F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – 2016/2017 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 041/CFA del 05 Ottobre 2016 con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 067/CFA del 28 Novembre 2016 e su www.figc.it 1. RICORSO DEL SIG. AIELLO ANTONIO AVVERSO LE SANZIONI: ‐ INIBIZIONE PER ANNI 2; ‐ AMMENDA DI € 10.000,00, INFLITTE AL RECLAMANTE SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE PER VIOLAZIONE DELL’ART. 1BIS, COMMA 1, IN RELAZIONE ALL’ART. 19 DELLO STATUTO F.I.G.C. IN RELAZIONE ALL’ART. 94, COMMA 1, LETTERA A), N.O.I.F. – (NOTA N. 9755/50 PF13-14 AM/MA DEL 18.3.2016) (Delibera del Tribunale Federale Nazionale/Sez. Disciplinare – Com. Uff. n. 5 del 20.7.2016) 2. RICORSO DEL SIG. AIELLO ANTONIO AVVERSO LE SANZIONI: ‐ INIBIZIONE PER ANNI 4; ‐ AMMENDA DI € 20.000,00, INFLITTE AL RECLAMANTE SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE PER VIOLAZIONE DELL’ART. 1BIS, COMMA 1, C.G.S., DELL’ART. 21, COMMI 2 E 3, E ART. 19 STATUTO F.I.G.C.; DELL’ART. 8, COMMI 1, 2 E 6 C.G.S.; DELL’ART. 93, COMMA 1, N.O.I.F., E DELL’ART. 22, COMMA 4, DEL REGOLAMENTO AGENTI CALCIATORI VIGENTE ALL’EPOCA DEI FATTI; DELL’ART. 10, COMMA 1, C.G.S.; DELL’ART. 7, COMMA 1, LETT. A), DEL REGOLAMENTO AGENTI CALCIATORI VIGENTE SINO AL 7.4. 2010; ARTT. 3, COMMI 3 E 4, E ART. 12, COMMI 1 E 4, DEL REGOLAMENTO AGENTI CALCIATORI – (NOTA N. 10443/827PF10-11 – 158PF11-12 – 139PF13-14 AM/MA DEL 31.3.2016) (Delibera del Tribunale Federale Nazionale/Sez. Disciplinare – Com. Uff. n. 8 del 25.7.2016)

F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – 2016/2017 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 041/CFA del 05 Ottobre 2016 con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 067/CFA del 28 Novembre 2016 e su www.figc.it 1. RICORSO DEL SIG. AIELLO ANTONIO AVVERSO LE SANZIONI: ‐ INIBIZIONE PER ANNI 2; ‐ AMMENDA DI € 10.000,00, INFLITTE AL RECLAMANTE SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE PER VIOLAZIONE DELL’ART. 1BIS, COMMA 1, IN RELAZIONE ALL’ART. 19 DELLO STATUTO F.I.G.C. IN RELAZIONE ALL’ART. 94, COMMA 1, LETTERA A), N.O.I.F. - (NOTA N. 9755/50 PF13-14 AM/MA DEL 18.3.2016) (Delibera del Tribunale Federale Nazionale/Sez. Disciplinare - Com. Uff. n. 5 del 20.7.2016) 2. RICORSO DEL SIG. AIELLO ANTONIO AVVERSO LE SANZIONI: ‐ INIBIZIONE PER ANNI 4; ‐ AMMENDA DI € 20.000,00, INFLITTE AL RECLAMANTE SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE PER VIOLAZIONE DELL’ART. 1BIS, COMMA 1, C.G.S., DELL’ART. 21, COMMI 2 E 3, E ART. 19 STATUTO F.I.G.C.; DELL’ART. 8, COMMI 1, 2 E 6 C.G.S.; DELL’ART. 93, COMMA 1, N.O.I.F., E DELL’ART. 22, COMMA 4, DEL REGOLAMENTO AGENTI CALCIATORI VIGENTE ALL’EPOCA DEI FATTI; DELL’ART. 10, COMMA 1, C.G.S.; DELL’ART. 7, COMMA 1, LETT. A), DEL REGOLAMENTO AGENTI CALCIATORI VIGENTE SINO AL 7.4. 2010; ARTT. 3, COMMI 3 E 4, E ART. 12, COMMI 1 E 4, DEL REGOLAMENTO AGENTI CALCIATORI – (NOTA N. 10443/827PF10-11 - 158PF11-12 - 139PF13-14 AM/MA DEL 31.3.2016) (Delibera del Tribunale Federale Nazionale/Sez. Disciplinare - Com. Uff. n. 8 del 25.7.2016) La Procura Federale ha avviato nei confronti di Antonio Aiello, nella sua qualità di Amministratore unico della F.C. Catanzaro S.p.A. dal 24.8.2009 al 17.11.2010, nonché nello stesso periodo proprietario del 33% e poi del 75% delle quote sociali della stessa sino al giugno 2010, e socio di minoranza sino alla data della sentenza dichiarativa di fallimento, due distinti procedimenti disciplinari, entrambi relativi a diverse violazioni di carattere disciplinare e di carattere economico-gestionale, commesse in relazione alla gestione societaria nel periodo immediatamente precedente la dichiarazione di fallimento del Catanzaro S.p.A.. In relazione al primo procedimento disciplinare il Tribunale Federale Nazionale, con decisione pubblicata sul Comunicato Ufficiale n. 5/TFN-Sezione Disciplinare del 20.7.2016, ha affermato la responsabilità dell’incolpato per le seguenti violazioni: - art. 1, comma 1, del C.G.S. vigente all’epoca dei fatti, attualmente trasfuso nell’art. 1bis, comma 1, C.G.S., in relazione all’art. 19 dello Statuto della F.I.G.C., per aver sottoscritto in data 26.8.2010, i contratti economici con i tecnici Josè Marcelo Impasinkatu, Filippo Vito Di Pierro e il direttore sportivo Kemalandu Malù Claudio Impasinkatu pur nella consapevolezza della gravissima condizione finanziaria della società e della relativa situazione di insolvenza e in vigenza della diffida del collegio sindacale ad avviare le sole procedure di liquidazione, aggravandone in tal modo il dissesto economico-finanziario; - art. 1, comma 1, del C.G.S. vigente all’epoca dei fatti, attualmente trasfuso nell’art. 1bis, comma 1, C.G.S., in relazione all’art. 94, comma 1, lett. a, delle N.O.I.F, per aver concordato in data 26.8.2010, al momento della stipula dei contratti economici sopra indicati, la contestuale sottoscrizione, senza data, delle risoluzioni consensuali degli stessi contratti, consentendo alla società F.C. Catanzaro S.p.A. di beneficiare delle attività di tecnici e del direttore sportivo di cui non avrebbe altrimenti potuto avvalersi, alterando la regolarità della competizione sportiva; - art. 1, comma 1, del C.G.S. vigente all’epoca dei fatti, attualmente trasfuso nell’art. 1 bis, comma 1, C.G.S., per aver sottoscritto in data 2.11.2011 le risoluzioni contrattuali dei