CONI – Collegio di Garanzia dello Sport – Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it – Decisione n. 56 del 03/11/2016 – Corrado Quaglierini/Federazione Italiana Pallacanestro

CONI – Collegio di Garanzia dello Sport - Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it – Decisione n. 56 del 03/11/2016 – Corrado Quaglierini/Federazione Italiana Pallacanestro IL COLLEGIO DI GARANZIA QUARTA SEZIONE composta da Dante D’Alessio - Presidente Alfredo Storto - Relatore Giovanni Iannini Cristina Mazzamauro Laura Santoro - Componenti ha pronunciato la seguente DECISIONE Nel giudizio iscritto al R.G. ricorsi n. 54/2016, presentato, in data 29 agosto 2016, dall’avv. Corrado Quaglierini, rappresentato e difeso dagli avv.ti Luca Giraldi e Achille Reali, contro la Federazione Italiana Pallacanestro – F.I.P., non costituitasi in giudizio, avverso la decisione della Corte Federale d'Appello FIP, di cui al C.U. n. 76 del 1° agosto 2016, comunicata e pubblicata in pari data, che ha confermato la decisione di primo grado endofederale con la quale è stata irrogata, in capo al ricorrente, la sanzione della inibizione per quattro mesi, fino al 13 settembre 2016, per l’asserita violazione degli artt. 2 e 44 del Regolamento di Giustizia F.I.P.; viste le difese scritte e la documentazione prodotta dalle parti costituite; uditi, nell'udienza del 4 ottobre 2016, gli avv.ti Luca Giraldi e Achille Reali per il ricorrente, avv. Corrado Quaglierini; udito, nella successiva camera di consiglio dello stesso giorno, il Relatore, cons. Alfredo Storto. Ritenuto in fatto 1. All’esito di un’indagine avviata dopo che i sigg. G.B. e C.C., genitori del minore M.B., avevano formulato un esposto sui fatti in questione, la Procura Federale della Federazione Italiana Pallacanestro – F.I.P. aveva deferito innanzi al Tribunale Federale l’avv. Corrado Quaglierini, nella qualità di Presidente della US Empolese ASD, incolpandolo della violazione degli artt. 2 e 44 del Regolamento di Giustizia F.I.P. «per aver subordinato la cessione dei diritti sportivi ad altra società dell’atleta minorenne M.B. a fronte del pagamento, da parte dei genitori del ragazzo, della somma di € 5.000,00». 1.1. Il Tribunale Federale, con decisione del 16 maggio 2016 (C.U. n. 932), avendo riconosciuti fondati gli addebiti, aveva applicato al tesserato la sanzione della inibizione per mesi quattro, fino al 13 settembre 2016. 2. Tale decisione è stata reclamata dall’avv. Quaglierini alla Corte Federale di Appello la quale ha respinto il gravame con la decisione indicata in epigrafe, confermando quanto statuito in prime cure. 3. Il soccombente ha, quindi, impugnato tale decisione davanti al Collegio di Garanzia dello Sport (prudenzialmente trasmettendo copia del ricorso anche ai sigg. G.B. e C.C.), chiedendone la riforma perché erronea. 3.1. Nel corso dell’udienza del 4 ottobre 2016, di trattazione del ricorso, è stata respinta l’istanza dei genitori del minore M.B., originari esponenti, di poter interloquire in udienza quali parti formali del giudizio ed è stata acquisita copia della raccomandata a.r. del 10 settembre 2015, inviata dall’avv. Quaglierini ai genitori di M.B. e, per conoscenza, al loro legale. 3.2. All’esito di ampia discussione, cui ha partecipato il ricorrente, che ha ribadito le proprie conclusioni, la causa è stata decisa. Considerato in diritto 1. Vanno in primo luogo ribadite le ragioni per le quali il Collegio ha negato ai genitori dell’atleta minore M.B. di poter svolgere nell’udienza la propria difesa tecnica come parti formali di questo giudizio. Dispone l’art. 54, comma 2, del Codice della Giustizia Sportiva del C.O.N.I. che hanno facoltà di proporre ricorso innanzi al Collegio di Garanzia dello Sport le parti nei cui confronti è stata pronunciata la sentenza. A sua volta, l’art. 59, comma 1, del medesimo testo normativo prevede che copia del ricorso è trasmessa alla parte intimata e alle altre parti eventualmente presenti nel precedente grado di giudizio le quali sole, alla stregua del successivo art. 60, comma 1, hanno facoltà di interloquire con memorie e, secondo il disposto finale dell’art. 61, comma 3, di comparire in udienza per illustrarvi le proprie conclusioni. L’esegesi del complessivo quadro di riferimento consente di chiosare nel senso che possono svolgere la propria attività difensiva tecnica nel giudizio d’impugnazione innanzi al Collegio di Garanzia soltanto coloro che hanno rivestito in quello a quo la qualità di parte, certamente non appuntabile in capo agli istanti, che tali non sono stati ritenuti sia dal Tribunale Federale sia dalla Corte Federale di Appello con la decisione oggi gravata, secondo quanto si dirà più diffusamente appresso. 