F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – Sezioni Unite – 2016/2017 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 150/CFA del 24 Giugno 2016 con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 004/CFA del 15 Luglio 2016 e su www.figc.it 1. RICORSO DEL DOTT. TODARO VINCENZO AVVERSO LE SANZIONI: – INIBIZIONE DI ANNI 1; – AMMENDA DI € 10.000,00, INFLITTE AL RECLAMANTE SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE PER VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 1BIS, COMMA 1 E 7, COMMI 1 E 2 DEL C.G.S. – N. 11582/583 PF15-16 AM/US DEL 21.4.2016 (Delibera del Tribunale Federale Territoriale presso il C.R. Molise – Com. Uff. n. 110 dell’1.6.2016) 2. RICORSO DEL SIG. DINISI GIUSEPPE AVVERSO LE SANZIONI: – INIBIZIONE DI ANNI 1; – AMMENDA DI € 10.000,00, INFLITTE AL RECLAMANTE SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE PER VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 1BIS, COMMA 1 E 7, COMMI 1 E 2 DEL C.G.S. – N. 11582/583 PF15-16 AM/US DEL 21.4.2016 (Delibera del Tribunale Federale Territoriale presso il C.R. Molise – Com. Uff. n. 110 dell’1.6.2016) 3. RICORSO DELLA POL. GIOVENTU’ CALCIO DAUNA AVVERSO LA SANZIONE DELLA REVOCA DEL TITOLO DI VINCENTE IL CAMPIONATO DI ECCELLENZA, STAG. SPORT. 2015/2016, INFLITTA ALLA RECLAMANTE, A TITOLO DI RESPONSABILITÀ DIRETTA ED OGGETTIVA AI SENSI DELL’ART. 4, COMMI 1 E 2 C.G.S., IN RELAZIONE ALLE CONDOTTE ASCRITTE AL PRESIDENTE ED AL PRESIDENTE ONORARIO DELLA SOCIETÀ, SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE – N. 11582/583 PF15-16 AM/US DEL 21.4.2016 (Delibera del Tribunale Federale Territoriale presso il C.R. Molise – Com. Uff. n. 110 dell’1.6.2016)

F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – Sezioni Unite - 2016/2017 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 150/CFA del 24 Giugno 2016 con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 004/CFA del 15 Luglio 2016 e su www.figc.it 1. RICORSO DEL DOTT. TODARO VINCENZO AVVERSO LE SANZIONI: - INIBIZIONE DI ANNI 1; - AMMENDA DI € 10.000,00, INFLITTE AL RECLAMANTE SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE PER VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 1BIS, COMMA 1 E 7, COMMI 1 E 2 DEL C.G.S. – N. 11582/583 PF15-16 AM/US DEL 21.4.2016 (Delibera del Tribunale Federale Territoriale presso il C.R. Molise - Com. Uff. n. 110 dell’1.6.2016) 2. RICORSO DEL SIG. DINISI GIUSEPPE AVVERSO LE SANZIONI: - INIBIZIONE DI ANNI 1; - AMMENDA DI € 10.000,00, INFLITTE AL RECLAMANTE SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE PER VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 1BIS, COMMA 1 E 7, COMMI 1 E 2 DEL C.G.S. – N. 11582/583 PF15-16 AM/US DEL 21.4.2016 (Delibera del Tribunale Federale Territoriale presso il C.R. Molise - Com. Uff. n. 110 dell’1.6.2016) 3. RICORSO DELLA POL. GIOVENTU’ CALCIO DAUNA AVVERSO LA SANZIONE DELLA REVOCA DEL TITOLO DI VINCENTE IL CAMPIONATO DI ECCELLENZA, STAG. SPORT. 2015/2016, INFLITTA ALLA RECLAMANTE, A TITOLO DI RESPONSABILITÀ DIRETTA ED OGGETTIVA AI SENSI DELL’ART. 4, COMMI 1 E 2 C.G.S., IN RELAZIONE ALLE CONDOTTE ASCRITTE AL PRESIDENTE ED AL PRESIDENTE ONORARIO DELLA SOCIETÀ, SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE – N. 11582/583 PF15-16 AM/US DEL 21.4.2016 (Delibera del Tribunale Federale Territoriale presso il C.R. Molise - Com. Uff. n. 110 dell’1.6.2016) Fatto e procedimento La vicenda trae origine da una denuncia alla Procura Federale effettuata in data 14.12.2015 dalla società ASD Pol.Vastogirardi, partecipante al campionato di Eccellenza del Comitato Regionale Molise, in cui veniva segnalata una asserita combine tra alcuni dirigenti della società Gioventù Calcio Dauna, l’allenatore della società Venafro e alcuni giocatori della medesima società. Tale presunto “patto”, stretto in modo illecito per concordare o combinare il risultato di un incontro prima della sua disputa con promessa di soldi (Venafro/Vastogirardi del 19.12.2015, poi, conclusasi 0 – 0) si sarebbe consumato nella giornata del 13.12.2015 in un locale (pizzeria) denominata “La vecchia Fornace” nel Comune di Cantalupo del Sannio (IS). In breve, i dirigenti della società Calcio Dauna (Vincenzo Todaro e Giuseppe Dinisi) avrebbero offerto dei soldi ad alcuni giocatori, compreso l’allenatore della società Venafro per vincere l’incontro precitato e per “far male” ai calciatori della società denunciante. Tali circostanze sono state riferite da persone terze presenti nel locale in questione, che avrebbero direttamente ascoltato il colloquio intervenuto, scattando qualche foto e girando un filmato. L’attività di indagine espletata dalla Procura Federale in relazione al presente procedimento ha, quindi, per oggetto il tentativo di illecito sportivo posto in essere da tesserati della Gioventù Calcio Dauna, teso ad incentivare la vittoria del Venafro. In breve, l’ipotesi accusatoria è la seguente: promessa di soldi in cambio di una prestazione tesa a raggiungere il risultato auspicato nella gara Venafro-Vastogirardi del 19.12.2015. All’esito dell’istruttoria la Procura federale, ritenuto che dalla complessiva attività di indagine compiuta emergevano comportamenti posti in essere in violazione delle norme federali, ha deferito al Tribunale Federale Territoriale presso il Comitato regionale del Molise: TODARO VINCENZO e DINISI GIUSEPPE nella loro rispettiva qualità di presidente della soc. Polisportiva Gioventù Calcio Dauna e di presidente onorario della stessa società, per violazione di cui all’art. 1 bis, comma 1, e art. 7, commi 1 e 2, C.G.S. per avere, in concorso tra loro e nell’interesse della società rappresentata, posto in essere comportamenti diretti ad alterare lo svolgimento ed il risultato della gara Venafro/Vastogirardi del 19.12.2015, del Campionato di Eccellenza molisano, promettendo, il 13.12.2015, nei locali “La Vecchia Fornace” di Cantalupo del Sannio, alle ore 18, ai calciatori della U.S. Venafro presenti ed all’allenatore della medesima compagine, “… un premio alla squadra in caso di vittoria con il Vastogirardi”; tentativo che non raggiungeva lo scopo per il diniego opposto dai tesserati dell’U.S. Venafro. Ha, altresì, deferito L’ALLENATORE DELLA U.S. VENAFRO E TRE CALCIATORI DELLA MEDESIMA SOCIETÀ, per la violazione dell’art. 1 bis, comma 1, e art. 7, comma 7 C.G.S. per aver omesso di denunciare alla Procura federale l’avvenuta conoscenza di elementi idonei a prefigurare atti finalizzati ad alterare lo svolgimento o il risultato della gara stessa. È stata, infine, deferita la società POLISPORTIVA GIOVENTÙ CALCIO DAUNA per responsabilita diretta e oggettiva, ai sensi dell’art. 4, comma 1 e 2, C.G.S., per la condotta ascritta al proprio presidente e dirigente, come anche la SOCIETÀ US VENAFRO, per responsabilità oggettiva ai sensi dell’art. 4, comma 2, C.G.S., per quanto ascritto ai propri tesserati. Per la trattazione del deferimento innanzi al Tribunale federale territoriale presso il Comitato regionale Molise veniva fissata la seduta del 6.5.2016. Nel frattempo la società Tre Pini Matese depositava atto di intervento, quale terzo portatore di interesse. Ritenuta fondata da parte del Tribunale l’eccezione preliminare relativa alla mancata concessione del termine minimo a comparire, sollevata dai deferiti Todaro Vincenzo, Dinisi Giuseppe e Polisportiva Gioventù Calcio Dauna, con ordinanza del 6.5.2016 le parti venivano rimesse in termini al fine di spiegare compiutamente le proprie difese e veniva fissata la nuova udienza di trattazione del 19.5.2016. In merito alla eccezione preliminare di inammissibilità della registrazione video/audio il TFT osservava che la stessa non fa parte degli atti e delle fonti di prova poste a fondamento del deferimento: di conseguenza, la richiesta di perizia tecnica sulla stessa è stata rigettata. Quanto alla eccezione di inutilizzabilità e/o di inammissibilità della dichiarazione rilasciata in sede di audizione, dal presidente avv. Vincenzo Todaro, il TFT riteneva che nessuna norma del C.G.S. disponga l’obbligo