contratti con i tecnici Josè Marcelo Impasinkatu e Filippo Vito Di Pierro e con il direttore sportivo Kemalandu Malù Claudio Impasinkatu, già sottoscritti dai tesserati contestualmente ai relativi contratti economici in data 26.8.2010. A sostegno dell’affermazione di responsabilità dell’Aiello per le violazioni disciplinari a lui contestate, il Tribunale Federale Nazionale ha innanzitutto dettagliatamente ricostruito le vicende societarie che hanno condotto al fallimento della società, mettendo in evidenza che l’incolpato ha rivestito la carica di amministratore unico del Catanzaro dal 23 agosto 2009 sino al 17 novembre 2010, data in cui ha rassegnato le proprie dimissioni ed è stato sostituito dal Sig. Giuseppe Alfonso Santaguida, che ha amministrato la società sino alla sentenza dichiarativa del fallimento intervenuta il 24 febbraio 2011. Particolarmente significative per la ricostruzione dei fatti oggetto dell’incolpazione sono risultate, secondo la decisione di primo grado, le indagini condotte dalla Guardia di Finanza di Catanzaro sulla scorta delle quali la Procura della Repubblica di Catanzaro ha chiesto ed ottenuto il rinvio a giudizio dell’Aiello e di altri coimputati (fra i quali i sottoscrittori dei contratti indicati nell’incolpazione nonché Giuseppe Soluri, all’epoca di fatti procuratore speciale della società FC Catanzaro S.p.a.) per concorso nel reato di bancarotta fraudolenta e societaria. La Polizia giudiziaria – ricorda ancora la decisione di primo grado – ha infatti evidenziato che alla data in cui sono stati stipulati i contratti oggetto di contestazione (e cioè nel mese di agosto del 2010) la società F.C. Catanzaro S.p.a. versava già in uno stato di difficoltà finanziaria e di squilibrio economico e patrimoniale, tanto è vero che il Collegio sindacale aveva reiteratamente invitato l’organo amministrativo ad astenersi dal compiere nuove operazioni e ciò a causa dello stato di scioglimento della società, che era scaturito dalla mancata adozione dei provvedimenti previsti dall’art. 2447 c.c. per la copertura delle perdite di esercizio, così come risulta puntualmente indicato in una lettera inviata all’amministratore unico e ai soci, in data 24 agosto 2010, dai componenti dimissionari del Collegio Sindacale. Ha rilevato pertanto il Tribunale Federale che l’amministratore unico Antonio Aiello, nel momento in cui ha concluso gli accordi oggetto di incolpazione, era pienamente consapevole che si trattava di atti pericolosi per la situazione finanziaria della società e che avrebbero contribuito al dissesto finanziario della medesima. Le pessime condizioni economiche e finanziarie in cui versava la società erano del resto state descritte anche dal Sig. Nazario Sauro, all’epoca segretario del Catanzaro, il quale, sentito a sommarie informazioni in data 5 novembre 2013, aveva dato atto di una situazione economicofinanziaria estremamente precaria, tanto che le gare di campionato venivano svolte sempre a porte chiuse proprio per la mancata copertura economica dei vari servizi annessi all’organizzazione delle gare e che vi era stata altresì una penalizzazione a carico della società per il mancato pagamento degli stipendi e dei contributi previdenziali e fiscali del primo trimestre della stagione sportiva 2009/2010. In questo contesto – sottolinea ancora la decisione di primo grado – si spiegava altresì il motivo per il quale contestualmente alla sottoscrizione dei contratti, erano state elaborate e fatte sottoscrivere ai tesserati anche le relative risoluzioni consensuali, ancorché prive della data e della sottoscrizione dell’amministratore unico. Esse infatti – sempre stando a quanto dichiarato in proposito dal Sig. Nazario Sauro – erano destinate ad essere sottoscritte, datate e depositate dall’amministratore unico nel momento in cui fossero venuti meno quei promessi aiuti economici e quelle sponsorizzazioni, che avrebbero potuto garantire il supporto economico all’intero apparato tecnico societario (tecnici e calciatori) Ritenuti pertanto fondati, sulla scorta di tali argomentazioni, gli addebiti rivolti all’attuale ricorrente, il Tribunale Federale Nazionale, all’esito del giudizio di primo grado, ha inflitto all’Aiello la sanzione dell’inibizione per anni 2 e dell’ammenda di € 10.000,00. Nell’ambito del secondo procedimento disciplinare, il Tribunale Federale ha affermato la responsabilità dell’Aiello per le seguenti violazioni: - art. 1, comma 1, del C.G.S. vigente all’epoca dei fatti, attualmente trasfuso nell’art. 1bis, comma 1, C.G.S., nonché art. 21, commi 2 e 3, e art. 19 dello Statuto della F.I.G.C. per aver causato, con la propria gestione, il dissesto economico-finanziario della fallita società attraverso le condotte più specificamente descritte nella parte motiva del deferimento; - art. 1, comma 1, del C.G.S. vigente all’epoca dei fatti, attualmente trasfuso nell’art. 1bis, comma 1, C.G.S., in relazione all’applicazione dell’art. 19 dello Statuto della F.I.G.C., perché nella sua veste di Amministratore unico della F.C. Catanzaro S.p.A., distraeva la somma di € 19.200,00 dallo stesso ricevuta dalla Camera di Commercio di Catanzaro; - art. 1, comma 1, del C.G.S. vigente all’epoca dei fatti, attualmente trasfuso nell’art. 1bis, comma 1, C.G.S., in relazione all’applicazione dell’art. 19 dello Statuto della F.I.G.C., nonché art. 8, commi 1, 2 e 6, C.G.S., per