparte ed assiste casualmente all’incontro tra Barghigiani Di Giuseppe e Di Nicola ed è forse in tale occasione, viste anche le segnalazioni di atleti tesserati nella corrente stagione con il Teramo Calcio, Colappichioni e Loreti, che in caso di vittoria del campionato del Teramo Pesce Giuliano avrebbe avuto un suo proprio riconoscimento». Conclude, quindi, nel merito, il ricorrente, chiedendo, in via principale, il proscioglimento e, in via subordinata, l’applicazione dell’art. 7, comma 7, CGS o, in ulteriore subordine, l’esclusione dell’aggravante e la riduzione della sanzione inflitta dal TFN. La società Luparense San Paolo Football Club Ssd a r.l., come rappresentata ed assistita dall’avv. Leonardo Rebecchi, contesta quella che definisce una condanna «tanto iniqua quanto illogica», basata su «una superficiale valutazione degli elementi probatori offerti dalla Procura federale unita ad una errata interpretazione della vicenda da parte dell’Organo di primo grado che non ha saputo cogliere le specificità proprie» della fattispecie. In particolare, la predetta reclamante società lamenta il fatto che si sia giunti alla condanna della stessa a titolo di responsabilità oggettiva per un illecito relativo ad una gara del 2 maggio 2015, laddove sin «da gennaio 2015 il tesserato è rientrato presso il suo domicilio sito in Livorno, via Roma 111, come comprovato dalla documentazione dimessa in atti e come dallo stesso dichiarato all’udienza del 12.8.15 innanzi al TFN». Precisa, in tal ottica, la società Luparense, che di fatto, nel gennaio 2015, si trovava nell’impossibilità di trasferire e/o cedere il giocatore «essendo decorsi tutti i termini utili previsti dalle N.O.I.F.». In altri termini, questo, in sintesi, l’assunto difensivo:Matteini all’epoca dei fatti era sì formalmente tesserato con la società, ma di fatto non più a disposizione della stessa da 4 mesi;L’Atletico San Paolo Padova non era in grado di porre in essere nei confronti del suo tesserato quell’attività di prevenzione e controllo nella commissione di fatti che compromettono la regolarità nello svolgimento delle gare, atteso che Matteini non si è più presentato in società ed al campo di allenamento da gennaio 2015.Occorre un esame sostanziale e non formalistico del legame tra Luparense e Matteini. In ogni caso, poi, la società ricorrente deduce nullità, annullabilità e/o inefficacia della decisione impugnata per omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione. Per queste ragioni la Luparense chiede la riforma della decisione impugnata e, nella denegata ipotesi in cui fosse ritenuta responsabile di qualsiasi violazione, l’applicazione della sanzione minima. Il sig. Davide Matteini, difeso dall’avv. Pietro Gigliotti, con elaborato gravame, ha impugnato la sanzione adottata nei suoi confronti in prime cure (squalifica per anni 3 e mesi 6, nonché ammenda di euro 60.000,00) deducendo preliminarmente violazione dell’art. 41, comma 6, CGS, in relazione all’art. 37, comma 4, stesso codice, con conseguente nullità della decisione per violazione del contraddittorio ed omessa pronuncia. Il calciatore deduce altresì l’erroneità della statuizione di primo grado per inesatta disamina ed interpretazione delle risultanze processuali. Secondo il reclamante «l’impugnato provvedimento perviene ad un infondato ed immotivato accoglimento del deferimento proposto dalla Procura federale attraverso una acritica ricezione delle argomentazioni ivi formulate eludendo, del tutto erroneamente ed omettendo un corretto e completo scrutinio del materiale probatorio assunto nel giudizio di primo grado, le argomentazioni difensive svolte nel corso del dibattimento di carattere confutatorio in relazione all’incolpazione formulata a carico del tesserato Davide Matteini». La ritenuta responsabilità del calciatore risulterebbe fondata «su una mera elaborazione interpretativa rimasta tuttavia priva di riscontro». Deduce, inoltre, la difesa del reclamante: Difetta la prova della consapevolezza di Matteini di partecipare, mediante la condotta dallo stesso realizzata, all’attuazione di un illecito sportivo;L’organo di prime cure ha «totalmente eluso le dichiarazioni rese dal tesserato Matteini nel corso della riunione del 12 agosto 2015»;Alessandro Marchetti esclude che Matteini gli abbia rappresentato tentativi di combine in ordine alla gara Savona – Teramo del 2 maggio 2015;Marco Cabeccia esclude categoricamente che il contenuto della conversazione intercorsa con Davide Matteini avesse ad oggetto una proposta di combine, confermando che nella stessa non si è parlato di somme di denaro, ma solo di possibili prospettive lavorative; Matteini di fatto non svolgeva più attività per la Luparense e considerato il nuovo regolamento per i servizi di procuratore sportivo a far data dal 1 aprile 2015, «nessuna incompatibilità allo svolgimento dell’attività di procuratore sportivo precludeva l’operato e le condotte del Matteini»; Fabio Eguelfi ha dichiarato «di non aver “… mai avuto il minimo sospetto che Marchetti e Gabeccia (id est, Cabeccia) fossero stati avvicinati e fatti oggetto di proposte di alterazione della gara Savona – Teramo”»; Anche il calciatore Jacopo Galimberti ha dichiarato di non conoscere Matteini e «di non essere “… a conoscenza di tentativi di combine effettuati nei loro confronti (id est, Marchetti e Cabeccia)”»;«Nessun riscontro oggettivo emerge dal compendio probatorio raccolto in dibattimento atteso chei brogliacci di ascosto operati da parte degli inquirenti non possono essere considerati come dirimenti aifini dell’accertamento della contestata responsabilità disciplinare atteso che il dato letterale della riferita telefonata non assume quella rilevanza probatoria sufficiente ad ascrivere, anche in termini di probabilità, un giudizio di responsabilità quant’anche di mera natura disciplinare: in tale ottica la valutazione deve connotarsi per assenza di ambiguità in modo che la ricostruzione del contenuto delle intercettazioni non lasci margini di dubbio sul significato dei colloqui intercettati». Ciò ritenuto assorbente, la difesa del reclamante ritiene che, «ragioni di mero scrupolo difensivo, correlato all’effetto del proposto gravame, impongono di rilevare che laddove dovesse ritenersi una qualche responsabilità nella condotta realizzata dall’odierno ricorrente nella vicenda in esame – ma per quanto in precedenza rilevato lo si esclude – la stessa deve essere ricondotta nella diversa fattispecie di cui all’art. 7, VII° comma, CGS della c.d. omessa denuncia di atti costituenti illecito sportivo». Infatti, si legge in reclamo, «nel ribadire la carenza di consapevolezza del Matteini di contattare i calciatori del Savona Calcio Fbc s.r.l. per fini diversi, financo illeciti, da quelli dallo stesso intesi al momento della richiesta formulata dal Di Nicola, nonché l’inidoneità della telefonata fatta al Cabeccia per la realizzazione del ritenuto illecito sportivo, gli sviluppi dei rapporti telefonici tra il dirigente abruzzese e l’odierno ricorrente potrebbero in effetti far ritenere, con sufficiente certezza, che lo stesso nelle more fra il primo colloquio avuto con i calciatori e la telefonata successivamente intercorsa con il Di Nicola il giorno della partita Savona – Teramo, sia venuto a conoscenza che il dirigente abruzzese stesse ordendo la combine della partita». Ciò «avrebbe dovuto indurre il tesserato Matteini a denunciarne la notizia alla Procura federale presso la FIGC». Lamenta, infine, il sig. Matteini l’errata contestazione delle aggravanti ex art. 7, comma 6, CGS. Infatti, detta aggravante non sarebbe applicabile allo stesso «atteso che, come affermato nella medesima decisione qui impugnata, il presunto tentativo di combine asseritamente posto in essere dal Matteini non è andato a buon fine come espressamente affermato a pag. 14 del provvedimento emesso dai primi giudici», né sarebbe emersa «alcuna attinenza o collegamento tra l’odierno ricorrente e le società Teramo e Savona» o «una qualche contiguità tra il Matteini ed i dirigenti delle società del Teramo che potesse in qualche modo giustificare una condotta agevolatrice della supposta combine». Sulla base di queste argomentazioni, articolatamente sviluppate in reclamo, queste le conclusioni: in via preliminare, annullarsi la decisione; in via principale, riformarsi la decisione medesima e prosciogliere Davide Matteini dall’incolpazione formulata a suo carico; in via subordinata, previa riqualificazione giuridica del fatto, derubricare la fattispecie di illecito sportivo ex art. 7, commi 1 e 2, CGS nella diversa fattispecie di omessa denuncia ex art. 7, comma 7, CGS, con ogni conseguente determinazione anche in ordine al trattamento sanzionatorio; in via di ulteriore subordine, ridurre la sanzione nei minimi edittali, escludendo l’aggravante di cui all’art. 7, comma 6, CGS. La società L’Aquila Calcio 1927 s.r.l., come rappresentata e difesa dagli avv.ti Flavia Tortorella e Marco De Paulis, propone reclamo avverso la decisione del TFN di sanzionare la reclamante con la penalizzazione di un 1 (uno) punto in classifica, da scontare nella stagione sportiva 2015/2016, per responsabilità oggettiva ex art. 7, comma 2 ed art. 4, comma 2 del CGS in ordine agli addebiti contestati al proprio tesserato Ercole Di Nicola, con le aggravanti di cui all’art. 7, comma 6, stesso codice. Lamenta, anzitutto, la reclamante società, omessa motivazione su un punto decisivo della controversia e manifesta illogicità della pronuncia. In tale prospettiva, evidenzia, in particolare, la reclamante società, come «al momento della presunta consumazione dell’illecito (tempus commissi delicti) si era già verificata la risoluzione del rapporto di lavoro che legava il tesserato» Ercole Di Nicola alla società L’Aquila Calcio, anche alla luce delle dimissioni dallo stesso formulate in qualità di responsabile del settore tecnico in data 21 febbraio 2015. A dire della reclamante, deve essere, infatti, esclusa la responsabilità oggettiva della società «in tutti quei casi in cui non sia ravvisabile nella fattispecie un sia pur minimo collegamento, in termini di disvalore del fatto, fra la condotta concretamente posta in essere e il ruolo della società chiamata a risponderne». Richiamata, quindi, sul punto, giurisprudenza eso ed endofederale, la società L’Aquila Calcio, come rappresentata e difesa, conclude chiedendo rigettarsi tutti gli addebiti alla stessa mossi, dichiarandone il proscioglimento e quindi annullando la sanzione della penalizzazione di un punto in classifica. In via subordinata, chiede irrogarsi la sanzione minima ritenuta di giustizia. Il sig. Ercole Di Nicola, assistito dall’avv. Libera D’Amelio, eccepisce, anzitutto, il difetto di giurisdizione. Invero, secondo l’assunto difensivo, «l’assistito, a far data dal 21 febbraio 2015 non era più legato da alcun rapporto sinallagmatico con la Società di l’Aquila Calcio, a seguito delle dimissioni dallo stesso inoltrate ed accettate dal datore di lavoro ed, a fortiori, in ragione della scadenza naturale del contratto a tempo determinato, ripassato tra le parti già in data 5 settembre 2014 con scadenza al 30.06.2015». Per tali ragioni, Di Nicola ritiene di essere stato giudicato in prima istanza dal Tribunale Federale Nazionale in palese violazione dell’art. 36, comma 7, N.O.I.F. Eccepisce, poi, il suddetto ricorrente, nullità del procedimento di primo grado per violazione del diritto di difesa e disparità di trattamento. Lamenta, infatti, il mancato accoglimento dell’istanza di stralcio, sostenuta da «argomentazione logiche, giuridiche e fattuali», «presentata in data 2 agosto 2015 mediante posta certificata al Tribunale Federale Nazionale Sezione Disciplinare e alla Procura Federale, prima della udienza fissata per la discussione dinanzi all’On.le T.F.N.». Detta istanza, peraltro, sarebbe stata ingiustamente decisa solo in giudizio e ciò avrebbe causato una menomazione del diritto di difesa, avendo, nella predetta istanza, il ricorrente rappresentato l’opportunità della separazione della sua posizione, «rilevando la oggettiva impossibilità per quest’ultimo di presenziare “libero” all’udienza del 12.08.2015 dinanzi al T.F.N., a cagione di ben 5 provvedimenti di diverse Autorità Giudiziarie in forza delle quali l’assistito era privato della libertà personale e, in re ipsa, di movimento». Evidenzia, ancora, la difesa Di Nicola, di avere, «per ragioni di connessione teleologica», rilevato «la opportunità di procedere allo stralcio della posizione del Di Nicola onde consentire una difesa tecnica puntuale e nel pieno del rispetto del contraddittorio delle parti. Infatti, il Di Nicola, non presentando memorie difensive a seguito dell’atto di deferimento, poiché certo che avrebbe evitato il giudizio sportivo di primo grado a cagione della minorata libertà personale e di movimento, non poteva difendersi opportunamente e pienamente come invece avrebbe dovuto e, per tal fatta, veniva impunemente negato al Di Nicola Ercole il Giusto processo a cui lo stesso aveva diritto». Né, prosegue il difensore del predetto ricorrente, era ipotizzabile «presentare una istanza di autorizzazione a qualsivoglia Autorità Giudiziaria senza indicare la durata di assenza dal luogo di detenzione del soggetto attinto da misura». Ora, «atteso che non è consentito ai difensori avere poteri divinatori sulla durata dei processi e, dal momento che al Di Nicola era prescritto il divieto tassativo anche solo di contatti visivi (meri saluti) con chicchessia, si domanda alla Ecc.ma Corte Federale di Appello se potesse essere anche solo pensabile mettere a rischio la delicatissima situazione personale del Di Nicola, in vinculis, considerata anche la presenza di altri soggetti coindagati nel medesimo processo penale». Nel merito, Ercole Di Nicola censura «la irragionevolezza della gravata sentenza poiché immotivatamente perviene ad un giudizio di grave responsabilità […] in assenza di qualsivoglia elemento di riscontro fattuale e giuridico ed invero, si fonda esclusivamente sul sospetto di ipotetiche condotte» allo stesso asseritamente ascritte. Premette, la difesa di Di Nicola, «per ragioni di sistematica e chiara comprensione del reale accadimento storico, poi fondante altresì l’avvio del processo sportivo che ci occupa», quello che definisce «un seppure sintetico excursus riepilogativo-descrittivo della persona del Di Nicola Ercole, dei suoi rapporti con gli altri personaggi attinti da questa vicenda processuale, nonché e soprattutto delle dinamiche oggettive e univoche realmente accadute e delle azioni poste in essere dal tesserato». In tale ottica, sottolinea, tra l’altro, come Di Nicola, al quale erano affidati incarichi «di varia natura: dal marketing, al reperimento di sponsor, all’organizzazione delle trasferte della squadra, all’indagine e trattativa su calciatori da acquistare o cedere ed altro», fosse «solito gestire la maggior parte del lavoro allo stesso attribuito mediante contatti telefonici e visivi diretti con i vari addetti ai lavori». Contesta, poi, la predetta difesa, l’assunto su cui poggia la censurata sentenza, ossia l’erronea convinzione che Di Nicola, «nei giorni precedenti la gara Savona-Teramo abbia effettuato un incontro, il 29 aprile 2015, con il Ninni Corda e il Di Giuseppe in Bisceglie al fine di prendere accordi per l’eventuale “combine” della partita»: sotto siffatto profilo, prosegue l’avv. D’Amelio, dalle carte processuali «e dal dato letterale delle telefonate intercorse tra il Di Nicola e gli altri soggetti interessati dal presente procedimento», non emerge «in alcun passaggio il riferimento alla gara Savona-Teramo né vi è menzione di somme di danaro da corrispondere quale prezzo della alterazione della partita», né sono stati identificati i calciatori che sarebbero stati avvicinati «dal Di Nicola Ercole, o da chi per lui, che avrebbero dovuto porre in essere condotte illecite di alterazione della disputa calcistica». Inoltre, prosegue, «appare inverosimile e surreale anche solo ipotizzare che si possa compromettere e veicolare l’esito di una partita di calcio a soli due giorni dalla gara medesima». La difesa del sig. Di Nicola, procede, quindi, ad una dettagliata analisi delle telefonate, «a partire dalla giornata del 28 aprile 2015 tra il Di Nicola e il Di Giuseppe», evidenziando come «in nessun passaggio della conversazione interessata si fa menzione della partita del 2 maggio tra Savona-Teramo. Invero, la telefonata tra i due è routinaria e prodromica di un incontro amicale; nei loro scambi dialogici si limitano ad accordare la preferenza per vedersi in un bar non troppo confusionario e, non pare a questo difensore che, tale ultima circostanza sia di così pregnante rilevanza tale da voler leggere un retro pensiero criminale del Di Nicola». Si tratterebbe di conversazioni neutrali, circostanza che sarebbe confermata anche nei dialoghi intercorsi con il Matteini. «Invero, le telefonate tra il Matteini e il Di Nicola avvenute nella giornata del 28 aprile 2015, avevano ad oggetto la possibile acquisizione di due calciatori Gabeccia e Marchetti per un ingaggio professionale per la futura stagione sportiva. A corroborare questo assunto, sovviene proprio la stessa dichiarazione del Gabeccia e le chiare e non diversamente interpretabili, parole di cui alla telefonata richiamata. Gabeccia, nel corso della sua audizione dinanzi agli Organdi della Procura Federale, non lascia alcun margine di tentennamento ed è fermo nell’escludere che il Matteini lo contattò per alterare la partita». Insomma, secondo la prospettazione difensiva, di quelle che definisce “congetture inquisitorie della decisione del T.F.N.” non rimarrebbe nulla. Ritiene, poi, «doveroso soffermarsi, con delle seppure fugaci considerazioni, proprio sulle propalazioni rese a più riprese dal Sig. Ninni Corda che, allo stato, apparirebbero, le sole utilitaristicamente rese non fosse altro che per ottenere una comoda e invitante via di fuga, dal presente processo sportivo». Il verbale di audizione del 30.07.2015 di Corda rappresenterebbe «il “frutto di un negozio” mercanteggiato e per tal fatta, ontologicamente estraneo ai criteri di spontaneità e genuinità ispiranti le regole procedimentali anche e soprattutto in sede sportiva», senza dire, prosegue il difensore «che le dichiarazioni rese de relato da un soggetto che non ha assistito personalmente a taluni fatti e accadimenti, rilevanti sotto il profilo della consumazione dell’odierno illecito contestato e del relativo giudizio di responsabilità, non può né deve avere una forza probante tale da fondare il convincimento di colpevolezza della Ecc.ma Corte». Peraltro, prosegue, la difesa Di Nicola, «è fatto notorio che il Corda avesse subito una denuncia da parte dei suoi ex giocatori, all’epoca in cui allenava per l’appunto il Savona Calcio. Di tal ché, non è inverosimile pensare che il tecnico avesse ragioni che esorbitavano dalla volontà di “avere un calcio pulito” e che, invece, afferivano a motivazioni più squisitamente personalistiche di avversione verso il Club ovvero, in un secondo momento, di comoda via di fuga dal processo sportivo. Quanto, segnatamente, alla conversazione telefonica tra Di Nicola e Di Giuseppe delle ore 11.35 del 30 aprile 2015, il Tribunale federale supporrebbe «l’eventuale ideazione della seconda fase della combine e la motiva collocando l’inizio di essa dalle parole del Di Giuseppe il quale nel dire …” sono a Campitelli….. ” voleva “evidentemente” intendere che si trovasse dal Presidente Campitelli». «Orbene», replica la difesa, «poiché la lingua italiana è chiara ed anche il relativo significato delle parole profferite e/o scritte, non è dato capire perché dal trascritto testuale di cui al brogliaccio “a Campitelli” si sia giunti a immutare una “a” in un “da Campitelli”. Il riferimento “a Campitelli”, invece, «stava a significare che il Di Giuseppe si trovava nel bar di proprietà del Campitelli sito in Roseto degli Abruzzi, guarda un po’ il paese in cui vive e dimora il Di Giuseppe con la di lui famiglia». Quanto al motivo delle chiamate di Di Nicola con Di Giuseppe e Barghigiani, «era notorio, in verità, nell’ambiente calcistico, della volontà del Presidente Delle Piane di spogliarsi della proprietà della società sportiva e, in tal senso, conferiva precipuo mandato esplorativo a uomini suoi fidati onde verificare possibili interessamenti di terzi. Il Di Nicola, reso edotto aliunde di tale situazione di fatto, provava a verificare se mai vi fosse apertura in tal senso anche da parte di altri soggetti gravitanti nell’ambito calcistico per l’acquisto del Savona Calcio. A tanto si disponeva il Di Nicola, tramite il direttore sportivo, collega e conoscente Di Giuseppe Marcello». Con riferimento, poi, alla contestazione mossa a Di Nicola di avere effettuato scommesse sulla combinata partita Savona-Teramo, «l’assunto poggia su un passaggio di una telefonata del 30.04.2015 intercorsa tra il Di Nicola e il Di Lauro interpretata dal T.F.N., come icasticamente descrittiva di una volontà di effettuare scommesse su quella gara», laddove «niente di tutto ciò risulta provato. Invero, il Di Nicola non si adoperava per alcune scommessa motu proprio o per il tramite di terzi ma, da quella conversazione telefonica, può evincersi solo un dato: la valutazione tecnica di un pronostico di calcio da parte di un uomo competente in quel settore. Nulla più». Venendo alla giornata della partita Savona-Teramo del 2 maggio 2015, «si assiste», si legge in reclamo, «alla apoteosi della fantasia ricostruttiva giudicante allorquando, si cerca sommariamente di convincere e convincersi della alterazione della gara, impregnando di concettualismi e significati reconditi un incontro e un paio di telefonate effettuate dall’Ercole di Nicola che, con animo sereno e fermo, questo difensore riferisce essere conversazioni assolutamente avulse da qualsivoglia poca lecita spiegazione», essendo gli stessi «in contatto telefonico per aggiornarsi dell’incontro che il D.S. del Teramo avrebbe avuto con il referente del Presidente delle Piane, appunto il Barghigiani, onde sommariamente percepire de visu la bontà delle ipotesi di cessione di quote del Savona Calcio Srl». Si sofferma, poi, la difesa Di Nicola, sull’incontro del 2 maggio 2015. «Il Di Giuseppe Marcello, a quell’incontro con Barghigiani partecipava e aveva la durata temporale di soli 5 minuti. In quella occasione, il deferito utilizzava la macchina Maserati nella sua esclusiva disponibilità da diverso tempo, e si recava unitamente al Sig. Antonio Misantone, nel parcheggio antistante il bar denominato Ambra. Ivi giunto, scambiava brevi cenni di saluto e convenevoli con il Barghigiani, accompagnato da un uomo la cui identità non era nota al Di Giuseppe Marcello, dopo di ché quest’ultimo si allontanava per recarsi allo stadio. Come detto, in costanza del citato incontro il Di Giuseppe si preoccupava di sincerarsi di persona della affidabilità della proposta di cessione di quote prospettatagli dall’interlocutore Barghigiani e, non del tutto persuaso come del resto non lo era sin dall’inizio, liquidava il discorso in brevissimi istanti e neppure portava a conoscenza di alcuno della Dirigenza del Teramo di quanto riferitogli in quel momento». Conclusasi la partita Savona-Teramo, «il Di Giuseppe sempre su input del Di Nicola il quale verosimilmente teneva a che i rapporti sotto il profilo del contegno e della misura, venissero mantenuti buoni, accettava di incontrare nuovamente il Barghigiani nello stesso posto ove si erano visti nella mattinata. Il D.S. del Teramo, accoglieva tale richiesta di cortesia del Di Nicola al fine unico e solo di non far incrinare rapporti lavorativi e di conoscenza, ben conscio che un suo ipotetico rifiuto sarebbe stato letto come un gesto di profondo sgarbo. Invero, il Di Giuseppe nuovamente incontrava il Barghigiani il quale, limitandosi a manifestare il plauso per il risultato della partita favorevole al Teramo Calcio, tentava nuovamente con fare mesto di ricordare al Di Giuseppe Marcello della ipotesi di interessare qualche imprenditore abruzzese dell’acquisto delle quote del Savona Calcio. Inoltre, lo stesso Di Giuseppe Marcello, durante la telefonata con il Di Nicola nel corso della quale lo invitava nuovamente a vedere il Barghigiani, mostrava chiari segni di insofferenza ed è tangibile il senso della inutilità di quell’incontro proprio ponendo attenzione al gergo e al distacco usato dal Di Giuseppe per chiudere sbrigativamente la chiamata con il collega». Insomma, si tratterebbe, a dire del ricorrente Di Nicola, «di una gigantesca e immaginifica ipotesi ricostruttiva forzosamente incartata negli atti di indagine e fatta propria dal T.F.N.» e, in tal ottica, «appare inferente e di decisiva significatività la circostanza che si riferisce. Nella telefonata ultima del 2 maggio 2015 che il Di Nicola effettuava poco dopo la fine della disputa calcistica alla utenza cellulare del Di Giuseppe, testualmente si legge “…. se chiamo il presidente per fargli i complimenti mi risponde?…”. Il chiaro tenore letterale di quanto sopra trascritto non lascia spazio ad equivoci di sorta e ben lumeggia un dato incontestabile: è di tangibile pregnanza e dimostrazione la assoluta non conoscenza né conoscibilità da parte del Presidente dei pregressi intercorsi telefonici tra il Di Nicola e il Ds Di Marcello, prova è data dal modo mesto e quasi timoroso del Di Nicola di domandare al collega di potere salutare il Campitelli. In definitiva, la difesa di Di Nicola ritiene «non sussista alcun dubbio sulla infondatezza della censurata sentenza nella parte in cui ritiene provata la responsabilità del Di Nicola per gli illeciti di cui all’art. 6 comma 1 del CGS e art. 6 comma 5 del CGS». Di Nicola, poi, mai avrebbe contattato Campitelli per proporgli alcuna alterazione di gara né direttamente né per interposta persona e, di conseguenza, «nessuna somma doveva riscuotere il Di Nicola come corrispettivo dei suoi servigi, né il Di Nicola ebbe mai ad incontrare il Presidente Campitelli nel pomeriggio del 11.05.2015». «Perché mai non vi è traccia di chiamate tra il Di Nicola e il Campitelli nell’incarto processuale? […] Come mai, il Di Nicola, sotto attenta osservazione da parte degli inquirenti e oggetto di continua attività di captazione, non ha scelto la via più veloce, diretta e contattare lui ex se il Campitelli???». Così, infine, conclude la difesa Di Nicola: «Voglia L’Ecc.ma Corte Federale D’Appello: 1) In via preliminare accogliere le eccezioni di cui al punto nr. 1 e 2 del presente gravame; 2) In via principale e nel merito - Accertare il mancato coinvolgimento de Di Nicola Ercole ai fatti contestati nonché - Dichiarare il proscioglimento del Di Nicola Ercole dalle incolpazioni di cui al deferimento e per l’effetto - Annullare la sentenza di I° Grado. 3) In via subordinata nel merito: - Accertare la effettiva condotta tenuta dal Di Nicola nonché la sproporzionalità della sanzione inflitta. - Dichiarare la derubricazione dell’addebito da illecito sportivo in art. 1 bis comma 1 CGS; - Applicare una sanzione minore e/o comunque quella minima ritenuta di giustizia». Il sig. Fabio Di Lauro, rappresentato e difeso dall’avv. Loredana Martino, eccepisce, anzitutto, violazione del diritto di difesa, in ordine alla non accolta istanza di separazione del processo, rigettata, appunto, dal Tribunale di prime cure con l’ordinanza n. 1. Sotto tale profilo, il ricorrente ritiene che «la motivazione assunta dal Tribunale federale» penalizzi «fortemente la difesa del signor Di Lauro», essendo lo stesso agli arresti domiciliari e non avendo «la possibilità di scelta di nominare altro difensore di sua fiducia magari specializzato in detta materia per garantire la sua difesa». Ed a riprova di ciò evidenzia di avere, per il tramite del proprio legale, inoltrato, sia alla Procura della Repubblica, sia al GIP di Catanzaro, richiesta di poter conferire con altro legale. Richieste rimaste senza esito, atteso il periodo feriale. «Per tali motivi il Tribunale federale avrebbe dovuto accogliere l’istanza di stralcio richiesta», essendo palese la «violazione dell’art. 3 e 111 della Costituzione, laddove all’indagato non sia assicurato la possibilità in concreto di fare richieste difensive a garanzia dell’esercizio di qualsivoglia facoltà processuali». Nel merito, il ricorrente ritiene che, quanto alla incolpazione ex art. 6, commi 1 e 5, CGS, l’impianto accusatorio sia «privo della prova dell’illecito oggetto di contestazione, infatti le esternazioni del Di Lauro fatte nel corso delle intercettazioni altro non sono che vaghi discorsi ed informazioni tecnici da non meritare di essere presi in seria considerazione e di nessuna valenza probatoria». Quanto, invece, alla incolpazione ex art. 7, comma 7, CGS, «questa difesa rigetta nel modo più assoluto l’addebito in oggetto, sottolineando altresì come l’ipotesi accusatoria promossa dal Tribunale federale risulti del tutto insussistente e destituita di qualsivoglia fondamento per quanto attiene alla effettiva conoscibilità da parte del tesserato dell’illecito sportivo in oggetto». A tal proposito, evidenzia, parte ricorrente, con riferimento alle intercettazioni telefoniche, «i contenuti dei dialoghi, della durata di pochi attimi, non sono altro che telefonate tra amici di vecchia data, ed inoltre dalla conversazione si evince che non vi è da parte del Di Lauro la totale convinzione che si trattasse di informazioni che servissero ad alterare un risultato od altro». Difetterebbero, in definitiva, «i presupposti per l’operatività dell’obbligo di informazione da parte di un tesserato», non dovendo trattarsi di «una semplice percezione di un sospetto vago e indeterminato sulla lealtà sportiva di un tesserato», ma occorrendo, invece, «quantomeno il fumus di un comportamento riconducibile alla fattispecie di illecito sportivo», anche laddove si tenga presente che «per poter ritenere sussistente una violazione», il grado di prova richiesto, seppur inferiore all’esclusione di ogni ragionevole dubbio, «deve essere comunque superiore alla semplice valutazione della probabilità». Conclude, dunque, la difesa del sig. Di Lauro, chiedendo, in via principale, annullarsi la decisione del Tribunale federale nazionale e, in via subordinata, «nella denegata e non ammessa ipotesi in cui il signor Fabio Di Lauro fosse ritenuto responsabile di qualsiasi violazione delle norme del CGS, applicare la sanzione minima». Il Savona Fbc s.r.l., rappresentato e difeso dagli avv.ti Lucio Colantuoni, Luca Tettamanti, Massimiliano Valcada, Nicola Pescetto, Luigi Chiappero e Maria Turco, ritiene che il Tribunale di prime cure «abbia erroneamente ritenuto di aver accertato l'esistenza di un illecito che, tra l’altro, aveva l'obiettivo di alterare il regolare svolgimento della gara Savona FBC – SS Teramo del 02.05.2015 al fine di ottenere, da un lato, illeciti vantaggi sportivi per la SS Teramo e, dall’altro lato, facili guadagni in virtù di lucrose scommesse illecite sulla gara stessa. Entrambi gli scenari – si ribadisce ancora una volta in questo giudizio di appello - sono totalmente ignoti ed oscuri, nonché estranei alla società Savona FBC, che nella sua storia mai si è trovata coinvolta in simili vicende, tantomeno i suoi attuali “proprietari” e legittimi dirigenti, i quali - peraltro - quando hanno avuto il sospetto di vicende poco chiare perpetrate da terzi collateralmente alla società stessa, ne hanno dato ferma e pronta denuncia alle autorità sportive nella stessa stagione 2014/2015». In ogni caso, il suddetto collegio difensivo «ritiene che, nella presente vicenda, nella non creduta ipotesi che attività illecite siano state poste in essere queste mai potranno essere riferite o addebitate alla Società Savona FBC e ai suoi dirigenti che ne sono totalmente estranei e distanti e che non dovranno subire, per nessuna ragione, alcuna conseguenza in via diretta/indiretta/oggettiva o ad altro titolo, mancandone radicalmente i presupposti». Svolge, quindi, il collegio di difesa della società Savona, molteplici ed articolati motivi di reclamo. Premette, la difesa della ricorrente Savona, che nella decisione di primo grado si ricorda «che nel processo sportivo gli standard probatori richiesti per affermare la colpevolezza del deferito sono inferiori a quelli che devono essere presenti in un processo penale. Nel processo sportivo è sufficiente raggiungere un grado di prova superiore rispetto al generico livello probabilistico, c.d. della “ragionevole certezza”, prova che si intende così acquisita sulla base della presenza di indizi gravi, precisi e concordanti. A tal proposito si osserva che, anche in considerazione del carattere penale della sanzione disciplinare sportiva, non è possibile condannare un incolpato in assenza di una prova idonea a superare “ogni ragionevole dubbio”. Tale principio è conforme al disposto del Codice di giustizia sportiva del CONI, nonché previsto dall’articolo 533 cpp. Quest’affermazione di principio che dovrebbe guidare il Giudicante nella sua opera decisionale rimane, per quanto attiene il presente processo ed in particolare relativamente alla posizione del Savona FBC, una mera statuizione di principio. E’ sufficiente leggere la sentenza del TFN per capire che nei confronti del Savona FBC non solo non siamo in presenza di indizi, gravi, precisi e concordanti, ma neppure di indizi (nell’accezione giuridica del termine). Siamo, invece, in presenza di mere asserzioni prive di qualsivoglia riscontro: il Signor Corda è soggetto credibile, il Signor Barghigiani è il rappresentante del Savona e via dicendo». Insomma, la condanna del Savona si fonderebbe «unicamente su postulati, ma su nessuna prova e neppure su indizi gravi, precisi e concordanti», mentre «la sentenza si denota per l’assenza di qualsivoglia elemento probatorio a sostegno della decisione e per aver ignorato, senza provare neppure a confutarli, tutti gli argomenti difensivi dei partecipanti al processo». Sostiene l’appellante società come «in nessun atto e/o acquisizione processuale del primo grado e neppure dalla sentenza TFN impugnata» emerga «la corruzione o partecipazione fattiva di alcuno dei dirigenti effettivi del Savona Fbc né - soprattutto - di giocatori del Savona Fbc scesi in campo nella gara in esame dei quali nessuno è stato deferito seppur la Procura stessa si sia prodigata nelle loro audizioni. Sul punto, ovvero sull’individuazione dei soggetti che avrebbero – nei fatti - dovuto realizzare la presunta combine, i calciatori, il giudizio di primo grado e le indagini palesano un inquietante buio cosmico senza stelle, forse un buco nero che ha insanabilmente viziato le indagini, il giudizio e la decisione di primo grado come meglio infra verrà illustrato con la conseguenza della inevitabile riforma dell’appellata decisione». «Non vi è», si precisa in reclamo, «responsabilità diretta poiché il presidente Dellepiane non ha posto in essere alcun comportamento illecito. Non vi è responsabilità oggettiva perché (a) non vi è collegamento tra il deferito/ condannato Barghigiani ed il Savona Fbc e (b) laddove il collegamento esista (nel caso del calciatore Cabeccia e del collaboratore Ceniccola) nessuna attività illecita può essere ascritta a tali soggetti. In conclusione, il Savona Fbc dovrà essere assolto da ogni accusa mossa nei suoi confronti per non essere ad alcun titolo coinvolto in eventuali fatti illeciti che Codesto Ill.ma Corte andrà ad accertare». Premette, il collegio difensivo, una ricostruzione della «recente storia della società, le vicende socioeconomiche che l’hanno caratterizzata, l’assetto societario conseguente – negli elementi rilevanti ai fini del presente giudizio - per la stagione 2014-2015 così da fornire a questa Corte una corretta rappresentazione di persone, funzioni, ruoli ed incarichi su cui sovrapporre le seguenti considerazioni difensive e motivi di gravame, nonché tutte le norme regolamentari che si assumo rilevanti in vista di una loro corretta applicazione ed interpretazione». In tal ottica, in reclamo si segnala, in particolare, come «nessun ruolo all’interno del sodalizio hanno svolto il Sig. Barghigiani ed il Signor Ceniccola, entrambi arrivati a Savona verso la fine dell’anno 2014, con compiti di consulenza esterna funzionale alla cessione delle quote di partecipazione nel Savona Fbc detenute dalla General Sports (Ceniccola) nonché di sfoltimento della rosa nel successivo mercato di “riparazione” (Barghigiani): soggetti questi successivamente allontanatisi dalla Società sin dall’inizio di marzo 2015 (Doc. 3). Erra totalmente quindi il TFN quando afferma (a pag. 16 della decisione) che il Barghigiani sia “il rappresentante” del Savona Fbc, ma di ciò e molto altro si dirà nella parte a ciò dedicata. Men che meno il Barghigiani era Direttore Sportivo del Savona Fbc come ipotizzato qua e la negli atti di accusa della Procura. L’incarico di DS nel Savona Fbc non è mai stato ricoperto dal Barghigiani». Quanto allo standard probatorio, sottolinea, la difesa dell’appellante società, di essere ben conscia «della sussistenza – all’interno del processo sportivo FIGC – di standard probatori inferiori rispetto al diritto penale. In proposito si ribadisce che a seguito della vigenza del nuovo Codice di giustizia sportiva del Coni (art. 2), le condanne anche in sede disciplinare (specie se così afflittive quale quella ora in oggetto) non possono che avvenire a fronte di un accertamento dei fatti “oltre ogni ragionevole dubbio” così come già previsto dall’articolo 533 del c.p.p. Anche per questi motivi la decisione del TFN andrà riformata in quanto viziata». Con particolare riferimento alla responsabilità diretta imputata al Savona, la difesa della società dichiara, anzitutto, di «associarsi in toto e reiterare per relationem tutte le difese ed i motivi di appello svolte in proprio dal Cav. Dellepiane a mezzo dei nominati difensori», ritenendo, peraltro, «doveroso, utile ed opportuno svolgere, sul punto, ulteriori complementari ed autonomi motivi di impugnativa». «Ribadito», prosegue la difesa della società, «che anche l’ordinamento sportivo potrà condannare un soggetto solo in presenza di una prova idonea a superare “ogni ragionevole dubbio”, si osserva che dall’approfondita analisi delle risultanze del primo grado non v’è la benché minima “prova” – che si possa considerare tale anche in forza degli attenuati standard probatori propri del processo sportivo (peraltro messi in discussione) – a suffragio della partecipazione e/o adesione diretta ed indiretta del Presidente Dellepiane alla supposta combine avente ad oggetto la partita Savona/Teramo e tanto meno della ricezione di qualunque forma di utilità e/o denaro da parte del Presidente come, invece, erroneamente teorizzato dalla Procura nell’atto di deferimento e accolto dal Tribunale Federale […] analizzando tutto il materiale raccolto - compreso quello proveniente dalla trascrizione dei brogliacci di ascolto delle conversazioni su cui essenzialmente si basa il teorema accusatorio – non vi è un solo riferimento esplicito ed univoco al Cav. Dellepiane, alla sua persona, alla sua partecipazione all’illecito ed alla circostanza che lo stesso abbia ricevuto denari a fronte della combine a cui lo stesso avrebbe preso parte! Non un contatto personale. Non un incontro. Non una telefonata. Non un messaggio. Nulla!». Ricordato come non vi sia «un solo elemento di prova che dimostri l’esistenza, all’epoca dei fatti, di un legame tra il Signor Barghigiani, il Savona Fbc e il Cavalier Dellepiane», osserva, la difesa della predetta società, come la decisione impugnata si basi «unicamente su due deboli elementi: (a) un sms inviato dal Sig. Barghigiani al Sig. Di Nicola e (b) le dichiarazioni del Sig. Corda». Riportato il testo del messaggio inviato da Barghigiani a Di Nicola in data 30 aprile 2015, h. 22,29 (“Buonasera, ho sentito il presidente e mi ha confermato la sua disponibilità di incontrare i tuoi amici imprenditori lunedì alle ore 09.00 nel suo ufficio. Attendo tua riposta perché domani dovrei