di formalizzare, al soggetto escusso, a pena di nullità e/o inutilizzabilità della deposizione davanti ad un Organo federale, l’invito a munirsi di difensore o di soggetto che possa assisterlo durante l’audizione. Tanto a prescindere dal rilievo, sollevato dalla difesa della società Tre Pini Matese, in ordine alle specifiche competenze tecnico-professionali dell’avv. Todaro, presidente della deferita Polisportiva Gioventù Calcio Dauna. Anche detta eccezione veniva, dunque, disattesa. All’esito della discussione la Procura federale ha chiesto l’applicazione delle seguenti sanzioni: - penalizzazione di 20 punti da scontarsi nel campionato di competenza per la società Polisportiva Gioventù Calcio Dauna; - inibizione di anni uno e ammenda di € 30.000,00 ciascuno per i sigg. Todaro Vincenzo e Dinisi Giuseppe; - squalifica di anni 1 e ammenda di € 20.000,00 ciascuno per i sigg. Roncone Alessandro, Vallone Nicandro e Velardi Enrico, calciatori della società U.S. Venafro, e Capaccione Giuseppe, allenatore della medesima società; - ammenda di € 20.000,00 per la società U.S. Venafro. La società Tre Pini Matese ha così concluso: - applicazione a carico della società Gioventù Calcio Dauna di una delle sanzioni previste dall’art. 18, comma 1, lettere h, i e l, C.G.S.. I sigg. Todaro Vincenzo e Dinisi Giuseppe hanno così concluso: -rigetto del deferimento e proscioglimento pieno. La società Polisportiva Gioventù Calcio Dauna ha così concluso: - rigetto del deferimento con proscioglimento della società Polisportiva Gioventù Calcio Dauna. La società U.S. Venafro anche per i sigg. Capaccione Giuseppe, Roncone Alessandro, Vallone Nicandro e Velardi Enrico ha così concluso: - integrale ed incondizionato proscioglimento dei detti deferiti. Secondo il TFT molisano assume fondamentale rilevanza la deposizione del teste sig. Manolo Sacco, tesserato per la A.P.D. Ripalimosani, il quale, in sede di audizione innanzi al collaboratore della Procura Federale, ha riferito che in data 13.12.15 era presente nel locale “La Vecchia Fornace” e di aver lì assistito ad un colloquio tra due tesserati della Polisportiva Gioventù Calcio Dauna di cui uno noto (Dinisi Giuseppe) e quattro calciatori tesserati per la U.S. Venafro, di cui due noti (Roncone Alessandro e Pettrone Marco). Il colloquio verteva su una promessa rivolta dai tesserati della Pol. Calcio Dauna ai giocatori del Venafro, relativa alla elargizione della somma di € 1.500,00 qualora la U.S Venafro avesse vinto la gara, in programma per il sabato successivo, contro la A.S.D. Polisportiva Vastogirardi. Il testimone riferiva altresì che “i giocatori del Venafro acconsentivano dicendo che il premio sarebbe stato uno stimolo in più perché avrebbero cercato comunque di vincere”. Quanto affermato dal sig. Sacco troverebbe riscontro, secondo i giudici di prime cure, nelle risultanze delle audizioni dei sigg.ri Dinisi Giuseppe, presidente onorario della Polisportiva Gioventù Calcio Dauna, espressamente indicato da Sacco nella sua deposizione e Todaro Vincenzo, presidente della medesima presetta Polisportiva, il quale, pur non identificato dal predetto Sacco, ha ammesso di essere l’altro tesserato della Polisportiva Gioventù Calcio Dauna che insieme a Dinisi ha promesso, “in modo scherzoso”, un premio in favore dei calciatori del Venafro, in caso di vittoria contro la squadra del Vastogirardi. Secondo il Tribunale la promessa di premio non è stata effettuata in maniera scherzosa, sia perché la circostanza è stata espressamente esclusa dal teste Sacco (secondo il quale “il tono era serio”), sia perché la serietà della proposta è stata ammessa dallo stesso Todaro, laddove, questi, ha riferito che “il premio offerto era stato promesso principalmente in virtù delle festività natalizie e poi per fare in modo che i ragazzi si impegnassero di più”. Quanto all’assunto della deferita Polisportiva Gioventù Calcio Dauna, secondo cui il sig. Sacco sarebbe stato portatore di interessi specifici rispetto alle conseguenze della sua azione testimoniale e, pertanto, inattendibile, in quanto palesemente coinvolto con la società Vastogirardi, il Tribunale riteneva insussistenti utili riscontri obiettivi, non emergendo dati probatori, diretti e concludenti, che diano certezza della circostanza. A nulla varrebbe, in tal senso, la mera deduzione di un rapporto di parentela tra Sacco ed il presidente della A.S.D. Polisportiva Vastogirardi. Con riferimento alla tesi della inattendibilità del teste Sacco, ai fini dell’accertamento dei fatti contestati, anche perchè non supportata da altra testimonianza, il TFT ritiene che, da un lato, in tema di illecito sportivo non può trovare applicazione il principio dell’“unus testis, nullus testis”, per evidenti ragioni connesse alle obiettive difficoltà di reperimento della prova; dall’altro, la circostanza denunciata è stata confermata dallo stesso Todaro, che ha ammesso che il premio a vincere era stato offerto anche “per fare in modo che i ragazzi si impegnassero di più”. In relazione ai fatti contestati agli altri deferiti, il TFN riteneva non provati i fatti addebitati ai sigg. Capaccione, Vallone e Velardi e ne disponeva, quindi, il proscioglimento. Infine, in riferimento alla condotta posta in essere dai sigg. Todaro, Dinisi e Roncone (portiere del Venafro, che non ha proposto reclamo), il Tribunale federale territoriale ha affermato: «… non v’è dubbio che nell’ambito dell’ordinamento sportivo sussista un generalizzato divieto di alterazione del normale svolgimento della competizione, nel caso di specie sancito dall’art. 7 comma 1 C.G.S., per il quale “Il compimento, con qualsiasi mezzo, di atti diretti ad alterare lo svolgimento o il risultato di una gara o di una competizione ovvero ad assicurare a chiunque un vantaggio in classifica costituisce illecito sportivo”. Il bene tutelato dalla citata norma è quindi costituito dalla regolarità fisiologica delle gare, rispetto alla quale l’incentivazione a vincere, pur non configurando il reato di frode sportiva, è comunque idonea ad integrare un illecito sportivo, essendo un quid pluris rispetto alla fisiologia del rapporto agonistico, in quanto agisce come stimolo potenzialmente capace di determinare esasperazioni ed eccessi innaturali nello svolgimento dell’attività di gioco. L’attività di un terzo estraneo alla gara, il quale, coltivando suoi interessi di classifica e perseguendo, nella sostanza, un nocumento per il sodalizio concorrente, offra denaro o altre utilità ai calciatori di diversa società per incentivarli a vincere l’incontro, o meglio, a sconfiggere l’avversario è fatto all’evidenza concretamente ed oggettivamente inquinante il normale svolgimento della partita stessa perché al di fuori della sua tipologia regolamentare. La condotta perseguita, infatti, non ha caratteri di omologia e perequabilità con quella di conferimento dei premi-partita che si svolge ed esaurisce nell’ambito societario e trova lecita ragion d’essere in accordi contrattuali preesistenti. Del resto sarebbe ugualmente errato ritenere la liceità dell’incentivazione sul presupposto che la stessa sia indirizzata ad ottenere dai destinatari una prestazione dovuta, atteso che nella realtà il fine perseguito attraverso il suddetto mezzo non è l’impegno agonistico, ma la sconfitta dell’avversario». Il TFT ha, quindi, ritenuto i sigg.ri Vincenzo Todaro e Giuseppe Dinisi, per quanto qui interessa, responsabili della violazione dell’art. 7, commi 1 e 2, C.G.S., risultando acclarato l’illecito sportivo perpetrato ai danni della A.S.D. Polisportiva Vastogirardi, nonché per la violazione dell’art. 1 bis, comma 1, C.G.S., poiché la suddetta condotta implica anche la violazione dei principi di lealtà, correttezza e probità, che regolano ogni rapporto dei tesserati riferibile all’attività sportiva. Dell’operato dei tesserati della Polisportiva Gioventù Calcio Dauna, questa società è stata chiamata a rispondere direttamente ex art. 4, comma 1 e 2, C.G.S.. Quanto al profilo sanzionatorio, il TFT ha evidenziato che, ai sensi dell’art. 