aver sottoscritto in data 6.5.2010 i contratti economici integrativi fraudolentemente concordati e simulati con i calciatori Davide Lodi, Alessandro Vono, Roberto Di Maio, Stefano Di Cuonzo, Manolo Mosciaro e in data 18.10.2010 con il calciatore Giovan Giuseppe Di Meglio, pur nella consapevolezza della gravissima condizione finanziaria della società e della relativa situazione di insolvenza aggravandone in tal modo il dissesto economico-finanziario; - art. 1, comma 1, del C.G.S. vigente all’epoca dei fatti, attualmente trasfuso nell’art. 1bis, comma 1, C.G.S., in relazione all’applicazione dell’art. 19 dello Statuto della F.I.G.C. perché in concorso con i calciatori cagionava con dolo e per effetto di operazioni dolose il fallimento della società F.C. Catanzaro S.p.a., in particolare per effetto della stipula dei contratti in data 6 maggio 2010 con i calciatori Davide Lodi, Alessandro Vono, Roberto Di Maio, Stefano Di Cuonzo, Manolo Mosciaro e, in data 18 ottobre 2010, con il calciatore Giovan Giuseppe Di Meglio, atti di gestione intrinsecamente pericolosi per la salute economico-finanziaria della società, ne determinavano un dissesto irreversibile, riversando tra l’altro sulla società già in evidente crisi finanziaria ulteriori debiti, tra stipendi, tasse e oneri riflessi; - art. 1, comma 1, del C.G.S. vigente all’epoca dei fatti, attualmente trasfuso nell’art. 1bis, comma 1, C.G.S., nonché art. 93, comma 1, della N.O.I.F. e art. 22, comma 4, del Regolamento Agenti Calciatori vigente all’epoca dei fatti per la mancata indicazione del nome dell’agente sig. Francesco Romano nel contrato economico stipulato in data 6.5.2010 dal calciatore Davide Lodi con la F.C. Catanzaro S.p.a.; - art. 1, comma 1, del C.G.S. vigente all’epoca dei fatti, attualmente trasfuso nell’art. 1bis, comma 1, C.G.S., e art. 10, comma 1, del Codice Giustizia Sportiva, per essersi avvalso nel corso della stagione sportiva 2008/2009, dell’attività del sig. Francesco Ceravolo volta al tesseramento di calciatori e relativa alla definizione della struttura amministrativa e sportiva della F.C. Catanzaro S.p.a. nonché ancora di direttore sportivo, nella consapevolezza che quest’ultimo era contemporaneamente tesserato per la società A.C. Arezzo S.p.a. con la stessa qualifica di direttore sportivo, tanto anche a titolo di concorso nell’attività disciplinarmente rilevante del sig. Cataldo Ceravolo, così come allo stesso contestato con il presente provvedimento; - art. 1, comma 1, del C.G.S. vigente all’epoca dei fatti, attualmente trasfuso nell’art. 1bis, comma 1, C.G.S. in relazione all’art. 7, comma 1, lett. A, del Regolamento Agenti Calciatori vigente sino al 7.4.2010, per essersi avvalso, nella stagione sportiva 2009/2010, del sig. Cataldo Ceravolo, nonostante fosse iscritto nell’elenco di Agenti di calciatori della F.I.G.C. come dirigente di fatto della società F.C. Catanzaro S.p.a., chiedendogli di svolgere attività nell’interesse di tale società; - art. 1, comma 1, del Codice di Giustizia Sportiva, in relazione agli art. 3, commi 3 e 4, all’art. 12, commi 1 e 4, del Regolamento Agenti Calciatori, vigente all’epoca dei fatti, per aver stipulato in data 25.1.2010 un mandato in nome e per conto della società F.C. Catanzaro S.p.a. con il sig. Cataldo Ceravolo deliberatamente simulato per consentire al suddetto Cataldo Ceravolo di ottenere un compenso per l’attività svolta nella stagione sportiva 2009/2010 nel ruolo di dirigente di fatto della società F.C. Catanzaro S.p.a., o comunque per aver svolto attività nell’interesse di tale società, tanto anche a titolo di concorso nell’attività disciplinarmente rilevante del sig. Francesco Ceravolo. La responsabilità dell’Aiello per tutte le suddette violazioni è stata affermata dal Tribunale Federale sulla scorta di tutte le evidenze ricavabili dal materiale di indagine raccolto dalla Procura della Repubblica di Catanzaro e dalla Procura Federale, alla luce del quale risulterebbe indubbio che le condotte contestate sono state effettivamente realizzate dall’incolpato ed hanno contribuito al dissesto economico-finanziario della società. La decisione di primo grado ha peraltro espresso alcune perplessità – di cui ha poi tenuto conto nella commisurazione della pena – sulla effettiva consapevolezza, da parte dell’Aiello, del danno grave e irreparabile che avrebbe potuto provocare la sottoscrizione dei contratti con i sopramenzionati calciatori: ciò perché la stipulazione dei suddetti contratti era intervenuta in un momento storico in cui la squadra andava più che bene sul piano sportivo e la città sembrava intenzionata a sostenerla concretamente nel caso di un promozione. In relazione a tutte le suddette violazioni il Tribunale Federale, all’esito del dibattimento di primo grado, ha pertanto irrogato al sig. Antonio Aiello la sanzione dell’inibizione per anni 4 e dell’ammenda di € 20.000,00. Avverso la prima decisione ha presentato ricorso il sig. Antonio Aiello sviluppando i seguenti motivi: 1) quanto alla stipulazione dei contratti con i tecnici Josè Marcelo Impasinkatu, Filippo Vito Di Pierro e il direttore sportivo Kelamandu Malù Impasinkato, ha dedotto il ricorrente che essa è intercorsa in un periodo in cui la situazione societaria era profondamente mutata per aver fatto ingresso nella compagine societaria un’associazione denominata “Tribuna Gianna” avente lo specifico