vederlo e così posso confermare appuntamento. Buona serata”) e ricordato come, secondo il TFN, il riferimento al “Presidente”, «sarebbe de plano e inequivocabilmente riconducibile al presidente Dellepiane» («Nulla di più superficiale ed errato!»), la ricorrente società, prosegue evidenziando che «per una parte del messaggio i “congiurati”, che nella ricostruzione della procura e del Tribunale federale sono ben attenti ad utilizzare un linguaggio in codice, abbandonano ogni cautela e si esprimono liberamente identificando così, con assoluta certezza, il Presidente del Savona, mentre per la restante parte del medesimo messaggio riprendono ad esprimersi in maniera poco intellegibile e criptata. Ed è così che per l’interpretazione fantasiosa ed illogica di sole sette parole una società viene retrocessa per responsabilità diretta in un illecito sportivo ritenuto anche aggravato dalla consumazione!». Si sottolinea, poi, in reclamo, «l’indole diretta alla millanteria del Barghigiani che, nella realtà, non aveva più contatti con la Società in quanto inviso ai più – dirigenti, giocatori e tifosi (come emerge anche dalle sue stesse dichiarazioni dei giocatori, così come di vari altri, rese ed acquisite) – ed allontanato dalla società dalla fine del mercato di riparazione, anche a fronte dei negativi risultati sportivi terminati con l’esonero dell’allenatore Aloisi, da lui portato a Savona, ai primi di marzo 2015». Secondo la prospettazione difensiva, «ancor più debole ed inconsistente è l’ipotesi che aleggia – anche in decisione dove si riporta il “de audito” del Corda - secondo cui addirittura il Cav. Dellepiane avrebbe percepito somme a seguito del perfezionamento della supposta combine. In tema, sia nell’atto di incolpazione e deferimento sia nella decisione appellata non viene richiamato il benché minimo elemento che possa portare solamente a supporre il passaggio di denaro a favore del Dellepiane». Con specifico riferimento alle predette dichiarazioni, lamenta, l’appellante, che dalla lettura della pronuncia non si ricavi «un solo rigo di motivazione che permetta al lettore di comprendere su quali elementi di fatto e di diritto il Signor Corda sia stato ritenuto soggetto credibile ed attendibile», evidenziando, sotto tale profilo, i motivi di astio di questi verso il presidente Dellepiane ed il Savona e, in particolare, l’esposto per illecito sportivo dagli stessi presentata alla Procura federale, nel settembre 2014, a carico del signor Corda ed altri soggetti a lui vicini. Apparirebbe, dunque, evidente che le dichiarazioni di Ninni Corda sono non «credibili, smentite ed infondate in quanto rispondenti ad altri fini – ben diversi dall’emersione della verità - e sprovviste di qualunque ulteriore riscontro attendibile», anche alla luce della smentita di Barghigiani davanti alla Procura in data 28.7.2015 (“Smentisco di aver parlato con il Corda della combine della gara contro il Teramo così come non ho detto, assolutamente, che il Presidente Dellepiane fosse a conoscenza di tale vicenda e tanto più che avesse percepito utilità”)». Sotto tale profilo, il Tribunale federale, a dire della reclamante società, «ha omesso ogni indagine circa l’attendibilità e la credibilità che potevano rivestire le affermazioni del Signor Corda» e, per queste ragioni, la difesa ritiene opportuno reiterare «quanto già osservato in primo grado, ma completamente ignorato dal Giudice in prime cure, circa la necessità che le dichiarazioni del signor Corda siano sottoposte ad un rigoroso esame metodologico». Nell’analizzare, punto per punto, i vari profili del percorso di verifica dell’attendibilità del sig. Corda, l’appellante società si sofferma, tra l’altro, sull’iter dichiarativo dello stesso, evidenziando che «il Signor Corda è stato sentito una prima volta dalla Procura Federale in data 09 luglio 2015; le indagini vengono chiuse il 21.7.2015; il 25.7.2015 il Corda, dopo aver letto le risultanze delle indagini e anche valutati i punti deboli delle stesse, deposita istanza ex art. 32 sexies CGS che evidentemente è rifiutata dalla Procura; allora il 30.6.2015 il Corda si ripresenta di fronte alla Procura per rendere ulteriori dichiarazioni i cui contenuti vengono peraltro secretati dalla Procura (di ciò si dirà meglio oltre in punto di eccezioni di rito/procedurali). Da ciò emerge chiaramente come la genesi delle dichiarazioni del Corda non possa considerarsi spontanea e genuina, ma unicamente finalizzata ad assicurarsi meccanismi premiali». Peraltro, le dichiarazioni di Ninni Corda si trasformano in un altro motivo di gravame e di appello, di natura processuale, poiché le stesse, rilasciate in data 30.7.2015, sono comunque entrate nel processo, essendo, invece, «inammissibili in quanto – dopo l’avviso di chiusura indagini – il Corda già era comparso il 25.7.2015 di fronte alla Procura e ritenendo di non dover aggiungere nulla nel merito – rispetto alla deposizione/audizione del 9.7.2015 - presentava contestualmente la richiesta ex art. 32 sexies CGS, nei fatti poi respinta». «Il regolamento», prosegue la difesa Savona, «prevede che, dopo l’avviso di chiusura indagine, si possa presentare una memoria o farsi sentire una volta. Il Corda, di fatto, con trattamento diverso rispetto a tutti gli altri allora incolpati e poi deferiti, ha avuto la possibilità di farsi ascoltare per due volte e non una in evidente violazione delle previsioni regolamentari. Per questo motivo l’audizione del 30.7.2015 del Corda risulta palesemente inammissibile. Si osserva anche che il Corda ha ampliato lo spettro delle sue dichiarazioni, solo dopo aver visto gli atti, le incolpazioni e quanto raccolto a carico degli altri deferiti ed anche dopo essersi visto rigettare l’istanza ex art. 32 sexies; ciò costituisce un pesantissimo macigno che schiaccia inconfutabilmente la genuinità e spontaneità delle dichiarazioni del 30.7.2015 con ovvi riflessi circa la credibilità ed utilizzabilità delle dichiarazioni eteroaccusatorie del Corda con particolare riferimento al Dellepiane. Inoltre, sempre in relazione alle dichiarazioni del Corda rese in data 30.7.2015, si rammenta che parte rilevante delle stesse sono state, in maniera stravagante e singolare secretate e coperte da “omissis”. La Procura stessa ha affermato che dalle stesse (è ciò si apprende facilmente dal posizionamento degli omissis) erano emersi ulteriori elementi che avrebbero potuto condurre ai giocatori che avrebbero concretamente attuato la supposta combine. Sul punto le difese degli incolpati hanno sollevato ulteriore comune e compatta eccezione di inammissibilità ed inutilizzabilità sia del verbale di audizione Corda del 30.7.2015 sia in merito all’illegittimità degli omissis in quanto non si è consentito agli incolpati di poter acquisire spunti ed elementi che avrebbero potuto essere determinanti a fini difensivi anche a fini di prova contraria sui fatti ascritti ai deferiti». Valorizza, poi, la difesa Savona, l’argomento logico (e la conseguente illogicità delle tesi e valutazioni accusatorie) con riferimento alla gara Savona – Teramo, fondamentale per la salvezza della prima, e, quindi, gli interessi contrari allo stesso Dellepiane e delle medesima società, ad una combine che avrebbe visto vincere la squadra avversaria. Segnatamente, «il Savona Fbc, vincendo l’incontro contro il Teramo, avrebbe avuto ancora la possibilità di salvarsi in via diretta evitando così i play out, poi fortunatamente giocati con esito meritatamente positivo sul campo». Il presidente Dellepiane, dunque, «non aveva alcun ragionevole interesse a creare una situazione di grave rischio di retrocessione per la propria società Savona Fbc, anzi è vero l’esatto contrario». Illogica ne risulterebbe, pertanto, la conseguenza addotta dal Tribunale, secondo cui il «presidente Dellepiane avrebbe scientemente deciso di subire l’ingente danno economico rappresentato dalla retrocessione della squadra unicamente per intascare pochi denari derivanti dal patto illecito». Erronea, poi, sarebbe la motivazione in ordine al presunto pretium sceleris: «il Tribunale afferma che la Procura ha stabilito che il pretium sceleris è pari ad una forbice tra i 50.000 e i 70.000. L’affermazione del Tribunale è smentita dalla lettura di pagina 113 del deferimento dove la Procura chiaramente individua il prezzo della gare in 30.000 euro. Al contempo, il Tribunale trova la prova della combine e condanna anche specificamente i Signori Matteini e Cabeccia sulla base di una trascrizione dell’ascolto di una conversazione dalla quale emergerebbe che il prezzo per corrompere il signor Cabeccia è arrivato sino a 50.000 euro! Orbene, se la gara è stata venduta per 30.000 euro (lo afferma la Procura), il Signor Matteini non può aver offerto 50.000 euro a Cabeccia. Ecco la prova che Matteini, in ogni caso, con i suoi interlocutori, millantava. Se, invece, la gara è stata venduta per 50.000 euro, l’unico a godere della presunta combine sarebbe stato il Signor Cabeccia. Circostanza non provata, inverosimile e certamente falsa. Da ultimo, se la partita fosse stata venduta per 70.000 euro, 50.000 sarebbero stati destinati a Cabeccia, mentre il resto della “compagnia” (il Signor Ercole Di Nicola, il Signor Ninni Corda, il Signor Marco Barghigiani, il Signor Davide Matteini, il Signor Giuliano Pesce, il Cavalier Dellepiane e alcuni calciatori allo stato non identificati) si sarebbe spartito 20.000 euro. Per la Procura e il Tribunale un sicuro e fortissimo timolo ed incentivo per rischiare la morte sportiva di una società, dei suoi tesserati e dei propri tifosi, per tacere della reputazione personale del Cavalier Dellepiane. Insostenibile.». Evidenzia, poi, la difesa del Savona, che l’irrazionalità dello scenario è confermato dalla circostanza che Dellepiane intendeva cedere, a fine stagione le proprie quote societarie e gli stessi accordi in essere con Ceniccola erano condizionati alla permanenza in Lega Pro e al mantenimento dello stato economico finanziario della società. Orbene, «è chiaro che la retrocessione avrebbe di fatto impedito il buon fine dell’operazione di cessione quote con danni ben più gravi rispetto al corrispettivo (peraltro non ricostruito dalla Procura ed indimostrato) che si assume abbia percepito il Dellepiane». Proscioglimento, dunque, chiede il Savona da ogni incolpazione relativa alla responsabilità diretta ed annullamento delle sanzioni inflitte con riferimento alla responsabilità oggettiva. In ordine a quest’ultimo aspetto il Savona deduce: non vi era in essere tra Barghigiani e società e alcun rapporto ed alcun tesseramento: essendosi «determinando così il completo distacco tra l’attivo operare del primo ed il passivo subire della seconda, la responsabilità oggettiva (limitatamente a quella singola e specifica fattispecie) incontra un insuperabile limite applicativo»; vi sono precedenti della stessa giurisprudenza federale «in cui l’Organo giudicante, pur condannando in primo grado calciatori per illecito sportivo, proscioglieva invece i rispettivi club deferiti, appunto, a titolo di responsabilità oggettiva. Tra i tanti, giova rammentare il caso dei club US Grosseto S.r.l. e Calcio Chieti S.r.l.»; «fatte salve le obiezioni in punto di tesseramento e altresì di operatività nell’interesse di Savona FBC da parte di Barghigiani e Ceniccola nel periodo in esame, si appalesa manifesto come il caso del Savona FBC rientri nell’alveo di quelle ipotesi – eccezionali ma non rarissime nell’ordinamento sportivo –in cui il semplice vincolo di tesseramento (Cabeccia) o la presunta vicinanza a una società (Barghigiani, Ceniccola) non valga di per sé a giustificare, nei confronti della stessa società, il deferimento per responsabilità oggettiva»; i richiamati principi giurisprudenziali debbono applicarsi «anche al Savona Fbc che, addirittura, a differenza degli altri casi citati, (i) non risponde di più illeciti consumati – nel non creduto caso in cui di illecito si possa parlare - ma di uno solo e, a detta degli stessi Procura Federale e TFN, neanche consumato “sul campo”; (ii) che vede coinvolto un solo soggetto (Barghigiani), peraltro esterno alla struttura del club e del quale si contesta l’operatività nell’interesse del club stesso; (iii) all’oscuro di Savona FBC, ignara degli attacchi perpetrati da terzi ed (iv) i cui giocatori si sono strenuamente opposti a qualsiasi combine, ma che (v) sarebbe stata comunque danneggiata in maniera gravissima a causa delle supposte azioni atte a far perdere la gara in esame con il concretizzarsi, nella migliore delle ipotesi, della roulette dei play-out contro la retrocessione in Serie D con relativa perdita automatica di tutto il proprio parco giocatori»; «in via estremamente gradata e per puro tuziorismo difensivo, qualora l’adito Giudice dovesse inopinatamente ravvisare il persistere di una qualche residua responsabilità a titolo oggettivo a carico di Savona Fbc, per quanto riguarda l’effetto sanzionatorio, è fuor di dubbio come la stessa possa e debba ricondursi alla previsione generale di cui all’articolo 4, c. 2 del CGS e non già a quelle, ben più gravi e penalizzanti, ex articolo 7, c. 2 (perché Savona Fbc non ha commesso direttamente né ha consentito che altri compiessero a suo nome e tantomeno nel suo interesse il paventato illecito) ed ex articolo 7, c. 6 (perché non vi sono stati plurimi illeciti e tantomeno alcun vantaggio in classifica può essere stato conseguito da Savona Fbc) come, invece, erroneamente ipotizzato dalla Procura e trasposto dal TFN nella decisione di primo grado»; «nessuna aggravante potrà essere ravvisata poiché in atti non vi è la prova che vi siano stati calciatori che si siano comportati in maniera illecita. L’aggravante di aver avuto un vantaggio in classifica è smentita dai fatti, dato che il Savona ha perso l’incontro». Passa, quindi, la difesa del Savona Calcio, all’analisi dettagliata dei comportamenti dei soggetti deferiti da cui deriverebbe la responsabilità oggettiva della società, al fine di escluderla. Contesta, dunque, in tal ottica, il riconoscimento, operato dal TFN, della colpevolezza a carico dei sigg.ri Barghigiani, Ceniccola e Cabeccia. Tutte e tre le posizioni per le quali Savona Fbc risponde a titolo di responsabilità oggettiva non solo, di per sé, non porterebbero alla condanna dei deferiti, ma anche, in tale denegata ipotesi, non potrebbero assolutamente configurare alcuna responsabilità in danno al Savona Fbc. A tal proposito, si legge in reclamo, «Barghigiani non è mai stato censito né tesserato per il Savona Fbc e, per di più, non ha mai avuto un contratto di lavoro né ricevuto stipendi, a differenza dei richiamati casi De Solda / Taranto e Di Luzio / Genoa CFC nei quali i club non sono stati puniti stante la mancanza del cordone ombelicale con tali ex-dipendenti esonerati». Per quanto riguarda la responsabilità del Savona in relazione alla posizione di Ceniccola, il filo che legava lo stesso alla società sarebbe «parimenti labile e focalizzato alla cessione di quote della controllante di Savona Fbc anche, e soprattutto, nel suo stesso interesse. Ove la Corte possa ravvisare violazioni nel comportamento passivo e nella fugace apparizione del Ceniccola sulla scena dell’incontro tra Barghigiani e Di Giuseppe, anche qui non si vede dove sia il nesso causale tra lo status di teorico consulente extrasportivo di Savona Fbc e una responsabilità oggettiva derivante da omessa denuncia per lo stesso club. Per il Cabeccia, non solo si sottolinea come lo stesso avesse già dato ampio esempio di diligenza e rispetto degli obblighi di denuncia nella medesima stagione 2014/2015 denunciando le violazioni dell’ex allenatore Corda ma si precisa che qualsiasi ammenda pagabile dal Savona Fbc non farebbe altro che scoraggiare altri calciatori a seguirne l’esempio». Da ultimo, il Savona Fbc «reitera la palese inapplicabilità delle inesistenti aggravanti sollevate dalla Procura Federale e del TFN: l’unico presunto illecito commesso ha portato alla sconfitta del club e al rischio di retrocessione in Serie D. Punizione illegittima e draconiana sia dal punto di vista sportivo che giuridico». A tal proposito, evidenzia la società appellante, la pronuncia impugnata ha applicato al Savona tutte e tre le ipotesi di aggravanti di cui all’articolo 7, comma 6, CGS (a) l’effettiva alterazione dello svolgimento della gara, b) l’effettiva alterazione del risultato della gara e c) il conseguimento del vantaggio in classifica). Orbene, secondo la prospettazione difensiva, «per quanto riguarda il conseguimento di un vantaggio in classifica appare pacifico che il Savona non ha ottenuto alcun vantaggio in classifica avendo perso la partita. Tale aggravante non potrà essere dunque applicata. Ma neppure le altre due aggravanti in precedenza citate potranno essere inflitte al Savona. Nel presente processo si discute di un presunto illecito sportivo dove nessun calciatore è stato deferito. Orbene, anche nella non creduta ipotesi che l’Ecc.ma Corte confermi l’esistenza di un illecito sportivo che possa coinvolgere anche il Savona Fbc, in nessun caso potranno essere applicate le aggravanti de quibus perché nell’odierno processo non vi è alcuna prova dell’alterazione della gara o del suo risultato”. Infine, svolte, «per completezza delle argomentazioni in diritto», «alcune ulteriori considerazioni critiche sul sistema di giustizia sportiva (specie calcistica) in Italia, con particolare riferimento all’applicazione, in parte erronea e fuorviante, delle rilevanti norme e regolamenti anche per ciò che riguarda lo svolgimento della presente procedura», evidenziati i vizi «di natura processuale che affliggono la sentenza stessa e riguardano anche e soprattutto le modalità di svolgimento del giudizio di primo grado», lamentata la violazione del diritto di difesa («dal momento che la Procura è stata ammessa alla sua requisitoria nel pomeriggio mentre le arringhe dei deferiti – nonostante la richiesta di rinvio – sono state disposte e proseguite dalla serata fino a notte fonda senza interruzione. Ciò con ogni ovvia conseguenza sul livello di attenzione circa le articolate difese svolte dai legali dei deferiti/incolpati così come richieste da un giudizio come quello in oggetto»), il Savona Fbc, come rappresentato e difeso, così conclude: «preliminarmente, previa audizione della società Savona Fbc a mezzo del suo Presidente, Cavalier Dellepiane, come già da precedente istanza, visti e considerati i rilievi, le eccezioni e gli argomenti difensivi formulati, adottare i conseguenti provvedimenti del caso; nel merito, I. in via principale, dichiarare nulla o comunque revocare, riformare, annullare la decisione C.U. 16/TFN del 20.8.2015 per quanto concerne i capi di condanna e le sanzioni poste a carico del Savona Fbc s.r.l. prosciogliendolo da ogni addebito; II. in subordine, nel denegato caso in cui una qualche responsabilità venga riconosciuta in capo alla società irrogare alla stessa la punizione/sanzione ridotta rispetto alla decisione appellata C.U. TFN sez. disc. n. 16 del 20.8.2015 e in subordine ed alternativa comunque quella minima prevista ai sensi del Codice di Giustizia Sportiva, anche al di sotto dei limiti edittali. Chiedesi, inoltre, di essere ascoltati in sede di discussione, con riserva di ivi produrre ulteriori memorie, atti e/o documenti, nonché di indicare nuovi mezzi di prova e quant’altro utile ai fini difensivi». Il sig. Aldo Dellepiane, rappresentato e difeso dall’avv. prof. Astolfo Di Amato e dall’avv. prof. Alessio Di Amato, eccepisce, preliminarmente, la nullità del dibattimento di primo grado per violazione del diritto di difesa. Infatti, la produzione, da parte della Procura federale, del verbale delle dichiarazioni 30.7.2015 del sig. Corda, con molti omissis in riferimento «ai nomi dei giocatori che avrebbero concretamente attuato la combine sul campo», avrebbe comportato una lesione del diritto di difesa dell’appellante: «la indicazione dei soggetti implicati avrebbe, difatti, consentito di approfondire il tema stesso della sussistenza dell’illecito, nonché, per quello che più puntualmente interessa il presente atto, il coinvolgimento del Presidente Dellepiane». Il Tribunale, si deduce in reclamo, ha condannato Dellepiane sulla base di tre elementi: un sms inviato il 30 aprile 2015, alle ore 22.29 da Barghigiani e Di Nicola, in cui il primo scriveva “ho sentito il Presidente e mi ha confermato la sua disponibilità ….”; le dichiarazioni rese da Corda, che afferma di aver saputo da Barghigiani che una parte del compenso della combine è stata riscossa da Dellepiane; la considerazione che Barghigiani, essendo solo un consulente, non avrebbe potuto assumere alcun impegno in proprio. Orbene, ritiene la difesa di Dellepiane, «ciascuno degli elementi indicati dal Tribunale federale, se analizzato con attenzione non assume neppure il rango di indizio. Meno ancora quello di indizio grave e preciso». Ricordato che «l’indizio è grave quando è resistente alle possibili obiezioni e, dunque, attendibile e convincente, mentre è preciso quando non è generico, bensì specifico e, perciò, non equivoco ed insuscettibile di diverse interpretazioni», la difesa di Dellepiane ritiene che erroneamente e in modo incongruente la Procura, prima ed il TFN, poi, hanno creduto che il messaggio si riferisse ad una disponibilità del presidente ad incontrare gli esponenti del Teramo, visto che «il lunedì nel quale si sarebbe dovuto svolgere l’incontro sarebbe stato il 4 maggio e, perciò, due giorni dopo la partita […] Inoltre, un incontro alle 9.00 del mattino avrebbe significato la necessità per i dirigenti del Teramo di partire nella notte. Circostanza che contribuiva a far ritenere non veridico il contenuto del messaggio». Secondo l’assunto difensivo, nel riferimento al termine “presidente” andrebbe letto un messaggio in codice oppure si sarebbe trattato di millantato credito. Quanto alla dichiarazione di Corda, la stessa deve essere letta, secondo il reclamante presidente, alla luce della denuncia da questi presentata nei confronti del primo. Sul piano logico, poi, il coerente sviluppo dell’affermazione del Tribunale secondo cui Barghigiani era un mero consulente e non poteva prendere decisioni ed impegni di competenza del presidente, condurrebbe a concludere «che in ogni società, essendo il Presidente quello che ha il potere di prendere le decisioni, sarebbe automaticamente necessario il coinvolgimento dello stesso». Del resto, «la partita incriminata era decisiva per la retrocessione del Savona. Non si comprende, perciò, in base a quale logica il Presidente e proprietario avrebbe potuto accettare la retrocessione in cambio di poche migliaia di euro». Conclude, dunque, il presidente Dellepiane, chiedendo annullarsi e/o riformarsi la decisione del Tribunale federale nazionale e, conseguentemente, annullarsi la sanzione dell’inibizione di 4 anni e dell’ammenda di euro 100.000 allo stesso inflitta. Il sig. Enrico Ceniccola, difeso dall’avv. Paolo Gallinelli, con un unico motivo d’appello lamenta difetto e/o illogicità della motivazione in ordine alla ritenuta configurabilità della condotta omissiva di cui trattasi. Non sussiste, a dire del reclamante, «alcun elemento indiziario dal quale possa ragionevolmente inferirsi la “prova” in ordine alla asserita conoscenza», in capo al sig. Ceniccola, «del presunto carattere “illecito” degli stessi». Nell’ampio materiale “captativo” acquisito agli atti non sarebbe emerso alcun riferimento alla persona del Ceniccola e «tale “deficit indiziario”, non sembra potersi minimamente colmare attraverso il ricorso al contenuto delle “dichiarazioni” rese dai soggetti “ascoltati” dagli inquirenti federali, laddove le stesse non sembrano contenere alcun significativo riferimento alla conoscenza, da parte del Ceniccola, di qualsivoglia “accordo corruttivo” finalizzato all’alterazione del “risultato” della “competizione calcistica” Savona – Teramo». Considerato, inoltre, aggiunge la difesa del reclamante, che Ceniccola non è neppure sceso dalla macchina e che l’incontro è durato pochi minuti, non è dato comprendere «come il predetto abbia potuto effettivamente “percepire”, o quantomeno, “sospettare”, la presunta esistenza dell’ “accordo illecito” de quo, anche nel caso in cui tale condotta illecita fosse stata effettivamente realizzata dal Barghigiani e dai suoi presunti “correi”». Conclude, quindi, la difesa del sig. Ceniccola, chiedendo dichiararsi l’estraneità dello stesso in ordine al fatto contestatogli e, di conseguenza, prosciogliere il ricorrente dall’incolpazione di cui all’art. 7, comma 7, CGS. Il sig. Marco Cabeccia, difeso dall’avv. Alessio Piscini, difeso dall’avv. Alessio Piscini, impugna la decisione di primo grado evidenziando l’insussistenza delle ragioni che hanno portato alla sua condanna per l’omessa denuncia. Contesta la sussistenza di ogni fondamento sia in fatto che in diritto della motivazione non esistendo, a suo dire, alcuna prova che avrebbe avuto la percezione che Matteini gli avesse offerto qualsivoglia utilità per alterare il risultato della gara. Al riguardo pone in evidenza l’irrilevanza del contenuto delle intercettazioni telefoniche in cui Matteini parlando con Di Nicola e facendo il suo nome affermava, altresì, che Cabeccia avrebbe rifiutato la proposta di Matteini stesso. Sottolinea, ancora, che non ci sarebbe stata prova di alcun incontro tra Matteini e Cabeccia e che le dichiarazioni di Matteini non potrebbero provare alcunché e sarebbero intrinsecamente contraddittorie ed inveritiere, anche in considerazione dell’importo (50.000 euro) che quest’ultimo avrebbe offerto al Cabeccia. Il sig. Marco Barghigiani, difeso dall’avv. Paolo Gallinelli, fermo quanto sopra osservato in ordine all’impugnazione del Savona calcio in cui viene contestato l’inesistenza di qualsivoglia rapporto, spiega in tre articolati motivi le ragioni fondanti la richiesta di annullamento della decisione di primo grado. Contesta l’attendibilità delle dichiarazioni del sig. Ninni Corda - sia quelle del 9 luglio sia quelle del 30 luglio – e l’erroneità sul punto del decisum; evidenzia una erronea interpretazione da parte del TFN del contenuto delle intercettazioni ed una illogica ricostruzione dei fatti. Più in particolare sostiene la mancata prova di ogni suo coinvolgimento in quanto Di Nicola e Di Giuseppe avrebbero in realtà contattato Corda per ottenere un avvicinamento dei giocatori del Savona, tant’è che è Corda che si incontra con gli stessi alla “cena di Bisceglie” nel cui contesto si offre di contattare i giocatori del Savona squadra che aveva in precedenza allenato. Mancanza di prova ancor più evidente in quanto l’accusa non è stata in grado di fornire nemmeno indizi in ordine al fatto che in concreto Barghigiani avesse contattato personalmente e/o telefonicamente alcun calciatore del Savona, essendo poi illogico che potesse prendere parte ad una combine essendo contattato da Di Nicola il 30.04.2015 solo pochissimi giorni prima della gara del 2.05.2015, quando Di Nicola e Di Giuseppe avevano già preso contatti con Corda per ottenere lo stesso risultato. L’illogicità della decisione di primo grado sarebbe, poi, evidente considerata la circostanza che gli incontri a dire dell’accusa preparatori per l’alterazione del risultato sportivo sarebbero durati pochissimi minuti e comunque erano tutti a ridosso della gara. La stessa autorità giudiziaria del resto non lo avrebbe mai incolpato di aver posto in essere atti ad alterare il risultato della partita come risulta del resto dal tenore delle dichiarazioni del 17 giugno 2015 ivi rese. Il sig. Luciano Campitelli ritiene che l’appellata delibera non sia assolutamente condivisibile né tollerabile, meritando, pertanto, la stessa, «incisiva e radicale riforma». Con un primo articolato motivo d’appello il ricorrente ritiene che «dall’esame degli atti del procedimento e dall’analisi dell’effettivo evolversi degli eventi, è possibile indubitabilmente escludere qualunque inadempienza disciplinare in capo» allo stesso, «men che meno in ordine alla gravissima ed estrema ipotesi di cui all’art. 7, comma 1. del C.G.S.». A tal proposito, prosegue Luciano Campitelli, «è d’uopo ribadire come il costrutto colpevolista a carico del medesimo appaia quanto mai fragile ed inconsistente, andando a collidere, in maniera stridente e fragorosa, con l’invalicabile barriera rappresentata dalla realtà oggettiva e storica». Il ricorrente si impegna, poi, in una specifica ricostruzione alternativa degli episodi nei quali lo stesso appare o viene evocato. «E ciò a partire dal messaggio sms inviato il 27 Aprile 2015, alle ore 18.58 (progressivo 84667), dal sig. Ercole Di Nicola», alla sig.ra Silvia Canfora, segretaria della Società abruzzese, contenente il seguente testo: “Dopo ti spiego … sono da campitelli”. «Secondo la Procura, in detta missiva risiederebbe la prova di un incontro del Di Nicola con il Campitelli, prodromico all’accordo illecito sulla gara in questione. In realtà, nulla di tutto questo si era (e si è), neanche lontanamente, verificato: piuttosto, andando a ritroso nel tempo e nella memoria, è venuto fuori che, proprio il giorno 27 Aprile 2015, alle ore 17.30, su iniziativa del Presidente Luciano Campitelli, noto imprenditore nel settore dolciario e del beverage, veniva inaugurato, a Roseto degli Abruzzi, un nuovo punto vendita con bar, denominato “Rue dei Sapori”. L’importante evento richiamava le massime Autorità cittadine nonché la Dirigenza e la squadra della S.S. Teramo Calcio s.r.l., oltre ad un gran numero di tifosi e di persone in generale (v. relativa documentazione giornalistica e fotografica – all. 1). Per cui, quando il Di Nicola asseriva nel messaggio di trovarsi “da campitelli” (e non “con Campitelli”), è molto probabile che si riferisse proprio al suddetto locale, alla cui apertura, evidentemente, quegli non aveva voluto mancare: l’accusa, invece, è portata a scambiare un bar (comunemente e sbrigativamente identificato con il cognome del suo titolare) con una persona (il Presidente del club abruzzese, appunto)!!! Identico discorso vale allorquando il sig. Marcello Di Giuseppe, nella telefonata al Di Nicola del 30 Aprile 2015, ore 11.35 (progressivo 85714), afferma, tra l’altro: “eh … io adesso sono stato a Campitelli …”. Anche in tal caso, la locuzione “a Campitelli” (stavolta, si noti, né “con Campitelli” e neppure “da Campitelli”) era di certo afferente all’esercizio commerciale di proprietà del menzionato Presidente e non già alla persona di quest’ultimo, con il quale, differentemente da quanto dedotto dal requirente, il Di Giuseppe non si era poco prima incontrato (sic!). Parimenti inaccettabile è l’interpretazione data dall’Autorità Giudiziaria e dalla Procura Federale al passaggio della telefonata del 30 Aprile 2015, ore 22.50 (progressivo 86097) tra il Di Nicola ed il Di Giuseppe, da cui si desumerebbe che il secondo sarebbe stato “in attesa della conferma della partecipazione alla riunione di un altro soggetto non meglio specificato che sarà poi identificato, dalle risultanze intercettive successive, nel presidente del Teramo, Campitelli” (cfr. pag. 49 del deferimento). Al riguardo, è sufficiente osservare come una simile supposizione non si concili affatto con gli epiteti insultanti adoperati dal Di Giuseppe nei confronti di questa fantomatica persona (“allora io ora sto chiamando quel cretino per dirgli di domattina di incontrarci subito hai capito?”; ed a seguire: “eh … mica mi risponde il deficiente, quello chi lo sa”). Considerato che tra il Di Giuseppe ed il Campitelli i rapporti, in seno alla Società teramana, erano cordiali e pacifici, non è seriamente pensabile che, nel dialogare con un interlocutore telefonico (per di più, anch’egli un addetto ai lavori), il primo potesse etichettare così volgarmente il proprio Presidente (!!!)». Si evidenzia, ancora, in ricorso: «Un altro sottile ma emblematico indizio della assoluta estraneità del Campitelli ad ogni ipotesi di combine si rileva nella telefonata tra il Di Nicola ed il Di Giuseppe del 1° Maggio 2015, ore 19.27 (progressivo 86436), laddove il Direttore aquilano, nell’apprendere che il collega teramano era in macchina “col presidente e due dirigenti”, durante il tragitto per raggiungere la squadra a Savona in vista della gara del giorno seguente, chiede all’altro: “puoi parlare?”; domanda, questa, che mai sarebbe stata posta se i compagni di viaggio del Di Giuseppe (ed, in particolare, il Campitelli) fossero stati, in qualche misura, suoi “complici” nell’asserito progetto alterativo inerente alla partita medesima. Lo stesso dicasi, sul piano logico, per la conversazione tra il Di Nicola ed il Di Giuseppe del 2 Maggio 2015, ore 8.47 (progressivo 86528), in cui, secondo inquirenti e requirenti, il primo avrebbe suggerito al Di Giuseppe “come procedere per la perfetta riuscita della combine e consiglia[to] al suo complice di contrattare personalmente senza far intervenire il suo “capo”, ovvero il presidente del Teramo, Campitelli Luciano, il quale avrebbe partecipato di sicuro all’incontro” (cfr. pag. 58 del deferimento). Pure a tal proposito, la conclusione cui giunge l’accusa non è in alcun modo plausibile né accettabile: se davvero il Campitelli fosse stato l’ispiratore ed il finanziatore dell’illecito, così come ex adverso sostenuto, che senso avrebbe avuto tenerlo al di fuori del colloquio decisivo per il perfezionamento della presunta frode?». Quanto agli incontri del 2 maggio secondo la prospettazione difensiva del ricorrente Campitelli, né le intercettazioni telefoniche, né le affermazioni di Barghigiani «sono assolutamente idonee a scalfire la granitica ed inossidabile potenza dei fatti e della storia: fatti e storia che escludono categoricamente ed inoppugnabilmente la presenza del Campitelli agli appuntamenti in discorso». Così, ad esempio, a dire del ricorrente, quando alle ore 11.53 del 2 maggio Di Giuseppe comunica a Di Nicola di aver raggiunto il posto convenuto, ossia l’uscita autostradale di Albisola e, precisamente, il bar “Ambro-Caffe”, e di essere in attesa dei “savonesi”, a bordo di una Maserati «(autovettura detenuta in comodato d’uso dalla Società S.S. Teramo Calcio s.r.l. ma riservata all’esclusivo utilizzo del menzionato Direttore Sportivo – v. relativo contratto: all. 2) – si esprimeva ancora al plurale (“si … noi stiamo qua”; “… noi stiamo con la Maserati”), egli non si riferiva certamente al Campitelli». Rimarca, a tal riguardo, il ricorrente «come, sin dalle ore 10.52 del 2 maggio 2015, il Di Giuseppe, ignorando l’avvenuto differimento dell’incontro dalle ore 11.00 alle ore 12.30 per un improvviso inconveniente occorso al Barghigiani, si trovasse all’uscita autostradale di Albisola; ebbene, nella telefonata effettuata in quel momento al Di Nicola (progressivo 86563), egli parla al plurale (“uscita di Albisola l’abbiamo appena fatta noi”), lasciando comprendere di essere già lì con il proprio accompagnatore: accompagnatore che, peraltro, non poteva essere di certo il Campitelli, il quale, in quei frangenti, si trovava sicuramente impegnato nella passeggiata con gli altri Dirigenti della Società sul lungomare di Arenzano, come incontrovertibilmente comprovato dalle numerose testimonianze in tal senso nonché dal “post” pubblicato su “facebook” dalla tifosa sig.ra Giulia De Iuliis». «Ma vi è di più», si aggiunge in ricorso: «dopo qualche minuto, alle ore 12.30, il Campitelli era stato raggiunto in camera dal Medico Sociale della S.S. Teramo Calcio s.r.l., Dott. Carlo D’Ugo, il quale aveva provveduto a somministrargli alcune gocce di calmante, in modo da alleviare il suo accentuato stato ansiogeno (cfr. espressa dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà rilasciata dal professionista medesimo dinanzi al Funzionario incaricato del Comune di Teramo: “Ai sensi e per gli effetti dell’art. 47 del citato D.P.R. 445/2000, dichiaro sotto la mia responsabilità: che in qualità di medico sociale della S.S. Teramo Calcio Srl, in data 02/05/2015, mi trovavo in Savona (Arenzano) presso l’hotel “Gran Hotel” con la squadra del Teramo, nel ritiro pre-partita della gara Savona – Teramo, in programma nel pomeriggio, alle ore 15:00, presso lo stadio di Savona. Verso le ore 12:00 il presidente Campitelli, in forte agitazione per l’imminente importante gara, si è ritirato in camera. Alle ore 12:30 mi sono recato nella stanza ove soggiornava il Campitelli e gli ho somministrato 8 gocce di EN, allo scopo di abbassare la tensione emotiva” – v. all. 8)». «Un’altra inoppugnabile circostanza, intrinsecamente e radicalmente inconciliabile», afferma Campitelli, che escluderebbe la propria presenza all’incontro di Albisola. Secondo l’interessato, poi, «ad integrale ed invalicabile smentita» della propria partecipazione ad entrambi gli incontri di Albisola (pre e post gara), soccorrerebbero, «primariamente, le corpose ed esaustive indagini difensive svolte, ai sensi degli artt. 327-bis, 391-bis, 391-ter e 391-octies c.p.p., dall’Avv. Giovanni Gebbia per conto dello stesso Campitelli e della S.S. Teramo Calcio s.r.l. (v. all. 3), da cui emerge una cronologia degli eventi in antinomica distonia con la ricostruzione accusatoria: - il Presidente, dopo aver pernottato, tra il 1° ed il 2 Maggio 2015, nello stesso albergo ove era alloggiata la squadra (il Grand Hotel di Arenzano), verso le 10.00 del mattino scendeva per prendersi un caffè ed, insieme ad altri Dirigenti della Società, passeggiava per circa due ore sul lungomare di quella località; - in detto frangente, egli incontrava alcuni tifosi abruzzesi con i quali scattava delle foto, intrattenendosi a parlare con loro (una sostenitrice, in particolare, la sig.ra Giulia De Iuliis, pubblicava, il 2 Maggio 2015 alle ore 11.05, il seguente “post” sul profilo facebook “L’Angolo del Tifoso Teramano”: “… dopo i baci del super e magico Presidente … ho beccato lui … più teso di una corda di violino!!! Aspettano noi … muovetevi!!!!! Innamorata di TE!!!!!” – v. all. 4, a millimetrica conferma di quanto dalla medesima riferito nelle dichiarazioni sub all. 3); - rientrato in hotel alle ore 12.15 circa, lo stesso si ritirava in camera senza pranzare, perché particolarmente teso a causa dell’ormai imminente inizio della partita; - quindi, verso le ore 13.00, il Presidente si ritrovava davanti all’albergo per partire, insieme al resto della comitiva, alla volta dello Stadio, ma, soffrendo l’autobus, non prendeva posto sul pullman della squadra, preferendo salire a bordo della macchina del Vice-Presidente sig. Ercole Cimini, con cui si accodava al mezzo ufficiale, raggiungendo il campo dopo una mezz’oretta; - terminata la gara alle ore 17.00 ca, egli, unitamente agli altri Dirigenti con cui aveva assistito alla stessa (Fabio Mignini ed il Dott. Pasqualino Testa), rimaneva sui gradoni all’interno della tribuna per circa un’ora, in attesa di ricevere dalle Forze dell’Ordine e dagli addetti alla sicurezza dello Stadio l’autorizzazione ad entrare in campo per festeggiare con i tifosi; - una volta che ciò era avvenuto, il Campitelli, insieme a tutto il gruppo esultante, si recava, intorno alle 18.00-18.15, negli spogliatoi, dove i festeggiamenti proseguivano per oltre un’ora; - nel frattempo, il Presidente veniva ripetutamente intervistato dai vari giornalisti televisivi, radiofonici e della carta stampata ivi presenti; - infine, verso le ore 19.30, giungeva il Direttore Sportivo sig. Marcello Di Giuseppe con l’auto della Società in sua esclusiva dotazione (una Maserati), su cui prendevano posto il Campitelli, unitamente ai Dirigenti Dott. Pasqualino Testa e Fabio Mignini, per partire, con il resto del corteo, alla volta di Teramo». Sempre secondo la prospettazione difensiva dell’appellante Campitelli, «Nell'intera e gigantesca mole di materiale istruttorio acquisito in fase di indagine, sia penale che sportiva, l'unico contatto diretto che si registri tra il Campitelli ed uno degli indagati-incolpati (il sig. Ercole Di Nicola) è quello attestato dalla intercettazione del 2 Maggio 2015, ore 19.39 (progressivo 86865), nella quale il D.S. aquilano, dopo