7, comma 5, C.G.S. «I soggetti di cui all’art. 1 bis, commi 1 e 5, riconosciuti responsabili di illecito sportivo, sono puniti con una sanzione non inferiore all'inibizione o alla squalifica per un periodo minimo di quattro anni e con l’ammenda non inferiore ad € 50.000,00». Tuttavia, l’impianto sanzionatorio del codice giustizia sportiva può, secondo il TFT, essere attenuato in applicazione della disposizione di cui all’art. 16, comma 1, C.G.S., per il quale «Gli Organi della giustizia sportiva stabiliscono la specie e la misura delle sanzioni disciplinari, tenendo conto della natura e della gravità dei fatti commessi e valutate le circostanze aggravanti e attenuanti, nonché l’eventuale recidiva». Ritiene, in tal ottica, il TFT, che all’applicazione acritica e meramente meccanica delle sanzioni conseguirebbero risultati abnormi e non conformi non solo a giustizia, ma anche a criteri di equità e di gradualità in relazione alle singole condotte ed alle responsabilità delle società. Per questo motivo, considerati complessivamente i fatti e le responsabilità riscontrate, il Tribunale federale territoriale presso il C.R. Molise ha inflitto, a ciascuno dei due deferiti Todaro e Dinisi, la sanzione di anni uno di inibizione e di € 10.000,00 di ammenda. In relazione alla responsabilità della società Polisportiva Gioventù Calcio Dauna, vincitrice del campionato di Eccellenza disputato nella stagione 2015/2016, il TFT ha inflitto la sanzione della revoca del titolo di vincente del campionato, piuttosto che la retrocessione all’ultimo posto della classifica, posto che quest’ultima sanzione si veniva a tradurre in una penalizzazione eccessiva della citata società, la quale, pur promossa sul campo al Campionato di Serie D, ove venisse retrocessa al campionato di Promozione, si sarebbe trovata a fare un salto indietro di due categorie. Per completezza di esposizione, si aggiunge che il sig. Alessandro Roncone, tesserato per la U.S. Venafro, è stato ritenuto responsabile della violazione dell’art. 7, comma 7, C.G.S., per non avere ottemperato all’obbligo di informare, senza indugio, la Procura Federale della FIGC, pur essendo a conoscenza del tentato illecito, e della violazione dell’art. 1 bis, comma 1, C.G.S. per inosservanza dei principi di lealtà, correttezza e probità, con sanzione sportiva della squalifica di mesi 4 ed € 5.000,00 di ammenda per l’omessa denuncia e la sanzione di € 4.000,00 di ammenda a carico della U.S. Venafro, per responsabilità oggettiva. Avverso la suddetta decisione hanno proposto congiunto reclamo i deferiti Vincenzo Todaro e Giuseppe Dinisi, come rappresentati e assistiti. Evidenziano, anzitutto, i reclamanti, come il TFT abbia di fatto accertato che l’offerta di un premio a vincere non meglio specificato da parte dei vertici della società Calcio Dauna sia stata proposta solo ad un giocatore della US Venafro (il portiere Roncone), visto che gli altri tesserati deferiti in primo grado sono stati prosciolti dalle accuse formulate dalla Procura federale. Ingiustamente, poi, proseguono i suddetti reclamanti, l’organo giudicante ha ritenuto pienamente attendibile la deposizione del sig. Sacco (parente del presidente della ASD Vastogiradi), che avrebbe asssistito ai fatti per poi riferirli al dirigente della medesima società firmataria dell’esposto e completamente inattendibili, invece, le deposizioni (sei) dei tesserati dell’US Venafro che hanno negato di aver ricevuto proposte illecite da parte dei sig.ri Todaro e Dinisi. In altri termini, il TFT avrebbe adottato la decisione gravata sulla base della versione offerta da un solo soggetto, attraverso una ricostruzione, peraltro sensibilmente distonica rispetto a quanto contenuto nell’esposto, trascurando completamente le risultanze emergenti dalle dichiarazioni univoche di tutti i nove tessearti sentiti, compresi i sei della US Venafro. Sotto questo profilo, peraltro, appare inspiegabile, secondo i ricorrenti, come il primo giudice non abbia adeguatamente valutato le dichiarazioni univoche di tutti i tesserati, soggetti che non possono non essere ritenuti attendibili in quanto disinteressati all’esito del giudizio. Sottolinea, poi, la reclamante, come la deposizione del sig. Sacco risulti piena di evidenti contraddizioni: in particolare, si fa riferimento all’interesse del sig. Sacco contrapposto a quello delle società coinvolte; si allude alla circostanza che Sacco risulta parente del presidente dell’ASD Vastogirardi, società all’epoca dei fatti prima in classifica e in lotta tanto con l’US Venafro quanto con la Calcio Dauna per la vittoria finale del campionato regionale di Eccellenza. Da qui emergerebbe l’innegabile interesse di danneggiare le due società coinvolte, che sarebbe stato implicitamente ammesso dallo stesso Sacco quando, venuto a conoscenza del presunto tentativo di illecito, non provvede direttamente a formalizzare la denuncia alla Procura federale, ma contatta più volte il presidente della società Vastogirardi. In tale prospettiva, si evidenzia, in reclamo, come la predetta stretta correlazione tra i citati soggetti emerga anche dal fatto che, dopo aver udito il colloquio di cui trattasi, Sacco - rivolgendosi agli interlocutori deferiti - fece loro immediatamente presente il rapporto di parentela con il presidente della Vastogiradi e la sua intezione di comunicare direttamente allo stesso quanto aveva udito. Non trova riscontro, poi, a dire dei reclamanti, la circostanza riferita dal sig. Sacco, in sede di audizione, secondo cui i dirigenti Todaro e Dinisi offrirono la somma di € 1.500,00 per vincere la gara con il Vastogirardi. Peraltro, tale evenienza non viene riportata nella denuncia del presidente della società Vastogirardi. Inoltre, in detta denuncia si fa riferimento alle richieste dei sigg.ri Todaro e Dinisi ai calciatori del Venafro “di effettuare interventi duri volti a far male” ai calciatori della Vastogirardi, circostanza, questa, poi, smentita dallo stesso Sacco in sede di audizione e mai confermata da alcuno. In diritto, i deducenti evidenziano che gli organi di giustizia sportiva hanno in modo consolidato affermato che le dichiarazioni auto ed etero accusatorie, ove non confermate dagli interessati, debbano essere sottosposte ad un rigoroso vaglio di credibilità (cfr., ad esempio, Com. Uff. n. 34/CGF del 27.8.2012). Nel caso di specie, il vaglio di credibilità non risulterebbe superato né dal teste Sacco, né dal presidente della società Vastogirardi, non presente al fatto in questione. Ad ogni buon conto, secondo i reclamanti, il fatto in questione non è idoneo ad integrare gli estremi dell’illecito, poiché la promessa di premio non sarebbe stata percepita come tale dagli interessati. Del resto, nessuno ha dichiarato di aver ricevuto offerte in tal senso, nenche in tono scherzoso. Pertanto in considerazione del fatto che, come sancito dai più recenti giudizi in materia di illecito sportivo e valutazione della prova, occorre una “ragionevole certezza”, per effermare la responsabilità, osservano i ricorrenti che, affinchè una condotta possa integrare gli estremi della violazione dell’art. 7 C.G.S., anche in relazione al solo tentativo, vi deve essere una inequivocabile condotta tesa all’alterazione della gara potenzialmente idonea allo scopo. Di conseguenza, nel caso in esame, la battuta scherzosa degli esponenti non ha prodotto alcuno degli effetti citati nei giocatori del Venafro, che non hanno percepito la stessa come una proposta illecita, ma nemmeno come una affermazione scherzosa, posto che, in ragione della contingente situazione di classifica, non v’era alcuna necessità di incentivare una prestazione positiva. Al riguardo i ricorrenti richiamano un recentissimo pronunciamento della Corte Federale d’Appello (Com. Uff. n. 42/CFA del 21.10. 