ed esclusivo scopo di sostenere economicamente la società e di traghettarla verso uno stabile assetto societario. In questo contesto, pur avendo mantenuto il sig. Aiello, solo formalmente, l’incarico di Amministratore unico, le funzioni di Presidente della società con tutti i connessi poteri gestionali, venivano svolte di fatto dal dott. Maurizio Ferrara, in qualità di rappresentante della suddetta Associazione. Tale assetto dei rapporti societari sarebbe del resto stato descritto dallo stesso dott. Maurizio Ferrara nella memoria difensiva presentata al Procuratore Federale in data 16.2.2016 e troverebbe altresì conferma nelle dichiarazioni rese al nucleo di Polizia tributaria della Guardia di Finanza di Catanzaro dal Segretario Generale della società, sig. Nazario Sauro, e nella circostanza che la conferenza stampa di presentazione dei nuovi tecnici e del nuovo direttore sportivo fu appunto coordinata non dal sig. Aiello ma dal dott. Maurizio Ferrara. In questo quadro, quindi, il sig. Aiello avrebbe firmato i contratti di cui all’incolpazione solo in virtù della formale carica societaria ancora ricoperta, ma senza aver avuto contatti con i soggetti poi contrattualizzati e senza che tale operazione fosse stata da lui concepita o condivisa. Tali contratti sarebbero stati peraltro tutti stipulati ai minimi federali con l’unico intento di fornire continuità sportiva alla società calcistica; 2) quanto alle risoluzioni contrattuali di cui all’imputazione, anche queste, secondo il ricorrente, sarebbero frutto degli accordi intervenuti con il dott. Maurizio Ferrara, come quest’ultimo avrebbe del resto ammesso nell’ambito della sua memoria difensiva; 3) quanto all’incolpazione relativa al fatto di aver cagionato il dissesto economico della società, deduce il ricorrente di aver ricoperto l’incarico di Amministratore unico solo per un limitato periodo di tempo (dal 23.8.2009 al 17.11.2010) e che, come sarebbe dimostrato dalle stesse indagini condotte dalla Procura Federale, le difficoltà economiche della società rimonterebbero ad epoca ben precedente alla gestione Aiello, al quale quindi non può quindi attribuirsi la responsabilità per il definitivo deteriorarsi di tale situazione economica; 4) il ricorrente lamenta infine l’eccessività delle sanzioni applicate in primo grado, sottolineando il diverso trattamento che è stato riservato ad un altro incolpato, la cui posizione, pur in relazione ai medesimi addebiti, è stata definita con una sanzione concordata assai più lieve di quella applicata al ricorrente. Avverso la seconda decisione il sig. Aiello ha proposto ricorso sviluppando i seguenti motivi di ricorso: 1) ha rilevato innanzitutto il ricorrente che la stessa decisione di primo grado manifesta alcune perplessità in merito ai capi di imputazione relativi alla sottoscrizione dei contratti con i calcatori del 6 maggio 2010 e ciò perché, sotto un primo profilo, non vi sarebbe stata certezza sulla consapevolezza da parte dell’Aiello di provocare, con la sottoscrizione di quei contratti, un danno grave e irreparabile, visto che, ove fosse maturata una promozione sul campo si sarebbe potuta concretizzare una diversa situazione societaria; sotto un secondo profilo, la sottoscrizione di tali contratti non avrebbe avuto a che fare con le cause del dissesto del Catanzaro Calcio e, infine, sotto un terzo profilo i suddetti contratti sono stati comunque approvati dalla Lega competente. Sulla scorta di tali premesse deduce il ricorrente che le “perplessità” esternate dal Tribunale in merito alla sottoscrizione dei contratti in data 6 maggio 2010 avrebbero pertanto dovuto condurre quest’ultimo a prosciogliere l’Aiello dai suddetti capi di imputazione. 2) se il Tribunale afferma – osserva ancora il reclamante – che i contratti di cui alle incolpazioni furono approvati dalla Lega e che dunque non è configurabile, nel caso di specie, la violazione dell’art. 8, C.G.S., con conseguente maturazione del termine prescrizionale, non si vede perché tale ragionamento giuridico non dovrebbe valere anche per l’Aiello. La inconfigurabilità dell’art. 8, non potendo avere natura soggettiva, bensì oggettiva, non dovrebbe applicarsi infatti neppure nei confronti dell’Aiello, con la conseguenza che, esclusa la configurabilità dell’art. 8, si dovrebbe applicare un termine prescrizionale più breve (4 anni più 2 anni per gli atti interruttivi), già interamente maturato al 30.6.2016, così come già ritenuto per i calciatori deferiti. Osserva inoltre il ricorrente che nel caso di specie non si verterebbe in un caso di violazione dell’art. 8 perché da un lato non vi sarebbe stata alcuna mancata produzione, alterazione o falsificazione materiale o ideologica di documenti richiesti dagli organi della giustizia sportiva o dagli organi di controllo della F.I.G.C. (violazioni punite dall’art. 8, comma 1) e dall’altro non vi sarebbe stata elusione, ai sensi dell’art. 8, comma 2, della normativa federale in materia gestionaleeconomica, tanto più tenuto conto di quanto affermato dal Tribunale circa la sostanziale correttezza dei contratti stipulati; 3) in merito alla contestazione relativa alla distrazione della somma di € 19.200,00, il Tribunale non avrebbe tenuto conto della documentazione prodotta dalla difesa dalla quale si ricaverebbe che tale somma fu regolarmente incassata sul conto corrente della società; 4) quanto