aver chiamato il Di Giuseppe ed avergli chiesto, con tono deferente e dimesso, assolutamente incompatibile con un rapporto di avanzata complicità in illecito sportivo: “se chiamo il presidente per fargli i complimenti mi risponde...?”, il collega teramano gli passava proprio il massimo Dirigente della neopromossa Società, con cui il Di Nicola si congratulava per lo splendido successo ottenuto, ricevendo i ringraziamenti di prammatica (ed annessi convenevoli): nulla di più e di diverso, come, invece, indebitamente postulato dall'accusa (di telefonate del genere, in quei momenti, il Campitelli ne avrà avute a centinaia)». Nega, poi, Campitelli, l’incontro con Di Nicola del giorno 11 Maggio 2015, contestato dalla Procura federale. Sarebbe, a tal proposito, «comprovato per tabulas, infatti, come il citato Presidente fosse impegnato, continuativamente ed ininterrottamente, dalle ore 15.00 alle ore 18.10, in due Consigli di Amministrazione, rispettivamente della S.S. Teramo Calcio s.r.l., per il rilascio della fideiussione bancaria di Euro 800.000,00 (ottocentomila/00) occorrente per l'iscrizione al Campionato di Serie B 2015/2016, e della Sapori Veri s.r.l., per l'adozione del nuovo programma aziendale, del mansionario e della mappatura delle aree di rischio nonché per l'aggiornamento del Modello Organizzativo ex L. n. 231/2001 (v. all.ti 6 e 7). Tutti i partecipanti a detti consessi hanno, a loro volta, confermato, in sede di indagini difensive, la persistente presenza del Campitelli nelle prefate occasioni, precisando come lo stesso non avesse mai abbandonato, neppure per un istante, le riunioni medesime». In definitiva, manca, secondo il ricorrente «anche un semplice indizio di reità in merito all’addebito ascrittogli, essendosi, comunque, lontanissimi dal raggiungimento non solo della prova “oltre ogni ragionevole dubbio” ma, più modestamente, di “un grado di prova superiore al generico livello probabilistico” ovvero di “un grado di certezza, ottenuta sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti, in modo tale da acquisire una ragionevole certezza in ordine alla commissione dell’illecito” (cfr., ex plurimis, T.N.A.S., Signori / F.I.G.C. del 16 Aprile 2012; Spadavecchia / F.I.G.C. del 16 Aprile 2012; Amodio /F.I.G.C. del 10 Febbraio 2012). Ad onta di tutto questo, peraltro, i primi Giudici, con poche righe di motivazioni (interamente ricomprese a pag. 17 della delibera!), le quali finiscono con il ridursi ad una mera trasposizione di alcuni passi dell’atto di deferimento, integrati da brevi ed inconferenti considerazioni, completamente avulse dalle effettive risultanze delle indagini e dell’istruttoria, sportiva e penale, hanno reputato sufficientemente dimostrata la responsabilità del reclamante nell’illecito in parola, destinandolo ad una sanzione che, di fatto, lo estromette irrimediabilmente dal mondo calcistico, segnandolo col marchio d’infamia del manipolatore di gare e di risultati. L’Organo giudicante, in buona sostanza, attraverso uno scrutinio inaccettabilmente sbrigativo ed inusualmente approssimativo, che rende, di per sé, illegittima ed annullabile la gravata decisione, è pervenuto ad una pronuncia di inesorabile e draconiana condanna del Campitelli, distruggendone l’immagine sportiva e sconvolgendone l’esistenza futura, sul piano non solo disciplinare ma anche sociale ed economico». Richiama, da ultimo, il ricorrente Campitelli, alcuni precedenti della giurisprudenza sportiva, (con particolare riferimento al procedimento nei confronti del signor Antonio Conte) e corposa giurisprudenza del TNAS relativa a casi simili, segnatamente, in ordine al regime di formazione, acquisizione e valutazione della prova nel processo sportivo. Luciano Campitelli, quindi, conclude instando affinché la «Corte Federale di Appello, riconosciute la validità e la fondatezza delle ragioni in fatto ed in diritto delineate in narrativa, contrariis reiectis, Voglia accogliere il presente ricorso e, per l’effetto, in riforma dell’impugnata delibera, prosciogliere il medesimo da ogni addebito, con totale annullamento delle misure punitive comminategli dai Giudici di primo grado». Il Teramo Calcio s.r.l. svolge tre articolati motivi d’appello. Con riferimento al profilo della responsabilità diretta per le condotte ascritte al proprio presidente Luciano Campitelli, ritiene che «dall’esame degli atti del procedimento e dall’analisi dell’effettivo evolversi degli eventi, è possibile indubitabilmente escludere qualunque inadempienza disciplinare in capo» al proprio presidente, «men che meno in ordine alla gravissima ed estrema ipotesi di cui all’art. 7 comma 1 del C.G.S.». A tal proposito, prosegue il Teramo Calcio, «è d’uopo ribadire come il costrutto colpevolista a carico del medesimo appaia quanto mai fragile ed inconsistente, andando a collidere, in maniera stridente e fragorosa, con l’invalicabile barriera rappresentata dalla realtà oggettiva e storica». Ripercorrendo fedelmente le argomentazioni difensive del sig. Luciano Campitelli, la ricorrente società si impegna, poi, in una specifica ricostruzione alternativa degli episodi nei quali appare o viene evocato il presidente Campitelli. «E ciò a partire dal messaggio sms inviato il 27 Aprile 2015, alle ore 18.58 (progressivo 84667), dal sig. Ercole Di Nicola», alla sig.ra Silvia Canfora, segretaria della Società abruzzese, contenente il seguente testo: “Dopo ti spiego … sono da campitelli”. «Secondo la Procura, in detta missiva risiederebbe la prova di un incontro del Di Nicola con il Campitelli, prodromico all’accordo illecito sulla gara in questione. In realtà, nulla di tutto questo si era (e si è), neanche lontanamente, verificato: piuttosto, andando a ritroso nel tempo e nella memoria, è venuto fuori che, proprio il giorno 27 Aprile 2015, alle ore 17.30, su iniziativa del Presidente Luciano Campitelli, noto imprenditore nel settore dolciario e del beverage, veniva inaugurato, a Roseto degli Abruzzi, un nuovo punto vendita con bar, denominato “Rue dei Sapori”. L’importante evento richiamava le massime Autorità cittadine nonché la Dirigenza e la squadra della S.S. Teramo Calcio s.r.l., oltre ad un gran numero di tifosi e di persone in generale (v. relativa documentazione giornalistica e fotografica – all. 1). Per cui, quando il Di Nicola asseriva nel messaggio di trovarsi “da campitelli” (e non “con Campitelli”), è molto probabile che si riferisse proprio al suddetto locale, alla cui apertura, evidentemente, quegli non aveva voluto mancare: l’accusa, invece, è portata a scambiare un bar (comunemente e sbrigativamente identificato con il cognome del suo titolare) con una persona (il Presidente del club abruzzese, appunto)!!! Identico discorso vale allorquando il sig. Marcello Di Giuseppe, nella telefonata al Di Nicola del 30 Aprile 2015, ore 11.35 (progressivo 85714), afferma, tra l’altro: “eh … io adesso sono stato a Campitelli …”. Anche in tal caso, la locuzione “a Campitelli” (stavolta, si noti, né “con Campitelli” e neppure “da Campitelli”) era di certo afferente all’esercizio commerciale di proprietà del menzionato Presidente e non già alla persona di quest’ultimo, con il quale, differentemente da quanto dedotto dal requirente, il Di Giuseppe non si era poco prima incontrato (sic!). Parimenti inaccettabile è l’interpretazione data dall’Autorità Giudiziaria e dalla Procura Federale al passaggio della telefonata del 30 Aprile 2015, ore 22.50 (progressivo 86097) tra il Di Nicola ed il Di Giuseppe, da cui si desumerebbe che il secondo sarebbe stato “in attesa della conferma della partecipazione alla riunione di un altro soggetto non meglio specificato che sarà poi identificato, dalle risultanze intercettive successive, nel presidente del Teramo, Campitelli” (cfr. pag. 49 del deferimento). Al riguardo, è sufficiente osservare come una simile supposizione non si concili affatto con gli epiteti insultanti adoperati dal Di Giuseppe nei confronti di questa fantomatica persona (“allora io ora sto chiamando quel cretino per dirgli di domattina di incontrarci subito hai capito?”; ed a seguire: “eh … mica mi risponde il deficiente, quello chi lo sa”). Considerato che tra il Di Giuseppe ed il Campitelli i rapporti, in seno alla Società teramana, erano cordiali e pacifici, non è seriamente pensabile che, nel dialogare con un interlocutore telefonico (per di più, anch’egli un addetto ai lavori), il primo potesse etichettare così volgarmente il proprio Presidente (!!!)». Si evidenzia, ancora, in ricorso: «Un altro sottile ma emblematico indizio della assoluta estraneità del Campitelli ad ogni ipotesi di combine si rileva nella telefonata tra il Di Nicola ed il Di Giuseppe del 1° Maggio 2015, ore 19.27 (progressivo 86436), laddove il Direttore aquilano, nell’apprendere che il collega teramano era in macchina “col presidente e due dirigenti”, durante il tragitto per raggiungere la squadra a Savona in vista della gara del giorno seguente, chiede all’altro: “puoi parlare?”; domanda, questa, che mai sarebbe stata posta se i compagni di viaggio del Di Giuseppe (ed, in particolare, il Campitelli) fossero stati, in qualche misura, suoi “complici” nell’asserito progetto alterativo inerente alla partita medesima. Lo stesso dicasi, sul piano logico, per la conversazione tra il Di Nicola ed il Di Giuseppe del 2 Maggio 2015, ore 8.47 (progressivo 86528), in cui, secondo inquirenti e requirenti, il primo avrebbe suggerito al Di Giuseppe “come procedere per la perfetta riuscita della combine e consiglia[to] al suo complice di contrattare personalmente senza far intervenire il suo “capo”, ovvero il presidente del Teramo, Campitelli Luciano, il quale avrebbe partecipato di sicuro all’incontro” (cfr. pag. 58 del deferimento). Pure a tal proposito, la conclusione cui giunge l’accusa non è in alcun modo plausibile né accettabile: se davvero il Campitelli fosse stato l’ispiratore ed il finanziatore dell’illecito, così come ex adverso sostenuto, che senso avrebbe avuto tenerlo al di fuori del colloquio decisivo per il perfezionamento della presunta frode?». Quanto agli incontri del 2 maggio secondo la prospettazione difensiva della ricorrente, né le intercettazioni telefoniche, né le affermazioni di Barghigiani «sono assolutamente idonee a scalfire la granitica ed inossidabile potenza dei fatti e della storia: fatti e storia che escludono categoricamente ed inoppugnabilmente la presenza del Campitelli agli appuntamenti in discorso». Così, ad esempio, a dire della reclamante società, quando alle ore 11.53 del 2 maggio Di Giuseppe comunica a Di Nicola di aver raggiunto il posto convenuto, ossia l’uscita autostradale di Albisola e, precisamente, il bar “Ambro-Caffe”, e di essere in attesa dei “savonesi”, a bordo di una Maserati «(autovettura detenuta in comodato d’uso dalla Società S.S. Teramo Calcio s.r.l. ma riservata all’esclusivo utilizzo del menzionato Direttore Sportivo – v. relativo contratto: all. 2) – si esprimeva ancora al plurale (“si … noi stiamo qua”; “… noi stiamo con la Maserati”), egli non si riferiva certamente al Campitelli». Rimarca, a tal riguardo, il ricorrente come, sin dalle ore 10.52 del 2 maggio 2015, Di Giuseppe, ignorando l’avvenuto differimento dell’incontro dalle ore 11.00 alle ore 12.30 per un improvviso inconveniente occorso al Barghigiani, si trovasse all’uscita autostradale di Albisola; ebbene, nella telefonata effettuata in quel momento al Di Nicola (progressivo 86563), egli parla al plurale (“uscita di albisola l’abbiamo appena fatta noi”), lasciando comprendere di essere già lì con il proprio accompagnatore: accompagnatore che, peraltro, non poteva essere di certo il Campitelli, il quale, in quei frangenti, si trovava sicuramente impegnato nella passeggiata con gli altri Dirigenti della Società sul lungomare di Arenzano, come incontrovertibilmente comprovato dalle numerose testimonianze in tal senso nonché dal “post” pubblicato su “facebook” dalla tifosa sig.ra Giulia De Iuliis». «Ma vi è di più», si aggiunge in ricorso: «dopo qualche minuto, alle ore 12.30, il Campitelli era stato raggiunto in camera dal Medico Sociale della S.S. Teramo Calcio s.r.l., Dott. Carlo D’Ugo, il quale aveva provveduto a somministrargli alcune gocce di calmante, in modo da alleviare il suo accentuato stato ansiogeno (cfr. espressa dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà rilasciata dal professionista medesimo dinanzi al Funzionario incaricato del Comune di Teramo: “Ai sensi e per gli effetti dell’art. 47 del citato D.P.R. 445/2000, dichiaro sotto la mia responsabilità: che in qualità di medico sociale della S.S. Teramo Calcio Srl, in data 02/05/2015, mi trovavo in Savona (Arenzano) presso l’hotel “Gran Hotel” con la squadra del Teramo, nel ritiro pre-partita della gara Savona – Teramo, in programma nel pomeriggio, alle ore 15:00, presso lo stadio di Savona. Verso le ore 12:00 il presidente Campitelli, in forte agitazione per l’imminente importante gara, si è ritirato in camera. Alle ore 12:30 mi sono recato nella stanza ove soggiornava il Campitelli e gli ho somministrato 8 gocce di EN, allo scopo di abbassare la tensione emotiva” – v. all. 8)». «Un’altra inoppugnabile circostanza, intrinsecamente e radicalmente inconciliabile», afferma Campitelli in ricorso, che escluderebbe la propria all’incontro di Albisola. Secondo parte reclamante, poi, «ad integrale ed invalicabile smentita» della propria partecipazione ad entrambi gli incontri di Albisola (pre e post gara), soccorrerebbero, «primariamente, le corpose ed esaustive indagini difensive svolte, ai sensi degli artt. 327-bis, 391-bis, 391-ter e 391-octies c.p.p., dall’Avv. Giovanni Gebbia per conto dello stesso Campitelli e della S.S. Teramo Calcio s.r.l. (v. all. 3), da cui emerge una cronologia degli eventi in antinomica distonia con la ricostruzione accusatoria: - il Presidente, dopo aver pernottato, tra il 1° ed il 2 Maggio 2015, nello stesso albergo ove era alloggiata la squadra (il Grand Hotel di Arenzano), verso le 10.00 del mattino scendeva per prendersi un caffè ed, insieme ad altri Dirigenti della Società, passeggiava per circa due ore sul lungomare di quella località; - in detto frangente, egli incontrava alcuni tifosi abruzzesi con i quali scattava delle foto, intrattenendosi a parlare con loro (una sostenitrice, in particolare, la sig.ra Giulia De Iuliis, pubblicava, il 2 Maggio 2015 alle ore 11.05, il seguente “post” sul profilo facebook “L’Angolo del Tifoso Teramano”: “… dopo i baci del super e magico Presidente … ho beccato lui … più teso di una corda di violino!!! Aspettano noi … muovetevi!!!!! Innamorata di TE!!!!!” – v. all. 4, a millimetrica conferma di quanto dalla medesima riferito nelle dichiarazioni sub all. 3); - rientrato in hotel alle ore 12.15 circa, lo stesso si ritirava in camera senza pranzare, perché particolarmente teso a causa dell’ormai imminente inizio della partita; - quindi, verso le ore 13.00, il Presidente si ritrovava davanti all’albergo per partire, insieme al resto della comitiva, alla volta dello Stadio, ma, soffrendo l’autobus, non prendeva posto sul pullman della squadra, preferendo salire a bordo della macchina del Vice-Presidente sig. Ercole Cimini, con cui si accodava al mezzo ufficiale, raggiungendo il campo dopo una mezz’oretta; - terminata la gara alle ore 17.00 ca, egli, unitamente agli altri Dirigenti con cui aveva assistito alla stessa (Fabio Mignini ed il Dott. Pasqualino Testa), rimaneva sui gradoni all’interno della tribuna per circa un’ora, in attesa di ricevere dalle Forze dell’Ordine e dagli addetti alla sicurezza dello Stadio l’autorizzazione ad entrare in campo per festeggiare con i tifosi; - una volta che ciò era avvenuto, il Campitelli, insieme a tutto il gruppo esultante, si recava, intorno alle 18.00-18.15, negli spogliatoi, dove i festeggiamenti proseguivano per oltre un’ora; - nel frattempo, il Presidente veniva ripetutamente intervistato dai vari giornalisti televisivi, radiofonici e della carta stampata ivi presenti; - infine, verso le ore 19.30, giungeva il Direttore Sportivo sig. Marcello Di Giuseppe con l’auto della Società in sua esclusiva dotazione (una Maserati), su cui prendevano posto il Campitelli, unitamente ai Dirigenti Dott. Pasqualino Testa e Fabio Mignini, per partire, con il resto del corteo, alla volta di Teramo». Senza dimenticare, aggiunge la società reclamante, che «come pure acclarato in sede istruttoria, alle ore 12.30» del 2 maggio «il dirigente Gianluca Scacchioli si era recato nella camera del Presidente per chiedergli la carta di credito, nell’esclusiva disponibilità del Campitelli, onde provvedere al pagamento delle spese di soggiorno della squadra nell’albergo ove la stessa aveva alloggiato». Sempre secondo la prospettazione difensiva dell’appellante società, «Nell'intera e gigantesca mole di materiale istruttorio acquisito in fase di indagine, sia penale che sportiva, l'unico contatto diretto che si registri tra il Campitelli ed uno degli indagati-incolpati (il sig. Ercole Di Nicola) è quello attestato dalla intercettazione del 2 Maggio 2015, ore 19.39 (progressivo 86865), nella quale il D.S. aquilano, dopo aver chiamato il Di Giuseppe ed avergli chiesto, con tono deferente e dimesso, assolutamente incompatibile con un rapporto di avanzata complicità in illecito sportivo: “se chiamo il presidente per fargli i complimenti mi risponde...?”, il collega teramano gli passava proprio il massimo Dirigente della neopromossa Società, con cui il Di Nicola si congratulava per lo splendido successo ottenuto, ricevendo i ringraziamenti di prammatica (ed annessi convenevoli): nulla di più e di diverso, come, invece, indebitamente postulato dall'accusa (di telefonate del genere, in quei momenti, il Campitelli ne avrà avute a centinaia)». Nega, poi, il Teramo Calcio, l’incontro Campitelli - Di Nicola del giorno 11 Maggio 2015, contestato dalla Procura federale. Sarebbe, a tal proposito, «comprovato per tabulas, infatti, come il citato Presidente fosse impegnato, continuativamente ed ininterrottamente, dalle ore 15.00 alle ore 18.10, in due Consigli di Amministrazione, rispettivamente della S.S. Teramo Calcio s.r.l., per il rilascio della fideiussione bancaria di Euro 800.000,00 (ottocentomila/00) occorrente per l'iscrizione al Campionato di Serie B 2015/2016, e della Sapori Veri s.r.l., per l'adozione del nuovo programma aziendale, del mansionario e della mappatura delle aree di rischio nonchè per l'aggiornamento del Modello Organizzativo ex L. n. 231/2001 (v. all.ti 6 e 7). Tutti i partecipanti a detti consessi hanno, a loro volta, confermato, in sede di indagini difensive, la persistente presenza del Campitelli nelle prefate occasioni, precisando come lo stesso non avesse mai abbandonato, neppure per un istante, le riunioni medesime». In tal ottica, sono in reclamo riportati «i passaggi più significativi delle suindicate dichiarazioni» e, segnatamente, quelle di Ercole Cimini (vicepresidente della SS Teramo Calcio s.r.l.), Francesca Campitelli (amministratore delegato della Sapori Veri s.r.l.), Angela De Patre (institore della Sapori Veri s.r.l.), Filippo Di Polidoro (sindaco unico e revisore dei conti della Sapori Veri s.r.l.), Giuseppe Bonomo (non tesserato FIGC), Gianluca Scacchioli (coordinatore generale della SS Teramo Calcio s.r.l.), Pasqualino Testa (dirigente accompagnatore della SS Teramo Calcio s.r.l.), Fabio Mignini (dirigente accompagnatore ufficiale della SS Teramo Calcio s.r.l.), Giulia De Iuliis (non tesserato FIGC), Marco De Antoniis (delegato ai rapporti con la tifoseria ed addetto stampa della SS Teramo Calcio s.r.l.), Andrea Costantini (giornalista professionista), Alfredo Giovannozzi (giornalista e telecronista sportivo), Giacinta Cingoli (avvocato e giornalista), Marco Cerbo. In definitiva, richiamati alcuni precedenti della giurisprudenza sportiva, (con particolare riferimento al procedimento nei confronti del signor Antonio Conte), segnatamente, in ordine al regime di formazione, acquisizione e valutazione della prova nel processo sportivo, ritiene, la società appellante, che manca non solo la prova “oltre ogni ragionevole dubbio” ma, più modestamente, anche “un grado di prova superiore al generico livello probabilistico” ovvero di “un grado di certezza, ottenuta sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti, in modo tale da acquisire una ragionevole certezza in ordine alla commissione dell’illecito” (cfr., ex plurimis, T.N.A.S., Signori / F.I.G.C. del 16 Aprile 2012; Spadavecchia / F.I.G.C. del 16 Aprile 2012; Amodio / F.I.G.C. del 10 Febbraio 2012). Con il secondo motivo di gravame, la società reclamante ritiene, quanto al profilo della responsabilità oggettiva, che «nessuna interrelazione ai sensi dell’art. 7 comma 2 e dell’art. 4 comma 2 del C.G.S. possa essere intravista tra la posizione disciplinare del sig. Marcello Di Giuseppe e quella della S.S. Teramo Calcio s.r.l. Quali che siano, infatti, le eventuali condotte antigiuridiche ravvisabili a carico del citato Direttore Sportivo, giammai il club appellante può essere travolto dalla sorte del medesimo. E’ bensì vero che quest’ultimo fosse, al momento della presunta espletazione delle attività alterative, tesserato per la compagine abruzzese, ma è altrettanto indubbio che, ammesso e non concesso che il Di Giuseppe abbia trasgredito più o meno gravemente il Codice di Giustizia Sportiva, sia la stessa ricostruzione paventata dalla Procura Federale (e recepita dal T.F.N.) ad inquadrare l’opera del predetto entro un ambito strettamente personale e totalmente scevro dal controllo e dalla consapevolezza del Sodalizio di riferimento, nell’alveo di un contesto generale, contraddistinto da una diffusa slealtà e dominato dallo scopo, costante e pervasivo, della realizzazione di scommesse dall’esito assicurato».Il Teramo porta, a tal proposito, ad esempio la telefonata tra Di Nicola e Di Giuseppe del 2 Maggio 2015, ore 8.47 (progressivo 86528), «in cui appare lampante un cenno dei due interlocutori al tema delle scommesse: “Marcello Di Giuseppe: senti ma voi? Ercole Di Nicola: noi… noi niente noi… può essere uno… vediamo un po’… Marcello Di Giuseppe: va bene… va bene… Ercole Di Nicola: ma perché dove… ci sta? Marcello Di Giuseppe: io ieri sera a quello dove vado io sì… Ercole Di Nicola: dove era? Marcello Di giuseppe: mi sa 365 [sito di scommesse on line, appunto, ndr] … Ercole Di Nicola: adesso lo vedo … eh … Marcello Di Giuseppe: eh … dai un’occhiata a tutte … che addirittura era a 2 … il tuo … Ercole Di Nicola: adesso ti faccio sapere tutto. Marcello Di Giuseppe: va bene ciao. Ercole Di Nicola: ciao ciao”». Premesso di non voler mettere minimamente in discussione «la validità e la legittimità del concetto di responsabilità oggettiva, trattandosi di un autentico caposaldo dell’ordinamento federale, di un baluardo insopprimibile per la tutela e la garanzia della regolarità delle gare e dei Campionati», la compagine teramana mira a dimostrare «la possibilità che, in situazioni di assoluta eccezionalità, nelle quali il rapporto di tesseramento tra agente e Società abbia perso anche la più recondita e flebile rilevanza, determinando il completo distacco tra l’attivo operare del primo ed il passivo subire della seconda, la responsabilità ex art. 4 comma 2 del C.G.S. ed, a maggior ragione, quella di cui all’art. 7 comma 2 del C.G.S. (limitatamente alla singola e specifica fattispecie) incontrino un innegabile limite applicativo, in senso totale o, quanto meno, parziale». E in tale direzione vengono, in reclamo, segnalate alcune pronunce della giurisprudenza sportiva, sia endo che esofederale, che «ha reiteratamente ed incontrovertibilmente stabilito, in occasione dei vari procedimenti sul “calcio-scommesse” scaturiti dalle inchieste penali delle Procure della Repubblica di Cremona, di Bari e di Napoli, la non configurabilità di alcuna responsabilità (ovvero la individuazione di una lievissima responsabilità) di tipo oggettivo in capo alla Società che sia mera titolare del vincolo di tesseramento ma che risulti totalmente estranea all’iniziativa ed agli scopi del soggetto agente». Pertanto, in analogia ai richiamati precedenti, nella denegata eventualità della mancata declaratoria del suo integrale proscioglimento, alla società Teramo Calcio s.r.l. non potrà essere inflitta che «una punizione assai mite, da contenersi, al massimo, entro i margini di una modesta ammenda, in misura, comunque, inferiore a quella ad essa irrogata dai primi Giudici». Con il terzo motivo d’appello contesta, il Teramo Calcio, la decisione impugnata nella parte in cui ha riconosciuto sussistere, a suo carico, la responsabilità presunta. Infatti, «ferma restando la dirimente questione relativa alla effettiva ravvisabilità di un illecito sportivo in relazione alla gara in oggetto, è d’uopo sottolineare come, anche a voler ammettere, in capo a soggetti terzi (tesserati e/o non tesserati) estranei all’odierna ricorrente, eventuali condotte integranti l’ipotesi di cui all’art. 7 comma 1 del C.G.S., in nessun modo il club teramano possa essere coinvolto, neppure in via presunta». Richiamata la norma di cui trattasi ritiene la reclamante che «se, da un lato, è teoricamente configurabile, a carico di una Società, una responsabilità in illecito sportivo anche per fatti o situazioni addebitabili a soggetti estranei (la c.d. presunta, sicuramente meno grave dell’oggettiva e della diretta ma implicante, comunque, la sanzione minima della penalizzazione), dall’altro, tale responsabilità va senz’altro esclusa in assenza dei requisiti oggettivi richiesti dalla prima parte della menzionata disposizione (con precipuo riferimento all’elemento del vantaggio, la cui prova incombe sull’accusa) ovvero in presenza di uno od ambedue i presupposti (mancata partecipazione all’illecito e/od omessa conoscenza dello stesso) delineati nella seconda parte della norma citata, per la cui dimostrabilità non è necessaria la piena prova (gravante, stavolta, sulla compagine deferita) ma è sufficiente il livello inferiore del “ragionevole dubbio”». Ora, a dire della reclamante, «nella vicenda in esame, non è certamente rilevabile un vantaggio per la S.S. Teramo Calcio s.r.l., inteso come obiettivo, prefissato e determinante, perseguito dai soggetti agenti nella realizzazione del progetto illecito (con valutazione da effettuarsi ex ante, sulla base, appunto, del fine propugnato, e non già a posteriori, alla luce dell’effettivo risultato ottenuto sul campo). A tal proposito, non può mancare di osservarsi come il movente, costante ed esclusivo, che spinga le persone asseritamente coinvolte ad alterare lo svolgimento ed il risultato dell’incontro in oggetto, sia sempre e solo quello dell’effettuazione di scommesse “sicure”, all’evidente scopo di realizzare facili ed indebiti guadagni, senza la benché minima attenzione verso eventuali agevolazioni in classifica per le squadre impegnate nella competizione agonistica (ivi compresa la scrivente compagine)». Pertanto, ne discenderebbe, «immediatamente ed inevitabilmente, l’impossibilità di attribuire una responsabilità ex art. 4 comma 5 del C.G.S. al club abruzzese». Tanto premesso ed esposto, la S.S. Teramo Calcio s.r.l., conclude insistendo affinché la Corte, «riconosciute la validità e la fondatezza delle ragioni in fatto ed in diritto delineate in narrativa, contrariis reiectis, Voglia accogliere il presente ricorso e, per l’effetto, in riforma dell’impugnata delibera: a) in via principale, prosciogliere il Sodalizio medesimo da ogni addebito, con totale annullamento delle misure punitive allo stesso comminate dai Giudici di primo grado; b) in subordine, esclusa la responsabilità diretta della Società abruzzese per la condotta ascritta al suo legale rappresentante pro-tempore sig. Luciano Campitelli, limitare la sanzione a carico della menzionata compagine ad una lieve ammenda, in misura, comunque, inferiore a quella ad essa irrogata dal Tribunale Federale Nazionale». Il sig. Marcello Di Giuseppe, difeso dall’avv. Libera D’Amelio, svolge, anzitutto, due preliminari eccezioni: di improcedilità dell’azione, in difetto di individuazione dei «corresponsabili dell’illecito contestato al Di Giuseppe Marcello» e nullità del procedimento di primo grado per violazione del diritto di difesa e mancato rispetto delle regole del giusto processo e del contraddittorio, con riferimento «al verbale di audizione del Sig. Corda Ninni del 30.07.2015 reso dinanzi agli Organi della Procura Federale», recante «parecchie parti con “omissis”», con conseguente evidente «grave menomazione defensionale patita in punto di effettiva conoscenza di fatti, circostanze, nomi ed altro, conseguente alla mancata discovery di tutto il verbale di audizione del Ninni Corda, nella sua integrità», sulla quale, peraltro, il Tribunale di primo grado non «ha fornito risposta in sentenza». Con un unico articolato motivo di gravame la difesa del suddetto ricorrente censura, poi, nel merito, «la irragionevolezza della gravata sentenza poiché immotivatamente perviene ad un giudizio di grave responsabilità a carico di Marcello Di Giuseppe in assenza di qualsivoglia elemento di riscontro fattuale e giuridico ed invero, si fonda esclusivamente sul sospetto di ipotetiche condotte asseritamente ascritte all’assistito». Premesso come il sig. Marcello Di Giuseppe svolga «con professionalità e scrupolo la sua attività di Direttore Sportivo del Teramo Calcio Srl a far data dal 2011» e come questi abbia «reso possibile il conseguimento di risultati mirabili e di alto livello professionale calcistico, riuscendo a far vincere ben tre Campionati alla Società del Teramo, inanellando consensi e meriti sia a livello personale che pubblico sociale », la difesa dell’interessato evidenzia come il proprio assistito non sia mai stato «oggetto di deferimento né tantomeno di provvedimento disciplinare sino ad oggi; chiara attestazione della limpida condotta del tesserato nel tempo». Muove, ancora, la prospettazione difensiva dalla circostanza della conoscenza, da parte di Di Giuseppe, di «solo alcuni dei soggetti che entrano attivamente nel procedimento de quo. In specie, il Campitelli Luciano e il Di Nicola Ercole: il primo in quanto Presidente del Teramo Calcio Srl, il secondo in quanto suo compaesano e parimenti responsabile dell’area tecnica di L’Aquila Calcio». Ebbene, prosegue la difesa del ricorrente, «la attività di captazione copiosamente trasfusa agli atti oggi all’attenzione della Ecc.ma Corte Federale d’Appello, scevra da forzature ermeneutiche, chiaramente illumina sul solo e univoco tenore letterale e di significato che quelle conversazioni telefoniche volevano intendere». In tal ottica, il sig. Di Giuseppe «non nega di avere effettuato conversazioni telefoniche con quanti emergono dalla presente vicenda processuale, e però di quelle conversazioni è doveroso dare la giusta lettura e spiegazione in chiave di reale significato». Di seguito, in sintesi, alcune delle argomentazioni difensive offerte dalla difesa di Di Giuseppe: dal dato letterale delle telefonate intercorse tra Di Giuseppe e gli altri soggetti interessati dal presente procedimento non si evince in alcun passaggio il riferimento alla gara Savona-Teramo; né vi è menzione di somme di danaro da corrispondere quale prezzo della alterazione della partita;l’alterazione di una partita di calcio implica logicamente il coinvolgimento di coloro i quali, in primis, avrebbero la possibilità di influenzare l’esito della gara: nel caso di specie, invece, «manca proprio la identificazione degli eventuali calciatori avvicinati dal Di Giuseppe Marcello, o da chi per lui, che avrebbero dovuto porre in essere condotte illecite di alterazione della disputa calcistica»;«appare inverosimile e surreale anche solo ipotizzare che si possa compromettere e veicolare l’esito di una partita di calcio a soli due giorni dalla gara medesima»; procedendo alla analisi delle telefonate a partire dalla giornata del 28 aprile 2015 tra Di Giuseppe e Di Nicola, «in nessun passaggio della conversazione interessata si fa menzione della partita del 2 maggio tra Savona-Teramo. Invero, la telefonata tra i due è routinaria e prodromica di un incontro amicale; nei loro scambi dialogici si limitano ad accordare la preferenza per vedersi in un bar non troppo confusionario e, non pare a questo difensore che, tale ultima circostanza sia di così pregnante rilevanza tale da voler leggere un retro pensiero criminale del Di Giuseppe Marcello. Né può e né si deve riempire di contenuti criminalizzanti parole, frasi che nella loro cristallina lettura non lasciano dubbio alcuno sulla insussistenza di ipotetiche condotte illecite»; le telefonate intercorse tra Di Giuseppe e Di Nicola tra il 27 aprile 2015 e il 30 aprile 2015 «afferivano esclusivamente a scambi di valutazioni tecniche relative a instaurande operazioni in vista del prossimo mercato calcistico o, anche a conversazioni dal tenore amicale e come tali, neutrali rispetto ad una spiegazione inquisitoria o, anche a dialoghi concernenti le disamine delle partite di calcio disputate o da disputarsi nel sabato successivo»; quanto alle propalazioni «rese a più riprese dal Sig. Ninni Corda che, allo stato, apparirebbero, le sole utilitaristicamente rese non fosse altro che per ottenere una comoda e invitante via di fuga, dal presente processo sportivo», il verbale di audizione del 30 luglio non è stato neppure «annoverato tra le fonti di prove incartate nell’atto di deferimento notificato alle parti»; in ogni caso, «le dichiarazioni rese de relato da un soggetto che non abbia assistito personalmente a taluni fatti e accadimenti, rilevanti sotto il profilo della consumazione dell’odierno illecito contestato e del relativo giudizio di responsabilità, non può né deve avere una forza probante tale da fondare il convincimento di colpevolezza della Ecc.ma Corte»;Corda conferma che la sera dell’incontro a Bisceglie ebbe a discutere di “mercato calcistico” con Di Giuseppe e Di Nicola (cfr. tel del 29.04.2015 ore 16.58 Informativa di reato Prto.404/2015/Mob/SCO_A/RM,): è paradossale che il Tribunale non abbia dato alcun peso a questa circostanza; Corda era stato allontanato dalla Società del Savona e sussistevano forti motivi di livore, essendo fatto notorio che lo stesso avesse subito una denuncia da parte dei suoi ex giocatori, all’epoca in cui allenava per l’appunto il Savona Calcio; quanto alla seconda fase della fantomatica combine che viene datata al 30.04.2015 (una giornata e mezzo prima della gara Savona-Teramo), l’incipit sarebbe dato dalla conversazione telefonica tra Di Nicola e Di Giuseppe alle ore 11.35 del 30.04.2015: il T.F.N. suppone la eventuale ideazione della seconda fase della combine e la motiva collocando l’inizio di essa dalle parole Di Giuseppe il quale nel dire “… sono a Campitelli….. ” voleva “evidentemente” intendere che si trovasse dal Presidente Campitelli. «Orbene, poiché la lingua italiana è chiara ed anche il relativo significato delle parole profferite e/o scritte, non è dato capire perché dal trascritto testuale di cui al brogliaccio “a Campitelli” si sia giunti a immutare una “a” in un “da Campitelli”. E per tal fatta, i Giudici di primo Grado trae la conferma che i due, Di Giuseppe e Di Nicola, stessero parlando di “combine” e della cosa era partecipe anche il Presidente del Teramo!»; «il riferimento “a Campitelli” stava a significare che il Di Giuseppe si trovava nel bar di proprietà del Campitelli sito in Roseto degli Abruzzi, guarda un po’ il paese in cui vive e dimora il Di Giuseppe con la di lui famiglia»; era nota la volontà del Presidente Dellepiane di spogliarsi della proprietà della società sportiva e, in tal senso, «conferiva precipuo mandato esplorativo a uomini suoi fidati onde verificare possibili interessamenti di terzi. Il Di Nicola, reso edotto aliunde di tale situazione di fatto, provava a verificare se mai vi fosse apertura in tal senso anche da parte di altri soggetti gravitanti nell’ambito calcistico per l’acquisto del Savona Calcio. A tanto si disponeva il Di Nicola, tramite il direttore sportivo, collega e conoscente Di Giuseppe Marcello. Il Di Giuseppe Marcello, intratteneva dialogici ipotetici accordi con il Di Nicola Ercole e palesava la sua disponibilità ad un incontro anche con il Barghigiani al fine di constatare la veridicità di quanto prospettatogli dal collega Di Nicola. In tale chiave di unica spiegazione va inquadrato l’incontro a Fabro tra il Di Giuseppe, il Di Nicola e il Barghigiani»; alle suddette telefonate o brevi incontri tra Di Giuseppe, Di Nicola e Barghigiani residuano, dunque, «solo sospetti e congetture allo stato embrionale»; con riferimento alla telefonata intercorsa tra Di Giuseppe e Di Nicola nella giornata del 30.04.2015 alle ore 21.55 allegato 25 informativa di reato Prot.404/2015(Mob/SCO_A/RM), la stessa «ha un cristallino e pacifico significato avulso da qualsiasi riferibilità a ipotetiche e non meglio specificate ipotesi di combine». Infatti, in quella occasione Di Nicola «metteva a parte il Di Giuseppe della naufragata trattativa di contrattualizzare con la Società di L’Aquila Calcio due giocatori che erano stati attenzionati dal Matteini per conto dello stesso Di Nicola»; quanto agli accadimento della giornata della partita Savona-Teramo del 2 maggio 2015, «il Di Giuseppe e il Di Nicola erano in contatto telefonico per aggiornarsi dell’incontro che il D.S. del Teramo avrebbe avuto con il referente del Presidente delle Piane, appunto il Barghigiani, onde sommariamente percepire de visu la bontà delle ipotesi di cessione di quote del Savona Calcio Srl. […] Per ragioni di opportunità e quieto vivere, stante la ritenuta necessità di mantenere rapporti amicali e sereni tra uomini di calcio, il Di Giuseppe Marcello non si sottraeva ad ascoltare quanto gli veniva rappresentato dal Di Nicola, e cionondimeno l’assistito mai riferiva delle conversazioni intrattenute con Di Giuseppe e viceversa»; l’incontro del 2 maggio 2015 aveva la durata temporale di soli 5 minuti: «In quella occasione, il deferito utilizzava la macchina Maserati nella sua esclusiva disponibilità da diverso tempo, e si recava unitamente al Sig. Antonio Misantone, nel parcheggio antistante il Bar denominato Ambra. Ivi giunto, scambiava brevi cenni di saluto e convenevoli con il Barghigiani, accompagnato da un uomo la cui identità non era nota al Di Giuseppe Marcello, dopo di chè quest’ultimo si allontanava per recarsi allo stadio»; la mattina «del 2 maggio, prima dell’incontro ad Albissola, intercorreva una telefonata tra il Di Giuseppe e il Di Nicola alle ore 10.52. Nel corso di quella conversazione il Di Giuseppe informava il Di Nicola di trovarsi già all’appuntamento in attesa del Barghigiani. Di poi, si susseguivano un paio di telefonate tra i due, di conferma dell’arrivo del Barghigiani. Il dato letterale e gli orari sono tutti chiaramente evincibili dagli atti. Ebbene, il Direttore del Teramo, aspettava all’uscita dell’Autostrada il referente del Savona per la cessione di quote della Società e mai, si ripete mai, in alcuna telefonata neppure per sbaglio ci sono riferimenti alla partita che da li a poco si sarebbe svolta»; se Di Nicola sente al telefono Di Giuseppe alle ore 10.52, «vuol dire che quest’ultimo si trovava già in Albissola ad attendere il consulente del Savona e, appare quantomeno improbabile, per non dire impossibile, che a quell’incontro si trovasse anche il Presidente del Teramo poiché, non solo il Di Nicola ben avrebbe potuto contattare telefonicamente anche il Campitelli, cosa che non è accaduta come risulta dalle carte ma, addirittura è stato dimostrato in modo inconfutabile tramite prove per testi e documentali che il Presidente del Teramo al momento dell’incontro al Bar Ambra, si trovava da tutt’altra parte»; «al termine della partita Savona-Teramo, il Di Giuseppe sempre su input del Di Nicola il quale verosimilmente teneva a che i rapporti sotto il profilo del contegno e della misura, venissero mantenuti buoni, accettava di incontrare nuovamente il Barghigiani nello stesso posto ove si erano visti nella mattinata. Il D.S. del Teramo, accoglieva tale richiesta di cortesia del Di Nicola al fine unico e solo di non far incrinare rapporti lavorativi e di conoscenza, ben conscio che un suo ipotetico rifiuto sarebbe stato letto come un gesto di profondo sgarbo. Invero, il Di Giuseppe nuovamente incontrava il Barghigiani il quale, limitandosi a manifestare il plauso per il risultato della partita favorevole al Teramo Calcio, tentava nuovamente con fare mesto di ricordare al Di Giuseppe Marcello della ipotesi di interessare qualche imprenditore abruzzese dell’acquisto delle quote del Savona Calcio»; lo stesso Di Giuseppe, del resto, «durante la telefonata con il Di Nicola nel corso della quale lo invitava nuovamente a vedere il Barghigiani, mostrava chiari segni di insofferenza ed è tangibile il senso della inutilità di quell’incontro proprio ponendo attenzione al gergo e al distacco usato dal Di Giuseppe per chiudere sbrigativamente la chiamata con il collega»; se Di Giuseppe «avesse avuto intenzione di alterare la partita di calcio in questione come avrebbe potuto farlo senza una preventiva organizzazione diretta, costante, continua e datata nel tempo con qualcheduno attivamente interessato e facente parte del Savona Calcio», visto che Barghigiani non faceva più parte dello staff del Savona? «inferente e di decisiva significatività la» seguente circostanza. «Nella telefonata ultima del 2 maggio 2015 che il Di Nicola effettuava poco dopo la fine della disputa calcistica alla utenza cellulare del Di Giuseppe, testualmente si legge “….se chiamo il presidente per fargli i complimenti mi risponde?