2015). Concludono, infine, i reclamanti evidenziando che non vi è alcuna evidenza degli indici che la giurisprudenza individua come spie rivelatrici dell’illecito sportivo e come riscontri logico-deduttivi confermativi dell’ipotesi accusatoria. Chiedono, quindi, di annullare e/o revocare la decisione adottata dal TFT, prosciogliendo i deferiti da ogni addebito. Anche la società Polisportiva Gioventù Calcio Dauna, in persona del suo vice presidente, ha proposto reclamo avverso la revoca del titolo di vincente il Campionato di Eccellenza, Stagione Sportiva 2015/2016. In via preliminare la predetta società chiede l’acquisizione del filmato video prodotto nell’occasione dal sig. Sacco per valutare alcuni elementi determinanti l’ambiente in cui si svolgono i fatti: in particolare, l’estrema confusione all’interno del locale e la distanza tra il soggettotestimone e i soggetti responsabili del preseunto illecito, che determinerebbero la impossibilità oggettiva di percepire da parte del primo i dialoghi intercorsi. Nel merito, il ricorso presentato dalla società Calcio Dauna ripercorre sostanzialmente quello proposto dai sigg.ri Todaro e Dinisi. Attraverso un dettagliato percorso logico-giuridico la società reclamante evidenzia i vizi della decisione impugnata. Schematizzando: l’incontro è avvenuto casualmente, non vi è stata alcuna programmazione o premeditazione (peraltro, la sera prima la Polisportiva Calcio Dauna ha soggiornato in un hotel di proprietà del presidente del Venafro: quale migliore sito per programmare una combine ?); nei locali ove è avvenuto l’incontro vi era molta confusione, tanta gente in uno spazio ristretto i soggetti coinvolti non si conoscono: infatti, dai riscontri incrociati delle deposizioni la maggior parte degli intervenuti non conosceva l’altra; tutti i calciatori del Venafro concordano nel confermare che non hanno avuto sentore della presunta proposta di denaro da parte dei dirigenti della Polisportiva Calcio Dauna. non vi è alcuna utilità di alterare una gara alla fine del girone di andata; tutto sarebbe avvenuto nell’arco di 15 minuti, come riferisce il teste Padula (calciatore che accompagnava il sig. Sacco). la vittoria del Venafro, numeri alla mano, non poteva costituire l’obiettivo finalistico di un illecito sportivo, in quanto non avrebbe portato ad alcun vantaggio: i fatti si riferiscono alla fine del girone di andata; rispetto alla classifica (punti 29 e 4° posto tra il Venafro e il Calcio Dauna), la gara non era neppure lontanamente decisiva; la classifica avulsa conferma il difetto di interesse ad una alterazione come quella prospettata nella tesi accusatoria; i tesserati del Venafro sono stati, ad esclusione del solo Roncone (riconosciuto da Sacco), tutti prosciolti, senza neppure alcun atto di ricorso in merito da parte della Procura Federale: quindi, deve ritenersi che il predetto calciatore, che come gli altri era seduto al tavolo della pizzeria, sia stato l’unico interlocutore dei sigg.ri Todaro e Dinisi; i giocatori del Venafro erano in numero cospicuo e sufficiente per poter dare riscontro e forza alla denuncia. il testimone Sacco parla attraverso due momenti: quando racconta, al presidente della Vastogirardi, il colloquio a cui ha assistito e in sede di audizione innanzi al collaboratore della Procura federale. Tra i due atti (denuncia e verbale di audizione) emergono una serie di differenze, discrasie e distonie logiche e fattuali tali da non consentire di riconoscere, nelle dichiarazioni di Sacco, quella genuinità e spontaneità affermata dai primi giudici. Le più evidenti sono quelle dell’indicazione di un altro testimone (Padula, calciatore della medesima società allenata da Sacco) che però non è presente al colloquio (uscito a telefonare) e dell’invito a “far male”, poi smentite in sede di audizione dallo stesso Sacco. l’attendibilità del sig. Sacco viene, comunque, meno se si considera la sua posizione tutt’altro che distaccata rispetto agli interessi delle parti coinvolte, in quanto cugino o cognato del presidente della società Vastogirardi, essendo ben consapevole che un simile racconto potrebbe avantaggiare la stessa società, allora in vetta alla classifica, che, con un colpo solo vedrebbe eliminate due potenziali concorrenti per la vittoria del campionato. In diritto, la deducente Polisportiva sottolinea come, nel caso di specie, gli elementi risultano del tutto casuali ed incapaci finanche di esternare il momento volitivo: gli “atti” indicati nel quadro accusatorio sono del tutto inidonei alla produzione dell’effetto alterativo. Il “regalo” o il “premio” restano inesorabilmente confinati nello spirito goliardico, nelle battute scherzose e nei modi di dire di un contesto del tutto limpido e innocente. Tanto è vero che, le stesse, proprio in considerazione del contesto, hanno finito per non essere neppure percepite e recepite dai calciatori cui sarebbero state dirette. Nella vicenda in esame, prosegue la ricorrente Polisportiva, non si riesce neppure ad apprezzare la fase preparatoria di identificazione dell’illecito. Pesa la totale assenza di una prova con connotazione di certezza della condotta materiale volta alla commissione dell’illecito. I tanti dubbi sul piano logico e sul riscontro dei contributi dell’indagine svolta, rispetto all’effettivo accadimento dell’evento corruttivo, sono evidenti. Non vi è alcun quadro probatorio dotato di quegli elementi definiti da pienezza, precisione e concordanza tali da apparire idonei di assurgere al rango di atti diretti ad alterare lo svolgimento o il risultato di una gara, con ovvio riferimento al tono del colloquio, alla genericità delle frasi contestate, all’assenza o all’assoluta vaghezza delle utilità promesse. In definitiva, i soli indizi sono legati alla deposizione Sacco, che non riesce a corroborare alcun passaggio della sua esposizione con elementi di riscontro. Il costrutto colpevolista a carico dei deferiti si presenta del tutto fragile ed inconsistente e va a collidere con l’assoluta insussistenza ed infondatezza di tutte le presunzioni che il TFT pone a sostegno della sua condanna, in assenza di qualunque serio ed attendibile riscontro probatorio del presunto accordo. Conclude, la reclamante Polisportiva, chiedendo il proscioglimento da ogni addebito e, in via subordinata, la derubricazione della violazione contestata alla fattispecie del solo art. 1 bis C.G.S. e la conversione della sanzione revocatoria del titolo sportivo in una penalizzazione da scontare nel campionato di competenza nella prossima stagione sportiva. In merito al ricorso della società Calcio Dauna ha offerto proprie controdeduzioni la società ASD Tre Pini Matese, in persona del suo presidente, quale terza portatrice di interesse, gia ammessa al procedimento di primo grado. La ASD Tre Pini Matese contesta con fermezza e convinzione il ricorso proposto dalla Polisportiva Calcio Dauna avverso la sanzione della revoca del titolo di vincitrice del campionato di eccellenza molisana. La deducente analizza i punti focali del procedimento e ritiene che le ragioni dei ricorsi siano pretestuose e inidonee a scalfire il solidissimo impianto accusatorio, come confermato dal TFT. Con specifico riferimento alle dichiarazioni di Sacco si riflette in ordine al carattere obbligatorio ed inderogabile del comportamento tenuto dallo stesso quale tesserato FIGC, che non poteva esimersi dal denunciare all’Organo istituzionale competente, sia pure in forma mediata, attraverso altro soggetto rilevante, il tentativo di illecito di cui era venuto a conoscenza. Nella vicenda in esame, ritiene la predetta società, è stato raggiunto e superato qualunque standard dimostrativo, anche il più rigoroso e categorico, versandosi come ampiamente e insuperabilmente acclarato, in una ipotesi di illecito sportivo conclamato e lapalissiano, oltre che esplicitamente confessato. Tanto sopra premesso ed esposto la deducente chiede di rigettare il ricorso della Polispostiva Calcio Dauna. All’udienza fissata, innanzi a questa Corte federale di appello, per il giorno 24.6.2016, sono comparsi: -l’avv. Grassani, per i ricorrenti sigg.ri Todaro e Dinisi; -l’avv. Tambone, per la ricorrente Polisportiva Calcio Dauna; -l’avv. Liberati, per la Procura federale; -l’avv. Chiacchio, per la terza intervenuta