al rapporto con i sigg. Francesco e Cataldo Ceravolo, ha dedotto il sig. Aiello che con i suddetti Ceravolo esisteva una conoscenza risalente nel tempo e che egli li aveva interpellati per alcuni consigli di carattere tecnico in assoluta buona fede; 5) quanto alla mancata indicazione del nome dell’Agente Francesco Romano nel contratto stipulato con il calciatore Davide Lodi in data 6.5.2010, ha dedotto il ricorrente che essa troverebbe spiegazione nel fatto che da un lato il contratto è stato stipulato su un modulo prestampato, contenente quindi anche una casella ove indicare l’agente del calciatore e che, dall’altro, in base a quanto dichiarato dal Direttore generale Marcello Pitino, nessun Agente di calciatori ha mai partecipato alla fase delle trattative per la sottoscrizione del contratto di Davide Lodi e questo appunto spiega perché manchi la firma dell’Agente sul modulo contrattuale; 6) ha dedotto infine il ricorrente che la sanzione inflitta è del tutto sproporzionata alla gravità dei fatti commessi e dovrebbe essere quindi congruamente ridimensionata. Entrambi i suddetti ricorsi sono stati fissati per la riunione del giorno 21 settembre 2016. In quella sede il difensore dell’Aiello ha peraltro eccepito che dall’avviso dell’udienza ricevuto via PEC in data 13 settembre, non risultava decorso il termine di venti giorni liberi per la comparizione in udienza, previsto dall’art. 41, comma 1, C.G.S., applicabile anche al giudizio di appello ai sensi del successivo art. 42, chiedendo che venisse quindi concesso un nuovo termine di comparizione. La Corte Federale, in accoglimento di tale eccezione, ha disposto il rinvio della trattazione al giorno 5 ottobre 2016 e ha altresì disposto, ai sensi dell’art. 34 bis, comma 2 e 5, C.G.S e 38, commi 2 e 5, C.G.S. del Coni, la sospensione del termine di sessanta giorni previsto per la celebrazione del giudizio di secondo grado Nel corso della successiva udienza del 5.10.2016 la difesa del ricorrente ha innanzitutto eccepito, riportandosi ad un memoria scritta inviata alla Segreteria della Corte in data 23.9.2016, l’illegittimità della sospensione dei termini disposta dalla Corte Federale nella precedente udienza e ha pertanto avanzato richiesta di estinzione dei due procedimenti aperti a carico del suo assistito ai sensi dell’art. 34 bis, commi 2 e 4, C.G.S. e dell’art. 38, commi 2 e 4 C.G.S. del CONI. Ha dedotto a tal proposito il ricorrente che, nel caso di specie, non si era trattato di un rinvio a richiesta dell’incolpato o del suo difensore (ipotesi appunto contemplata dall’art. 38, comma 5, lett. d), bensì di una eccezione procedurale, relativa al mancato rispetto del tassativo termine di comparazione previsto dal C.G.S. Ne conseguirebbe pertanto, secondo il ricorrente, che la sospensione del procedimento, in assenza del presupposto normativo richiesto, non avrebbe potuto essere disposta e che, pertanto, essendo ormai interamente decorso il termine di 60 giorni previsto per la celebrazione del giudizio di appello, la Corte Federale avrebbe dovuto dichiarare l’estinzione di entrambi i procedimenti di cui Aiello risulta incolpato. L’eccezione va disattesa. Il rinvio dell’udienza dibattimentale è stato correttamente disposto per garantire il rispetto dei termini a difesa dell’incolpato, assicurando, al tempo stesso, anche la pienezza del contraddittorio con la Procura Federale in ordine alla valutazione di ogni possibile eccezione riguardante l’asserita estinzione del procedimento. Occorre allora stabilire se effettivamente il procedimento si sia estinto, come ritenuto dal reclamante, per non essersi il giudizio di appello conclusosi nell’indicato termine di sessanta giorni o se, piuttosto, non debba trovare applicazione la disciplina della sospensione del decorso dei termini, prevista dall’art. 34-bis, comma 5, del CGS: “5. Il corso dei termini di estinzione è sospeso nelle ipotesi previste dal Codice della Giustizia Sportiva del CONI, fatta salva la facoltà del Collegio giudicante di disporre la prosecuzione del procedimento disciplinare”. Al riguardo, occorre considerare due argomenti essenziali, anche prescindendo da ogni possibile approfondimento in ordine alla necessità di individuare altre ipotesi di sospensione obbligatoria o facoltativa dei termini di conclusione del procedimento disciplinare non espressamente contemplati dalle norme federali e dal codice di giustizia sportiva, ma ricavabili dal complesso del sistema. A tale ultimo proposito, infatti, il Collegio ritiene che sia quanto meno dubbio il postulato interpretativo da cui muove l’affermazione della difesa del reclamante, secondo cui, nell’art. 34-bis, vi sarebbe una tassativa previsione delle cause di sospensione dei termini di durata del procedimento disciplinare. Infatti, diversamente da quanto affermato dalla difesa, la formulazione letterale della norma potrebbe anche condurre alla conclusione secondo la quale, in via di interpretazione sistematica e teleologica, possano rinvenirsi nell’ordinamento altri casi in cui i termini del procedimento devono essere sospesi od interrotti (per esempio, per il compimento di attività istruttoria indispensabile). Tale esito potrebbe essere ricavato, sul piano logico e sistematico, dalla regola generale espressa dal comma 5 dell’art. 34-bis: se il collegio giudicante ha sempre il potere discrezionale di disporre la