2. Venendo ai motivi di impugnazione, l’avv. Quaglierini lamenta, in primo luogo, la violazione e la falsa applicazione dell’art. 44 del Regolamento di Giustizia F.I.P., nonché dell’art. 5 dello Statuto Federale e dell’art. 165 del Regolamento Organico F.I.P. Nella sostanza, il ricorrente, muovendo proprio dalla trama lessicale risultante dal combinato disposto degli artt. 2, comma 1 («Obbligo di lealtà e correttezza - Tutti i tesserati, i giocatori, gli allenatori, i dirigenti delle Società affiliate, gli arbitri, gli ufficiali di campo e tutti gli associati in genere si comportano con lealtà e correttezza, osservando scrupolosamente tutte le disposizioni che regolano l'esercizio e la partecipazione allo sport in generale ed alla pallacanestro in particolare; si oppongono, altresì, a ogni forma di illecito sportivo, frode sportiva, all’uso di sostanze e metodi vietati, alla violenza sia fisica che verbale e alla corruzione»), e 44, comma 1, («Violazione dei principi di lealtà e correttezza - Si applica l’inibizione da tre mesi a tre anni a chiunque, violando i principi di lealtà e correttezza, con azioni od omissioni volontarie, dirette o mediate, violi qualsiasi disposizione regolamentare non diversamente sanzionata. In caso di desistenza volontaria, la sanzione è ridotta della metà. Nel caso in cui l’azione o omissione sia diretta a conseguire un illecito vantaggio la sanzione è aumentata») del Regolamento di Giustizia F.I.P., evocati nell’atto di deferimento, considera come la violazione dei principi di lealtà e correttezza costituisca una modalità necessaria della condotta («violando i principi di lealtà e correttezza») e non anche la condotta sanzionata in sé, per la quale non sarebbe invece prevista alcuna puntuale sanzione. Sarebbe stato, dunque, indispensabile che, nel caso in esame, l’atto di deferimento contenesse l’indicazione della singola «disposizione regolamentare non diversamente sanzionata», che, invece, non è stata affatto individuata né dalla Procura Federale né tantomeno dagli organi di Giustizia Federali. Questi, ad avviso del ricorrente, si sarebbero, infatti, erroneamente limitati, l’uno ad un riferimento alla giurisprudenza endofederale (che ravviserebbe «condotta contraria ai principi di lealtà e correttezza sportiva…il conseguimento di un vantaggio economico per il trasferimento, a titolo provvisorio o definitivo, del vincolo sportivo di un atleta minorenne») e l’altra ad evocare, oltre al non meglio precisato complesso della normativa C.O.N.I. e F.I.P. sul punto, gli artt. 5 dello Statuto Federale e 165 del Regolamento Organico che, ad avviso del ricorrente, sarebbero stati falsamente interpretati, perché del tutto irrilevanti ovvero eterogenei rispetto ad un quadro normativo, il quale, subordinando il trasferimento dell’atleta minorenne al nullaosta della società presso cui è tesserato, ne presupporrebbe l’onerosità (artt. 14, 15 e 21 del Regolamento Esecutivo Tesseramento). Il motivo è infondato. Proprio dalle norme segnalate dal ricorrente, emerge come ogni forma di riconoscimento di contributi di trasferimento dell’atleta minorenne (cfr., ad es., l’art. 21 cit.) è contemplata dall’Ordinamento Federale unicamente nella dinamica dei rapporti tra società di provenienza e società di destinazione. In nessun caso la cessione dei diritti sportivi può essere, invece, subordinata al pagamento di qualsiasi utilità da parte dello stesso atleta ovvero di chi è gravato della responsabilità genitoriale o tutoria, risultando, pertanto, chiaramente scolpita in tal senso una direttiva regolamentare che esprime un preciso divieto tracciato dalla puntuale delimitazione della sola condotta ammissibile. Tale direttiva, proprio per la sua connotazione, non è, inoltre, assistita da altra sanzione, così ricadendo in pieno nella previsione dell’art. 44 del Regolamento di Giustizia F.I.P. Tanto ha puntualmente contestato la Procura Federale, come più sopra testualmente riprodotto, correttamente individuando nel comportamento dell’odierno ricorrente le modalità della violazione dell’obbligo di lealtà e correttezza. 