ASD Tre Pini Matese. L’avv. Grassani ha analiticamente evidenziato tutti i punti critici dell’impianto accusatorio, sottolineando la debolezza delle ragioni poste dal TFT a base della propria decisione. In particolare, l’avv. Grassani ha messo in luce quelle che ha definito le numerose insanabili contraddizioni della decisione rispetto ai fatti del giudizio ed ha concluso chiedendo il proscioglimento di entrambi i propri assistiti. L’avv. Tambone ha, anzitutto, insistito per la riammissione della prova video, attraverso cui, a suo dire, potrebbe chiaramente trarsi conferma di tutte le circostanze indicate dai reclamanti. Evidenziando come l’esposto sia de relato, si chiede, poi, perché di tutti i soggetti fotografati come potenziali partecipanti all’illecito, alla fine ne rimanga solo uno (ossia, Roncone). Conclude chiedendo la riforma del provvedimento impugnato. Il rappresentante della Procura federale ha, in primo luogo, eccepito la inammissibilità del gravame proposto dai ricorrenti Todaro e Dinisi, poiché mancante delle pagine pari, non essendo idonea a sanare il vizio la successiva integrazione effettuata per il tramite di un nuovo invio telematico, considerato che, quando è stato inoltrato il reclamo in forma integrale e completa, i termini per l’impugnazione erano già trascorsi. Richiama, a tal proposito, la recente ordinanza n. 24856 del 9.12.2015 della Corte di Cassazione. Nel merito, chiesta la dichiarazione di inammissibilità della prova video, la Procura Federale ha evidenziato come quello del TFT sia un provvedimento ben motivato che non merita censure. L’avv. Chiacchio, per la terza intervenuta, ritiene che l’illecito sia stato chiarito. Richiama, in particolare, quelle che definisce le “confessioni” dei due dirigenti evidenziando come, su questo, nessuna parola sia stata spesa dai reclamanti. L’avv. Grassani, in breve replica, ha illustrato le ragioni per le quali l’eccezione di inammissibilità - sollevata dalla Procura Federale - del ricorso dei sigg.ri Todaro e Dinisi è infondata, anche alla luce dell’art. 33, comma 6, C.G.S.. Ha, infine, chiesto la parola il ricorrente Dinisi, sopraggiunto in corso di seduta. Le dichiarazioni dello stesso sono state, poi, interrotte dal presidente della Corte, in considerazione del tono utilizzato. Il sig. Dinisi si è, quindi, scusato. Terminate le illustrazioni difensive delle parti, sopra sinteticamente riferite, dichiarato chiuso il dibattimento, questa Corte si è ritirata in camera di consiglio, all’esito della quale, disposta la riunione dei due ricorsi, ha assunto la decisione di cui al dispositivo, sulla base dei seguenti MOTIVI Deve essere, anzitutto, disattesa l’eccezione di inammissibilità – sollevata dalla Procura federale – del ricorso proposto dai sigg.ri Todaro e Dinisi. La questione preliminare posta dall’organo federale requirente, in ordine alla nullità di un atto giudiziario notificato o depositato in modo incompleto non è, sotto il profilo giuridico-processuale di semplice soluzione, come dimostra anche il contrasto, sul punto, della stessa giurisprudenza ordinaria di legittimità. Ciò premesso, sul piano generale, ritiene, questa Corte, che, avuto riguardo al caso di specie ed alla luce delle disposizioni del codice di giustizia sportiva, possa giungersi ad una convinta decisione di rigetto della eccezione di cui trattasi. Dall’esame degli atti emerge che, nei termini di rito, i sigg.ri Todaro e Dinisi hanno proposto ricorso avverso la decisione del TFT, inviando telematicamente, tuttavia, solo le pagine dispari dell’atto di gravame. Successivamente, l’atto è stato ritrasmesso in modo completo, ossia comprensivo di tutte le pagine (pari e dispari) di cui lo stesso risulta composto. Orbene, anche ad un esame sommario dell’atto d’appello inizialmente inviato (contenente, comunque, sia le conclusioni, sia la sottoscrizione) emergono in modo sicuro, tanto la volontà di impugnare il provvedimento del TFT, quanto le ragioni di censura mosse verso lo stesso, seppur alcune di esse (causa, appunto, la mancanza delle pagine pari) non esposte con argomentare completo. Nulla toglie, in generale, tuttavia, che i motivi di reclamo possano essere anche succintamente illustrati nel relativo atto scritto e, poi, eventualmente sviluppati nel corso del dibattimento. Ciò considerato, tenuto presente che la Procura Federale e la società terza intervenuta si sono ampiamente difese anche nel merito, avuto riguardo al principio di conservazione dell’atto di impugnazione (laddove il contenuto dello stesso sia in qualche modo comprensibile), questa Corte non ritiene integrata, nel caso di specie, una ipotesi di nullità dell’atto di appello, né, tantomeno, una ipotesi di inammissibilità dello stesso. Sotto quest’ultimo profilo, peraltro, occorre tenere presente che, ai sensi della norma di cui all’art. 33, comma 6, C.G.S., sono inammissibili soltanto i reclami redatti senza motivazione e comunque in forma generica. Nel caso di specie, come detto, il reclamo non è generico e non è privo di motivazione e, pertanto, non può essere dichiarato inammissibile, salvo fatto, invece, il diritto delle parti resistenti, di chiedere un termine congruo per poter esaminare compiutamente il ricorso dal giorno in cui lo stesso è stato integrato con le pagine mancanti al momento della proposizione del gravame. Deve, del pari, essere rigettata l’istanza istruttoria avanzata dalla reclamante Polisportiva Calcio Dauna. Occorre, in tal ottica, anzitto, osservare come già nella fase procedimentale istruttoria la Procura Federale non abbia utilizzato il filmato di cui trattasi, pur offerto in comunicazione ai deferiti. Lo stesso ha fatto l’organo di giustizia di primo grado che non ha, in alcun modo, basato la propria decisione sulla predetta registrazione video/audio. Ciò premesso sul piano della completezza espositiva l’istanza di ammissione della documentazione audio-video di cui trattasi non può che essere dichiarata inammissibile. In primo luogo, premesso e ricordato che nell’ordinamento processuale sportivo la prova video ha carattere eccezionale, occorre considerare che, nel caso di specie, il documento filmato di cui si chiede l’ammissione non appare dotato della necessaria garanzia tecnica. E il difetto, dall’origine, della prescritta garanzia tecnico-documentale non può certo essere sanato o superato dal fatto che la Procura Federale ne ha, comunque, disposto la trasmissione ai deferiti. In secondo luogo e, in ogni caso, l’istanza di acquisizione è comunque inammissibile, essendo relativa ad un mezzo di prova nuovo, non oggetto di richiesta avanzata nel corso del primo grado di giudizio. La richiesta della società reclamante di ammissione della prova documentale (filmato video) deve, quindi, essere rigettata. Nel merito, i ricorsi meritano parziale accoglimento, nei termini di cui in motivazione. Ritiene, in particolare, questa Corte, che difetti un quadro probatorio sufficiente per poter affermare che la condotta contestata ai deferiti integra i presupposti della fattispecie dell’illecito di cui all’art. 7 C.G.S.. La suddetta norma, come noto, vieta e punisce «Il compimento, con qualsiasi mezzo, di atti diretti ad alterare lo svolgimento o il risultato di una gara o di una competizione ovvero ad assicurare a chiunque un vantaggio in classifica». In ambito tanto federale, quanto esofederale è ormai consolidato l’indirizzo secondo cui per affermare la responsabilità da parte del soggetto incolpato di una violazione disciplinare sportiva non è necessaria la certezza assoluta della commissione dell’illecito, né il superamento di ogni ragionevole dubbio, come nel processo penale, ma può ritenersi sufficiente un grado inferiore di certezza, ottenuta sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti, in modo tale da acquisire una ragionevole certezza in ordine alla commissione dell’illecito. Ebbene, questo Collegio ritiene di non doversi discostare dagli insegnamenti della copiosa giurisprudenza sportiva in ordine alla misura probatoria richiesta