prosecuzione del giudizio anche in presenza di una causa di sospensione, se ne dovrebbe ricavare, a contrario, il simmetrico principio in forza del quale il giudice è ugualmente titolare del potere di disporre la sospensione del processo (e dei relativi termini di estinzione) in presenza di particolari ragioni obiettive (quali, appunto, l’esigenza di rispettare il diritto di difesa dell’incolpato), ancorché queste non siano analiticamente elencate dalla norma codicistica (la quale avrebbe il solo scopo di indicare le fattispecie esemplificative di maggiore occorrenza pratica). Ma, anche mettendo da parte questi profili di carattere generale, occorre considerare, in primo luogo, che, nelle vicenda procedimentale in esame, l’udienza dibattimentale è stata indiscutibilmente fissata nel termine previsto di sessanta giorni (con un atto di impulso del giudizio che ne ha impedito l’estinzione) e che il suo rinvio è dipeso unicamente da un rilievo formulato dalla difesa della parte. In tale quadro fattuale, a nulla rileva la circostanza che, in astratto, il rispetto dei termini dilatori a tutela delle parti avrebbe potuto essere rilevato anche di ufficio. Il codice di giustizia sportiva del CONI, infatti, nel citato art. 38, comma 5, lettera d), non distingue espressamente i casi in cui la richiesta di rinvio formulata dall’incolpato dipenda dall’esigenza di rispettare una disposizione procedurale da quelli in cui, invece, il differimento sollecitato dalla parte sia giustificato da ragioni meramente soggettive (istanze istruttorie, o riguardanti un impedimento personale della parte o del suo difensore). Osserva infatti la Corte Federale che il mancato rispetto del termine di comparizione previsto dall’art. 41, comma 1, C.G.S. può essere oggetto di specifica eccezione, ben potendo la parte processuale interessata alla spedita celebrazione del giudizio di appello rinunciarvi, in tutto o in parte, anche implicitamente (e cioè non sollevando la relativa eccezione), senza che ciò si ripercuota sulla legittimità del giudizio. Trattandosi quindi di termine a cui l’incolpato può rinunciare, anche la decisione della parte che, valutate le proprie esigenze difensive, ritenga di eccepirne la violazione, chiedendo un rinvio dell’udienza al fine di poter usufruire integralmente dell’ordinario termine di comparazione va opportunamente ricondotta, sul piano testuale e sistematico al caso previsto dall’art. 38, comma 5, lettera d), del C.G.S. del CONI, nella parte in cui prevede il rinvio del procedimento disciplinare a richiesta della parte interessata (“se il procedimento disciplinare è rinviato a richiesta dell’incolpato o del suo difensore o per impedimento dell’incolpato o del suo difensore”). Del tutto legittima è pertanto la decisione con la quale la Corte Federale, nel disporre il rinvio dell’udienza al 5.10.2016, ha contestualmente disposto la sospensione del termine di cui all’art. 34 bis, comma 2, del CGS e, per conseguenza, nessuna estinzione del procedimento di primo grado si è dunque verificata nel caso di specie. Ma vi è un ulteriore e decisivo argomento che conduce, parimenti, alla sicura esclusione della prospettata estinzione del presente giudizio di appello. Come ampiamente illustrato in narrativa, il doppio deferimento dell’Aiello trae origine dagli accertamenti effettuati dalla Procura della Repubblica di Catanzaro che, dopo aver provveduto all’iscrizione nel registro degli indagati, ha emesso in data 14.2.2014 l’avviso di conclusione delle indagini preliminari relativo al procedimento penale n. 973/2014 R.G. N.d.R. nell’ambito del quale, l’Aiello, nella sua qualità di amministratore unico del F.C. Catanzaro S.p.a., è stato chiamato a rispondere, insieme ad altri tesserati della medesima società, di concorso nel reato di bancarotta società per avere con operazioni dolose – fra le quali proprio quelle che sono state contestate all’Aiello in sede disciplinare – cagionato il fallimento della società. Tale processo è sicuramente ancora in corso, né risulta che nei confronti dell’Aiello sia stata emessa nel frattempo una sentenza di non luogo a procedere. Pertanto, nel caso di specie, si applica la puntuale previsione del CGS del CONI (art. 38, comma 5, lettera a), secondo la quale i termini sono in ogni caso sospesi quando per lo stesso fatto pende un procedimento penale (“se per lo stesso fatto è stata esercitata l’azione penale, ovvero l’incolpato è stato fermato o si trova in stato di custodia cautelare, riprendendo a decorrere dalla data in cui non è più soggetta ad impugnazione la sentenza di non luogo a procedere ovvero sono divenuti irrevocabili la sentenza o il decreto penale di condanna, fermo restando che l’azione disciplinare è promossa e proseguita indipendentemente dall’azione penale relativa al medesimo fatto”). È evidente la ratio della norma del codice di giustizia sportiva: l’esigenza della sollecita conclusione del procedimento disciplinare, tanto più avvertita nella fase di impugnazione (alla base delle regole sull’estinzione del procedimento), deve sempre coordinarsi con i tempi della giustizia ordinaria, ferma restando la tendenziale autonomia dei tuoi processi. In questo senso, la pendenza del procedimento penale è considerata dall’ordinamento sportivo come idonea a imporre un possibile “rallentamento” del procedimento disciplinare, impedendo il decorso dei termini