…”. Il chiaro tenore letterale di quanto sopra trascritto non lascia spazio ad equivoci di sorta e ben lumeggia un dato incontestabile: è di tangibile pregnanza e dimostrazione la assoluta non conoscenza né conoscibilità da parte del Presidente dei pregressi intercorsi telefonici tra il Di Nicola e il Ds Di Marcello, prova è data dal modo mesto e quasi timoroso del Di Nicola di domandare al collega di potere salutare il Campitelli»; secondo i giudici di primo grado nella giornata del 13 o in quella del 18 maggio ci sarebbe stata la corresponsione del danaro, quale prezzo dell’illecita contrattazione avvenuta: «ebbene, il T.F.N. assume come dato granitico che il Di Giuseppe nel corso delle telefonate indicate discuteva con il Di Nicola sulla “suddivisione del corrispettivo”, ciononostante i Giudici di Prime Cure non forniscono alcun elemento individualizzato preciso per motivare tale assunto recepito nella sentenza», non essendovi alcun passaggio in cui si faccia alcun richiamo alla partita del 2 maggio, né una indicazione di massima della ipotetica suddivisione di danari e tra chi, soprattutto». Per tali motivi la difesa del ricorrente Marcello Di Giuseppe conclude chiedendo l’accoglimento delle seguenti conclusioni: 1) In via preliminare accogliere le eccezioni di cui al punto nr. 1 e 2 del presente gravame; 2) In Via Principale e nel merito: - Accertare il mancato coinvolgimento de Di Giuseppe Marcello ai fatti contestati nonché - Dichiarare il proscioglimento del Di Giuseppe Marcello dalle incolpazioni di cui al deferimento e per l’effetto - Annullare la sentenza di I° Grado. 3) In via subordinata nel merito: - Accertare la effettiva condotta tenuta dal Di Giuseppe Marcello nonché la sproporzionalità della sanzione inflitta. - Dichiarare la derubricazione dell’addebito da illecito sportivo in art. 1 bis comma 1 CGS - Applicare una sanzione minore e/o comunque quella minima ritenuta di giustizia e, per l’effetto chiede La riforma della gravata sentenza di primo grado». La AS Gubbio s.r.l., come rappresentata, ha presentato proprie controdeduzioni ai reclami promossi dalla SS Teramo Calcio s.r.l. e dal Savona Fbc s.r.l., ritenendo che i predetti reclami siano infondati e che la decisione adottata dal TFN meriti integrale conferma. La pronuncia del Tribunale viene definita «ben argomentata e perfettamente ricostruttiva di tutti i momenti integrativi le violazioni contestate ai due club, tanto che la vicenda in esame ben può essere definita un perfetto “caso di scuola” di illecito sportivo, sia con riferimento alle modalità di svolgimento sia ai principi interpretativi in materia di valutazione delle risultanze probatorie nel giudizio disciplinare». Così, il Gubbio, ricostruisce e “legge” i passaggi centrali della vicenda. «Di Nicola, grande amico del Di Giuseppe e buon conoscente del Campitelli, si erge a “regista” dell’operazione, che coinvolge anche soggetti probabilmente non avvezzi a tali comportamenti, come il sig. Campitelli, tanto da suscitare timori, nei più avvezzi, in ordine al loro agire durante i momenti cruciali delle attività illecite (“tu gli devi dire che non deve parlare di niente, gli devi dire al tuo capo, capito?”) […]». Asserita l’assoluta attendibilità delle dichiarazioni del sig. Corda, anche perché le stesse sarebbero riscontrate dalla documentazione di cui alle intercettazioni telefoniche, la società Gubbio replica alla difesa del Savona in punto illogicità della costruzione accusatoria con riferimento al fatto che detta società non aveva interesse ad alterare il risultato della gara nel senso di una sua sconfitta, atteso che, alla luce del C.U. n. 48/TFN del 14 aprile 2015 di penalizzazione di due punti in classifica, «prima della gara de qua, il Savona era matematicamente al riparo dalla retrocessione diretta (+ 7 dal San Marino con due gare da giocare) e comunque terz’ultimo in classifica a quattro punti dalla salvezza diretta, fortemente improbabile da raggiungere, visto il difficile impegno contro il Teramo del 02 maggio 2015 e un calendario che favoriva le società che la sopravanzavano, tanto che il club ligure chiudeva il campionato a meno 6 dalla quota salvezza». Passa, dunque, in rassegna, il Gubbio, i vari momenti e passaggi della vicenda. È Di Nicola che prima di coinvolgere direttamente i dirigenti del Savona «si muove su livelli inferiori, per soddisfare la volontà di Di Giuseppe e Campitelli, con cui si incontra pacificamente (a nulla rilevando il luogo) il 27 aprile 2015» e «coordina i vari concorrenti nell’illecito, intrattenendo rapporti dapprima con Matteini, quindi con Corda». Evidenzia, il Gubbio, il ruolo dei singoli compartecipi, «tutti coordinati dal regista, non troppo occulto, dell’operazione che, lo si precisa per chiarire la ragione per cui risulterebbe dei “vuoti” comunicativi, è l’unico soggetto sottoposto ad intercettazioni telefoniche rispetto agli altri correi (Campitelli, Di Giuseppe, Barghigiani, Corda, Matteini, Pesce, Ceniccola, Dellepiane), nessuno dei quali, esercitando certamente un proprio diritto, ma rinunciando a costituirsi un “alibi di ferro”, ha optato per il deposito dei propri tabulati telefonici relativi alla settimana antecedente alla gara», ricordando, come siano, a suo dire, «pacificamente dimostrati, e non smentiti dalle società, numerosi incontri, quali: -quelli del 27 aprile 2015, dapprima tra Di Nicola e Di Giuseppe, indi tra Di Nicola e Campitelli (a prescindere dal luogo dove i due si siano visti); -quello del 29 aprile 2015 a Bisceglie per cena, cui partecipò il Di Giuseppe in rappresentanza della società teramana, oltre al Di Nicola (cfr. deposizione Corda); -quello del 30 aprile 2015 a Fabro, a cui parteciparono certamente Di Nicola, Di Giuseppe, Barghigiani, seguito dall’sms di Barghigiani delle 22.29; -quello del 2 maggio 2015, prima della partita, cui parteciparono, pacificamente, Barghigiani, Di Giuseppe, Ceniccola (e Campitelli, circostanza, questa sola, contestata dalla difesa della S.S. Teramo Calcio s.r.l.); -quello del 2 maggio 2015, dopo la partita, cui parteciparono, pacificamente, Barghigiani, Di Giuseppe, Ceniccola (e Campitelli, circostanza, questa sola, contestata dalla difesa della S.S. Teramo Calcio s.r.l.); -quello dell’11 maggio 2015, a Canzano, vicino Teramo, cui parteciparono pacificamente, Barghigiani, Di Giuseppe, Di Nicola (e Campitelli, circostanza, questa sola, contestata dalla difesa della S.S. Teramo Calcio s.r.l.)». Sul punto della presenza del presidente Campitelli ai due suddetti incontri, dallo stesso, come detto negata, la società umbra, ritenendo siffatta presenza comunque dimostrata, si chiede, ad ogni buon conto, «quanta rilevanza può avere la partecipazione del presidente del Teramo ai tre incontri de quibus laddove è provato incontestabilmente tutto il resto, ovvero che (i) Campitelli si è visto con Di Nicola il pomeriggio del 27 aprile, dopo che quest’ultimo si era incontrato, in un posto isolato, con Di Giuseppe; (ii) la partita è stata oggetto di alterazione; (iii) il compenso pagato - € 70.000,00 in prima battuta con possibili rate successive – è stato messo a disposizione direttamente dalla società che ha beneficiato di un concreto, e decisivo ai fini della vittoria del campionato, vantaggio in classifica a seguito dell’alterazione della gara». Con specifico riferimento alla posizione del sig. Marcello Di Giuseppe queste, in sintesi, le deduzioni della AS Gubbio 1910. Di Giuseppe «si affanna maggiormente a “coprire” il presidente […] che nulla sapeva … ». Come Di Nicola, non fornisce una «lineare e credibile versione alternativa del proprio agire», attribuendo «il senso degli incontri con Barghigiani e dei contatti ripetuti intercorsi nella settimana antecedente e in quella successiva alla gara (mai avvenuti prima di quella settimana, né più proseguiti dopo), talvolta ad appuntamenti di calciomercato, talaltra a trattative di quote per la cessione della società Savona Fbc s.r.l.». Né l’una, né l’altra tesi appare credibile, sol che si tengano presenti le seguenti circostanze: quanto al calciomercato, Di Nicola si era dimesso da responsabile dell’area tecnica nel febbraio 2015 e, quindi, è poco verosimile che potesse trattare giocatori per conto del Savona con riferimento alla stagione sportiva successiva; le asserite trattative sarebbero avvenute tutte fuori dalle finestra del calciomercato; alcuni dei presunti calciatori oggetto di trattativa erano in prestito, dunque senza alcun diritto esercitabile dal Savona; quanto alla trattativa per la cessione delle quote, «non è mai stato reso noto il nominativo dei fantomatici imprenditori interessati all’acquisto delle quote del Savona, tra i quali deve escludersi Campitelli»; sono inspiegabili tutti i contatti tra i vari protagonisti della vicenda proprio in occasione della partita decisiva per le sorti del campionato; in alcune telefonate si dà conto di “impegni presi”, di “documenti”, di “compromessi”, quando, poi, Di Giuseppe sostiene che l’incontro prima della gara del 2 maggio sarebbe andato male e quello successivo alla gara sarebbe servito soltanto per “mantenere buoni rapporti”, peraltro, con una persona (Barghigiani) conosciuta appena tre giorni prima a Fabro; «non si comprenderebbe il coinvolgimento di Ninni Corda, laddove le sue dichiarazioni auto ed etero accusatorie parlano esplicitamente di proposte di combines, al pari di quello di Matteini; è poco credibile che delle trattative per la cessione delle quote di una società si svolgano senza alcun apporto di professionisti e, per giunta, in alcuni bar sparsi in varie zone. Con specifico riferimento alla posizione del sig. Luciano Campitelli queste, in sintesi, le deduzioni della AS Gubbio 1910.«La presenza del sig. Luciano Campitelli è immanente ed aleggia costantemente durante tutta la triste vicenda in commento, ed è assolutamente provata, non come mera consapevolezza dell’illecito, bensì, addirittura, come autorizzazione, nella fase preliminare, con la messa a disposizione del denaro, e come partecipazione attiva, nella fase realizzativa e distributiva dei compensi», da numerose circostanze, tra cui: incontro con Di Nicola (27 aprile) dopo che questi aveva incontrato Di Giuseppe; dichiarazioni Ninni Corda con specifico riferimento alla somma di euro 70.000 messa a disposizione dal Teramo; Barghigiani afferma la presenza di Campitelli ad entrambi gli incontri del 2 maggio; «è dimostrato che successivamente alla partita, dopo aver subito il furto di 70.000,00 euro nella notte tra il 3 e il 4 maggio, Campitelli incontrò Di Nicola a Canzano, nei pressi della sua abitazione, incontro a seguito del quale Di Nicola, uno alla volta, elargisce ai compartecipi l’importo pattuito». Con specifico riferimento alla posizione del sig. Marco Barghigiani la AS Gubbio 1910 ritiene che le argomentazioni difensive dello stesso siano infondate. Osservato che «Marco Barghigiani è il primo che, cinque giorni dopo la notifica dell’ordinanza della DDA di Catanzaro, si reca dagli inquirenti – evidentemente senza essersi consultato con gli altri indagati – rispondendo spontaneamente», in questa sede processuale, «letto il contenuto dell’ordinanza, e preso atto delle prove schiaccianti che dimostrano gli incontri con Campitelli», lo stesso «ha due soli obiettivi: (a) fornire una giustificazione lecita ad incontri che dà per scontato essere acclarati; (b) preservare la posizione del presidente Dellepiane». Ritiene, ancora, la società AS Gubbio che sia dimostrato da numerose circostanze che Barghigiani «non si sia, in realtà, mai allontanato da Savona e dal Savona». Emblematica, a tal riguardo, sarebbe, ad esempio, la circostanza che nella telefonata del 2 maggio h. 10.50 Barghigiani giustifica il proprio ritardo all’appuntamento con Di Nicola con l’infortunio occorso al calciatore Taddei. Del pari, significativa l’accredito di Barghigiani (e Ceniccola) alla gara Gubbio – Savona del 31 maggio 2015, valida per i play out di ritorno, «su richiesta della società ligure, come dirigenti del club, con tanto di pass spogliatoio e pass auto». Quanto in riferimento alla posizione del sig. Aldo Dellepiane la AS Gubbio ritiene che vi siano diversi passaggi delle conversazioni telefoniche intercettate che dimostrerebbero il coinvolgimento dello stesso, oltre che dalle dichiarazioni di Ninni Corda, secondo cui, appunto, Barghigiani gli disse che «una parte dei soldi dati dal Teramo per vincere la gara erano finite nelle tasche del presidente Dellepiane». «Come poteva “indovinare” il Corda che la somma su cui le parti raggiunsero l’accordo, atteso che il predetto uscì dall’operazione (e lo dimostrano anche i contatti telefonici) la sera del 29 aprile, ammontava a € 70.000,00?». «Chi è la persona con cui Barghigiani» si interfaccia, si chiede, poi, la AS Gubbio, «se non il presidente Dellepiane?». Svolte alcune considerazioni in ordine alla valutazione complessiva del materiale probatorio ed alla, a suo dire, inattendibilità delle deposizioni dei due tesserati (Fabio Mignini e Pasqualino Testa) della S.S. Teramo Calcio s.r.l., ammesse dal Tribunale federale nazionale, detto, ancora, che la giurisprudenza citata dalle reclamanti Teramo e Savona non coglierebbe nel segno, conclude, la AS Gubbio, chiedendo il rigetto degli appelli proposti dalle due predette compagini societarie e la integrale conferma delle sanzioni alle stesse inflitte in primo grado. Anche l’Ascoli Picchio 1898 s.p.a., con gli avv.ti Mattia Grassani e Maria Cristina Celani, ha proposto controdeduzioni al reclamo promosso dalla S.S. Teramo Calcio s.r.l. La pronuncia del Tribunale viene definita «ben argomentata e perfettamente ricostruttiva di tutti i momenti integrativi le violazioni contestate al club abruzzese, tanto che la vicenda in esame ben può essere definita un perfetto “caso di scuola” di illecito sportivo, sia con riferimento alle modalità di svolgimento sia ai principi interpretativi in materia di valutazione delle risultanze probatorie nel giudizio disciplinare». Così l’Ascoli ricostruisce i momenti fondamentali della vicenda di illecita alterazione della gara. «Di Nicola, grande amico del Di Giuseppe e buon conoscente del Campitelli, si erge a “regista” dell’operazione, che coinvolge anche soggetti probabilmente non avvezzi a tali comportamenti, come il sig. Campitelli, tanto da suscitare timori, nei più avvezzi, in ordine al loro agire durante i momenti cruciali delle attività illecite (“tu gli devi dire che non deve parlare di niente, gli devi dire al tuo capo, capito?”) […]». Asserita l’assoluta attendibilità delle dichiarazioni del sig. Corda, anche perché le stesse sarebbero riscontrate dalla documentazione di cui alle intercettazioni telefoniche, la società Ascoli replica alla difesa del Teramo in punto illogicità della costruzione accusatoria, passando analiticamente in rassegna i vari passaggi della vicenda. È Di Nicola che prima di coinvolgere direttamente i dirigenti del Savona «si muove su livelli inferiori, per soddisfare la volontà di Di Giuseppe e Campitelli» e «coordina i vari concorrenti nell’illecito, intrattenendo rapporti dapprima con Matteini, quindi con Corda». Evidenzia, l’Ascoli, il ruolo dei singoli compartecipi, «tutti coordinati dal regista, non troppo occulto, dell’operazione che, lo si precisa per chiarire la ragione per cui risulterebbe dei “vuoti” comunicativi, è l’unico soggetto sottoposto ad intercettazioni telefoniche rispetto agli altri correi (Campitelli, Di Giuseppe, Barghigiani, Corda, Matteini, Pesce, Ceniccola, Dellepiane), nessuno dei quali, esercitando certamente un proprio diritto, ma rinunciando a costituirsi un “alibi di ferro”, ha optato per il deposito dei propri tabulati telefonici relativi alla settimana antecedente alla gara», ricordando, come siano, a suo dire, «pacificamente dimostrati, e non smentiti dalle società, numerosi incontri, quali: -quelli del 27 aprile 2015, dapprima tra Di Nicola e Di Giuseppe, indi tra Di Nicola e Campitelli (a prescindere dal luogo dove i due si siano visti); -quello del 29 aprile 2015 a Bisceglie per cena, cui partecipò il Di Giuseppe in rappresentanza della società teramana, oltre al Di Nicola (cfr. deposizione Corda); -quello del 30 aprile 2015 a Fabro, a cui parteciparono certamente Di Nicola, Di Giuseppe, Barghigiani, seguito dall’sms di Barghigiani delle 22.29; -quello del 2 maggio 2015, prima della partita, cui parteciparono, pacificamente, Barghigiani, Di Giuseppe, Ceniccola (e Campitelli, circostanza, questa sola, contestata dalla difesa della S.S. Teramo Calcio s.r.l.); -quello del 2 maggio 2015, dopo la partita, cui parteciparono, pacificamente, Barghigiani, Di Giuseppe, Ceniccola (e Campitelli, circostanza, questa sola, contestata dalla difesa della S.S. Teramo Calcio s.r.l.); -quello dell’11 maggio 2015, a Canzano, vicino Teramo, cui parteciparono pacificamente, Barghigiani, Di Giuseppe, Di Nicola (e Campitelli, circostanza, questa sola, contestata dalla difesa della S.S. Teramo Calcio s.r.l.)». Sul punto della presenza del presidente Campitelli ai due suddetti incontri, dallo stesso, come detto negata, la società marchigiana, ritenendo siffatta presenza comunque dimostrata, si chiede, ad ogni buon conto, «quanta rilevanza può avere la partecipazione del presidente del Teramo ai tre incontri de quibus laddove è provato incontestabilmente tutto il resto, ovvero che (i) Campitelli si è visto con Di Nicola il pomeriggio del 27 aprile, dopo che quest’ultimo si era incontrato, in un posto isolato, con Di Giuseppe; (ii) la partita è stata oggetto di alterazione; (iii) il compenso pagato - € 70.000,00 in prima battuta con possibili rate successive – è stato messo a disposizione direttamente dalla società che ha beneficiato di un concreto, e decisivo ai fini della vittoria del campionato, vantaggio in classifica a seguito dell’alterazione della gara». Con specifico riferimento alla posizione del sig. Marcello Di Giuseppe queste, in sintesi, le deduzioni della società Ascoli Picchio, peraltro, sostanzialmente sovrapponibili a quelle dell’AS Gubbio. _ Di Giuseppe «si affanna maggiormente a “coprire” il presidente […] che nulla sapeva … ». _ Di Giuseppe non fornisce una credibile versione alternativa del proprio operato, attribuendo «il senso degli incontri con Barghigiani e dei contatti ripetuti intercorsi nella settimana antecedente e in quella successiva alla gara (mai avvenuti prima di quella settimana, né più proseguiti dopo), talvolta ad appuntamenti di calciomercato, talaltra a trattative di quote per la cessione della società Savona Fbc s.r.l.». _ Né l’una, né l’altra tesi appare credibile, sol che si tengano presenti le seguenti circostanze: quanto al calciomercato, Di Nicola si era dimesso da responsabile dell’area tecnica nel febbraio 2015 e, quindi, è poco verosimile che potesse trattare giocatori per conto del Savona con riferimento alla stagione sportiva successiva; le asserite trattative sarebbero avvenute tutte fuori dalle finestra del calciomercato; alcuni dei presunti calciatori oggetto di trattativa erano in prestito, dunque senza alcun diritto esercitabile dal Savona; quanto alla trattativa per la cessione delle quote, «non è mai stato reso noto il nominativo dei fantomatici imprenditori interessati all’acquisto delle quote del Savona, tra i quali deve escludersi Campitelli»; sono inspiegabili tutti i contatti tra i vari protagonisti della vicenda proprio in occasione della partita decisiva per le sorti del campionato; in alcune telefonate si dà conto di “impegni presi”, di “documenti”, di “compromessi”, quando, poi, Di Giuseppe sostiene che l’incontro prima della gara del 2 maggio sarebbe andato male e quello successivo alla gara sarebbe servito soltanto per “mantenere buoni rapporti”, peraltro, con una persona (Barghigiani) conosciuta appena tre giorni prima a Fabro; «non si comprenderebbe il coinvolgimento di Ninni Corda, laddove le sue dichiarazioni auto ed etero accusatorie parlano esplicitamente di proposte di combines, al pari di quello di Matteini; è poco credibile che delle trattative per la cessione delle quote di una società si svolgano senza alcun apporto di professionisti e, per giunta, in alcuni bar sparsi in varie zone. Con specifico riferimento alla posizione del sig. Luciano Campitelli così controdeduce l’Ascoli Picchio. «La presenza del sig. Luciano Campitelli è immanente ed aleggia costantemente durante tutta la triste vicenda in commento, ed è assolutamente provata, non come mera consapevolezza dell’illecito, bensì, addirittura, come autorizzazione, nella fase preliminare, con la messa a disposizione del denaro, e come partecipazione attiva, nella fase realizzativa e distributiva dei compensi», da numerose circostanze, tra cui: incontro con Di Nicola (27 aprile) dopo che questi aveva incontrato Di Giuseppe; dichiarazioni Ninni Corda con specifico riferimento alla somma di euro 70.000 messa a disposizione dal Teramo; Barghigiani afferma la presenza di Campitelli ad entrambi gli incontri del 2 maggio; «è dimostrato che successivamente alla partita, dopo aver subito il furto di 70.000,00 euro nella notte tra il 3 e il 4 maggio, Campitelli incontrò Di Nicola a Canzano, nei pressi della sua abitazione, incontro a seguito del quale Di Nicola, uno alla volta, elargisce ai compartecipi l’importo pattuito». Infine, anche la società Ascoli Picchio svolge alcune considerazioni in ordine alla complessiva valutazione del materiale probatorio, deduce «falsità delle deposizioni dei due tesserati» (ossia Fabio Mignini e Pasqualino Testa) «della S.S. Teramo Calcio s.r.l., ammesse dal Tribunale federale nazionale», ritiene che la giurisprudenza citata dal Teramo non colga nel segno e, quindi, conclude chiedendo il rigetto del reclamo promosso dalla SS Teramo Calcio s.r.l., «con integrale conferma della decisione di primo grado, o, in subordine, di irrogare alla reclamante una penalizzazione non inferiore a 5 (cinque) punti, da scontarsi nel campionato di Lega Pro, girone B, stagione 2014/2015». In punto di sanzione, peraltro, ritiene l’Ascoli Picchio che anche laddove non fosse possibile riconoscere la responsabilità diretta a carico del Teramo Calcio, resterebbero ferme la responsabilità oggettiva e quella presunta, cui si aggiunge la doppia aggravante dell’effettiva alterazione della gare e del conseguimento di un vantaggio in classifica, che troverebbero giusta punizione, «come minimo, con una penalizzazione afflittiva, nel campionato 2014/2015, tale da impedire al Teramo Calcio s.r.l. di sopravanzare la scrivente al termine del campionato di Lega Pro – Girone Unico e militare nel torneo cadetto 2015/2016 a cui ha avuto accesso grazie ai gravissimi comportamenti accertati». Perché «l’eventuale penalizzazione, in caso di mancato accertamento della responsabilità diretta, che venisse scontata nella stagione sportiva 2015/2016, nel campionato di serie B, o che, comunque, non si riveli afflittiva nella stagione appena terminata, rappresenterebbe pena davvero irrisoria laddove confrontata con il vulnus prodotto all’ordinamento sportivo, alla regolarità delle competizioni ed alla credibilità del sistema sportivo nella sua interessa, dall’attività del Di Giuseppe (e del Campitelli)». La F.C. Forlì s.r.l., rappresentata e difesa dall’avv. Enrico Crocetti Bernardi, ha depositato proprie controdeduzioni, segnatamente, in relazione ai ricorsi proposti dal Teramo Calcio s.r.l., Savona Fbc s.r.l. e Luciano Campitelli, premettendo di essere stata ammessa a «partecipare al processo sportivo, in quanto portatore, ai sensi degli artt. 33, commi 3 e 41, comma 7 CGS, di un interesse indiretto, anche di classifica all’esito del processo». La società Forlì Calcio eccepisce, anzitutto, improcedibilità e/o inammissibilità dell’appello, poiché riguardando il procedimento fatti di illecito sportivo, «la tassa prevista per il reclamo deve essere pagata attraverso assegno circolare intestato alla F.I.G.C. e non attraverso la classica forma di addebito sul conto del club ricorrente, come fatto erroneamente da Teramo e Savona». Nel merito, chiede il rigetto dei ricorsi del Teramo e del Savona, poiché «le motivazioni della decisione del Tribunale Federale Nazionale è esente da censure di illogicità, erroneità o travisamento dei presupposti di fatto, è ampiamente motivata e conforme alla giurisprudenza di riferimento in materia e, pertanto, l’appello dovrà essere rigettato». Il linguaggio criptico, prosegue il Forlì, «utilizzato dai tesserati incolpati appare sintomatico di comportamenti e modalità tipiche della criminalità organizzata che nulla dovrebbe centrare con il mondo dello sport». Ritiene, il Forlì Calcio, sia «provato il comportamento illecito ed altamente antisportivo dei massimi dirigenti del Teramo e del Savona, i quali hanno scientemente e consapevolmente partecipato al fine di concordare e predeterminare il risultato della gara». Dimesse alcune considerazioni circa i rapporti tra l’ordinamento sportivo e quello statale, richiamata giurisprudenza sportiva in materia di illecito sportivo, insiste il FC Forli s.r.l. sulle richieste di inammissibilità/improcedibilità dell’atto di appello e, in ogni caso, per il rigetto dello stesso. Il dibattimento Alla riunione tenutasi dinanzi alla Corte di Giustizia Federale nei giorni 27 e 28 agosto 2015, hanno preso, anzitutto, la parola i difensori delle società intervenute. L’Ascoli, con avv. Fabrizio Duca, illustrate le proprie argomentazioni difensive, ha chiesto la conferma della decisione, tra l’altro osservando come il presidente Campitelli, con riferimento all’incontro del 27 aprile 2015, abbia contestato il luogo dell’incontro, non che lo stesso sia avvenuto. Il Gubbio, con l’avv. Federico Meneghini, illustrate le proprie argomentazioni difensive ha parimenti chiesto la conferma della decisione. Il Forlì, con l’avv. Enrico Crocetti Bernardi, ribadita l’eccezione preliminare di inammissibilità dei reclami di Teramo e Savona, in ordine alle irregolarità relative alla tassa reclamo ed evidenziata la correttezza della decisione di primo grado, ne ha chiesto la conferma. Ha preso, quindi, la parola il Procuratore federale aggiunto, dott. Gioacchino Tornatore, che ha chiesto la conferma di tutte le pronunce di primo grado. Ripercorrendo i fatti salienti della vicenda che ci occupa e sottolineate le risultanze delle captazioni investigative acquisite agli atti, ha, in particolare, tra l’altro, evidenziato come le dichiarazioni di Ninni Corda siano state versate in atti doverosamente con “omissis” di alcuni passaggi relativi ad altri soggetti non partecipanti al presente procedimento e, dunque, in ossequio al loro legittimo diritto di difesa. Il sig. Corda, peraltro, con riguardo alla partecipazione di Campitelli all’incontro del 2 maggio, riferisce di aver appreso le informazioni da Barghigiani e dette dichiarazioni, auto ed eteroaccusatorie, poiché anche apprese in ambiente ristretto, non potrebbero essere considerate solo “de relato”, come insegna la giurisprudenza. Si aggiunga, ha proseguito il Procuratore, che Barghigiani non ha alcun interesse a mentire sulla circostanza della partecipazione di Campitelli agli incontri del 2 maggio, anche considerato che nega tutto il resto e nega la combine. Il Presidente ha, quindi, dato la parola ai difensori dei reclamanti. Con puntuali argomentazioni tanto in fatto, quanto in diritto, hanno illustrato e precisato le rispettive difese e conclusioni: l’avv. Annalisa Roseti per il sig. Corda; l’avv. Passoni in sostituzione avv. Massimo Carignani per il sig. Pesce; l’avv. Leonardo Rebecchi per la società Luparense; l’avv. Pietro Gigliotti per il sig. Matteini; l’avv. Flavia Tortorella per la società L’Aquila; l’avv. Loredana Martino per il sig. Di Lauro; l’avv. Rubino in sostituzione dell’avv. Alessio Piscini per il sig. Cabeccia; l’avv. Paolo Gallinelli per i sigg.ri Ceniccola e Barghigiani; l’avv. Chiappero per il sig. Dellepiane. L’avv. Libera D’Amelio, per il sig. Ercole Di Nicola e, poi, anche per il sig. Marcello Di Giuseppe, premesso di non contestare i fatti oggettivi, ha evidenziato come l’ipotesi accusatoria non regga in primo luogo sul piano logico, anche considerato che Di Nicola e Di Giuseppe ben avrebbero potuto parlare della (presunta) combine di persona. Dopo aver, quindi, illustrato, con pregevoli argomentazioni, la tesi difensiva, l’avv. D’Amelio ha concluso riportandosi alle conclusioni già in atti rassegnate e chiedendo l’integrale accoglimento degli atti di appello. Per il Savona il collegio difensivo ha esposto le proprie argomentazioni con gli avv.ti Lucio Colantuoni e Luigi Chiappero. L’avv. Chiappero, in particolare, con circostanziata illustrazione difensiva, ha messo in rilievo quelli che, a proprio dire, sono i punti deboli della costruzione accusatoria, evidenziando le lacune e incongruità della motivazione della decisione impugnata, nonché i vizi anche procedurali e di individuazione dello standard probatorio di cui la stessa sarebbe affetta. L’avv. Michele Cozzone, per il sig. Luciano Campitelli, nella propria ampia e dettagliata arringa difensiva, ha segnatamente richiamato l’attenzione su alcuni passaggi della vicenda. Così, a titolo esemplificativo: alle h. 10.50 del 2 maggio 2015, Di Giuseppe dice a Di Nicola di aver appena “fatto” l’uscita di Albisola (dunque, Campitelli non poteva essere a quell’ora con Di Giuseppe ad Albosola); alle h. 11.53 Di Giuseppe dice a Di Nicola che sono al bar Ambra di Albisola; alle 12.01 Di Nicola chiama Barghigiani per comunicargli che “loro” stanno già lì con la Maserati. Luciano Campitelli, dunque, secondo la prospettazione della difesa, non può aver partecipato all’incontro, essendo in quella fascia oraria, come dimostrerebbero le risultanze delle investigazioni difensive versate in atti, impegnato altrove. Non vi sarebbe, in ogni caso, la prova del coinvolgimento di Campitelli nella combine e, quindi, lo stesso andrebbe prosciolto da ogni addebito, anche al fine di «restituirgli l’onore, la dignità, la vita». L’avv. prof. Vincenzo Cerulli Irelli, sempre per il reclamante Campitelli, ha, poi rimarcato come il Teramo abbia vinto il campionato sul campo. Se c’è stato un tentativo di combine, aggiunge il predetto difensore, comunque non si è verificata l’alterazione del risultato della gara e, dunque, della classifica finale del campionato di cui trattasi. Del resto, ha proseguito il prof. Cerulli, non sono stati neppure individuati i giocatori che avrebbero concretamente alterato il risultato della partita. Sottolineata la debolezza del costrutto accusatorio nei confronti di Campitelli (essenzialmente, a suo dire, basata sulle affermazioni di Barghigiani e, dunque, della sua presenza all’incontro durato soli circa cinque minuti ad Albisola), la predetta difesa ha, infine, richiamato una recente decisione della Corte federale d’appello secondo cui, in presenza di un “dubbio ragionevole non smentibile”, occorre giungere al proscioglimento. Pertanto, sulla responsabilità diretta, contestata dalla Procura federale e riconosciuta dal Tribunale di primo grado, a carico del Teramo Calcio, due sono le cose, afferma il prof. Cerulli: o Campitelli non ha partecipato agli incontri e, dunque, alla combine e, di conseguenza, deve essere prosciolto, con il venir meno della responsabilità diretta del Teramo; o sussiste, comunque, un ragionevole dubbio e, dunque, Campitelli deve essere comunque prosciolto e, di conseguenza, viene ugualmente a cadere la responsabilità diretta del Teramo. Il collegio difensivo del Teramo Calcio, composto dall’avv. Eduardo Chiacchio e dal prof. avv. Giovanni Di Giandomenico, ha illustrato in modo circostanziato le proprie argomentazioni difensive, evidenziando che se la prova logica esiste, deve esistere sia quando la evoca l’accusa, sia quando la invoca la difesa. Secondo l’avv. Chiacchio, in sintesi, «il castello accusatorio è stato sbriciolato, sgretolato». Il prof. Di Giandomenico, da parte sua, ha, in particolare, rimarcato come il risultato della gara non sia stato in alcun modo alterato e come, quindi, sul campo il Teramo avrebbe comunque conseguito la promozione in serie B. Ha, pertanto, concluso chiedendo l’accoglimento delle seguenti conclusioni: «Assoluzione completa sulla responsabilità diretta; a giudizio della Corte sulla responsabilità oggettiva; cancellazione completa della responsabilità presunta; cancellazione completa delle aggravanti». In altri termini, il Teramo ha chiesto di essere riammesso in serie B, con l’eventuale applicazione di punti di penalizzazione per l’eventuale responsabilità oggettiva connessa al comportamento degli altri soggetti. Esaurite le difese ha preso la parola il Procuratore federale aggiunto per alcune brevi repliche. Il dott. Tornatore ha, anzitutto, evidenziato come nessuna delle argomentazioni difensive abbia «scalfito la costruzione accusatoria, come confluita nella decisione del TFN». In tal ottica, aggiunge il Procuratore, non è stata prospettata dalle difese alcuna concreta e verosimile alternativa ricostruzione della vicenda, tenendo presente quello che era l’obiettivo dei partecipanti alla vicenda medesima, ossia la realizzazione della combine della gara in questione. Quanto allo standard probatorio, ha sottolineato come sia necessario raggiungere non già la piena prova, quanto una ragionevole certezza in ordine alla sussistenza dell’illecito e delle relative responsabilità dei partecipanti allo stesso. Con riferimento alle deduzioni di alcune difese in relazione alle dichiarazioni di Corda del 30 luglio 2015, il Procuratore ha replicato che la omissione di alcuni nominativi costituisce atto dovuto per la tutela dei diritti e della difesa di soggetti che non sono interessati alla celebrazione di questo procedimento. Quanto alle deduzioni difensive di Campitelli, secondo il Procuratore le stesse contrastano singoli aspetti della vicenda che, in ogni caso, non mutano la valutazione complessiva della situazione del presidente ai fini del suo coinvolgimento nella combine. La presenza di Campitelli ai due incontri del 2 maggio è confermata da Barghigiani, che non avrebbe alcun interesse a dichiarare la presenza di Campitelli. E, inoltre, si chiede il Procuratore, che senso avrebbero le raccomandazioni di Di Nicola a Di Giuseppe di non far parlare il suo “capo” durante l’incontro? Peraltro, ancora, Ceniccola non esclude la presenza di Campitelli, ma afferma semplicemente di non aver focalizzato la persona di Campitelli, che non conosceva. Dice solo di non poter riferire se Campitelli era presente o meno, non esclude la presenza dello stesso. A fronte di questa prova piena, prosegue il Procuratore, la difesa di Campitelli ha offerto mere produzioni di parte che giocano tutte su frazioni di orario. E in ogni caso, secondo il Procuratore, in quel lasso di tempo Campitelli viene dato nella sua camera d’albergo da una dichiarazione del medico sociale emersa solo in secondo grado. Ed ancora, si chiede il Procuratore, di cosa si è parlato all’incontro di Albisola? Qual è la ricostruzione alternativa dell’incontro offerta dalle difese? Cessione di quote? Ma non si comprende, dice il Procuratore, chi ne abbia parlato con chi. E poi, si chiede il Procuratore, se l’argomento oggetto dell’incontro era proprio la cessione delle quote del Savona, occorreva parlarne proprio qualche ora prima della partita Savona – Teramo? Trattative di mercato? Ma come, rimarca il Procuratore, questo interesse nasce proprio pochi giorni prima della predetta delicatissima gara e, poi, scema, in qualche minuto, proprio prima della gara? E, poi, si chiede il rappresentante dell’Ufficio requirente, chi fa le trattative, Barghigiani che affermava di non operare più, quantomeno, in modo giuridicamente rilevante, per il Savona? Insomma, a dire del Procuratore federale, non solo non vi è una ricostruzione alternativa dell’incontro, ma addirittura gli stessi interessati alla vicenda forniscono versioni contrastanti. In conclusione, secondo l’Ufficio del Procuratore federale, quella offerta dall’accusa è l’unica ricostruzione che dia un senso logico a tutte le interrelazioni intercorse tra i diversi protagonisti della vicenda. A questo punto, ammesse brevissime repliche dalle richiedenti difese dell’Ascoli, Campitelli, Barghigiani e Savona, e dichiarato chiuso il dibattimento, la Corte si è ritirata in camera di consiglio, all’esito della quale ha emesso la decisione di cui al dispositivo, sulla base dei seguenti Motivi In via logicamente preliminare ritiene, questa Corte, di dover prima esaminare l’eccezione di inammissibilità, formulata nelle proprie controdeduzioni dal Forlì Calcio, dei reclami proposti dalla S.S. Teramo Calcio s.r.l. e dal Savona FC s.r.l., in relazione a presunte irregolarità nel versamento della tassa reclamo. L’eccezione è priva di pregio. Infatti, la norma di cui all’art. 33 CGS (norme generali sul procedimento), prescrive l’inammissibilità dei solo reclami «redatti senza motivazione e comunque in forma generica» e prevede, in generale che «i reclami, anche se soltanto preannunciati, sono gravati dalla prescritta tassa. Il versamento della tassa deve essere effettuato prima dell’inizio dell’udienza di trattazione, anche mediante addebito sul conto nel caso in cui la reclamante sia una società». Peraltro, si tratterebbe, ad ogni buon conto, di una mera irregolarità formale suscettibile di essere sanata prima dell’udienza di trattazione. L’eccezione sollevata dal Forlì Calcio deve, pertanto, essere respinta. Del pari, in via preliminare, deve essere esaminata l’istanza di stralcio della propria posizione reiterata anche in questo grado di giudizio dalla difesa del sig. Giuliano Pesce. L’istanza merita rigetto perché, come correttamente esplicato dal TFN, «…non spiega alcuna rilevanza la circostanza posta a base della propria richiesta, che altro deferito abbia rilasciato ulteriori dichiarazioni alla Procura federale in data 30 luglio 2015». Peraltro, l’omissione di alcuni nominativi dal verbale di dichiarazioni di cui trattasi, da un lato, costituisce atto dovuto per la tutela dei diritti e della difesa di soggetti che non sono interessati alla celebrazione di questo procedimento (come evidenziato dal Procuratore federale nel corso della sua replica alla seduta del 28 agosto), dall’altro nulla la predetta ulteriore dichiarazione aggiunge, nella sostanza della vicenda ed ai fini del presente giudizio, rispetto a quanto già in precedenza dallo stesso affermato. Tanto