2.1. Il ricorrente ha poi lamentato l’omessa motivazione circa un punto decisivo della controversia che ha formato oggetto di disputa tra le parti, non avendo la Corte Federale esaminato l’ultima parte del primo motivo di reclamo col quale era stato dedotto che non può essere considerato contrario ai principi di lealtà e correttezza sportiva ciò che i regolamenti di altre Federazioni Sportive (ad esempio la F.I.P.A.V.) prevedono in modo espresso e che costituirebbe prassi comune anche nella F.I.P. Anche questo motivo non può essere accolto, in quanto l’argomentazione asseritamente non esaminata risulta, invece, essere stata pacificamente assorbita – senza la necessità di una espressa pronuncia sul relativo effetto processuale – dalle valutazioni formulate dal Giudice del gravame con riguardo all’esistenza di un principio federale che, in linea formale e con portata di autosufficienza, vieta il perseguimento di un profitto economico dalla gestione degli atleti minorenni. 2.2. Ad avviso del ricorrente, sarebbe stato, inoltre, omesso dalla Corte Federale di Appello anche l’esame del secondo motivo di reclamo, col quale questi aveva diffusamente argomentato in ordine alla insussistenza in concreto della violazione dei principi di lealtà e correttezza sportiva, per essere stata la soluzione poi concretamente adottata voluta dai genitori dell’atleta e proposta dal loro legale. Anche tale censura non è fondata e va, pertanto, respinta, tenuto conto che in realtà il Giudice del gravame, al di là di una formale ordinazione dei motivi di reclamo, ha ampiamente valutato nella prima parte della motivazione la sussistenza in concreto della contestata violazione – corrispondente al secondo motivo di reclamo – ritenendo, proprio sulla scorta della raccomandata a.r. del 10 settembre 2015 (evocata dall’avv. Quaglierini nel motivo de quo) che «le emergenze procedimentali consentono…di ritenere accertato che, per poter ottenere la cessione dei diritti sportivi del proprio figlio minore dalla US Empolese ASD alla Juve Pontedera, i genitori dell’atleta abbiano dovuto corrispondere alla prima società la somma di € 5.000,00 mediante quattro assegni emessi dalla Signora C., madre di M.B., simulando un atto di liberalità nei confronti della società cedente». 2.3. Col quarto motivo di ricorso, l’avv. Quaglierini, evocando la violazione e falsa applicazione degli artt. 80, comma 5, 11 e 116, comma 7, del Regolamento di Giustizia F.I.P., lamenta l’erroneità della pronuncia di secondo grado nella parte in cui ha ritenuto precluso, per la mancata tempestiva formulazione in primo grado della corrispondente eccezione, il motivo di reclamo col quale si censurava l’illegittima partecipazione alle udienze del difensore dei genitori di M.B. e, comunque, l’illegittimità della decisione d’appello pronunciata in esito ad un giudizio nel quale era stato alterato, in violazione dei principi del giusto processo, il contraddittorio, essendo stata consentita la partecipazione anche alle udienze innanzi alla Corte Federale del legale degli originari esponenti, considerati “soggetti interessati” ai sensi, appunto, degli artt. 80, comma 5, e 111, comma 1, cit. Osserva in proposito il Collegio come, in effetti, la previsione dell’art. 80, comma 5, del Regolamento di Giustizia F.I.P. («Gli Organi di giustizia tengono udienza con la partecipazione delle parti e degli altri soggetti interessati anche a distanza, tramite videoconferenza ovvero altro equivalente tecnologico che sia idoneo e disponibile») si saldi esclusivamente con quella, lessicalmente congruente, del successivo art. 111, comma 1 («Entro dieci giorni dal deposito del ricorso, il presidente del Tribunale fissa l’udienza di discussione, trasmettendo il ricorso ai soggetti nei cui confronti esso è proposto o comunque interessati, e comunicando, anche al ricorrente, la data dell’udienza»), il quale