ai fini della valutazione della responsabilità di un tesserato e, in tale prospettiva metodologica, reputa che in ordine alla responsabilità, a titolo di illecito, dei sigg.ri Todaro e Dinisi, non possa ritenersi raggiunto l’anzidetto ragionevole grado di certezza. La vicenda trae origine dalla denuncia effettuata, in data 14.12.2015, dalla società Polisportiva Vastogirardi, nella quale si ipotizza una probabile “combine” ai propri danni perpetrata da tesserati appartenenti ad altre società (Polisportiva G.C. Dauna e U.S. Venafro), anch’esse partecipanti al campionato regionale di eccellenza. In particolare, la combine denunciata è quella «tra alcuni dirigenti della Gioventù Calcio Dauna, il presidente sig. Vincenzo Todaro e il presidente onorario sig. Giuseppe Dinisi, l’allenatore del Venafro Giuseppe Capaccione e 4/5 calciatori tra cui Marco Pettrone, Nicandro Vallone, Fascia Fabrizio, Alessandro Roncone ed Enrico Velardi tutti tesserati per U.S. Venafro». «Nella giornata di domenica 13.12.2015», si legge ancora nella segnalazione di cui trattasi, «verso le ore 18.30 nella pizzeria “La Vecchia Fornace” nel comune di Cantalupo del Sannio (Is) si sono incontrati i dirigenti della Gioventù Calcio Dauna tra cui il presidente sig. Vincenzo Todaro e il presidente onorario sig. Giuseppe Dinisi e alcuni tesserati dell’U.S. Venafro tra cui l’allenatore Giuseppe Capaccione e 4/5 calciatori tra cui Marco Pettrone, Nicandro Vallone, Fascia Fabrizio, Alessandro Roncone ed Enrico Velardi tutti tesserati per U.S. Venafro. Durante l’incontro i dirigenti della Gioventù Calcio Dauna hanno offerto dei soldi al sig. Capaccione per vincere l’incontro della prossima settimana contro il Vastogirardi e per “far male” in tutti i sensi ai calciatori della società da me rappresentata. Queste circostanze mi sono state riferite dai sigg.ri» Sacco Manolo e Padula Antonio, «i quali erano presenti nel locale, che hanno ascoltato direttamente il contenuto del colloquio e che sono disponibili a testimoniare le cose ascoltate. Queste stesse persone hanno scattato delle foto e girato un video che alleghiamo». Nella suddetta denuncia, quindi, il presidente della Polisportiva Vastogirardi riferisce de relato, facendo sostanziale rinvio a quanto asseritamente rappresentatogli dai sigg.ri Sacco e Padula. Quest’ultimo, tuttavia, sentito dalla Procura federale in data 18.1.2016, afferma di essere stato «all’esterno del locale perché intento ad effettuare una telefonata e nello stesso tempo era entrato il mio allenatore Sacco Manolo. Sono entrato dopo una quindicina di minuti ed non ho assistito ad alcun dialogo tra nessuno e nulla posso riferire». Qui, allora, la prima discrepanza tra contenuto della denuncia e fatti oggetto della denuncia stessa, nella quale si fa chiaro riferimento a due testimoni, mentre uno di essi afferma di non essere stato presente all’interno del locale e di non aver assistito ad alcun dialogo. Rimane, quindi, il teste Manolo Sacco che, in sede di audizione innanzi alla Procura federale, in data 18.1.2016, ha, tra l’altro, dichiarato di essere stato presente il giorno 13.12.2015 presso il locale “La Vecchia Fornace”, unitamente al proprio calciatore Antonio Padula, che lo ha «raggiunto successivamente dopo essersi intrattenuto a fare una telefonata». In tale occasione avrebbe sentito i presidenti del Calcio Dauna e, in particolare, Dinisi, dire «ai giocatori del Venafro (Roncone, Pettrone ed altri due che non riconosco) “sabato vengo alla partita con € 1.500,00 se vincete la partita con il Vastogirardi per farvi un regalo, ce la potete fare perché ci abbiamo giocato oggi e non sono un granché”». A dire del sig. Sacco, «i giocatori del Venafro acconsentivano dicendo che il premio sarebbe stato uno stimolo in più perché avrebbero cercato comunque di vincere». «A questo punto», prosegue Sacco, «mi sono alzato dal tavolo per recarmi presso il tavolo adiacente per manifestare il mio stupore e dissenso in merito ai discorsi fatti ed il Dinisi ma non il Todaro mi disse “ma che male ci sta offrire € 1.500,00 perché è un regalo che voglio fare perché i giocatori del Venafro prendono poco mentre i miei tanto”». In sede di audizione Sacco fa riferimento alla specifica somma che sarebbe stata offerta dai dirigenti della Polisportiva Calcio Dauna ai calciatori della società Venafro. Indicazione, questa, che, invece, non è presente nella denuncia fatta dal presidente della Polisportiva Vastogirardi. E non è plausibile che un elemento così determinante e centrale dell’asserita condotta illecita di cui trattasi sia stato inavvertitamente pretermesso nella comunicazione del sig. Sacco al presidente della Pol. Vastogirardi o nella segnalazione da questa effettuata alla Procura federale. E questa è la seconda distonia. Ma è possibile registrarne una terza. Nella denuncia, come visto, si afferma che i dirigenti della Gioventù Calcio Dauna «hanno offerto dei soldi al sig. Capaccione per vincere l’incontro della prossima settimana contro il Vastogirardi e per “far male” in tutti i sensi ai calciatori della società da me rappresentata». Ma il sig. Sacco, in sede di audizione, afferma di non aver «mai sentito nessuno richiedere di “far male” ai giocatori del Vastogirardi». E siccome non appare verosimile che il presidente della Polisportiva Vastogirardi abbia potuto affermare una tale specifica e “pesante” circostanza laddove la stessa non gli fosse stata effettivamente riferita dal sig. Sacco, sembrerebbe doversi concludere che è quest’ultimo a smentire se stesso, ossia, a negare, in sede di audizione, ciò che verosimilmente ha riferito al presidente della Pol. Vastogirardi. Peraltro, occorrebbe anche chiedersi perché un tesserato che, ai sensi dell’art. 7, comma 7, C.G.S. ha l’obbligo di comunicare tempestivamente alla Procura Federale la conoscenza di eventuali illeciti («i soggetti di cui all’art. 1 bis, commi 1 e 5, che siano venuti a conoscenza in qualunque modo che società o persone abbiano posto o stiano per porre in essere taluno degli atti indicati ai commi precedenti, hanno l’obbligo di informarne, senza indugio, la Procura Federale della FIGC»), anziché ottemperare al disposto federale o, al più, comunicare quanto appreso alla propria società (APD Riaplimosani, società sportiva presso cui è tesserato), si affretta a contattare ripetutatamente al telefono («dopo averlo più volte tentato di chiamare») il presidente della Polisportiva Vastogirardi. Tutte queste circostanze, unitamente alla assoluta assenza di riscontri oggettivi, non possono non gettare ombre sul narrato e, in particolare, sulla sua precisione e, quindi, ingenerare dubbi in ordine alla piena e trasparente attendibilità delle dichiarazioni rese dal sig. Manolo Sacco. Le predette circostanze e considerazioni, in particolare, inducono questa Corte a ritenere di non poter affermare come dimostrato l’elemento del “tono serio” con le quali sarebbero state pronunciate le frasi che Sacco attribuisce ai sigg.ri Todaro e Dinisi (e da entrambi, peraltro, come più avanti si dirà, spontaneamente ammesse). Alla domanda dell’Ufficio federale inquirente, «la promessa del premio era secondo lei intesa in maniera scherzosa o offerta in vista delle imminenti festività nalatizie», Sacco risponde: «assolutamente no il tono era serio e non mi sembrava scherzoso affatto». Ma, come detto, tale affermazione non trova riscontro alcuno: è negata dai diretti interessati, è negata da tutti i giocatori sentiti. Del resto, occorre osservare come la giurisprudenza abbia nel tempo elaborato criteri di giudizio e rigorosi protocolli metodologici, cui subordinare, nelle singole fattispecie, il riconoscimento della portata dimostrativa dei vari contributi probatori di volta in volta a disposizione. In particolare, i più recenti arresti giurisprudenziali tracciano chiaramente quelli che sono gli snodi valutativi che, all’interno di una rigida scansione logico-temporale, il giudice è chiamato ad effettuare ai fini in parola. In primo luogo, la credibilità del dichiarante. Dopo questo