è vero che, del resto, che nella stessa impugnata decisione, con riferimento, ad esempio, al deferito Matteini, i primi giudici precisano che «all’affermazione della responsabilità dello stesso per illecito sportivo il Tribunale ritiene quindi di poter addivenire anche prescindendo dall’utilizzazione di atti acquisiti successivamente alla chiusura delle indagini». E sotto tale profilo, appunto, la Corte ritiene che, anche a prescindere dalle suddette considerazioni in merito alla ritenuta utilizzabilità delle dichiarazioni Corda del 30 luglio 2015, le stesse non siano decisive o necessarie ai fini della decisione, apparendo, peraltro, poco conferenti, atteso che nulla è aggiunto, rispetto a quanto in precedenza esposto, in ordine alla gara Savona – Teramo del 2 maggio 2015. Ancora, in via preliminare, deve, poi, essere esaminata l’eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dalla difesa del ricorrente Ercole Di Nicola. L’eccezione non può trovare accoglimento e deve essere, pertanto, disattesa. Di Nicola deduce di aver cessato ogni rapporto con la soc. Aquila Calcio il 30 giugno 2015, dopo aver avanzato formale richiesta di dimissioni dal proprio incarico sportivo sin dal 21 febbraio precedente, come da comunicazione inviata dal sodalizio alla Provincia de L’Aquila: la dedotta situazione appare del tutto indifferente ai fini del decidere. Ed invero, in ordine a siffatta argomentazione, la Corte, conformemente a quanto motivato per altra posizione, osserva che la propria giurisdizione è determinata dal pacifico tesseramento Di Nicola all’epoca dei fatti, riconosciuto in essere dallo stesso atto di gravame laddove, fin dalla sua seconda riga, colloca la cessazione del “rapporto di lavoro a tempo determinato tra il sig. Ercole Di Nicola e l’Aquila Calcio 1927 S.r.l.” alla data del 30 giugno 2015, rendendo ininfluenti, sotto il profilo della giurisdizione, le proposte dimissioni, nonché perfettamente giudicabili dagli Organi della Giustizia Sportiva i comportamenti tenuti dal tesserato nell’aprile e nel maggio dello stesso 2015. Quanto al riferimento all’art. 36, comma 7 delle NOIF, lo stesso appare poco comprensibile e comunque un fuor d’opera, posto che tale disposizione disciplina il divieto di successivo tesseramento nei confronti del soggetto che si sottragga volontariamente ad un procedimento disciplinare ovvero ad una sanzione pronunciata nei suoi confronti. Del pari e per le medesime ragioni deve essere disatteso il primo motivo di gravame del sig. Fabio Di Lauro, il quale, appunto, a propria volta ha eccepito il difetto (impropriamente definito “conflitto”) di giurisdizione per aver inoltrato richiesta di cancellazione dall’Albo degli Allenatori di base della FIGC, al quale era iscritto, con nota 12.08.2015. Richiamando, dunque, quanto già sopra detto, la Corte deve disattendere l’eccezione, osservando che la propria competenza giurisdizionale va affermata in relazione alla pacifica caratteristica di tesserato rivestita da Di Lauro all’epoca dei fatti per cui è processo. Sempre in via preliminare, su un piano generale e con particolare riferimento alle censure di inadeguatezza dell’indagine e/o del materiale istruttorio versato in atti, la Corte ritiene opportuno affrontare la questione della legittimità dell’ordinanza di primo grado da più parti agitata in sede di dibattimento, con la quale negata pregiudiziale influenza del procedimento penale su quello disciplinare sportivo e riaffermata l’applicabilità in questo di regole autonome di formazione e valutazione delle prove secondo le linee direttrici dettate dal Codice di Giustizia Sportiva, sono state rigettate le richieste difensive – in qualche modo oggetto di riferimento anche negli atti di appello qui specificamente esaminati – di ammissione di mezzi di prova. La Corte non ha dubbi nel ritenere che l’ordinanza non meriti alcuna censura, essendosi motivatamente mossa nel solco della costante giurisprudenza federale. Ed infatti, è storicamente radicato il principio secondo cui all’autonomia degli ordinamenti settoriali riconosciuti, come l’ordinamento sportivo, da quello generale debba corrispondere la libera determinazione dei criteri regolatori dell’ammissione della permanenza in essi di chi ne abbia interesse. L’organizzazione, la struttura, il plesso normativo dell’ordinamento settoriale devono, pertanto, riflettere il sistema di valori e fini eletti dall’ordinamento stesso al momento della sua costituzione: proprio il fatto che l’ordinamento generale abbia tradizionalmente ed energicamente, con inequivoche disposizioni legislative e con non meno espliciti orientamenti giurisprudenziali, riconosciuto l’autonomia del diritto sportivo rappresenta la più chiara manifestazione dell’approvazione del sistema di valori e fini posti a fondamento del settore. Come già in precedenti pronunce affermato, il logico corollario dell’autonoma scelta degli obiettivi da perseguire nell’ambito endofederale è l’omologa libertà nella redazione delle tavole delle condotte incompatibili con l’appartenenza soggettiva ad esso e, in via strumentale e necessaria, dei mezzi e delle forme di tutela dell’ordinamento sportivo dalle deviazioni che si dovessero verificare al suo interno. È, infatti, da reputare intimamente ed immancabilmente connessa con l’autonomia dell’ordinamento sportivo la sua idoneità a munirsi in via indipendente di un circuito normativo che reagisca alla negazione dei valori del mondo dello sport: anche questa pronta capacità di replica alla rottura delle regole interne è implicita condizione del riconoscimento e della salvaguardia provenienti dall’ordinamento statale. Questa premessa, che riassume decenni di conforme indirizzo giurisprudenziale sportivo, porta ad affermare, in linea generale, la niente affatto obbligata permeabilità dell’ordinamento sportivo ad ogni e ciascuna disposizione dell’ordinamento generale astrattamente applicabile alla singola fattispecie. Ed infatti, l’ordinamento sportivo, da un canto, è estraneo alle previsioni normative generali che nascono con riguardo ad ambiti tipicamente ed esclusivamente statali (come il procedimento penale e le regole che per esso sono dettate per governare i rapporti con altri procedimenti svolgentisi in ambito generale, quali quelli civili, amministrativi, disciplinari ecc.); esso, d’altro canto, è libero di perseguire la propria pretesa punitiva nei confronti degli appartenenti che si sottraggano al rispetto dei precetti con autonomi mezzi di ricerca e valutazione della prova che non necessariamente debbono identificarsi con quelli propri dell’ordinamento statale, fatta ovviamente salva l’osservanza del diritto di difesa, costituzionalmente protetto. Non vi è, quindi, alcun bisogno di disporre ulteriori accertamenti ed acquisizioni testimoniali se la pretesa punitiva federale viene esercitata sulla scorta di un materiale probatorio già giudicato dagli organi di giustizia sportiva congruamente espressivo del livello di infrazioni contestate. Alle relative richieste istruttorie formulate da più parti nel corso della prima fase del giudizio, ha dunque esattamente, ed in omaggio ad una giurisprudenza che ha resistito nel corso di lunghi anni, replicato il Tribunale federale nazionale, implicitamente evidenziando che le regole del procedimento sportivo, cui gli organi di giustizia sono tenuti ad uniformarsi, non prevedono il dovere del giudicante di allargare l’orizzonte del materiale probatorio già acquisito, se questo soddisfa a suo avviso le esigenze del giudizio, né di sottoporre – come nel caso di specie – ad interrogatorio altri coincolpati, in ipotesi indisponibili a sostenerlo, anche considerato che essendo gli stessi, appunto, anch’essi parti del giudizio o, comunque, destinatari dell’atto di deferimento, non potrebbero, in ogni caso, assumere la veste di teste. Da questo punto di vista, non rappresenta in alcun modo violazione del diritto di difesa, apprezzabile in sede di giudizio di impugnazione, la circostanza che il procedimento si svolga sulla base degli atti acquisiti e, più in generale, nel rispetto delle norme del Codice di Giustizia Sportiva: il che è indubbiamente avvenuto nel corso del giudizio di primo grado. A rafforzare il convincimento appena espresso sta, infine, la considerazione che alla difesa non è mai precluso il concorso alla formazione della prova mediante produzione documentale, come è reiteratamente accaduto nel presente procedimento. Sempre sotto un profilo generale devono, poi, essere rigettate le eccezioni di nullità dell’impugnata decisione con riferimento al vizio di omessa o insufficiente motivazione, agitate da numerose difese. In un contesto più generale di progressiva “dequotazione” delle forme e delle modalità della motivazione, anche in funzione del crescente rilievo attribuito dalla giurisprudenza amministrativa alle ragioni sostanziali dei provvedimenti ed alla obiettiva idoneità e giustificabilità degli stessi, anche le pronunce degli organi di giustizia sportiva devono mostrarsi in linea con le finalità teleologiche dell’istituto: pertanto, la motivazione, che deve essere correlata alle risultanze istruttorie acquisite al procedimento e che costituisce il momento formativo della decisione, deve essere articolata nei due momenti essenziali, rappresentati dall’esposizione dei presupposti di fatto e di diritto e dall’indicazione delle ragioni sulle quali si basa la decisione stessa. Orbene, ciò premesso ritiene, questa Corte, che il Tribunale di prime cure abbia adeguatamente motivato la propria decisione, argomentando per ciascuna posizione, seppur in modo sintetico, come, peraltro, previsto e richiesto dalle disposizioni federali e dalla norma di cui all’art. 2, comma 5, del codice di giustizia sportiva del Coni, le ragioni che hanno condotto all’accoglimento del deferimento, con specificazione dei principali elementi probatori a supporto del proprio convincimento. Pertanto, la sentenza impugnata dagli odierni reclamanti potrà essere giudicata corretta o meno, come meglio sarà indicato più avanti, ma, di certo, la stessa non è priva di motivazione. Ciò premesso, la Corte osserva che la decisione impugnata non meriti le censure mosse con riferimento alle posizioni Ninni Corda, Giuliano Pesce, Davide Matteini, Ercole Di Nicola, Fabio Di Lauro, Enrico Ceniccola, Marco Barghigiani e Marcello Di Giuseppe, e che, pertanto, in parte qua, debba essere confermata, per effetto del rigetto delle relative impugnazioni, mentre meriti totale o parziale riforma con riferimento alla posizione dei sigg.ri Aldo Dellepiane, Marco Cabeccia e Luciano Campitelli, nonché delle società Sdarl Luparense San Paolo Fc ssd, L’Aquila Calcio 1927 s.r.l., Savona Fbc s.r.l. e SS Teramo Calcio s.r.l. Ed invero, le approfondite e capillari indagini, utilmente riversate nel presente procedimento disciplinare, hanno consentito di ritenere raggiunta la prova della sussistenza degli illeciti contestati ai sigg.ri Ninni Corda, Giuliano Pesce, Davide Matteini, Ercole Di Nicola, Fabio Di Lauro, Enrico Ceniccola, Marco Barghigiani, Marcello Di Giuseppe, Luciano Campitelli (non anche di quelli contestati ai sigg.ri Marco Cabeccia e Aldo Dellepiane) con riferimento alla gara Savona / Teramo del 2 maggio 2015 e, per l’effetto, delle correlate responsabilità, diretta e/o oggettiva e/o presunta delle società Savona Fbc s.r.l. ed SS Teramo Calcio s.r.l. L’attenta e dettagliata attività investigativa della giustizia ordinaria, integrata, rielaborata e valutata ai fini disciplinari-sportivi che qui ci occupano dalla Procura federale, ha consentito di mettere a disposizione degli organi giudicanti una serie consistente e preziosa di elementi suscettibili di specifica valutazione da parte degli stessi predetti organi, nell’ambito della loro autonomia di giudizio, onde pervenire, nei singoli casi e con riferimento a ciascun soggetto deferito alle conclusioni di proscioglimento o di affermazione di responsabilità per tutti o parte degli addebiti ascritti. In questo quadro di riferimento complessivo si inseriscono le condotte, oggetto di autonomo esame nel presente procedimento. Esame che, ritiene questa Corte, deve tradursi nell’affermazione di sussistenza degli illeciti (sussumibili nella previsione di cui agli artt. 6 e 7 CGS) consistenti nell’attentato all’integrità della gara di cui trattasi e/o nella violazione del divieto di scommesse e della previsione in materia di obbligo di denuncia, interamente addebitabile (lo si ribadisce, per quanto qui interessa) agli appellanti sopra specificati. Infatti, dal coacervo degli elementi suscettibili di valutazione da parte di questa Corte emerge, in una sintesi complessiva, l’esistenza di solidi elementi probatori per ritenere fondata l’affermazione di responsabilità dei deferiti sopra indicati in ordine alle incolpazioni di cui al deferimento per aver, in concorso con altri soggetti, posto in essere atti diretti ad alterare lo svolgimento ed il risultato della gara sopra indicata e/o per aver violato il divieto di scommesse e/o per aver violato la disposizione federale in materia di obbligo di denuncia. In via di prima approssimazione ritiene preliminarmente opportuno, questa Corte, delineare l'iter che si seguirà per dare un quadro generale della materia, pur nei limiti della rilevanza ai fini del giudizio. In tale prospettiva, si richiama, seppur rapidamente, e nei limiti prima riferiti, il quadro normativo di riferimento in tema di illecito sportivo. Recita l’art. 7, comma 1, CGS: «Il compimento, con qualsiasi mezzo, di atti diretti ad alterare lo svolgimento o il risultato di una gara o di una competizione ovvero ad assicurare a chiunque un vantaggio in classifica costituisce illecito sportivo». La predetta disposizione, peraltro, al comma 6, prevede una fattispecie aggravata di illecito: infatti, le conseguenti sanzioni sono aggravate «in caso di pluralità di illeciti ovvero se lo svolgimento o il risultato della gara è stato alterato oppure se il vantaggio in classifica è stato conseguito». Ai sensi del comma 2, poi, «Le società e i soggetti di cui all’art. 1 bis, commi 1 e 5, che commettono direttamente o che consentono che altri compiano, a loro nome o nel loro interesse, i fatti di cui al comma 1 ne sono responsabili». Se, in generale, il plesso normativo sopra richiamato mira a presidiare il leale e corretto svolgimento delle competizioni sportive, tentando di impedire che condotte, appunto, illecite e, comunque, antisportive alterino il bene giuridico protetto, in particolare, tre sono le ipotesi di illecito codificate: le stesse consistono «a) nel compimento di atti diretti ad alterare lo svolgimento di una gara; b) nel compimento di atti diretti ad alterare il risultato di una gara; c) nel compimento di atti diretti ad assicurare a chiunque un vantaggio in classifica. Tali ipotesi sono distinte, sia perché così sono prospettate nella norma, sia perché è concettualmente ammissibile l'assicurazione di un vantaggio in classifica che prescinda dall'alterazione dello svolgimento o del risultato di una singola gara. Infatti, se di certo, la posizione in classifica di ciascuna squadra è la risultante aritmetica della somma dei punti conseguiti sul campo, è anche vero che la classifica nel suo complesso può essere influenzata da condizionamenti, che, a prescindere dal risultato delle singole gare, tuttavia finiscono per determinare il prevalere di una squadra rispetto alle altre» (CAF, 7 luglio 2006, C.U. n. 1/C del 14 luglio 2006. Il riferimento era all’art. 6 dell’allora vigente CGS). È dato ormai pacifico, per essersi consolidato il relativo orientamento della giurisprudenza federale, che le condotte finalizzate all’alterazione dello svolgimento e/o del risultato delle gare sono considerate illecito anche nel caso di mancato conseguimento del risultato “combinato”. Detto elemento, infatti, non assume rilievo alcuno ai fini dell’integrazione dell’illecito previsto e punito dagli artt. 7 e 4, comma 5, CGS, considerata l’anticipazione della rilevanza disciplinare anche riguardo ai meri atti finalizzati a conseguire gli effetti di cui trattasi. La frode sportiva, dunque, è illecito di attentato che «prescinde dal realizzarsi dell’evento cui l’atto è preordinato» (CAF, C.U. n. 10/C del 23 settembre 2004). In breve, l’ipotesi delineata dall’art. 7 CGS configura un illecito in ordine al quale non è necessario, ai fini dell’integrazione della fattispecie, che lo svolgimento od il risultato della gara siano effettivamente alterati, essendo sufficiente che siano state poste in essere attività dirette allo scopo. Si tratta, dunque, come rilevato dalla dottrina e come ripetutamente affermato dalla giurisprudenza di settore, di una fattispecie di illecito di pura condotta, a consumazione anticipata, che si realizza, appunto, anche con il semplice tentativo e, quindi, al momento della mera messa in opera di atti diretti ad alterare il fisiologico svolgimento della gara, od il suo risultato, ovvero ad assicurare a chiunque un vantaggio in classifica (cfr., ex multis, CGF, 19 agosto 2011, C.U. n. 032/CGF del 2.9.2011). Infatti, il riferimento agli «atti diretti» contenuto nella norma conferisce all’illecito sportivo aleatorietà circa l’effettivo verificarsi dell’evento, così da assumere la struttura del cd. “reato di attentato” o a consumazione anticipata, appunto, in relazione al quale si prescinde dal conseguimento di un vantaggio effettivo. Occorre, peraltro, tenere presente che laddove si ritenga in concreto insussistente la prova del concorso di un determinato soggetto nella commissione dell’illecito sportivo o il medesimo illecito sportivo non risulti dimostrato, la condotta del tesserato potrebbe comunque rivestire rilievo ai sensi e per gli effetti della norma di cui all’art. 1 bis CGS, secondo cui «Le società, i dirigenti, gli atleti, i tecnici, gli ufficiali di gara e ogni altro soggetto che svolge attività di carattere agonistico, tecnico, organizzativo, decisionale o comunque rilevante per l’ordinamento federale, sono tenuti all'osservanza delle norme e degli atti federali e devono comportarsi secondo i principi di lealtà, correttezza e probità in ogni rapporto comunque riferibile all’attività sportiva». Precisa, il successivo comma 5: «Sono tenuti alla osservanza delle norme contenute nel presente Codice e delle norme statutarie e federali anche i soci e non soci cui è riconducibile, direttamente o indirettamente, il controllo delle società stesse, nonché coloro che svolgono qualsiasi attività all’interno o nell’interesse di una società o comunque rilevante per l’ordinamento federale». In via di ulteriore approssimazione, sempre in ordine all’esplicitazione dell’iter motivazionale seguito, la Corte ritiene di dover sinteticamente indicare alcune altre premesse, attinenti all’illustrazione di portata e funzione del presente giudizio, nonché, attese le sollecitazioni provenienti da molte delle difese dei deferiti, all’identificazione dello standard probatorio applicabile in sede di giustizia sportiva. Sulla base di siffatti principi e regole si potranno poi valutare gli elementi probatori acquisiti al presente procedimento, alla luce delle peraltro pregevoli argomentazioni spese dalle difese delle parti per la loro migliore illustrazione. In tal ottica è possibile osservare come, in passato, talune decisioni della giustizia sportiva abbiano affermato che, affinché possa configurarsi un illecito sportivo, occorre che lo stesso sia provato oltre ogni ragionevole dubbio: in difetto, «pur essendo presenti concreti indizi di reità, non caratterizzati da precisi e concordanti elementi probatori», deve giungersi «ad un giudizio di proscioglimento dagli addebiti» (CAF, C.U. n. 31/C del 10 maggio 2001). «La prova del fatto doloso che sta a base dell’illecito, e cioè la prova della “generica”, deve essere piena, al di là di ogni ragionevole dubbio» (CAF., C.U. n. 3/C del 30 settembre 1981). A tal proposito, tuttavia, deve evidenziarsi che più di recente questa Corte ha avuto modo di affermare che «la prova di un fatto, specialmente in riferimento ad un illecito sportivo, può anche essere e, talvolta, non può che essere, logica piuttosto che fattuale» (CGF, 19 agosto 2011, C.U. n. 47/CGF del 19 settembre 2011). Anche la giurisprudenza esofederale ha ritenuto che per affermare la responsabilità da parte del soggetto incolpato di una violazione disciplinare sportiva non è necessaria la certezza assoluta della commissione dell’illecito, né il superamento di ogni ragionevole dubbio, come nel processo penale, ma può ritenersi sufficiente un grado inferiore di certezza, ottenuta sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti, in modo tale da acquisire una ragionevole certezza in ordine alla commissione dell’illecito (cfr. anche i lodi del 23 giugno 2009, Ambrosino c/ FIGC; 26 agosto 2009, Fabiani c/ FIGC; 3 marzo 2011, Donato c/ FIGC; 31 gennaio 2012, Saverino c/ FIGC; 2 aprile 2012, Juve Stabia e Amodio c. FIGC; 24 aprile 2012, Spadavecchia c/ FIGC; 26 aprile 2012, Signori c/ FIGC; 10 ottobre 2012, Alessio c/ FIGC). In altri termini, «secondo la più recente giurisprudenza degli organi di giustizia sportiva, sia endofederali che esofederali, "per ritenere la responsabilità da parte del soggetto incolpato di una violazione disciplinare sportiva non è necessaria la certezza assoluta della commissione dell’illecito – certezza che , peraltro, nella maggior parte dei casi sarebbe una mera astrazione – né il superamento del ragionevole dubbio, come nel diritto penale. Tale definizione dello standard probatorio ha ricevuto, nell’ordinamento sportivo, una codificazione espressa in materia di violazione delle norme anti-doping, laddove si prevede che il grado di prova richiesto, per poter ritenere sussistente una violazione, deve essere comunque superiore alla semplice valutazione della probabilità, ma inferiore all’esclusione di ogni ragionevole dubbio (cfr. ad es. l’art. 4 delle Norme Sportive Antidoping del CONI, in vigore dal 1 gennaio 2009). A tale principio vigente nell’ordinamento deve assegnarsi una portata generale sicché deve ritenersi sufficiente un grado inferiore di certezza, ottenuta sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti, in modo tale da acquisire una ragionevole certezza in ordine alla commissione dell’illecito” (cfr. TNAS, lodo 2 aprile 2012 Amodio e S.S. Juve Stabia c/FIGC con il quale è stata pienamente confermata la decisione di questa Corte)» (CGF, 20 agosto 2012, C.U. n. 031/CGF del 23.8.2012). Resta, tuttavia, fermo che l’illecito, «come ogni altra azione umana contemplata da un precetto, per avere valenza sul piano regolamentare ed essere produttivo di effetti disciplinari, deve avere superato sia la fase della ideazione che quella così detta ‘preparatoria’ ed essersi tradotto in qualcosa di apprezzabile, concreto ed efficiente per il conseguimento del fine auspicato» (CAF, C.U. n.18/C del 12 dicembre 1985). Orbene, sotto un profilo metodologico, questa Corte ritiene di non doversi discostare dagli insegnamenti della copiosa giurisprudenza federale ed esofederale prima richiamata in ordine alla misura probatoria richiesta ai fini della valutazione della responsabilità di un tesserato per la fattispecie di cui trattasi. Ciò premesso, la Corte è tenuto a verificare se gli elementi di prova raccolti consentano di ritenere integrata, secondo lo standard probatorio indicato, la fattispecie di cui all’art. 7, comma 1, CGS, al fine dell’affermazione della responsabilità dei sigg.ri Corda, Pesce, Matteini, Dellepiane, Di Nicola, Di Lauro, Barghigiani, Campitelli e Di Giuseppe, nonché le fattispecie di cui all’art. 6, al fine dell’affermazione di responsabilità dei sigg.ri Di Nicola, Cabeccia e Ceniccola. Orbene, così fissato il thema decidendum, questa Corte ritiene, come detto, che, complessivamente valutato il materiale probatorio acquisito al presente procedimento, sussista quel ragionevole grado di certezza in ordine alla commissione dell’illecito di cui trattasi da parte dei sigg.ri Corda, Pesce, Matteini, Di Nicola, Di Lauro, Ceniccola, Barghigiani, Campitelli e Di Giuseppe e che, segnatamente, sussista quel livello probatorio che, seppur inferiore al grado che esclude ogni ragionevole dubbio, sia comunque superiore alla semplice valutazione della probabilità. Passando, dunque, ad esaminare le posizioni dei vari deferiti, con specifico riferimento alle condotte attribuite al sig. Ninni Corda la Corte ritiene corretta la decisione di prime cure sulla base dei seguenti elementi. La figura di Ninni Corda, peraltro unico soggetto deferito che non ha subìto la sanzione dell’ammenda, ma soltanto la squalifica per due anni, effetto del riconoscimento delle attenuanti per la sua collaborazione, si è rivelato essere una pedina non secondaria nell’organizzazione della combine che qui ci occupa. Difatti, nel corso di tutta l’istruttoria dibattimentale, sono emersi elementi di tale gravità dal punto di vista delle violazioni in ambito sportivo, tali da lasciar intendere che la sua fattiva collaborazione nella organizzazione della combine sia stata comunque determinante, come anche si è potuto evincere dai numerosi richiami e collegamenti operati dai difensori degli altri incolpati. Ma è soprattutto emerso che molte dichiarazioni dello stesso Corda hanno attivato tanti di quei meccanismi etero accusatori da far ritenere che la calibrazione degli stessi sia dipesa proprio dalla abile capacità del sig. Corda di aver optato tacendo alcuni aspetti più utili rispetto ad altri, che avrebbero potuto condurre ad ulteriori verità, forse ancor più gravi sotto il profilo dell’illiceità sportiva. Del resto, il fatto stesso che egli fosse a conoscenza di tanti e tali “passaggi” di informazione nella gestione dell’illecito di cui è causa lascia automaticamente intendere la centralità della sua figura nella strutturazione della condotte illecite, in modo particolare con riferimento alla gara Savona / Teramo del 2 maggio 2015. Il ricorrente Corda non può, dunque, ulteriormente forzare in suo favore la portata dell’art. 24 CGS. La decisione del TFN nella parte relativa al deferito Ninni Corda merita, quindi, nonostante l’aggravamento rispetto alle richieste della Procura Federale (che si è rimessa in questo grado di giudizio alle valutazioni di giustizia), integrale conferma. Per ciò che concerne la posizione dell’incolpato Giuliano Pesce, occorre premettere che il ricorrente ha erroneamente ritenuto che la definizione di “figura minore della vicenda” in prima battuta e di “figura secondaria” nella parte finale dell’esame della sua posizione abbia costituito una forma di attenuante per ottenere uno “sconto” sulle sanzioni, laddove, invece, il Tribunale stesso ha specificato che il predetto odierno ricorrente, «…in ogni caso…» è stato «…partecipe con un ruolo attivo nella realizzazione dell’illecito», seppur in alcuni casi rimanendo in disparte (incontro di Fabro), ma in ogni caso non in maniera tale da poter essere sanzionato per la sola omessa denunzia. Né può costituire valida circostanza attenuante (o, addirittura, esimente) l’esiguità dell’importo richiesto e/o ottenuto quale compenso, risultando, comunque, con chiarezza, anche dalla lettura delle trascrizioni delle intercettazioni telefoniche, che Di Nicola e Di Giuseppe avevano deciso di incontrarlo per la consegna del danaro, ciascuno per una parte, a fronte delle sue insistenze per ottenerlo quanto prima. E’ evidente, pertanto, che nessuna riduzione delle sanzioni può essere accolta in suo favore in ragione della precisa volontà di Pesce di collaborare nell’ambito della realizzazione dell’illecito e per avervi, comunque, lo stesso preso parte. Con riferimento al reclamo proposto da Davide Matteini, l’eccezione preliminarmente sollevata appare infondata in quanto gli elementi asseritamente acquisiti in violazione dell’art. 41, comma 6, CGS, non sono stati utilizzati a fini della statuizione nei confronti del reclamante, con conseguente inapplicabilità delle disposizioni di cui all’art. 37 CGS. Ciò fermo restando quanto più in generale sopra osservato con riferimento alla utilizzabilità ed alla rilevanza, nel presente procedimento, delle dichiarazioni rilasciate dal sig. Ninni Corda in data 30 luglio 2015. Con la doglianza di merito il Matteini osserva che i suoi rapporti con altri tesserati giammai potevano ritenersi finalizzati ad ipotesi di combine della gara Savona-Teramo, in quanto sarebbero stati determinati dall’intenzione di intraprendere l’attività di procuratore sportivo, consentita dal C.U. 190/A, con conseguente esclusione di ogni sua responsabilità riferita e/o riferibile all’illecito. Contrariamente a tale assunto, emerge dagli atti il tentativo di Matteini, su incarico di Di Nicola, autentico deus ex machina dell’intera operazione, di contattare i calciatori del Savona Marchetti e Cabeccia al fine di alterare l’esito dell’incontro con il Teramo. Tale illecita condotta risulta provata, oltre che dagli elementi valutati dall’impugnata decisione – che il Giudicante intende riproporre mediante espresso richiamo - dalla comunicazione 30 aprile 2015, ore 21.51, fra Di Nicola e lo stesso Matteini, nel corso della quale quest’ultimo riferisce l’esito negativo dei contatti con i ricordati calciatori (c.d. semaforo rosso!) utilizzando linguaggio incompatibile con l’asserita intenzione di procurare loro futuri ingaggi. Osserva ancora la Corte che, ove tale intenzione fosse stata effettivamente perseguita, il contenuto delle intercettazioni non avrebbe potuto proporre le criptiche espressioni risultanti dagli atti, ma avrebbe dovuto concretamente riferire le prospettive di nuove collocazioni di lavoro sportivo per i calciatori Cabeccia e Marchetti. Il reclamo proposto dal sig. Davide Matteini deve essere pertanto rigettato con integrale conferma sul punto dell’impugnata decisione. Quanto alla posizione della Luparense San Paolo Fc Ssd a r.l. il TFN ha sanzionato la reclamante con la penalizzazione di un 1 (uno) punto in classifica, da scontare nella stagione sportiva 2015/2016, per responsabilità oggettiva ex art. 7, comma 2 ed art. 4, comma 2, CGS in ordine agli addebiti contestati al proprio tesserato Davide Matteini, con le aggravanti di cui all’art. 7, comma 6, stesso codice. Deduce, la soc. Luparense, l’esistenza di un rapporto solo formale con Matteini, essendo cessata ogni attività fra le parti fin dal gennaio 2015 (periodo a partire dal quale il Matteini sparisce completamente dall’ambito di controllo della società), eccependo altresì, in diritto, sulla base di consolidata giurisprudenza di questa Corte, l’inapplicabilità del principio della responsabilità oggettiva nell’ipotesi, quale quella di specie, in cui resti escluso ogni coinvolgimento e/o ogni vantaggio per la società sanzionata dalla condotta illecita del proprio tesserato. Come detto, infine, con l’ultimo motivo, la ricorrente eccepisce la nullità della decisione per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione. Ritiene la Corte di poter prescindere da tale capo del gravame in quanto appare fondata la censura d’inapplicabilità della sanzione per responsabilità oggettiva alla presente fattispecie concreta e, per conseguenza, delle relative aggravanti. In effetti, come ritenuto in altri casi, il calciatore Matteini, la cui condotta ha determinato la sanzione nei confronti della Luparense San Paolo, cessando il proprio rapporto con quest’ultima il 25 gennaio 2015, pur restando tesserato, era di fatto sottratto ad ogni possibilità di controllo. In altri termini, dopo tale data il tesseramento si caratterizza come dato meramente formale, privo di ogni contenuto e conseguenza, così consentendo l’applicazione del consolidato orientamento in virtù del quale il principio della responsabilità oggettiva necessita di temperamenti e di valutazione in concreto, in relazione anche ad un legame tra società e tesserato che non sia soltanto formalistico, ma un minimo effettivo e sostanziale. Il reclamo, pertanto, va integralmente accolto e, per l’effetto, la soc. Luparense San Paolo prosciolta da ogni addebito. Analogamente, quanto al ricorso proposto dalla società L’Aquila Calcio, osservato come le deduzioni della stessa possono, in sintesi, ricondursi all’esistenza di un rapporto solo formale con Di Nicola, in quanto lo stesso aveva cessato ogni prestazione in suo favore in seguito alle dimissioni rassegnate il 21 febbraio 2015, ritiene questa Corte che anche in questo caso la proposta doglianza, efficacemente esposta dalla difesa, sia pianamente fondata. In effetti, come giudicato in altri casi, il tesserato Di Nicola, la cui condotta ha determinato la sanzione nei confronti de L’Aquila Calcio 1927, in conseguenza delle dimissioni rassegnate ed accettate sin dal febbraio 2015, pur restando tesserato, era di fatto sottratto ad ogni possibilità di controllo da parte della società, rendendo il tesseramento un dato di portata soltanto formale, così consentendo di ribadire e portare a compimento l’applicazione dell’invocato orientamento in virtù del quale il principio della responsabilità oggettiva necessita di temperamenti e deve essere calibrato in concreto, in relazione ad un legame tra sodalizio e tesserato che non sia soltanto formalistico, ma un minimo effettivo e sostanziale (cfr. CGF CU 187/CGF del 27 gennaio 2014). Il reclamo della società L’Aquila Calcio 1927 s.r.l., pertanto, va integralmente accolto. Venendo ora all’esame nel merito del reclamo proposto dal sig. Ercole Di Nicola nei confronti della statuizione di primo grado che ha visto allo stesso applicare la sanzione dell’inibizione per cinque anni con preclusione alla permanenza nei ranghi FIGC, oltre quella dell’ammenda di €. 100.000,00, ritiene, questa Corte, che lo stesso non meriti accoglimento. Risulta, anzitutto, infondata l’eccepita violazione del diritto di difesa, condividendo questa Corte la motivazione resa sul punto dal TFN nella ordinanza n. 1. Con l’ordinanza in richiamo il primo Giudice ha disatteso le istanze di stralcio dei deferiti Di Nicola e Di Lauro evidenziando che la circostanza di trovarsi entrambi agli arresti domiciliari risultava manifestamente irrilevante, in quanto anzitutto non incideva - e di fatto non ha inciso - sull’attività difensiva degli stessi egregiamente svolta dai rispettivi patroni, in secondo luogo, e si può aggiungere soprattutto, perché i due tesserati non avevano esercitato la facoltà di avanzare apposita istanza all’Autorità giudiziaria competente affinché la stessa consentisse loro di partecipare al procedimento sportivo che si andava celebrando nei loro confronti. Rileva ulteriormente la Corte che tale omissione di Di Nicola, reiterata in seconde cure nonostante l’intervenuta statuizione di condanna, dimostra la fiducia dello stesso nell’assoluta completezza nell’attività difensiva svolta in suo favore. Del pari infondate appaiono le argomentazioni relative al merito della vicenda, posto che gli atti di causa non lasciano dubbi in ordine alla responsabilità ed al ruolo centrale svolto dal Di Nicola, come risulta dalle numerose telefonate intercorse fra il reclamante ed altri soggetti, in particolare Marcello Di Giuseppe, direttore sportivo del Teramo. In effetti, dopo l’iniziale appuntamento convenuto con la telefonata del 27 aprile 2015 delle ore 10.58 con la quale i due tesserati non a caso si preoccupavano di incontrarsi in luogo solitario, Di Nicola si induceva a contattare il tesserato Matteini sollecitando un incontro dello stesso con i calciatori del Savona Cabeccia e Marchetti per indurli ad alterare la gara con il Teramo, significativamente precisando «no due denari, noi ci facciamo dare tre». Ancor più rilevante è la comunicazione telefonica del 30 aprile 2015 alle 21.51, sempre fra il Di Nicola e il Matteini – già richiamata a proposito di quest’ultimo – nella quale lo stesso Matteini ammette: “…ho parlato solamente con l’isolano perché l’altro non si è nemmeno presentato…”, così proseguendo: “l’isolano aveva già un po’ capito la situazione ... Davide non faccio niente”; tali espressioni costituiscono evidente ammissione dell’iniziativa, ancorché non riuscita, tendente ad alterare il risultato della gara Savona-Teramo, contattando due calciatori della prima: ogni diversa interpretazione appare del tutto vietata. Sempre a conferma del tentativo d’illecito, si pone l’ulteriore telefonata con la quale Di Nicola comunica a Di Giuseppe il ricordato esito negativo precisando “Matteini, semaforo rosso totale!”: non è dato comprendere quale altra eventualità potesse concernere la fantasiosa precisazione “semaforo rosso”, se non quella del fallimento dello sciagurato progetto di “combinare” la partita Savona-Teramo. Per completezza, va ribadito che i rapporti fra Matteini – sollecitato da Di Nicola - ed i calciatori del Savona non potevano che riguardare l’alterazione del risultato della gara Savona-Teramo, restando escluso, per le considerazioni innanzi rassegnate, che l’attività dello stesso Matteini potesse connotarsi quale quella di procuratore sportivo. Proprio in conseguenza del fallimento dell’iniziale tentativo, Di Nicola individua altro percorso per raggiungere il perverso intento, prendendo contatti con Marco Barchigiani del Savona al fine di realizzare quanto stava sfuggendo. Recitano in tal senso le intercettazioni telefoniche acquisite in atti, l’incontro del 2 maggio 2015 alle ore 12.30 presso l’Ambra Cafè di Albissola e la successiva attività volta a conseguire il pagamento del corrispettivo dell’illecito. In relazione al detto incontro del 2 maggio 2015, appare del tutto contraddittoria la ricostruzione dell’evento proposta dal reclamante secondo il quale quell’appuntamento avrebbe avuto ad oggetto la cessione delle quote della società Savona: la trattativa concernente siffatta cessione, invero, avrebbe necessitato di uno spazio temporale ben superiore ai cinque minuti invocati proprio dalla difesa appellante per escludere, in tale ristretto tempo, la possibilità di una negoziazione volta alla fraudolenta alterazione della gara. In altri termini, se – come assume l’appello – cinque minuti di tempo sarebbero insufficienti per programmare l’illecito (peraltro già praticamente realizzato e, quindi, solo da confermare), tale spazio temporale appare ancor meno idoneo a sviluppare una proposta d’acquisto del capitale sociale di una società calcistica di apprezzabile livello. In conclusione, Davide Di Nicola va considerato il più attivo nella programmazione e consumazione dell’illecito e, conseguentemente, va ritenuto responsabile degli addebiti contestategli, meritevole delle sanzioni che questa Corte intende confermare con conseguente totale reiezione dell’appello. In relazione all’appello proposto dal sig. Fabio Di Lauro è già stata sopra esaminato (e rigettato) il primo motivo di gravame. Quanto al secondo, concernente il mancato accoglimento della richiesta di stralcio della propria posizione perché agli arresti domiciliari, la Corte non può che confermare quanto innanzi motivato, ribadendo quanto appena osservato a proposito dell’identica doglianza sollevata dall’appellante Di Nicola. Questa Corte, invero, condivide pienamente l’ordinanza n. 1 del TFN con la quale quest’ultimo ha disatteso le istanze di stralcio dei deferiti Di Nicola e Di Lauro, evidenziando che la circostanza di trovarsi entrambi agli arresti domiciliari risultava manifestamente irrilevante, in quanto, anzitutto, non incideva – e di fatto non ha inciso - sull’attività difensiva degli stessi egregiamente svolta dai rispettivi patroni, in secondo luogo (soprattutto) perché i due tesserati non avevano esercitato la facoltà di avanzare apposita istanza all’Autorità giudiziaria competente affinché la stessa consentisse loro di partecipare al procedimento sportivo che si andava celebrando nei loro confronti. Deve, ulteriormente, rilevarsi che tale omissione di Di Lauro, reiterata in seconde cure nonostante l’intervenuta statuizione di condanna, dimostra la fiducia dello stesso nell’assoluta completezza nell’attività difensiva