di estinzione, ma lasciando sempre ferma la facoltà per il giudice sportivo che procede di portare comunque avanti la fase del giudizio in corso. La causa di sospensione, quindi, incide direttamente sui termini di conclusione del procedimento, senza però ostacolarne lo svolgimento, come è avvenuto nel presente giudizio, anche nella fase di appello. Ne deriva, in conclusione, che il breve rinvio dell’udienza dibattimentale, correttamente disposto per tutelare il diritto di difesa delle parti, non ha inciso sul decorso dei termini per la estinzione del giudizio di appello. Quanto al merito, i ricorsi, di cui la Corte Federale, nella riunione del 5 ottobre 2016, ha disposto la riunione per motivi di evidente connessione oggettiva e soggettiva, sono parzialmente fondati e vanno dunque accolti nei termini che si indicheranno qui di seguito. Vanno in primo luogo disattesi tutti i motivi con i quali la difesa dell’Aiello ha contestato l’affermazione di responsabilità a suo carico per tutte le condotte a lui contestate contenuta nella decisione del Tribunale Federale Nazionale Sezione Disciplinare pubblicata sul Comunicato Ufficiale n. 5 del 20.7.2016. Con ampia e approfondita motivazione la decisione impugnata ha infatti messo in luce che, contrariamente a quanto affermato nell’atto di appello, il sig. Antonio Aiello non era affatto estraneo alla gestione societaria ma ha invece sempre esercitato i suoi poteri e le sue funzioni di Amministratore unico provvedendo alla stipula dei contratti che gli sono contestati con piena consapevolezza delle gravi difficoltà finanziarie in cui la società si trovava al momento della stipula e degli effetti ulteriormente dannosi che da quei contratti sarebbero derivati sulla già evidente situazione di insolvenza societaria. L’effettività del ruolo gestionale svolto dall’Aiello nel periodo oggetto di contestazione ha trovato del resto ampia conferma, così come ha sottolineato l’impugnata decisione, nelle risultanze delle indagini svolte in sede penale, che hanno condotto il Pubblico Ministero a contestare all’Aiello, nella sua qualità di Amministratore unico del Catanzaro dal 23.8.2009 al 17.11.2010, il reato di concorso in bancarotta fraudolenta; nelle iniziative assunte dal collegio sindacale del Catanzaro, che, sin dal 24.8.2010 ha indirizzato all’Amministratore unico e ai soci, senza che l’Aiello abbia in alcun modo contestato tale sua effettiva qualità, una lettera in cui metteva puntualmente in evidenza la situazione estremamente precaria in cui versava la società sul piano economico e le iniziative che essa avrebbe dovuto intraprendere; nelle dichiarazioni acquisite nel corso del procedimento sportivo tra le quali emergono in particolare quelle ampiamente citate nella decisione impugnata rese dal sig. Nazario Sauro, all’epoca segretario del F.C. Catanzaro S.p.A.. Va infine considerato che nella stessa memoria a firma del dott. Maurizio Ferrara in data 16.2.2016, che la difesa dell’Aiello cita a sostegno della tesi secondo la quale la stipulazione dei contratti con i nuovi tecnici e il nuovo direttore sportivo è riconducibile ad un periodo in cui le funzioni gestorie erano svolte esclusivamente dal dott. Ferrara, emerge invece che l’Aiello anche in quell’occasione aveva continuato a svolgere le funzioni di Amministratore unico, come dimostra del resto la sottoscrizione da parte sua dei relativi contratti. Vanno del pari disattese le censure svolte nel ricorso presentato avverso la seconda decisione del Tribunale Federale. Quanto infatti al proscioglimento dei calciatori dagli addebiti relativi alla sottoscrizione dei nuovi contratti in data 6.5.2010, le argomentazioni svolte dalla decisione di primo grado non possono essere automaticamente estese anche alla posizione del sig. Aiello. Se infatti è corretto affermare, secondo i principi elaborati da un consolidata giurisprudenza federale, che i calciatori non hanno poteri diretti nella gestione economica della società e non possono quindi adeguatamente valutare l’impatto che eventualmente derivi sull’equilibrio economico della società dal compimento di atti di gestione ordinaria o straordinaria, tale principio non può evidentemente applicarsi a chi, viceversa, svolgendo un incarico amministrativo all’interno della società, è pienamente in grado di valutare i rischi che l’aumento degli emolumenti riconosciuti ai calciatori può provocare in merito alle sorti economiche della società. Se è vero pertanto che il Tribunale di primo grado ha riconosciuto che tali contratti sono stati stipulati in un momento in cui si sperava che il Catanzaro potesse accedere al campionato di categoria superiore e che tale promozione avrebbe consentito di superare, anche grazie all’intervento di nuovi soci, la precaria situazione economica della società e che, pertanto, non vi sarebbe certezza che l’Aiello abbia agito con la sicura consapevolezza di arrecare un danno grave e irreparabile al Catanzaro, tali circostanze possono essere valutate solo in chiave di attenuazione delle sanzioni applicabili all’Aiello. Non può esservi infatti dubbio che nel momento in cui sono stati posti in essere la situazione economica della società, così come è emerso anche dalle indagini svolte in sede penale, era molto precaria e che il notevole aumento degli emolumenti da corrispondere ai calciatori ha certamente aggravato il rischio