primo passaggio valutativo, occorre testare l'intrinseca consistenza delle dichiarazioni rese dal denunciante, alla luce dei tradizionali canoni interpretativi, tra cui quelli della spontaneità, coerenza e precisione. Da ultimo, occorre verificare l’affidabilità della narrazione alla luce di riscontri esterni idonei a confermarne l’attendibilità. Orbene, procedendo in coerenza con il descritto metodo logico, sicuramente trasferibile anche nell’ordinamento federale, siccome applicazione di generali e condivisibili principi di metodica giuridica, non è possibile fondare sulla mera dichiarazione, come sopra connotata, del sig. Sacco l’affermazione di responsabilità in ordine alla più grave delle violazioni previste dal nostro ordinamento federale. In definitiva, le dichiarazioni del sig. Sacco, unica fonte di prova su cui il TFT ha posto le basi per la decisione, sono prive di riscontri obiettivi e risultano connotate da elementi di discrasia che minano quel carattere di certezza, concretezza e univocità che deve necessariamente sussistere per poter supportare quanto affermato. Il quadro probatorio, in breve, risulta scevro di «quegli elementi che contraddistinguono l’intrinseca consistenza delle dichiarazioni rese, alla luce dei tradizionali canoni interpretativi, tra cui la spontaneità, coerenza, e precisione, che contraddistinguono una affidabilità della narrazione alla luce di riscontri esterni idonei a confermare l’attendibilità di quanto dichiarato» (CFA, Com. Uff. n. 19 del 8.9.2015). In altri termini, ritiene, questa Corte, che le complessive acquisizioni probatorie a disposizione non consentano di affermare, con il necessario tasso di serenità, l’effettiva sussistenza dell’illecito di cui trattasi, nel senso che, se è possibile ritenere raggiunta la prova in ordine alle parole effettivamente pronunciate dai sigg.ri Todaro e Dinisi, altrettanto non può dirsi quanto al tono usato e, comunque, alla concreta e reale valenza illecita delle stesse, nel senso che non vi è prova della correttezza di quanto Sacco ritiene aver percepito e, quindi, della effettiva portata alterativa del dialogo tra i dirigenti della Polisportiva Calcio Dauna, da un lato, ed i calciatori della US Venafro, dall’altra (peraltro, tutti prosciolti o neppure deferiti, ad eccezione del solo portiere sig. Roncone). Detto, quindi, che il complesso degli elementi probatori acquisiti al presente procedimento non conduce ad un sereno convincimento in ordine alla ragionevole certezza della effettiva sussistenza e dimostrazione della condotta alterativa contestata, ex art. 7 C.G.S., ai sigg.ri Todaro e Dilisi (e per essi, a titolo oggettivo, alla società Calcio Dauna) ritiene, questa Corte, che la predetta medesima condotta sia e rimanga, comunque, antisportiva e tale da violare i principi di cui all’art. 1 bis C.G.S.. Sentito dalla Procura Federale, in data 7.1.2016, Vincenzo Todaro dichiara, tra l’altro, di essere stato presente, il giorno 13.12.2015, dalle h. 18.00 in poi, presso il locale “Vecchia Fornace”, in compagnia, per quanto qui interessa, di Giuseppe Dinisi: «abbiamo incontrato casualmente la squadra del Venafro e abbiamo mangiato al tavolo un pezzo di pizza in compagnia dell’allenatore del Venafro e di 3 – 4 calciatori dello stesso Venafro di cui non ricordo i nomi. Premesso che notoriamente siamo amici del presidente del Venafro Patriciello e che quindi abbiamo ottimi rapporti sia con i giocatori che con la società, visto il clima natalizio, sapendo che la settimana successiva ci sarebbe stato l’incontro Venafro – Vastogirardi, abbiamo inteso (io e Dinisi), in modo scherzoso, dare un premio alla squadra del Venafro in caso di vittoria con il Vastogirardi. In un tavolo attiguo al nostro erano sedute un paio di persone. Una di queste si è rivolta verso l’allenatore del Venafro dicendo, per quel che mi ricordo, “denuncerò l’accaduto perché sono il cugino o il cognato del presidente del Vastogirardi che una persona molto potente amica di Patriciello. Io a quel punto mi sono arrabbiato dicendo che diceva sciocchezze poiché il premio offerto era stato promesso principalmente in virtù delle festività natalizie e poi per fare in modo che i ragazzi si impegnassero di più. I giocatori del Venafro mi riferivano che comunque avrebbero voluto vincere indipendentemente da tutto». Nella medesima direzione le dichiarazioni rese alla Procura federale, in data 7.1.2016, dal sig. Giuseppe Dinisi. Questi, confermato di essere stato presente il giorno 13.12.2015, dalle h. 18.00 in poi, presso il locale “Vecchia Fornace”, in compagnia, per quanto qui interessa, del presidente Todaro, dichiara, tra l’altro: «Abbiamo incontrato per caso l’allenatore del Venafro ed alcuni giocatori del Venafro di cui non ricordo i nomi ma loro mi conoscevano. Abbiamo condiviso i piccoli spazi del locale e si è parlato con l’allenatore e si è commentata la giornata calcistica, attesa anche l’amicizia con l’allenatore del Venafro. Lo stesso ci raccontava delle numerose problematiche principalmente di ordine economico che affrontavano per gestire la squadra ed io e il mio presidente in tono totalmente scherzoso ed allegri per i risultati ottenuti (vittoria) nell’approssimarsi delle vacanze natalizie abbiamo promesso alla squadra del Venafro un regalo per la vittoria nella partita successiva con il Vastogirardi, che avrebbe compensato tutti i sacrifici che stavano facendo in quel periodo comprese le buone prestazioni che facevano. In un tavolo attiguo al nostro erano sedute un paio di persone. Una di queste, qualificatosi come responsabile del Vastogirardi, si è rivolta verso l’allenatore del Venafro che conosceva, dicendo “denuncerò l’accaduto perché sono il cugino o il cognato del presidente del Vastogirardi che una persona molto potente amica di Patriciello, presidente della Provincia”. I calciatori del Venafro mi riferivano che comunque avrebbero voluto vincere indipendentemente da tutto. Io e il mio presidente non abbiamo mai parlato di denaro ma sempre nello spirito di cui sopra abbiamo promesso un regalo in caso di vittoria con il Vastogirardi». Orbene, come detto, nelle dichiarazioni rese dai diretti interessati, se non possono ricavarsi (per quanto sopra detto e per quanto, ancora, si dirà di seguito) gli estremi della condotta illecita volta all’alterazione del risultato o dello svolgimento di una gara, anche se fatte con tono scherzoso e scevre da una effettiva volontà alterativa, rimangono, senza dubbio, antisportive e integrano gli estremi del comportamento non coerente con i principi di lealtà, correttezza e probità imposti, a ciascun tesserato, dalla disposizione di cui all’art. 1 bis C.G.S.. Seppur con tono scherzoso e in un contesto goliardico, dovuto all’esito vittorioso della gara appena disputata ed all’approssimarsi del periodo di festività natalizie, un dirigente, specie presidente di una società calcistica, non può permettersi di “sollecitare”, “stimolare” l’impegno di calciatori di altre squadre, né, tantomeno, di “promettere” (seppur, in ipotesi, in modo scherzoso) eventuali premi nel caso di vittoria in una data gara. Ciò che fatto in un ambiente pieno di giocatori potrebbe, peraltro, essere idoneo a generare un possibile “allarme sociale” nell’ambito sportivo qui in considerazione. Numerosi riscontri logico-deduttivi confortano siffatta conclusione di infondatezza dell’ipotesi accusatoria (illecito ex art. 7 C.G.S.) e di sussistenza della meno grave fattispecie del comportamento antisportivo (ex art. 1 bis C.G.S.), pur anch’essa, peraltro, contestata dalla Procura Federale nell’atto di incolpazione. Risulta difficile, nel caso di specie, rinvenire una effettiva volontà alterativa: si tratterebbe del tentativo di alterare (“a vincere”) una partita alla fine del girone di andata del campionato, da parte di una società con una buona posizione in classifica (4° posto) e con altre squadre (Tre Pini Matese e Alliphae) che, di quella vittoria del Venafro nei confronti del Vastogirardi, ne avrebbero forse giovato maggiormente, anche