svolta in suo favore. Nel merito il reclamo si limita ad eccepire che il Tribunale, dopo aver esattamente ritenuto che l’appellante non aveva partecipato all’illecito, avrebbe errato «sulla circostanza che il Di Lauro abbia scommesso». Tale assunto difensivo viene svolto soltanto sull’assenza di documentazione comprovante l’effettiva effettuazione delle scommesse contestate, dimenticando che la sanzione irrogata risulta fondata su intercettazioni telefoniche dal chiaro ed inequivoco significato, in relazione alle quali non viene dedotta alcuna argomentazione, sicché il reclamo, se non inammissibile, va ritenuto di sicuro infondato. Conseguentemente, l’avanzata doglianza deve venir disattesa anche in riferimento alla contestazione ex art. 7, comma 7, CGS, in quanto Di Lauro, ben al corrente dell’illecito, ha violato l’obbligo di informazione previsto dalla norma in richiamo. Il reclamo del sig. Di Lauro va, dunque, integralmente rigettato con piena conferma dell’impugnata decisione. Quanto alla posizione della società Savona Fbc, che si passa, ora, ad esaminare, ed a quella strettamente connessa del proprio presidente sig. Aldo Dellepiane, il TFN ha riconosciuto, e conseguentemente sanzionato, i seguenti profili di responsabilità: - la responsabilità diretta, ai sensi dell’art. 7, comma 2 e dell’art. 4, comma 1, CGS, in ordine agli addebiti contestati al proprio legale rappresentante, Aldo Dellepiane, con le aggravanti, di cui all’art. 7, comma 6, CGS, della effettiva alterazione dello svolgimento e del risultato della gara, nonché del conseguimento del vantaggio in classifica; - la responsabilità oggettiva, ai sensi dell’art. 7, comma 2 e dell’art. 4, comma 2, CGS, in ordine agli addebiti contestati a Marco Barghigiani, con le aggravanti, di cui all’art. 7, comma 6, CGS, della effettiva alterazione dello svolgimento e del risultato della gara, nonché del conseguimento del vantaggio in classifica; - la responsabilità oggettiva, ai sensi dell’art. 4, comma 2, CGS, in ordine agli addebiti contestati al proprio tesserato Marco Cabeccia, con riferimento alla violazione dell’art. 7, comma 7, CGS; - la responsabilità oggettiva, ai sensi dell’art. 4, comma 2, CGS, in ordine agli addebiti contestati al proprio tesserato Enrico Ceniccola, con riferimento alla violazione dell’art. 7, comma 7, CGS. Pertanto, tenuto conto di tutte le circostanze, il TFN ha ritenuto congrua ed afflittiva con riferimento a tutte le violazioni contestate la sanzione della retrocessione all’ultimo posto in classifica accompagnate dalla sanzione pecuniaria dell’ammenda nella misura indicata in dispositivo. Avverso tale decisione ha proposto reclamo il Savona davanti alla Corte Federale d’Appello i cui motivi di impugnazione sono stati sopra dettagliatamente esposti; hanno depositato le proprie controdeduzioni i terzi interessati Gubbio S.r.l. e Forlì chiedendo la conferma delle sanzioni inflitte in primo grado. La Corte ritiene che, disattese le eccezioni pregiudiziali e preliminari per le ragioni complessivamente sopra esposte, il reclamo proposto dalla società Savona debba essere accolto nei limiti di seguito illustrati con riferimento ai profili di responsabilità diretta che le sono stati attribuiti in relazione alle condotte ascritte al proprio presidente Aldo Dellepiane. L’esame di questo rilevante aspetto dell’impugnazione può essere esaminato unitamente al reclamo proposto personalmente dal Sig. Aldo Dellepiane, il quale essenzialmente ribadisce, anche in sede di appello, la sua completa estraneità alla combine con argomentazioni sovrapponibili a quelle che sul medesimo punto svolge autonomamente la società Savona. Analogamente alla posizione della società Teramo, infatti, il profilo della responsabilità diretta della società Savona coinvolge necessariamente la valutazione della condotta di chi la rappresenta ai sensi delle norme federali e, quindi, del proprio Presidente. Secondo la ricostruzione offerta dalla Procura Federale, alla quale ha sostanzialmente aderito il TFN nella decisione impugnata, il coinvolgimento del presidente del Savona nella combine in esame sarebbe provato dal contenuto del messaggio sms del 30 aprile 2015, delle ore 22.29, inviato dal Barghigiani al Di Nicola, in cui il primo scriveva: “ho sentito il Presidente e mi ha confermato la sua disponibilità …”. Inoltre, la partecipazione all’illecito del presidente Dellepiane troverebbe ulteriore conferma anche nelle dichiarazioni rese dal sig. Corda alla Procura federale in data 1° luglio 2015 nella quale quest’ultimo dà atto di aver saputo, dal Barghigiani - nel corso di un incontro con questi avuto a fine maggio, inizio giugno 2015 - che una parte dei soldi pagati dal Teramo per vincere la gara erano stati riscossi da Dellepiane (“… tra maggio ed inizio giugno mi sono incontrato con Marco Barghigiani in un centro commerciale che si trova appena fuori il casello autostradale di La Spezia. L’argomento da trattare nell’incontro doveva essere quello della trattativa con il Di Nicola per l’acquisto delle quote del Savona. In occasione di tale incontro il Barghigiani mi disse che la trattativa non era andata in porto e mi confermò invece che era andata a buon fine la combine relativa alla gara Savona / Teramo relativamente alla quale io non avevo prestato il mio consenso. Mi disse anche che una parte dei soldi dati dal Teramo per vincere la gara erano finiti nelle tasche del Presidente Dellepiane”). Tuttavia la valutazione di tali elementi, gli unici, invero, astrattamente idonei a coinvolgere la posizione di Dellepiane, conduce la Corte, in disaccordo quindi con il TFN, a conclusioni diverse rispetto alla decisione impugnata. Si tratta, infatti, di elementi che, necessariamente valutati in un contesto più ampio, non sono in grado di dimostrare sufficientemente, pur considerando il diverso standard minimo probatorio richiesto nel presente procedimento, il coinvolgimento del presidente Dellepiane nell’organizzazione della combine della gara in questione. Ad avviso della Corte, il primo elemento dal quale il TFN ha tratto indici di colpevolezza di Dellepiane – ossia il testo dell’sms inviato da Barghigiani a Di Nicola il 30 aprile 2015 alle ore 22,29 – non prova affatto, in assenza di altri necessari riscontri, che la comunicazione in questione, seppure riferibile e collocabile nell’ambito del più ampio disegno volto a consumare l’illecito, si riferisca al presidente della società Savona, sig. Aldo Dellepiane. A tale riguardo la Corte ritiene in primo luogo di dovere condividere il rilievo della difesa del Savona secondo il quale il messaggio non possa essere segmentato e valutato per la sola parte nella quale ci si riferisce al “presidente”; esso deve essere valutato e possibilmente interpretato nel suo insieme: “Buonasera, ho sentito il presidente e mi ha confermato la sua disponibilità di incontrare i tuoi amici imprenditori lunedì alle ore 09.00 nel suo ufficio. Attendo tua riposta perché domani dovrei vederlo e così posso confermare appuntamento. Buona serata”. Ebbene, se è vero che il riferimento al “presidente” da parte di Barghegiani, d.s. della società Savona, potrebbe teoricamente e ragionevolmente condurre a sovrapporre a tale impersonale indicazione la figura di Dellepiane, è altrettanto vero che, in un contesto quale quello oggetto di esame – caratterizzato dalla diffusa e condivisa pianificazione di condotte da parte di tutti i protagonisti della vicenda oggetto dell’indagine penale e dall’impiego di un linguaggio criptico, allusivo, apparentemente avulso dal contesto calcistico nel quale al contrario i protagonisti si muovono – l’isolata indicazione in un sms di un determinato anonimo personaggio mediante l’impiego del termine corrispondente ad una determinata carica o qualità che il medesimo individuo dovrebbe ricoprire non possiede alcuna efficacia decisiva qualora non vi sia alcun elemento di riscontro che consenta con ragionevolezza di giungere a tale identificazione (mediante individuazione di un più preciso contesto di riferimento). Tanto più che nelle comunicazioni immediatamente successive tra Di Nicola e Di Giuseppe (d.s. Teramo) – che presuppongono il contenuto del messaggio pervenuto a Di Nicola da Barghegiani – non emerge alcun elemento che consenta anche indirettamente di ricondurre la figura di Dellepiane a quell’individuo che avrebbe confermato la disponibilità all’incontro del lunedì successivo alle ore 9.00; ed infatti, nella conversazione telefonica tra Di Nicola e Di Giuseppe del 30 aprile 2015, ore 22,43, i protagonisti (consentendo così all’interprete di attribuire al contenuto del messaggio sms il reale dissimulato significato di perfezionamento dell’accordo in relazione al quantum della combine; gli orari del presunto appuntamento dissimulerebbero invero il compenso richiesto per l’alterazione della gara), non solo non impiegano mai il termine “presidente”, ma non si riferiscono ad alcun altro interlocutore diverso da Barghegiani il quale, da pochi minuti, aveva comunicato a Di Nicola tale disponibilità (mediante l’sms in questione); mentre nella conversazione telefonica successiva tra Di Nicola e Barghegiani del 30 aprile 2015, ore 22,48, i protagonisti si confrontano nuovamente sulla determinazione del quantum (gli orari dell’appuntamento rappresentano infatti la forcella entro la quale avrebbe dovuto essere raggiunto l’accordo sul prezzo della combine) senza mai più richiamare la figura del “presidente”; mentre il Barghigiani allude ripetutamente ad una situazione interlocutoria di incertezza riferita ad un individuo (“lui”) in alcun modo qualificato (Di Nicola: “alla colazione partecipiamo tutti?” - Barghigiani: “si perché lui si è riservato” - Di Nicola: “e tu stai completo?” - Barghigiani: “si è riservato, te lo dico, due ore praticamente (inc) alle 07.00” - Di Nicola: “si” - Barghigiani: “lui deve fare una riunione dice poi alle 09.00 posso essere lì e ci possiamo trovare quindi”- Di Nicola: “perfetto quindi – Barghigiani: vedi te, vedi te poi di, di di se poi c’è mezz’ora in più capito (inc)” – Di Nicola: “no no ecco l’importante, l’importante è che ecco, l’importante che lui alle 07.00 ha questo appuntamento e poi che noi arriviamo alle 09.00” – Barghigiani: “capito quindi” – Di Nicola: “(inc) perfetto, ok (inc) avanti” – Barghigiani: “devi calcolare devi calcolare le 09.00 poi se devi se se per mille motivi devi arrivare alle 10.00 basta che tu me lo dica capito?” – Di Nicola: “no no va bene, va bene (inc) ok?” – Barghigiani: “ok” – Di Nicola: “quindi … quindi alle 07.00 ha l’appuntamento alle 09.00 ci vediamo” – Barghigiani: “si perché lui aveva detto alle 08.00 capito?” – Di Nicola: “si” – Barghigiani: “gli ho detto “no guardi se lei si può liberare poi un paio d’ore se ne parla capito” – Di Nicola: “perfetto” – Barghigiani: “e ci troviamo alle 9.00 capito ?!” – Di Nicola: “va bene perfetto” – Barghigiani: “quello che ci avevamo detto quando ci siamo visti” – Di Nicola: “si si si si perfetto così allora ….”). Individuo che, in assenza di alcun ulteriore riscontro, non può essere sic et simpliciter sovrapposto a quel “presidente” che, nell’sms precedente, risulta invece aver definitivamente confermato un “appuntamento” per le “ore 09.00” senza alcuna riserva o ombra di incertezza. Peraltro, l’esame complessivo del materiale probatorio consente di trarre una considerazione ulteriore che conforta il giudizio della Corte; tale sms, infatti, rappresenterebbe l’unico episodio nel quale Barghigiani – ossia il referente della combine ed il protagonista indiscusso, una volta fallito l’approccio mediante Matteini con i calciatori Cabeccia e Marchetti, di tutti i momenti perfezionativi dell’illecito per la parte del Savona – utilizza questa definizione riferendosi ad un individuo la cui effettiva identità, ovviamente, si vuole tenere celata nei riguardi di tutti coloro che non sono protagonisti fattivi dell’illecito (e quindi, soprattutto, agli organi inquirenti). La circostanza appare tanto più significativa ove si consideri che Barghigiani, analogamente a tutti gli attori della vicenda, ha sempre prestato molta attenzione ai termini impiegati, caratterizzando i propri dialoghi mediante il ricorso a quel linguaggio criptico ed allusivo che è proprio dell’ambiente nel quale si colloca anche la presente combine e nel quale mai si è fatto richiamo diretto, anche mediante il riferimento alla carica eventualmente ricoperta, a persone determinate allorché il dialogo doveva avere ad oggetto aspetti organizzativi ed operativi della combine. Quanto al secondo elemento, ossia la dichiarazione del sig. Corda circa la pretesa percezione di una quota del compenso da parte del Dellepiane (audizione Corda del 1° luglio 2015), questo deve necessariamente essere interpretato alla luce dei canoni ermeneutici che è indispensabile applicare ogni qual volta si debba stabilire l’attendibilità di affermazioni de relato che coinvolgono l’operato di altri (circostanza non conosciuta direttamente, ma appresa mediante affermazioni di altro interlocutore). Ebbene, la Corte ritiene di dovere condividere le valutazioni svolte dalla difesa della società Savona e Dellepiane stesso circa l’inattendibilità, nello specifico, di Corda. In effetti, al di là dei presumibili motivi di risentimento e contrasto che possano avere indotto Ninni Corda a rendere agli inquirenti dichiarazioni coinvolgenti direttamente l’operato di Dellepiane nella combine, manca nel caso concreto il minimo elemento di riscontro, anche di natura soggettiva. A cominciare proprio dal latore della presunta informazione, il sig. Barghigiani, che mai ha confermato la veridicità di tale circostanza. Peraltro, la dichiarazione di Corda, che afferma di avere ricevuto queste confidenze da Barghigiani allorché si incontrarono per discutere del diverso problema dell’acquisto di Di Nicola delle quote del Savona, non appare credibile proprio in relazione al contesto argomentativo nel quale lo stesso Corda colloca le confidenze ricevute da Barghigiani. Si tratterebbe, infatti, di una informazione (quella del buon esito della combine e della spartizione del denaro), riferita da Barghigiani ed appresa da Corda, calata del tutto incidentalmente, a dispetto della rilevanza del tema, in un contesto nel quale si discorreva di argomento differente (l’acquisto delle quote della società). Tuttavia, la Corte ritiene non credibile che Corda possa avere appreso l’esito della combine e la spartizione del compenso solo grazie alle dichiarazioni ricevute nell’occasione da Barghigiani, risultando provato per tabulas come Corda abbia attivamente preso parte all’accordo fraudolento fino a pretendere la propria parte di compenso. Conseguentemente, anche la ulteriore dichiarazione resa da Corda con riferimento al coinvolgimento diretto di Dellepiane nella spartizione del compenso non appare credibile perché – priva di ogni ulteriore elemento di riscontro – soggiace al medesimo giudizio di inattendibilità, in parte qua. In conclusione, a giudizio della Corte difettano quei requisiti di coerenza, precisione, rispondenza che devono necessariamente caratterizzare, perché se ne possa ammettere la relativa attendibilità, le dichiarazioni di Ninni Corda nella (sola) parte accusatoria di circostanze apprese de relato. Tali argomenti a giudizio della Corte sono già da soli decisivi per escludere che possano essere ricavati, dal materiale probatorio disponibile, elementi tali da fare ritenere accertata la responsabilità del presidente Dellepiane ed il conseguente coinvolgimento della società Savona a titolo di responsabilità diretta. A conforto di tale conclusione soccorrono, comunque, anche le ulteriori considerazioni di ordine logico che, sebbene da sole non decisive, rafforzano senza dubbio la correttezza del giudizio che conduce, allo stato, a prosciogliere Dellepiane rispetto alla vicenda in questione. Non appare francamente pensabile, infatti, che Dellepiane abbia rischiato di provocare la retrocessione della propria squadra a fronte del percepimento di una modesta somma di denaro. La posizione in classifica del Savona (con scarse possibilità di evitare comunque gli spareggi-salvezza) e, di contro, l’interesse rilevante di classifica portato essenzialmente dalla società Teramo sono argomenti che escludono che nella combine, per la parte Savona, fosse indispensabile coinvolgere necessariamente il vertice dirigenziale di quest’ultima società. Peraltro, come puntualmente evidenziato dalla difesa del Savona, la circostanza che Dellepiane intendeva cedere, a fine stagione, le proprie quote societarie – del resto gli stessi accordi in essere con Ceniccola erano condizionati alla permanenza in Lega Pro e al mantenimento dello stato economico finanziario della società – rende ancora meno credibile che Dellepiane possa avere avuto un interesse alla combine dal momento che, una volta innalzato in seguito alla sconfitta con il Teramo il rischio di retrocessione, sarebbe parallelamente aumentato il rischio di mettere a repentaglio il buon esito dell’operazione di cessione quote con concrete possibilità di pregiudizio ben più grave rispetto all’ipotetico vantaggio economico ricavabile da parte del prezzo della combine. Pertanto, in definitiva sul punto, va riformata la decisione del TFN nella parte in cui accerta e dichiara la responsabilità del presidente Dellepiane e la conseguente responsabilità diretta della società Savona. Merita invece sostanziale conferma, pur con alcune rettifiche indotte dalla rivalutazione delle posizioni dei tesserati Barghigiani, Ceniccola e Cabeccia, la sentenza del TFN con riguardo ai profili di responsabilità oggettiva della società Savona. Sul punto l’appello della società Savona deve essere respinto, con riferimento alle posizioni dei Signori Barghigiani e Ceniccola (analogamente alle impugnazioni proposte personalmente dai deferiti delle quali si tratterà specificamente in seguito), mentre deve essere accolto con riferimento alla valutazione dei presupposti per l’applicazione delle aggravanti di cui all’art. 7, comma 6, CGS, ovviamente in relazione ai profili di responsabilità oggettiva riconducibili alla condotta del Barghigiani, ed alla posizione del calciatore Cabeccia il cui appello deve essere del pari integralmente accolto. Ed infatti la responsabilità oggettiva della società Savona deve essere complessivamente confermata dal momento che risulta provato il collegamento tra il deferito/condannato Barghigiani ed il Savona che, pertanto, deve rispondere delle condotte ascritte al Barghigiani il cui rilievo ai fini disciplinari la Corte ritiene di dovere confermare, non mancando tuttavia di sottolineare, come si dirà, la rilevanza decisiva dell’apporto di quest’ultimo al perfezionamento dell’illecito. Appare opportuno a tale proposito ribadire, alla luce dei motivi di impugnazione svolti, che la responsabilità oggettiva, che riguarda le società e non anche i singoli tesserati, trova, nell’ottica della particolare autonomia dell’ordinamento sportivo e delle sue finalità, una valida giustificazione, rispondendo all’esigenza di assicurare il pacifico e regolare svolgimento dell’attività sportiva. Fermo restando il potere degli Organi della giustizia sportiva di graduare le relative sanzioni alla luce della complessiva valutazione della fattispecie e verificando l’intensità del coinvolgimento dell’interessato, il ruolo rivestito all’interno della società, la riferibilità alla stessa società del fatto imputato, l’eventuale conseguimento di un vantaggio o, al contrario, di uno svantaggio dalla condotta perpetrata dal proprio tesserato o dalle persone ad essa riferibili. Non c’è dubbio, quindi, che, contrariamente a quanto sostenuto dal Savona, quest’ultima società debba rispondete a titolo di responsabilità oggettiva dell’operato del sig. Barghigiani; questi, infatti, il cui ruolo fattivo nella realizzazione della combine ha trovato plurime conferme in atti, operava, per stessa ammissione dell’interessato, all’interno e nell’interesse dalla società Savona. E’ lo stesso Barghigiani ad ammettere lo stretto collegamento tra la sua attività e la società allorché definisce il Savona come “la mia squadra” e riferisce di avere svolto funzioni di consulente di mercato con incarico affidato verbalmente direttamente dal presidente Dellepiane, al quale rimase sempre vicino, fino ad interloquire con il medesimo circa questioni di rilievo quali l’esonero dell’allenatore Aloisi e la ricerca di investitori (cfr. interrogatorio P.G. 17 giugno 2015). Anche il calciatore Eguelfi (cfr. audizione del 15.7.2015) riferisce di un ruolo di rilievo del Barghigiani e del Ceniccola all’interno della società (“… lavorava insieme a Ceniccola …”). Deve, quindi, essere confermata la responsabilità oggettiva del Savona sia per la condotta del sig. Barghigiani, che per il coinvolgimento del collaboratore Ceniccola, consulente della società Savona (cfr. udizione del 15 luglio 2015), il quale omise di riferire alla Procura federale ai sensi dell’art. 7, comma 7, CGS, la conoscenza dell’illecito. Deve, invece, essere prosciolto, come si dirà, il calciatore Cabeccia e quindi rideterminata la responsabilità della società anche alla luce dell’accoglimento di tale gravame come pure della corretta valutazione delle aggravanti in relazione alla condotta di Barghigiani dato per certo che la società Savona non ottenne alcun vantaggio in classifica ai sensi della lettera c) dell’art. 7, comma 6, CGS. Ritiene, quindi, la Corte che, valutati gli elementi di cui sopra ed in aderenza con il proprio consolidato orientamento circa la gradualità e la concreta afflittività della sanzione, quella da irrogare alla società Savona vada formulata in punti 6 di penalizzazione da scontarsi nella Stagione Sportiva 2015/2016, nel campionato di pertinenza, con l’ammenda di € 30.000 a titolo di responsabilità oggettiva, ai sensi dell’art. 7, comma 2, e art. 4, comma 2, CGS, in ordine agli addebiti contestati al sig. Barghigiani, con le aggravanti di cui all’art. 7, comma 6, CGS [limitatamente alle lettere a. (effettiva alterazione dello svolgimento della gara) e b. (effettiva alterazione del risultato della gara) e con esclusione della lettera c. (conseguimento del vantaggio in classifica)], nonché per responsabilità oggettiva, ai sensi dell’art. 4, comma 2, CGS, in ordine agli addebiti contestati al proprio tesserato Ceniccola, con riferimento alla violazione dell’art. 7, comma 7, CGS. A ciò conduce la attenta valutazione della complessiva condotta dei soggetti coinvolti nel presente procedimento e della posizione di vantaggio/svantaggio attribuibile alla società. Venendo allo specifico esame dell’appello del sig. Marco Barghigiani occorre, anzitutto, osservare come appaia evidente il suo sostanziale, stabile e continuo inserimento nella struttura societaria del Savona. Nel richiamare, al riguardo, quanto in precedenza osservato sulla posizione della società stessa appare evidente solo scorrendo le dichiarazioni di soggetti escussi (cfr. in particolare Eguelfi e Galimberti) che l’incolpato frequentava assiduamente le strutture sociali e, pur non avendo specifici compiti, gravitava nella gestione diretta della società stessa. Non avrebbero avuto alcuna ragione alcuni calciatori influenti a non vederlo di buon occhio a causa del suo comportamento imputandogli i ritardi dei versamenti degli emolumenti maturati, se non in ragione, appunto, del fatto che era ritenuto direttamente coinvolto nella gestione sostanziale del club. La conferma si ha del resto nelle interviste rilasciate agli organi di informazione in atti. Per queste ragioni è a lui che si rivolgono Di Giuseppe e Di Nicola, ben consci del sostanziale ruolo di Barghigiani Il TFN ha già ampiamente argomentato sulla reale natura dei contatti e non ha, contrariamente alle asserzioni difensive, travisato la lettura delle dichiarazioni e delle intercettazioni, in ordine alle quali, per alcuni passaggi significativi, si rinvia più avanti, onde evitare inutili duplicazioni, alla parte motiva specificamente dedicata alla posizione Di Giuseppe e Campitelli. A questo proposito è stato, peraltro, sottolineato anche nella discussione orale (cfr. intervento difesa Savona) che Barghigiani usava un linguaggio criptico ed ambiguo nelle conversazioni telefoniche con gli altri incolpati. Ma vi è, poi, un ulteriore motivo logico che smentisce la tesi difensiva. È dato incontestato che unitamente a Barghigiani anche Ceniccola avrebbe avuto specifico mandato per la cessione delle quote del Savona. Appare allora francamente inspiegabile che quest’ultimo, pur accompagnando Barghigiani ai numerosi reiterati incontri in cui si sarebbe- secondo la difesa -parlato della cessione non vi abbia mai partecipato rimanendo in auto ovvero appartato o lontano. Il Ceniccola, di contro, ove si fosse parlato di cessione di quote doveva essere interlocutore a tutti gli effetti La versione difensiva di Barghigiani cozza contro il buon senso e contro il comune agire di qualsivoglia operatore economico. L’invocata incongruenza sui tempi e sulle modalità degli incontri che rendeva impossibile discutere e o compiere atti destinati alla combine prova poi il contrario. Ove vi fosse stata ristrettezza dei tempi per poter porre atti finalizzati ad alterare il risultato, a maggior ragione non vi erano i tempi per poter discutere di cessioni a titolo oneroso di quote societarie, i cui contatti economici anche solo prodromici hanno tempistiche e modalità affatto diverse, connotate anche dallo scambio di documentazione ovvero rappresentazione di prezzi, patrimonio, posizioni debitorie/creditorie, assetto strutturale, che certo non si esauriscono in incontri fugaci in bar ovvero vicino ai caselli autostradali ovvero in telefonate ambigue in cui più volte si richiama l’ora dell’incontro e si ripete “capito?” subito dopo Il fatto poi che Di Giuseppe e Di Nicola abbiano avuto contatti con Corda per alterare il risultato non esclude affatto che in parallelo abbiano seguito la strada Barghigiani. A prescindere dalle chiare dichiarazioni di Corda (riguardo alla cui attendibilità meglio si dirà più oltre) il tenore delle telefonate e degli incontri avvenuti costituisce indizio preciso grave concordante che dimostra un reiterato contatto – prima e dopo una gara – fra soggetti sicuramente dediti a compiere atti finalizzati ad alterarla. Del resto, Barghigiani si incontra a Fabro con Di Giuseppe e Di Nicola prima ancora che questi venissero a sapere che il tentativo di Matteini di contattare i giocatori Cabeccia e Marchetti non aveva avuto buon esito. In definitiva, chiare risultanze probatorie conducono alla pacifica affermazione della responsabilità del sig. Marco Barghigiani e, sotto tale profilo, l’appello dello stesso merita rigetto. Peraltro, la Corte reputa che, il ruolo centrale e determinante svolto dal sig. Barghigiani nella vicenda di illecito sportivo che ci occupa (il suo operato ha reso possibile la concreta realizzazione della combine) meriti una più adeguata misura sanzionatoria che, visto l’art 37, comma 4, CGS, si ritiene congruo rideterminare, aggravandola, nella inibizione per anni 4 (quattro), con l’ammenda di € 60.000,00 (sessantamila/00). Per quel che riguarda, invece, la posizione del giocatore Marco Cabeccia ritiene questa Corte che vi siano elementi per poter accogliere l’impugnazione. Il giocatore viene chiamato in causa solo nel corso delle telefonate Matteini / Di Nicola avendo espressamente rifiutato qualsiasi discorso di alterazione del risultato. Da un esame del testo trascritto delle intercettazioni si evince ad un certo punto che Matteini si contraddice più volte sul tenore dei colloqui intervenuti, addirittura riferisce che ebbe ad offrire una somma a Cabeccia al di sopra di ogni ragionevole possibilità (50 mila euro), usa locuzioni al plurale, parla di incontri in ordine ai quali, in realtà, difettano sicuri riscontri. A fronte di questi elementi in assenza di precisi indizi in ordine alla percezione della proposta di combine che in qualche maniera funga da riscontro ed ancoraggio seppur indiretto non può ritenersi che sussistano elementi per poter affermare che il Cabeccia percepì una proposta illecita da Matteini, la rifiutò consapevolmente ma non ebbe a segnalare la cosa agli organi deputati, in modo da meritare sanzione. Infondata appare, invece, l’impugnazione del sig. Enrico Ceniccola. In precedenza si è fatto cenno della non credibilità delle tesi difensive in ordine alla natura degli incontri in cui, a dire di Barghigiani, si sarebbe parlato di cessione di quote del Savona. Questo proprio per la ragione logica che Ceniccola, data la sua qualità e per il fatto che era presente, avrebbe dovuto sicuramente parteciparvi. Ora, appare incredibile che Ceniccola fosse mero autista accompagnatore di Barghigiani e non gli chiedesse con chi si incontrava, soprattutto laddove, a suo dire, si sarebbe dovuto parlare di un tema di suo preminente interesse. È inspiegabile - se fosse stata vera la tesi di Barghigiani – che Ceniccola lo accompagnava e conoscendo la ragione degli incontri veniva tenuto a distanza. Logica e buon senso dimostrano che il Ceniccola non si avvicinava ai partecipanti della riunione proprio perché sapeva che non si trattavano temi di suo interesse e che, anzi, era meglio rimanere a distanza per non restare nemmeno indirettamente coinvolto nelle tematiche trattate, data la natura delle stesse, comunque ben nota al medesimo (e non denunziata). Il ricorso proposto dal sig. Enrico Ceniccola deve, dunque, essere rigettato, con conferma della relativa decisione impugnata e delle sanzioni allo stesso inflitte. Del pari, non possono trovare accoglimento, nel senso preteso, le ragioni d’appello offerte dai sigg.ri Marcello Di Giuseppe e Luciano Campitelli. La gara in questione, come più volte ormai detto, è Savona – Teramo, valida per il campionato di Lega Pro, girone B, prevista per il giorno 2 maggio 2015, penultima giornata del campionato. A quel punto la situazione di classifica vede il Teramo primo, con quattro punti di vantaggio sull’Ascoli. Il Savona è, invece, collocato nella parte bassa della classifica, precedendo, con punti 37, il San Marino (30), il Pro Piacenza (36) e seguendo il Prato (40). La vittoria sul Savona avrebbe assicurato al Teramo la matematica promozione in serie B, con una giornata di anticipo e avrebbe evitato alla predetta compagine societaria di giocarsi tutto all’ultima giornata di campionato, nello scontro diretto proprio con l’Ascoli. Il 27 aprile 2015, Marcello Di Giuseppe, direttore sportivo del Teramo Calcio, contatta Ercole Di Nicola, collega de L’Aquila. Di Nicola, come emergerà dalle indagini e come correttamente affermato dal TFN, è il regista dell’organizzazione volta all’alterazione del risultato della partita sopra indicata. Nella telefonata registrata alle h. 10.58 ed identificata con il progr. 84426 degli Allegati all’informativa di reato prot. 404/2015/Mob/Sco_A/Rm, Di Giuseppe dava appuntamento al Di Nicola a Corano, da lì ad un quarto d’ora. Questi, accettando l’invito, si preoccupava che il posto indicato fosse troppo affollato (“… ma ci sta gente la? Ci sta gente? Andiamo da un’altra parte. Ci sta gente la, andiamo da un’altra parte”). Di Giuseppe rassicurava l’amico: “ma no, ci vediamo la fuori, chi ci sta? Non ti preoccupare”. In pari data Di Nicola incontrava Luciano Campitelli, presidente del Teramo Calcio s.r.l., come si evince dalla telefonata delle h. 18.58 (progr. 84667) nella quale lo stesso riferisce alla sig.ra Silvia Canfora, addetta alla segreteria della società calcistica de L’Aquila: “dopo ti spiego … sono da campitelli”. Il giorno successivo, 28 aprile, Di Nicola contatta (progr. 84830) Davide Matteini (tesserato del San Paolo Padova), chiedendogli, in sintesi, con il consueto linguaggio criptico, di prendere contatto con “i procuratori” (locuzione notoriamente allusiva di calciatori, nell’ambiente che fa da sfondo alla vicenda che ci occupa). La lettura del suddetto scambio telefonico è resa più chiara dalle successive intercettazioni. In particolare, in un successivo colloquio telefonico avuto tra i due il giorno 29 aprile 2015, alle ore 11.13 (progr. 85142), Di Nicola chiede a quest’ultimo di avvicinare i calciatori del Savona Cabeccia e Marchetti, conosciuti da Matteini, con l’evidente intento di fargli “vendere” la partita (Di Nicola: “ci interessa Cabeccia e Marchetti … vai e vedi la disponibilità”. Matteini: “due denari”, Di Nicola: “no due denari, noi ci facciamo dare tre … ci facciamo dare in totale capito? … se riesci qualcosa in meno anche …”. Matteini: “quindi gli dico, va bé in due gli dico … io gli dico due denari”). Raccogliendo l’invito di Di Nicola, Davide Matteini contatta i due calciatori e, nella telefonata (progr. 85374) delle h. 18.34 del 29 aprile, alla conferma dell’amico di andare avanti (“tutto’ok. Io volevo sapere … niente … vai avanti su quelle due persone che ti ho detto precedentemente …”), risponde: “io dire … ascolta … li ho già sentiti .. ho sentito uno .. il mio compaesano e lo devo vedere … ho sentito anche l’altro che ora mi richiama e se è … domani vado su …”. Di Nicola: “si … allora … tu digli che il contratto ha le stesse condizioni”. Nella nota di P.G. si evidenzia che il “paesano” è Alessandro Marchetti, appunto, nato a Livorno, come Matteini. Questo uno stralcio della telefonata tra i due immediatamente successiva (h. 18.46) di cui al progr. 85398. Di Nicola: “cioè, se è un problema di ingaggio vai avanti, capito?”. Matteini: “cioè in che senso? Posso alzare qualcosa?”[…]. “alzo la proposta?”. Di Nicola: “se è un problema di ingaggio si”. Tentativo, poi, andato a vuoto per il diniego implicito, di Marchetti, anche solo a parlare con Matteini e di quello espresso, invece, di Cabeccia (‘l’isolano’, essendo nato in Sardegna) malgrado gli fosse stato offerto un corrispettivo di cinquantamila euro. Matteini a Di Nicola, nella telefonata (progr. 86058) delle h. 21.51: “… l’isolano aveva già un po’ capito la situazione … però hanno rifiutato dire … sono arrivato fino a 50 … ma loro hanno detto di no … no Davide non faccio niente … lui mi ha detto così … e quell’altro aveva già capito … quando gli ho detto che ti devo parlare di persona … e mi ha detto che non si è nemmeno presentato … ho provato a chiamarlo … ma non mi ha risposto … non vorrei”. Intanto, Di Nicola aveva iniziato a seguire un’altra strada e alle h. 19.08 del 28 aprile (progr. 84996) aveva telefonato a Marco Calleri (procuratore di calciatori) per chiedere notizie di Ninni Corda (all’epoca allenatore del Barletta, ma nel recente passato allenatore del Savona), avendo bisogno di contattarlo. Pochi minuti dopo (h. 19.13) Di Nicola era al telefono con Ninni Corda (progr. 85002), chiedendogli di incontrarsi. Ninni Corda, dapprima fa presente di non potere l’indomani perché doveva prendere l’aereo per Bari, ben presto comprende l’importanza della cosa e decide di incontrare Di Nicola, appunto, l’indomani (“eh. e vieni a Bari mercoledì sera”). Alcuni significativi passaggi della conversazione telefonica. Di Nicola: “io domani devo scendere a Barletta con … con quello vicino a me qua no?”. Corda: “si.si”. Di Nicola: “oh…oh… allora tu giacché stai su è meglio perché io non faccio parlare Marco per l’operazione, tu … ci parli tu capito?”. ….. Di Nicola: “io vengo giù dopo … allora se tu mi dai disponibilità, io dovevo scendere giù dovevamo fare la strategia e dopo ci muovevamo ma giacché ci stai tu …”. Corda: “si si ho capito”. Di Nicola: “io domani sera scendo giù” ….. “e dopo facciamo tutto quello che si deve fare, hai capito?”. Corda: “ho capito, ho capito ho capito! Ho capito! Ehm..”. Il 29 aprile, alle h. 9.17, Di Nicola chiama Riccardo Leone (progr. 85079), annunciando che la sera sarebbe andato a Barletta con il direttore sportivo del Teramo (Marcello Di Giuseppe), “per fare delle cose”. Precisa Di Nicola: “devo rimanere a cena con il mister del Barletta”. Alle 10.28 sempre dello stesso 29 aprile, Di Giuseppe contatta Di Nicola (progr. 85121) ed i due decidono di incontrarsi a Roseto degli Abruzzi. L’incontro è confermato dalla successiva telefonata (progr. 85332) delle h. 16.57, con cui Di Giuseppe informa l’amico di essere in autostrada a dieci minuti dal luogo dell’appuntamento. Un minuto dopo (h. 16.58) Di Nicola contatta Corda (progr. 85334). I due prendono accordi per l’incontro della sera. Di Nicola, nel confermare la presenza alla cena del d.s. del Teramo (Marcello Di Giuseppe), assicura l’amico Corda che avrebbe mandato qualcuno a prenderlo al suo arrivo all’aeroporto di Bari. Nel frattempo, Di Giuseppe giunge a destinazione e viene raggiunto da Di Nicola, come dimostrato dalla telefonata tra i due delle h. 17.02, di cui al progr. 85336. Alle 18.31 Di Nicola chiama Riccardo Leone per chiedere se aveva prenotato il ristorante a Bisceglie. Alla cena parteciperanno, oltre allo stesso Leone, Di Nicola, Di Giuseppe e Corda, come da questi confermato nelle sue dichiarazioni, di cui più oltre meglio si dirà. Il giorno 30 aprile proseguono frenetici i contatti volti all’organizzazione dell’alterazione programmata. Alle h. 11.35 (progr. 85714) Di Giuseppe chiama Di Nicola. Stralcio conversazione. Di Giuseppe: “senti come rimaniamo allora? Ma tu … hai senti .. cioè con quello com .. com.. come …”. Di Nicola: “adesso lo chiamo su .. aspettavo che mi chiamavi … adesso lo chiamo”. Di Giuseppe: “eh .. io adesso sono stato a Campitelli (fonetico) dai Ercole (inc) lunedì .. (inc) tutto a posto”. Di Nicola: “va bene adesso parliamo”. …….. “ok adesso ti richiamo e ti dico”. Pochi minuti dopo (alle h. 11.49) Di Nicola chiama Marco Barghigiani del Savona (progr. 85732). I due prendono appuntamento per le h. 16.30, anche se poi si vedranno effettivamente intorno alle h. 18.30, come si evince dalla telefonata tra i due delle 17.30, appunto, di cui al progr. 85900. Di detto appuntamento a Fabro, Di Nicola, alle h. 11.50, ossia un minuto dopo, informava (progr. 85733) Di Giuseppe ed i due concordavano di vedersi prima, alle h. 15 a L’Aquila. Informava, altresì, Ninni Corda (telefonata delle h. 11.56, progr. 85734). L’incontro Di Giuseppe – Di Nicola è anche confermato dalla telefonata tra i due delle h. 14.58 (progr. 85827). I due raggiungono, poi, insieme il luogo (Fabro) dell’appuntamento con Barghigiani, come anche confermato dalla telefonata a questi fatta da Di Nicola alle h. 18.29 (progr. 85950). Anche in questa occasione l’incontro avviene in un bar. Al termine dell’incontro, Di Nicola, che aveva appena ricevuto la risposta negativa di Matteini, già sopra ricordata, con riferimento al tentativo di contattare i giocatori del Savona Cabeccia e Marchetti, chiama subito Di Giuseppe. Sono le h. 21.55 e la conversazione è rubricata al progr. 86060. Di Nicola a Di Giuseppe: “Matteini, semaforo rosso, totale!”. Ciò che, evidentemente, rafforza la pista “Barghigiani”. Alle h. 22.29, questi invia un s.m.s. a Di Nicola (progr. 86081 – 86082). Questo il testo: “Buonasera, ho sentito il presidente e mi ha confermato la sua disponibilità di incontrare i tuoi amici imprenditori lunedì alle ore 09.00 nel suo ufficio. Attendo tua risposta perché domani dovrei vederlo e così posso confermare appuntamento. Buona serata”. Immediatamente (h. 22.43) Di Nicola informa Di Giuseppe (progr. 86089). Di seguito, uno stralcio dello scambio telefonico. Di Nicola: “Ahahah … mi ha chiamato! L’appuntamento … appuntamento alle nove della mattina … ma io ho detto alle nove … con il punto interr.. gli ho risposto, ma … nove ma punto interrogativo”. Di Giuseppe: “io … capito? Capito, lui deve capire di là eheheh .. lui farà le tue … giù …” […] “Scusate .. ma fa in maniera tale che accontenta un po’ tutti quanti però!?”. Di Nicola: “Eheh … capito!? Quello ti dicevo”. Di Giuseppe: “La colazione, domani mattina, fra tutti” […] “Diglielo … diglielo”. Di Nicola: “Giusto?”. Di Giuseppe: “Chiamalo … chiamalo .. vedi che ti dice .. ehehe .. hai capito!? E fammi sapere”. Chiusa la conversazione con Di Giuseppe, Di Nicola contatta alle h. 22.48 Barghigiani (progr. 