di un disequilibrio economico della società, così come poi esso si è effettivamente manifestato. Da disattendere sono altresì le argomentazioni relative al fatto che i suddetti contratti sono stati approvati dalla Lega competente e che in essi non può quindi intravedersi alcun intento elusivo della normativa federale in materia gestionale ed economica. Nell’approvazione dei contratti, la Lega svolge un controllo di carattere meramente formale, che ovviamente non può estendersi alle conseguenze che dalla sottoscrizione di tali contratti possono eventualmente derivare sull’equilibrio economico della società. È invece significativo osservare che i suddetti contratti sono stati sottoscritti, nel caso di specie, pochi giorni dopo il 30.4.2010. Tale circostanza non può ritenersi casuale, giacché, come è noto, ove essi fossero stati sottoscritti prima di tale termine, il loro effettivo pagamento sarebbe rientrato negli obblighi che la società avrebbe avuto l’onere di adempiere per poter ottenere l’iscrizione al successivo campionato. La tempistica di tali sottoscrizioni è dunque chiaramente indicativa del fatto che l’Aiello ben si rendeva conto del rischio che la società potesse non riuscire ad onorare tali contratti e che egli ha pertanto voluto aggirare gli obblighi previsti dalla normativa federale per l’iscrizione al nuovo campionato, volontariamente ritardando, seppure di pochi giorni, la sottoscrizione dei medesimi. La violazione disciplinare prevista dall’art. 8, comma 2, risulta quindi pienamente integrata. Vanno altresì disattese le ulteriori argomentazioni sviluppate nel ricorso dell’Aiello. Quanto infatti alla contestazione relativa alla distrazione della somma di € 19.200,00, tale illecito non può certamente essere escluso sulla scorta della documentazione prodotta dalla difesa, da cui risulta che la somma oggetto di distrazione è stata versata non su un conto della società bensì su un conto intestato a “Tribuna Gianna”. Quanto ai rapporti fra Aiello e Francesco e Cataldo Ceravolo, numerosissime e convergenti sono le dichiarazioni acquisite in fase di indagine dalle quali risulta l’intento dell’Aiello di attribuire a Cataldo Ceravolo un ruolo di consulenza tecnica per la scelta dei calciatori nonostante la consapevolezza in capo al primo che il Ceravolo non avrebbe potuto svolgere tale incarico in quanto iscritto all’albo degli Agenti dei calciatori. Altre univoche fonti dichiarative documentano, che, proprio per questo, tale incarico avrebbe dovuto essere retribuito mediante la simulazione di un rapporto di mandato intercorso fra lo stesso Ceravolo e un calciatore tesserato dalla F.C. Catanzaro S.p.a. Pacifica è infine la violazione relativa alla mancata indicazione del nome dell’Agente Francesco Romano nel contratto stipulato con il calciatore Davide Lodi in data 6.5.2010, per quello che risulta documentalmente e che è stato inoltre ricostruito attraverso l’audizione dello stesso Agente del calciatore. Va invece accolta la subordinata richiesta avanzata dal ricorrente di attenuazione del trattamento sanzionatorio complessivamente applicato. Deve infatti rilevarsi in proposito che tutte le violazioni ascritte all’Aiello si inseriscono in un contesto storico caratterizzato da gravi difficoltà di ordine economico-gestionale in cui il Catanzaro si dibatteva non soltanto a causa delle decisioni assunte dall’attuale ricorrente, ma anche per effetto di un rilevante passivo, accumulatosi anche nel corso delle precedenti gestioni. La circostanza che in relazione alle violazioni disciplinari ascritte al sig. Aiello con riferimento al medesimo periodo storico in cui egli ha ricoperto il ruolo di Amministratore unico della società, la Procura Federale abbia avviato due diversi procedimenti disciplinari che sono rimasti separati anche nel corso della fase del giudizio di primo grado, ha determinato nei confronti dell’attuale ricorrente un carico sanzionatorio che risulta certamente sproporzionato rispetto alla gravità delle condotte di cui si è reso responsabile. Non va infatti sottaciuto a tal proposito che il sig. Aiello ha avuto modo di occuparsi della gestione del Catanzaro calcio per un limitato periodo di tempo, in una fase in cui, le aspettative di promozione della squadra in una serie superiore, accompagnate dalle promesse di sostegno che in questa prospettiva avevano formulato nuovi aspiranti soci, hanno certamente contribuito ad attenuare la percezione dei rischi che il compimento di determinate operazioni, in sé certamente inopportune e sconsigliabili tenuto conto della già precaria situazione economica della società, avrebbe potuto comportare per l’equilibrio economico della società. Valutate pertanto le suddette circostanze e applicato all’Aiello il regime sanzionatorio previsto per la continuazione, la Corte Federale ritiene pertanto congruo, in parziale accoglimento del ricorso, ridurre le sanzioni applicate nei suoi confronti in primo grado alla sanzione complessiva dell’inibizione di anni 3 e dell’ammenda di € 15.000,00. Per questi motivi la C.F.A., riuniti preliminarmente i ricorsi per connessione oggettiva e soggettiva, come sopra proposti dal sig. Aiello Antonio in parziale accoglimento riduce la sanzione complessiva all’inibizione di anni 3 e all’ammenda di € 15.000,00. Dispone restituirsi la tassa reclamo.
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