avuto riguardo al regolamento del campionato regionale molisano ed alle possibili soluzioni connesse alla classifica avulsa. Il movente è, dunque, debole. Il Vastogirardi è primo in classifica, mentre Calcio Dauna e Venafro seguono a pari merito. Siamo alla fine del girone di andata: ancora tutto da giocare. Non è individuabile uno specifico interesse del Calcio Dauna per la vittoria del Venafro sul Vastogirardi, a tal punto da offrire premi o denaro a calciatori che comunque avevano tutto l’interesse (gli stimoli e le motivazioni) per tentare di vincere quella partita. Del pari improbabile che un tentativo di alterazione come quello ipotizzato in deferimento ed affermato dal TFT possa essere pianificato e attuato in 15 minuti, nei confronti di calciatori che non si conoscono (e perché l’incentivo a vincere non è stato offerto alla società Venafro, al suo allenatore o al suo presidente con il quale correvano ottimi rapporti?), in un locale pubblico di ristorazione, con molte persone presenti, specie considerato che, la sera prima la squadra del Calcio Dauna aveva soggiornato in un hotel di proprietà del presidente della U.S. Venafro e che, quindi, la proposta alterativa o una effettiva offerta di premio nel caso di vittoria del Venafro sul Vastogirardi, poteva essere fatta in tutta tranquillità ed al riparo da occhi “indiscreti”. Le frasi contestate quale illecito sono generiche e del tutto vaga ed indeterminata l’utilità promessa (quale il premio? Promesso a chi? Solo ai calciatori presenti al tavolo? A tutti i calciatori della società Venafro? Alla società Venafro?). I soggetti coinvolti nella vicenda e, comunque, gli stessi deferiti qui ricorrenti, hanno confermato che al tavolo erano seduti i due predetti dirigenti del Calcio Dauna e 3 / 4 caliciatori del Venafro: se, in tale circostanza è stata effettuata la promessa di denaro contestata, non si comprende la ragione per cui gli altri calciatori presenti (ad esclusione del portiere Roncone) sono stati prosciolti. Le dichiarazioni del sig. Sacco sono state smentite da tutti i giocatori e i presenti sentiti, i quali addirittura, in contrapposizione a quanto dichiarato dagli stessi deferiti Todaro e Dinisi, non hanno neppure percepito, come tale, la promessa fatta in modo scherzoso, pur ammessa dai sigg.ri Todaro e Dinisi. In ogni caso, anche laddove non si dovesse convenire circa il tono scherzoso delle battute dei sigg.ri Todaro e Dinisi e si dovesse, quindi, ritenere sussistente e provata una effettiva volontà di offrire un premio ai calciatori del Venafro per incentivarli a vincere la partita contro il Vastogirardi, rimarrebbe il fatto che la condotta di cui trattasi non appare idonea, né inequivocamente diretta, all’alterazione dello svolgimento della gara di dui trattasi. A prescindere, cioè, dalla considerazione in ordine alla effettiva capacità, degli atti di cui trattasi, di rappresentare ed esternare il momento volitivo dell’illecito, gli stessi “atti” indicati nella prospettazione accusatoria sono sostanzialmente inidonei alla produzione dell’effetto alterativo. Considerato che l’affermazione di responsabilità in ordine all’illecito sportivo impone un particolare rigore nell’accertamemento dei presupposti necessari per dirsi integrata la fattispecie, difetta, in altri termini, nel caso di specie, una concreta (necessaria) idoneità causale. Sotto tale profilo, la fattispecie illecita può dirsi integrata nel momento in cui il destinatario della stessa la percepisce come tale. Ciò che, invece, non emerge nella vicenda che ci occupa, anche alla luce del tono scherzoso, del contesto ambientale, della confusione che regnava nel locale e, soprattutto, delle dichiarazioni dei presunti potenziali destinatari della proposta alterativa. È ben noto, del resto, come per la violazione dell’art. 7 C.G.S. occorra la messa in opera di atti concreti, diretti allo scopo, non essendo sufficiente la mera ideazione o la sola volontà espressa dall’agente, ma non percepita o recepita, come proposta alterativa, dal suo interlocutore. Non risulta, quindi, realizzato (e, comunque, provato) il segmento tecnico conclusivo della fattispecie a formazione progressiva in cui si concretizza l’illecito sportivo e, cioè, la consapevolezza del destinatario della proposta della richiesta di effettiva alterazione della prestazione tecnica. In tal senso, chiare e concordi anche le dichiarazioni di tutti i calciatori del Venafro sentiti dalla Procura Federale: Fabrizio Fascia: «io non ho incontrato e parlato con nessuno del Calcio Daunia. Mi hanno riferito i miei compagni che i tesserati del Calcio Dauna hanno parlato in generale dell’andamento del campionato con altri calciatori non presenti al mio tavolo»; Nicandro Vallone: «posso assicurare che i tesserati del Calcio Daunia non ci hanno richiesto di far male a nessun avversario e non ci hanno offerto alcuna somma di denaro»; Giuseppe Capaccione, alla domanda “i dirigenti del Calcio Daunia vi hanno offerto dei regali per vincere con il Vastogirardi la settimana successiva?”, risponde: «Assolutamente no neanche in tono scherzoso. Nessuno ha mai offerto nulla e mai nessuno ci ha detto di far male agli avversari»; Enrico Velardi: «posso assicurare che i tesserati del Calcio Daunia non ci hanno richiesto di far male a nessun avversario e non ci hanno offerto alcun regalo neanche natalizio». In conclusione, questa Corte ritiene che la condotta contestata ai sigg.ri Todaro e Dinisi debba essere derubricata, integrando gli estremi della violazione della norma di cui all’art. 1 bis C.G.S. e non già di quella di cui all’art. 7 C.G.S. e che possa essere affermata la responsabilità dei suddetti deferiti solo con riferimento alla inosservanza dei principi di lealtà, probità e correttezza. Occorre, di conseguenza, procedere anche alla rideterminazione del trattamento sanzionatorio. Sotto tale profilo, si ritiene congrua ed adeguata alla condotta antidoverosa tenuta dai sigg.ri Vincenzo Todaro e Giuseppe Dinisi, considerata la gravità della stessa ed avuto riguardo a tutte le circostanze sopra indicate, tenuta, infine, anche presente la particolarità della vicenda nel suo complesso considerata, la sanzione di mesi cinque di inibizione, oltre all’ammenda di euro 5.000 (cinquemila), per ciascuno degli appellanti Todaro e Dinisi. Delle condotte dei propri presidenti Todaro e Dinisi deve essere comunque chiamata a rispondere, a titolo di responsabilità oggettiva e diretta, la Polisportiva G.C. Dauna: tenuto conto che il venir meno dell’affermazione di responsabilità per illecito sportivo comporta la restituzione del titolo (acquisito sul campo) di vincente il campionato regionale molisano, la stessa predetta Polisportiva merita, per i titoli e le ragioni sopra indicate, di essere sanzionata con la penalizzazione di 1 (uno) punto in classifica, da scontarsi nella Stagione Sportiva 2016/2017. In tale prospettiva, occorre tenere, infatti, conto sia della gravità della condotta e dell’“allarme sociale” che la stessa è potenzialmente idonea a suscitare nell’ambiente sportivo di riferimento, sia della circostanza che la società è chiamata a rispondere (a titolo oggettivo) della suddetta (grave, leggera ed irresponsabile) condotta posta in essere non già da suoi generici tesserati o dirigenti, bensì dal suo presidente e dal suo presidente onorario. Per questi motivi la Corte, preliminarmente riuniti i ricorsi come sopra proposti dal Dott. Todaro Vincenzo, Sig. Dinisi Giuseppe e dalla Polisportiva Gioventù Calcio Dauna di Castelnuovo della Dauna (Foggia), visto l’art. 1bis, comma 1 e l’art. 4, commi 1 e 2, C.G.S., li accoglie parzialmente rideterminando così le sanzioni: - Dott. Todaro Vincenzo mesi 5 di inibizione e ammenda di € 5.000,00; - Sig. Dinisi Giuseppe mesi 5 di inibizione e ammenda di € 5.000,00: - Pol. Gioventù Calcio Dauna penalizzazione di 1 punto in classifica generale da scontarsi nella prossima Stagione Sportiva 2016/2017. Dispone restituirsi le tasse reclamo.
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