86905) per chiedere se alla “colazione partecipiamo tutti?”. Barghigiani: “si perché lui si è riservato”. […] “quello che ci avevamo detto quando ci siamo visti”. Di Nicola: “si si si si si perfetto così allora”. Barghigiani: “c’è stata un ora di differenza niente di particolare che poi se vai a vedere”. Di Nicola: “va bene allora”. Barghigiani: “si può fare ugualmente .. ok?”. Di Nicola: “puoi andare avanti io vado avanti qua va bene?”. Barghigiani: “ok va bene”. Immediatamente, Di Nicola (h. 22.50) comunica a Di Giuseppe le conferme ricevute da Barghigiani (progr. 86097). Di Nicola: “allora lui alle 07.00 ha un appuntamento.” … “e quindi è impegnato alle 07.00 dopo di che lui ha spostato alle 09.00”. Di Giuseppe: “va beh alle 09.00 quindi è…”. Di Nicola: “lista completa”. Di Giuseppe: “allora io ora sto chiamando quel cretino per dirgli di domattina di incontrarci subito hai capito!?”…. “eh…mica mi risponde il deficiente, quello chi lo sa”….. “mi stai capendo o no?! Quello anche adesso io lo dovrei vedere capito?! Io dovrei vedere anche adesso per lui ora..” ….. “se non … faccio un esempio, se non gli ha lui figurati se non conosce qualcuno che”. Di Nicola: “eh”. Di Giuseppe: “eh…. in qualche maniera deve fare”. Alle 23.00 (progr. 86110) Di Giuseppe chiama ancora Di Nicola, invitandolo a chiedere ulteriori conferme a Barghigiani: “Devi chiedere se … se questo alle sette, per la colazione, eheheh … attendibile! Cioè” …………. “il padrone del ristorante è attendibile?” …. “perché tanto a lui devi dire tutte le cose come stanno”. A sua volta, Barghigiani, come si evince dalla telefonata delle h. 23.04 (progr. 86115) vuole assicurazioni da Di Nicola sull’affidabilità degli esponenti del Teramo: “dicevo, siccome eventualmente a … quei due imprenditori li che porti e compagnia bella digli che portino eventualmente anche le credenziali, nel senso di far vedere l’agenda com’è fatta e tutti i documenti”. In altri termini, Barghigiani vuol essere sicuro che il Teramo si presenti all’appuntamento con i soldi (acconto). Risponde Di Nicola: “però ti garantisco io, stai tranquillo”. Conferma del progetto di alterazione in fase di avanzato allestimento si ha anche dalla telefonata di Fabio Di Lauro (all’epoca, allenatore di base iscritto nei ruoli del Settore Tecnico della FIGC) a Ercole Di Nicola delle h. 16.27 del 30 aprile (progr. 85845), volta ad acquisire notizie sulla combine al fine di scommettere sulla gara. Di Lauro: “Teramo vince? Che dici?”. Di Nicola: “ancora” ……. “stiamo vedendo” …… “sto aspettando loro … ehehe”. Si arriva, così, al giorno prima dell’incontro. Si inizia con la telefonata Barghigiani – Di Nicola delle h. 11.15 (progr. 86348). Questi alcuni passaggi. Barghigiani: “io sono stato … tutto a posto … però mi dovete dire voi”. Di Nicola: “tutto a posto”. Barghigiani: “quando venite”. Di Nicola: “questa sera .. ci stai tu?”. Barghigiani: “io non ci si vede domattina”. Di Nicola: “eh … allora domani mattina mi dici e .. faccio …”. Barghigiani: “ma ci sei anche te all’incontro o …”. Di Nicola: “no no io non ci sono”. Barghigiani: “eh..”. Di Nicola: “come abbiamo detto siamo a posto capito??”. Barghigiani: “va bene …allora ascoltami .. l’unica cosa”. Di Nicola: “alle sett..”. … “alle sette di domani mattina viene subito e sta”. Barghigiani: “ve bene”. Di Nicola: “e poi.. invece alle nove..”. Barghigiani: “c’è l’incontro”. …. “programmato la … per non fare brutte figure … si si”. Di Nicola: “no .. allora alle sette l’incontro va bene .. poi martedì, mercoledì, ci vediamo alle nove noi”. Barghigiani: “ah va bene lo dico”. I riferimenti alle 07.00 e alle 09.00, che più volte ricorrono nelle conversazioni telefoniche dei protagonisti della vicenda, sono alle somme di 70.000 e 90.000 euro attorno alle quali ruota il compenso concordato di massima e da definire all’incontro della mattina del 2 maggio quale prezzo per l’organizzazione della combine. La sera, siamo sempre all’1 maggio, Di Giuseppe è in viaggio in auto insieme al presidente Campitelli e altri due dirigenti in direzione Savona e riceve (h. 19.27) la telefonata di Di Nicola (progr. 86436), per confermare che è tutto a posto e programmare l’incontro conclusivo dell’indomani mattina. Questo uno stralcio della conversazione. Di Nicola: “dove stai?”. Di Giuseppe: “a Bologna”. Di Nicola: “ma da solo stai?”. Di Giuseppe: “no no .. sono col presidente e due dirigenti”. Di Nicola: “puoi parlare?”. Di Giuseppe: “si si …”. […] Di Nicola: “eh.. e siamo a posto .. poi la .. poi domani mattina .. ti chiamo ti faccio sapere dove”. Di Giuseppe: “perfetto”. Di Nicola: “comunque .. intorno alla dieci”. Di Giuseppe: “si si .. anche stasera sul tardi”. Di Nicola: “no però lui vuole … arrivare su … capito? …. “vuole arrivare su … che gli dice su dove si va capito?”. Di Giuseppe: “ah ah ah ah ma non è che ci stanno problemi ad incontrarci”. Di Nicola: “no no assolutamente”. Sul contenuto di siffatta conversazione telefonica si sono spese molto le difese come asserito elemento a discarico del presidente Campitelli. Sul punto, ma si dirà meglio più avanti, ritiene, invece, la Corte, che la stessa non prova, certo, da sola, la partecipazione di Campitelli, ma comunque conforta, alla luce degli ulteriori frammenti probatori, il convincimento della effettiva conoscenza e del coinvolgimento nella combine del predetto presidente. E si pone, peraltro, in linea di coerenza logica con il contenuto delle telefonate del 2 maggio, di seguito indicate. Si arriva, quindi, appunto, al giorno della gara (2 maggio 2015). Alle ore 12.30, presso l’uscita autostradale di Albisola, presso il bar Ambra Cafè, c’è l’incontro, organizzato da Di Nicola, tra Barghigiani e Ceniccola (per il Savona) e Di Giuseppe (per il Teramo), cui è dimostrato, a giudizio di questa Corte, partecipi anche il presidente Campitelli. L’incontro (che secondo quanto sostenuto da alcune difese dimostrerebbe proprio la illogicità della costruzione accusatoria, atteso che sarebbe impossibile organizzare una combine appena qualche ora prima della gara) è diretto alla reciproca conferma degli impegni assunti ed al definitivo perfezionamento degli accordi già intercorsi tra le parti nei giorni e negli incontri precedenti. Alle 8.47 Di Nicola telefona a Di Giuseppe (progr. 86528). Di Giuseppe: “Ercole .. io devi sapere … anche perché siamo a mezz’ora noi da qua”. Di Nicola: “è alle 11 .. alle 11 .. l’appuntamento”. Di Giuseppe: “quindi tu arrivi direttamente là ..”. Di Nicola: “eh .. io adesso ti chiamo e ti dico… la … la cosa (inc) stai arrivando tu … comunque alle 11 da qua”. Di Giuseppe: “eh .. alle 11 va bene .. ma senti un’altra cosa .. e..”. Di Nicola: “ho detto occhio che ci può essere pure”. Di Giuseppe: “si ci sta sicuro … perché … e lui che ha detto?”. Di Nicola: “ha detto va bene .. senza problemi”. […] Di Nicola: “tu gli devi dire che non deve parlare di niente, gli devi dire al tuo capo … hai capito??”. Di Giuseppe: “si si .. no va bene … io i sto (inc) però io chiederò a lui … io adesso come vi organizzate voi”. Di Nicola: “eh .. dopo tu .. lui lo fai andare via .. ok … e gli … rimani tu a parlare … di certe cose … tu dici (inc) là .. perché fammi parlare a me”. Anche questo frammento captativo può essere assunto a supporto della conferma della partecipazione di Campitelli all’incontro. Ponendosi in linea di coerenza con la precedente sopra riferita telefonata, il riferimento al “capo” che è ‘meglio che non parli’ per non ‘rischiare di fare saltare tutto’ è, con ogni evidenza, al presidente Campitelli. Come meglio, sul punto, di dirà oltre, Di Nicola si raccomanda all’amico Di Giuseppe di non far parlare Campitelli perché, evidentemente, il presidente non è a proprio agio negli ambienti ove si impiega un linguaggio criptico e allusivo ed è apparentemente avulso dal contesto calcistico nel quale al contrario gli altri protagonisti principali della vicenda si muovono per fini certo non specchiati (e, dunque, può commettere qualche ‘imprudenza’ con i connessi ‘rischi’). Alle 10.50 Barghigiani chiama Di Nicola (progr. 86562) per avvisarlo che si sarebbero potuti incontrare all’uscita di Albisola alle 12.30, in quanto aveva avuto un contrattempo in relazione all’infortunio del calciatore Taddei (ulteriore conferma del fatto, peraltro, che Barghigiani anche in quel periodo lavora organicamente per la società Savona ed è un riferimento dei calciatori). Subito Di Nicola avvisa Di Giuseppe, che lo chiama alle h. 10.52 (progr. 86563). L’appuntamento, riferisce il primo al secondo, è all’uscita di Albisola alle h. 12.30. E’ in questa conversazione che Di Giuseppe dice “uscita di Albisola l’abbiamo già fatta noi” e sulla base di tale circostanza le difese sostengono, infondatamente, come meglio si spiegherà più avanti, che a quell’ora Campitelli non poteva essere già in macchina con Di Giuseppe, considerate le testimonianze che lo vorrebbero, a quell’ora, da altra parte e, dunque, che lo stesso non può aver partecipato all’incontro. Prosegue la conversazione: Di Nicola: “avete fatto? Alle 12.30”. Di Giuseppe: “come alle 12.30?”. Di Nicola: “12.30 … e dopo ti spiego, tranquillo, alle 12.30 la”. Di Giuseppe: “hai detto ‘tutto tranquillo?’ ”. Di Nicola: “si si”. Di Giuseppe: “ […]. uscita Albisola noi ci stiamo, noi ci fermiamo e ci prendiamo un caffè, va bè … a posto dai”. Come è eloquente, Di Giuseppe, visto lo spostamento dell’appuntamento dalle 11 alle 12.30 è un po’ preoccupato e chiede all’amico Di Nicola se vi sono problemi, ricevendo assicurazione che è ‘tutto tranquillo’. Ulteriore contatto tra i due alle h. 11.53 (progr. 86601). Di Giuseppe chiede a Di Nicola su quale auto si trovano gli esponenti del Savona e comunica a propria volta che loro sono sulla Maserati. Alle 12.01 Barghigiani chiama Di Nicola (progr. 86612) per avvertirlo che sta andando all’appuntamento. Di Nicola riferisce che “loro stanno già lì con la Maserati”. Alle 12.07 Di Nicola chiama Di Giuseppe (progr. 86626). Questi conferma all’amico che sono già sul posto, precisamente al bar denominato Ambro-Caffè e Di Nicola si raccomanda , ancora una volta, di non far parlare l’altro (il presidente Campitelli): “ma mi raccomando, mi raccomando parla solo tu” [...] “e perché quello mi ha detto ‘la situazione è delicata, abbiamo fatto come si deve però .. non che … troppe pugnette, non dire che si mette a dire quell’altro .. no’ hai capito?” […] “tu chiedi tutte le garanzie che vuoi, tutte le cose che vuoi, tutto preciso”. Di Giuseppe: “no, io gli dico, io gli dico solo l’unica cosa, ma come vi siete mossi, quello gli dico”. Di Nicola: “perfetto, perfetto, tu questo … però dico parla tu”. Di Giuseppe vuole, cioè, sapere come si “sono mossi” i savonesi, come, in altri termini, si attuerà l’alterazione dello svolgimento e del risultato della gara. Vuole essere sicuro della cosa e, a propria volta, assicura Di Nicola che sarà solo lui a parlare e non anche ‘l’altro’. Alle 12.15 (progr. 86632) Di Giuseppe chiama Di Nicola. Aveva capito che l’appuntamento era alle 12 e si preoccupava non avendo ancora visto arrivare nessuno. Di Nicola gli ribadisce che l’incontro era fissato per le 12.30 e non alle 12.00. Alle 12.24 Di Nicola invia un s.m.s. a Barghigiani (progr. 86639) per confermargli il luogo dell’incontro: “bar ambra”, ossia dove già si trovavano i rappresentanti del Teramo. Di Nicola che, certo ormai dell’alterazione del risultato della gara aveva, evidentemente, chiesto all’amico Di Lauro di trovare qualcuno che potesse effettuare una cospicua scommessa, per conto suo, sulla partita Savona – Teramo, riceve, nel frattempo, alle h. 12.15, una telefonata, appunto, da Di Lauro (progr. 86632). Di Lauro chiede conferma della combine in funzione della giocata e informa Di Nicola che ha trovato qualcuno disposto a giocare 15 per lui: Di Lauro: “mi hanno detto che ti garantisce 15 di giocata … 15 te li garantisce .. dopo se riescono a far ancora te li fanno … l’importante loro vogliono sapere la parola che è tutt ok …”. Di Nicola: “ci sto lavorando dobbiamo aspettare un attimo .. sto lavorando”. Di Lauro: “vabbè .. quindi cosa gli dico?”. Di Nicola: “di prepararsi perché tra 20 minuti …”. […] Di Lauro: “va bene … ci sentiamo .. Ercole … mi raccomando è importante … sono soldi per te … quindi..”. Di Nicola: “vai tranquillo .. ci sta pure per te”. Anche Davide Matteini, a conoscenza del tentativo di combine, poiché “incaricato” da Di Nicola nella prima fase, poi fallita, contatta Di Nicola (h. 12.56) per sapere della cosa (progr. 86665). Alle 13.24, quindi dopo l’incontro di Albisola, Barghigiani chiama Di Nicola, in qualche modo lamentandosi un po’ perché avrebbe preferito prima il denaro o certe garanzie. Di Nicola lo rassicura, dicendo di stare tranquillo perché garantiva lui. Progr. 86678: Barghigiani: “no, ti dicevo … va beh tutto a posto però, per ‘amor di Dio sei tu che garantisci la persona … però capisci bene che quando uno fa una cessione di quote un preliminare uno per lo meno dice: ‘ao, mettimi per lo meno una forma di, di, di.. di quanto … di garanzia che me la prendi la Società’ hai capito?!”. Di Nicola: “si, si, no no ma tu allora tu stai a posto ti garantisco io, stai tranquillo non ti”) […] “è che se la co… se la cosa è stata fatta ti garantisco io, non si muovono! Ce li andiamo a prendere a casa su questo devi stare tranquillo! Io voglio capire se poi alla fine l’incontro è andato”. Barghigiani: “si si si è tutto a … è andato (inc) a buon fine. Si si no, sono persone per bene per l’amor di Dio capito?”. Di Nicola: “eh. Ho capito”. Di Nicola, infaticabile, chiude il telefono con Barghigiani ed eccolo (h. 13.26) al telefono con Di Nicola, per avere anche da questi conferma del definitivo accordo (progr. 86679). In questa telefonata, peraltro, Di Nicola fa capire all’amico Marcello che Barghigiani era un po’ preoccupato del compenso e che in tal senso lo aveva rassicurato dicendogli: “stai sereno! .. dormi con sette cuscini”. Di Giuseppe: “a posto”. Di Nicola: “in bocca al lupo”. Alle h. 16.27, ad un quarto d’ora dal termine della gara, dopo che il Teramo ha segnato lo 0 – 2, Di Nicola invia un s.m.s. a Di Giuseppe: “vai …”. Appena conclusosi l’incontro, con la vittoria per 0 – 2 del Teramo, Di Nicola (alle h. 17.02) scrive a Di Giuseppe: “Ti aspetta allo stesso posto di questa mattina” (progr. 86737). Alle 18.11 Di Giuseppe telefona a Di Nicola (progr. 86803). Di Giuseppe: “o Ercole, io ora sto quasi per ripartire, digli di aspettare capito?”. Di Nicola: “alla grande!!! Il presidente sta carico? Sta contento?”. Di Giuseppe: “si, si poi ti dico però, va be niente”. […] “Va bene dai, digli che ora arrivo di la”. Di Nicola, quindi, chiama (progr. 86804) Barghigiani (h. 18.12), per dare conferma dell’incontro (“è ripartito adesso sta arrivando […] perché quando si deve fare una cosa io la faccio rispettare l’impegno”) che Barghigiani aveva richiesto con gli esponenti del Teramo, volto, evidentemente, a compiacersi del buon esito dell’affare e ad avere assicurazioni sul rispetto degli impegni presi in ordine al pagamento del compenso. Significativa la telefonata delle h. 19.39, sempre del 2 maggio. Di Nicola chiama Di Giuseppe (progr. 86865) per chiedergli “se chiamo il presidente per fargli i complimenti mi risponde?”. Di Giuseppe: “come non ti risponde … ora te lo passo io il presidente .. tranquillo sta qui con me .. ora te lo passo”. Campitelli: “Ercole”. Di Nicola: “volevo farti i complimenti per questa storica promozione presidente …”. Campitelli: “ti ringrazio di cuore ed eri l’unico che mi dicesti in tempi non sospetti vincerete voi..”. Di Nicola: “ tu lo sai presidè … quanto ti voglio bene .. a distanza di anni non dimentico”. […] Campitelli: “Ci vediamo domani a Roseto e ci prendiamo un caffè” […] “grazie di cuore” […] “grazie ercole .. ciao”. Si passa all’11 maggio. Questa è la fase in cui la riscossione e la distribuzione del compenso entrano nel vivo. Le risultanze intercettive dimostrano che Barghigiani si vede con Di Nicola per prepararsi all’incontro con Di Giuseppe. Alle h. 13.30 Barghigiani chiama Di Nicola (progr. 90409). Alle h. 17.24 (progr. 90521) Barghigiani chiama ancora Di Nicola, il quale si trova dal presidente Campitelli. Barghigiani appare impaziente. Di Nicola: “io sto fuori la porta .. sto aspettando”. Barghigiani: “no perché io ho un appuntamento alle cinque e mezzo devo essere a Roma”. Di Nicola: “Marco che devo fare .. io sono qua fuori”. Barghigiani: “buttagli giù la porta .. cazzo … datti da fare”. Di Nicola: “è entrato un giornalista che gli sta facendo l’intervista … che devo fare!”. Barghigiani: “chiama Di Giuseppe … chiamalo … mettigli pressione … scusa ma .. io me ne devo andare da stamattina alle nove che sto qua”. Le risultanze delle indagini investigative di P.G. dimostrano che la cella agganciata durante la predetta conversazione colloca effettivamente Di Nicola proprio nelle vicinanze della zona di Canzano, residenza del presidente Campitelli. Conferma ulteriore che Di Nicola si reca da Campitelli per riscuotere il compenso, prezzo della combine, e “girarlo” a Barghigiani la si ricava anche dalla intercettazione (progr. 90596) Pesce – Di Nicola. Pesce: “allora?”. Di Nicola: “eh.. glieli ho dati a Marco”. Di Nicola spiega a Pesce di aver dato i soldi a Barghigiani e che questi lo avrebbe chiamato per dare allo stesso Pesce la sua parte. Pesce, inoltre, si lamenta del fatto che ancora non aveva ricevuto niente e chiede “ma passa? Perché non mi ha chiamato per niente”. L’indomani (12 maggio), dopo, evidentemente essersi incontrato con Barghigiani ed aver ricevuto solo 1.500 euro dei 5.000 che secondo lui gli erano dovuti, Pesce chiama (h. 9.32) ancora Di Nicola, spiegandogli che Barghigiani gli ha detto “come faccio a darti cinquemila?”. Di Nicola, allora risponde (progr. 90696). “allora vieni lunedì prossimo che ci dovrebbe dare quell’altra tranche e vediamo se li possiamo mettere con quelli di Marcello. Che dobbiamo fare?”. […] “ma se tu mi dicevi che Marco non te li dava io non glieli davo tutti .. eh scusa! Io ho dato pure la parte tua”. Pesce: “e invece no, non me l’ha data!”. Di Nicola: “ora metti che Marcello due e cinque te li deve dare lui perché lui diceva che Marcello ti aveva messo due e cinque no? Due e cinque te li doveva fare dare da Marco . Eh scusami”. Pesce: “invece mi ha dato milledue e cinquanta”. […] Di Nicola: “lunedì ci danno la parte di Ninni Corda ok? quindi io lì ti posso togliere qualcosa, ma se tu vieni domani, io, uno non ci sono, e due, io non ho soldi di loro capito? Perché io li ho dati tutti a Marco che te li doveva dare a te”. […] Pesce: “io lunedì, io lunedì mi vengo a prendere l’assegno”. Di Nicola: “va bene dai, dai ci sentiamo per lunedì ok? ok?”. Alle h. 11.48 Corda chiama Di Nicola (progr. 90810). Quest’ultimo lo informa che quando si sarebbero visti gli avrebbe dato la sua parte di compenso per la combine. Il successivo 13 maggio Di Nicola cerca di chiarire con Di Giuseppe la posizione di Pesce che si attendeva 5.000 euro e, invece, Barghigiani aveva allo stesso consegnato solo 1.250 euro. Di Nicola fa capire a Di Giuseppe che Pesce si aspettava 2.500 euro da Barghigiani e 2.500 euro da Di Giuseppe. Ora, come detto della quota di sua “pertinenza” Barghigiani aveva dato solo euro 1.250 e la restante parte di 2.500 era comunque un problema che si doveva risolvere. Tanto è vero che Di Nicola si dichiarava anche disponibile a dividere questo esborso con lo stesso Di Giuseppe, che, rispondeva che avrebbe sistemato direttamente lui la cosa, ponendo fine ad una questione che poteva, altrimenti, sfuggire di mano e divenire “pericolosa”. Di Giuseppe: “ma io lo metto a tacere … non è un problema io lo metto a tacere”. In data 18 maggio 2015 vi è un incontro, a Teramo, in via Oberdan, sede della società calcistica, tra Di Nicola, Barghigiani, Di Giuseppe e Corda. Incontro provato dall’incrocio delle intercettazioni delle telefonate delle h. 11.37del 18 maggio (progr. 93367) tra Daniele Ciardi e Di Nicola e delle h. 12.16 (progr. 93380) tra Di Nicola e Di Giuseppe (“si siamo a pranzo domani con l’allenatore, con Ninni Corda […] e il direttore sportivo del Savona Barghigiani”. Orbene, le risultanze delle captazioni sopra in sintesi riferite, rinviandosi per la loro lettura integrale al deferimento della Procura federale ed agli atti acquisiti al giudizio, non lasciano spazio a dubbio alcuno sulla partecipazione di Marcello Di Giuseppe alla organizzazione, prima e alla realizzazione, poi, della combine di cui trattasi. Molteplici sono le conversazioni telefoniche tra Di Nicola ed i vari protagonisti della vicenda attraverso le quali, mediante una lettura unitaria, logica e complessiva delle stesse, si evince chiaramente il ruolo attivo e decisivo svolto da Di Giuseppe, da cui parte la stessa iniziativa volta ad assicurare al Teramo l’esito vittorioso dell’incontro con il Savona, al fine di acquisire la matematica promozione in serie B. Di Giuseppe “incarica” Di Nicola di organizzare la combine ed è l’anello di congiunzione tra Campitelli (che deve autorizzare e finanziare l’operazione), da un lato, e Barghigiani (tramite Di Nicola), dall’altro. Partecipa, pacificamente, agli incontri preparatori di Bisceglie, Fabro e Albisola ed è in continuo, frenetico contatto con il “regista” Di Nicola. Di Giuseppe è, poi, colui che cerca di tacitare tutti i possibili “problemi” che possono insorgere in ordine alla distribuzione del compenso per la combine. Inequivoche, anche sotto tale profilo, le risultanze delle intercettazioni ed il loro coerente intrecciarsi, come sopra, in sintesi, richiamate. Mette, inoltre, conto evidenziare che il suddetto costrutto accusatorio trova ulteriore conforto nelle dichiarazioni rese dal sig. Corda, che ha, appunto, ammesso di aver ricevuto proposte per alterare il risultato Savona – Teramo del 2.5.2015. Dichiarazioni, quelle di Ninni Corda, che fungono da collante indiziario, da chiave chiarificatrice di lettura delle risultanze dell’attività investigativa di captazione. È dato, tra l’altro, leggere nel verbale di audizione del 1.7.2015: «A tal proposito voglio spontaneamente dichiarare che il 29 aprile u.s. sono stato a cena in un ristorante di Bisceglie con il Di Nicola, Di Giuseppe ed un amico di Di Nicola che non so identificare. Questo incontro mi era stato sollecitato il giorno prima dal Di Nicola durante una conversazione telefonica. Durante la cena il Di Nicola mi chiese se potevo fare qualcosa per alterare il risultato di Savona – Teramo, nel senso che avrei dovuto assicurare la vittoria del Teramo. Mi disse che per assicurarsi la vittoria la società del Teramo era disposta a pagare complessivamente 70.000 euro. E che una parte di questa somma l’avrei potuta gestire direttamente io con alcuni giocatori. Da ciò desunsi che un’altra parte della somma sarebbe stata utilizzata direttamente dal Di Nicola per manipolare l’esito della gara attraverso altri canali. Preciso che al colloquio e alla proposta partecipava attivamente anche il Di Giuseppe entrando nel merito dei particolari della proposta illecita, confermando la disponibilità della citata somma di 70.000 euro. Io risposi subito negativamente in quanto non volevo fare una cosa del genere. […] Preciso infine che tra fine maggio ed inizio giugno mi sono incontrato con Marco Barchigiani in un centro commerciale che si trova appena fuori il casello autostradale di La Spezia. L’argomento da trattare nell’incontro doveva essere quello della trattativa con Di Nicola per l’acquisto delle quote del Savona. In occasione di tale incontro il Barchigiani mi disse che la trattativa non era andata in porto e mi confermò invece che era andata a buon fine la combine relativa alla gara Savona / Teramo relativamente alla quale io non avevo prestato il mio consenso. Mi disse anche che una parte dei soldi dati dal Teramo per vincere la gara erano finite nelle tasche del Presidente Delle Piane». Le propalazioni accusatorie del sig. Ninni Corda (fatta eccezione – per quanto già sopra detto – per la parte relativa al riferimento al coinvolgimento del presidente Dellepiane) sono, dunque, chiare, circostanziate e puntuali e trovano sicuro riscontro nelle risultanze delle captazioni telefoniche, che, in particolare, confermano sia la cena a Bisceglie del 29 aprile ed i relativi partecipanti, sia l’importo di euro 70.000, cifra che, appunto, di frequente ricorre nelle intercettazioni (cfr. i vari riferimenti agli appuntamenti alle “h. 07.00”) quale somma intorno alla quale si discute per combinare l’alterazione del risultato della partita in questione. Del resto, le dichiarazioni, si noti, oltre che etero, anche autoaccusatorie, di Ninni Corda, risalgono ad epoca precedente non solo la conclusione delle indagini investigative federali, ma anche quella delle audizioni di gran parte dei deferiti. Come, poi, correttamente osservato nelle controdeduzioni offerte dalla società Gubbio, se la deposizione «fosse stata ad usum delphini, Corda avrebbe potuto tranquillamente appiattirsi sulla cifra indicata dalla DDA di Catanzaro, senza far riferimento ad un importo molto superiore, che, guarda caso, è stato oggetto di furto presso l’azienda di Campitelli proprio nella notte successiva alla partita de qua (cfr. doc. depositato in primo grado), come dichiarato alla stampa dallo stesso Presidente del Teramo». Occorre, per chiarezza espositiva, in generale, osservare come la giurisprudenza abbia nel tempo elaborato criteri di giudizio e rigorosi protocolli metodologici, cui subordinare, nelle singole fattispecie, il riconoscimento della portata dimostrativa dei vari contributi probatori di volta in volta a disposizione. In particolare, i più recenti arresti giurisprudenziali tracciano chiaramente quelli che sono gli snodi valutativi che, all’interno di una rigida scansione logico-temporale, il giudice è chiamato ad effettuare ai fini in parola. In primo luogo, la credibilità del dichiarante. Dopo questo primo passaggio valutativo, occorre testare l'intrinseca consistenza delle dichiarazioni rese dal denunciante, alla luce dei tradizionali canoni interpretativi, tra cui quelli della spontaneità, coerenza e precisione. Da ultimo, occorre verificare l’affidabilità della narrazione alla luce di riscontri esterni idonei a confermarne l’attendibilità. Orbene, procedendo in coerenza con il descritto metodo logico, sicuramente trasferibile anche nell’ordinamento federale, siccome applicazione di generali e condivisibili principi di metodica giuridica, preme rilevare che, nell’impianto accusatorio, dettagliatamente e puntualmente descritto nel deferimento del Procuratore federale, risulta ampiamente rimarcata l’attendibilità intrinseca di Ninni Corda, le cui dichiarazioni, appaiono genuine e, come detto, sufficientemente circostanziate. Si aggiunga che anche la giurisprudenza ordinaria prevalente è orientata nel senso della attendibilità della dichiarazione testimoniale, salvo prova contraria (cfr., ad es., Cassazione pen., 6 aprile 1999, in Cass. pen., 2000, p. 2382). In particolare, secondo diverse pronunce, il giudice deve considerare come veritiera la deposizione, a meno che non risultino specifici elementi che facciano ritenere il contrario. La stessa Corte di Cassazione ha, poi, avuto modo di precisare - sia in passato (n. 231/1991), sia più di recente (n. 41352/2010) - che la chiamata in correità, laddove circostanziata, non richiede uno specifico riscontro probatorio. Del resto, a prescindere dal contesto probatorio di cui si è detto, non appare in alcun modo suscettibile di accoglimento la diversa versione nella quale, con vari e suggestivi argomenti finalizzati ad evidenziare incongruenze e contraddizioni della ricostruzione accusatoria, si è impegnata la difesa dei deferiti, nella prospettiva di mettere in discussione la verosimiglianza della dinamica dei fatti come anche descritti da Ninni Corda. In tal ottica, peraltro, deve osservarsi che, a fronte delle inequivoche dichiarazioni del predetto, mancano concreti ed idonei elementi di prova a discarico. Ulteriori elementi di prova e riscontro sono desumibili, come correttamente in deferimento evidenziato, dalle discordanti, anzi, contrastanti dichiarazioni rese dai sigg.ri Barghigiani e Ceniccola con riferimento all’incontro avvenuto nei pressi dell’uscita autostradale di Albisola alle h. 12.30 del 2 maggio 2015, incontro al quale, dato pacifico, hanno preso parte gli stessi predetti sigg.ri Barghigiani, Ceniccola e Di Giuseppe, ma anche il sig. Campitelli. A tal proposito, nell’interrogatorio del 17.6.205 svoltosi innanzi alla P.G. di Catanzaro il sig. Barghigiani, nel confermare l’incontro di cui trattasi, affermava che l’oggetto dello stesso doveva individuarsi nell’ambito delle trattative relative all’acquisto della società Savona. In particolare, afferma il sig. Barghigiani: «Per come mi chiedete risulta a verità che il giorno della predetta partita, il 2 maggio 2015, incontrai, nella mattinata, all’uscita dell’autostrada per Savona, i dirigenti del Teramo, che io non conoscevo personalmente, per discutere sempre dell’acquisto della società calcistica del Savona. L’incontro fu organizzato proprio da Di Nicola che non vi partecipò. All’incontro, che durò circa 5 minuti, partecipammo io e Enrico Ceniccola per quanto concerne il Savona fbc e Campitelli e Di Giuseppe, rispettivamente il presidente ed il direttore sportivo del Teramo». Viceversa, il sig. Ceniccola, nell’audizione del 15.7.2015, pur confermando le circostanze di tempo e di luogo dell’incontro in questione, ha dichiarato che il motivo dell’incontro era quello di assistere alla gara Savona – Teramo e, comunque, di non aver parlato con nessuno di cessione di quote del Savona. Dichiara, in particolare, Ceniccola: «In data 02/05/2015 ho incontrato Marco Barghigiani a Livorno e poi, insieme, siamo andati verso lo Stadio di Savona uscendo dall’autostrada ad Albissola, preciso che Barghigiani mancava dallo stadio da circa 3 mesi in ragione di frizioni con la tifoseria sfociate in una contestazione che era giunta fino ad un tentativo di aggressione da parte di tifosi. Una volta giunti nei pressi dello stadio il Barghigiani è stato riconosciuto da alcuni tifosi. Pertanto abbiamo deciso di desistere dall’intenzione di vedere la partita e siamo tornati indietro verso Albissola. In tale percorso ci siamo fermati ad un bar, vicino l’ingresso dell’autostrada, dove il Barghigiani ha salutato il sig. Di Giuseppe, da me conosciuto in tale circostanza, direttore sportivo della società Teramo». Entrambi gli anzidetti tentativi di giustificare l’incontro prima indicato, con ragioni diverse da quelle della combine, sono poco credibili, inverosimili e, peraltro, come detto, tra loro contrastanti. Barghigiani vuol far credere che si incontra, insieme a Ceniccola, con il presidente ed il direttore sportivo del Teramo, società che il Savona dovrà incontrare di li a poche ore in una partita molto importante, per discutere di cessione di quote del Savona! A parte il fatto che non si comprende perché dovrebbero discutere di cessione di quote soggetti che non sono né il titolare delle quote, né il potenziale acquirente delle stesse ed a prescindere che, ad ogni buon conto, non si comprende che cosa c’entrino in questa asserita trattativa Campitelli e Di Giuseppe, senza contare che appare quantomeno anomalo che si discuta, in pochissimi minuti, di cessione di quote societarie in un bar all’uscita di un casello autostradale (anziché, come per il vero sarebbe logico e di prassi, in uno studio legale o notarile o nella sede della società, ecc.), rimane in ogni caso fermo il fatto che non è credibile (e sarebbe grave, sotto il profilo della correttezza e lealtà del comportamento cui è tenuto ciascun tesserato) che si discuta di cessione di quote di una società, con esponenti di un’altra società che poche ore dopo dovrà incontrare la prima per una partita che, per una vale la promozione in serie B e, per l’altra, può incidere in maniera più o meno rilevante per la classifica delle squadre in lotta per non retrocedere. Ceniccola, viceversa, attribuisce quasi al caso l’incontro, tentando di motivarlo con l’intenzione dei due di vedere insieme la partita Savona – Teramo, trascurando di considerare che, da un lato, appare poco credibile che i due si rechino allo stadio ben tre ore circa prima dell’inizio dell’incontro, dall’altro che Barghigiani ormai disertava lo stadio di casa da tre mesi, in ragioni delle frizioni con la tifoseria. Senza dire, ovviamente, che, come già sopra evidenziato, l’incontro di cui trattasi risulta minuziosamente preparato ed organizzato, grazie all’incessante lavoro del sig. Di Nicola. Quello sopra in sintesi riferito è il quadro degli elementi derivanti dalle dichiarazioni acquisite al giudizio sulla base del quale la Corte, unitamente alle ulteriori risultanze probatorie presenti in atti o illustrate dalle parti, deve fondare il proprio convincimento, rimarcando ancora una volta come la propria decisione – che di per sé ontologicamente riflette pur sempre una verità processuale e non storica – venga assunta all’esito di una ponderata valutazione del materiale probatorio ad oggi disponibile, nella piena consapevolezza di una possibile evoluzione delle indagini e delle vicende processuali (sia penali, che federali) che appaiono tuttora in corso. In definitiva, la ricostruzione dei fatti come operata dalla Procura federale, già di per sé puntuale ed esaustiva, in ordine alla combine della gara di cui trattasi, oltre ad apparire estremamente circostanziata, non incontra alcun limite nell’assunto difensivo degli incolpati, da un lato, e trova sufficienti elementi di riscontro, dall’altro. Quanto alla giustificazione degli incontri Di Nicola – Di Giuseppe con ragioni di mercato, basterà osservare che: le versioni dei protagonisti della vicenda sono spesso tra loro in contrasto e, comunque, non credibili. Così, ad esempio: (i) Ceniccola riferisce che l’11 maggio con Di Nicola e gli altri parlò di calciomercato con riferimento ai giocatori (tesserati per il Savona) Eguelfi, D’Amico e Taddei, quando quest’ultimo era in scadenza di contratto (30.6.2015) ed i primi due erano in prestito (e, dunque, nessun diritto in sede di calciomercato poteva essere esercitato dal Savona); (ii) le dichiarazioni di Cabeccia sono in contraddizione con quelle di Matteini; (iii) al Matteini, tesserato quale calciatore, era precluso l’esercizio dell’attività di procuratore sportivo; gli incontri medesimi si sono tenuti fuori dalle c.d. finestre di mercato; nessun calciatore (salvi fatti Cabeccia e Marchetti) viene mai menzionato nelle molteplici intercettazioni;nel febbraio 2015 Di Nicola si è dimesso dall’incarico di responsabile dell’area tecnica de L’Aquila Calcio s.r.l.: non aveva, dunque, alcun titolo per svolgere delle trattative che avrebbero riguardato la successiva stagione sportiva;l’argomentare criptico di cui alle molteplici intercettazioni telefoniche non è compatibile con delle normali trattative di calciomercato. Lo stesso dicasi con riguardo alla giustificazione degli incontri con la tesi della cessione delle quote della società Savona. Anzitutto, non si capisce, stando alle deduzioni difensive dei soggetti interessati, chi contratta con chi per conto di chi. Non si comprende (rectius, non è credibile) che Di Giuseppe o Di Nicola, che pure ne avrebbero avuto specifico interesse, non abbiano mai reso noto il nome dei misteriosi imprenditori (abruzzesi?) potenziali acquirenti delle quote del Savona Fbc, dai quali occorre escludere, comunque, il presidente del Teramo Calcio sig. Luciano Campitelli (ma allora perché sarebbe stato investito della “ricerca di mercato” il d.s. della predetta società?). Del resto, Ceniccola, pacificamente presente ad entrambi gli incontri del 2 maggio, pre e post gara, afferma che negli stessi non si è parlato di cessione di quote. Si aggiunga, poi, che come correttamente rilevato dalla difesa dell’Ascoli Picchio, «nelle telefonate precedenti e successive al 02 maggio 2015, le parti riferiscono di “impegni presi”, di “documenti”, di “compromessi” che in realtà non risultano mai essere stati sottoscritti, mentre, in davvero clamoroso conflitto con quanto sopra emergente, nel reclamo del Di Giuseppe si legge che l’incontro prima del match sarebbe andato male e che quello successivo alla gara era servito soltanto per “mantenere buoni rapporti” ….. con una persona, il Barghigiani, conosciuta tre giorni prima a Fabro!!!». In contrasto, con quanto sostenuto da Di Giuseppe sulle ragioni e sull’esito dell’incontro, peraltro, nella telefonata del 2 maggio h. 13.24 (progr. 86678), Barghigiani comunica a Di Nicola l’esito positivo dell’incontro e il raggiunto accordo (“si si si è tutto a … è andato (inc) a buon fine. Si si no, sono persone per bene per l’amor di Dio capito?”). Ed ancora. Si converrà che è francamente anomalo e, comunque, inverosimile, come già sopra evidenziato, che l’esigenza di “investire” Di Giuseppe e/o il Teramo di sondare l’esistenza di potenziali acquirenti delle quote del Savona nasca proprio in prossimità (qualche giorno prima) della gara Savona – Teramo, si perfezioni in un incontro, ammantato di mistero, in un bar all’uscita di un casello autostradale, proprio la mattina del 2 maggio 2015 nella quale si sarebbe disputata la predetta partita, sfumi in appena 5 minuti (secondo Di Giuseppe, viene raggiunto stando, invece, alla sopra ricordata telefonata delle h. 13.24 del 2 maggio di Barghigiani a Di Nicola!), prosegua (non si vede perché, visto che era sfumata la mattina) al termine della stessa predetta gara, per sfumare nuovamente, visto che mai più se ne parlerà tra le due suddette compagini societarie! Del pari inaccettabile, per la comune intelligenza e l’ordinario senso logico, la tesi secondo cui una trattativa di un pacchetto (di maggioranza) di una società di calcio di livello professionistico, possa essere condotta, con fare quasi clandestino e con agire preparatorio infarcito di locuzioni criptiche, all’interno di bar, in prossimità di caselli autostradali, con incontri della durata di pochi minuti. E non si comprenderebbe, in ogni caso, perché gli organizzatori (e, segnatamente, Di Nicola, Di Giuseppe, Barghigiani) di siffatti incontri debbano conversare al telefono con linguaggio criptico! Come, poi, in modo qui condiviso, osservato nelle controdeduzioni offerte dalla società AS Gubbio, «appare inverosimile che ad incontri aventi ad oggetto la cessione delle quote di una società a responsabilità limitata non abbia mai partecipato un solo professionista, consulente o tecnico, bensì solo imprenditori e dirigenti calcistici; altrettanto inverosimile che Di Nicola, asserito mediatore della trattativa di compravendita, non partecipi al primo incontro tra potenziale compratore e venditore, tenutosi il 02 maggio ad Albissola, in due differenti momenti della giornata, ma venga ricevuto a Canzano (Te) da Luciano Campitelli in data 11 maggio 2015, da solo, mentre Barghigiani, consulente del Savona, lo attendeva fuori, dopo aver percorso in auto circa 700 km». Con particolare riferimento al contributo del sig. Luciano Campitelli alla combine di cui trattasi, deve, anzitutto, osservarsi che il fatto che non risultino corrispondenze telefoniche tra lo stesso predetto Campitelli e gli altri protagonisti della vicenda non possa, di certo, essere assunto come valida prova dell’estraneità del predetto presidente, anche atteso che, lo si ricorda, l’unico deferito, tra i principali protagonisti della vicenda, che risulta essere stato sottoposto ad intercettazioni è, appunto, il sig. Di Nicola. Peraltro, il sig. Campitelli, avvalendosi, di certo, di una propria facoltà difensiva, non ha ritenuto di documentare gli scambi telefonici dello stesso nei giorni che precedono la gara in questione. La prova della partecipazione del sig. Luciano Campitelli alla realizzazione del tentativo di combine è, anzitutto, data dalle dichiarazioni di Barghigiani che, nel corso dell’interrogatorio reso alla Procura federale in data 17 giugno 2015, ha, tra l’altro, confermato, come sopra già evidenziato, la presenza del presidente del Teramo ai due incontri tenutisi ad Albisola prima e dopo l’incontro, nei quali vennero perfezionati i termini dell’illecito. Incompatibile, poi, con l’assunto della difesa del presidente e del Teramo Calcio, il contenuto di alcune conversazioni telefoniche. Così, ad esempio, deve reputarsi dimostrato che Di Nicola il 27 aprile incontra Campitelli. Sms inviato il 27 aprile 2015, alle h. 18.58 (rapporto A.G. progr. 