ultimo, tuttavia, rubricato “Fissazione dell’udienza a seguito di ricorso”, disciplina l’ipotesi – diversa da quella in oggi esame – in cui il giudizio abbia avuto impulso mediante proposizione di ricorso della parte interessata (art. 106, comma 1, lett. b). Nel caso in cui, invece, il giudizio – come quello oggi in esame – sia stato instaurato «con atto di deferimento del Procuratore Federale» (art. 106, comma 1, lett. a), la data dell’udienza sarà comunicata esclusivamente «all’incolpato, alla Procura federale e agli altri soggetti eventualmente indicati dal regolamento della Federazione» (art. 108, comma 1), potendo, invece, i soggetti titolari «di una situazione giuridicamente protetta nell’ordinamento federale» al più intervenire, ai sensi dell’art. 113, comma 1, del medesimo Regolamento. Nondimeno, l’illegittima partecipazione del legale dei signori B. e C. alle udienze, in assenza di un formale atto di intervento, ancorché certamente rilevabile col reclamo dall’odierno ricorrente (per effetto della conversione dell’allegata nullità in motivo di gravame), non può oggi condurre ad una pronuncia rescindente, tenuto conto che resta indimostrato, né emerge da alcuno degli snodi motivatori della decisione impugnata, che la partecipazione di questi al contraddittorio processuale abbia in qualche modo influito sugli esiti di giudizio. Tanto più se si considera che, secondo quanto dedotto dallo stesso ricorrente, i signori B. e C. non vennero mai tenuti da entrambi i Giudici federali in conto di parti, quanto piuttosto considerati, seppur erroneamente, soggetti interessati e, in quanto tali, non in grado di articolare domande autonome ovvero di condizionare il thema decidendum. Anche tale motivo, pertanto, non può essere accolto. 2.4. Il ricorrente ha, infine, lamentato la violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116, comma 7, del Regolamento di Giustizia F.I.P. per violazione del diritto alla prova, in quanto – avendo il Tribunale Federale già respinto la richiesta di assumere a prova testimoniale dei soggetti le cui dichiarazioni erano state considerate, per lo status di tesserati della società presieduta dal Quaglierini rivestito dai testi, di valore probatorio inevitabilmente limitato – la Corte Federale di Appello ha, con diversa motivazione, egualmente respinto la richiesta probatoria reiterata in appello, fondando sull’inequivocabile contenuto della già richiamata raccomandata a.r. del 10 settembre 2015. Assume in particolare il ricorrente che, in realtà, il Giudice dell’appello avrebbe equivocato il tenore di quest’ultimo documento e che tale distorta lettura, in uno al mancato esame della corrispondenza e-mail intercorsa tra la signora C. e l’USE Basket, sarebbe la causa diretta della mancata ammissione della prova testimoniale. Il motivo non può essere accolto. Infatti, sul punto il Collegio considera come la motivazione articolata dalla Corte Federale in ordine alla esaustività del valore probatorio della raccomandata più sopra menzionata e alla superfluità della dedotta prova per testi, corroborata dal fatto che la somma corrisposta dai genitori del minore fosse stata rateizzata e a garanzia del pagamento fossero stati emessi quattro assegni, l’ultimo dei quali portato all’incasso dalla società del Quaglierini dopo la decisione di primo grado (cfr. pag. 3 della decisone gravata), presenti carattere di logicità, di coerenza interna ed esterna e di plausibilità. Pertanto, oggi non appaiono consentiti in sede di legittimità né uno scrutinio di merito che si sostituisca a quello effettuato dal giudice d’appello, né una conseguente pronuncia rescindente di quella impugnata. 3. In definitiva, il ricorso va respinto. 4. Nulla va disposto in ordine alle spese, non essendosi costituita in giudizio alcuna altra parte. P.Q.M. Il Collegio di Garanzia dello Sport Quarta Sezione Respinge il ricorso. Nulla per le spese. DISPONE la comunicazione della presente decisione alle parti tramite i loro difensori anche con il mezzo della posta elettronica. Così deciso in Roma, nella sede del Coni, in data 4 ottobre 2016. IL PRESIDENTE IL RELATORE Depositato in Roma in data 2 novembre 2016. IL SEGRETARIO
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