84667), dal sig. Ercole Di Nicola, alla sig.ra Silvia Canfora, segretaria della società abruzzese: “Dopo ti spiego … sono da campitelli”. Secondo la difesa, «proprio il giorno 27 Aprile 2015, alle ore 17.30, su iniziativa del Presidente Luciano Campitelli, noto imprenditore nel settore dolciario e del beverage, veniva inaugurato, a Roseto degli Abruzzi, un nuovo punto vendita con bar, denominato “Rue dei Sapori”. […] Per cui, quando il Di Nicola asseriva nel messaggio di trovarsi “da campitelli” (e non “con Campitelli”), è molto probabile che si riferisse proprio al suddetto locale, alla cui apertura, evidentemente, quegli non aveva voluto mancare: l’accusa, invece, è portata a scambiare un bar (comunemente e sbrigativamente identificato con il cognome del suo titolare) con una persona (il Presidente del club abruzzese, appunto)!!!». Ora, a parte che non è dato capire perché con l’espressione “sono da Campitelli” Di Nicola si sia voluto riferire al nuovo punto vendita aperto dal presidente e non al presidente direttamente, resta il fatto che, come correttamente anche osservato dalla società AS Ascoli Picchio, non si può negare che «l’incontro possa essersi tenuto proprio in occasione dell’evento organizzato dal presidente del Teramo». Ed ancora. Di Giuseppe, nella conversazione telefonica (progr. 85714) con Di Nicola del 30 aprile 2015, h. 11.35, lascia chiaramente intendere che aveva avuto l’assenso ad andare avanti dal proprio presidente (“io adesso sono stato a Campitelli dai Ercole lunedì … eh … tutto a posto …”). Sul punto le difese si impegnano in un tentativo di giustificazione che, francamente, non può essere in alcun modo accolto :«Anche in tal caso, la locuzione “a Campitelli” (stavolta, si noti, né “con Campitelli” e neppure “da Campitelli”) era di certo afferente all’esercizio commerciale di proprietà del menzionato Presidente e non già alla persona di quest’ultimo, con il quale, differentemente da quanto dedotto dal requirente, il Di Giuseppe non si era poco prima incontrato (sic!)». A parte che non si comprende perché l’espressione “a Campitelli” debba significare che si trovava presso l’esercizio commerciale di Campitelli e non dal presidente e tralasciando di considerare che un “da”, per effetto di un errore di ascolto o trascrizione o di imperfezione linguistica, possa essere stato trasformato in “a”, poco importa il luogo dell’incontro, atteso che gli interessati non sembrano smentire, specie con specifici (né tantomeno documentati) elementi, che lo stesso sia effettivamente avvenuto. E, non è tanto anomalo, come secondo alcune difese vorrebbe sostenere la Procura federale, che un direttore sportivo incontri il proprio presidente, quanto che lo stesso, subito dopo l’incontro, ritenga di dover comunicare l’esito di tale incontro all’esponente del Savona, rassicurandolo con un “tutto a posto”, preceduto da un eloquente “dai Ercole lunedì … eh” (lunedì è il giorno in cui si disputava la partita Savona – Teramo). Ulteriore dato confermativo è ricavabile dallo scambio telefonico del 1° maggio, h. 19.27. Di Nicola chiama Di Giuseppe e dopo che questi ha comunicato al primo di essere in compagnia del “presidente e due dirigenti”, gli chiede: “Puoi parlare?”. Secondo la difesa del Teramo, come sopra si diceva, questo dimostrerebbe che chi era in macchina fosse all’oscuro della combine. Non è così. Anzi. A prescindere che Di Nicola, è probabile, chieda a Di Giuseppe se fosse nella possibilità di parlare riferendosi alla presenza degli altri due dirigenti, il dato importante è costituito dal fatto che il d.s. teramano risponde positivamente ed i due iniziano a parlare, usando il consueto linguaggio criptico. Ora, come anche correttamente osservato dall’AS Ascoli Picchio, «se Campitelli fosse stato all’oscuro di tutto» e anche dell’incontro del 2 maggio con Barghigiani, «non avrebbe forse dovuto / potuto chiedere a Di Giuseppe la ragione di un incontro con soggetti sconosciuti all’indomani mattina ore 10.00, alla vigilia della partita decisiva per la stagione?». In altri termini, detta telefonata non può utilmente essere utilizzata a discarico di Campitelli, ma, semmai, deve essere posta ad ulteriore rafforzamento del convergente quadro indiziario di cui si è detto. Può essere anche considerata a supporto del fondamento della tesi accusatoria, la telefonata delle h. 19.39 del 2 maggio, laddove Di Nicola chiede a Di Giuseppe: “se chiamo il presidente mi risponde?”. Diversamente da quanto sostenuto dalla difesa secondo cui tale elemento confermerebbe la mancata conoscenza, di Campitelli, della combine, non si comprende perché questi, amico del primo (come dimostra, poi, la stessa conversazione telefonica del post gara più sopra ricordata), non avrebbe dovuto rispondergli e ben, invece, si spiega con il probabile timore del presidente di non lasciare traccia del suo coinvolgimento. Senza dire, poi, delle intercettazioni telefoniche del 2 maggio in cui Di Nicola raccomanda a Di Giuseppe di non far parlare il “suo capo” e Di Giuseppe da assicurazioni in tal senso a Di Nicola. Chi potrebbe altrimenti essere, se non Luciano Campitelli, il “capo” di Di Giuseppe che, probabilmente perché non aduso a tali condotte, era meglio non parlasse durante la riunione confermativa (2 maggio) dell’accordo alterativo? Quanto all’assunto difensivo in ordine alla Maserati ed all’asserito uso esclusivo da parte di Di Giuseppe, la Corte ritiene, anzitutto, che tale circostanza non sia stata effettivamente dimostrata (contratto privo di data certa, resoconti giornalistici che sembrano ritrarre il presidente alla guida della suddetta propria autovettura ben dopo l’asserita sottoscrizione del predetto contratto) e, ad ogni buon conto, anche se così fosse, nulla impedisce che il 2 maggio l’auto in questione fosse stata utilizzata da Campitelli. Né, in ogni caso, la circostanza in ordine a chi fosse alla guida quel giorno della ridetta Maserati appare assumere valore dirimente. Quanto, specificamente, agli incontri del 2 maggio, pre e post partita, sono già state sopra spiegate le ragioni per le quali la Corte considera possa ritenersi dimostrata la presenza del presidente Campitelli. Peraltro, come già sopra indicato, a fronte degli elementi a conforto di una siffatta conclusione, sussistono soltanto delle affermazioni di parte (per lo più di dipendenti o collaboratori della società Teramo Calcio, che sembrano impegnati in quella che la difesa dell’Ascoli ha acutamente definito «una sorta “di chiamata alle armi”» di soggetti vicini al presidente, parenti, dirigenti, tifosi, accomunati da quello che sembra l’obiettivo comune «salvare la serie B») offerte dalle difese Campitelli e Teramo. Peraltro, ma solo a titolo di completezza espositiva, le dichiarazioni raccolte nel corso delle indagini investigative difensive non risultano depositate nel procedimento penale pendente innanzi al Tribunale di Catanzaro. Secondo la ricostruzione del presidente Campitelli e del Teramo Calcio, asseritamente suffragata dalle predette risultanze delle investigazioni difensive, infatti, il presidente, la mattina del 2 maggio, avrebbe prima fatto una passeggiata (di due ore) sul lungomare di Arenzano, dove avrebbe, peraltro, incontrato e scattato foto con alcuni tifosi e, poi, rientrato in albergo, sarebbe salito in camera, e li sarebbe rimasto (senza pranzare) fino al momento di salire in auto per recarsi allo stadio, al seguito del pullman dei calciatori. Ora, anzitutto, alcuni passaggi delle dichiarazioni difensive offerte non convincono e/o sono contraddittorie e/o non sono, comunque, decisive. Così, ad esempio, non si comprende perché il medico sociale abbia reso non già una certificazione e/o prescrizione medica, ma una dichiarazione sostitutiva di notorietà, rilasciata, peraltro, solo in data 24 agosto 2015, e perché una circostanza di tale importanza sia emersa soltanto nel secondo grado di giudizio e non sia stata offerta ai giudici di primo grado o, ancor prima, agli inquirenti federali. Irrilevante, poi, sempre a titolo esemplificativo, la circostanza dell’utilizzo della carta di credito in uso al presidente Campitelli da parte del sig. Gianluca Sacchioli, coordinatore generale del Teramo Calcio, verso le ore 12.30 – 12.45, per il saldo del conto dell’hotel. Peraltro, l’ora in cui sarebbe stato effettuato il check-out (12.41) si pone in contrasto con l’affermazione del medico sociale secondo cui a quell’ora il presidente era ancora nella propria camera di albergo, essendo questi recatosi «nella stanza ove soggiornava il Campitelli» per somministrare allo stesso «8 gocce di EN, allo scopo di abbassare la tensione emotiva». Ma, ad ogni buon conto, pur volendo dar credito alla ricostruzione difensiva sugli spostamenti del presidente Campitelli nel corso della mattina del 2 maggio, la stessa lascia comunque “libera” una fascia oraria compatibile con la partecipazione del presidente al breve incontro di Albisola della mattina del 2 maggio. Sotto tale profilo, correttamente il TFN ha già messo in luce come «mentre il dato che il Campitelli si sia isolato da tutti, facendo rientro nella propria stanza per un’ora o più (a seconda dell’indicazioni date dall’uno o dall’altro teste) è poco credibile, visto il momento di particolare concitazione che viveva, nelle ore prossime ad un incontro così decisivo, la squadra e tutta la rappresentanza del Teramo, le dichiarazioni confermano che il Campitelli si sia comunque assentato, proprio nell’intervallo temporale in cui si è tenuto l’incontro nella vicina Albisola, dall’albergo, rendendo logicamente certa la sua partecipazione a detto incontro». Quanto all’incontro del post gara, come evidenziato anche dalla società AS Gubbio, non appare credibile che lo stesso fosse giustificato dal desiderio di Barghigiani «di complimentarsi con i dirigenti del Teramo per la promozione in serie B, laddove si consideri che, per stessa ammissione del consulente del Savona, questi non aveva mai avuto alcun rapporto, prima dei fatti di cui causa, né con Campitelli né con Di Giuseppe, soggetti a sé completamente estranei e sconosciuti». È inverosimile, come anche osservato nelle controdeduzioni della società A.S. Ascoli Picchio, che il direttore sportivo e il presidente di una società neopromossa in serie B «abbandonino lo stadio appena terminata la gara, non partecipando alla festa con calciatori, staff tecnico e familiari, per recarsi ad un appuntamento nei pressi dello stesso casello autostradale utilizzato la mattina prima della partita, con uno sconosciuto che voleva far loro i complimenti per il traguardo sportivo raggiunto». Quanto, infine, all’incontro dell’11 maggio a Canzano, vicino Teramo, cui sono sicuri partecipanti Barghigiani, Di Giuseppe e Di Nicola, incontro che ha avuto ad oggetto l’erogazione di una parte del compenso per la combine, la difesa Campitelli – Teramo ritiene che la partecipazione del presidente alla stessa “riunione” debba escludersi per tabulas, poiché impegnato «continuativamente ed ininterrottamente, dalle ore 15.00 alle ore 18.10, in due Consigli di Amministrazione». A conforto di siffatto assunto difensivo, il Teramo Calcio produce i verbali dei consigli di amministrazioni, poco leggibili e che appaiono privi di data certa, nonché dichiarazioni, di soggetti, peraltro, vicini al presidente e, comunque, non indifferenti all’esito del presente procedimento, quali il vice presidente del Teramo, la figlia, l’institore della società Sapori Veri s.r.l. e del sindaco unico della stessa predetta società, che in parte contrastano con altre risultanze documentali acquisite al procedimento. Così, ad esempio, il presidente Campitelli, pur “continuativamente” assorbito dai consigli di amministrazione di cui si è detto, si incontra con Di Giuseppe per il rinnovo del contratto. Nella telefonata delle h. 17.24, Di Nicola, alle richieste di Barghigiani di “buttare giù la porta”, risponde: “è entrato un giornalista che gli sta facendo l’intervista … che devo fare?”. E proprio l’indomani, appunto, il quotidiano “Il Centro”, pubblica appunto una intervista realizzata al presidenti dal titolo: “Campitelli tra calcio, dolci e fantasia: ora non mi fermo più”. Ma vi è di più! Anche laddove si dovesse ritenere non dimostrata la partecipazione del presidente Campitelli all’incontro della mattina del 2 maggio, cionondimeno, non ne risulterebbe, di certo, comunque scalfito il convincimento di questa Corte in ordine al personale coinvolgimento dello stesso nella realizzazione della combine. Rimarrebbe, cioè, comunque, provata, secondo lo standard probatorio in premessa di motivazione indicato, la partecipazione del presidente Campitelli e la messa a disposizione, da parte sua, delle somme necessarie a compensare i vari partecipanti al disegno alterativo. Sotto tale profilo, del resto, francamente eloquente appare la denuncia di furto che il presidente Campitelli (cfr. estratto del quotidiano “La Città” del 5 maggio 2015 allegato all’atto di intervento dell’Ascoli Picchio) afferma aver subito proprio nella notte successiva alla partita de qua e proprio per la somma di circa 70.000, corrispondente al prezzo della combine. Del resto, non può che prendere atto, questa Corte, del fatto che, sul punto, le difese interessate non abbiano speso una sola parola. Né può essere in alcun modo condivisa la tesi adombrata dal Teramo Calcio secondo cui, laddove combine vi sia stata e laddove nella stessa fosse coinvolto il d.s. Di Giuseppe, questa avrebbe avuto quale unica finalità quella delle scommesse sportive. In tal senso, brevemente, si osserva: solo Di Nicola e Di Lauro sembrano (anche) interessati alla scommessa sulla partita in questione, non gli altri protagonisti della vicenda; l’importo di euro 15.000 che sembra essere assicurato a Di Nicola come puntata, per conto suo, della scommessa, non corrisponde alla cifra di euro 70.000, compenso pattuito per la combine e di cui parla anche Corda; Di Lauro non è tra coloro che partecipano alla spartizione del compenso prima indicato. Diverso è affermare che Di Nicola (e non Di Giuseppe), dopo aver organizzato su “mandato” di Di Giuseppe a ciò “autorizzato” da Campitelli, il tentativo di alterazione della gara Savona – Teramo, essendo a conoscenza di quello che sarà il risultato della stessa, voglia scommetterci sopra (vedi le in equivoche telefonate del 2 maggio con Di Lauro e Matteini). Il quadro probatorio sopra sinteticamente riferito, che milita di certo per l’affermazione di responsabilità, per quanto qui segnatamente interessa, di Campitelli e Di Giuseppe, non è in alcun modo scalfito dalle dichiarazioni, di opposto tenore, rese dai due tesserati Teramo sentiti dal Tribunale federale nazionale, tese a negare qualsivoglia coinvolgimento nella combine del presidente Campitelli. Sotto tale profilo, colgono nel segno e sono pienamente condivisibili le osservazioni di cui alle controdeduzioni proposte da AS Gubbio ed Ascoli Picchio, volte ad evidenziare l’inattendibilità delle stesse predette dichiarazioni testimoniali, laddove lette alla luce del complessivo quadro probatorio. Si legge, nelle predette controdeduzioni, che qui, come detto, sul punto, si condividono: «i sigg.ri Fabio Mignini e Pasqualino Testa, dirigenti accompagnatori del Teramo Calcio s.r.l., hanno univocamente dichiarato che il sig. Luciano Campitelli, dalla prima mattina del 02 maggio 2015 quantomeno dalle 09.00 sino alle ore 12.00, sarebbe stato in loro compagnia, per poi fare rientro nella camera d’albergo da questi occupata e ripresentarsi nella hall dopo le ore 13.00, precisamente tre le 13.00 e le 13.30, a seconda del ricordo degli stessi, onde seguire il pullman della squadra sino allo stadio di Savona sulla macchina guidata dal cognato. Sempre i sigg.ri Mignini e Testa hanno univocamente dichiarato che, terminata la partita decisiva per la promozione del Teramo in serie B, entrambi sarebbero saliti, in compagnia del sig. Campitelli, sulla Maserati nera, guidata dal sig. Marcello Di Giuseppe, per fare rientro direttamente a Teramo. Tali risultanze, secondo la società appellante, collocherebbero il sig. Luciano Campitelli in luoghi ed orari assolutamente incompatibili con il doppio incontro, avvenuto con il Barghigiani ed il Ceniccola presso il casello autostradale di Albisola, prima e dopo la partita Savona - Teramo». Orbene, prescindendo dal dato relativo alla presenza di Campitelli ai predetti incontri, è dato acclarato che Marcello Di Giuseppe, «si sia inoppugnabilmente incontrato» «al casello autostradale di Albisola con i rappresentanti del Savona, i ridetti Barghigiani e Ceniccola». In tal ottica, appaiono francamente inequivoche le dichiarazioni dello stesso Barghigiani (interrogatorio P.G. 17 giugno 2015), che, perché circostanziate, rese in tempi non sospetti, non supportate da finalità premiali e del tutto disinteressate (che interesse ha Barghigiani, che, peraltro, nega tutto e nega anche la combine, a mentire proprio sulla presenza di Campitelli ai due incontri del 2 maggio ad Albisola?), questa Corte ritiene pienamente, sul punto, attendibili: «terminata la partita che vinse il Teramo chiamai a Di Giuseppe, di cui mi aveva fornito il numero Di Nicola, per congratularmi per la promozione in B. Dopo la telefonata ci siamo anche incontrati, nei pressi dell’ingresso autostradale, dove ho rinnovato di persona le congratulazioni sia a Di Giuseppe sia al Presidente Campitelli». Dichiarazioni, queste, che trovano anche puntuale e specifico riscontro nelle intercettazioni telefoniche dell’A.G.: sms di Di Nicola a Di Giuseppe delle h. 17.02 del 2 maggio progr. 86737 (“ti aspetta allo stesso posto di questa mattina”), che segue, di pochi minuti, la fine della partita che ha visto vincere il Teramo; Di Giuseppe a Di Nicola delle h. 18.11, progr. 86803 (“io ora sto quasi per ripartire, digli a quelli di aspettare capito … digli che ora arrivo di là”); di Di Nicola a Barghigiani un minuto dopo (h. 18.12), progr. 86804 (“è ripartito adesso sta arrivando … perché quando si deve fare una cosa io la faccio rispettare l’impegno”). In definitiva, una lettura unitaria della fattispecie ed un esame non atomistico (come, invece, sostanzialmente proposto dalle diverse difese Di Giuseppe, Di Nicola, Teramo, Barghigiani) del complessivo materiale probatorio acquisito al procedimento, non lascia spazio a conclusioni diverse da quella cui è giunto questa Corte e, dunque, che Di Giuseppe, con la compartecipazione di altre persone e, in particolare, di Corda, Di Nicola e Barghigiani e altre, alcune delle quali, allo stato, non individuate, ha posto in essere atti diretti all’alterazione della gara Savona – Teramo e del risultato della stessa, al fine di conseguirne un vantaggio in classifica per la società Teramo ed assicurarsi, con una giornata di anticipo, la promozione della medesima in serie B. In tale suo programma alterativo Di Giuseppe ha coinvolto il presidente Campitelli che (per quanto, probabilmente, nella fase iniziale, restio) ha, comunque, aderito all’iniziativa e al progetto illecito, tra l’altro, “finanziando” l’operazione. Pertanto, il contributo del presidente Campitelli alla realizzazione della fattispecie prevista e vietata dall’art. 7 CGS appare decisivo, seppure la sua condotta, in un ottica di graduazione della sanzione, può essere considerata di intensità meno grave di quella del direttore sportivo teramano e, per questa ragione, ritiene questa Corte, che la sanzione a suo carico possa essere rideterminata in riduzione. Sotto detto profilo correttamente il Tribunale federale nazionale afferma che «da quanto risulta dagli atti processuali, è sembrato più determinato da un’opera di convincimento effettuata dal Di Giuseppe, che da una disponibilità propria del Campitelli a prendervi parte». Gli elementi ad oggi a disposizione di questa Corte, in altri termini, conducono ad un complessivo risultato probatorio che, in ordine all’affermazione di responsabilità dei sigg.ri Campitelli e Di Giuseppe per l’incolpazione di illecito, può dirsi contrassegnato dagli indefettibili predicati della ragionevole prova. Infatti, i frammenti probatori e indiziari acquisiti nel corso del procedimento, oggetto di attenta rivalutazione da parte di questa Corte, appaiono assistiti da una pregnante valenza dimostrativa, sì da consentire di escludere, sul piano della plausibilità giuridica e logica, una ricostruzione dei fatti alternativa a quella prospettata dall’accusa. C’è una chiara ed univoca convergenza indiziaria, suffragata da riscontri probatori oggettivi e, anche alla luce del senso comune e delle massime di esperienza, dalla logica di una, appunto, inverosimile alternativa ricostruzione della lettura della vicenda. Il quadro complessivo è, dunque, più che idoneo e sufficiente per condurre questa Corte alla serena affermazione della responsabilità dei predetti reclamanti. L’aggregazione di ciascuno degli elementi probatori sopra, in sintesi, passati in rassegna, e di quelli descritti tanto nella parte espositiva quanto in quella motiva superiore, unitamente alle modalità degli incontri, al linguaggio criptico utilizzato dai protagonisti della vicenda, alle contrastanti spiegazioni fornite dagli stessi, conducono, insomma, la Corte a ritenere dimostrata la robustezza del fondamento dell’accusa. Nessun dubbio, anche alla luce dell’inesistenza di una verosimile ricostruzione alternativa della vicenda, capace di resistere al semplice esame logico, può, pertanto, ragionevolmente sussistere circa la colpevolezza dei predetti reclamanti Di Giuseppe e Campitelli, esattamente affermata dai primi Giudici. Del resto, come in casi simili affermato da questa Corte federale, la responsabilità nella commissione dell’illecito è fattispecie che non può scontare la difficoltà probatoria in senso pieno, essendo essa ontologicamente e funzionalmente legata a comportamenti per loro natura sfuggevoli, che trovano quasi sempre il loro riscontro nelle affermazioni dei partecipi al progetto illecito. Ma siffatta difficoltà può essere superata laddove si sia in presenza di una serie organica di frammenti probatori aventi una loro convergente congruità oggettiva e generale che fanno raggiungere, come nel presente procedimento, al giudicante, il sereno convincimento dell’effettiva sussistenza dell’agire illecito, per quanto, specificamente interessa anche in funzione delle connesse diverse forme di responsabilità attribuite al Teramo Calcio, dei sigg.ri Di Nicola, Barghigiani, Di Giuseppe e Campitelli. Passando al profilo sanzionatorio mentre, per quanto qui interessa, le pene disciplinari inflitte al sig. Marcello Di Giuseppe appaiono congruamente determinate in relazione alla gravità dei fatti allo stesso ascritti e delle riconosciute aggravanti di cui all’art. 7, comma 6, CGS, la sanzione della inibizione di anni quattro posta a carico del sig. Luciano Campitelli merita, per le ragioni sopra precisate in ordine all’effettivo apporto del presidente alla organizzazione della combine di cui trattasi, di essere contenuta nel minimo edittale (tre anni) previsto dalla norma di cui all’art. 7, comma 5, CGS vigente all’epoca dei fatti. Il contenimento, nei limiti edittali, della sanzione della inibizione, che trova causa e giustificazione nel riconosciuto minor apporto, all’organizzazione ed alla realizzazione della combine di cui trattasi, del sig. Luciano Campitelli rispetto quella del sig. Marcello Di Giuseppe, non può estendersi anche alla sanzione dell’ammenda correttamente quantificata in € 100.000,00 (centomila/00), per effetto dell’operare delle aggravanti di cui all’art. 7, comma 6, C.G.S.. Recita la predetta norma: «In caso di pluralità di illeciti ovvero se lo svolgimento o il risultato della gara è stato alterato oppure se il vantaggio in classifica è stato conseguito, le sanzioni sono aggravate». Orbene, in tale prospettiva, non nutre dubbio alcuno, questa Corte, per le ragioni già sopra complessivamente esposte, sul fatto che l’illecito di cui trattasi non si sia fermato al livello del tentativo, ma abbia trovato compiuta realizzazione, seppur ad indagini ancora in corso. Depongono, in tal senso, anche alla luce dell’effettivo risultato della gara (Savona – Teramo: 0 – 2), l’incontro post partita tra Barghigiani, Campitelli e Di Giuseppe (che, come detto, non può trovare altra realistica, logica e ragionevole spiegazione se non nel fatto di concordare e/o riaffermare le modalità di corresponsione del compenso per l’attività alterativa di tutti coloro che alla stessa hanno preso parte), le affermazioni di Ninni Corda, le risultanze delle intercettazioni telefoniche dell’11 maggio e seguenti, nelle quali si fa, in parte criptico, ma in parte anche piuttosto esplicito, riferimento a problematiche inerenti la suddivisione del predetto compenso tra i protagonisti della vicenda. Del resto, i vari passaggi di denaro tra Teramo ed i diversi compartecipi alla vicenda non trovano alternativa ragionevole spiegazione, se non in quella di rappresentare il compenso per la combine. Accertata ed affermata la responsabilità, in capo ai sigg.ri Campitelli e Di Giuseppe, in ordine all’alterazione del risultato della gara Savona – Teramo di cui trattasi, non può che conseguirne l’affermazione della responsabilità, rispettivamente, diretta e oggettiva, a carico della società Teramo Calcio s.r.l., con le contestate aggravanti di cui si è appena detto, oltre a quella presunta, ai sensi dell’art. 4, comma 5, CGS, per l’illecito sportivo commesso a proprio vantaggio da persone ad essa estranee, come sopra e in atti meglio specificato. Non possono, infatti, essere condivise le dettagliate argomentazioni pur suggestivamente offerte dalla difesa della predetta società. Le società, come noto, sono chiamate a rispondere a titolo responsabilità diretta, ex art. 4, comma 1, CGS «dell'operato di chi le rappresenta, anche per singole questioni, ai sensi delle norme federali». Alla responsabilità personale, dunque, del sig. Campitelli, presidente e legale rappresentante del Teramo Calcio s.r.l., consegue quella diretta della stessa medesima società. Del resto, ai sensi della norma di cui all’art. 7, comma 2, CGS, «Le società e i soggetti di cui all’art. 1 bis, commi 1 e 5, che commettono direttamente o che consentono che altri compiano, a loro nome o nel loro interesse, i fatti di cui al comma 1 ne sono responsabili». Del pari, la società abruzzese deve essere chiamata a rispondere a titolo di responsabilità oggettiva per l’operato del proprio dirigente Di Giuseppe. Come da costante giurisprudenza federale e come già sopra ricordato in occasione dell’esame della posizione di altri deferiti, la responsabilità oggettiva consegue in termini automatici e legali a quella materiale dell’autore del fatto illecito e non può, quindi essere elusa, ma solo graduata e misurata nei suoi limiti quantitativi sanzionatori. La posizione del sodalizio sportivo, nelle ipotesi in cui lo stesso è chiamato a rispondere a titolo di responsabilità oggettiva, rimane del tutto estranea a quella dell’agente, che può addirittura non essere in rapporto organico con il club medesimo. Niente, in siffatte ipotesi, può essere, da un punto di vista per così dire soggettivo, “rimproverato” alla società e purtuttavia, la responsabilità oggettiva rimane prevista e codificata, anche attesa la sua funzione preventiva e la sua finalità dissuasiva, tendente, per quanto possibile, a porre un argine, segnatamente, agli illeciti dei tesserati. La SS Teramo Calcio s.r.l. deve, infine essere chiamata a rispondere anche a titolo di responsabilità presunta: infatti, ai sensi dell’art. 4, comma 5, CGS le società sono presunte responsabili «degli illeciti sportivi commessi a loro vantaggio da persone a esse estranee». Nella fattispecie la società è sanzionata perché, comunque, beneficiaria del comportamento illecito tenuto da un qualsiasi soggetto, seppur ad essa estraneo. Nel caso di specie ritiene questa Corte che sia rinvenibile quel centro di interesse e di profitto tra l’operato dei vari responsabili direttamente collegati al Teramo Calcio (sigg.ri Campitelli e Di Giuseppe) e degli altri soggetti coinvolti nell’illecito sportivo di cui trattasi e la sfera d’azione della predetta medesima società. Non vi è dubbio che l’attuazione concreta ed effettiva dell’illecito sportivo posto in essere dai sigg.ri Campitelli e Di Giuseppe, in concorso e cooperazione con gli altri soggetti nell’atto di deferimento meglio specificamente indicati (segnatamente, Marco Barghigiani, Ercole Di Nicola, Ninni Corda), ha comportato un indubbio, importante ed oggettivo vantaggio per la società Teramo Calcio s.r.l. Ciò premesso, è vero che tale forma di responsabilità (presunta) è esclusa «quando risulti o vi sia un ragionevole dubbio che la società non abbia partecipato all’illecito o lo abbia ignorato», ma tale circostanza esimente non sussiste, nel caso di specie, atteso che i sigg.ri Luciano Campitelli (presidente) e Marcello Di Giuseppe (direttore sportivo) erano non solo a conoscenza dell’illecito di cui trattasi, ma addirittura lo hanno proposto e/o condiviso e/o concorso a realizzarlo. Ciò premesso, quanto al profilo sanzionatorio, occorre muovere dalle disposizioni del codice di giustizia federale. Dispone, a tal proposito, l’art. 7, comma 3, CGS: «Se viene accertata la responsabilità diretta della società ai sensi dell'art. 4, il fatto è punito, a seconda della sua gravità, con le sanzioni di cui alle lettere h), i), l) dell’art. 18, comma 1, salva l’applicazione di una maggiore sanzione in caso di insufficiente afflittività». Il successivo comma 4 così, invece, recita: «Se viene accertata la responsabilità oggettiva o presunta della società ai sensi dell'art. 4, comma 5, il fatto è punito, a seconda della sua gravità, con le sanzioni di cui alle lettere g), h), i), l), m) dell’art. 18, comma 1». Quest’ultima disposizione, rubricata “sanzioni a carico delle società”, alle lettere prima indicate, così prescrive: «Le società che si rendono responsabili della violazione dello Statuto, delle norme federali e di ogni altra disposizione loro applicabile sono punibili con una o più delle seguenti sanzioni, commisurate alla natura e alla gravità dei fatti commessi: […] g) penalizzazione di uno o più punti in classifica; la penalizzazione sul punteggio, che si appalesi inefficace nella stagione sportiva in corso, può essere fatta scontare, in tutto o in parte, nella stagione sportiva seguente; h) retrocessione all'ultimo posto in classifica del campionato di competenza o di qualsiasi altra competizione agonistica obbligatoria; in base al principio della afflittività della sanzione, la retrocessione all’ultimo posto comporta sempre il passaggio alla categoria inferiore; i) esclusione dal campionato di competenza o da qualsiasi altra competizione agonistica obbligatoria, con assegnazione da parte del Consiglio federale ad uno dei campionati di categoria inferiore; l) non assegnazione o revoca dell'assegnazione del titolo di campione d'Italia o di vincente del campionato, del girone di competenza o di competizione ufficiale; m) non ammissione o esclusione dalla partecipazione a determinate manifestazioni». Orbene, considerati complessivamente i fatti e le responsabilità attribuite alla Teramo Calcio s.r.l., per i titoli sopra indicati, nonché segnatamente, la responsabilità riconosciuta in capo al presidente Luciano Campitelli, come rivalutata, e quella riconosciuta in capo al direttore sportivo Marcello Di Giuseppe, come confermata, tenuto conto delle circostanze aggravanti di cui già si è detto, ritiene, questa Corte, che la sanzione inflitta in primo grado alla predetta società debba essere rideterminata. Infatti, avuto riguardo alla concreta fattispecie, considerato anche che, pur prescindendo dal vantaggio acquisito in esito alla vittoria sul Savona per effetto della combine, il Teramo Calcio avrebbe comunque conservato buone possibilità di raggiungere, sul campo, la promozione nella categoria cadetta e tenuto presente il principio di equità della pena, dovendo essere la stessa adeguata e commisurata all’effettiva portata dell’illecito e dell’eventuale relativo vantaggio acquisito, si reputa giusto applicare, nel caso di specie, la sanzione della revoca dell’assegnazione del titolo sportivo acquisito nel Campionato di Lega Pro, Girone B, disputato dalla SS Teramo Calcio s.r.l. nella stagione sportiva 2014/2015, come previsto dalla sopra richiamata disposizione di cui all’art. 18, comma 1, lett. l), CGS, nonché quelle dell’ammenda di € 30.000,00 (trentamila/00) e della penalizzazione di punti 6 (sei) in classifica da scontarsi nella stagione sportiva 2015/2016, nel Campionato di competenza. La misura sanzionatoria individuata dal Giudice di prime cure (retrocessione all’ultimo posto in classifica nella stagione sportiva 2014/2015, teoricamente meno gravosa nell’elencazione normativa) per il suo automatismo applicativo, appare, infatti, eccessivamente punitiva, esageratamente afflittiva e non adeguata alla concreta fattispecie, come caratterizzata dagli elementi e dalle circostanze oggetto di esame e qui esposte nella parte motiva precedente, poiché si tradurrebbe, nel caso concreto, in una retrocessione di ben due categorie (Serie D) rispetto a quella cui avrebbe avuto diritto (formalmente acquisito sul campo) a partecipare il Teramo Calcio s.r.l. (serie B), a fronte di un illecito circoscritto ad una sola gara e con la situazione di classifica (vantaggio di punti quattro sulla seconda, Ascoli Picchio) esistente al momento della realizzazione alterativa di cui trattasi, con ancora sole due partite da disputare. Del resto, il legislatore federale ha previsto la sanzione della revoca del titolo sportivo proprio in considerazione della squadra che giunge prima al termine del campionato, nei cui confronti l’applicazione della (sola) penalizzazione di punti in classifica o quella della retrocessione all’ultimo posto, a seconda del caso di specie, potrebbe rilevarsi rispettivamente blanda o eccessiva. Ogni sanzione inflitta per illecito disciplinare, invece, come detto, deve essere giusta, commisurata alle specifiche condotte e connesse responsabilità, graduata in relazione alla specifica vicenda ed alle circostanze (attenuanti o aggravanti) del caso. Così individuata, dunque, la sanzione principale, che questa Corte ritiene, appunto, giustamente remunerativa del disvalore sportivo che caratterizza le condotte alterative di cui trattasi e le connesse responsabilità assegnate dall’ordinamento federale alla società di appartenenza, la considerazione della gravità dell’illecito e del ruolo ricoperto dai sigg.ri Campitelli e Di Giuseppe all’interno della compagine calcistica, inducono questa Corte a temperare la riduzione della misura sanzionatoria di fatto apportata rispetto alla decisione di primo grado e ad applicare, quindi, le ulteriori sanzioni dell’ammenda, nella misura già determinata in primo grado, e della penalizzazione di punti 6 in classifica, da scontarsi, alla luce del principio di afflittività, nella successiva stagione sportiva 2015/2016, campionato di pertinenza. Infatti, l’applicazione dei predetti punti di penalizzazione al campionato appena concluso, non avrebbe avuto, per la società Teramo Calcio, alcuna valenza afflittiva, attesa la già intervenuta revoca del predetto titolo sportivo. P.Q.M. la Corte Federale d’Appello, pronunciando sui ricorsi come proposti: - Respinge il ricorso come sopra proposto dal signor Ninni Corda e dispone incamerarsi la tassa reclamo. - Respinge l’istanza di stralcio ed il ricorso come sopra proposto dal signor Giuliano Pesce e dispone incamerarsi la tassa reclamo. - In accoglimento del ricorso come sopra proposto dalla società Luparense San Paolo FC SSD a r.l. di San Martino di Lupari (Padova) annulla la sanzione inflitta. Dispone la restituzione della tassa reclamo. - Respinge il ricorso come sopra proposto dal calciatore Davide Matteini e dispone incamerarsi la tassa reclamo. - In accoglimento del ricorso come sopra proposto dalla società L’Aquila Calcio 1927 s.r.l. di L’Aquila annulla la sanzione inflitta. Dispone restituirsi la tassa reclamo. - Respinge il ricorso come sopra proposto dal signor Ercole Di Nicola e dispone incamerarsi la tassa reclamo. - Respinge il ricorso come sopra proposto dal signor Fabio Di Lauro e dispone incamerarsi la tassa reclamo. - In parziale accoglimento del ricorso come sopra proposto dalla società Savona FBC s.r.l. di Savona applica a titolo di responsabilità oggettiva, ai sensi dell’art. 7, comma 2, e art. 4, comma 2, C.G.S., in ordine agli addebiti contestati al sig. Barghigiani, con le aggravanti di cui all’art. 7, comma 6, C.G.S., nonché per responsabilità oggettiva, ai sensi dell’art. 4, comma 2, C.G.S., in ordine agli addebiti contestati al proprio tesserato Ceniccola, con riferimento alla violazione dell’art. 7, comma 7, C.G.S., la sanzione della penalizzazione di punti 6 (sei) in classifica, da scontarsi nel campionato di pertinenza per la Stagione Sportiva 2015/2016, unitamente all’ammenda di € 30.000,00. Dispone restituirsi la tassa reclamo. - In accoglimento del ricorso come sopra proposto dal signor Aldo Dellepiane annulla le sanzioni inflitte prosciogliendolo dagli addebiti contestati. Dispone restituirsi la tassa reclamo. - In accoglimento del ricorso come sopra proposto dal calciatore Marco Cabeccia annulla le sanzioni inflitte prosciogliendolo dagli addebiti contestati. Dispone restituirsi la tassa reclamo. - Respinge il ricorso come sopra proposto dal signor Enrico Ceniccola e dispone incamerarsi la tassa reclamo. - Respinge il ricorso come sopra proposto dal signor Marco Barghigiani, e, visto l’art 37, comma 4, C.G.S., dispone l’applicazione della sanzione dell’inibizione per anni 4 (quattro) con l’ammenda di € 60.000,00 (sessantamila/00). Dispone incamerarsi la tassa reclamo. Pronunciando sul ricorso come sopra proposto dalla società S.S. Teramo Calcio s.r.l. di Teramo, visto l’art. 18, comma 1, lett. g) e l), C.G.S., dispone la revoca dell’assegnazione del titolo sportivo acquisito nel Campionato di Lega Pro, Girone B, disputato dalla reclamante nella Stagione Sportiva 2014/2015 e, per l’effetto, del diritto di richiedere l’ammissione al Campionato di Serie B nella Stagione Sportiva 2015/2016, diritto che, pertanto, è acquisito dalla società Ascoli Picchio 1898 S.p.A., nonché l’applicazione della sanzione della penalizzazione di punti 6 (sei) in classifica da scontarsi nella Stagione Sportiva 2015/2016, nel Campionato di competenza, nonché l’ammenda di € 30.000,00 (trentamila/00), per responsabilità diretta, ai sensi dell’art. 7, comma 2, e art. 4, comma 1, C.G.S., in ordine agli addebiti contestati al proprio legale rappresentante Campitelli, nonché per responsabilità oggettiva, ai sensi dell’art. 7, comma 2, e dell’art. 4, comma 2, C.G.S., in ordine agli addebiti contestati al proprio tesserato Di Giuseppe, con la aggravante di cui all’art. 7, comma 6, C.G.S., nonché ancora per responsabilità presunta, ai sensi dell’art. 4, comma 5, C.G.S. Dispone incamerarsi la tassa reclamo. - In parziale accoglimento del ricorso come sopra proposto dal signor Luciano Campitelli, riduce la sanzione inflitta all’inibizione di anni 3 (tre) e all’ammenda di € 100.000,00 (centomila/00). Dispone restituirsi la tassa reclamo. - Respinge il ricorso come sopra proposto dal signor Marcello Di Giuseppe e dispone incamerarsi la tassa reclamo.
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